#Capaci di farci cercare
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robertoperodi · 1 year ago
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Capaci di farci cercare - Capable of making us look for them
Capaci di farci cercare.L’arte della vita più difficile da imparare. Perché non dobbiamo interrogare nulla e nessuno, perché non dobbiamo viaggiare per luoghi o cuori.Non dobbiamo fare, ma stare.Sulla riva della vita, con lo sguardo sul reale mendicante dell’Invisibile in cammino. Continue reading Untitled
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olafoel · 2 years ago
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Cercare la felicità fuori di noi è come aspettare il sorgere del sole in una grotta rivolta a Nord (di Umberto Pietro Benini) 
La vanità delle cose, la superficialità e l'egoismo rendono l’uomo estraneo o inquieto di fronte alla fragilità del transitorio. «... il divenire riempito di eventi e circostanze, corredato di concreti contenuti, fa solo rumore». (Jankélévitch) Va riscoperta la giusta gerarchia dei valori non sacrificando la qualità della vita all’inganno di un benessere ambiguo. Che cosa basta per essere felici?
Questo interrogativo, in ogni epoca e scuola, non può essere eluso, poiché ad esso è indissolubilmente legata la questione del senso dell'esistenza umana. Ricchezza e potere, successo e benessere non riescono ad offrire risposte convincenti alle nostre attese più profonde, anzi, sembrano depistarci e confonderci sempre di più, distogliendoci dalla ricerca di una felicità autentica e duratura. Oggi, più che mai, l’uomo si accontenta di vivere alla giornata, immerso in un benessere effimero ma più sicuro di una felicità avvertita come utopica e irraggiungibile. Sono pochissimi i genitori e gli educatori disposti a mettere al primo posto, nel cammino che condividono con i giovani, la ricerca della felicità. L'obiettivo è stato quasi del tutto rimosso dall'orizzonte delle loro aspettative, perdendo di vista il fine ultimo del loro compito che è quello di aiutare figli e allievi a orientarsi, in una realtà sempre più "liquida" e "complessa", a costruire un progetto di vita. Anche se è pressoché impossibile dare una risposta univoca alla questione della felicità si può forse concordare, senza troppa difficoltà, che la felicità coinvolge tutta la persona, permettendole di sperimentare un senso di pienezza e di serenità interiore. È una virtù regalarsi la possibilità di diventare capaci di gioia anche in mezzo a fatiche e problemi di ogni tipo. Ciò che conta è riuscire a stare in pace con sé stessi e con gli altri, essere generosi nei confronti degli appelli della storia, essere pronti a condividere la costruzione di una civiltà dell'amore in cui a tutti sia data la possibilità di un effettivo benessere. La pienezza di vita è giocare la propria esistenza sulla generosità, sulla condivisione, sulla solidarietà, sulla giustizia, sulla bellezza, sulla pace, essenziali ingredienti per un mix di speranze e di positive esperienze. Ci illudiamo, inutilmente, cercando la pienezza di vita sempre all'infuori di noi, mentre essa dipende da ciò che abbiamo dentro di noi. Per compiacersi di ridere delle ostentazioni dei potenti occorre il coraggio di disprezzare tutto ciò che è illusorio. Il reale benessere e il pieno appagamento che riempiono un cuore vuoto sono, per molti versi, inafferrabili, indicibili. L’uomo deve liberarsi dalla paura di affrontare l’avvenire, deve padroneggiare, con la sua parte razionale, le componenti del concupiscibile e dell’irascibile, mirando a valori spirituali più profondi, cercandoli nel vissuto che ne dà la misura in un “ponderato raffronto tra gioie e dolori, entrambi indispensabili per una vita ben temperata” (Zygmunt Bauman). La felicità è una condizione spirituale di ordine e armonia interiori che si sperimenta anche in circostanze di assenza e privazione; non è un’emozione, ma uno stato esistenziale costruito da un vissuto interiore e dalla natura spirituale dell’essere umano. Tutte le risposte alla domanda “cosa è la felicità”, fanno riferimento a una condizione di pace e armonia che prescinde da fattori esterni. «Dobbiamo imparare a farci invadere dal vuoto» (Raffaele Morelli) la cui coscienza non ci conduce a frustrazione ma spazza via l’inutile ed evidenzia l’essenziale. “Il vuoto” che rischia di essere scambiato per “il puro nulla”, nei fatti è il serbatoio di infinite possibilità. (D.T. Suzuki) Toccare il fondo del nostro abisso più ombroso, rinnegare le futili cose che alienano la vita e risalire con ricchezze interiori e nuova forza vitale è in realtà una gestazione che ci mette in grado di scorgere la Felicità. Solo separandoci dalle compensazioni con cui ci narcotizziamo raggiungeremo quello stato di felicità, di appagamento continuo che appartengono, però, a un altro ordine della realtà. “Le cose che occhio non vide, e che orecchio non udì, e che mai salirono nel cuore dell'uomo sono quelle che Dio ha preparate per coloro che lo amano”. (san Paolo)
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canesenzafissadimora · 3 years ago
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Vorrei essere il pensiero per cui sorridi per strada senza vergogna. Eh già…Sarebbe un bel regalo poter arrivare nel punto finale alla velocità del cuore. Spiare per un attimo chi è rimasto lì con noi, poi tornare qui e farci accompagnare dalla certezza assoluta di sapere oramai a chi dedicare il nostro spazio migliore. Senza sbagliare, senza deluderci, senza illusioni, senza le unghie affilate delle bugie e i pugni in pieno viso dell'ingratitudine. Ma inevitabilmente, se fosse possibile, i nostri atteggiamenti cambierebbero e cambierebbe anche il futuro. Condizioneremmo i nostri incontri viziandoli di déjà vu. Ci sono sicurezze nocive al respiro necessario per la corsa. Così ho perso quella smania di capire il futuro, di volerlo intuire a tutti i costi, di volerlo vedere per forza scritto negli occhi di qualcuno. Non è una sconfitta non sapere. Non calcolo le probabilità di riuscita, se scelgo di dare do, come la prima nota di una canzone che non so quanto durerà, però mi piace e l'ascolto lo stesso e in quel momento per me è senza fine. Ti do ma se dai per scontato quel che do, forse domani non sceglierò di darti ancora.  Le persone sono proprio come le canzoni: molte le dimentichi dopo una stagione, alcune ti tornano a cercare di tanto in tanto, così d'improvviso, intrise di ricordi e brevi nostalgie, pochissime ma intramontabili, entrano incondizionatamente nel tuo "best of" e sono capaci di regalarti un brivido, ogni volta. Poi c'è la tua canzone. Quella per cui vale la pena aspettare ancora un minuto e perdere il parcheggio. Quella per cui vale la pena rifarsi tutto il giro del lungomare per sentire il finale. Tutti hanno fatto un qualche sacrificio per la propria canzone.
Sai, c’è una persona che è  un po' come la tua canzone, questo vorrei dirti... Lei si fa ascoltare, poi tu spegni le luci e vai via. Ma il cuore non va via quando si spengono le luci.
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(Massimo Bisotti)
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morganamcguire · 4 years ago
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Capitolo Primo - Non è facile essere una Stark
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Sembra tutto più facile quando sei la figlia di un genio che ha salvato il mondo, ed è questo quello che pensano tutti.
La verità?
La verità è ben diversa, perché in realtà è tutto molto più difficile quando sei la figlia di un uomo irraggiungibile ma non per la sua intelligenza... no, io non parlo di quella, io parlo della forza del suo cuore, della grandezza delle sue azioni e del peso enorme del suo sacrificio.
Quando sei figlia di un uomo così, ogni cosa che fai è più difficile perché sai che non sarai mai in grado di eguagliarlo e lui è l'unica cosa che ti manca di più al mondo e con la quale sai saresti più forte, migliore forse. Ma l'unica cosa che so per certo è sono la figlia di un uomo che ha ribaltato il suo destino e la sua esistenza e dunque il minimo che io possa, anzi no, che io possa accettare da me stessa è di tentare ogni giorno di essere la mia miglior versione e se un giorno dovessi rendermi conto di valere un grammo dell'uomo che era mio Padre, allora... allora potrò dire di aver fatto il mio lavoro.
Ma nel mondo in cui vivo io, in un mondo che vive grazie agli Stark, per tutto quello che vi ho appena detto non vi è spazio, in questo mondo posso solo essere l'erede dell'impero che mio nonno e mio padre insieme a mia madre, hanno costruito e che gli Avengers hanno protetto e salvato e in questo mondo credetemi, non c'è spazio per le riflessioni a cuore aperto, puoi solo agire, agire con decisione e senza la minima esitazione, come se tu fossi quel Dio che credevano di aver perso quel giorno in cui Thanos è tornato per distruggerci una seconda volta.
Quindi dunque eccomi qui, su quella poltrona logora cimelio di famiglia sopravvissuto alla guerra con una vista mozzafiato su Malibù da far invidia... ed è da qui che inizia la mia storia, almeno quella che voglio raccontarvi, perché ormai dovreste saperlo, noi Stark non amiamo molto parlare di quello che sentiamo dentro.
"Signorina Stark, sta bene?"
La segretaria le posò una mano sulla spalla, Morgan fissava quei fogli da firmare da troppo tempo, con un colpetto di tosse annuì, certo che stava bene, lei stava sempre bene, eppure quella firma... riaprire dopo tutto quel tempo la sezione bellica delle industrie chiuse da suo padre più di trent'anni prima... era davvero la cosa giusta?
"Certo che lo è, stupida idiota. La gente ha bisogno di sicurezza, noi siamo la sicurezza."
Morgan si ritrovò a borbottare a bassa voce mentre prendeva la penna sulla scrivania, lasciando perplessa la segretaria, che si chinò su di lei.
"Signorina Stark?"
Morgan firmò i fogli velocemente, scarabocchi svolazzanti appena leggibili e li rifilò alla biondina.
"Sto bene, sto bene come sempre... dica a mia madre che pranzo con lei e a al signor Parker che vedrò i suoi progetti nel pomeriggio e che mi deve una rivincita a poker e per favore, invii per me tutte le lettere di ringraziamento che ho già firmato questa mattina, per la nomina... non è bene far attendere per queste cose, questa gente si aspetta sempre tante attenzioni e anche subito."
"Gli impegni di domani?"
"Confermi l'ospedale, la visita al sindaco a NY e l'inaugurazione della biblioteca Mrs Potts, mia madre ci tiene, tutto il resto... incarichi lei qualche membro del nostro consiglio di presenziare e dia loro degli extra e si occupi dei loro spostamenti e ovviamente... - sorrise alzandosi dalla poltrona – li ringrazi profondamente da parte mia e dica loro di portare i miei saluti e ringraziamenti per qualunque cosa abbiano deciso di invitarci o dedicarci o in cui siamo stati coinvolti."
La segretaria scrisse tutto velocemente sul taccuino senza alzare mai gli occhi dal foglio mentre Morgan si dirigeva alla finestra.
"Serv..."
"Il mio caffè, da portare in laboratorio non appena pronto, prenda lei le mie chiamate e mi interrompa solo se è urgente."
La segretaria non fiatò, cercò di avvicinarsi per porgerle il camice ma con un gesto della mano Morgan la fermò, poteva fare da sola e da sola digitò il codice d'ingresso dando cenno alla donna di andarsene senza salutarla realmente, la porta si chiuse ermeticamente dietro di sé e il silenzio insieme alla vista sulla città e sul mare furono le uniche cose ad attorniarla.
Grata per quell'improvviso silenzio si avvicinò al banco di lavoro, aveva trovato dei campioni che suo padre aveva tenuto da parte, campioni di tessuto e dna degli avengers e da quelli era partita creando la novità che gli Stark avevano introdotto in questa nuova era: dei sieri capaci di guarire dalle malattie più gravi e curare i traumi più severi, salvando così parecchie vite che altrimenti sarebbero andate perse. Morgan aveva regalato così la possibilità a molti genitori di veder crescere i propri figli e ai figli di non essere orfani come lo era stata lei. Ora stava lavorando sui tessuti di Wanda Maximoff, Scarlett Witch, voleva comprendere come la pietra della Mente aveva operato su di lei, risvegliandone i poteri e rendendola la strega che negli anni era diventata.      Per lei era questo il futuro, cercare di capire come un umano potesse essere potenziato a partire dalle sue stesse cellule, suo padre aveva creato un'armatura, lei voleva che l'uomo del domani non avesse bisogno di nessuna armatura se non il suo stesso corpo.                                                      
Per questo aveva un dottorato in biochimica e uno in ingegneria genetica e due lauree in medicina e se quello studio fosse andato in porto forse, avrebbe potuto aprire la strada ad un terzo dottorato o chissà fare altro, quel che realmente contava è che i progressi in campo medico per le cure e le strumentazioni da una decina d'anni portavano il nome degli Stark e il suo.
E allora perché riaprire il mercato della morte dopo tutta la speranza e la vita?
"Perché gli avengers non ci sono più, non ci sono più eroi per un mondo in cui ognuno si è adagiato sugli allori senza rendersi conto che non sono allori ma cadaveri e il sangue di chi è venuto prima di noi." Ripeté a se stessa con un sospiro, quasi che sentirlo ad alta voce potesse in qualche modo alleggerire la sua coscienza.                                                                                                            
E la lista era lunga, l'Hydra, poi tutti i nemici di suo padre, gli alieni, quel maledetto di Thanos... ognuno di loro aveva tentato di togliere la serenità a questa gente, la sua gente e ora quella stessa gente preparava una guerra, l'ennesima, tra Nazioni.                                                                          Ci sarebbe stata una terza guerra mondiale? Lei sarebbe stata lo Stark della nuova bomba atomica?Non lo sapeva, sapeva soltanto che non poteva lasciare il suo paese indifeso, ma allo stesso tempo avrebbe scongiurato ad ogni costo la possibilità di una guerra mondiale, a qualunque costo.
Passarono delle ore, tra provette e formule matematiche poteva anche perderci giorni e sonno senza esser stanca, mai... ma c'era qualcuno le ricordava sempre che era l'ora di fermarsi. Due colpi al vetro, come sempre.                                                                                                                
"James."                                                                                                                James Bucky Barnes entrò grazie al cartellino d'accesso, ne esistevano pochi in giro e tutti per la famiglia o per Happy, la sicurezza prima di tutto.                                                                       
"Il pranzo con tua madre."                                                                                                                                          
"E' già ora?"                                                                                                                                                                        
"Ci aspetta in auto."                                                                                                                                                    
"Ci?"                                                                                                                                                                                    
"Ha invitato anche me e mi ha chiesto di venirti a prendere."                                                            
Morgan lo guardò dritto negli occhi blu, era rimasto uguale... aveva 136 anni ed era rimasto uguale, quel dannato siero dell'Hydra funzionava perfettamente se alimentato a dovere e negli anni, grazie all'ingegneria del Wakanda quel siero era riuscito a mantenere giovane il soldato d'inverno, lei stessa se ne era occupata ed era stato in quell'occasione che si erano incontrati e poi per un gioco del destino, innamorati.Istintivamente strinse la mano in cui portava l'anello di fidanzamento.                                                                                                                                                                
"Non penso voglia farci fretta sulle nozze, sta serena. Penso voglia parlarci del suo futuro."      
"Non ha abbandonato l'idea eh..."                                                                                                                      
"Vuoi biasimarla? E' tutto nelle tue mani adesso, il suo tempo... e poi c'è il ragazzino ragno, Mor... suvvia, siete voi le Stark Industries, ora. Dopo tuo padre, dopo tutto lei..."                    
Morgan strinse la mano destra di Bucky, il braccio in vibranio, lui ricambiò la stretta sorridendole.                                                                                                                                                                    
"Hai ragione, come sempre."                                                                                                                                  
Rubò un bacio frettoloso e sfilò via il camice ma non prima di aver salvato, sistemato e spento ogni cosa, il suo lavoro, anzi il suo progetto era solo in pausa.                                                                    
"A cosa stai lavorando?"                                                                                                                                                
"A qualcosa di diverso dal solito, sto studiando Wanda e come la pietra della Mente sia riuscita a darle dei poteri o a risvegliarli, lei è in grado di influenzare le menti, l'Hydra era riuscita a controllare la tua e quella di tanti altri e riportarti indietro non è stato semplice, se Wanda riuscisse a fornirmi una soluzione per aiutare altri come te..."                                                            
Bucky si irrigidì lasciandola passare per prima, lei lo guardò sapeva quanto era complicato affrontare anzi anche solo sentire quella storia.                                                                                                    
"E pensi sarebbe utile?"                                                                                                                                            
"Ogni cosa usata con l'idea di aiutare, proteggere e salvare può essere utile."
La porta si chiuse dietro di loro e quell'ultima frase pur avendola pronunciata lei stessa le risuonò estranea per la prima volta, era sempre stata la sua massima preferita, il motto che aveva guidato la sua vita: un'idea giunta un pomeriggio nell'aula di scienze all'inizio del liceo e che aveva preso voce durante il discorso del diploma tra applausi e gente commossa.  Nonostante fossero passati degli anni, la gente continuava a condividere sui social il video del suo discorso, a scrivere ovunque quella frase a lasciarsi ispirare, e in qualche modo ad alleggerire la coscienza quando qualcosa non iniziava nel migliore dei modi, perché lo sapeva lei e lo sapevano tutti, il fine non sempre giustifica i mezzi, ma quanto meno quella frase, quell'idea permetteva a molti, lei compresa di alzarsi la mattina e potersi guardare allo specchio con serenità.                                                                                                                                                                            
"Hai notizie di Strange?"                                                                                                                                                
La mano di Morgan tentennò appena nel premere il pulsante dell'ascensore per chiamarlo, la sua mano tentennò ma non la sua voce che uscì pulita e sicura.                                                            
"Non recenti, perché?"                                                                                                                                          
"Perché pensavo di andare a trovarlo uno di questi pomeriggi... dopo tutto buona parte dei miei studi sono riusciti grazie a lui."                                                                                                                                  
"E' stato un buon mentore."                                                                                                                                      
"Lo sarà per sempre, James. Avrò sempre bisogno di lui perché..."                                                        
"...non vi è mente che conosca tutto, chi dice di conoscere ogni cosa è solo uno sbruffone che ha già segnato la sua condanna nel ridicolo di una folla che lo deriderà nel giorno in cui penserà di ricevere la gloria che merita. – le sorrise – Bisogna esser umili e aperti ad ogni tipo di conoscenza, solo così si è davvero dei geni."                                                                            
"Impressionante. Ti stai preparando a scrivere la mia biografia sergente Barnes?"                                
"Mi sto preparando a vivere una vita intera con te."                                                                                              
L'ascensore arrivò in quell'istante, la musichetta sancì l'apertura delle porte in cristallo e accompagnò il sospiro di Morgan, che socchiuse gli occhi, lo sguardo di Bucky se lo sentiva addosso. Non era il tipo da rimandare certe cose.                                                                                    
"Quindi hai deciso."                                                                                                                                                              
"Ho smesso di prendere il siero una settimana fa. E prima che tu lo dica, sono già monitorato a dovere dal tuo staff, non serve che mi rivolti come un calzino come ti piace tanto fare."                
"Lo faccio per il tuo bene, Buck."                                                                                                                      
Stizzita premette il codice per far sì che l'ascensore salisse al piano indicato, non lo stava guardando e aveva tenuto volutamente il tono basso, ma questo non lo fermò dall'attrarla a sé e stringerla cingendole la vita con entrambe le braccia.                                                                              
"Stare con te mi fa bene, Mor. Non mi serve altro. Solo..."                                                                        
"Una vita da umano, lo so. Sono anni che me lo dici e sono anni che..."                                            
"Che hai paura."                                                                                                                                                          
"Non dovrei? Non sappiamo come reagirà il tuo corpo alla mancanza del siero, hai centotrentasei anni, non trenta come il tuo aspetto suggerisce, Buck. Che cosa dovrei fare se per disgrazia qualcosa andasse storto e l'invecchiamento delle tue cellule fosse irreversibile?"
"Nulla. Lasceresti alla natura il suo spazio finalmente."
I numeri scorrevano lentamente, forse troppo per i gusti della Stark, che respirò più lentamente.
"Non esiste."
"Sì invece."
Fu quello il momento in cui ne incrociò lo sguardo azzurro, ostinato come il proprio ma mai freddo, erano considerati come due delle persone più distaccate e riservate nel loro ambiente, non aveva preso, l'atteggiamento istrionico di Tony,  aveva ereditato il suo carisma, il suo charme certo, ma i riflettori Morgan Stark li odiava. Per troppi motivi.
L'unica persona con cui non era mai fredda era quel soldato che la stringeva tra le braccia, l'unico ad esser riuscito a buttar giù il muro che s'era costruita negli anni dopo la morte del padre.
"Non succederà oggi, Morgan. E nemmeno domani, tu stessa l'hai detto: ho così tanto siero in corpo che ci vorranno anni per consumarlo tutto... avrò quello che mi è sempre stato negato: una vita normale. E non sono irragionevole, tuo padre e anche Steve hanno desiderato e ottenuto quello che voglio anche io."
"Sono morti, Buck."
"Com'è giusto che accada ad ogni essere umano su questa terra. E prima che tu dica qualunque cosa, vorrei solo ricordarti quello che mi hai detto sulla soglia della capsula d'ibernazione in Wakanda: Possono avertii tolto per anni il controllo della tua mente e averti fatto fare delle cose orribili, ma su una cosa non hanno e non avranno mai potere, sei tu che deciderai il tuo finale perché è nelle tue mani, Sergente Barnes: puoi scegliere il finale oppure puoi scappare in un sonno di ghiaccio eterno e lasciare che loro vincano."
"Non hanno mai vinto, sergente."
"E' vero, ma fino a quel giorno non lo sapevo... ma ora non soltanto lo so, Morgan... posso provarlo. Posso sentire sulla mia stessa pelle che nessun elettroshock è stato così forte da avermi strappato anche l'ultimo frammento d'anima, perché è ancora mia e io sono ancora vivo. Padrone."
"Dannazione..."
Morgan rise, rise appoggiando la fronte contro la sua spalla.
"Vorrei tanto che tu non avessi ragione, sergente. Ma devo riconoscere che ce l'hai e che devo abitarmi all'idea che possa accadere, che possa perderti. Ti ho strappato a quella dannata Capsula e al controllo mentale dell'Hydra affinché giungessi a questo punto e ora che ci sei... - la voce venne meno per qualche secondo, ma nonostante questo sorrise – devo lasciarti fare, perché le cose devono seguire il loro corso, anche quando non ci piacciono."
Bucky non potè fare a meno di sorriderle e baciarla sulla fronte respirandone il suo profumo.
"Ti ho odiata in quei mesi, ti trovavo arrogante come tuo padre e non comprendevo come Steve potesse anche solo essere così legato a voi Stark. Eppure più passavo del tempo con te, più non potevo far a meno di ammirare la tua forza, la tua determinazione, la fierezza con cui portavi le tue ferite e quel cognome, una corona troppo pesante e grande per la tua testolina delicata."
Morgan sorrise accarezzandone lo sguardo, i numeri sul display scorrevano normalmente, adesso e lei respirava di nuovo in maniera regolare.
"Secondo mia madre è questo il fascino di noi Stark: ci facciamo odiare e nell'odio vi insegniamo ad amarci, perché non ti aspetti affatto che una creatura così spregevole in apparenza sia così capace di sentimenti puri e veri. Papà mi raccontava sempre che era il lupo il vero buono in cappuccetto rosso."
Bucky non potè far a meno che strabuzzare gli occhi chiari a quell'affermazione.
"Che razza di favole ti raccontava da piccola, quel matto?"
"Quelle che si raccontano a tutti i bambini, sergente, ma con la verità che nessuno vuole sentire: Cenerentola era una sfaticata che ha avuto bisogno di un dannato ballo per uscire fuori da una situazione orribile, Biancaneve non aveva forza d'animo ed è per questo che ha mangiato la mela e i nani l'hanno salvata, se ne avesse avuto credi che la strega sarebbe riuscita a fregarla? Nossignore. E la bella addormentata nel bosco... buon Dio. Vivi tra pizzi e merletti e ti convinci a toccare un lurido fuso? Ragazza mia, hai stuoli di servitori che lo fanno per te, se sei nata ricca dovresti restare in camera tua a pettinarti le chiome e lasciar ai plebei il lavoro e invece no, tocchiamo il fuso, addormentiamo tutto il reame per cent'anni. La curiosità bisogna dosarla non abusarne."
"E della sirenetta non ha mai detto nulla?"
"No."
Bucky rise. "Perché?"
"Perché a parer suo, rischiava di rendermi indisciplinata e lui si sentiva troppo Sebastian per fare la parte di Tritone. In realtà penso temesse un po' la figura di Eric."
"Del principe?"
"Le porta via la figlia quell'umano. L'amore per lui la porta lontana da Atlantica e Ariel era la figlia prediletta. La più amata e la più attesa. Non dev'esser stato facile per Tritone."
"Non lo è mai per nessun genitore."
"Potrebbe non esserlo nemmeno per te un giorno."
"Oh non capiterà."
"E perché?"
"Perché gli incidenti capitano e forse mia figlia sarà solo fortunata a non finirci mai di mezzo."
Non diede il tempo a Morgan di replicare la precedette con una risata fuori dall'ascensore tenendola per la mano, istintivamente portò la mano al ventre, forse stava davvero rischiando troppo.
Il pranzo in compagnia di Pepper fu come al solito piacevole e leggero, verso la metà li raggiunse Peter trafelato e pieno di progetti da visionare nel pomeriggio, si ostinava ad averli ancora cartacei per poterli passare poi sul suo server personale, c'era gente alle Stark industries che non era proprio felice della politica di Mr Parker, ma nessuno osava mettere in discussione le decisioni sue o di Morgan, le industrie Stark vivevano grazie a loro due e sempre grazie a loro due molta gente aveva un lavoro e l'America poteva dormire sogni tranquilli.
"Mi hanno detto che hai firmato."
Morgan posò il bicchiere d'acqua tonica, Pepper l'osservò a lungo e in silenzio, non aveva commentato circa la scelta di non prendere il solito vino ma quel silenzio strappò alla vedova Stark una lunga occhiata silenziosa.
"Sì Peter, era la cosa più giusta da fare. Ma è solo una misura cautelativa."
"Non c'è nulla di cautelativo in delle armi, sorellina."
Morgan non potè fare a meno di sorridergli, non riusciva a fare diversamente quando la chiamava in quel modo, dopo la morte di Tony avevano legato, diventando inseparabili, in lui, lei aveva trovato quel che le mancava del padre e lui in lei, aveva trovato  una seconda famiglia, quella che non aveva mai avuto e che Tony Stark era riuscito a dargli negli anni.
"Meglio essere temuti che amati... è troppo chiedere entrambe le cose, fratellone? Io dico di no. Nessuno userà le nostre armi in maniera impropria, il tuo... come devo chiamarlo? Zio..? E' a capo di tutto e nulla sfugge all'occhio del nostro Happy... non è vero mamma?"
"No è vero tesoro, però rifletterci ancora un po' credo sarebbe stato saggio."
"Saggio... dobbiamo erigere una nuova stele commemorativa come quella per le torri gemelle per dire poi che sarebbe stato più saggio cautelarci prima? Devo lasciare che l'America pianga i suoi figli affinché la mia coscienza si senta saggia, Mamma?"
"Oh via non siamo ancora a quel livello, Maguna."
Maguna.
Le labbra di Morgan ebbero un fremito, per un secondo la vista s'offuscò e lei aveva di nuovo cinque anni e si nascondeva dentro la sua tenda con il casco della Mark88 blu, l'armatura di Pepper durante lo scontro finale con Thanos. Rivide il volto di suo padre, rilassato e il sorriso divertito mentre fingeva di avere paura delle sue minacce.
Raccolse il bicchiere d'acqua tonica e ne bevve un sorso annuendo con calma.
"Hai ragione, ma basta un soffio per esserci e non c'è più nessun Iron Man a sacrificarsi per salvare il culo di tutti. – posò il tovagliolo sul tavolo e si alzò. - Non più ormai. Per questo ho firmato: perché nessuno debba sacrificarsi più, non ci sarà più una bambina orfana e una vedova stoica a guidare un colosso mondiale mentre sua figlia cresce e ne prende le redini affinché tutto non finisca. E quando dico che non ci sarà nessun uso improprio di quelle fottute armi, mammina... puoi giurarci che sarà così. Nessuno si trastulla con i miei giocattoli senza il mio permesso, sono io la Stark ora."
Mentre parlava le teneva gli occhi azzurri incollati addosso, famelici e predatori, l'aveva ereditato dal Padre e nemmeno lo sapeva.
"In questo momento lo sei più che mai, in effetti. Hai il suo sguardo."
"Oh. Dovrei commuovermi, Mamma? Sentirmi orgogliosa? O che ne so metterti una mano sulla spalla e con gli occhi umidi dirti che sì manca anche a me ogni giorno? - e prima che Peter o Bucky potessero solo pensare di trattenerla indietreggiò abbandonando la seduta – Cos'è che vuoi da me?"
Pepper per la prima volta vide sua figlia sotto una luce diversa, rendendosi conto di non conoscerla davvero o per lo meno di non conoscere ogni sua sfumatura come credeva e anche in questo era così simile a Tony: una creatura del tutto imprevedibile capace di tirar fuori qualcosa di realmente impensabile.
"No tesoro, non ho mai voluto questo né da te né da tuo padre. Ma ho l'ardire di sperare che cosi come tu sia una Stark ti ricordi d'esser anche una Miss Potts."
Le due donne si guardarono in silenzio, ma fu Morgan a chinare il capo in segno d'assenso.
"Ho un impegno, sarà meglio che vada... ti riaccompagnano Peter e James. Prometto d'esser di ritorno per dopo cena al massimo, niente lavoro a casa ma dovremmo giocare a Risiko sta sera, è da troppo che non lo facciamo."
Non attese oltre, non li lasciò replicare richiamando l'auto con due tocchi sul proprio orologio da polso, i nuovi giocattoli degli Stark.
Baciò sua madre e Peter sulla guancia e Bucky sulle labbra, osservandolo negli occhi per un momento in più e poi si allontanò, abbandonando il ristorante per saltare sull'auto verso la sua nuova destinazione
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corallorosso · 5 years ago
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UNA CAREZZA "C'est tout ce que j'ai" (E' tutto quello che ho) Scosta piano la coperta che l'avvolge. Contro il suo corpo, dorme un bambino. Avrà quattro/cinque mesi. Poi lo ricopre teneramente. Halima viene dal Camerun. Potrebbe avere 20 anni. Finita in mano ai miliziani libici e rinchiusa nel campo di Zintan. "Venivano e ci trascinavano fuori, in una baracca. Poi abusavano di noi. Quanti ? Non so. Tanti. Ogni notte tanti. Poi un giorno mi hanno fatta salire su di un camion con altri soldati. Mi avevano venduta a nuovi padroni. Riuscii a scappare con un'altra mia amica e dopo un mese sono arrivata qui. Mi hanno portato via tutto. Tutto meno lui. "C'est tout ce que j'ai." E accarezza la coperta, Stringe quel bambino figlio della violenza subita. Halima, una delle tante vittime della guerra. A Medenine li vedi girare per strada, escono dal Centro Al Hamdi che li ospita. Un posto che non esiste più dopo che l'UNHCR lo ha abbandonato perché insufficiente a contenere il flusso dei migranti. Ma molti sono rimasti li. Dormono per terra, nei corridoi, sul tetto. Di giorno escono per cercare un aiuto. Un pane, un po' di latte. - Come lo hai chiamato ? - Non ha un nome, non ho trovato un nome..... ..Tu come ti chiami ? - Khaled.... - Bello Khaled, mi piace....Posso chiamarlo Khaled ? - Certo che puoi - Allora da oggi lui si chiama Khaled E ancora accarezza la coperta, la bacia e mi sorride. Esco, vado a cercare del pane e del latte. Glielo porto. Ho trovato anche un po' di formaggio di capra e qualche arancia. "Merci, baba, à partir d'aujourd'hui, chaque fois que j'appellerai le bébé, je penserai à toi." Penso al piccolo Khaled, a quando uscirà da quella coperta, al mondo che avrà davanti agli occhi...... Quale futuro ? Halima mi sorride ancora. A Khaled, di certo non mancherà mai l'amore di sua madre. Dei bambini giocano per strada. Si rincorrono, si strattonano, ridono forte chiamandosi. Una bambina s'avvicina alla macchina, sorride e piega la testolina in un gesto d'umiltà...... "Bon bon, bon bon ...." Vuole caramelle. Ne abbiamo sempre. Le accarezzo i capelli, lei si ritrae impaurita, poi s'avvicina di nuovo, le afferra e le mostra orgogliosa agli altri Com'é lontana la guerra da quegli occhi. I bambini dimenticano in fretta. Basta una caramella. Basta una carezza a volte per cancellare la tristezza. Basterebbe anche a noi se fossimo capaci di guardarci con amore e con rispetto. Basterebbe sorriderci e scambiarci una carezza per farci sentire amati. Ed invece....... (Claudio Khaled Ser)
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dentroilcerchio · 5 years ago
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Vivere le domande invece di cercare le risposte.
Ho letto da poco Lettere a un giovane poeta di Rilke, e mi ha dato davvero tantissimi spunti di riflessione. In una delle lettere Rilke consiglia al poeta di custodire le sue domande come fossero libri scritti in una lingua straniera. Questa metafora mi ha veramente colpito. Piuttosto che andare a cercare la versione tradotta del libro, custodirlo e rileggerlo più volte. Man mano che si approfondisce la conoscenza della nuova lingua saremo capaci di cogliere sempre più sfumature di significato, e quella che scegliamo sarà nostra. Perché chiunque abbia imparato una seconda lingua sa come per ogni parola ci sono tantissime traduzioni possibili, bisogna che troviamo la nostra, quella ha senso per noi. O ancora meglio, tenerle in mente tutte, perché non sapremo mai qual è quella vera.  Per tutte le domande che la vita ci pone, come “è questa la direzione giusta?”, cerchiamo sempre di arrivare alla risposta con la testa. Ma spesso invece la cosa migliore sarebbe camminare tenendo sempre presente la domanda, quasi fosse un metal detector che stringiamo nelle mani, così da semplicemente orientare i nostri passi man mano. Invece di decidere sul momento e poi camminare in avanti ciecamente. Mi piacerebbe riuscire ad applicare questo metodo anche con le persone che incontro. Non posso sopprimere l’istinto innato che abbiamo a etichettare. Conosciamo qualcuno e subito cominciamo ad appiccicare etichette: “x mi sembra sensibile/intelligente/superficiale/riflessivo/felice”. Non sto parlando necessariamente di giudicare, quello credo che tutti cerchiamo di non farlo. Ma, inconsciamente e giustamente, iniziamo per forza a farci un’idea di quella persona. Sarebbe bello invece custodire sempre la domanda. Prendere le etichette che ci vengono in mente e metterle da parte, perché rischiano altrimenti di orientare il nostro sguardo e non farci notare altre cose che avremmo notato se non avessimo avuto già qualche filtro. Ci vuole un costante lavoro di consapevolezza, coscienza delle proprie operazioni mentali, ma credo valga la pena. Anche perché lo sento quando, al contrario, le persone cominciano a vedere me come una risposta invece che una domanda, e mi da fastidio. Quasi sempre sento che le persone mi mettono su un foglio, come i bambini quando vogliono disegnare la loro propria mano, e con un pennarello cominciano a tratteggiare i contorni. Alla fine rimangono con questa silhouette, che sarebbe la loro idea di me, e dopo io mi ci sento costretta, non voglio uscire con i miei colori fuori dai contorni, per non guastargli il disegno.  
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comunichiamoinsieme-blog · 5 years ago
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Educazione, bambini ed empatia
Studi recenti hanno riportato dati allarmanti sulla capacità di empatia soprattutto delle nuove generazioni, una questione su cui fare una profonda riflessione soprattutto per il futuro. Quali sono le motivazioni per cui si è meno empatici? Cosa sarebbe opportuno fare?
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Empatia sta a significare la propria capacità di comprendere nel profondo lo stato d’animo dell’altro così da immedesimarsi nel prossimo stabilendo un contatto unico, sincero e soprattutto efficace. Si crea così una sintonia emotiva, capace di farci sentire quello che l’altro sente e a sua volta di renderlo partecipe di quello sentiamo. Emozioni con cui è possibile stabilire delle relazioni che siano effettivamente capaci di creare un legame e così una condivisione che può portare a uno scambio reciproco. Una capacità che in parte potrebbe anche essere innata ma dall’altro si acquisisce soprattutto durante l’infanzia.
Questo significa che se ci troviamo di fronte a generazioni meno empatiche qualcosa non va. Educare all’empatia è uno degli elementi più importanti che deve esserci durante la crescita. Il primo vero rapporto empatico si ha proprio con la mamma e poi con il papà. Figure fondamentali per i piccoli, per fare la prima vera esperienza empatica, sintonizzandosi in maniera molto naturale allo stato emotivo dell’altro, che sta alla base di un perfetto sviluppo psicologico, ponendo le premesse di ogni apprendimento possibile e alla base della capacità di comunicazione.
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Educare all’empatia non è cosa semplice, il segreto soprattutto con i bambini è l’apertura e l’ascolto, è mettersi nei suoi panni per cercare di sentire come lui sente, per vedere come lui vede e per osservare come lui percepisce il mondo. Questo richiede grande attenzione e soprattutto la capacità per l’adulto soprattutto di riuscire a cambiare la propria prospettiva e ascoltare cosa il bambino non solo dice ma anche come lo dice, promuovere un clima di fiducia senza giudicare, in modo da consentirgli di tirare fuori tutto il suo potenziale.
Bisogna prendere atto che educare non è semplice ma che regole e disciplina sono importanti e vanno rispettate ma amore e empatia non possono prescindere da queste, soprattutto per i bambini. Siate partecipi della loro vita, parlate con loro, ascoltateli, aperti alla comunicazione, sforzatevi di comprendere il loro punto di vista, questo gioverà al loro sviluppo emotivo e soprattutto a crescere felici e aperti alla vita e alle altre persone.
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redazionefotopadova · 3 years ago
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Dove vanno le fotografie?
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Dove va la fotografia? È la domanda che da tempo noi, sprovveduti amatori e ingenui amanti di questa “arte”, ci siamo fatti e continuiamo a farci, e sulla quale i nostri Soloni amano illuminarci con sapienti, profonde e immaginifiche dissertazioni, ogni volta che qualcosa di nuovo nelle funzionalità tecniche o nelle concezioni artistiche viene a turbare convinzioni assodate, usi affermati o legittimi interessi. Quando? Per esempio: quando l’arte concettuale ha scombussolati i principi estetici anche nella fotografia; quando il computer ha messo nelle mani dei “creativi” un nuovo attrezzo, permettendo loro di invadere il mondo della fotografia; quando il sensore digitale ha sterminati i laboratori di sviluppo e stampa; e nel presente, dacché il medesimo strumento ha reso smart tutto il mondo, oltretutto mettendo in affanni anche i più svelti fotogiornalisti. Ed è arduo immaginare che cosa ancora ci possiamo aspettare. [1]
Noi, nella nostra innocente ingenuità, brancoliamo disorientati fra miraggi ed incubi, e non sappiamo dove e a chi guardare per concretizzare una visione personale distinguendo fra innovatori, profeti e pataccari. Piuttosto che “dove va La Fotografia”, la domanda, forse la sola, alla quale possiamo cercare di darci risposta con un sforzo di ricerca personale non sovrumano è la seguente: dove vanno le fotografie? Cioè: dove possiamo indirizzare il nostro sguardo per informarci sullo stato attuale della fotografia? Dove andremo a cercare la fotografia viva e vitale in una propria autonomia, non come ancella subordinata alle varie altre forme della contemporaneità artistica? In che ambiente la fotografia e i suoi autori si confrontano con un mondo reale al di fuori di quello artificioso e circoscritto delle mostre e del mercato dell’Arte? Dove guadagnano il pane quotidiano i fotografi che nella loro professione tendono a esiti personali non banali e possibilmente nuovi?
Non è neppure da pensare alla televisione, che eroga le notizie a base di filmati (spesso di origine smart sistematicamente orientati in verticale, sovvertendo malamente l’orizzonte del nostro campo visuale). Quanto ai periodici di informazione: Time, Life e i loro omologhi europei e italiani, che commissionavano inchieste fotografiche al fior fiore dei fotografi internazionali, il loro tempo si è chiuso ormai da decenni. Ora l’offerta della stampa periodica del settore si è ridotta ai settimanali di gossip, stipati di falsi scoop realizzati colla complicità di soggetti caratterialmente smutandati (che d’altronde sono generosi di selfie in quello stile).
I libri fotografici? Molti fra quelli proposti ricordano quei volumetti di poesia che in altri tempi editori specializzati nel settore stampavano per aspiranti poeti disposti a pagare tutte le spese e a riempire la soffitta colle copie rimaste dopo la distribuzione a parenti e amici. E comunque sono rimasti un settore di nicchia, come erano già nel secolo scorso e forse ancora di più, visto che sui banchetti reali e virtuali le opere di fotografi “puri” (termine da prendere ormai in senso lato [2]) si mescolano a altre di “creativi” che combinano il pennello fotografico con altri mezzi collo scopo di produrre “arte” più o meno figurativa.
Le riviste fotografiche si sono da tempo assegnate la missione di svuotare i portafogli degli appassionati riempiendo le borse di costoro con nuove miracolose attrezzature. Le presentazioni di nuovi autori capaci di un impatto reale sono rare; le recensioni di nuovi libri, sempre encomiastiche, rischiano di gravare i nostri scaffali di pesi superflui.
Ma allora, dove cercheremo gli autentici fotografi “in marcia”? A chi stanno, questi altri, consegnando le loro fotografie?
Esiste forse un solo settore della stampa nel quale, senza infingimenti, il fine per il quale l’autore viene ingaggiato ed opera è palese e dichiarato: ed è il settore della moda (o fashion, per dirlo con eleganza). Un settore che già dalla prima metà del ‘900 è stato frequentato da autori che hanno innovato nella fotografia di moda e nello stesso tempo portato la fotografia d’arte verso storici progressi.
Già negli anni ’20 Man Ray a Parigi realizzava servizi fotografici per riviste di moda come Vogue e Vanity Fair e, dagli anni ’30 in poi, per l’americana  Harper’s Bazaar. Anche la sua opera più famosa, Noire et Blanche, fu pubblicata la prima volta su Vogue nel 1926. Nella seconda metà del XX secolo delle stesse riviste furono collaboratori fissi Helmut Newton e Richard Avedon.
Quelle riviste esistono ancora. Anzi, nel tempo hanno ampliato la loro diffusione, affiancando all’edizione madre versioni locali nelle lingue di vari paesi. Da noi, l’edizione nazionale del settimanale Vanity Fair arriva ogni giovedì in tutte le edicole. Negli articoli accompagnati da un servizio fotografico – praticamente tutti, salvo quelli delle rubriche fisse – viene indicato il nome del fotografo. I fotografi sono tutti professionisti con siti ben articolati e dettagliati. Se le immagini del servizio colpiscono per qualità e originalità, nulla di più semplice che approfondire la conoscenza dell’autore trasferendo in rete la ricerca. Operazione meno dispendiosa di tempo, danaro e fatica di qualsiasi altra ricerca. Si troveranno “mostri sacri” affermatisi nello scorcio del vecchio millennio e ancora attivi; ma molto più spesso si noteranno giovani innovativi e/o rampanti. [3]
Nella prima categoria, troveremo per esempio l’inventivo fotografo e cineasta britannico Nick Knight (https.//www.nikknight.com), del quale avremo forse già presente l’icona della cantante/modella Bjork acconciata alla giapponese e coll’occhio sinistro completamente opacizzato (nella stampa!) da una vernice celeste. Nel 2021 le sue immagini per “Dom Pèrignon x LADY GAGA” Champagne Rosé Millesimato Limited Edition [4] hanno invaso sia le pagine dei servizi che quelle della pubblicità, invitandoci a rivisitare il suo costante rapporto artistico colla cantante, attrice e modella, e a constatare la perdurante vitalità della sua opera.
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       Nick Knight, Pubblicità per per “Dom Pèrignon x LADY GAGA”, 2021.
A fare da legame fra i mostri sacri e gli autori affermati di recente, servirà il giovane Victor Lemarchelier, figlio dell’autore dei Calendari Pirelli 2005 e 2008 Patrick Lemarchelier (1945 – marzo 2022). Una sua nota personale sembra l’accoppiamento di immagini colla modella en mise e la stessa “senza mise” (ma qualcosa del genere non l’aveva già fatto qualcun altro?).
Si troveranno spesso servizi e copertine di Gianluca Saragò con ritratti di “personalità” mondane, il suo settore di specializzazione. Il suo sito (http://www.gianlucasarago.com, Celebrities) immergerà il lettore nella più vivace attualitè, stuzzicandolo a far scorrere sullo schermo qualcuno dei molti servizi completamente dettagliati: su Belen (nozze con Stefano De Martino, i due nell’intimità, lei in attesa di Santiago, frutto del loro amore), su Michelle Hunziker, su Luciano Ligabue [5] e così via.
L’incontro certamente più inaspettato avverrà con articoli di Vanity Fair Italia o Vogue Sposa recanti l’intestazione “foto Gabriele Basilico”. Si imparerà che dal 2015 collabora con queste riviste un Wedding Photographer,  dallo stile Young, Fresh and Dynamic, [6] che condivide nome e cognome col grande fotografo scomparso recentemente.
Non dovrebbe sorprendere l’ampia presenza di fotografe fra i collaboratori fissi più apprezzabili. A cominciare da quella che viene comunemente definita “la più grande ritrattista del mondo”, Annie Leibovitz. La sua fama, nata sul mensile   Rolling Stone, “la Bibbia della cultura Pop”, si è consolidata proprio sulle riviste nostro oggetto - per essere infine consacrata nei ritratti ufficiali di Elisabetta II e della famiglia reale, nei quali l’autrice ha rafforzato la tendenziale tetraggine dei suoi colori.
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        Annie Leibovitz, foto per Vogue
Fra le autrici della Generazione Y [7], spicca la danese Signe Vilstrup, che lavora in questo settore  dal 2002. I suoi servizi per e con Monica Bellucci (visitabili nel sito dell’agenzia che la rappresenta [8], in quello di Dolce e Gabbana e nell’archivio di Vanity Fair [vedere: Vanity Fair archives Signe Vilstrup]) spiccano fra quelli dei tanti fotografi per i quali l’attrice si è prestata come modella.
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       Monica Bellucci by Signe Vilstrup, 2012.
L’italiana Nima Benati, ora poco più che trentenne, potrà sorprendere col suo servizio ispirato (ma senza piaggieria) a Rubens, commissionato da Dolce e Gabbana [9]. Da un lato, è una significativa dissociazione dalle apoteosi dell’anoressia delle correnti sfilate di moda. Da un altro, è molto più nuovo e convincente dei tentativi pretenziosi, ma ridicoli nei risultati, di rifare fotograficamente gli interni di Veermer. [10]
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       Nima Benati- Sin.: Copertina per Vanity Fair. Ds. Pubblicità per Dolce e Gabbana.
In conclusione, ci permettiamo un facile suggerimento agli amatori curiosi di verificare dove stanno andando le fotografie. Ai Signori. Regalate alle vostre mogli, compagne o amichette un abbonamento a Vanity Fair Italia (settimanale) o a Vogue Italia (mensile) o a Harper's Bazaar Italia (solo in edizione digitale), o a altri periodici del rango “alto” del settore. [11] Non fatevi scappare l’occasione di accedervi, chiedendo di non buttare nei rifiuti i numeri già letti, o prelevandoli direttamente dalla pila nei pressi del WC, tradizionale santuario della lettura: tanto, per il nostro scopo, non invecchiano. Alle Signore appassionate all’immagine fotografica. Fatevi regalare l’abbonamento dal vostro marito, compagno, fidanzato o amichetto: ne trarrete doppia soddisfazione, per gli interessi femminili e per la cultura. Per gli uni e le Altre. Sfogliate le riviste accanto al PC, soffermatevi sugli articoli in cui è indicato il nome del fotografo e, dove le immagini vi intrigano, digitate Nome, Cognome, Fotografo (o Photographer), Almeno uno dei siti di volta in volta scaturiti sarà ricco di notizie e di immagini. Buon divertimento.
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Avvertenza. La fotografia del titolo è stata “prelevata” dal sito http://www.danjacksonphoto.com/,  una delle scoperte più interessanti di questa informale indagine. Si ringrazia l’inconsapevole ma brillante e versatile autore.
[1] Intervista a Frédo Durand, Réponses Photo N° 348, Aprile 2022.
[2] Rinunciando forzatamente all’integralismo della autentica “vera fotografia” che ormai esiste solo presso Gianni Berengo Gardin. In cuor nostro Santo, anzi Santo Subito, poiché per un comune mortale, seppur devotissimo alla fotografia, resistere alla tentazione di un ritocco digitale è un atto di eroica religiosità.
[3] Le nostre fonti sono state Vanity Fair Italia, settimanale, abitualmente disponibile in casa, e qualche numero occasionale di Vogue Italia, mensile. Purtroppo le immagini pubblicitarie, che coprono la gran parte delle pagine di queste riviste e talvolta sono di grande effetto, non portano mai il nome degli autori, raramente quello dell’agenzia. Qualche risultato si è ottenuto ricorrendo al sito della maison.
[4]https://images.squarespace-cdn.com/content/v1/5c7d2067b2cf79edfe1a3a2a/1551714272998-XQ4AM6EOE2X5QEUJYC37/nk-65_v10-1_1100x0.1100x0.jpg
[5]http://www.gianlucasarago.com/PANNELLO/IMAGES/PRESS/COVERS/bd558875efa23a9307d1061d4806c6c7.1_mini.jpg
[6] http://www.gabrielebasilico.com/about/;
[7] La prima “generazione digitale”, di nati prima del 2000, i primi a formarsi  già sul digitale, per i quali è stata istituita la denominazione Millennials (che viene usata erroneamente per i nati dal 2000 in poi).
[8] https://www.studiorepossi.com/photographers/signe-vilstrup/
https://attheloft.typepad.com/.a/6a00e54ecca8b988330168eac81bce970c-650wi
  Click su: Vanity Fair archives Signe Vilstrup  
[9] Si deve riconoscere che, fin dai tempi del servizio con Marpessa commissionato a Scianna, questi imprenditori della moda stanno lasciando una traccia nella spinta al rinnovamento della fotografia italiana non solo in questo settore.
[10] https://www.fotopadova.org/post/632851203594862592
[11] Sfortunatamente, nessuno dei loro editori remunera Fotopadova per
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forzaitaliatoscana · 4 years ago
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Made in Italy: fondamentale il dialogo con le aziende
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La responsabile del Dipartimento tutela del Made in Italy di Forza Italia Toscana Antonella Gramigna: "Made in Italy: fondamentale il dialogo con le aziende" Sono oltre 100 i tavoli di crisi aperti nel periodo attuale. Sapevamo tutti che questa grave pandemia, con le temute chiusure e i blocchi delle produzioni, avrebbe messo in ginocchio diverse realtà industriali, artigiane e commerciali. Era previsto, così come è previsto l’intervento dello Stato che deve, e dovrà, fare la sua parte. Quindi, senza voler mettere in discussione il sacrosanto diritto delle aziende a poter riorganizzare e ristrutturare per poter garantire e mantenere l’azienda sana, come responsabile dipartimento Made in Italy di Forza Italia Toscana, ritengo anche sia un dovere di chiunque faccia impresa nel nostro Paese il collaborare lealmente con le Istituzioni, con le parti sociali, con Confindustria, ed anche con rispetto dei lavoratori, per cercare soluzioni ed avere sempre relazioni industriali serie ed accettabili. L’atteggiamento avuto dall’azienda, verso i propri lavoratori, licenziandoli a  mezzo mail, gettandoli nello sconforto totale, proprio perché inaspettato, non é degno di un Paese civile. Un Paese come il nostro, ricco di maestranze capaci, di ricchezza artigianale e umana. Si parla di interesse di queste multinazionali che usano l’Italia, la sfruttano e poi se ne vanno. Credo prima di tutto che serva maggiore rispetto e coscienza da parte loro. Ma più di tutto servono regole chiare, da parte dello Stato, con princìpi e sanzioni, maggiori tutele per il mondo del lavoro. Qui si tratta di un’azienda che pare avere all’attivo merce da milioni da consegnare, e ordini attivi di merce ancora da sballare. Crisi? Quale crisi, parliamone. Si tratta forse di delocalizzazione in paesi con minor pressione fiscale? Ecco che allora, oggi più che mai, servono misure più giuste che possano aiutare sia il mondo produttivo che lavorativo. La vicenda della GKN, come di altre, è questione dolorosissima. Ma insegna una cosa. Alcuni approfitteranno dell’epidemia da covid-19 per fare i loro interessi, come ad esempio chiudere senza un giustificato motivo e lasciare a casa tant’è, troppi dipendenti. I lock down hanno di fatto spianato la strada alle ristrutturazioni, ed ai licenziamenti con il potere nelle mani di pochi. E fin quando sarà cosi, le GKN si moltiplicheranno. Come dipartimento ho già chiesto chiarimenti ai miei referenti istituzionali e mi riferiscono esserci già al lavoro con un tavolo il prossimo 15 luglio,  per questa ennesima vicenda che vede 422 lavoratori seriamente preoccupati, presidiare giorno e notte l’azienda, anche per controllare le macchine e la loro sicurezza. Sarà il Ministro dello Sviluppo economico ad interessarsi della questione, come spero faccia anche il Presidente della Regione Toscana, perché in queste vicende tutte le Regioni hanno un ruolo fondamentale. Il Made in italy non è solo il prodotto artigianale, ma è il concetto di capacità lavorativa, serietà ed eccellenza nel mondo. Questo è il nostro grande valore e bisogna preservarlo con forza. Solidarietà ai dipendenti, e dialogo con le aziende. Solo unendo i due campi potremmo garantire un futuro. Antonella Gramigna, Responsabile Dipartimento Tutela del Made in Italy Forza Italia Toscana Follow @FI_Toscana
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friccchettona · 4 years ago
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15 Ottobre 2020
ehi,
come stai? l'hai trovata la tipa? ti manco almeno un po'? cos'hai fatto oggi? com'è andata la giornata? tua mamma sta bene? hai finito con le scommesse? hai mangiato? hai pensato a me oggi? ti sono venuta in mente un po'? hai pensato a come sto io? ti manco? ehi, come stai? tutto bene? mi vuoi ancora? stai meglio senza di me? mi hai sempre mentito? cos'hai fatto oggi? come stai? hai fumato tanto oggi? e con Amin? come va? e con gli altri? tutto bene? cos'hai fatto ieri sera? mi hai pensato un po'? ti sono venuta in mente a caso mentre guardavi il nulla? o mentre qualcuno diceva qualcosa che ti ricordasse me? che fai? tutto apposto? mi manchi.. tantissimo, vorrei sentire le tue mani scivolare su di me.. abbracciarti forte e darti un bacio enorme, da non staccarmi più. come quello dell'altra sera, ti ricordi? non hk neanche avuto il coraggio di dirti ciao, ti ho baciato e basta e tutto il male stava per scivolarmi via e invece no, è tornato tutto.
non puoi scivolarci tu sopra di me? ti ricordi quando eravamo così sudati da scivolate l'uno sopra l'altro, ti ricordi? cazzo.. ti ricordi quando l'altro giorno mi hai detto che anche se ci lasciamo tu hai bisogno di me nella tua vita? ti ricordi quando mi dicevi che volevi una bimba che assomigliasde a me? ti ricordi quando mi hai urlato che mi amavi dalla doccia? e poi quanto ci sei rimasto male quando non ho risposto.. ti ricordi al mio compleanno? quanto stavamo male, perché ci eri rimasto male? ma poi ti ricordi la mattina dopo? quando ti stringevo la mano e quando volevo che non finisse mai quel momento? ti ricordi poi in treno? eravamo quasi felici, come sempre, sapevamo di farci male, lo sappiamo bene quanto male ci facciamo, eppure non siamo stati capaci a lasciarci, te lo ricordi?
e ti ricordi quando sono venuta da te quella notte? ti ricordi che ho pianto dalla disperazione perché non mi credevi? e poi ti ricordi dopo? quando volevi baciarmi perché sarebbe stata l'ultima volta e invece poi ti ho detto che non volevo andarmene e ti sei intenerita per me è hai cambiato espressione? ti ricordi? ti ricordi che poi sono stata da te due giorni alla fine? eppure dovevo andare via..
ti ricordi quante volte è finita? ti ricordi quante volte mi hai lasciata? ti ricordi?
eppure non sapevi stare senza di me.. non resistivi mai.
e questa volta resisterai.
ti ho deluso, come tutte le altre volte, ti ho fatto male, ma tu non c'eri, non c'eri per me, non volevo aspettare, avevi bisogno di te in quel momento, speravo riuscissi a mettermi al primo posto, speravo che se ti avessi chiesto aiuto, in qualsiasi momento, eri lì per me. speravo di poter contare su di te, sempre, speravo di essere ciò che tu sei per me.
e invece non lo sono mai stata, aspettavo mi chiamassi ieri sera, anche se io non volevo piu, aspettavo che ti preoccuparsi per me, per il mio male e invece no.
non vado bene se mi taglio, so che fa male anche a te, ma è l'unica cosa che mi libera dal male se ci non sei tu.
ehi? come stai, tutto bene? è tutto il giorno che ti scrivo, come stai? questa sera mi sei sembrato agitato, veramente parecchio, mi odiavi, ti facevo proprio schifo, cazzo devo averti fatto veramente male, ma ti ricordi di tutto il male? cazzo che schifo che ho fatto con te, cazzo veramente, dal primo momento ho solo fatto schifo.
mi guardo allo specchio ogni volta che ne vedo uno, mi peso ogni volta che mi viene in mente e mi guardo allo specchio, e sai cosa dico? mi guardo intensamente negli occhi, e dico semplicemente : che schifo Martina, fai schifo, vergognati, fai schifo, perché sei così, che schifo, che schifo. e piango tanto fino a quasi soffocare, ogni volta che mi guardo. per questo a volte evito di guardarmi, sai?
piove.. ti penso.. la pioggia è nostra..
cazzo quante notti ad ascoltare la pioggia, 'metti la pioggia così dormiamo' e poi finivamo a scopare.. ore e ore con la pioggia, che ci faceva da sottofondo, che ci faceva addormentare.. e poi la neve.. cazzo che ricordo, quanto fa male cazzo.
quanto avrei voluto stare con te quest'inverno.. stare sotto le coperte con te al posto di andare a scuola magari, in una giornata fredda.. con la stufetta e tanto amore.. andrei per te a prendere la colazione, magari nel posto che ti piace, quello dell'altra volta.. prenderei solo le pastine con la frutta però, perché erano le più buone. preparerei un cappuccino per te e te lo porterei a letto, ti darei un bacino e poi mi metterei accanto a te.
tutto ciò è solo nella mia testa però, a scuola non ci vado uguale, pero sto nel letto tutto il giorno, nessuna pastina, nessun cappuccino e nemmeno tu, non c'è niente qui.. se non un gatto che mi fa compagnia.. sai? domani vado a vedere un gattino, mia mamma voleva un gattino oggi, siamo andate anche alla ricerca, quasi tutto il pomeriggio.
per alcuni momenti ero felice, perché avrei avuto un bel micio da coccolare e soprattutto con cui piangere e accarezzare, mi avrebbe distratto dal non pensare a te in alcuni momenti.. ma poi ho pensato a quando quelle volte mi hai portato la micia, e mi sei venuto in mente ancora, ho pensato che non avrei potuto condividere con te la felicità di avere un nuovo gatto baby, che lo volevo tanto, da troppo tempo. e mi ha fatto male, ancora.
poi la mia poca felicità è svanita in un attimo, appena mio padre ha detto che non lo vuole, cazzo, lo sapevo, non dovevamo dirglielo.. ma stiamo cercando di convincerlo..domani andiamo a vedere un gatto, cazzo credo sia la mia unica gioia che comunque non potrò condividere con te.
ci ho provato sai? questa volta ci ho provato davvero, ma ho paura, non ne ho avuto il coraggio.. e sei poi torni? e se poi ti manco? e se poi un giorno hai voglia di vedermi? e mia mamma? e mia sorella? I miei amici? che direbbero di me? e chiunque che direbbe di me? boh..
poco mi importa degli altri in realtà, solo che deludere tutti, di nuovo.. già sono una delusione continua per chiunque, cazzo.
ma tranquillo, non finisce qui questa storia, non finisce qui te lo prometto. ti ho promesso che per te do la mia vita, te l'ho giurato mille volte, ti ho sempre detto 'quando piove' e stranamente stanotte ha iniziato a piovere, proprio da quando tu non c'eri più. cazzo, ma non credi siano dei segnali questi?
cazzo,tu non ci sei, non ho nessuno, non mi va di cercare attenzioni o di raccontare nulla a nessuno, non mi va di sentire nessuno, spegnerei il telefono tutto il giorno e tutta la notte, solo che poi non posso controllare se mi scrivi.. la speranza minima c'è sempre.. sai quante volte ho spebto il telefono oggi? troppe.. per evitare di scriverti, cazzo. e anche domani sarà così.. non voglio più andarci a scuola, cazzo, ho già otto assenze.. che avrei dovuto tenere per bruciare con te, che stupida... ma non mi va di vedere nessuno, di ascoltare nessuno e di stare cinque ore in un posto che non sia il mio letto. voglio restare qui per sempre, non alzarmi più da qui fino a quando un giorno forse mi riprenderò oppure no, finirò suicidata qui, ma ora non so se lo voglio veramente.. lo dico tante volte, ci provo anche jn quei momenti ma poi mi guardo allo specchio e mi chiedo perché devi smettere di soffrire, quando tutto è appena iniziato? perché? perché devi smettere di soffrire cazzo quando della sofferenza vera non hai visto niente, non arriva il primo giorno, la sofferenza vera arriva quando davvero è finita, quando non c'è niente da fare (non che ora ci siano molte cose da fare) ma arriva quando tu la superi, quando tu veramente non mi cerchi più, quando non ti interessa più niente, quando avrai un'altra tipa, quando vedrò che mi hai dimenticata.. e credo arrivi anche dopo un po' perché per ora i nostrih ricordi sono tutti vicini a me, sono diciamo 'sottovalutati' ma dopo un po' che non ci sei, di te mi mancherà qualsiasi cosa.
ed è assurdo come tu mi abbia appena scritto che ti mancherò tantissimo.. lo vedi che infondo siamo collegati? lo vedi che c'è il l filo rosso amore? anche prima, quando entrambi abbiamo scritto wow,
per due cose diverse, chiaro ma siamo comunque telepatici.
vuoi sapere un po' cosa mi mancherà di te?
vabbe in ogni caso lo saprai, anche se non vuoi..
di te mi mancherà la tua pelle, così morbida cazzo, le tue mani, in ogni modo mi mancheranno, su di me, che mi toccano, che mi prendono, chre mi spingono, anche dentro di me.. mi mancherà il tuo profumo, tantissimo, sono ossessionata in realtà da quel profumo, ne ricordo due, mi resterà sempre in mente se lo sentirò, anzi se devo dirtelo non mi ricordo quando ma l'ho sentito vicino a me e mi sono venuti i brividi... mi mancherai quando a Vicenza tutti i giorni passerò davanti a quel sushi di merda che si chiama Sakura, mi verrai in mente ogni giorno, forse arriverò a cambiare lato della corriera, mi mancherà giocare con te a cod, mi mancherà tu che mi prepari da mangiare, o chre versi a chre per me il the, mi mancherà averti intorno, mi mancherà scopare con te e quello credo non riuscirò più a farlo con nessuno, mi mancherà venire a Schio e dormire con te, mi mancherà anche macchia,ma ogni tanto passerò a salutarla, sperando di incontrarti lì, mi mancherà anche litigare con te, mi mancherà dormire abbracciata a te, mi mancherà toccarti di notte, mi mancherà toccarti il cazzo mentre sei mezzo addormentato, mi mancherà qualsiasi cosa cazzo, avrei una lista infinita di cose, non finirebbe più, te lo giuro che sarebbe infinita.. e ogni giorno sento che mi mancherai sempre di più, ma tu come farai? dato che non vuoi stare solo? come farai? cazzo come? forse ti mancherò più io, forse perché tu cercherai altre persone, aspettando di nuovo quella giusta, o continuerai a cercare tipe ma infondo lo sai che non ci saranno tipe come me.. e neanche come te, non preoccuparti. tanto non vorrò mai più nessuno, credo che chiunque non sarebbe alla tua altezza, chiunque non sarebbe te, cazzo. non ci sarà mai nessuno come te cazzo.
è assurdo però quante cose ho sentito da te, quante volte ho sentito di farti schifo, quante volte ti ho visto rimanerci male, quante volte ho visto la delusione nei tuoi occhi.. quante altre ci ho visto l'amore invece nei tuoi occhi, cazzo i tuoi occhi.. son così belli, hanno un colore che cambia con la luce, sotto il sole sono molto più chiari, quando sei incazzato però diventano scuri, il tuo sguardo è diverso, cambia totalmente, ma quando mi guardi a volte non resisti.. lo so, non resisti e poi ridi, o sorridi.. e quando stiamo litigando e poi iniziamo a ridere, cazzo non sai che bello, non sai quanto vorrei ridere con te ora.. parlarti, coccolarti un po' e poi fare l'amore con te.. non sai quanto cazzo lo desidero, sistemare le cose, sempre, cazzo. ma perché arriviamo sempre a questo punto? perché cazzo? forse le altre volte abbiamo sempre sbagliato ci siamo dati troppo poco tempo, pretendevamo tanto, nel tempo sbagliato, in un tempo che non era corretto per cambiare tutto..
ma non resistevamo un cazzo, neanche ora resisto ma ora ho paura di tutto quello che possa succedere.
torni sempre da me, lo so ma questa volta ho paura di no, anche se mi sembra la volta in cui io posso davvero migliorare per te, posso riuscirci, o posso provarci più di ogni altra volta ma dovresti darmi del tempo oppure semplicemente aiutarmi a farlo, aiutarmi a farmi capire tutto quello che non va, magari dicendolo tranquillamente.
non vorrei mai perderti, mai.
l'unica cosa che so è questa, voglio andare via con te Filippo..
e se dovrò riconquistarti allora ci proverò.. ci proverò con te, di nuovo, anche se non lo vuoi, ci proverò con te fino a consumarmi tutta, fino a non avere più sentimenti e poi potrò dire di aver dato tutto.
ma ci vuole tempo per migliorare cazzo..
mi dispiace tu debba fumare ogni giorno per sentirti meglio e per non piangere, mi dispiace che tu debba fare quello per stare bene, fidati che se potessi fumare quanto te, lo farei anch'io per sentirmi meglio..
ho fame, mi è venuta tutto un colpo ora.. cazzo..
tra poco dovrei alzarmi per andare a scuola, non mi va, non ci vado, non ho voglia cazzo di vedere nessuno.
in alcuni momenti filippo vorrei mollare tutto, lasciarmi andare veramente, in altri vorrei soltanto parlarti e risolvere tutto, poi perdo le speranze e poi invece le ritrovo in qualche modo.. è già un suicidio averti perso, credimi..
io non riuscirei mai a scrivere a qualcuno per sentirmi meno sola, perché tanto mi sentirei vuota comunque, dovrei ripartire da me per ricominciare a stare senza di te, l'hai provato anche tu con betta, non ti sei mai dimenticato di lei, finché non è effettivamente arrivato il vero sentimento, anche se a volte lei ti viene in mente.. e non sono sicura proprio per niente che tu l'abbia dimenticata..
non importa vabbe..
avrei mille cose da scrivere cazzo, mille cose da dirti ma mi gira la testa, credo ora di addormentarmi, ho troppo mal di testa..
ti auguro una buonanotte e ti mando un bacino, anzi tre, d'amore come dici tu..
spero davvero qualcosa si sistemi, finché ho questa speranza posso sempre cambiare per te.
ti amo, più di ogni altra cosa, sul serio, bon ho mai amato qualcuno così tanto..
sei l'amore della mia vita cazzo.
lo so che non c'è più tempo, lo so che te l'ho detto troppe volte ma credo che sia il limite questo ed è forse ora che bisogna dare una svolta a tutto.
tanto non mi credi vero? no.. tu non ci credi a me.. non hai più speranze vero? lo so..
si vede.. forse qualcuno c'è che ti ispira? cazzo..
cazzo..
non mi vuoi più, veramente non mi vuoi più..
fa davvero troppo troppo male..
credo che questo messaggio infinito possa finire..
sta a te credermi o no,io posso provarci. davvero.
ti amo.. buonanotte amore.
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tiseguiro · 4 years ago
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Rifiorire
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MichaelDavide Semeraro
La parabola diventa insegnamento e, come sempre avviene, per alcuni è una profonda consolazione, mentre per altri rischia di essere motivo di turbamento mascherato con il farsi «beffe» (Lc 16,14) per evitare di lasciarsi interpellare. Di tutto ciò che il Signore insegna ai suoi discepoli troviamo una sorta di attuazione esistenziale nell’esperienza di Paolo che, scrivendo ai Filippesi, riconosce loro il merito di essere stati animati, nei suoi confronti, da una particolarissima dolcezza e benevolenza, così profonda e vera da essere capace di «rifiorire» (Fil 4,10) ad ogni occasione. Il Signore si fa egli stesso interprete della parabola e mette insieme una serie di provocazioni che, di certo, raggiungono il massimo quando si rivolge direttamente ai farisei con queste parole:
«Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole» (Lc 16,15).
L’evangelista annota accuratamente che i farisei «erano attaccati al denaro» (16,14). Questo attaccamento è cifra di tutti quegli attaccamenti – talora meno appariscenti, ma non meno pericolosi - che non permettono al cuore dell’uomo di servire con fedeltà e con gratuità. Madeleine Delbrêl così annota, con la sua consueta profondità di comprensione e di espressione: «Non possiamo farci poveri, solo Dio può farci questo dono. Lui solo può dare al celibato “lo spirito di solitudine” per il Regno dei cieli; lui solo può fare di un rassegnato un obbediente; lui solo può fare di un poveretto un povero» (M. DELBREL, La joie de croire, Seuil 1968, pp. 87-88). Così la parola del Signore Gesù rivolta ai discepoli diventa più chiara:
«Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti» (16,10).
La nostra vita di discepoli comincia e, non raramente, si esaurisce nelle piccole cose di ogni giorno, eppure è proprio nel tessuto quotidiano della vita che si manifesta la nostra capacità di «servire» e di non cercare altro che «servire» (16,13).
L’apostolo Paolo ci ricorda che la cosa più importante per i discepoli è quella di essere capaci di far circolare l’amore nella forma di un’amicizia che si prende cura, ma che va ben oltre la cura: «Non è però il vostro dono che io cerco, ma il frutto… ho il necessario e anche il superfluo», eppure riconosce che i doni «sono un piacevole profumo… che piace a Dio» (Fil 4,17-18), ma che piace anche a noi. Allora non ci resta che accogliere con riconoscenza e con un certo piacere la parola con cui il Signore ci chiede di essere audaci e intraprendenti:
«Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché quand’essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne» (Lc 16,9).
E il primo segno di quello che vivremo nelle dimore eterne è che la nostra vita e quella degli altri possa e sappia ogni giorno «rifiorire».
https://www.nellaparola.it
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ildiariodibeppe · 5 years ago
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Convertire… in effetto
Martedì – I settimana T.Q.
(Is 55, 10-11 /Sl 33 / Mt 6, 7-15)
La parola del profeta Isaia sembra volerci rassicurare: <così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto> (Is 55, 11). Il Signore Gesù, consegnandoci la preghiera del Padre Nostro ci offre, attraverso queste parole, una sorta di mappa che ci permette di affrontare, ogni giorno, il laborioso cammino che crea una relazione efficace tra il cielo e la terra, tra la vita di Dio e la nostra vita umana. L’immagine con cui il profeta evoca <la pioggia e la neve> (55, 10) è adattissima a farci intuire il mistero della preghiera. Questo mistero è sempre un dinamismo di comunicazione attraverso cui ci prendiamo cura della nostra relazione con Dio che ci rende capaci di farci carico della nostra relazione con gli altri, anche quando questa si fa più difficile. Due invocazione sono così ravvicinate da sprigionare una sorta di incontenibile fuoco: <Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori> (Mt 6, 11).
Il primo grande passo esigito dall’avventura della preghiera sembra essere quello di non sprecare <parole come i pagani> (6, 7). Ciò non significa affatto un disprezzo nei confronti di altri modi di cercare, di sentire e di invocare la presenza del Signore, bensì è memoria, per i discepoli, della necessità di fare un passo indietro proprio quando la preghiera si fa più fervida. Questo passo indietro non si rende urgente per evitare di voler, in qualche modo, piegare Dio ai nostri progetti, fino a contaminarlo con le nostre paure; ma, al contrario, chiede di essere noi disponibili a rettificare il nostro sguardo e ri-orientare il nostro desiderio. Per questo non saranno le parole a guadagnarci la benedizione di Dio, ma la nostra disposizione nei confronti della chiamata del Signore. Come ricorda uno psicanalista contemporaneo: <La preghiera rivolta a Dio appartiene al tempo dell’esistenza di Dio. […] la preghiera preserva il luogo dell’Altro come irriducibile a quello del’io. Per pregare – questo ho trasmesso ai miei figli – bisogna inginocchiarsi e ringraziare. Di fronte a chi? A quale Altro? Non so rispondere e non voglio rispondere a questa domanda. E i miei figli d’altronde, non me la pongono. Quando me lo chiedono, pratichiamo insieme quello che resta della preghiera: preserviamo lo spazio del mistero, dell’impossibile, del non tutto, del confronto con l’inammissibilità dell’Altro>1.
Fa parte del nostro annuale cammino quaresimale non solo rimettere al centro della nostra vita la preghiera come apertura alla trascendenza, ma pure, ogni anno, siamo chiamati a purificare la nostra preghiera perché sia non solo rivolta a Dio, ma sia conforme alla volontà di Dio. Ciò che viene <compiuto> (Is 55, 11) dalla preghiera nella nostra vita, se è efficace, rimane comunque un mistero che ci attraversa, ma che pure ci supera. L’impegno finale della proposta di preghiera del Signore Gesù è come se rimandasse a noi la palla dell’efficacia della preghiera stessa: <Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche a voi> (Mt 6, 14). Per questo pregare non è rimandare a Dio ciò che è necessario compiere per la nostra vita, ma significa trovare sempre la forza e il modo per fare il primo passo… quello che ci è possibile.
Signore Gesù, insegnaci a pregare e insegnaci a vivere. Non ti chiediamo di darci solo le parole per rivolgere il nostro cuore al Padre che è nei cieli, ma ti imploriamo di darci pure la sapienza di trovare i gesti più adeguati per ritessere, ogni giorno, il contatto con i nostri fratelli nella serenità e nella gioia. Kyrie eleison!
1. M. RECALCATI, Cosa resta del padre?, p. 12.
http://www.lavisitation.it/index.php?option=com_users&view=registration&layout=complete&Itemid=142&lang=it
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mezzopieno-news · 6 years ago
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MONICA MONDO
per la campagna per la Parità di Informazione Positiva #mezzopieno
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Giornalista e conduttrice a TV2000. Ha scritto per diverse testate giornalistiche di cultura e politica e lavorato nell'editoria e per la radio sempre con una particolare ricerca sulle tematiche sociali e alle storie di fiducia e di speranza. Ha pubblicato diversi romanzi, saggi e biografie, tra cui “Sarà bella la vita” (2012 editore Marietti) e una biografia di Giovanni Falcone con la sorella Maria “Le idee restano” (2017 editore San Paolo).
Qual è per lei il ruolo dell'informazione sul benessere della società?
L’informazione dovrebbe aiutare a registrare tutta la realtà in tutte le sue sfaccettature, non soltanto quelle più cupe che ovviamente fanno più notizia perché spesso siamo portati a cercare ciò che ci manca rispetto a quello che abbiamo. Il giornalismo dovrebbe essere più coraggioso e a 360 gradi racconta la realtà tutta ricordandosi che ciò che si comunica impatta con la percezione del mondo a livello psicologico ed emotivo e quindi ha una responsabilità a indirizzare l’umore e la rabbia delle persone.
Cos'è per lei una buona notizia?
Le notizie non sono ne buone ne cattive, bisogna darle con garbo anche se sono dolorose ma sempre rispettando le persone, quindi anche una notizia brutta può essere data in modo buono. Una buona notizia non è una notizia condita di rose e fiori ma è una notizia data bene, con responsabilità, con rispetto e con attenzione umana e con puntualità e veridicità. Se invece parliamo di diffondere le buone notizie come complemento oggetto allora è una notizia che smentisce una lezione corrente, ad esempio l’accoglienza, la generosità. Notizie che riescono a costringere la riflessione, a far trasparire un sorriso, un pensiero buono e che riescono a far capire che non tutto è perduto e che l’umanità resiste.
Può il giornalismo rappresentare uno strumento per aumentare la fiducia e ridurre la conflittualità?
Il giornalismo attuale, no. Non solo per colpa dei giornalisti ma un sistema economico che cerca sempre più lettori per non morire. Non sempre è una cattiveria intrinseca o una volontà malsana ma è un tentativo di attirare l’attenzione e di guadagnare qualche copia in più, il che a volte significa anche non licenziare delle persone. Esiste poi un costume che è causato da una mancanza di cultura. Oggi ognuno si sente in diritto di esprimere le proprie idee, che è alla base della democrazia, ma non tutti quelli che scrivono notizie sono giornalisti. Credo che il giornalismo possa essere portatore di fiducia se disegna tutte le parti in causa e soprattutto se è scevro da ideologie.
Qual è il suo contributo per una buona informazione?
Lavoro in una realtà in cui portare buone notizie è un punto di orgoglio. Nella mia attività ricerco persone da incontrare e da cui farsi raccontare qual è il senso della loro vita, quali significati danno alle cose e cercando di tirar fuori dei buoni esempi. Abbiamo bisogno di maestri, di modelli buoni e di belle figure da ricordare che possono scaldare il cuore e farci capire che c’è tanto di buono nell'uomo. In realtà se siamo capaci a guardare, sono molto di più le persone che ci stupiscono e ci commuovono di quelle che ci deprimono e ci inquietano. La giornata è scandita da molte più cose belle di cui ringraziare che non cose da maledire; dipende da come guardiamo. E il modo in cui guardiamo, dipende dall'educazione.
Cosa vuol dire per lei vedere il bicchiere mezzo pieno?
Io sono una persona tendenzialmente pessimista, educata nel rigore sabaudo, ma faccio uno sforzo costante a seguire quella che è una massima kantiana “il pessimismo della ragione può essere accompagnato dal ottimismo della volontà”. Lo sforzo che faccio ogni mattina che mi sveglio e chiedermi, “che cosa mi regalerà questa giornata?” “quali possibilità, quali persone, quali cose mi porterò a casa questa sera?” queste sono cose che danno valore al tempo.
   Leggi le altre testimonianze per la campagna Parità di Informazione Positiva #mezzopieno
✔ Buone notizie cambiano il mondo. Firma la petizione per avere più informazione positiva in giornali e telegiornali https://www.change.org/p/per-avere-un-informazione-positiva-e-veritiera-in-giornali-e-telegiornali
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sciatu · 8 years ago
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L’ ultima cena di Nunziatu
Nunziato aveva deciso di morire. Non aveva un lavoro, i suoi fratelli e sorelle erano partiti chi a Milano, chi più lontano, non aveva mai avuto una ragazza ed ormai a 30 e passa anni si era convinto che nessuna ragazza avrebbe avuto interesse per lui perchè non aveva nessuna proprietà o fonte di reddito e quindi neanche bei vestiti, o una macchina nuova o un futuro felice. Dopo che suo padre mori cadde in depressione e sui gradini della chiesa del paese (che erano il centro nevralgico e monotono della vita del piccolo villaggio) se ne stava in disparte  pensando a chissà cosa. Una notte che in tutto il paese eravamo rimasti svegli solo io Santu e Ciccio lo vedemmo in un angolo degli scalini a fissare il vuoto. Visto che era un anima semplice e spesso se lo eravamo portati dietro, Santu gli andó vicino e gli chiese cosa stesse pensando. “Nenti – rispose lui – mi vogghiu mazzari! Nta vita nun cumminai nenti. Chi minchia campu a fare?” e ci raccontó la sua solitudine, il senso di vuoto che provava, il desiderio di qualcuno che non arrivava mai, il non avere un euro in tasca e quindi contare per il mondo quanto il cane randagio che dormiva sugli stessi gradini dove eramo seduti, vicino alla porta centrale della chiesa. Anche per prendere mezza birra doveva chiedere i soldi a sua madre e quando andava a cercare lavoro gli dicevano che oltre a non sapere le lingue, non sapeva neanche l'Italiano, era troppo brutto e rozzo per fare il cameriere. “Ma chi dici – fece Santu seccato – non pinsari sti cosi! Ora ca Ferribotti ti dici picchi non ti poi ammazzare…” e mi guardó come a dire “brogghiaci cocca cosa chi chistu s’ammazza piddavera” io li guardai e sedendomi accanto a Nunziatu  esordii “Nunzio fai bonu! O to postu puru io m’ammazziria!!” Santu e Ciccio mi guardarono stupiti mentre continuavo “io peró lo farei come gli antichi romani come fece Orazio quando mori il suo amico Mecenate: mi farei una nella mangiata tutti insieme, poi in un bagno caldo mi taglirei le vene” Nunziatu mi guardó spaventato “tuttu du sangu…si mi vidiria me matri muriria…” “allora- continuai- facciamo una bella mangiata poi tutto bevuto ti corichi su i binari alla stazione cosi passa il treno e zacchete, tutto finisce e neanche te ne accorgi” “Bello – fece Santu che aveva capito - subito, subito ti levi ogni pensiero : facciamo come Orazio” l’idea a Nunziato piacque e il giorno dopo ci presentammo al ristorante della nostra amica Antonella e incominciammo a mangiare a quattro ganasce, ricordando con Nunziato i tempi della scuola. Io ricordai le grandi cose fatte da Nunziato : quando durante il derby contro la squadra della Marina aveva buttato giù il centravanti avversario evitando una disonorevole sconfitta, quando era riuscito a farci entrare senza pagare all’Apollo per vedere gratis la maratona su Moana Pozzi e Cicciolina, o quando suo cugino si era comprato la macchina nuova e passava avanti e indietro nella piazza facendo u spacchiusu. Appena il cugino l’aveva lasciata parcheggiata in piazza Nunziato gli aveva infilato una patata nel tubo di scappamento e la macchina non era più partita. Anzi lui aveva convinto il cugino a smontare il motore li in piazza per vedere come mai non partiva…. Conclusi dicendo che senza di lui tutto sarebbe stato diverso, che ci sarebbe mancato e cosi via. Alla fine, bevuti e pieni di pesce e pasta prendemmo una bottiglia di limoncello e andammo alla stazione per scegliere il tratto dove Nunziato si doveva coricare. Non fu una cosa facile. Qui non si poteva perché era di fronte alle toilette, li c’erano sempre i ragazzi della scuola e li avremmo scioccati, alla fine vai di qua, bevi il limoncello di là, lo abbracciammo e lo salutammo mentre si coricava finendo la bottiglia nel binario morto che dall’ultima guerra non veniva più usato. Per sicurezza, visto che con le ferrovie non si poteva mai sapere, tornammo indietro e prendendolo dai binari mentre russava, lo coricammo nella panchina della sala d’attesa dove si svegliò nel pomeriggio del giorno dopo con la nausea e il mal di testa. A vederlo poi  al paese, ci fingemmo arrabbiati dicendo che avevamo speso i soldi della cena per aiutarlo a morire e lui se ne veniva fresco fresco tutto intero. Rispose che non voleva più morire: ci disse che aveva capito che la sua anonima presenza sui gradini della chiesa era per noi importante. Mentiva. Qualche anno dopo, mentre io, Santo e Ciccio eravamo via, comprò una bottiglia di grappa e se la scolò seduto sulla sua vecchia panda parcheggiata su i binari del treno. Per fortuna si addormento e si sveglio il giorno dopo in ospedale con ferite in ogni parte del corpo e un braccio in meno. Quando tornai al paese andai subito a cercarlo. Lo vidi sugli scalini della chiesa, con la gente che passando gli chiedeva come stava, e il braccio destro che non c’era più. Mi avvicinai e mi sedetti accanto a lui. Lui non mi guardava e non parlava quasi imbarazzato per quello che aveva fatto. Ad un certo punto i suoi occhi si riempirono di lacrime e sottovoce disse “Non sugnu capaci mancu mi m’ammazzu…” Gli misi un braccio intorno alla spalla e stringendolo toccai con la mia fronte la sua. “ogni cosa è distinu Nunziatu. Si non muristi voli diri chi non avivi a moriri. Chi nta vita , puru tu hai a to sotta, comi tutti” lui sorrise amaro “ Eh quali è a me sotta: stari ca sittatu a salutari tutti chiddi chi passanu?” “Chi ni sacciu Nunziatu. Tu l’ha sapiri, è a to vita. Tu l’ha ciccari. Stasira annamuninni a  manciare e ni parramu” “Si, l’uttima vota chi vinni cu vui a manciari mi stavanu aristannu pi vagabondaggiu a stazioni…. Ora unni mi fati rusbigghiari ?“  “Boh – risposi sorridendo – fossi supra u traghettu chi potta a Salernu…” Lui mi guardò serio e mi mostrò la mano callosa aprendola di fronte a me “Mi ni ristò una ma cu st’una, cà ti pigghiu e cà ti rumpu…..” fece serio con gli occhi che sorridevano.
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paulpette · 8 years ago
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La questione del WC tappato
Stamattina mi alzo e vado in bagno e scarico l’acqua. L’acqua non scarica; impiega una vita a scendere e non scarica nulla di quello che dovrebbe portarsi via. Lascio un biglietto a coinquilina pugliese e a coinquilino trentino avvisandoli del guasto così da evitare di ritrovarsi con il bagno allagato. Coinquilino animale sardo è partito nella notte per la sardegna. Vado al lavoro. All’ora di pranzo mi ritrovo con i coinquilini colleghi e decidiamo di chiamare l’idraulico perché non siamo capaci di stappare un wc da soli e coinquilina pugliese rabbrividisce al pensiero di dover infilare una mano nello scarico. Chiamiamo un sacco di idraulici. Anzi, chiamo un sacco di idraulici. Scopriamo che a milano, per sturare un wc, servono più soldi di quelli che servirebbero per avere James Franco come schiavo sessuale. 40 euro per la chiamata e 250 euro per il lavoro. Allora vado nell’ufficio del magazziniere e gli chiedo se l’azienda ha un idraulico di fiducia e lui dice di no. Allora vado dal proprietario della pasticceria e piagnucolo un po’ e lui molto gentile telefona al suo idraulico e mi procura un appuntamento e gli dice di farci un buon prezzo. Poi mi da il numero dell’idraulico e io gli scrivo l’indirizzo di casa e gli chiedo quanti soldi vorrà e lui dice tra gli 80 e i 150 euro. Coinquilina pugliese al pensiero di dover sganciare tutti questi soldi supera le sue riluttanze e dice che l’idraulico non serve e che ci pensa lei: un paio di guanti e via. Se non bastano i guanti: soda caustica. Io e coinquilino trentino siamo fermi sul chiedere l’assistenza dell’idraulico.  Mentre prosegue il dibattito: idraulico sì/idraulico no, i colleghi si chiedono cosa possa aver tappato il bagno, domanda che noi non ci eravamo posti. Facciamo giusto due calcoli: l’altro ieri coinquilino animale sardo ha pulito per la prima volta il bagno (l’avevo minacciato di scrivere una mail alla responsabile del suo stage qualora non avesse pulito); da quando ha pulito il bagno è sparito il tablet igienizzante che è solitamente appeso al bordo del wc. Ne deduciamo che il tablet sia caduto dentro il wc e che lui invece di raccoglierlo l’abbia spinto nello scarico con lo scopino. Scenario probabilissimo conoscendo il coinquilino animale sardo. Torno a casa dal lavoro per prima, munita di un paio di guanti lunghi di quelli che si usano per ingravidare le vacche. Mi tappo il naso e infilo una gruccia nel wc per cercare di smuovere le acque. Niente. Metto i guanti e vado dentro col braccio. Racimolo solo carta igienica sbrindellata e merda. Alle 17 arriva l’idraulico. 
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ilsaggiatorepg · 7 years ago
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DUE RECENSIONI DI “QUALCOSA C’INVENTEREMO”
-a cura della prof. Di Fabio e della classe II B -
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Recensione Positiva:
Questo  romanzo  racconta  la storia   di   due   ragazzi   rima-sti  orfani,  Mirko  e  Tommaso:  Mirko  il  tipico  ragazzo  forte,  anche  se  dolce  e  tenero,  che  farebbe  di  tutto  per  il  fratel-lo  pur  di  non  fargli  mancare  niente, sebbene dimostri le sue debolezze.  Tommaso  il  tipico  bambino  innocente,  che  vede  del  buono  in  tutti  e  che  non  si  rende  conto  realmente  di  quanto  sia  complicata  la  loro  vita e di quanto sia difficile il mondo. La loro vita dipende da zio Eugenio, una figura poco presente, che si ritrova dal nulla a farsi carico di due giovani vite ancora inesperte e difficili da domare. Mirko viene a trovarsi in situazio-ni  scomode,  probabilmente  dettate  dall’età  e  dall’istinto,  che lo porteranno a scelte sbagliate, ma d’altronde la vita è così: le decisioni sbagliate accrescono la tua esperienza, e l’esperienza ti porta a fare le scelte giuste. Infatti Mirko e Tommaso affronteranno molti ostacoli e difficoltà che,diversamente dagli altri ragazzi, li hanno resi responsabili e capaci di affrontare la vita. Giorgio Scianna è l’autore del libro: lo ha pubblicato per la prima volta nel 2014 e fa par-te della collana I Coralli; è nato a Pavia nel 1964 e lavora a Milano. Con questo romanzo Scianna vuole farci capire che talvolta anche i ragazzi o i bambini possono compor-tarsi da adulti; infatti Mirko si è trovato in un battibaleno a dover fare sia da madre che da padre a Tommaso. Però anche se vuole o deve sembrare responsabile o se assume la figura di genitore, non manca mai di dimostrare che è un  ragazzo  e  come  tale  anche  lui  ha  delle  mancanze:  in-fatti si fa allettare dal viaggio a Madrid senza pensare alle conseguenze. Mirko, nonostante sia bravo a scuola, nello sport  o  a  presentare  allo  zio  lo  scontrino  di  ciò  che  com-pra,  ancora  non  è  pronto  a  ricoprire  il  ruolo  di  genitore.  Scianna  ci  vuol  far  capire  che  prima  di  diventare  adulti  bisognerebbe  imparare  ad  essere  ragazzi,  non  dobbiamo  crescere  subito  o  maturare  velocemente,  ma  anzi,  dob-biamo cercare di vivere al meglio tutte le fasi della nostra crescita. Inoltre l’autore ci insegna che non bisogna repri-mere i sogni o i desideri dei figli, come invece fa zio Euge-nio con Mirko: il ragazzo si trova sempre un muro davanti ogni  volta  che  prova  ad  esternare  un  desiderio.  Questo testimonia  anche  la  sua  voglia  di  scappare  da  Milano  e  di ribellarsi al mondo degli adulti: invece di rinunciare al viaggio, si fa prestare dei soldi da un delinquente. Il titolo del  libro  si  riferisce  al  fatto  che  i  due  ragazzi  sono  presi  alla sprovvista dalla morte dei genitori e per questo, sono costretti a “inventarsi” qualcosa per sopravvivere, nono-stante la presenza degli zii. Inoltre Tommaso, il più picco-lo, è la dimostrazione che, malgrado i mille sforzi degli zii di  non  fargli  mancare  nulla,  ciò  che  veramente  è  assente  è l’affetto e l’amore. Questo è un romanzo da leggere tut-to d’un fiato, capace di farti scendere qualche lacrima e in grado di farti capire che nella vita quello che conta non è rimpiazzare le mancanze, ma vivere noi stessi pienamen-te, senza pensare di dover apparire comegli altri vorrebbero. Bisogna ricordarsi che la vita va avan-ti con dei ritmi ben precisi e noi non dovremmo cercare di velocizzarli,  se  non  quando  ci  sentiamo  pronti.  Un  altro  centro per il nostro autore!
Marina Biselli,Costanza Mezzasoma II B
Recensione negativa:
Questo  libro  è  una  lettura  facile, scorrevole, linguaggio adolescenziale,  210  pagine  di  focalizzazione esterna.    Non    che  abbia  qualcosa  contro  la  focalizzazione     esterna,     ma     non sono riuscita a entrare nel mondo di Scianna. È lo spezzo-ne di un flm, un documentario, comincia da un punto e lo spet-tatoredeve capire quello che è successo dalle immagini che ven-gono  dopo,  senza  fashback  o  spiegazioni,  e  senza  essere  nella  testa  dei  personaggi;  finisce  allo  stesso  modo,  la-sciandoti  a  pensare  che  avresti  potuto  passare  un’  oret-ta  migliore.  La  storia  è  incentrata  su  due  fratelli  orfani,  Mirko di 17 anni, Tommaso di 11, affidati allo zio Euge-nio, fratello della madre, ma non c’è un protagonista vero e  proprio.  Parla  di  una  parte  della  loro  vita,  non  troppo  distante ma nemmeno troppo recente rispetto alla morte dei genitori. La cosa che non ho accettato è la staticità dei personaggi:  non  è  un  percorso  formativo,  Tommaso  non  esce  da  quella  dimensione  di  dolore  di  un  bambino  di  11  anni, Mirko non cerca di avvicinarsi alla prospettiva del-lo  zio.  Scianna  ha  pubblicato  nel  2017  un  altro  libro,  “la  regola dei pesci”, con il quale ha ottenuto il Premio Inter-nazionale di Letteratura Città di Como. Io ho letto anche questo, e posso affermare con certezza che è migliore dal punto di vista della trama: mentre Mirko e Tommaso con-ducono una vita quotidiana, ripetitiva, la storia di “la re-gola dei pesci” è accattivante, nonostante l’ormai familia-re stile di scrittura di Scianna. In tutto questo, il problema è che ho avuto difficoltà a leggerlo: malgrado la semplicità del  linguaggio,  mi  sono  dovuta  costringere  a  proseguire,  perché,  semplicemente,  non  avevo  quell’impulso  da  let-tore “Non smetto finché non finisco” che spesso mi cattu-ra, per la curiosità di terminare la storia, per vedere come andrà a finire. Una trama interessante, ma raccontata in modo piatto. Lo consiglio a chi ama romanzi incentrati sul realismo,  nudo  e  crudo,  a  chi  piacerebbe  guardare  dalla  fnestra che dà sulla vita di questi due fratelli.
Teresa PanduriII B
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