#vittime bianche
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nicolacostanzo · 9 months ago
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pier-carlo-universe · 15 hours ago
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Alessandria inaugura due panchine per ricordare le vittime di femminicidio e morti sul lavoro
Un simbolo di riflessione e impegno sociale nei Giardini di Viale della Repubblica
Un simbolo di riflessione e impegno sociale nei Giardini di Viale della Repubblica Il 25 novembre 2024, in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, il Dipartimento Giovani della CSE-Confederazione Indipendenti Sindacati Europei Regione Piemonte, rappresentato da Alessandro Campanino, insieme al Dipartimento Pari Opportunità CSE Regione Piemonte, inaugurerà…
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raffaeleitlodeo · 3 months ago
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Ieri a S.Anna di Stazzema molte parole, già sentite mille volte, dai rappresentanti delle istituzioni sul palco. Difficile per loro rinunciare all'occasione di sottolineare l'assenza di un rappresentante del governo. Difficile per noi trovare quale differenza abbia determinato questa assenza nel nulla politico dei discorsi.
Se fosse stato installato un filtro antiretorica al microfono, che avesse cancellato le frasi fatte e i buoni propositi da copertina mai diventati azione politica, il silenzio avrebbe accompagnato la manifestazione. Se avessimo potuto non vedere le persone in divisa e con le armi sul piazzale, lo avremmo svuotato della metà. Una manifestazione militare a commemorare centinaia di vittime di militari.
Avremmo sentito solo marce di guerra accompagnare l'ingresso di gonfaloni. Avremmo sentito una serie di ordini di attenti e riposo, Avremmo sentito ripetere decine di volte la parola onore, un balletto di movimenti agli ordini di una voce stentorea per rendere omaggio a donne, uomini e bambini trucidatə. Alla medaglia d'oro al valor - indovinate - militare (!) conferita al comune di Stazzema si rende onore con un minuto di silenzio. Ma prima avremmo sentito echeggiare la marcetta della Leggenda del Piave. Quella del 24 maggio, quella che "non passa lo straniero", ma nessuno sembra trovare fuori luogo la celebrazione guerriera di una vittoria davanti all'ossario delle vittime di S.Anna. Non eroici fanti, se mai ne sono esistiti: solo donne uomini bambine e bambini. Avremmo sentito un coro di voci bianche, bambinə dai 6 ai 12 anni, cantare l'inno nazionale, bambinə che cantano "siam pronti alla morte" davanti alle ossa delle decine di bambini e bambine uccise dai nazisti. Anna Pardini, la più piccola, nata da venti giorni. Avremmo sentito due volte, rabbrividendo, orrore inedito alla commemorazione, il sorvolo di due jet militari, coordinato da un gruppo radio appositamente preparato all'ingresso del piazzale.
Non siamo stati in silenzio. Abbiamo cantato "Bella ciao" come contrappunto alla Canzone del Piave. Abbiamo ricordato con slogan che la Costituzione ripudia la guerra. Abbiamo gridato forte "Vergogna!" dopo il passaggio dei jet militari. E chi ci era amico ed era sul palco ci ha sentito, forte e chiaro. Ci ha ringraziato. E i suoi ringraziamenti, l'aver cercato di dare una dimensione di umanità a questa orribile esaltazione della guerra sotto mentite spoglie, ci ripagano delle critiche ricevute.
Non siamo noi a mancare di rispetto alla memoria.
Marco Frigerio, Facebook
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unagocciadipioggia · 1 month ago
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Ormai hai cominciato la tua nuova vita,
hai buttato i bagagli vecchi,
cambiato scarpe,
taglio di capelli;
cancellato ogni traccia di me
(e anche di te),
stai disegnando il tuo nuovo personaggio,
giocando nel tuo nuovo ruolo,
sarebbe piaciuto anche a me
vestire i panni di un altro,
cambiare scenario,
ma fra le due
io sono sempre stata quella immobile,
costante,
sempre presente,
tu quella sfuggente
che si ridisegna
ad ogni sguardo.
Conosco troppe versioni di te
purtroppo
per crederti
o per pensare
a un abbandono casuale,
è tutto studiato:
chi mente ha bisogno di tele
nuove, bianche, immacolate,
da dipingere di tragedie,
di torti immaginari subiti,
di lacrime di coccodrillo;
chi mente ha bisogno di un pubblico,
di dita da stringere,
di occhi da guardare,
come si fa d'altronde a dipingersi vittime
senza spettatori?
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sebruciasselacitta · 17 days ago
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tema: le donne sono vittime di violenza [in allegato dati comprovati, ricerche e così via]
reazione dei subumani: noi uomini moriamo tutti i giorni per strada e nei cantieri mentre facciamo il nostro lavoro. voi femmine che morite siete in numero minore rispetto alle morti bianche. i numeri che condividete sui cosiddetti femminicidi sono gonfiati [mansplaining continues]
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luigidalise · 2 months ago
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"Morti bianche" in agricoltura. Una sfida da vincere, anche attraverso l'informazione. Ne abbiamo discusso questa mattina, a Napoli, nell'ambito del corso di formazione dal titolo "Tutela dei diritti del lavoro in agricoltura", promosso dall'Ordine dei Giornalisti della Campania, presieduto da Ottavio Lucarelli, in collaborazione con la Fondazione Enpaia e con la partecipazione, tra gli altri, del giornalista Michele Bungaro, coordinatore del corso, del colonnello Milko Verticchio, comandante del Gruppo Carabinieri per la Tutela del lavoro di Napoli, di Massimo Gargano del cda della Fondazione Enpaia, di Alfonso Pirozzi, redattore dell'Ansa, di Massimo Fiorio, del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di Francesco Gagliardi, direttore responsabile del magazine Previdenza Agricola e di Giuseppe Peleggi, dell'Ufficio Studi, Ricerche e Rilevazioni Statistiche Enpaia. Con la redazione de Il Mondo del Lavoro, siamo impegnati, fin dalla nascita del giornale, a riservare ampio spazio al fenomeno degli infortuni e dei decessi sui luoghi di lavoro che, purtroppo, si verificano con una frequenza impressionante nel nostro Paese. Eppure, nel clamore dei decessi sul lavoro, quelli in agricoltura non sono quasi mai citati, spesso derubricati a disgrazie, piuttosto che tragedie. Vittime due volte, di una tetra classifica. Affrontare le storie dei protagonisti di questi drammi, approfondire scenari, raccogliere interviste di esperti, potrebbe sicuramente aiutare a sensibilizzare l’opinione pubblica.  E’ nostro dovere, è nostro compito, è nostra responsabilità
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carmenvicinanza · 4 months ago
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Maram al-Masri
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La Siria per me è una donna violentata tutte le notti da un vecchio mostro, violata, imprigionata, costretta a sposarsi. La Siria per me  è l’umanità afflitta, è una bella donna che canta l’inno della Libertà, ma le tagliano la gola. È l’arcobaleno del popolo che si staglierà dopo i fulmini e le tempeste.
Maram al-Masri è una grande protagonista della scena poetica internazionale.
Ospitata e premiata in festival in giro per il mondo, è autrice di numerose raccolte di poesie e compare in diverse antologie. Ha pubblicato racconti su riviste letterarie arabe ed europee ed è di ispirazione per le giovani generazioni di poete arabe.
Inneggia alla bellezza che si trova nelle piccole cose e che sopravvive al di là degli orrori, della guerra e della violenza. Un grande canto d’amore disperato per un’umanità dolente che solo la voce della poesia può far vivere.
Nata il 2 agosto 1962 a Lattakia, in Siria, ha studiato a Damasco e poi in Inghilterra.
Oppositrice del regime di Assad, nel 1982, a soli vent’anni, è stata costretta a fuggire a Parigi col marito. L’uomo è poi rientrato in patria portandosi via il loro figlio che lei ha potuto riabbracciare solo dopo tredici anni.
Ha esordito nel 1984 con Ti minaccio con una colomba bianca pubblicato dalla casa editrice del Ministero dell’Educazione siriana.
Nel 1997 è uscita la raccolta di poesie Ciliegia rossa su piastrelle bianche, salutata con entusiasmo dalla critica dei paesi arabi e tradotta in diverse lingue.
Il suo terzo libro Ti guardo, pubblicato originariamente a Beirut nel 2000, è stato tradotto in italiano nel 2009.
In Anime scalze dedica i suoi versi a tutte le donne vittime di violenza, alle profughe, alle donne sommerse. La sua scrittura diventa quasi fotografia che mostra i lividi, i sogni rapiti, le parole che non si possono dire, i sorrisi stanchi.
Arriva nuda la libertà, racconta il dramma della guerra siriana nell’era dei social media, ogni poesia è ispirata da un video di Youtube, un post su Facebook, una foto condivisa sul web. I versi sono un omaggio a coloro che hanno perso la vita sotto le bombe o a causa delle torture del regime.
Nel 2018, in Italia, ha visto la luce La donna con la valigia rossa, racconto illustrato dall’artista salernitana Ida Mainenti.
Lontana dalla sua terra, la voce di Maram al-Masri grida forte il proprio dissenso. I suoi versi sono atti civili di resistenza al regime, richiesta di rispetto dei diritti umani. La sua poesia, che travalica i continenti, è inno di giustizia e di libertà per un popolo devastato che, in cammino per le strade del mondo, cerca pace e accoglienza.
Nel 2020 è stato tradotto in italiano La lontananza un libro autobiografico.
Il suo linguaggio che risulta, a una prima lettura, ingenuo, scarno e infantile, è frutto di un’attenta ricerca dell’immagine poetica essenziale, racchiusa in poche battute fulminee.
I temi trattati hanno sempre un sapore autobiografico, la libertà della donna, i suoi desideri, la solitudine dell’emigrazione, la nostalgia.
La sua voce scuote gli animi, mette in luce argomenti silenziati e ignorati. È il canto triste e fiero di un’attivista che vede la sua patria condannata a morte, un canto che sale da corpi che si mescolano alla terra per diventare icone di questo secolo (cit. da Arriva nuda la libertà).
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lamilanomagazine · 6 months ago
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Napoli: arrestate 17 membri di un sodalizio criminale dedito alla truffe
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Napoli: arrestate 17 membri di un sodalizio criminale dedito alla truffe Dalle prime luci dell'alba, su delega della Procura della Repubblica di Roma, i Carabinieri del Comando Provinciale di Roma, nella provincia di Napoli, supportati dai comandi dell'Arma territorialmente competenti, hanno dato esecuzione a un'ordinanza che dispone misure cautelari, emessa dal Gip del Tribunale di Roma, nei confronti di 17 persone (7 in carcere e 10 agli arresti domiciliari), di cui 13 gravemente indiziate di appartenere a un sodalizio criminale (art. 416 c.p.) dedito a "truffe" e "estorsioni" in danno di anziani e gli altri 4 di avere avuto un ruolo nell'esecuzione dei colpi. Come riscontro, nel corso dell'attività di indagine, i Carabinieri hanno inoltre eseguito 10 arresti, in flagranza di reato, per truffe consumate a Roma in danno di anziani, con contestuale recupero e restituzione della refurtiva. Le indagini dei Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma Trionfale, sotto la direzione della Procura della Repubblica di Roma, gruppo reati gravi contro il patrimonio e gli stupefacenti, hanno consentito di raccogliere gravi elementi indiziari in ordine all'esistenza di un'associazione per delinquere avente sede a Napoli e capeggiata dai membri di una specifica famiglia, dedita alla commissione di una serie indeterminata di reati (per lo più truffe e talvolta estorsioni) in danno di persone anziane dimoranti in Roma e nel Lazio, ma anche in altre regioni italiane, raccogliendo gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati in ordine a 80 episodi consumati nelle province di Roma, Napoli, Latina e Viterbo, nell'arco temporale tra il 13.09.2022 e 20.03.2023. Fingendosi impiegato delle poste, assicuratore, avvocato o carabiniere, il "telefonista" diceva che un familiare doveva saldare il debito per ritirare un pacco o che aveva provocato un incidente stradale, che l'assicurazione era scaduta e che, per "sistemare" le cose, era necessario consegnare denaro o gioielli. In seguito un complice passava a prelevarli a casa delle vittime, che solo ore dopo, parlando con il figlio o il nipote in questione, scoprivano il raggiro. Le indagini dei Carabinieri del Nucleo Operativo della Compagnia di Roma Trionfale hanno consentito di raccogliere elementi indiziari in ordine al ruolo di tutti gli indagati che in varie batterie composte da due persone, partivano tutti i giorni da Napoli con auto prese a noleggio. Le vittime venivano scelte casualmente tramite ricerche fatte in internet o sulle pagine bianche, contattate da "telefonisti" e poi raggiunte da "corrieri". Nel corso delle perquisizioni, tuttora in corso, i Carabinieri hanno rinvenuto anche un manuale di istruzione con una dettagliata descrizione delle cose che il telefonista doveva dire alle vittime per compiere le truffe oltre a denaro contante, centinaia di schede telefoniche, decine di telefoni cellulari e un grosso quantitativo di gioielli. Si precisa che il procedimento è nella fase delle indagini preliminari, per cui gli indagati sono da ritenersi innocenti fino ad eventuale sentenza definitiva.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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wolfman75 · 7 months ago
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Joachim Georg Kroll (Zabrze, 17 aprile 1933 – Rheinbach, 1º luglio 1991) è stato un serial killer tedesco. Fu soprannominato "Il cacciatore della Ruhr" e "Il cannibale della Ruhr", dalla regione in cui colpì. Commise almeno 14 omicidi tra uomini, donne e bambini, usando armi bianche, o strangolando le vittime. Cannibale pedofilo e necrofilo, fu condannato all'ergastolo per otto omicidi.
Nato a Hindenburg (l'odierna Zabrze), provincia dell'Alta Slesia, figlio di un minatore, Kroll era il sesto di nove figli. Al termine della seconda guerra mondiale, durante la quale suo padre fu fatto prigioniero di guerra, la famiglia di Kroll si trasferì nel Land della Renania Settentrionale-Vestfalia. La sua infanzia è stata costellata da numerosi problemi di inadeguatezza: faceva spesso la pipì a letto anche in tarda età ed era un pessimo studente.
Cominciò ad uccidere nel 1955, dopo la morte della madre. La prima vittima fu la diciannovenne Irmgard Strehl, violentata e uccisa in un fienile nei pressi del villaggio di Walstede. La successiva fu la dodicenne Erika Schuletter, stuprata e strangolata a Kirchhellen nel 1956. Tre anni dopo, il 17 giugno 1959, uccise Klara Tesmer nei boschi vicino a Rheinhausen. Alla sedicenne Manuela Knodt, violentata e uccisa nei pressi di Bredeney a sud di Essen, furono asportate parti di carne dalle natiche e dalle cosce. Circa nel 1960, Kroll si trasferì a Duisburg dove trovò lavoro come inserviente ai bagni della Mannesmann. Successivamente trovò impiego presso le industrie Thyssen e andò ad abitare al n. 24 di Friesenstrasse, Laar, un distretto di Duisburg. Fu in questo periodo che riprese a uccidere. Riempì il suo appartamento di riviste pornografiche e bambole gonfiabili, spesso strangolandole con una mano mentre si masturbava.
Poco attraente, quasi completamente calvo, troppo nervoso e timido per avere rapporti consensuali con donne di qualsiasi genere, finì per darsi allo stupro e all'omicidio.
8 febbraio 1955; Irmgard Strehl, 19 anni, violentata e pugnalata a morte. Il suo cadavere smembrato venne ritrovato in un fienile a Lüdinghausen.
1956; Erika Schuletter, 12 anni, violentata e strangolata a Kirchhellen.
17 giugno 1959; Klara Frieda Tesmer, 24 anni, stuprata e uccisa nei boschi vicino Rheinhausen. Un meccanico del luogo, Heinrich Ott, fu arrestato e incolpato del crimine. Si suicidò impiccandosi in cella.
26 luglio 1959; Manuela Knodt, 16 anni, violentata e strangolata nel parco cittadino di Essen. Strisce di carne furono prelevate dalle sue natiche e cosce.
23 aprile 1962; Petra Giese, 13 anni, violentata e strangolata a Dinslaken-Bruckhausen. Per questo crimine fu arrestato Vinzenz Kuehn.
4 giugno 1962; Monika Tafel, 12 anni, uccisa a Walsum. Strisce di carne furono prelevate dalle sue natiche. Walter Quicker fu arrestato per il delitto. Fu in seguito scarcerato, ma si suicidò per la vergogna in ottobre.
3 settembre 1962; Barbara Bruder, 12 anni, rapita a Burscheid. Il suo corpo non fu mai ritrovato.
22 agosto 1965; Hermann Schmitz, 25 anni, e la fidanzata Marion Veen furono aggrediti mentre si erano appartati in auto a Duisburg-Großenbaum. Hermann (unica vittima maschile di Kroll) fu pugnalato a morte, la ragazza riuscì a fuggire.
13 settembre 1966; Ursula Rohling, 20 anni, strangolata nel parco di Foersterbusch vicino Marl. Il suo fidanzato, Adolf Schickel, si suicidò dopo essere stato incolpato dell'omicidio.
22 dicembre 1966; Ilona Harke, 5 anni, violentata ed affogata in un fosso a Wuppertal.
12 luglio 1969; Maria Hettgen, 61 anni, violentata e strangolata a casa sua a Hückeswagen.
21 maggio 1970; Jutta Rahn, 13 anni, strangolata mentre tornava a casa da una stazione ferroviaria. Per questo crimine fu arrestato Peter Schay ma fu poi rilasciato.
8 maggio 1976; Karin Toepfer, 10 anni, stuprata e strangolata mentre si recava a scuola a Voerde.
3 luglio 1976; Marion Ketter, 4 anni. Parti del suo corpo erano state cucinate da Kroll quando la polizia lo arrestò a casa sua.
Kroll decideva molto attentamente i luoghi dove avrebbe colpito, uccidendo nello stesso posto solo in poche occasioni e a distanza di anni. Questo fatto, unito alla coincidenza della presenza di numerosi assassini operanti nella medesima zona all'epoca, gli facilitò l'impunità. Kroll sorprendeva le proprie vittime e le strangolava subito. Dopo spogliava i cadaveri e indugiava in atti di necrofilia, spesso masturbandosi sui corpi delle vittime. Infine, mutilava i corpi tagliando via pezzi di carne che avrebbe mangiato a casa in seguito.
Nel 1967 Kroll si stabilì per breve tempo a Grafenhausen, dove divenne amico di molti bambini della zona che cominciarono a chiamarlo "zio".
Un pomeriggio attirò una bambina di dieci anni in un campo con la promessa di mostrarle un coniglietto, ma invece le fece vedere delle immagini pornografiche sperando che si eccitasse sessualmente. La ragazzina invece fuggì spaventata. Kroll se ne andò in tutta fretta da Grafenhausen il giorno stesso, prima che la polizia potesse fare indagini in merito, ma questa volta rischiò parecchio e si fermò per circa due anni tornando a colpire solo nel luglio 1969. Il 3 luglio 1976, Kroll venne arrestato per il rapimento e omicidio di una bambina di quattro anni di nome Marion Ketter. Mentre la polizia stava indagando casa per casa chiedendo informazioni, un vicino di casa di Kroll approcciò un agente dicendogli che Joachim si era lamentato del fatto che le tubazioni di un bagno ai piani superiori della loro abitazione erano otturate da della "interiora", e quando la polizia mandò un idraulico a controllare, egli trovò nelle tubature dei polmoni di bambino e altri organi. La polizia si presentò quindi a casa di Kroll, e durante la perquisizione rinvenne parecchi sacchetti di plastica contenenti pezzi di carne umana nel frigorifero, e sul fornello, dentro una pentola che bolliva, una mano di bambina condita con carote e patate.
Kroll venne immediatamente arrestato.
Joachim Kroll confessò l'omicidio di Marion Ketter e di altre 13 vittime, fornendo dettagliati resoconti della sua attività di killer nei precedenti vent'anni.
Kroll ammise anche di praticare il cannibalismo di tanto in tanto, per risparmiare sul conto del droghiere. In carcere, sperò di ottenere l'infermità mentale ma fu invece incriminato per otto omicidi di primo grado, più un ulteriore tentato omicidio. Nell'aprile 1982, dopo un processo durato 151 giorni, fu condannato all'ergastolo. Analisi successive al suo arresto gli assegnarono un quoziente intellettivo di 76: si tratterebbe di uno dei serial killer meno intelligenti della storia.
Nel 1991 morì in carcere a causa di un infarto a Rheinbach.
Fonte: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Joachim_Kroll
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delectablywaywardbeard-blog · 10 months ago
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Giorno Memoria: Ricci, 'no a razzismo, antisemitismo e guerre'
A Pesaro un corteo silenzioso dalla sinagoga di via delle Scuole ai fogli fossili di piazza del Popolo, le rose bianche e i visi delle vittime dei campi di concentramento. Nel Giorno della Memoria, la città ha voluto ricordare così, “una delle pagine più buie dell’umanità”; “la Shoah la tragedia più grande di sempre», ha detto il sindaco Matteo Ricci, coordinatore dei primi cittadini dem e…
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nicolacostanzo · 9 months ago
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corallorosso · 3 years ago
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Ucraina, mi schiero ma senza moralismi: la storia non è divisa tra ‘bene’ e ‘male’ Giudicare i fatti della storia con le categorie della morale (bene/male, giusto/sbagliato), sarebbe come pretendere di valutare i programmi e i personaggi televisivi in base al criterio della qualità. Nel caso della storia, infatti, a contare sono gli interessi e gli scopi dei singoli, oltre naturalmente ai rapporti di forza tra chi è titolare dei suddetti interessi. Allo stesso modo, nel caso della programmazione televisiva, non è più da un bel pezzo la qualità a decidere le sorti di una trasmissione, ma la sua capacità di fare audience. Se Cicerone ci ha spiegato che la storia è “maestra di vita”, soltanto Hegel è stato capace di svelarci il contenuto della lezione di tale maestra: e cioè che l’uomo non ha mai imparato niente dalle lezioni della storia. Per esempio non ha mai imparato che a scrivere la storia sono i più forti, i vincitori. Gli stessi che, oltre ad aver vinto, intendono anche dimostrare perché è stato giusto che abbiano vinto loro e che il “bene” abbia trionfato sul “male”. Del resto, non è un caso che si sia dovuta aspettare la seconda metà del Novecento (e l’ottimo libro di David Stannard, L’olocausto americano), per scoprire che i cattivi non erano i Pellerossa, malgrado tagliassero teste e stuprassero le donne bianche. O che gli italiani non sono mai stati “brava gente”, diversi dagli altri colonizzatori che hanno sfruttato, stuprato donne o usato armi chimiche contro etnie inermi (stavolta mi riferisco al bel libro di Angelo Del Boca, Italiani, brava gente?). Ma vogliamo parlare di Hitler, grande estimatore degli Usa (il primo “stato razziale” della storia, a cui il Führer si è ispirato per molteplici motivi)? O degli stessi Stati Uniti, i primi a internare in campi di concentramento persone di origine orientale, per di più marchiandole con la famigerata stella gialla (che poi Hitler avrebbe riutilizzato per bollare gli ebrei)? Oppure, ancora, vogliamo ricordare che se l’Unione Sovietica svelò al mondo le brutalità del comunismo realizzato, il Cile di Pinochet ci raccontò le tragedie immani a cui va incontro una politica che si sottomette alla finanza (ma in questo secondo caso la cosa fu messa a tacere per decenni)? Coloro che pensano di poter comprendere i fatti della storia e della politica attraverso le categorie di “bene” e “male” sono i capi degli stati aggressori in cerca di legittimazione; i politici in cerca di voti; gli opinionisti in cerca di like e, infine, gli ingenui che manifestano in vario modo per la “pace”. Questi ultimi in cerca non si sa bene di cosa, visto che non c’è nulla di più irrealistico della pace nel mondo degli uomini, lo stesso in cui si è combattuto un grande conflitto ogni dieci anni lungo tutto il corso della storia. Perfino Gandhi – eroe per eccellenza dei pacifisti – incoraggiava inglesi e francesi a colonizzare neri e africani, sostenendo che dovevano lasciare in pace gli indiani poiché questi appartenevano alla “razza ariana” (lo stesso Gandhi che fece il reclutatore di soldati indiani per l’Inghilterra durante la I guerra mondiale). Se a tutto questo aggiungiamo che a risultare vittime delle narrazioni moralistiche sono i più deboli, possiamo farci un quadro più chiaro della guerra fra Russia e Ucraina. Un popolo, quello ucraino, che già ai tempi di Hitler e Stalin vedeva il più alto tasso di mortalità al mondo, poiché sia Berlino che Mosca lo consideravano un bacino irrinunciabile di ricchezze naturali. Lo stesso popolo che oggi è vittima di due narrazioni ideologiche: quella di Putin, certo, che accampa una storicamente fallace identificazione fra Ucraina e Russia; ma anche quella della Nato, a cui il controllo dell’Ucraina fa comodo poiché le consente di portare le sue basi e cannoni fino al confine con la Russia. Aggiungiamo pure che per entrambe – cioè la Russia di Putin e la Nato – l’Ucraina è terra di ricchezze, gasdotti e sbocco sul mare nell’Europa centro-orientale, e possiamo avere un quadro completo. A bilancio di tutto questo, non dico che non ci si debba schierare. Sarebbe sciocco e pericoloso. Dico soltanto che l’unico motivo realistico per cui schierarsi contro Putin non riguarda il suo essere equiparabile a Hitler o a un dittatore folle (stupidaggini per folle instupidite), bensì il nostro scegliere di vivere in un mondo privilegiato e democratico come il nostro (se lo segnino, no-vax e complottisti vari). Non so chi mi legge, ma per quanto mi concerne preferisco vivere sotto l’egida degli Usa piuttosto che della Russia, anche se la prima perseguita Julian Assange perché ha svelato (fra le altre cose) le brutalità commesse nelle guerre dal Pentagono. Quindi sì, so con chi schierarmi, ma per favore senza moralismi, estremismi o pagliacciate di piazza. Con una preghiera laica per le vittime e con un’unica speranza: che questa folle e costante inclinazione dell’uomo a farsi la guerra stavolta non ci faccia piombare in un conflitto nucleare. Perché in questo caso perderemmo tutti, scoprendo che le nostre morali da quattro soldi sono stracci inutilizzabili per ripulire la parete della storia. Paolo Ercolani, Filosofo, Università di Urbino "Carlo Bo"
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iltrombadore · 3 years ago
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Hermann Nitsch, lo spettacolo come profezia...
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E' morto Herman Nitsch, il discusso, turbato e inquietante protagonista dell' Azionismo viennese. Aveva 83 anni. Di lui presentai una azione a Roma nel 2009, assieme a Francesco Villari. Con un testo che ripubblico oggi:                                   Residui d’orgia, tracce  di drammi rituali e di misteri consumati per una teatralità che lascia intravedere ampie colature di sangue versato a profanare stoffe bianche come tuniche sacerdotali, tabernacoli e altari dove possono rimanere appese tanto le vesti umane quanto le viscere  di animali votati al sacrificio: così l’opera di Hermann Nitsch evoca la origine caotica del mondo (“in principio era il Caos”) e si richiama direttamente come un ebbro Sileno alle radici di religioni a carattere dionisiaco puntando a coinvolgere il pubblico in una comune esperienza mistico-estetica. Una simile messa in scena, che non ha uno scopo puramente estetico, ma punta a realizzare effetti di comprensione religiosa (nel senso di “esperienza di verità ”) usa i riferimenti alla liturgia cristiana (altari, tabernacoli, croci, eccetera) per un valore di paradosso. Il  sacrificio cristiano, con i simboli della croce, del pane e del vino, è come il pretesto o il preambolo di una vertiginosa “discesa agli inferi” dove l’immagine dolente e trascendente del Crocefisso cede il passo alla vertigine del baccanale con le sue estasi e vittime sacrificali.  
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Protagonista del Wiener Aktionismous, la corrente che negli anni Sessanta del ‘900 puntò a valorizzare il corpo umano come centro dell’operare artistico, Hermann Nitsch  mette in gioco sé stesso  assieme al pubblico in una accurata regìa di accadimenti spazio-temporali (il famoso “Teatro delle orge e dei misteri”) dove compaiono simboli esoterici, nudità, azioni cruente, processioni. L’artista sollecita l’osservatore a superare la barriera della contemplazione visiva per entrare in una  rischiosa relazione psicofisica con lo  “spettacolo” che vuole associare indissolubilmente l’arte con la vita. Comportamento fisico e manipolazione estetica si danno la mano nel tentativo di fare emergere le pulsioni primigenie della vita emotiva individuale ben oltre le  difese della razionalità cosciente. In questa azione - di cui è parte integrante lo scenario visivo drammatizzato col vivido colore del sangue – si distingue l’esperienza estetica di Hermann Nitsch come un invito religioso a volgersi verso il mondo primordiale e originario, quel misterioso e ctonio “regno delle Madri” dal quale dipende,  avrebbe detto Goethe, “tutto ciò che ha forma e vita sulla superficie della terra” . 
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Di radice schiettamente romantica e più ancora espressionista, la linea espressiva prescelta dall’artista – tessuta di dissonanze, di grida, di improvvise gestualità e di violenti cromatismi suggeriti dall’uso di liquidi e altre materie organiche- sorprende per la macabra ed efficace sintesi di forma e contenuto. L’idea di associare l’elemento sublime a quello sub-liminale giunge però per l’artista “romantico e mistico” nel momento in cui la coscienza consuma fino in fondo l’esperienza della “morte di Dio” e di ogni religiosità trascendente. E riemerge così una tentazione neo-pagana che vuol vivere in forma dionisiaca il senso della disperazione e della avventura mortale del genere umano. Anche per questo il “Teatro delle orge e dei misteri”, concepito da Hermann Nitsch, intende gareggiare  con l’ambizioso progetto wagneriano di “opera d’arte totale” e in qualche modo riesce a suscitare una emozione che mima l’esperienza del “cammino spirituale”. La messa in scena è avvalorata tra l’altro dalla esistenza di un piano di azione ripetitivo fino quasi alla ossessività che punta a fare emergere i primordiali istinti umani . “…Il colore della carne- ha scritto Nitsch- del sangue e delle interiora era diventato importante. Dominava il rosso. Il monocromatismo assunse un ruolo arcaico. Tutto si orientava verso il colore dell’estasi, della vittima del sacrificio, della passione, del sangue, della carne”: all’ascolto di queste parole si riconosce facilmente tra l’altro un gusto tedesco tanto simile a quello di un poeta  tardo decadente come Stefan George che amava associare in poesia l’immagine corrusca e splendente dell’imperatore-dio Eliogabalo con quella del sangue caldo versato sui marmi del  palazzo all’atto della sua eliminazione.
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 E non vi è chi non riconosca ancora, in questa sensuale e diretta raffigurazione, un richiamo ai residui delle grandi feste pagane mediterranee che  si ripetono evocando il culto del sangue e della promiscuità sessuale (si pensi alle feste di Valencia e Pamplona, alla rincorsa dei tori sospinti fino al “macello” della corrida, e al lancio dei pomodori sulle vesti bianche della folla dei partecipanti) . In questa inquietante e vitalistica capacità di scuotere l’emozione risiede la principale virtù espressiva di Hermann Nitsch che mira precisamente ad ottenere un effetto provocatorio sollecitando lo smarrimento dello sguardo abitudinario. C’è del truculento in questa ripetuta  “performance” dionisiaca che l’autore predilige come intenzione estetica e al tempo stesso segnala, accanto all’elemento macabro, una accurata inclinazione al più vivido cromatismo dell’immagine (il bianco delle vesti contro il rosso del sangue, i fondi neri e dorati, il grumo colorato delle materie organiche). Ma ciò che veramente conta nel progetto di Nitsch è l’esigenza di non ridurre l’arte a fattore esclusivamente decorativo per mettere invece in risalto tutta la sua potenza come fattore  spirituale e conoscitivo. La “performance” rituale intesa come “atto purificatorio” che sintonizza esperienza scenica, musica, danza, vino e sangue, è una esplosione di materialità che punta a coinvolgere tutti i sensi in un miscuglio di “idea”, “materia” e “azione”. Su questa lunghezza d’onda  si sono nel tempo tra l’altro mossi, oltre a Nitsch e i protagonisti del Wiener Aktionismous, anche i formidabili artisti del gruppo giapponese Gutai, o il francese Yves Klein, per una sintesi di arte e vita che mette in funzione il linguaggio del corpo e cerca risposte radicali al desiderio di conoscenza e creazione. 
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Rivendicando una funzione primigenia dell’Arte, il filosofo-artista Hermann Nitsch chiama all’appello i giganti dell’inconscio e con essi cerca di dar vita ad una comunità culturale arcaica esaltando una fisicità dionisiaca fino al limite dell’estasi. Così l’arte può diventare la discriminante  di esperienze più intense (al di là del bene e del male) dove le ragioni di Siegmund Freud (il principio del piacere) incontrano la catarsi sensuale di Federico Nietzsche (l’origine e la funzione della tragedia greca). In questa coinvolgente evidenza ottica e drammatica l’artista esibisce una  efficace “vocazione teatrale” in cui metafora religiosa e brutalità  quotidiana si esaltano e realizzano un monumento spettacolare  di rara efficacia barocca. Un po’ come Jospeh Beuys con la “scultura sociale”, anche Hermann Nitsch con i suoi misteri tanto simili  e tanto distanti dai misteri medioevali, vuole essere un “profeta dell’ arte” che mette assieme pittura e scenografia, scrittura, musica e drammaturgia, per effettuare catarsi collettive. Nella giostra tardo moderna delle immagini circolanti ad uso e consumo di una totale assenza di significato, ecco invece un tentativo estremo e quasi selvaggio di restituire senso alla parabola della vita umana e della morte: e nella manifestazione quasi ossessiva di questa radicale esigenza “religiosa”  Hermann Nitsch riesce a trovare le ragioni di una coerente vocazione estetica e di una notevole potenza formale ed espressiva.
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libriaco · 4 years ago
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Ribolla 4/5/54
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Noi, gente di Maremma, quel 4 Maggio del 1954 non riusciamo a dimenticarlo; quando se ne parla, anche a quasi settantanni di distanza, ci viene un groppo alla gola e gli occhi ci si fanno lucidi, come a me adesso. Quel martedì a Ribolla, un paesino della Maremma vicino a Grosseto, nella miniera di lignite della Montecatini, a 256 metri di profondità, una galleria esplodeva a causa di una grande stagnazione di grisù. Fu una tragedia: 43 minatori morti.
Ricordo i fatti, con le parole di Luciano Bianciardi:
   «Si seppe della sciagura la mattina del 4 Maggio: era stata verso le otto e trenta, un’esplosione al Camorra, un’esplosione spaventosa: avevano visto una gran nube di fumo uscire dalla bocca del pozzo, un boato sordo. (...)    «Le notizie che si diffusero subito erano vaghe e contraddittorie, ma la gravità del disastro fu subito chiara a tutti: le esperienze precedenti avevano insegnato che un’esplosione in una miniera di lignite, assume sempre proporzioni tragiche. Non è facile capire quel che è realmente successo. Una piccola folla di donne si accalca dinanzi al cancello dell’infermeria, ne esce un’auto con a bordo un uomo svenuto. Carabinieri, poliziotti, guardie giurate cercano di trattenere la gente che man mano cresce, preme.    «I primi morti uscirono dal Camorra verso le cinque del pomeriggio: l’opera di soccorso, o meglio, di raccolta delle vittime, continuò tutta la notte.    «La gente sta a guardare in silenzio (...). Quando suona il campanello dell’arganista il silenzio si fa ancora più grave, perché vuoi dire che arriva la «gabbia» (...). Una donna si mette a piangere (...). Un vecchio cammina avanti e indietro gridando solo una bestemmia, sempre quella. Fa: "Diolupo, diolupo, diolupo"...    «Rimasi quattro giorni nella piana di Montemassi, dallo scoppio fino ai funerali, e li vidi tirare su quarantatre morti, tanti fagotti dentro una coperta militare».
L. Bianciardi, C. Cassola, I minatori di Maremma [1956],  Stampa alternativa - Strade bianche, 2010
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3nding · 3 years ago
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Lavoro, ancora morti bianche. Sei vittime in un giorno - Cronaca - ANSA
Ma il vero punto della discussione pubblica è il culo di una statua.
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donaruz · 3 years ago
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2 AGOSTO 1962 nasce MARAM AL-MASRI
Nella Siria martoriata c’è una città che si chiama Lattakia.
Una città di mare, vicina all’isola di Cipro: lì il 2 Agosto del 1962 è nata Maram Al Masri e lì ha vissuto i suoi primi vent’anni.
Studia a Damasco, poi in Inghilterra. Si sposa giovanissima e con il marito è costretta a fuggire a Parigi, in quanto oppositrice del regime di Assad.
“Lì ho sepolto mio padre il giorno in cui ho deciso di partire con una sola valigia colma di sogni senza memoria … e la sua fotografia”.
Quando il suo matrimonio finisce il marito ritorna in Siria portando con se il figlio che Maram non vedrà per i successivi 13 anni. A Lattakia, oggi presa di mira dall’ISIS, vive ancora tutta la sua famiglia.
Maram esordisce a Damasco nel 1984 con Ti minaccio con una colomba bianca; poi, dopo un lungo periodo di silenzio, pubblica nel 1997 la raccolta di poesie Ciliegia rossa su piastrelle bianche. Ti guardo viene invece pubblicato a Beirut nel 2000.
Nella raccolta Anime scalze del 2011 Maram dedica i suoi versi a tutte le donne vittime di violenza, alle profughe, alle donne sommerse. La sua scrittura diventa quasi fotografia, è come vederle queste donne: loro lividi, i loro sogni rapiti, le parole che non possono dire, i sorrisi stanchi:
“Le ho viste tutte passare in strada / anime scalze, / che si guardano dietro, / temendo di essere seguite / dai piedi della tempesta, / ladre di luna / attraversano, / camuffate da donne normali. / Nessuno le può riconoscere / tranne quelle / che somigliano a loro”.
La poesia di Maram è un inno alla bellezza che sopravvive al di là degli orrori, della guerra, della violenza nelle piccole cose.
Oggi il dolore di Maram è quello del suo popolo, decimato in pochi anni. I siriani da venti milioni sono diventati undici milioni. Quelli che hanno deciso di restare nella loro terra affrontano ogni giorno fame, prigione e torture da parte del regime, e le bombe dell’ISIS. A loro Maram dedica la raccolta di poesie Arriva nuda la libertà del 2014:
I versi di Maram sono un omaggio a coloro che hanno perso la vita sotto le bombe o che sono morti sotto le torture del regime. Sono “figli della libertà”, indossano abiti usati di stoffa ruvida, sono scalzi o hanno scarpe troppo grandi. I figli dei figli della libertà giocano con brandelli di pneumatici, con i sassi, con i resti degli ordigni esplosi. Nessuno ha più la forza di raccontare loro una favola, ascoltano solo “il frastuono della paura e del freddo / sui marciapiedi / davanti alle porte delle loro case distrutte / negli accampamenti / o / nelle tombe.”
Ha un sogno Maram: diventare un uccello dalle grandi ali e sorvolare finalmente la sua nazione liberata da guerra e violenza, risorta dalle rovine.
“Un esilio è paragonabile ad un albero privato delle radici. Una migrante come me / … / non attecchisce da nessuna parte. / Senza patria / viene da ogni orizzonte, / portata dalle ali del vento”.
Lontana dalla sua terra, la voce di Maram grida forte il proprio dissenso.
I suoi versi diventano atti civili di resistenza al regime, richiesta di rispetto dei diritti umani. La sua poesia vola dalla Francia alla Siria, dall’Occidente all’Oriente: inno di giustizia e di libertà sia per i siriani che hanno deciso di restare sia per quelli che, in cammino per le strade del mondo, cercano pace e accoglienza.
#noisiamoquellichecredonoancoraaquesteemozioni
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