#violenza sugli uomini
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ilciambellano · 3 months ago
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Nel nostro immaginario collettivo il “vero stupro” avviene nello spazio pubblico (un parcheggio, una stradina solitaria), la notte, e la donna, che indossa un abito scollato o la minigonna, è minacciata con un coltello o un’arma da fuoco da un mostruoso sconosciuto psicopatico. In realtà, questo scenario corrisponde solo a un’esigua minoranza dei casi. È dunque indispensabile decostruire questi pregiudizi sullo stupro, obiettivo che ci siamo prefissati con Noémie Renard, bioingegnera e militante femminista, che ha studiato, compilato, raccolto migliaia di statistiche e di studi sulle violenze sessuali, per farne un’opera notevole, “En finir avec la culture du viol.” Ecco le conclusioni di Renard.
– Gli stupratori non utilizzano quasi mai armi e non hanno bisogno di usare violenza fisica.12 Nel 70% dei casi le vittime non si divincolano perché sono paralizzate (dalla paura, perché non riescono a credere a quello che stanno subendo).
– Gli stupratori non sono dei “frustrati”. Non violentano per mancanza di rapporti sessuali consenzienti. Tutti gli studi sugli aggressori sessuali mostrano che hanno più partner sessuali rispetto alla media: una ricerca del 1990 rivela che l’89% degli uomini in carcere per stupro, prima della condanna, aveva rapporti regolari almeno una o due volte a settimana, di cui si diceva soddisfatto.
– Gli stupratori non violentano in preda a “pulsioni” incontrollabili: se così fosse, lo farebbero in mezzo alla strada, in pieno giorno, davanti a tutti.
– Gli stupratori non sono psicopatici. In Europa solo il 7% degli stupratori condannati ha un disturbo mentale. Al contrario, hanno un comportamento estremamente razionale: le loro azioni sono ponderate, premeditate, calcolate, per cercare di esporsi a meno rischi possibili.
– Lo stupratore è spesso “l’uomo qualunque” di ogni età ed estrazione. Il collettivo Féministe contre le viol che da anni ha una linea d’ascolto delle vittime, riporta che queste donne sono state violentate da agricoltori, medici, operai.
– Lo stupro è un reato molto più diffuso di quanto si pensi: in media tra il 25% e il 43% degli uomini dice di aver compiuto almeno una volta nella vita un’aggressione sessuale, o una penetrazione forzata.
– Gli stupratori non sono degli sconosciuti: l’80% delle vittime racconta di essere stato stuprato da uomini che conosceva: mariti, amici, vicini, professori, persone di famiglia.
Victoire Tuaillon - Fuori le palle. Privilegi e trappole della mascolinità.
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crazy-so-na-sega · 3 months ago
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mito->poesia->tragedia->metodo scientifico: uno sviluppo straordinario
Il genere tragico in Grecia: riproposizione ed evoluzione del mito arcaico.
La forma della tragedia classica greca è il punto di arrivo di un processo sviluppato a partire da un primitivo nucleo del coro, progressivamente ridimensionato a favore di uno spazio sempre maggiore riservato al dialogo dei personaggi. La tragedia ripropone e riplasma del materiale mitico ereditato dal mondo arcaico. Il suo appellativo si collega etimologicamente alla parola tragos con riferimento al capro, riferimento che è stato interpretato in vari modi quali: a) il sacrificio rituale celebrato alla fine della rappresentazione; b) la maschera indossata dal coreuta, c) il premio dato al vincitore. In ogni caso, si tratta di un riferimento a qualcosa di animalesco, ferino, primitivo, selvaggio (si veda ciò come traccia dell’animalesco selvaggio dionisiaco rispetto all’olimpico armonioso compositore delle passioni rappresentato da Apollo).
La struttura era articolata in un prologo sugli antefatti dell’azione, un parodo, canto di ingresso del coro, gli episodi costituiti da dialoghi con gli stasimi, i canti di stacco tra gli episodi, e l’esodo, canto di uscita. Il coro (12 coreuti ai tempi di Eschilo con uno di loro, il corifeo, dialogante a nome degli altri con gli attori) cantava in armonia con la musica e la danza ( infatti il verbo koreuein significa danzare). Gli attori, tutti di sesso maschile, indossavano maschere, coturni, ovvero alti calzari per essere più visibili agli spettatori e la scena era dotata di macchine teatrali. In genere le rappresentazioni avvenivano in occasioni di feste in onore di Dioniso, dio rurale patrono della fertilità. Erano dei veri e propri festival in cui gareggiavano i poeti tragici con la loro tetralogia (3 tragedie ed un dramma satiresco). C’era una commissione selezionatrice fatta da un arconte ed altri due membri che sceglieva i tre concorrenti per la gara finale, ogni tetralogia veniva rappresentata in una giornata intera e quindi il concorso durava 3 giorni. La giuria per assegnare la vittoria della corona di edera era formata da 1 rappresentante per tribù estratto a sorte da una lista fornita da ognuna delle 10 tribù, che dava una classifica dei concorrenti su una tavoletta, delle 10 poi ne venivano estratte 5 a sorte per avere il vincitore. I contenuti delle opere attingevano ad un patrimonio di racconti mitici tradizionali e la rappresentazione drammatica era fondata sul contrasto, la lacerazione tragica tra protagonista umano e divino e degli uomini tra loro. Tutto il popolo partecipava, lo stato finanziava i poveri con due oboli per indennizzo delle ore di lavoro perdute ed i costi degli spettacolo (scenografia, costumi, attori, coreuti, musicisti) che erano in parte sostenuti anche dalle famiglie ricche, c’era anche un servizio d’ordine dotato di robusti manganelli contro eventuali disturbatori. La partecipazione popolare al "RITO COLLETTIVO" funzionava da presa di coscienza, grazie a questa esteriorizzazione del dramma tragico reso nello spettacolo teatrale, che determinava una presa di distanza, una assunzione di responsabilità collettiva di fronte alle tensioni tremende dell’esistenza umana secondo una visione che affondava le sue radici nei sanguinosi rituali del mondo pre-greco. In questo consiste la CATARSI di cui parla Aristotele: LA RAPPRESENTAZIONE HA UN EFFETTO LIBERATORIO DALLE PASSIONI (i patemata = patemi di animo).
La tragedia si differenzia dal mito per un tratto sostanziale: se nel mito lo scontro è nel mondo divino, qui il piano si sposta sulla violenza tra dei e uomini e degli uomini tra di loro. Questo è testimoniato dal lessico tragico. Sono fondamentali alcune parole chiave ricorrenti nei dialoghi, che mostrano la inconciliabilità nella tragedia di polarità opposte di comportamento: parole da un lato come collera (che però è anche invidia!) (ϕθόνος),e accecamento divino (΄Άτη) , tracotanza (ύβρις), e violenza brutale (βία) , dall’altro legge (νόμος), diritto (δίκη), autorità legale (κράτος), timore (ϕóβος), e pietà (ʹΈλεος), parole che segnano nella loro opposizione il contrasto inconciliabile che caratterizza la tragedia. Viene bollata la tracotanza, si esibiscono i valori morali e le norme etico-sociali cui conformare i comportamenti dei cittadini della polis ed il ricorso al mito serve a rinsaldare il tessuto connettivo della convivenza. Nella trilogia più famosa, l’Orestea, formata da Agamennone, Coefore, Eumenidi, la tragedia si risolve con Oreste portato nella sede suprema della istituzione della polis, l’Areopago, dove Oreste è alla fine assolto e le furiose persecutrici Erinni si trasformano nelle benigne Eumenidi. Si impone la Giustizia, la DIKE, che si esplica nel NOMOS, nella Legge della città, a fronteggiare la violenza, ma ciò non sarà sufficiente se nell’Antigone la legge del cuore e degli affetti si scontrerà con la legge ufficiale della città stessa, che tuttavia prevarrà alla fine. Ma a questo punto, gli Dei c’entrano poco, il conflitto è tra gli uomini, gli Dei sono solo spettatori. I drammi umani riportano le scorie dei drammi divini. Più i conflitti "si umanizzano", più si perde la carica istintiva, travolgente dell’eros e della violenza primitiva e questo porta alla famosa tesi di Nietzsche che ne La nascita della tragedia (1871) vede nelle prime tragedie un equilibrio tra le parti del coro che rappresentano la potenza dionisiaca degli istinti e le parti del dialogo degli attori che moderano con la razionalità apollinea lo scatenamento degli istinti, fino ad arrivare ad Euripide che descrivendo con realismo delle vicende umane fa prevalere il distacco dello spirito superiore ed equilibrato apollineo in contemporanea all’avvento del razionalismo di Socrate in filosofia e la definitiva eclissi del dionisiaco, evento che il filosofo tedesco denuncia come la più grande perdita per tutta la cultura occidentale.
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Più i miti perdono valore di Verità, staccati dal culto dionisiaco, più i paragoni e le similitudini linguistiche, da "strati intermedi" tra il mondo degli dei e quello umano subiranno una trasformazione che costituirà i primi gradini delle deduzioni analogiche di cui il metodo empirico si servirà più tardi.
-Franco Sarcinelli (WeSchool)
-Bruno Snell (le origini del pensiero europeo)
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gai0la · 3 months ago
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scorrendo nella galleria del telefono ho trovato queste foto, che ho sempre reputato stupende, ma che ho fatto insieme ad una ragazza che mi ha fatto molto male, anche se per un brevissimo periodo.
e proprio oggi parlavo di violenza psicologica delle donne sugli uomini, con tutto ciò che implica: il non venir presi sul serio, lo sminuire la mascolinità appena si mostra fragilità, e allo stesso tempo la mia reticenza nel parlarne con altre persone mentre questa ragazza mi seguiva a casa, mi minacciava e si inventava storie assurde per provare a farmi tornare con lei.
quindi postare queste foto, a distanza di quattro anni, è un po’ come dire che ora va tutto bene, che non ho più timore di incontrarla per strada, e che non mi fa più un brutto effetto vederle nella galleria. mi fa solo ricordare che va bene essere fragili, e che sono fortunato ad avere persone con le quali, anche se all’inizio posso sembrare reticente come dicevo sopra, posso parlare di tutto.
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gregor-samsung · 1 year ago
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“ Che cosa è l'anarchia? È la conseguenza estrema del liberalismo, e si basa soprattutto su due concetti: sulla credenza che gli uomini abbiano una tendenza naturale a lavorare, a produrre, ad associarsi, e sull'altra credenza che gli uomini siano guastati dalle leggi. Queste, in certa guisa, rappresentano un male, poiché sono la violenza contro l'ordine naturale delle cose. Come tutte le dottrine estreme, anche l'anarchia si basa sull'ottimismo; ma appunto per questo ha un fascino di attrazione sulle anime semplici e sugli spiriti indocili. Essa trascina gl'ingenui e i violenti. Quello che è stato chiamato più tardi il materialismo storico, la concezione marxistica della storia è chiaramente tracciata nell'opera di Pisacane, il quale riattaccava i fatti politici ai fenomeni della produzione. Alcuni brani della sua opera sembrano scritti ora, tanta é la modernità che l'ispira. « Tutte le leggi, tutte le riforme, eziandio quelle in apparenza popolari, favoriscono solamente la classe ricca e esulta, imperocché le istituzioni sociali, per la loro natura, volgono tutte in suo vantaggio. Voi plebe, allorché crederete avvicinarvi alla mèta, ne andrete invece più lontano. Voi lavorate, gli oziosi gioiscono; voi producete, gli oziosi dissipano; voi combattete ed essi godono la libertà. Il suffragio universale è un inganno. Come il vostro voto può esser libero, se la vostra esistenza dipende dal salario del padrone, dalle concessioni del proprietario? Voi indubbiamente voterete costretti dal bisogno come quelli vorranno. Come il vostro voto può esser giusto, se la miseria vi condanna a perpetua ignoranza e vi toglie ogni abilità per giudicare degli uomini e dei loro concetti? ». Se la rivoluzione fosse riescita vincitrice, Pisacane avea un piano per abolire la proprietà privata, e trasformarla in proprietà comune; abolire lo Stato e andare incontro a una specie di comunismo della produzione. Poi che era fuori della realtà, non vedeva e non sentiva tutte le difficoltà che la natura delle cose opponeva a tutti i suoi piani; come ogni anarchico egli vedeva il male non già nella natura e nelle difficoltà limitatrici inerenti all'anima umana, ma nella volontà degli uomini: uno sforzo di una minoranza audace parea a lui dovesse bastare a tutto. Pure come l'errore ha il fascino e l'illusione ha le dita di rose, alcune pagine di Pisacane non si rileggono né meno adesso senza commozione. “
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Brano tratto dal saggio breve Eroi (1898) raccolto in:
Francesco Saverio Nitti, Eroi e briganti, Edizioni Osanna (collana Biblioteca Federiciana n° 3), Venosa (PZ), 1987¹; pp. 20-21.
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cywo-61 · 1 year ago
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Nella giornata contro la violenza sulle donne ricordiamo che esiste una violenza della quale si parla poco... la violenza sugli uomini. La violenza come l'omicidio non ha ne genere ne sesso.
Se ne parla poco, pochissimo, ma anche loro sono vittime di qualche psicopatica. Inoltre il senso di vergogna è forse maggiore per chiedere aiuto. Chi gli crederebbe.
cywo.
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odisseysworld · 1 year ago
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Da uomo non potrò mai capire effettivamente cosa possa provare una donna di fronte ad una violenza, che sia verbale o fisica, a parti inverse non hanno nemmeno lo stesso peso. Riconosco che viviamo in una società malata, dove fin da piccoli ci vengono inculcate nozioni abominevoli , "ci sono lavori per maschi e lavori per femmine" , "quello che rende figo un uomo rende troia una donna" , "c'è il blu e c'è il rosa". Gli ultimi avvenimenti mi hanno fatto sentire parte dei colpevoli, pur non avendo fatto nulla per meritarlo, e questo mi fa sentire sporco, sporco come chi giudica una donna dal suo vestito, come chi fa violenza verbale, come chi alza le mani.... come chi uccide.... eppure so benissimo che tutto ciò è schifosamente sbagliato, dovremmo iniziare ad aprire gli occhi e la mente, se è vero che l'uomo è "più forte della donna" non è per imporsi, né per proteggerla, ma forse per poterla aiutare e sostenere giorno per giorno e perché no, anche per farla sentire protetta, che è del tutto diverso. Dal canto mio inizio a sentirmi schifato da tutto questo, provo vergogna a condividere lo stesso sesso di certi esseri, e mi sento di chiedere scusa a tutte le donne per non averlo capito subito, per far parte di questo sistema malsano, per essermi preso la briga di giudicare, e non nascondo che qualche volta i miei giudizi non sono stati per nulla positivi. Vorrei tanto cambiare il mondo, impormi su di esso e sugli uomini per cambiare tutto, ma so che mi è impossibile, ma qualcosa posso farlo, posso iniziare da me e da chi mi è più vicino. Questa volta è toccato a Giulia, ma se fosse toccato a mia madre, a mia sorella o ad una mia amica? Come avrei reagito? Cosa sarei stato capace di fare? Donne vi chiedo ancora una volta umilmente scusa
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susieporta · 1 year ago
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LA RIVOLUZIONE NECESSARIA DEI PADRI
di Alberto Pellai
LETTERA A NOI PADRI
La morte di Giulia ci interpella tutti, noi maschi, uomini, padri, compagni di vita. Non possiamo non sentirci addosso tutto il dolore del mondo. Giulia è anche nostra figlia. Così come il suo assassino. Sono i figli e le figlie che cresciamo nelle nostre vite, nelle nostre famiglie. Sono i figli e le figlie a cui consegniamo la vita con cui li abbiamo messi al mondo perché la rendano quel territorio in cui diventare chi davvero vogliono essere. In questo progetto educativo, devono imparare che non possono esistere parole come possesso, sopruso, sopraffazione. Lo devono sapere le nostre figlie, prima di tutto. Perché se solo un amore si contamina con queste parole allora da lì si deve fuggire. E denunciare. Lo devono però prima di tutto imparare i nostri figli. La sfida enorme con i nostri figli maschi non è solo insegnare loro a non essere violenti, cosa fondamentale, sia chiaro. La vera sfida è quella di insegnare loro ad essere “veri” con se stessi. A comprendere che costruire una storia d’amore significa esercitare tre competenze fondamentali dentro una relazione: rispetto, responsabilità ed empatia. Che vanno insegnate ancora prima della non violenza. Perché se apprendi queste tre competenze, allora la violenza non entrerà mai nella tua vita, il possesso non comparirà mai come bisogno dentro una storia d’ Amore.
“Cari padri, il cambiamento nella vita dei nostri figli maschi può avvenire a partire da noi. Siamo figli di padri che ci hanno amati e cresciuti, ma che quasi mai sono riusciti a dirci: “Ti voglio bene, figlio mio”. Siamo figli di padri che quasi mai sono stati capaci di vedere le nostre lacrime, anche quando era impossibile non farlo. Siamo figli di uomini che non hanno quasi mai saputo parlarci del sesso, dell’amore, del corpo che cambia, della pubertà. Eppure questi temi sono di importanza cruciale nella vita di un ragazzo.
Noi padri siamo i compagni di viaggio che stanno davanti, di fianco e dietro a un figlio che a sua volta diventerà uomo. Nel vivergli accanto possiamo mostrargli cosa vuol dire per noi uomini essere persone vere. Possiamo aiutarlo a non temere la tristezza e a trasformare la paura in coraggio. Possiamo educarlo a tenere alto lo sguardo sugli altri e sulla vita facendo del nostro sguardo uno specchio in cui lui stesso può riflettersi per cercare quell’immagine identitaria che ancora gli appare sfocata e poco definita, così come deve essere alla sua età.
Noi padri possiamo rendere la relazione con i nostri figli un’occasione di allenamento al rispetto e alla verità, un laboratorio dove si discute dell’amore e della sessualità, uno spazio di vita in cui –aiutando loro a diventare gli uomini che vogliono essere – diventiamo noi stessi uomini più completi e più veri.
Siamo noi padri gli scultori di un nuovo modo di essere maschi e uomini in questo terzo millennio, in cui i nostri figli si trovano spesso sospesi tra il falso mito del vero uomo e il bisogno profondo di diventare uomini veri”. (tratto da “Ragazzo mio. Lettera agli uomini veri di domani” di A.Pellai, De Agostini ed.).
Con un enorme dolore, oggi, mi sento padre di Giulia e anche padre del suo assassino. Sento dentro di me tutto il dolore del mondo. E comprendo che la rivoluzione più necessaria oggi è quella che dobbiamo fare noi padri.
Se volete e potete condividete questo messaggio con un uomo.
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paoloferrario · 13 days ago
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I PROFUMI DELLE DONNE, seminario in tema di donne vittime di violenza, organizzato da Paviol Percorsi Antiviolenza APS e IRS – Istituto per la ricerca sociale, Milano Venerdì 22 novembre ore 16–19
I PROFUMI DELLE DONNE Seminario/laboratorio sugli archetipi femminili. Venerdì 22 novembre ore 16–19via XX Settembre 24 a MilanoQuesto seminario si inserisce nel percorso rivolto inizialmente alle donne vittime di violenza e poi esteso a gruppi eterogenei di donne e di uomini che volevano conoscere meglio le donne. Utilizzare i profumi base è uno stimolo immediato e permette in poco tempo di…
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parolequotidiane · 2 months ago
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Amore e odio nelle relazioni affettive
a cura della redazione Amore e odio nelle relazioni affettive:Martedì 1 ottobre un convegno sugli uomini autori di violenza. Un dialogo e un confronto sul tema degli uomini autori di violenza,  Si chiama “TraSguardi – amore e odio nelle relazioni affettive” il convegno che martedì 1 ottobre la Città metropolitana di Torino ha organizzato all’interno del coordinamento del Tavolo per la…
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gdsradio7 · 4 months ago
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Abusi, Pellegrino (FdI): Violenza sugli uomini da non sottovalutare
“Secondo i dati forniti nel 2018 dall’Istat 3 milioni e 574 mila uomini hanno subito molestie almeno una volta nella vita. Di questi, 1 milione e 274 mila solo nel biennio 2015-2016. Contro ogni pronostico, nel 97% dei casi il molestatore è una donna. La forma di violenza più diffusa – spesso all’interno delle mura domestiche – è quella verbale, seguita da pedinamenti e vessazioni fisiche. La…
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lamilanomagazine · 6 months ago
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Napoli: movida armata, controlli dei Carabinieri in città, focus sui più giovani, 2 minorenni nei guai
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Napoli: movida armata, controlli dei Carabinieri in città, focus sui più giovani, 2 minorenni nei guai. Con l'atteggiamento di chi ne ha viste tante e ha tanto da raccontare, quella posa ingombrante da padrone dello spazio ma non del tempo. Per loro le lancette hanno seguito il ciclo orario poche volte. Sono coloro che i 18 anni non li hanno ancora superati o quelli che appena dopo la maggiore età ritengono che il mondo sia solo un videogame, con qualche "vita" bonus da evocare al momento giusto. I carabinieri di Napoli si affacciano ogni giorno nella vita di molte persone e tante sono giovanissime. E qui la repressione conta poco perché plasmare alla legalità è l'obbiettivo comune per tutti gli uomini e le donne in uniforme. Specie quando, quelle lancette raccontate poco fa, non possono invertire il senso. Sugli errori non si torna indietro. Stringere un coltello e colpire non è un gesto antiorario, è orizzontale, proteso nel tempo. La partita non può essere salvata, interrotta e ripresa dopo averci ragionato su. Nella campagna contro l'uso delle armi, il Comando Provinciale di Napoli esclama "La prima vittima sei tu!". Una sagoma nera punta una pistola contro l'immagine speculare e sbiadita di se stessa. Sei tu nel mirino, sembra dire. La violenza ha un solo senso, quello orario. Sono numerosi i controlli svolti sul territorio partenopeo per garantire sicurezza. I più giovani sono nel focus da sempre, specie nei luoghi della movida. Disarmarli è diventato il principale obbiettivo. E' sabato pomeriggio in Piazza Vittoria. I militari del nucleo radiomobile di Napoli osservano già da qualche istante due ragazzi in scooter. La targa è polacca ma questa non è una novità. La posa – come si scriveva nell'incipit – è quella di chi la sa lunga. Il passeggero ha un borsello fasciato attorno alla maglia. Lo schiaccia contro la schiena del compagno alla guida e sposta lo sguardo velocemente. Lo posa sulla gazzella dei carabinieri solo quando è troppo tardi. Non fuggono, non vale la pena sfidare una Giulia con un 125. Così vengono perquisiti. Il centauro a tenere le mani sul manubrio ha 20 anni, è di Marano ed è già noto alle forze dell'ordine. Dietro di lui, ancora 17enne, il passeggero porta nella tracolla una pistola calibro 9 senza matricola, col caricatore inserito e all'interno un proiettile 7,65. Non danno spiegazioni, consegnano l'arma e i documenti. Il minorenne finirà arrestato per porto abusivo di arma da fuoco e concorso in ricettazione. L'altro denunciato per quest'ultimo reato. Il 17enne è stato portato nel Centro di prima accoglienza dei Colli Aminei, in attesa di giudizio, la pistola è stata sequestrata. Appena un chilometro verso il cuore di Napoli, un 15enne nasconde in tasca un coltello di 16 centimetri. Glielo trovano i carabinieri della compagnia Centro, durante un servizio di presidio attivo nei quartieri Spagnoli e Chiaia. Non ha mai avuto problemi con la legge e quando comprende di essere nei guai sfodera la solita scusa: lo avrei usato solo per difendermi! I controlli continuano tutta la notte, anche per chi nel curriculum ha qualche anno in più. 19, 23, 30 e 33 (anni), non sulla ruota di Napoli ma su quelle di uno scooter. Tutti in sella senza aver mai conseguito la patente di guida, tutti denunciati. 25 anni per il giovane automobilista denunciato dai carabinieri della compagnia di Bagnoli, anche loro impegnati in un servizio a largo raggio nei quartieri occidentali del capoluogo. Il suo tasso alcolemico superava quello stabilito dalla legge. Sequestrata l'auto, ritirata la patente. Il controllo non lontano da via Cattolica, luogo dove è stata investita e uccisa una giovane donna. Sono 5 i parcheggiatori abusivi denunciati, trovati a gestire la sosta attorno ai locali della movida. Non manca la droga: 6 i giovanissimi sanzionati e segnalati alla Prefettura perché trovati in possesso di stupefacenti per "fare serata" in centro città, 3 quelli tra i quartieri Bagnoli e Fuorigrotta. Attenzione anche alla circolazione stradale: durante i controlli sono state notificate ben 54 contravvenzioni.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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wolfman75 · 7 months ago
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«Un’apocalisse di corpi, ragazze denudate, mutilate». Abbiamo letto il rapporto Silent Cry / Grida dal silenzio. Crimini sessuali nella Guerra del 7 Ottobre a cura della Association of Rape Crisis Centers in Israel. Lo abbiamo letto con fatica e orrore: in esso sono riportate, crude e asciutte, le descrizioni esplicite rilasciate da decine di sopravvissuti, soccorritori, testimoni oculari degli stupri, delle torture, delle mutilazioni inferte alle vittime e degli omicidi compiuti da Hamas il 7 ottobre. Vittime, cioè madri e figlie, donne fatte a pezzi dallo stupro di massa dei terroristi.
A cinque mesi dal massacro di 1.200 persone e dal rapimento di altre 254 (cittadini israeliani e stranieri – donne, uomini, bambini, neonati e anziani portati nella Striscia di Gaza) oggi, vigilia dell’8 marzo e delle celebrazioni delle conquiste e dei diritti della donna, molte esponenti del mondo della cultura, della politica, delle istituzioni, del femminismo parteciperanno alla maratona oratoria organizzata dall’associazione Setteottobre a Roma per chiedere alle organizzazioni internazionali di riconoscere come femminicidio e stupro di guerra di massa le violenze commesse quel sabato nero su centinaia di israeliane.
Nessuno ha manifestato per loro. Nei giorni seguenti la mattanza, il grido delle femministe israeliane che pure da una vita combattono per i diritti delle donne di Gaza (Tempi ne aveva parlato qui e qui aveva raccontato la condizione delle donne sotto Hamas) è stato accolto da silenzio, minimizzazione quando non evasione e manipolazione dei fatti. Donne come Allison Kaplan Sommer, che ha lavorato dodici anni nella commissione delle Nazioni Unite contro ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne, si sono sentite completamente tradite «dalle organizzazioni dei diritti delle donne con cui ho lavorato per anni che hanno fallito nel condannare – o perfino nel riconoscere – lo stupro, il rapimento e altre atrocità commesse da Hamas il 7 ottobre».
Il suo podcast era stato rilanciato da Haaretz, il giornale della sinistra israeliana più citato quando c’è da attaccare Israele ma non quando le sue donne chiedono aiuto: «Oltretutto, i crimini, diversamente dalle violenze sessuali dei precedenti conflitti, erano stati filmati dai terroristi di Hamas e trasmessi sui social, così che l’orrore era subito emerso». Solo allora Un Women aveva cancellato un post sul massacro in cui si condannava la violenza ma senza nominare Hamas. Condanna che dall’ente delle Nazioni Unite per l’uguaglianza di genere non è mai arrivata. E nemmeno dalle “sorelle” femministe e transfemministe che in risposta al 7 ottobre erano scese in piazza contro la potenza di Israele «colonialista e razzista tesa a cancellare il popolo palestinese». Ospite del programma di dibattito politico Paroles d’Honneur in Francia Judith Butler ha definito il 7 ottobre «un atto di resistenza armata» contro Israele.
Oggi l’Onu ammette che ci sono prove degli stupri commessi da Hamas, che ci sono «motivi ragionevoli» per ritenere che i terroristi abbiano commesso «torture a sfondo sessuale» e riservato altri «trattamenti crudeli e inumani» alle donne durante l’attacco. Ci sono anche «fondati motivi per credere che tale violenza possa ancora essere in corso», ha detto Pramila Patten, rappresentante speciale del segretario generale dell’Onu per la violenza sessuale in guerra inviata in Israele e Cisgiordania dal 29 gennaio al 14 febbraio. Il suo team, che non ha fatto sconti nemmeno al trattamento riservato dagli israeliani ai prigionieri palestinesi, ha raccolto le testimonianze degli ostaggi rilasciati e dai riscontri effettuati l’Onu si dice in possesso di «informazioni chiare e convincenti» che donne e bambini siano state sottoposte a stupri e torture e che gli abusi potrebbero proseguire sugli ostaggi ancora nelle mani di Hamas.
La delegazione ha confermato le violenze in tre luoghi: nell’area del festival musicale Supernova, lungo la strada statale 232 che collega Gaza ai kibbutz, e al kibbutz Re’im. Il rapporto è naturalmente parziale e ammette che nei kibbutz Kfar Aza e Be’eri il ritrovamento, tra troppi cadaveri carbonizzati, di tutte quelle donne «svestite, legate e uccise» farebbe pensare a violenze e torture nonostante i primi soccorritori si siano dedicati a salvare i superstiti e non a raccogliere prove. Il Centro di Patologia Forense di Shura, base militare vicina a Tel Aviv, lo ha ribadito più volte: identificare i corpi delle famiglie trucidate a Kfar Aza e Be’eri in molti casi ha richiesto settimane.
Il 21 febbraio l’associazione dei centri antistupro d’Israele consegnava però alle Nazioni Unite un plico di circa 40 pagine. Bisogna leggerlo per provare disgusto e pietà per quanti in questi mesi si sono dedicati a distinguo partigiani o bollato l’inchiesta del New York Times, durata due mesi e dedicata proprio agli stupri del 7 ottobre, «propaganda filoisraeliana», «accozzaglia di testimonianze, non di prove», tentativo di «disumanizzare il nemico». Il rapporto dimostra chiaramente che non si è trattato di violenze casuali, isolate o sporadiche, ma di stupri frutto di una chiara strategia operativa. I modelli di ��azione“ sono stati ripetuti, identici, in ciascuna delle zone di attacco: il festival Supernova, le case private nei kibbutz in prossimità di Gaza, e pure nelle basi dell’esercito israeliano. Le violenze si sono consumate anche durante il rapimento di 254 persone nella Striscia.
Molti degli stupri, subiti da donne ferite da armi da fuoco e coltelli, sono stati compiuti in gruppo, con la violenta partecipazione dei terroristi. Spesso lo stupro è stato perpetrato davanti a dei testimoni – mariti, familiari o amici – così da moltiplicare il dolore e l’umiliazione delle vittime e di chi voleva loro bene. Così al festival Supernova, dove i terroristi hanno dato la caccia a giovani ragazze e ragazzi in fuga, trascinandole per i capelli, uccidendo le vittime dopo o perfino durante lo stupro.
Numerose e diverse testimonianze danno conto delle stesse pratiche sadiche usate dai terroristi. Qui è d’obbligo l’avviso ai lettori più impressionabili di non proseguire nella lettura dell’articolo. Molti dei corpi delle vittime di crimini sessuali sono stati trovati infatti legati, i genitali brutalmente mutilati da coltelli e colpi d’arma da fuoco, in alcuni casi dall’inserimento di armi. I terroristi non si sono limitati a sparare; hanno tagliato e mutilato anche gli organi sessuali e altre parti del corpo delle vittime con coltelli, lame seghettate, taglierini.
Il rapporto «resta tuttora in una forma preliminare. Nei mesi e negli anni a venire, a seconda delle scelte dei sopravvissuti, potremmo essere in grado di fornire una storia più completa ed esplicita delle aggressioni sessuali del 7 ottobre», scrivono gli autori. Prove iniziali, raccolte secondo i princìpi etici dei centri antistupro e pertanto provenienti solo da fonti verificate, nonché scevre dalle informazioni e confidenze delle sopravvissute che ancora non hanno la forza di denunciare (o che riguardano le violenze ai danni di ostaggi che avranno il diritto di decidere se raccontare o meno la loro storia una volta liberati), ma che già avvalorano la tesi dello stupro sistemico. La violenza sessuale in guerra a breve e lungo termine non è materia da stoytelling: è codificata da parametri precisi, il trauma ha implicazioni fisiche e non solo psicologiche.
Ci sono le testimonianze dei sopravvissuti alla mattanza del festival e che hanno fornito gli stessi resoconti dai nascondigli: stupri collettivi, donne mutilate di arti superiori, o inferiori, mutilazioni degli organi genitali, gravi ferite della zona pelvica, ferite procurate durante gli stupri e culminate in omicidi.
Quelle dei medici legali che hanno analizzato i resti e dei soccorritori che hanno raggiunto le case dei kibbutz e dei villaggi nel Negev occidentale: donne spogliate nelle loro stanze o alla presenza dei parenti, segni di sperma, coltelli conficcati nei genitali. Quelle dei residenti che si sono assunti il compito di identificare i corpi dei vicini, corpi con organi intimi esposti e vestiti strappati. C’è chi ha filmato incredulo i ritrovamenti per avvalorare la propria testimonianza.
C’è l’inchiesta del New York Times sui 24 corpi abusati sessualmente a Be’eri e Kfar Aza, mani legate, biancheria abbassata, disseminati intorno alle case o appesi agli alberi, e ci sono i racconti spaventosi delle donne rilasciate da Hamas su quanto accade nei tunnel, dove i militanti di Hamas hanno trasformato donne e uomini in «burattini tirati da fili».
Dai nascondigli vicini alla strada 232 i sopravvissuti del Festival hanno assistito alle violenze di ragazze contemporaneamente stuprate da un uomo e mutilate da un altro, pugnalate durante le violenze, violentate anche dopo la morte. Segnalati più e più stupri di gruppo, commessi da otto, dieci, in un caso perfino dodici terroristi. I soccorritori parlano di bacini spezzati dalle ripetute violenze. Come di fratture delle ossa pelviche delle donne di tutte le età, dalle bambine alle anziane, violentate nei kibbutz davanti ai parenti, i cadaveri di madri e figlie accanto a quelli di chi inerme ha assistito alle violenze. I volontari raccontano di una coppia nuda, legato l’uno all’altra, lei stuprata, e di donne abusate con coltelli nelle parti intime.
Non sono stati risparmiati gli uomini, mutilati dei genitali, denudati e bruciati. «I colpi di arma da fuoco hanno preso di mira gli organi sessuali. Lo abbiamo constatato molte volte. I terroristi avevano un’ossessione per gli organi sessuali». Pallottole sparate al seno e ai genitali, insieme alla sistematica mutilazione di questi ultimi, ha spiegato Shari Mendes, che ha lavorato alla base Shura per identificare i cadaveri. Ci sono casi di amputazione dei seni con un taglierino, oggetti appuntiti inseriti nell’ano e seghette usate per le penetrazioni e altri scempi dovuti forse alla mancanza di tempo per uno “stupro completo”. «Il New York Times ha riferito di aver visto la foto del corpo di una donna con dozzine di chiodi conficcati nelle ginocchia e nel bacino».
Non erano venuti solo per catturare e uccidere. Hamas nega le violenze e le brutalizzazioni che pure i suoi accoliti hanno orgogliosamente filmato e diffuso. «Credevamo che la lezione del Kosovo, con lo stupro come arma di guerra tornato in auge anche nella civile Europa, fosse stata acquisita una volta per tutte, e che alle violenze contro le donne non dovessero mai più mancare il riconoscimento e la sanzione delle organizzazioni internazionali che si occupano di diritti umani in generale e delle donne in particolare», ha scritto Nicoletta Tiliacos sul Foglio. «Ma se sei israeliana per te non vale. Silenzio tombale».
Silenzio durante la manifestazione contro la violenza sulle donne del 25 novembre, silenzio durante quella del 24 febbraio a Milano, entrambe promosse da Non una di meno, che ha accusato Israele di genocidio “in continuità” con “femminicidi, lesbicidi e transicidi”. «Quelli commessi da Hamas, che come è noto reprime fino alla morte coloro che considera deviati sessuali? Macché. L’assurda accusa è rivolta contro Israele, paese in cui gli omosessuali palestinesi e iraniani hanno sempre trovato accoglienza e libertà».
Facendo seguito all’appello “Non si può restare in silenzio”, arrivato a diciassettemila firme che chiede di definire quelli del 7 ottobre come crimini contro l’umanità e di perseguirne i responsabili a livello internazionale, Setteottobre ha presentato formale richiesta di indagini all’ufficio del prosecutor della Corte penale internazionale dell’Aia. Oggi alle 18, a Piazza Santi Apostoli a Roma, si chiede un 8 marzo anche per le donne di Israele, un 8 marzo per le madri e figlie uccise quel sabato nero e per il rilascio di quelle ancora detenute insieme a uomini, bambini e anziani, nei tunnel di Hamas.
Fonte: https://www-tempi-it.cdn.ampproject.org/v/s/www.tempi.it/i-seni-amputati-col-taglierino-cosi-hamas-ha-stuprato-le-donne-israeliane/amp/?amp_gsa=1&amp_js_v=a9&usqp=mq331AQIUAKwASCAAgM%3D
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noiultimi · 9 months ago
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Mio Femminicidio del 2016 (rivisitato)
Nel 2016 mi hanno invitato a partecipare ad un talent del paese e ne ho aproffittato per scrivere e portare un monologo sul monologo dove l'introduzione è ispirata ad alcune parole di Morena Zapparoli, blogger molto attenta su questo tema.
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Se voi notate, quando sul pc scrivete la parola “femminicidio”, vi segnala in rosso, come se fosse una parola sbagliata o come se non la conoscesse. Quindi, noi pensiamo che il problema sia del computer che bisogna buttare e che ci converrebbe passare ad uno più efficace ma non è così!
Il problema non è dato dal computer, ma dal fatto che la parola “femminicidio” non è ancora un parola “riconosciuta” dalla lingua italiana e che, in moltissimi, ancora non sanno cosa significhi veramente.
Non bisogna far finta di niente, perchè il femminicidio esiste eccome!
Si tratta di ogni forma di violenza su una donna, negando la sua libertà di esistere, in quanto tale.
Leggendo i giornali, ascoltando la radio o guardando la TV, si sente dire "è morta dopo 30 coltellate" o "è morta strangolata" ma non sentirete mai "è stata uccisa da un uomo".
(Questi concetti risalgono al 2016 e il mio concetto di violenza di genere è cambiato negli anni perchè, sulla mia pelle, ho capito che il carnefice e la vittima non hanno genere)
Ma è possibile che nel XXI secolo ci siano uomini che si credono ancora superiori alle donne ? E' evidente che ci siano delle differenze e va bene così ma su questa terra non esiste nessun essere che sia al di sopra o al di sotto di qualcun'altro.
Non è importante il nostro genere di appartenza, il nostro colore della pelle o la nostra situazione psicofisica, ma la nostra forza intelletualmente che ci permette di non commettere nessuna forma di violenza sugli altri.
Concludo con una frase: “Taci perché sei donna/uomo/...” , che senso ha? Credo che la propria forza e determinazione la si deve utilizzare per amare (in senso ampio) perchè nessuno deve essere ricevere uno schiaffo, un'offesa o un atto di discriminazione.
Come esseri umani, dobbiamo tutti vivere alla ricerca di ogni forma d'amore per chiunque. Dobbiamo rispettare le nostre mamme, nonne, sorelle o amiche ma anche per i nostri padri, nonni o amici. Non dobbiamo dimostrare di essere forti ma di far parte del genere umano che sappia davvero amare.
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Ho rivisitato il mio monologo perchè sono cambiato e maturato e non credo più che una donna non debba essere violentata in quanto tale ma che nessun essere umano si merita di essere offeso, picchiato o discriminato.
Alcuni concetti sono datati perchè ci riferiamo al 2016 e nel frattempo le cose sono cambiate anche se bisogna fare molta strada
Ho usato l'immagine di un rossetto perchè conosco una donna a cui le è stata impedita di truccarsi o di indossare una minigonna
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micro961 · 9 months ago
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Lanfranco Carnacina - Il nuovo singolo “Una su un milione”
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Il brano del grande artista sugli stores digitali e nelle radio
“Una su un milione” è il nuovo lavoro discografico del poliedrico cantautore Lanfranco Carnacina, sui principali stores digitali e dal 3 febbraio anche nelle radio in promozione nazionale. Produzione impeccabile dagli arrangiamenti estremamente curati e ben strutturati, che evidenziano l’ormai nota verve artistica di Lanfranco, figlia degli oltre 40 anni di produzioni tra live e successi. Melodie vincenti su cui scivola l’interpretazione vocale dell’artista, sentita e autentica, che dona al tutto un forte impatto emotivo. Il brano tocca le corde delicate e attuali del femminicidio, purtroppo sempre tra le prime pagine di cronaca in Italia e nel mondo. Una piaga sociale terribile su cui bisogna continuare a sensibilizzare con ogni mezzo possibile. In questo caso Lanfranco Carnacina ci dona il suo punto di vista sull’argomento, un punto di vista di un uomo che vuole parlare soprattutto agli altri uomini. Una sensibilità unica, cauta e dolce per contribuire ulteriormente al sostegno di un male che attanaglia la nostra società. Per la prima volta un artista di sesso maschile affronta il tema della violenza contro le donne. Quindi un uomo che parla ad altri uomini. Alcuni uomini uccidono quando non hanno più il possesso della loro donna, ma dovrebbero imparare che non si possiede nulla. Inutili atteggiamenti che tendono a isolare la persona che presto diventerà la loro vittima. Una bellissima canzone citava “Gli uomini non cambiano”, ecco è giunto il momento di cambiare e trattare la donna con cui si condivide la vita come “Una su un milione”: preziosa e unica!
Storia dell’artista
La sua carriera artistica inizia nel 1978 con l’incontro con David Zard per il quale firma un contratto di 5 anni dove segue (si può usare un altro verbo o cmq spiegarlo in modo più affascinante) tournée di Angelo Branduardi, Richie Heavens, Sthepen Still, Graham Nash. Nel 1983, firma il suo primo contratto discografico di 5 anni con la Polydor/Polygram in veste di cantautore. Nel 1984 partecipa al Festival di San Vincent con il brano “Con te” scritto con il M° Daniele Pace che insieme a Marco Marati (poi produttore di Spagna e Laura Pausini) segue la produzione. Il suddetto brano viene scelto come sigla di Mama Linda, una famosa telenovela che andrà in onda per sei anni. Sempre in quell’anno compone la sigla per il rotocalco TG 2 “Bell’Italia” in onda il sabato su RAI 2. Nel 1985 partecipa tra i giovani al Festival di Sanremo classificandosi al terzo posto e vendendo circa 38.000 copie del brano “A goccia a goccia”. In quel periodo viene ospitato in numerosi programmi televisivi RAI e MEDIASET tra cui: Domenica In, Disco Ring, Maurizio Costanzo Show, Io per voi, Bim Bum Bam, ecc. Sempre in quell’anno entra a far parte della nazionale cantanti come giocatore, a fianco di Gianni Morandi, Eros Ramazzotti, Mogol, Ligabue, Zucchero, Biagio Antonacci, Enrico Ruggeri ecc… disputando circa 50 incontri nell’arco di 4 anni. Nel 1986 ritorna al Festival di Sanremo con il brano “E camminiamo” prodotto da Piero Calabrese arrivando 6°. Negli anni seguenti si adopera in lunghe tournée che lo portano anche a Cuba dove acquista una grande popolarità come cantante, partecipando al programma televisivo “Los domingo vien contado “come ospite internazionale. Sempre nel tour, partecipa al festival della canzone di Salonicco (Grecia) rappresentando l’Italia ed ottenendo un ottimo 3 posto, ripreso in eurovisione. Nel 1989 porta il suo spettacolo in numerosi locali del centro Italia in modo particolare a Divina, Farenait, Jakie O, Alpheus, Radio Londra, Classico, Bulli e pupe, a Roma, Atmosphere a Capri, Valentino e Bussola a San Felice Circeo (località di mare tra le più belle e d ambite del litorale laziale) al Filou di Sorrento.
Nel 1992 si presenta al Cantagiro di RAI 2 presentato da Fiorello e Mara Vernier, dove vince diverse tappe con il brano “Con il cuore in gola “prodotto da Piero Calabrese e Silvia Bideri. Dal 1994 inizia un altro percorso in veste di manager ed organizzatore di spettacoli. Nel 1996 è nominato resort manager del complesso “Carpediem golf club” dirigendolo per 2 anni. Successivamente viene nominato direttore artistico nello storico locale di musica dal vivo “ Classico Village “, organizzando concerti importanti a cui hanno partecipato tra l’altro artisti come Francesco De Gregori, Claudio Baglioni, Alexia, sempre al Classico organizza la festa del primo Grande Fratello con tutti i partecipanti tra cui il povero Pietro Taricone e tutta la produzione di Canale 5, la festa di chiusura del programma “L’ottavo nano” con Serena Dandini, Corrado Guzzanti, Neri Marcorè e tutto il cast e la produzione di Rai 2. In quel periodo lavora con la Friends and Partners di Ferdinando Salsano, sino a diventare road manager della tournèe di Pino Daniele e successivamente come vicedirettore di produzione del tour di Patty Pravo. Con la OPM 2000 di Riky Palazzolo, organizza la direzione casting del programma “l’8 nano “di e con Serena Dandini e Corrado Guzzanti. Nel 2005 organizza con il dott. Marco Conte (co/responsabile N.I.C) per la Nazionale Italiana Cantanti, la partita di beneficenza, disputata a Catania allo Stadio Massimino, (presenti oltre 10.000 persone) l’incontro di calcio tra la N.I.C e il CRAL Poste Italiane.
Nel 2007 organizza per il Casinò Municipalizzato di Venezia, il concerto del M° Ennio Morricone nella P.zza San Marco con due date che saranno viste da 10.000 persone paganti, e riprese da RAI 1. Dal 2008 è manager dell’artista Alexander ( tra i più grandi illusionisti di questi tempi ) Sempre in quest’anno partecipa alla creazione della Fondazione Alessandra Bisceglia “ W ALE ONLUS “ il cui presidente la Dott.ssa Lorenza Lei, già vice direttore generale dalla RAI, e alla cui fondazione fanno parte, il dott. Mauro Mazza ( direttore di RAI1 ), Roberto Giacobbo ( vice direttore di RAI 2 e autore e conduttore del programma “ Voyager “), dott. Gianluca Pecchini ( direttore generale della Nazionale Italiana Cantanti ). Nel 2010 è nominato responsabile delle relazioni esterne del Centri Didattico Musicale ROCKLAND e fa parte del gruppo di amministrazione di “Arte Futura “nel campo della didattica legata al mondo dello spettacolo e della musica. Sempre a Venezia organizza all’interno del Casinò di Cavendramin lo spettacolo di Rocco Papaleo. Dal 2012 è responsabile della società Musicis (strumenti musicali, liuteria, dj set ecc…) in veste di “conctat manager “.
Da qualche tempo, non dimenticandosi di aver calcato i palchi come cantante e musicista, si ritrova on the road nei locali d’Italia suonando repertorio inglese, americano e italiano pop/rock. Tra le sue attività è stato anche co/responsabile del Brand Organizzation del gruppo Fiat (Fiat, Lancia e Alfa Romeo) per i saloni dell’auto di: Bruxelles, Parigi, Ginevra, Francoforte, e Bologna. Nel 2022 da evidenziare la straordinaria partecipazione, sino a giungere in finale, a The Voice Senior su RAI1. Spesso e volentieri tiene degli stage sul management, produzione e organizzazione nel mondo dello spettacolo c/o le scuole di musica.  
Instagram: https://www.instagram.com/lanfrancocarnacina/ YouTube: https://www.youtube.com/@lanfrancocarnacina9230 Facebook: https://www.facebook.com/lanfranco.carnacina
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sbagascia · 11 months ago
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Questa settimana un’altra sorella è stata uccisa. Coloro che dovrebbero rappresentarci al governo sono le stesse che aumentano l’iva agli assorbenti, che ci tolgono dopo cinquant’anni di lotta il diritto di abortire, sono le stesse che ci mettono una panchina per strada rossa, e delle scarpette, pensando che così possiamo sentirci più sicure, mentre intendo sgomberano i centri antiviolenza come Mi Cuerpo Es Mio, a Catania.
Sono le stesse istituzioni che violentemente chiamano puttana l’avvocata che difende la ragazza che viene stuprata dal figlio (Beppe Grillo), o che proteggono il figlio in quanto tale e che continuano a ricadere nella dialettica della “donna che non deve bere per stare attenta” (La russa). Sono le stesse che non condannano il mobbing ( La meloni con Giambruno) e sono le stesse che chiudono gli unici centri anti violenza a Roma (Gualtieri, Lucha y Siesta), finanziando inceneritori violenti.
Queste istituzioni non sono dalla nostra parte, non lo sono nemmeno quando dicono che vogliono e cercano giustizia.
Non vogliamo una pena più aspra, non vogliamo più anni di carcere, non vogliamo nascondere fuori dalle città coloro che dimostrano la radicazione di un sistema culturale errato.
vogliamo che il problema venga snocciolato.
vogliamo che questa violenza sistemica venga annullata, ribaltata, prevenuta.
vogliamo una narrazione reale e non etororomanticanormativizzata che per giorni ha violentato la morte di giulia parlando di fuga d’amore. vogliamo una reale prevenzione, sessuoaffettività nelle scuole, vogliamo i CAV, gli sportelli antiviolenza e vogliamo che ad essere inquisite sugli errori non fossimo noi, noi che poi finiamo morte, ma coloro a cui non viene insegnato che un corpo di donna vale quanto il loro.
è mostruoso, dover parlare, riunirci, costruire, e prendere uno spazio dove far nascere un dialogo collettivo dal basso da restituire a chi dall’alto ci comanda, circondate dalle forze dell’ordine, le stesse che non ci tutelano, le stesse che passano giornate a profilare razzialmente piuttosto che proteggere. (PS: LE STESSE CHE CI PICCHIANO IL 25 NOVEMBRE PER PROTEGGERE UNA SERRANDA PRO VITA) Le stesse che non ci credono, che non pensano la gelosia sia un problema, le stesse che non arrivano quando chiamiamo e che pensano che i bravi ragazzi esistano davvero.
che non vogliono ammettere, che i bravi ragazzi, uccidono anche.
la differenza tra un femminicida e un non femminicida, la fa l’azione stessa;
tutti gli uomini perpetuano le stesse violenze di potere, solo alcuni uccidono.
e quando ci dite che 105 morti sono l’eccezione, confermate che invece, voi, non siete l’eccezione ad un sistema culturale malato e patriarcale.
non c’è pietà per un sistema che non ne ha con noi.
il femminicidio, è un omicidio di stato.
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carmenvicinanza · 11 months ago
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Yuliana Ortiz Ruano
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Anche la violenza ha a che fare con il mondo adulto che, come lo conosciamo, è un mondo maschile. E questa questione degli uomini ha a che fare con un movimento sociale molto rigido di colonizzazione. Vengono colonizzati i corpi. La terra, la donna, la patria sono soltanto elementi di consumo a loro disposizione. Come se gli appartenessero.
Yuliana Ortiz Ruano è una scrittrice e poeta ecuadoriana.
È nata nel 1992 a Valdez, nella provincia di Esmeraldas, una delle zone più povere e turbolente di un paese dove il numero dei femminicidi e delle gravidanze precoci è altissimo.
La sua prima opera è la raccolta di poesie Sovoz del 2016 a cui è seguita, nello stesso anno, Canciones desde el fin del mundo e Cuaderno del imposible regreso a Pangea del 2021.
Oltre a scrivere, coltiva la sua passione per la musica facendo la dj.
Il suo primo romanzo, Febbre di Carnevale, del 2022, raccomandato da Vanity Fair, ha riscosso, da subito, favori entusiasti dalla critica internazionale.
Il libro, che contiene anche diverse poesie e un indice delle canzoni citate che si possono ascoltare, mentre si legge, attraverso un QR code, ha il punto di vista di Ainhoa, ragazzina che vive negli anni della grande crisi economica (1998-99) e passa giorni interi arrampicata sugli alberi del giardino della nonna a osservare, con infinita curiosità, il mondo che la circonda.
Una bambina felice che si incupisce con l’avvicinarsi dell’adolescenza, quando i mutamenti del corpo la espongono al «terribile amore» degli uomini.
“Crescere è non poter aprire bocca quando le cose ti fanno schifo, ho pensato, ma non ho detto nemmeno quello ad alta voce; tanto, nessuno mi ascoltava“.
Vi si trovano episodi di violenza mai messi a fuoco, segreti che si tramandano di generazione in generazione. Ci sono famiglie allargate e uomini prepotenti, un labirinto di scene via via più angosciose dove la protagonista si perde, come in un bosco orgiastico e musicale. L’amore viene ritratto come qualcosa di terribile, anche quello paterno. Ricordi che ripercorrono la sua storia e quella delle donne che l’hanno cresciuta, in una sorta di memoria musicale. Un romanzo dove la lingua, la famiglia e il luogo sono indissolubilmente legati.
“Per pensare all’amore e riparare tutta questa violenza che abbiamo subito è necessario ripensare da zero le categorie di uomo, di adulto e dello sviluppo del progresso in assoluto” sottolinea l’autrice, in un’intervista.
La festa e, in particolare, il Carnevale, soprattutto in America Latina e in tutta la zona dei Caraibi, è uno spazio nel quale le persone nere, afro discendenti, indigene, possono essere veramente loro stesse e recuperare quella cultura che è stata soppressa, eliminata dalla colonizzazione.
Il luogo in cui la storia si dipana è una presenza densa e palpabile, con odori grevi, colori violenti, gente orgogliosa della propria discendenza africana e tanta musica.
Il romanzo ha vinto il Premio IESS, per la ricchezza dei riferimenti culturali, la capacità di scrittura e la solidità della costruzione narrativa.
È stata premiata la sicurezza della scrittura che oscilla tra un registro fortemente popolare e sprazzi di sorprendente liricità; una lingua dotata di un ritmo, di una misura e di uno stile capaci di toccare, dietro un’apparente levità iniziale, temi come la condizione delle donne e delle bambine in una società patriarcale, le violente dinamiche tra i sessi, l’emigrazione, la crisi economica ecuadoriana e la dollarizzazione degli anni ’90, introducendo chi legge nella comunità afrodiscendente dell’Ecuador e le sue enormi ricchezze culturali.
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