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Adieu a Françoise Hardy, icona dello stile francese.
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"Silenzi di Lettere Perdute". Un lipogramma, omaggio all'arte di scrivere rinunciando, ma esaltando la creatività. Recensione di Alessandria today
Esplorare il linguaggio oltre i limiti: il potere della sottrazione.
Lipogramma senza la lettera “A”: Sole e monte, riflessi dorati,corrono su verdi colli,luce soffusa, vento cortese,sentiero sottile nel bosco. Mille colori dipingono il suolo,un suono remoto, remoto ricordo.Nel ciclo infinito di luce,tutto vive, tutto si sporge,senza bisogno di nome. Recensione: L’arte del lipogramma come sfida creativa. Esplorare il linguaggio oltre i limiti: il potere della…
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Una élite mondiale che tributa senza vergogna alcuna applauso alla memoria del macellaio di Tehran Raisi al Consiglio di Sicurezza Onu e mette sullo stesso piano il primo ministro israeliano e il leader di hamas al tribunale de l'Aja, SA che sta facendo l'ultimo arrocco prima di esser defenestrata e decollata dalla gente, stile rivoluzione francese.
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La controrivoluzione delle élite di cui non ci siamo accorti: intervista a Marco D’Eramo - L'indipendente on line
Fisico, poi studente di sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi, giornalista di Paese Sera, Mondoperaio e poi per lungo tempo de il manifesto. Marco D’Eramo ha di recente pubblicato il saggio Dominio, la guerra invisibile contro i sudditi (ed. Feltrinelli, 2020), un libro prezioso che, con uno stile agevole per tutti e dovizia di fonti, spiega come l’Occidente nell’ultimo mezzo secolo sia stato investito di una sorta di rivoluzione al contrario, della quale quasi nessuno si è accorto: quella lanciata dai dominanti contro i dominati. Una guerra che, almeno al momento, le élite stanno stravincendo e che si è mossa innanzitutto sul piano della battaglia delle idee per (ri)conquistare l’egemonia culturale e quindi le categorie del discorso collettivo. Una chiacchierata preziosa, che permette di svelare il neoliberismo per quello che è, ovvero un’ideologia che, in quanto tale, si muove attorno a parole e concetti chiave arbitrari ma che ormai abbiamo assimilato al punto di darli per scontati, ma che – una volta conosciuti – possono essere messi in discussione.
Ci parli di questa rivoluzione dei potenti contro il popolo, cosa è successo?
Nella storia i potenti hanno sempre fatto guerra ai sudditi, se no non sarebbero rimasti potenti, questo è normale. Il fatto è che raramente i sudditi hanno messo paura ai potenti: è successo nel 490 a.C., quando la plebe di Roma si ritirò sull’Aventino e ottenne i tribuni della plebe. Poi, per oltre duemila anni, ogni volta che i sudditi hanno cercato di ottenere qualcosa di meglio sono stati brutalmente sconfitti. Solo verso il 1650 inizia l’era delle rivoluzioni, che dura circa tre secoli, dalla decapitazione di re Carlo I d’Inghilterra fino alla rivoluzione iraniana, passando per quella francese e quelle socialiste. Da cinquant’anni non si verificano nuove rivoluzioni.
E poi cosa è successo?
Con la seconda guerra mondiale le élite hanno fatto una sorta di patto con i popoli: voi andate in guerra, noi vi garantiamo in cambio maggiori diritti sul lavoro, pensione, cure, eccetera. Dopo la guerra il potere dei subalterni è continuato a crescere, anche in Italia si sono ottenute conquiste grandiose come lo statuto dei Lavoratori, il Servizio Sanitario Nazionale ed altro. A un certo punto, le idee dei subordinati erano divenute talmente forti da contagiare le fasce vicine ai potenti: nascono organizzazioni come Medicina Democratica tra i medici, Magistratura Democratica tra i magistrati, addirittura Farnesina Democratica tra gli ambasciatori. In Italia come in tutto l’Occidente le élite hanno cominciato ad avere paura e sono passate alla controffensiva.
In che modo?
Hanno lanciato una sorta di controguerriglia ideologica. Hanno studiato Gramsci anche loro e hanno agito per riprendere l’egemonia sul piano delle idee. Partendo dai luoghi dove le idee si generano, ovvero le università. A partire dal Midwest americano, una serie di imprenditori ha cominciato a utilizzare fondazioni per finanziare pensatori, università, convegni, pubblicazioni di libri. Un rapporto del 1971 della Camera di Commercio americana lo scrive chiaramente: “bisogna riprendere il controllo e la cosa fondamentale è innanzitutto il controllo sulle università”. Da imprenditori, hanno trattato le idee come una merce da produrre e vendere: c’è la materia prima, il prodotto confezionato e la distribuzione. Il primo passo è riprendere il controllo delle università dove la materia prima, ovvero le idee, si producono; per il confezionamento si fondano invece i think tank, ovvero i centri studi dove le idee vengono digerite e confezionate in termini comprensibili e affascinanti per i consumatori finali, ai quali saranno distribuiti attraverso giornali, televisioni, scuole secondarie e così via. La guerra si è combattuta sui tre campi della diffusione delle idee, e l’hanno stravinta.
Quali sono le idee delle élite che sono divenute dominanti grazie a questa guerra per l’egemonia?
La guerra dall’alto è stata vinta a tal punto che non usiamo più le nostre parole. Ad esempio, la parola “classe” è diventata una parolaccia indicibile. Eppure Warren Buffet, uno degli uomini più ricchi del mondo, lo ha detto chiaramente: «certo che c’è stata la guerra di classe, e l’abbiamo vinta noi». O come la parola “ideologia”, anche quella una parolaccia indicibile. E allo stesso tempo tutte le parole chiave del sistema di valori neoliberista hanno conquistato il nostro mondo. Ma, innanzitutto, le élite sono riuscite a generare una sorta di rivoluzione antropologica, un nuovo tipo di uomo: l’homo economicous. Spesso si definisce il neoliberismo semplicemente come una versione estrema del capitalismo, ma non è così: tra la teoria liberale classica e quella neoliberista ci sono due concezioni dell’uomo radicalmente differenti. Se nel liberalismo classico l’uomo mitico è il commerciante e l’ideale di commercio è il baratto che si genera tra due individui liberi che si scambiano beni, nel neoliberismo l’uomo ideale diventa l’imprenditore e il mito fondatore è quello della competizione, dove per definizione uno vince e l’altro soccombe.
Quindi rispetto alle generazioni che ci hanno preceduto siamo diventati un’altra specie umana senza accorgercene?
L’idea che ogni individuo è un imprenditore genera una serie di conseguenze enormi. La precondizioni per poter avviare un’impresa è avere qualcosa da investire, e se non ho capitali cosa investo? A questa domanda un neoliberista risponde: «il tuo capitale umano». Questa è una cosa interessantissima perché cambia tutte le nozioni precedenti. Intanto non vale l’idea del rapporto di lavoro come lo conoscevamo: non esiste più un imprenditore e un operaio, ma due capitalisti, dei quali uno investe denaro e l’altro capitale umano. Non c’è nulla da rivendicare collettivamente: lo sfruttamento scompare, dal momento che è un rapporto tra capitalisti. Portando il ragionamento alle estreme conseguenze, nella logica dominante, un migrante che affoga cercando di arrivare a Lampedusa diventa un imprenditore di sé stesso fallito, perché ha sbagliato investimento. Se ci si riflette bene, la forma sociale che meglio rispecchia questa idea del capitale umano non è il liberalismo ma lo schiavismo, perché è lì che l’uomo è letteralmente un capitale che si può comprare e vendere. Quindi non credo sia errato dire che, in verità, il mito originario (e mai confessato) del neoliberismo non è il baratto ma lo schiavismo. Il grande successo che hanno avuto i neoliberisti è di farci interiorizzare quest’immagine di noi stessi. È una rivoluzione culturale che ha conquistato anche il modo dei servizi pubblici. Per esempio le unità sanitarie locali sono diventate le aziende sanitarie locali. Nelle scuole e nelle università il successo e l’insuccesso si misurano in crediti ottenuti o mancanti, come fossero istituti bancari. E per andarci, all’università, è sempre più diffusa la necessità di chiedere prestiti alle banche. Poi, una volta che hai preso il prestito, dovrai comportarti come un’impresa che ha investito, che deve ammortizzare l’investimento e avere profitti tali da non diventare insolvente. Il sistema ci ha messo nella situazione di comportarci e di vivere come imprenditori.
Ritiene che l’ideologia neoliberista abbia definitivamente vinto la propria guerra o c’è una soluzione?
Le guerre delle idee non finiscono mai, sembra che finiscano, ma non è così. Se ci pensiamo, l’ideologia liberista è molto strana, nel senso che tutte le grandi ideologie della storia offrivano al mondo una speranza di futuro migliore: le religioni ci promettevano un aldilà di pace e felicità, il socialismo una società del futuro meravigliosa, il liberalismo l’idea di un costante miglioramento delle condizioni di vita materiali. Il neoliberismo, invece, non promette nulla ed anzi ha del tutto rimosso l’idea di futuro: è un’ideologia della cedola trimestrale, incapace di ogni tipo di visione. Questo è il suo punto debole, la prima idea che saprà ridare al mondo un sogno di futuro lo spazzerà via. Ma non saranno né i partiti né i sindacati a farlo, sono istituzioni che avevano senso nel mondo precedente, basato sulle fabbriche, nella società dell’isolamento e della sorveglianza a distanza sono inerti.
Così ad occhio non sembra esserci una soluzione molto vicina…
Invece le cose possono cambiare rapidamente, molto più velocemente di quanto pensiamo. Prendiamo la globalizzazione: fino a pochi anni fa tutti erano convinti della sua irreversibilità, che il mondo sarebbe diventato un grande e unico villaggio forgiato dal sogno americano. E invece, da otto anni stiamo assistendo a una rapida e sistematica de-globalizzazione. Prima la Brexit, poi l’elezione di Trump, poi il Covid-19, poi la rottura con la Russia e il disaccoppiamento con l’economia cinese. Parlare oggi di globalizzazione nei termini in cui i suoi teorici ne parlavano solo vent’anni fa sembrerebbe del tutto ridicolo, può essere che tra vent’anni lo sarà anche l’ideologia neoliberista.
Intanto chi è interessato a cambiare le cose cosa dovrebbe fare?
Occorre rimboccarsi le maniche e fare quello che facevano i militanti alla fine dell’Ottocento, ovvero alfabetizzare politicamente le persone. Una delle grandi manovre in questa guerra culturale lanciata dal neoliberismo è stata quella di ricreare un analfabetismo politico di massa, facendoci ritornare plebe. Quindi è da qui che si parte. E poi bisogna credere nel conflitto, progettarlo, parteciparvi. Il conflitto è la cosa più importante. Lo diceva già Machiavelli: le buone leggi nascono dai tumulti. Tutte le buone riforme che sono state fatte, anche in Italia, non sono mai venute dal palazzo. Il Parlamento ha tutt’al più approvato istanze nate nelle strade, nei luoghi di lavoro, nelle piazze. Lo Statuto dei Lavoratori non è stato fatto dal Parlamento per volontà della politica, ma a seguito della grande pressione esterna fatta dai movimenti, cioè dalla gente che si mette insieme. Quindi la prima cosa è capire che il conflitto è una cosa buona. La società deve essere conflittuale perché gli interessi dei potenti non coincidono con quelli del popolo. Già Aristotele lo diceva benissimo: i dominati si ribellano perché non sono abbastanza eguali e i dominanti si rivoltano perché sono troppo eguali. Questa è la verità.
[di Andrea Legni]
https://www.lindipendente.online/2023/11/01/la-controrivoluzione-delle-elite-di-cui-non-ci-siamo-accorti-intervista-a-marco-deramo/?fbclid=IwAR0J1ttaujW9lXdoC3r4k5Jm46v3rQM_NMampT4Sd_Q-FX4D-7TFWKXhn3c
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Pierre Le-Tan Album
Dirécteur ouvrage : Frank Maubert
Aubier, Paris 1990, 158 pages, 23,5x31cm, ISBN 2-7007-2838-6
euro 520,00
email if you want to buy [email protected]
“I suoi disegni devono essere letti e le sue parole devono essere viste“, dice di Pierre l’amico e scrittore Umberto Pasti. E’ un privilegio entrare, seppur virtualmente, nella casa studio parigina – un tempo pied-a-terre di Jean Cocteau – di Pierre Le-Tan (1950-2019), illustratore e artista, nato a Parigi da padre vietnamita e madre francese.
E’ dal padre, pittore e figlio di un nobile tonkinese, che Le-Tan impara a disegnare, appassionandosi presto all’amore per i libri antichi e le stampe giapponesi e cinesi. Tanto che – ancora adolescente – Le-Tan è incaricato dal New Yorker Magazine di creare una copertina, opera che segna l’inizio di una lunga e fruttuosa collaborazione editoriale anche con molte altre pubblicazioni, da Vogue e Harper’s Bazaar. Per il New Yorker Pierre realizza 18 copertine.
In oltre 50 anni di lavoro la creatività di Le-Tan si arricchisce, spaziando dalla scenografia per il cinema e il teatro, alla collaborazione con la casa di moda parigina di sua figlia Olympia, ma soprattutto eccelle nella invenzione di oltre 100 copertine di libri e poster di film. Il lavoro di Le-Tan è stato esposto nelle gallerie di tutto il mondo; nel 2004 è stato oggetto di una retrospettiva al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid. Ha realizzato copertine per libri di scrittori noti, come il romanziere premio Nobel Patrick Modiano.
La prosa malinconica di Modiano è perfetta per le riflessioni di Le-Tan spesso rivolte ad una Parigi dimenticata, piena di personaggi strani e fascinosi. Una delle pubblicazioni di Le-Tan, “Album” (1990), traduce al meglio il suo stile intimo e insieme eclettico: un “album” pieno di ricordi, di Greta Garbo, Christian Lacroix, Mick Jagger, foto di vecchi amici, centinaia di disegni che raccontano della gita a casa di Cecil Beaton, a un portasigarette realizzato da Picasso, alle scarpe di Cardin, a una sedia che proviene dalla Reggia di Versailles.
30/05/24
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Jean Eugene Bulland, 1852-1926.
Pittore francese, figlio di un incisore,
all'inizio della sua carriera fu attratto dal simbolismo, e produsse diversi quadri ispirandosi a questo movimento, poi cambiò radicalmente stile, passò alla rappresentazione della vita quotidiana, fu premiato varie volte al Salon di Parigi.
Giovani genitori , 1903 Museo D'Orsay Parigi.
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Controllo del proprio stile di vita in base a cambi forzati e concessioni circostritte.
Limitazioni dei consumi contro la propria volontà e capacità economica.
Accesso ai servizi in base all'obbedienza.
Perenne e cronico senso di scarsità e di sottomissione forzata.
Schiavitù assoluta e totale.
Agenda 2030.
#francia#catene#controllo#prigione#zombie#società#corrente elettrica#società malata#svegliatevi#aprite gli occhi#sistema#manipolazioni#verità#dittatura#virus#discernimento#propaganda#clima#politica#diavoli#mondo marcio#covid#rincoglioniti#salvare il pianeta#agenda 2030#world economy
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Storia Di Musica #320 - Arcade Fire, Funeral, 2004
La caratteristica comune dei dischi di Aprile è arrivata per caso, e mi ha fatto scoprire delle cose bellissime che non conoscevo. Sono per questo molto felice di presentarvi le mie scelte ma stavolta la caratteristica comune la tengo segreta per questo primo appuntamento, si capirà in seguito e vi invito anzi, per giocare insieme, a ipotizzare quale sia. Inizio raccontandovi di una band, e un disco, che hanno davvero segnato la storia della musica indipendente internazionale, facendo il successo di una formazione di rock canadese che nel corso degli anni ha continuato a stupire. Il nucleo originale del gruppo prende vita a Boston, dove si conoscono Win Butler e Josh Deu, che formano gli Arcade Fire. Passano poche settimane e si trasferiscono nel paese natio, precisamente a Montreal, dove fanno i primi concerti in piccole location, a feste private e persino nelle gallerie d'arte. A Montreal Win Butler incontra Régine Chassagne, che prima diventerà cantante e poi futura sua sposa, per un motivo che sta scritto nel libretto del disco di oggi:"il caldo costrinse i due a sposarsi". Registrano le prime canzoni con questa formazione: Chassagne-Butler, Josh Deu, il bassista Mules Broscoe, il chitarrista Dane Mills e a Brendan Reed alla batteria. Il primo EP esce a nome Arcade Fire nel 2002, ma fu l’inizio di un rinnovamento traumatico della formazione: Broscoe si chiama fuori dalla band, Mills abbandona nel modo più spettacolare, lasciando nel bel mezzo di un concerto alla Casa del Popolo di Montréal. In sostituzione dei due ex-membri subentrano il fratello di Win, William Butler, e Tim Kingsbury, e con questa formazione pubblicano un secondo EP, Us Kids Now. Prima della fine del primo anno di promozione, la band ottiene un contratto con l'etichetta indipendente Merge Records, che in quegli anni e in quelli a venire sfornerà gioielli musicali in serie, con la quale continua tuttora a pubblicare album. Entra in formazione Howard Bilerman alla batteria.
Nel 2004 la quasi sconosciuta formazione canadese dà alle stampe un album, Funeral (che si intitola così perchè durante la registrazione morirono parenti dei componenti della band) che nel giro di poche settimane fa gridare al miracolo. Gli Arcade Fire diventano la band più ammirata dai critici, che inseriscono Funeral nei primi posti delle classifiche non solo del 2004 ma del decennio, degli ultimi 25 anni, di sempre. Nasce una band di culto. Il loro suono è barocco, gioioso, ricco di sfumature con una sezione di archi dolente e armoniosa, la doppia voce Butler \ Chassange ad alternarsi, facendo un album che per meriti loro, per momento storico e per magia complessiva sembra perfetto. Il gruppo ha ben in mente da cosa partire: ci sono echi Bowie nella stupenda Rebellion (Lies) (che in Italia è famosa come sigla di Otto E Mezzo, il programma de La7 di Lilli Gruber), la linea di basso e il suono alla The Edge della chitarra, i New Order in tutta la serie di Neighborhood in 4 parti, denominate Tunnels, Laika, come la cagnetta che andò nello spazio, Power Out e 7 Kettles. Crown Of Love è magnifica e finisce in stile epico, Wake Up che è spectoresca nell’arrangiamento e nel finale stile U2 (Bono diventerà un grande ammiratore, e apriranno molti concerti del Vertigo Tour del 2005 della band irlandese, e la parte iniziale di Wake Up fu usata come intro a City Of Blinding Lights); Haiti, che è placida e sofisticata, mostra le loro qualità nelle ballate. Une Année Sans Lumière cambia il cantato dall’inglese al francese, ed è davvero ballabile e dolcissima. In The Backseat con la voce della Chassagne che sembra alzarsi all’infinito rispetto alla musica, è un crescendo emozionale da ricordare, con intermezzo di archi. Nonostante le evidenti ispirazioni tutto l’album è una continua sorpresa eccitante, tra le pieghe degli arrangiamenti, tra i piccoli assoli di strumenti inusuali (farfisa, xilofono, gli archi, un corno francese), tra la voce sincopata e trascinante di Butler e quella morbida e vellutata della Chassagne. Funeral fa rimanere basiti per come tutto l’insieme funzioni in armonia e con un gusto che manca a tante band di oggi.
Il disco vende già molto bene, ma è con Neon Bible (2007) che il successo diventerà internazionale: un disco più sofisticato, e anche più arrabbiato e teso, ammirato per canzoni come Keep The Car Running, No Cars Go e la splendida e dolente My Body Is A Cage, che verrà ripresa da Peter Gabriel in Scratch My Back del 2010, versione che fa da colonna sonora ad una delle puntate più intese della serie Tv culto House M.D. La triade iniziale trova il culmine con The Suburbs, del 2010, che debutta in vetta alla classifica di Billboard e vince il premio Grammy per il miglior disco dell’anno, primo lavoro di una casa discografica indipendente ad ottenerlo. Dello stesso disco, fu fatto una sorta di video documentario diretto da Spike Jones che verrà presentato a numerosi festival cinematografici internazionali: la band collaborerà alla colonna sonora del film Lei (Her) scritto e diretto da Spike Jonze che vede Joaquin Phoenix come protagonista, e alcuni dei brani per il film troveranno posto in Reflektor, altro disco grandioso, del 2013. Se non ho capito male, ritorneranno presto anche in Italia per dei concerti questa estate, sarebbe l’occasione migliore per scoprire una band dalle caratteristiche uniche e dalla musica speciale, che è stata protagonista influente e simpatica della musica degli ultimi 20 anni in maniera anche inaspettata.
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Perfetti per l'estate
Come di consueto, proponiamo agli affezionati lettori delle biblioteche milanesi la nostra rubrica di consigli di lettura, perfetti per l’estate!
Fonte: Pexels
La recente ristampa de Al paradiso delle signore di Zola è una ghiotta occasione per leggere un romanzo avvincente, tomo XI del ciclo dei Rougon-Macquart: un feuilleton di gran classe per gli appassionati di moda, scritto da un maestro nell’arte della descrizione (il tema è simile a quello de Il ventre di Parigi, ma concentrato sull’abbigliamento), “che esplora lucidamente l’universo femminile”, spaziando per tutti gli strati sociali della Parigi di metà Ottocento. Una lettura che analizza la nascita di un fenomeno moderno tuttora in espansione: il grande magazzino, oggi diventato centro commerciale (come in Il denaro si descriveva la bolla finanziaria del 1860, profetica di quelle dei nostri tempi). Non erano necessarie le parole di Gide (e di molti altri critici citati nella preziosa prefazione di Mario Lunetta) per rivalutare questo capolavoro. Iperbolico, lussureggiante, immaginifico.
A questo romanzo è vagamente ispirata la serie televisiva italiana trasmessa da Rai 1 dal 2015, ora diventata una vera e propria soap, ma ambientata tra gli anni cinquanta e sessanta a Milano, dove esistette davvero un negozio chiamato “Paradiso delle signore”.
Ironico (di un’ironia antifrastica), divertente, scorrevolissimo, Di chi è la colpa? fu pubblicato nel 1947 ed è l’unico romanzo dello scrittore russo Aleksandr Ivanoviĉ Herzen. Dimenticatevi Tolstoj e Dostoevskij, il suo stile ricorda piuttosto il Gogol’ fantasioso e stravagante dei racconti. Citiamo dalla prefazione di questa recente ristampa: «È strano che questo straordinario scrittore, in vita celebre personalità europea, stimato amico di Michelet, Mazzini, Garibaldi e Victor Hugo, a lungo venerato nel suo paese non solo come rivoluzionario, ma come uno dei più grandi uomini di lettere, sia tuttora poco più di un nome in Occidente. Il piacere che si ricava dalla sua lettura … rende ciò una strana e ingiustificata perdita». Sottoscriviamo in pieno.
È già in testa a tutte le classifiche la nuova avventura, attesa da ben sei anni dopo Il morso della reclusa, dell’ispettore Adamsberg, creato dall’abile penna della scrittrice francese Fred Vargas, questa volta in trasferta nella selvaggia Bretagna, il regno di Asterix e dei menhir. Sulla pietra è il decimo resoconto della serie dell’improbabile ispettore e le profonde conoscenze storiche dell’autrice si dispiegano felicemente in questo noir ricco di misteri e di legami con il passato.
Appena ripubblicato da Edizioni Capricorno nella collana Capolavori Ritrovati, L’altare del passato di Guido Gozzano ci consente di scoprire, se ancora non l’abbiamo fatto, la prosa del poeta di “Non amo che le rose che non colsi. Non amo che le cose che potevano essere e non sono state”. In questi undici racconti “riaffiorano tutti i temi cari al poeta - la malinconia, il rimpianto per il tempo che passa, i ricordi ingialliti, l’esitazione amorosa, l’indulgenza verso gli oggetti inutili”.
A cento anni dalla nascita dell’autore (New Orleans 1924 - Bel Air 1984) Garzanti ha appena ripubblicato Bare intagliate a mano: cronaca vera di un delitto americano (presente anche nella raccolta Musica per camaleonti), sorta di reportage esposto in forma narrativa di Truman Capote. Non potevamo aspettarci niente di meno dallo scrittore che, dieci anni prima della pubblicazione di questo giallo, in Sangue freddo (da cui nel 2005 è stato tratto un film con la strepitosa partecipazione di Philip Seymour Hoffman) aveva romanzato un fatto di cronaca che nell’America del 1959 aveva destato grande scalpore: lo sterminio di un’intera famiglia per un bottino di pochi dollari.
Anche questo thriller, per quanto incredibile possa sembrare la sua progettazione (e poi realizzazione), si ispira alla realtà, raccontata in forma di dialogo tra l’autore e l’investigatore incaricato delle indagini. Uno stile assolutamente inimitabile.
Ambientato in una Milano semideserta di metà agosto (il cadavere di una donna annegata viene recuperato nel Lambro) Le conseguenze del male di Gian Andrea Cerone è ormai un best seller. Avevamo già proposto questo autore nel post natalizio (I libri della renna) per un racconto contenuto nell’antologia Un lungo capodanno in noir, la cui protagonista, Marisa Bonacina, era la moglie del commissario Mandelli, che invece campeggia in questo thriller estivo da leggere tutto d’un fiato. Il numero di donne trovate annegate è decisamente troppo alto perché si tratti sempre di suicidi e, contestualmente, il commissario, costretto a interrompere le ferie, si trova a fare i conti con il passato. Un duplice percorso di indagine guidato da una scrittura che attanaglia l’attenzione del lettore per non abbandonarla più.
Il Saggiatore ha appena ripubblicato una raccolta dei racconti di un autore ingiustamente dimenticato, Guido Morselli, intitolata Gli ultimi eroi. “Gli ultimi eroi raccoglie per la prima volta tutti i racconti di Guido Morselli, narrazioni in cui, come solo nelle sue opere più alte, la sua invenzione si libera, dando vita a realtà alternative e a commoventi ritratti umani: da un Mussolini che si trasforma per amore in leader democratico all’incontro fra Pio XII e uno Stalin che vuole sostituirlo con un sosia; dall’ultima grottesca resistenza di un gruppo di soldati nazisti fuggiti da un manicomio a un comico tentativo di far finanziare agli americani l’Unità d’Italia. Fantasmagorie proiettate sul muro da una lanterna magica, la cui luce ci permette di osservare per una volta, una volta ancora, l’abbacinante talento di un maestro nascosto”. Da non perdere.
Se ancora non l’avete letto, vi consigliamo Zipper e suo padre, uno dei migliori romanzi di Joseph Roth. Ambientato durante gli anni della Grande guerra e della repubblica di Weimar, è incentrato sul tema universale dei rapporti familiari e questo ne fa un’opera sempre attuale. Dal padre frustrato che maltratta e umilia la moglie e il figlio primogenito, al protagonista (amico del narratore, rappresentato dallo scrittore stesso) Arnold che, dopo la partecipazione al conflitto, si isola diventando angolista, neologismo che indica la sua volontà di stare in disparte in qualsiasi circostanza sociale, la famiglia Zipper rappresenta il simbolo dei danni provocati dalla guerra. Il risultato è la formazione di una generazione di indifferenti (per citare le parole dell’autore), proprio come li descriveranno Gramsci, nell’articolo Odio gli indifferenti, e Moravia, nel suo capolavoro. Si gusta ogni singola pagina.
#emile zola#herzen alexandr ivanovic#fred vargas#guido gozzano#truman capote#gian andrea cerone#guido morselli#joseph roth#antonio gramsci#alberto moravia#philip seymour hoffman
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Napoli - Francesco Laurana - Maschio Angioino - Arco trionfale - 1479
Fondata dai Greci di Cuma, i sovrani che nei secoli si sono susseguiti sul trono di Napoli sono stati:
i Normanni:
- Ruggero I d’Altavilla conquistò la Sicilia nel 1091;
- Ruggero II (1130 - 1154): fu il primo re di una Sicilia multietnica e multireligiosa avendo accorpato in un unico regno tutti i possedimenti normanni nell’Italia Meridionale conquistando Napoli nel 1137;
- Guglielmo I (1154 - 1166)
- Guglielmo II (1166 - 1189): eresse il Duomo di Monreale;
- Tancredi (1189 - 1194)
- Guglielmo III (1194)
- Costanza d’Altavilla (1194 - 1197)
gli Svevi:
- Federico II (1198 - 1250) Stupor Mundi: a Napoli istituì l’università nel 1224;
- Corrado (1250 - 1254): dovette confrontarsi con il potere del fratellastro Manfredi;
- Corradino (1254 - 1258): fu sconfitto nella battaglia di Tagliacozzo e fatto imprigionare a Castel dell’Ovo e decapitare da Carlo d’Angiò nella piazza del mercato a Napoli, poi sepolto nella vicina Chiesa del Carmine. La dinastia degli Svevi scomparve con la morte di Manfredi nel 1266.
gli Angioini:
- Carlo I (1266 - 1285): fratello di Luigi IX il Re Santo, Conte d’Anjou, ricevette in vassallaggio la Sicilia e Napoli dal Papa che difese dagli Hohenstaufen. Edificò il Maschio Angioino, con uno stile che richiama il castello di Avignone, nel 1282;
- Carlo II (1285 - 1309): dovette rinunciare al trono di Sicilia dopo la rivolta dei Vespri Siciliani nel 1302;
- Roberto I (1309 - 1343): figlio di Maria d’Ungheria sepolta nella Chiesa di Donnaregina, fu apprezzato da Petrarca e amante della cultura e delle lettere;
- Giovanna I (1343 - 1382): fu fatta assassinare dal ramo di Durazzo degli angioini e le succedette
- Carlo (1382 - 1386)
- Ladislao (1386 - 1414)
- Giovanna II (1414 - 1435)
- Renato I (1435 - 1442)
gli Aragonesi:
- Alfonso I d’Aragona (1442 - 1458): sconfisse Renato d’Angiò e unì il tono di Napoli a quello di Sicilia e ai possedimenti della Sardegna e della Spagna occidentale. Combattè contro Milano e Genova e dotò il Maschio Angioino dell’attuale arco di trionfo;
- Ferdinando I detto Ferrante (1458 - 1494): all’inizio del suo regno dovette fronteggiare la rivolta angioina e successivamente sedò la rivolta dei baroni e si alleò con gli Sforza contro il re di Francia Carlo VIII d’Angiò. Del suo tempo la Chiesa del Gesù Nuovo;
- Alfonso II: sposò Ippolita Maria Sforza, ma dovette abdicare a causa della calata di Carlo VIII;
- Ferrandino (1494 - 1496)
- Federico I (1496 - 1503) durante il cui regno vi fu la conquista e poi la cacciata di Luigi XII re di Francia;
- Ferdinando III (1504 - 1516) dopo il quale il Regno di Napoli fu incluso in quello di Spagna prima sotto la casata degli Asburgo (con la breve parentesi della Repubblica di Masaniello fra il 1647 e il 1648) poi sotto quella dei Borbone (1700 - 1713) ed ancora sotto quella degli Asburgo d’Austria (1713 - 1734).
i Borboni:
- Carlo I (1734 - 1759): già Duca di Parma, conquistò e riunificò il Regno delle Due Sicilie anche grazie alla madre Elisabetta Farnese, seconda moglie del re di Spagna, che da Madrid influenzò la prima parte del suo regno. Riformò con Bernardo Tanucci l’amministrazione, promosse la musica (fondò il Teatro di San Carlo nella patria di Paisiello e Pergolesi), l’arte (promosse la ceramica di Capodimonte, fece costruire al Vanvitelli la reggia di Caserta del 1751 e quella che oggi è Piazza Dante oltre alla Reggia di Capodimonte dove installò la collezione Farnese) e sostenne gli scavi a Pompei ed Ercolano che iniziarono nel 1738);
- Ferdinando (1759 - 1799 e 1816 - 1825): sposò una figlia di Maria Teresa d’Austria, Maria Carolina che lo allontanò dall’influenza spagnola di Bernardo Tanucci, promosse la Marina Militare (nel 1787 fu fondata la Nunziatella), ma dovette subire una rivoluzione filo-francese (Eleonora Fonseca Pimentel, Mario Pagano, …) nel 1799 contrastata dal Cardinale Ruffo e da Fra Diavolo e la conquista napoleonica che insediò Giuseppe Bonaparte dal 1806 al 1808 e Gioacchino Murat dal 1808 al 1815 prima di diventare, con il Congresso di Vienna, Re delle Due Sicilie ed essere sepolto al Monastero di Santa Chiara;
- Francesco (1825 - 1830)
- Ferdinando II (1830 - 1859): fondò la prima ferrovia d’Italia (1839), ma fu reazionario e soprannominato il Re Bomba per come represse i moti rivoluzionari del 1848 a Messina;
- Francesco II (1859 - 1861): era figlio di Ferdinando II e di Maria Cristina di Savoia e sposò la sorella di Sissi, Maria Sofia di Baviera.
Con l’Unità, Napoli confluì nel Regno d’Italia: ecco perché la statua di Vittorio Emanuele II è presente a Palazzo Reale.
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[ARTICOLO] Jin dei BTS partecipa alla sfilata della collezione primavera-estate 2025 di Gucci nel suo debutto da Ambassador del marchio
"Dopo un lungo viaggio da Seoul, capitale della Corea del Sud, Jin dei BTS ha fatto il suo debutto alla Milano Fashion Week direttamente dalla prima fila della sfilata della collezione primavera-estate 2025 di Gucci. E per un'occasione del genere, ovviamente, ha dovuto indossare qualcosa di adatto.
Jin ha sfoggiato quello che, a nostro parere, è il suo miglior look mai visto finora. Per posare davanti ai fotografi nel photocall rosso messo a disposizione, infatti, la star ha indossato un maglione lavorato a maglia iridescente che rifletteva una gamma di colori che spaziava tra il marrone, l'arancione e il viola. Il maglione, inoltre, lasciava scoperta parte del suo petto così da incorniciare perfettamente le svariate collane d'argento che Jin aveva indosso, una delle quali adornata con un ciondolo a forma di chiave che gli pendeva dal collo. A completare il look c'erano poi dei pantaloni marroni fatti su misura e retti da una cintura nera di Horsebit e i mocassini classici di Horsebit, anch'essi di colore nero. I capelli di Jin sono stati invece pettinati all'ingiù e con un effetto quasi 'bagnato' a coprire la fronte della star, uno stile sicuramente diverso da quello corto che abbiamo visto l'artista portare in tutte le sue apparizioni del periodo post-militare.
Prima di arrivare in Italia per la sfilata di Gucci, però, Jin era già stato fotografato all'aeroporto di Incheon mentre sfoggiava anche per viaggiare un look firmato dal brand di lusso di cui è ambassador (N/B: un 'brand ambassador' è il 'portavoce della marca', cioè un professionista o una celebrità che ha il compito di promuovere un brand e i suoi servizi). In particolare, la star indossava un completo di giacca e jeans in denim nero con uno zaino nero abbinato. Tutti e tre i pezzi erano decorati con le classiche strisce verdi e rosse di Gucci. Jin aveva poi completato il look con una maglietta da baseball sotto la giacca e un paio di sneakers bianche e nere.
Questa è stata soltanto la più recente delle avventure di Jin nel mondo della moda. Dopo la fine del suo servizio militare, infatti, l'artista è stato accolto a braccia aperte dall'industria del fashion. Prima è stato scelto per essere il primo ambassador globale di Fred Jewelry, un brand di LVMH (N/B: 'LVMH Moët Hennessy Louis Vuitton SE', abitualmente accorciata in 'LVMH', è una multinazionale e conglomerato francese con sede a Parigi e proprietaria di oltre settanta marchi di lusso). In seguito, invece, è diventato ambassador mondiale di Gucci al fianco di altri volti noti come il membro del gruppo delle Newjeans Hanni, la star di How to Make Millions before Grandma Dies Billkin e l'attore indiano Alia Bhatt.
Nonostante questa non sia la prima esperienza di Jin come ambassador globale di un brand di lusso, è certamente la prima volta che la star ricopre questo ruolo da solo. In precedenza tutti e sette i membri dei BTS - RM, Jin, Suga, J-Hope, Jimin, V e Jungkook - avevano insieme rappresentato in tutto il mondo il marchio Louis Vuitton sotto la direzione artistica del compianto Virgil Abloh. Successivamente, i membri si sono imbarcati in progetti individuali anche nella moda. RM è diventato un testimonial per Bottega Veneta, Suga per Valentino, J-Hope ha continuato a collaborare con Louis Vuitton, Jimin ha partecipato alla Settimana della moda di Parigi come ambassador di Dior, V si è unito a Cartier come ambassador globale del brand e Jungkook ha continuato a fare il modello per Calvin Klein.
Ora che Jin ha concluso i suoi primi impegni come ambassador di Gucci, però, non vediamo l'ora di vedere cos'altro ci aspetta".
Traduzione a cura di Bangtan Italian Channel Subs (©jimindipityR) | ©TeenVogue
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"La Cantante di Pigalle e altri racconti" di Georges Simenon: Un viaggio tra mistero e realismo. Recensione di Alessandria today
Quattro racconti inediti in Italia che rivelano l'abilità narrativa e psicologica di Georges Simenon, autore di fama mondiale.
Quattro racconti inediti in Italia che rivelano l’abilità narrativa e psicologica di Georges Simenon, autore di fama mondiale. Recensione: Georges Simenon, celebre per i suoi romanzi polizieschi e il commissario Maigret, ci offre una raccolta di racconti che esplorano l’oscurità e la complessità dell’animo umano. In “La Cantante di Pigalle e altri racconti“, l’autore raccoglie quattro opere…
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ispirazioni
© Giovanni Gastel [*] Ritratto eseguito per la rivista francese FEMME alla metà degli anni '90 a Parigi ispirato all'opera di René Gruau
René Gruau [*]
https://www.instagram.com/giovanni_gastel/
https://ninisochic.wordpress.com/2013/11/26/lo-stile-gruau/
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Jean Cocteau La rivincita del giocoliere
Peggy Guggenheim Collection
Kenneth E.Silver, saggio di Blake Oetting
Marsilio Arte, Venezia 2024 , 176 pagine, 20,5x26,8cm, ISBN 978124631676
euro 40,00
email if you want to buy [email protected]
«L’opera di Cocteau ci lascia una sensazione perdurante di felicità, non perché escluda la sofferenza, ma perché in essa nulla è rifiutato, rimpianto o crea rancore. La felicità è un segno di saggezza, più affidabile di quanto si creda, e forse lui ne ha più di altri…» Wystan Hugh Auden, poeta
Brillante, sorprendente e poliedrico. È Jean Cocteau (1889-1963), artista francese che ha lasciato un segno come disegnatore, regista, scenografo, muralista, designer di gioielli e di abiti. La poesia, tratto fondante del suo inconfondibile stile, è caratterizzata da atmosfere mitologiche e circensi e da una scrittura spiazzante che accompagnerà sempre la sua infinità di creazioni nei campi più disparati. In occasione della prima retrospettiva in Italia dedicata all’artista, allestita alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, esce per Marsilio Arte il libro Jean Cocteau. La rivincita del giocoliere di Kenneth E. Silver, con un saggio di Blake Oetting (Orfeo, due e più volte: i riverberi queer di Jean Cocteau). Lo spazio espositivo è anche un omaggio all’amicizia che legò l’artista a Peggy Guggenheim. Fu lui, infatti, a incoraggiare la giovane collezionista ad aprire nel 1938 la galleria londinese Guggenheim Jeune. Guggenheim ricambiò il sostegno ospitando più opere di Cocteau, all’epoca amico e consulente artistico di Marcel Duchamp. Da quel momento l’artista iniziò a frequentare la casa della mecenate newyorchese a Venezia, a Palazzo Vernier dei Leoni, innamorandosi della città. Guggenheim ribadì più volte che la parola era un mezzo di espressione che Cocteau utilizzava con virtuosismo da acrobata. La rivincita del giocoliere è un richiamo alla sua abilità di riuscire ad attraversare gli ambiti più disparati con uno sguardo trasversale, capace di cogliere e mettere in relazione l’estetica e la storia. Nel suo primo libro, La spaccata, lo stesso Cocteau si dice affascinato dagli artisti delle giostre e del circo, tanto che più avanti, a carriera avviata, inserirà due acrobati e un prestigiatore cinese nel libretto del balletto Parade, e il mago Merlino in I cavalieri della tavola rotonda. Fonte inesauribile di creatività e visioni, il genio di Cocteau si manifesta nei romanzi, tra cui Il libro bianco, in film come Il sangue di un poeta, con Lee Miller nei panni di una statura greca che prende vita, e nella Macchina infernale, rivisitazione dell’Edipo Re, solo per citare alcuni dei suoi capolavori. Cocteau stesso si racconta definendosi «una menzogna che dice sempre la verità»: nella sua opera si serve regolarmente del mito per presentare una storia e allo stesso tempo «riempirla di codici, costringendo il pubblico ad andare alla ricerca di ciò che è nascosto, come giocasse a nascondino».
05/05/24
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"Eugénie Grandet" è uno dei romanzi più celebri di Honoré de Balzac, pubblicato per la prima volta nel 1833. Fa parte del vasto ciclo narrativo de "La Comédie Humaine", un'opera monumentale che Balzac ha dedicato a rappresentare la società francese del suo tempo.
Il romanzo è ambientato nella cittadina di Saumur, nella Valle della Loira, e racconta la storia di Eugénie, una giovane donna che vive sotto il giogo del padre, Félix Grandet, un uomo estremamente avaro e manipolatore. La trama si sviluppa attorno alla vita monotona e opprimente di Eugénie, che viene sconvolta dall'arrivo del cugino Charles, recentemente orfano e senza un soldo. Questo incontro risveglia in Eugénie sentimenti di amore e ribellione, portandola a scontrarsi con l'autorità paterna.
Balzac utilizza la figura di Grandet padre per criticare l'ossessione borghese per il denaro e il potere. La sua avarizia non solo rovina la vita della figlia, ma rappresenta anche una critica più ampia alla società del tempo, dove il valore delle persone è spesso misurato in termini di ricchezza materiale. La descrizione dettagliata della vita provinciale e delle dinamiche familiari rende il romanzo un ritratto vivido e realistico della Francia post-rivoluzionaria.
Honoré de Balzac nacque il 20 maggio 1799 a Tours, in Francia, da una famiglia borghese. Suo padre, Bernard-François Balzac, era un funzionario pubblico, mentre sua madre, Charlotte-Laure Sallambier, proveniva da una famiglia di commercianti parigini. Balzac trascorse un'infanzia solitaria e difficile, segnata dai frequenti disaccordi tra i genitori.
Dopo aver frequentato il Collège des Oratoriens a Vendôme, Balzac si trasferì a Parigi, dove studiò diritto. Tuttavia, la sua vera passione era la letteratura. Dopo alcuni tentativi falliti di affermarsi come drammaturgo, Balzac iniziò a scrivere romanzi sotto vari pseudonimi. La sua carriera letteraria decollò con la pubblicazione di "Les Chouans" nel 1829, il primo romanzo che firmò con il suo vero nome.
Balzac è noto per il suo stile di vita frenetico e per la sua incredibile produttività. Lavorava spesso per lunghe ore, alimentato da caffè nero, e scriveva in modo compulsivo. La sua opera più famosa, "La Comédie Humaine", è una serie di quasi cento romanzi e racconti che offrono un ritratto dettagliato della società francese del XIX secolo. Tra le sue opere più celebri si trovano "Le Père Goriot", "La Cousine Bette" e, naturalmente, "Eugénie Grandet".
Nonostante il successo letterario, Balzac ebbe una vita personale tumultuosa, segnata da numerosi debiti e relazioni amorose complicate. Nel 1850, sposò la contessa polacca Ewelina Hańska, con la quale aveva intrattenuto una lunga corrispondenza. Purtroppo, Balzac morì pochi mesi dopo il matrimonio, il 18 agosto 1850, a Parigi.
Balzac è considerato uno dei padri del realismo nella letteratura europea. La sua capacità di creare personaggi complessi e di descrivere con precisione la società del suo tempo ha influenzato molti scrittori successivi, tra cui Émile Zola, Charles Dickens e Marcel Proust.
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Percorsi.
In questi giorni ho visto svariati post un pò qua e su FB sulla commemorazione fascista, partendo dal fatto che a quanto pare non sia una cosa del tutto nuova visto che la fanno da anni e che a quanto pare è una di quelle notizie spalmate online per distrarre e che è ovviamente da denuncia visto che in Italia come in Germania esistono delle leggi contro l'apologia del fascismo e del nazismo, ultimamente l'Australia ha legiferato contro i simboli nazisti, finisci nel marsupio col pigiama a strisce direttamente e senza passare dal via. Ma vorrei fare una polemica a chi si indigna online, questo è il massimo che si fa oramai, avete mai pensate al perché noi abbiamo ancora quei trogloditi col braccio teso e la Germania no? Anche se il neo nazismo in questi ultimi anni si è proliferato nel vecchio continente come un cancro, le madri dei deficienti sono sempre in cinta. Le camicette nere nello stivale non furono processati come avvenne a Norimberga, almeno non duramente come in quel caso, si ok, qualcuno è stato giustiziato in pubblica piazza stile rivoluzione francese, ma mi pare il minimo che si meritavano. Il processo non venne fatto semplicemente perché gli yankee hanno bisogno di manovalanza di basso rango per i lavori sporchi e per destabilizzare, un classico senza tempo, infatti alcuni di quelli che erano fascisti poi finirono, sempre per mano dello zio sam, nelle forze dell'ordine, nei servizi segreti e molti anche in politica. Non è un accanimento contro gli americani il mio, almeno non tutti gli americani statunitensi, solo con quelli che governano e che come burattini vengono manovrati dalle lobby e dalla massoneria. La storia è chiara, avete presente gladio e l'operazione stay behind? Andate a documentarvi se non sapete di cosa sto parlando. L'Italia per nostra sfortuna ha una posizione geografica così favorevole che è stata colonizzata per prima, perché non sono venuti a liberarci ma a conquistarci semplicemente perché l'Europa è un boccone ghiotto e non può, NON PUO', essere una potenza mondiale, semplicemente perché è la matrice di questa parte di mondo oramai marcio denominato occidente. Quindi per chiudere sto discorso che ho altro da fare, non amminchiatevi sempre col dito quando la luna è chiaramente visibile e ringraziate sempre gli yankee per come ci hanno messo sull'incudine e martellati per benino, la melona e l'andazzo odierno è solo una conseguenza che passa nelle decadi ed è erede diretta del nano di arcore.
Cambiando discorso, Lunedì sono andato a prendere il midi controller e ieri mi sono messo a smanettare un pò, tra installazione e scaricamento dei vari programmi, alcuni in realtà inutili perché sono solo dei demo di software a pagamento (con prezzi onestamente assurdi, 500€ per uno strumento virtuale mi compro na chitarra nuova), quindi mi sono cimentato un pò, un bel pò fino a sera e dopo cena fino all'una :D. E' un giocattolino interessante con delle potenzialità enormi, oggi però ho il noioso compito della pulizia della casa, ma ho in programma la lettura del manuale (vi ho già detto che sono uno di quelli che adora i manuali, se non servivano non li creavano). Quindi bando alle ciance, eccola lo so la foto non è delle migliori ma non sono un fotografo.
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