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"Una Domenica Particolare - Gli Immortali": Un Viaggio tra Memoria e Realtà nel Romanzo di Valentina Meola. Un racconto che celebra i ricordi di un borgo, catturando l'essenza della vita quotidiana e l'immortalità delle persone semplici
"Una domenica particolare - Gli Immortali" è il nuovo romanzo di Valentina Meola, pubblicato da Aletti Editore, che trasporta i lettori in una realtà fatta di ricordi e tradizioni.
“Una domenica particolare – Gli Immortali” è il nuovo romanzo di Valentina Meola, pubblicato da Aletti Editore, che trasporta i lettori in una realtà fatta di ricordi e tradizioni. L’opera si svolge nel borgo immaginario di Rocca Mischina, un luogo che, con i suoi ritmi lenti e il silenzio che lo caratterizza, diventa fonte di ispirazione e riflessione. La storia si snoda attraverso una domenica…
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perché la s2 di un professore non funziona
Ho sperato fino alla fine di non dover fare questo post, ma il modo in cui è stata gestita questa stagione mi lasciata amareggiata e delusa, e voglio parlarne un po' anche per organizzare e capire meglio i motivi per cui, secondo me, questa stagione non ha funzionato. E anche perché ho bisogno di sfogarmi e passare avanti.
Non criticherò il lavoro degli attori perché credo abbiano fatto del loro meglio considerato il copione che si sono ritrovati a seguire, ma ci tengo a dire che sarà un post sfogo e non mi risparmierò, quindi se la serie vi è piaciuta questo post non fa per voi. Se invece anche voi siete rimastə delusə, ci vediamo sotto il cut. (very long post)
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Partiamo dal presupposto che, mentre la prima stagione si basa abbastanza fedelmente sugli eventi di Merlì, nella seconda (e direi ormai anche la terza, nonostante ancora non sia ancora uscita) si nota un totale distaccamento.
Questo perché, come dichiarato dallo sceneggiatore in una intervista per fanpage, la seconda e la terza stagione di Merlì non sono state completamente prese in considerazione nella stesura della sceneggiatura di questa s2, con gli evidenti problemi che ne conseguono.
Già nella prima stagione alcuni avvenimenti erano al limite del surrealismo e i personaggi potevano risultare incoerenti, ma era evidente che un'idea di base esisteva e che ci fossero dei punti cardine nella trama, come dei tasselli, che venivano aggiunti man mano e che disegnavano una storia piuttosto solida. In questa s2 tutto ciò è venuto a mancare, i personaggi sono allo sbaraglio, la storyline ancora di più, e sembra che le cose accadano giusto perché devono accadere e non perché ci sia una reale intenzione logica e narrativa dietro. Ma procediamo con ordine.
Questa stagione era stata pubblicizzata e promossa in un certo modo, facendo leva su specifici personaggi e rapporti tra di essi, in particolare ovviamente quello tra Simone e Manuel, ed è di questo che voglio parlare per primo perché è quello che forse mi tocca più da vicino essendo io una persona bisessuale.
Simuel (Mimmone e Manina)
Speravo, nella mia ingenuità, che avrebbero utilizzato questa stagione per esplorare un po' di più la bisessualità di Manuel. Non mi aspettavo i "simuel canon" nel giro di due/tre episodi, ma mi aspettavo che entro la fine della stagione questi due personaggi (e quello di Manuel soprattutto) potessero arrivare ad avere alcune consapevolezze. Non mi aspettavo che li facessero sparire dopo il secondo episodio, per poi relegarli ad avere poche scenette superficiali e messe quasi a tappare i buchi tra le altre scene.
E ci tengo a dirlo, non si tratta quindi più della coppia in sé, quanto alle storyline importanti che potevano e dovevano essere raccontate con una cura ed una dignità superiore.
Manuel come personaggio è stato distrutto pezzo per pezzo. Tutte le cose che lo rendevano bello, interessante e che ti facevano entrare in empatia con lui, le cose che ti facevano tifare per lui, sono state tutte dimenticate strada facendo, abbozzate e nel peggiore dei casi completamente eliminate.
Nella prima stagione era un ragazzo sveglio, che faceva e avrebbe fatto di tutto per sua madre e per le persone a cui voleva bene. Manuel era riuscito a riscattarsi, aveva capito che la scuola e la conoscenza sono importanti, aveva trovato in Dante la figura maschile e quasi paterna che gli era sempre mancata, aveva trovato conforto nella filosofia, l'aveva resa un porto sicuro, una casa in cui rifugiarsi e in cui poter essere libero. Aveva trovato in Simone una persone che lo amava (anche nel senso più platonico del termine) nonostante tutto, una persona che gli è stata accanto con i vari alti e bassi, una persona di cui si fidava e a cui avrebbe affidato la sua stessa vita.
Tutto questo non esiste più nella seconda stagione. Questo Manuel esiste nei primi episodi e poi, man mano che si avvicina a Nina, finisce per scomparire. Non parla più con Simone, se non per fargli scenate di gelosia, non fanno neanche vedere un momento in cui parlano veramente della scoperta di Nicola, solo una scenetta alla piscina che aveva tanto potenziale, ma che è stata messa lì come contentino per dire "vedete, parlano" quando poi le loro interazioni sono inesistenti. Nel mentre, quindi, Manuel si avvicina a Nina, che si comporta solo in modo scostante, che all'inizio lo prende per cretino, poi si fa portare il gelato e gli dà picche, e poi lo porta in una casa che non è sua, facendo irruzione in una dimora privata (con le chiavi di sua zia, quindi anche rischiando di metterla nei guai), segue scena alla Pretty Woman che vuole essere divertente, romantica e sensuale, ma risulta insensata e cringe e poi, dopo il loro primo bacio, lei che aveva paura di aprirsi, gli rivela che ha una figlia così de botto senza senso. Nina che tra l'altro per tutto il resto della serie dimostra solo di non avere stima di lui ("se vedono Manuel è la volta buona che Lilli me la scordo" , "io ce so cresciuto a merendine" "e infatti guarda come sei diventato" , "è bello" "e bello e poi? vai avanti con l'elenco" "è finito, l'elenco è finito") e che se lo trascina in questa follia del rapimento della bambina e lui, ormai ridotto ad un ombra del personaggio che è stato, la asseconda in tutto e per tutto, arrivando anche a derubare ANITA, sua madre per cui si è sempre fatto in quattro.
Il suo rapporto con Simone viene completamente schiacciato e poi buttato via manco fosse una zanzara che ronzava nell'orecchio degli sceneggiatori e anche le scene che sarebbero dovute essere catartiche, come quella all'ospedale in cui Manuel dice a Simone che non è da solo e che "Ce sto io co' te", risultano arraffazzonate, senz'anima e salvate solo dalle performance magistrali degli attori, perché non seguono alcun build-up emotivo.
Il bacio e il rapporto sessuale che c'è stato tra i due non viene più menzionato, ma intorno a noi sentiamo parlare di pulsione, curiosità, parentesi alcolica, fratria adolescenziale, ad ennesima riprova che noi persone bisessuali non siamo niente agli occhi di questa produzione, che la nostra sessualità è solo un plot point o un modo per promuovere la serie, facendo leva sul nostro desiderio di venire rappresentatə, che non ci meritiamo dei personaggi dignitosi, che non ci meritiamo di avere le nostre storie raccontate al pubblico, che siamo una parentesi e poi possiamo anche essere accantonatə perché alla fine non siamo né una cosa né l'altra, e chi vuole perdere tempo a parlare di queste cose che confondono e basta?
[E ma Mimmo non è bisessuale? ne parlerò più avanti]
Detto ciò, mi dispiace doverlo ammettere, ma i Simuel e questo giro non mi hanno detto niente, è rimasta solo nostalgia nel ricordarli durante la s1, perché per il resto è stato uno sfacelo.
Passiamo quindi a Simone, che qui io chiamerei invece la seconda venuta di Cristo perché 'sto raga si sobbarca i problemi di tutti in questa serie e riceve in cambio solo dolore. Io lo amo moltissimo, anche in questa stagione si riconferma il personaggio che merita di più in termini di storyline e di performance in generale. Uno dei pochi che mi ha fatto provare emozioni reali.
Nonostante questo, anche la sua storia è stata trattata senza reale attenzione alle cose che accadono.
Questo ragazzo in ordine viene aggredito da degli omofobi, finisce nel mezzo di una investigazione, impelagato in giri di camorra, ha una mezza gioia con un ragazzo che finalmente lo contraccambia, ma nell'episodio successivo scopre che il padre rischia la vita e non vuole operarsi, scopre che il suo migliore amico lo vuole lasciare solo, si ubriaca fino a svenire e poi, dopo aver quasi assaporato un po' di felicità nel pensiero di poter vivere libero con Mimmo, questa gli viene di nuovo portata via dalla protezione testimoni (necessaria, ma il risultato è che Simobale rimane il personaggio con il peggior finale di tutti).
A me la storia con Mimmo è piaciuta, i Mimmone per me hanno retto la stagione insieme a pochi altri (Vedi Nicola, Viola e Rayan), ma non è questo che avrei voluto per Simone.
Certo, sono contenta che Mimmo lo ricambiasse, ma Simone meritava davvero di potersi vivere una storia alla luce del sole e qui si palesa nuovamente l'omofobia di questa serie.
Tolta la bisessualità mancata di Manuel, che a questo punto e viste le dichiarazioni fatte dallo sceneggiatore non credo che verrà mai più ripresa, anche l'omosessualità di Simone e la sua storia con Mimmo sono state trattate nel modo più sbagliato possibile.
Lì dove ogni coppia etero ha la possibilità di vivere ogni particolare della propria storia con trasparenza, Simone e Mimmo si devono nascondere, non possono fare nulla di quello che due adolescenti innamorati dovrebbero fare, che loro stessi dicono di voler fare. Sono gli unici che devono separarsi, nonostante provino un sentimento fortissimo l'uno per l'altro, gli unici il cui amore finisce in tragedia, e fino all'ultimo nessun altro sa di loro.
E Mimmo è un carcerato, quindi ovvio che non sia libero di fare l'adolescente innamorato con Simone.
Ecco perché secondo me Mimmo non era il personaggio adatto a fare da love interest a Simone. Dopo gli avvenimenti con Manuel, sarebbe stato bello vedere un Simone che può vivere il suo amore e la sua sessualità in modo libero. Mi sarebbe anche piaciuto vedere Manuel che, tramite la scoperta di questo "nuovo Simone", si trova costretto ad affrontare i sentimenti che prova per lui e che erano evidenti nella stagione precedente. Ma purtroppo a questa serie le cose fatte bene e la continuità e coerenza dei personaggi non interessano.
[Okay ma la bisessualità di Mimmo?]
La bisessualità di Mimmo è proprio come quella di Manuel, nella serie non esiste se non nella misura in cui noi decidiamo di vederla in questi personaggi. Niente fa pensare che Mimmo possa essere veramente bisessuale, sappiamo che ha avuto una ragazza, ma non sappiamo se l'abbia amata o gli sia piaciuta davvero (come ad esempio Manuel con Chicca, Alice e perfino Nina) o se la sua situazione è stata come quella di Simone e Laura.
Perché no, in una società eteronormativa come la nostra un uomo gay che va con una donna e un uomo etero che va con un uomo non si equivalgono.
Manuel, Nicola e Viola
Altra grande pecca di questa stagione è il mancato sfruttamento della dinamica tra questi tre.
Parto col dire che Nicola e Viola sono stati i miei nuovi personaggi preferiti, li ho trovati coerenti e sensati, avevano reazioni realistiche agli avvenimenti della serie e in generale sono personaggi decisamente amabili.
Il loro rapporto è genuino, sono una vera famiglia, parlano, si fidano l'uno dell'altra, hanno momenti di tensione come è normale che sia, ma il loro amore è più forte e si riappacificano sempre.
La storia di Viola penso sia stata molto ben fatta, mi è piaciuto che abbiano evidenziato il contrasto tra la sua rassegnazione e la speranza di Nicola, e come questa speranza sia interpretata da Viola come un'insoddisfazione del padre nei suoi confronti. Li ho davvero amati e mi dispiace tantissimo che Nicola se ne sia dovuto andare via così, quando aveva ancora così tanto da dare come personaggio, sia a Viola che soprattutto a Manuel. Fino all'ultimo ho quasi sperato che, come Bruno in Merlì, Manuel partisse con lui per Tokyo.
Pensavo anche che avrebbero dato più spazio a questa nuova famiglia ritrovata, ma dopo quel bel discorso che fanno Manuel e Nicola e la scena al ristorante, l'unica volta in cui si vedono interagire è quando Manuel va a chiedergli i soldi per scappare con Nina.
Nicola poi fatto passare come il cattivo della situazione sol perché è un adulto con un cervello funzionante e capisce che non ci si può fidare di due adolescenti in pieno delirio di onnipotenza e che il metodo dantebalestra non è quello vincente questa volta.
Per non parlare di come mi hanno strappato Manuel e Viola, dopo quel gesto dolcissimo della carezza e del "Perdonami, fratello mio" loro scomparsi, il loro rapporto abbozzato come il resto della trama, un sacco di potenziale sprecato. Non guarderò la terza stagione, ma spero che abbiano almeno dei piani per loro due in quella sceneggiatura.
Anita/Dante/Floriana
Parto col dire che a me Dante e Anita non dicono assolutamente nulla, penso che la loro storia sia nata dal nulla, penso che siano come due adolescenti alla prima cotta, penso che Dante dovrebbe morire solo e che la storia di Anita si sarebbe dovuta sviluppare verso l'autorealizzazione di se stessa, come lo era nella prima stagione.
Li detesto ma li ho accettati perché okay, va bene così.
Ed ero felice, veramente felice, quando ho saputo che Floriana sarebbe tornata. Pensavo che sarebbe stata un buon pretesto per parlare di Jacopo e per rimettere un po' insieme i cocci di quella famiglia distrutta, invece il suo personaggio è stato richiamato solo per creare l'ennesimo triangolo noioso di cui noi tuttə sapevamo la fine ancor prima che fosse iniziato.
Floriana e Dante hanno 1000 volte più chimica di Anita e Dante, così come Anita ha 1000 volte più chimica con Nicola, ma entrambe le storie sono state liquidate senza un motivo perché A e D dovevano avere l'happy ending.
Floriana inoltre non sembra neanche comportarsi da madre con Simone e tutte le mie speranze su uno sviluppo serio del lutto e del trauma familiare legato a Jacopo sono state ancora una volta deluse in favore di frasi sparse in cui, t'oh, la sceneggiatura si ricorda che c'è un fratello morto e che questa famiglia è crollata per questo, giusto per mettere un po' di pathos in più e dare falsa profondità ai personaggi.
Dante e Anita si nascondono le cose, non parlano, preferiscono comportarsi come adolescenti, si spiano e non hanno fiducia nell'altrə per tutta la durata della serie (a ragione), si mettono le corna, ma poi Dante ci resta quasi secco e allora se volemo bene, tutto perdonato, tutto bello, baci baci e ripresa aerea di Roma.
Altre varie ed eventuali
Dopo aver parlato di questi macroargomenti, passo ad altre cose assurde successe in questa stagione.
A cominciare dall'aggressione omofoba subita da Simone. Prima di tutto è palese che fosse solo uno stratagemma per avvicinare S e M, perché da che c'erano indagini per scoprire chi avesse spaccato la testa ad Ernesto, a che, quando si scopre che non è stato Simone questa sottotrama si chiude completamente a caso. La cosa viene liquidata come futile, gli omofobi non vengono puniti, nessuno chiede a Simone come sta.
La storia di Rayan forzata da Dante in quel modo deludente, tanto per togliersi quella parte di storia dai piedi e poter sviluppare il suo rapporto con Viola. I Raviola sono i miei secondi prefe di questa stagione, ma penso che con Rayan avrebbero potuto fare molto di più.
La storia di Luna trattata con una leggerezza spaventosa, con tanto di "non lo so baby non lo so" mentre lei si spogliava davanti ad un sconosciuto, ossessionato e stalker. Un tentativo di stupro di gruppo, ma non temiamo, amicə, perché la Dante Balestra squad arriva a salvare la situazione e tutto si risolve con una foto alla targa e un bel "not all men!" davanti al memoriale per le vittime di femminicidio. Bella merda. (Devo spezzare una lancia in favore della professoressa di matematica, molto bello il discorso che ha fatto a Luna, peccato che non se ne parli più dopo)
Nina che viene fatta passare come povera vittima del sistema quando la vera vittima è sua figlia. Lei la porta ad un rave, gliela lasciano per due ore e la mette in macchina senza seggiolino con uno che conosce da forse un mese, giustamente le dicono che non la può vedere e lei si incazza perché "è mia, la voglio io", quando la priorità dovrebbe essere il benessere della bambina.
Lei si lamenta che non gliela vogliono dare perché non è ricca, ma ha 17 anni non ha un lavoro, non può darle niente e decide di rapirla, la fa stare per due giorni e una notte fuori casa senza cibo e al freddo, vuole andarsene a Parigi con lei senza soldi e senza una casa dove stare, si incazza con Simone quando lui fa la cosa giusta e chiama chi di dovere (ed è ospite a casa sua altrimenti stava già in galera insieme a Manuel), e io dovrei provare empatia nei suoi confronti? Io la voglio al gabbio.
E nonostante questo ne esce vincitrice, ci guadagna un lavoro, uno stipendio e uno zerbin-emh, un fidanzato :)
Anche qui, ovviamente tutta colpa di Dante Balestra.
Ultimo pensiero va a Matteo e Laura, perché carə giovanə che ci guardano da casa, non importa se la ragazza che vi piace vi dirà di no mille volte, non importa se è visibilmente infastidita dalle vostre avances e non è interessata a voi, prima o poi vi dirà di sì! Quindi non perdete le speranze!
In conclusione
Credo di aver toccato tutti i punti che più mi hanno indisposto durante la visione di questa serie, se siete arrivatə fino a qui vi stringo forte la mano e vi faccio i miei complimenti.
Chiudo dicendo che, dopo lo sfacelo di questa s2, io non guarderò la terza stagione, e se la guarderò sarà solo dopo che sarà finita e solo se il finale mi piacerà.
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[✎ ITA] Intervista : RM - "Infine, Park Chan-wook" | 25.02.23⠸
Infine, Park Chan-wook
Intervista con Namjoon (Pagg 181-191)
Volume da Collezione Dedicato al Regista Park Chan-wook ("Decision to Leave") per i Suoi 30 Anni di Carriera
youtube
INTRO
Dire di aver “guardato” Decision to Leave è riduttivo. Non c'è dubbio sia un' “esperienza”, ma se devo trovare un termine ancor più adatto, direi che lo si “vive”. Tra le persone che hanno vissuto Decision to Leave ve ne sono alcune che l'hanno sperimentato più profondamente e l'hanno riguardato più e più volte. Costoro si definiscono “헤친자/ Hechinja” (*Pazzi per Decision to Leave).
RM dei BTS ha confidato di essere tra coloro che vanno matti per Decision to Leave. Ha guardato il film 6 volte già solo al cinema, ha bevuto il whiskey apparso nel film, ha acquistato la sceneggiatura, ha concluso un'escursione in montagna con alcune battute di Decision to Leave. Questi sono i tipici sintomi di un Hechinja. Abbiamo chiesto a RM - musicista noto a livello globale, estimatore d'arte nonché appassionato di Decision to Leave - com'è stato vivere, soffrire ed amare questa pellicola. Come direbbe il regista Park Chan-wook, se dovessimo definire quest'intervista in 4 sillabe, diremmo “以心傳心” (cuore a cuore). Se anche voi andate matti per Decision to Leave, non potrete non approvare il viaggio di RM, il quale si è smarrito tra le “nebbie di Ipo*” e si è lasciato conquistare da quell'amore segreto.
* Ipo, “Città della nebbia”, luogo in cui è ambientato il film, n.d.t.
D: Stai partecipando a quest'intervista come rappresentante deə 헤친자 / hechinja (appassionati di DtL). Cosa ne pensi?
RM: Innanzi tutto, dato che sono sia un artista che un fan, (il film) ha suscitato moltissimi pensieri. Mi trovo un po' in imbarazzo, ma è anche una cosa positiva. So che ci sono molte altre persone ancor più appassionate di me e mi scuso (con loro) per essere io a fare da rappresentante per quest'intervista. Sono riuscito a darmi un contegno e a tenere la cosa privata fino alla mia 5a visione (del film), ma poi è uscito un articolo a riguardo e la cosa è diventata di pubblico dominio. Dato che ormai era cosa nota, ho deciso di dimostrare attivamente d'essere un fan. La sceneggiatrice Jung Seo-kyeong è stata ospite nella 3a puntata del programma che co-presentavo, il Dizionario delle Conoscenze Umane Inutili (tvN). Se guarderete lo show, vedrete che sono un vero fan.
D: C'è forse un qualche motivo speciale che ti ha spinto a guardare Decision to Leave? Puoi dirci cosa hai provato la prima volta che l'hai guardato?
RM: Mi erano già piaciuti i lavori precedenti del regista Park Chan-wook. E poi ho scoperto che era un film diventato virale tra i miei amici. Guardare film è da sempre uno dei passatempi preferiti della mia famiglia. La prima volta, l'ho guardato da solo. Probabilmente è perché l'ho iniziato senza sapere nulla della storia e della struttura narrativa, ma ero talmente preso dalla trama che credo di essermi perso tutti i dettagli della messa in scena ed i significati nascosti. Alla fine chi era il colpevole? “Quindi SeoRae ha ucciso HaeJoon?”, “Chi è il cattivo della situazione?”, “Cos'è successo?”, “(SeoRae) È morta?”, pensieri ed interrogativi simili continuavano a frullarmi in testa e non ero soddisfatto, mi sentivo un po' a disagio.
D: Dopo la prima visione, quindi, non ne sei rimasto soddisfatto, ma non riuscivi a togliertelo dalla mente, dunque sei andato al cinema e lo hai riguardato più e più volte. Saremmo curiosi di capire un po' meglio quella sensazione di disagio che hai menzionato.
RM: Ho pensato il film fosse proprio come la “nebbia di Ipo”, che appare nella pellicola. Non sono poi un così gran cinofilo o appassionato di film. Senza dubbio, ci sono volte in cui cerco specificamente pellicole indipendenti o che preferisco il cinema d'autore, quindi mi consideravo uno spettatore abituato a questo tipo di “film (che sono) come nebbia”.... Ma dopo aver visto Decision to Leave, mi son chiesto “E allora? Cos'è successo?”. Quindi ho realizzato che l'opera di questo regista era arte, è un film che è come nebbia e, il che, mi metteva un po' a disagio. È così che è andata la mia prima visione.
D: Nonostante ciò, non riuscivi a “smettere di pensarci, quindi, tornato al cinema, hai finito per rivederlo più volte”. È ciò che hai dichiarato, corretto?
RM: La prima volta che ho visto Decision to Leave era intorno agli inizi, quando è uscito, circa un mese dopo. Avevo molti impegni e stavo ultimando i preparativi per il mio album, quindi era un periodo un po' confuso per me, sotto diversi aspetti. In un certo senso, credo il tempismo sia stato perfetto. Circa un mese dopo, mi è tornato in mente Decision to Leave quindi sono andato a rivederlo per l'ennesima volta, cosa che di solito non faccio quasi mai. Era come se qualcosa mi attirasse. Credo il tempo sia un bene prezioso, e ci sono talmente tanti film e contenuti da consumare, che di solito non guardo mai una stessa cosa due volte. Eppure, come posso dire? Volevo liberarmi di quella sensazione di disagio. Ora che l'hai già visto, conosci la storia, non sarebbe male riguardarlo, no? Probabilmente riuscirai a concentrarti su altri aspetti, al di là della trama, giusto? È possibile ci sia dell'altro? E alla fine mi son deciso ad andare (a riguardarlo), forte di questo presentimento, c'era qualcosa che mi sfuggiva.
D: Quindi Decision to Leave è il primo film che hai riguardato più e più volte?
RM: Ci sono anche altri film che ho rivisto 2 o 3 volte, ma Decision to Leave è l'unico che ho riguardato più di 4 volte.
D: Quante volte hechinja-RM ha guardato Decision to Leave?
RM: L'ho visto 6 volte
D: La cosa più bella di questo film è che ogni volta che lo riguardi, noti cose nuove. Immagino che ciò che hai capito, le parti che hanno catturato la tua attenzione e ti hanno commosso fossero diverse dopo la seconda, terza e poi sesta visione. Sarebbe interessante capire cos'è cambiato di volta in volta, per te.
RM: La seconda visione è stata piuttosto drammatica, visto che ormai sapevo cosa succedeva. La prima volta mi ero concentrato su SeoRae (dato che sono anche un fan di Tang Wei), mentre la seconda ho prestato più attenzione alle battute di HaeJoon, al suo tono di voce ed espressioni facciali. Mi chiedo se fosse perché volevo capire il suo punto di vista, in quanto spettatore: “Perché diavolo ha agito così?”, “Quando ha iniziato ad innamorarsi?”. So che potrà sembrare una domanda piuttosto “sciocca”, ma perché?...Perché si è innamorato? Perché? Ho continuato a chiedermelo per tutta la durata del film.
D: Mentre guardavi il film, c'era forse qualcosa che avresti voluto chiedere al regista Park Chan-wook?
RM: Quale tipo di esperienze sentimentali ha vissuto il regista? Si ritiene forse un “변태 / perverso”?
D: Quando ti ho visto citare le battute dette da Ki Do Soo (Yu Seung-mok) in Decision to Leave, durante quell'escursione, ho subito pensato fossi in piena modalità “hechinja (appassionato di DtL)” [ride]. Ho anche visto che hai postato uno screenshot della sceneggiatura del film sui tuoi social media. Ma apprezzare un film è una cosa, comprarne la sceneggiatura a stampa è un'altra. C'è forse un qualche motivo?
RM: Innanzi tutto, c'è da dire che ho scoperto che la sceneggiatura era stata pubblicata in formato libro tramite altri amici. Esteticamente, la copertina era anche molto bella. Non sono pratico di recitazione o dei meccanismi e processi che stanno dietro un film, quindi volevo farmene un'idea attraverso la sceneggiatura. Mi piace provare cose nuove. Volevo vedere come fosse leggere un film semplicemente in parole e battute stampate, senza l'aspetto recitativo e visivo, e tanto conoscevo quasi tutti i dialoghi. Visto che sono un fan, è stato un po' come comprare del merchandise, sa? (ride) E poi mi piace acquistare libri. Gli appassionati di lettura non fanno che comprare nuovi libri, anche se ne hanno ancora pile intere da leggere.
D: E, rispetto al film, com'è stato leggere la sceneggiatura?
RM: Ci sono molte parti diverse dalla pellicola, quindi mi sono chiesto come sarebbe stata una versione integrale di Decision to Leave. Dato che sono io stesso un artista e creativo, mi sono spesso posto la domanda “con che logica questa scena è stata tagliata?”. Alcune delle parti che nel film erano diverse avevano senso, di altre non ne capivo il senso. Ed avendo guardato prima il film e poi letto il libro, mi riusciva davvero terrificante immaginare che gli interpreti di HaeJoon e SeoRae sarebbero potuti non essere Park Hae-il e Tang Wei. Credo sia proprio questa la forza della recitazione e dei film. È ciò che ho realizzato. Ma soprattutto, ho proprio provato rinnovato rispetto per gli attori, gli autori, il regista e tutto lo staff. Credo quella filmografica sia proprio un'arte completa e grandiosa.
❝Ho detto di avere ancora una dignità, ricordi? Sai da cosa nasce la dignità? È frutto dell'autostima. Io ero un poliziotto stimato, ma mi sono innamorato follemente di una donna e ho mandato a monte le indagini, sai? Ero semplicemente... distrutto. Getta quel telefono in mare. Giù, giù, in profondità, così che nessuno possa trovarlo.❞ (battuta di Jang HaeJoon in Decision to Leave / * postata da Namjoon su IG)
D: Hai scelto questa battuta di HaeJoon come tua preferita. Perché?
RM: Realizzare che la dignità nasce dall'autostima è stato come un colpo in testa. Non so di preciso perché io mi sia innamorato di questa battuta, ma penso sia anche per come è espressa da Park HaeJoon, con quale tono la dice. Credo di averla notata solo dalla 3a visione. In realtà, credo che in amore la dignità non significhi nulla, ma è qualcosa che deve già esistere. L'autostima è la prima cosa di cui si parla (nella battuta), poi viene menzionata la passione per una donna, il fallimento delle indagini...è un graduale processo di disintegrazione. E poi la frase riguardo al gettare il telefono in mare. Credo siano le parole usate e il modo in cui vengono enunciate a creare quella certa tensione e crescendo fino all'esplosione finale.
D: In questa battuta, troviamo una persona che ha vissuto con integrità ed autostima tutta la sua esistenza fare una pazzia e lasciarsi tutto alle spalle, sia il lavoro che i suoi ideali. È una scena che ci mostra letteralmente il “tracollo” di HaeJoon, ed è anche una dichiarazione d'amore, anche se l'uomo non se ne rende conto. C'è una qualche parte di questa battuta che ti ha colpito particolarmente?
RM: Più che la battuta di per sé (anche se inizialmente mi è sembrata molto d'impatto), è la messa in scena – con la finestra di ricerca che mostra la definizione di 'tracollo': “crollare, andare in frantumi”, la voce del traduttore automatico a metà strada tra il maschile ed il femminile e l'inquadratura su HaeJoon attraverso lo schermo del telefono – che, più passa il tempo, più mi sembra memorabile.
D: L'amore mostrato in Decision to Leave è particolare perché non potrà mai concretizzarsi e, al contempo, ne è la rappresentazione più profonda ed assoluta, indistruttibile. In particolare, il modo in cui SeoRae ama è diverso da quello di HaeJoon. Se tu dovessi indicare un personaggio che ti rappresenta e ti ha commosso maggiormente, chi sceglieresti tra questi due?
RM: Credo sceglierei HaeJoon.
D: E ora passiamo al finale del film. È un film profondamente toccante. Saremmo curiosi di sapere che emozioni hai provato nel guardare il finale di Decision to Leave?
RM: SeoRae che scende dalla montagna e torna sulla spiaggia e HaeJoon, che piange disperatamente seppur con un sorriso desolato, sono memorabili. Infine, il vero amore si è concretizzato o, fin dall'apertura, non è stato che l'inizio di una tragedia per entrambi? Mi ha fatto riflettere. Sono stati felici o è solo un amore sfortunato? O forse è entrambe le cose? È davvero come la nebbia? Il vestito blu, la montagna ed il mare ed il continuo contrasto tra i vari estremi. La vita e l'amore, si sa, sono davvero complessi e multi-sfaccettati. Non è facile distinguere tra il blu ed il verde. Non è forse qualcosa di molto soggettivo e personale?
D: Durante i titoli di coda, la sala si riempie delle profonde voci di due artistə, Jung Hoon-hee e Song Chan-Sik. La canzone finale, 'Fog' è protagonista a sua volta in quanto si fa espressione dei sentimenti ed emozioni che ci lascia il film. Tu sei un musicista, quindi immagino ne avrai avuto una percezione diversa e particolare. Come ti è parsa?
RM: Credo sia stata una scelta magnifica. Non è forse proprio per questo che i film sono una forma d'arte così completa? La canzone finale si sposa alla perfezione con l'estetica e la messa in scena del film, creando una certa sinergia. E poi si intitola “Fog (nebbia)”, quindi mi ha fatto pensare alla nebbia (del film). Ha un che di disperato e solitario, ma è meno triste di quanto si potrebbe immaginare, e riesce a toccare alcune delle nostre corde più sensibili.
D: In quanto musicista ed amante del cinema, immagino non ti dispiacerebbe provare a scrivere colonne sonore?
RM: Mmh... Credo prima di dovermi concentrare sul mio album. A volte si è più felici come semplici fan.
D: In quanto artista con un profondo interesse e conoscenza dell'arte, quale ti è sembrata la scena migliore sotto il punto di vista artistico? Che cosa ti ha colpito?
RM: Forse gli sfondi (le ambientazioni)? E poi, non so se possano essere definite artistiche, ma la scena in cui HaeJoon osserva SeoRae attraverso un binocolo e sembra siano l'uno di fianco all'altra, o quella in cui lui ha in mano una sigaretta e poi ci viene mostrato attraverso lo schermo del telefono.. trovo fossero davvero belle e piacevolmente innovative.
D: Credo Decision to Leave sia un film che permette allo spettatore di apprezzare e godersi appieno la visione di una pellicola in sala. Se dovessi scegliere la scena che ti ha commosso di più, quale sarebbe? Per caso hai versato qualche lacrima guardando il film?
RM: In realtà, non credo di aver pianto. Trovo sia un film emozionante e coinvolgente. Forse proprio perché è un “film (misterioso come la) nebbia”. Probabilmente è la scelta di molti, ma direi il grido finale di HaeJoon: “Dignità, autostima, tracollo”. E poi anche la scena sul monte Homi, quando SeoRae punta la torcia da capo sul volto di HaeJoon e lui si umetta le labbra, non potendo guardarla in viso. Sappiamo che per tutto il film ha sempre dovuto usare delle gocce per gli occhi, ma ciò che rimane impresso è la sua espressione e la realizzazione che, di fatto, non l'ha mai messa veramente a fuoco, vista con chiarezza. Credo tutti questi dettagli siano davvero memorabili.
D: Hai detto di amare i lavori del regista Park Chan-wook già da prima di Decision to Leave. Quand'è stata la prima volta che hai visto un suo film? Che pellicola era e perché l'hai guardata?
RM: Mi sembra fosse Oldboy. Immagino sia lo stesso per molti. L'ho visto perché si diceva fosse imperdibile.
D: Prima, hai osservato che Decision to Leave è un po' diverso rispetto ai lavori precedenti del regista Park Chan-wook. Come mai?
RM: Credo sia un'impressione condivisa da molti. Me ne sono reso conto particolarmente durante la mia 2a e 3a visione, ma ora che sono diventato un fan, non riesco più ad essere obiettivo a riguardo. In realtà, non saprei. Credo sia perché Decision to Leave è l'unico che ho visto più di due volte, tra i lavori del regista Park.
D: Credo tu abbia già praticamente risposto a questa domanda, ma se dovessi scegliere il tuo film preferito tra i lavori del regista Park Chan-wook, quale sarebbe?
RM: Ad esser sincero, non ho ancora visto tutti i film del regista Park, ma se devo dire quale amo di più, sicuramente Decision to Leave.
D: Ultima domanda: ti chiederemmo di lasciare un messaggio e dire ciò che vuoi al regista Park Chan-wook, che, nel 2022, ha festeggiato i suoi 30 anni di carriera.
RM: Regista Park, ha fatto un lavoro magnifico e.. spero continuerà così (ride). Se ci sarà mai l'occasione di incontrarci e bere qualcosa insieme, spero vorrà raccontarmi tanti retroscena e storie interessanti. Non vedo l'ora di guardare i suoi prossimi film. Grazie a lei, gli ultimi mesi sono stati molto piacevoli e divertenti.
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Perché Stanley Kubrick è stato uno dei più grandi cineasti di tutti i tempi
Non c’è bisogno di essere dei grandi esperti e appassionati di cinema per conoscere il nome di Stanley Kubrick. Il regista americano, nato a New York il 26 luglio 1928 è considerato uno dei più grandi registi di tutti i tempi, ed è stato elogiato per il suo stile visivo distintivo, la sua attenzione ai dettagli e la sua esplorazione di temi complessi e stimolanti. I film di Kubrick spaziano da generi diversi, tra cui il dramma, la commedia, la fantascienza, il mistero e il thriller. Alcuni dei suoi film più famosi includono 2001: Odissea nello spazio, Arancia Meccanica, Shining, Full Metal Jacket e Eyes Wide Shut. Kubrick era un perfezionista che ha preso il controllo di ogni aspetto dei suoi film, dalla sceneggiatura alla fotografia alla regia. Era noto per le sue lunghe riprese e i suoi ripetuti ciak, e spesso trascorreva anni a sviluppare i suoi film. Il lavoro di Kubrick ha avuto un'influenza significativa sul cinema. I suoi film sono stati analizzati e discussi da critici e studiosi per decenni, e continuano a essere fonte di ispirazione per i registi di tutto il mondo. I motivi per cui Stanley Kubrick è considerato un grande regista cinematografico Kubrick era un maestro della fotografia e del montaggio, e i suoi film sono caratterizzati da immagini vivide e sequenze cinematografiche memorabili; un perfezionista che prestava attenzione a ogni dettaglio dei suoi film, dalla scenografia ai costumi agli effetti speciali. I film di Kubrick affrontano spesso temi complessi e stimolanti, come la natura umana, la violenza, la follia e la realtà. Stanley Kubrick è stato un regista rivoluzionario che ha lasciato un segno indelebile nel cinema. I suoi film continuano ad essere apprezzati e ammirati da milioni di persone in tutto il mondo. Ci sono molti registi moderni che sono stati influenzati dallo stile di Stanley Kubrick. Alcuni dei più noti includono il regista del momento, Christopher Nolan e altri illustri colleghi come Guillermo Del Toro, Darren Aronofsky, Wes Anderson e molti altri. Questi sono solo alcuni esempi dei molti registi moderni che sono stati influenzati dallo stile di Stanley Kubrick. Il suo lavoro continua a ispirare i registi di tutto il mondo, e il suo impatto sul cinema sarà sentito per molti anni a venire. La filmografia di Kubrick dagli esordi fino alla morte avvenuta nel 1999 Stanley Kubrick ha diretto 13 film in un periodo di 40 anni, dal 1953 al 1999. I suoi film sono stati apprezzati dalla critica e dal pubblico per il loro stile visivo distintivo, la loro complessità narrativa e la loro esplorazione di temi complessi e stimolanti. I film di Kubrick spaziano da generi diversi, tra cui il dramma, la commedia, la fantascienza, il mistero e il thriller. Alcuni dei suoi film più famosi includono: 2001: Odissea nello spazio (1968): Un film di fantascienza che esplora il significato della vita, della morte e dell'universo. Arancia Meccanica (1971): Un film distopico che esplora la natura della violenza e della libertà. Shining (1980): Un film horror psicologico che esplora la follia e la famiglia. Full Metal Jacket (1987): Un film sulla guerra del Vietnam che esplora la natura della violenza e dell'orrore. Eyes Wide Shut (1999): Un film drammatico sulla relazione tra marito e moglie. I film di Kubrick hanno avuto un'influenza significativa sul cinema. Sono stati analizzati e discussi da critici e studiosi per decenni, e continuano a essere fonte di ispirazione per i registi di tutto il mondo. Perché 2001: odissea nello spazio è considerato uno dei migliori film della storia del cinema 2001: Odissea nello spazio è uno dei migliori film di fantascienza della storia del cinema. È stato elogiato per il suo stile visivo iconico, la sua complessità narrativa e la sua esplorazione di temi complessi e stimolanti. Il film è stato un successo di critica e pubblico, e ha vinto quattro Oscar, tra cui il miglior montaggio e la miglior scenografia. È stato anche nominato per l'Oscar al miglior film. 2001: Odissea nello spazio ha avuto un'influenza significativa sul cinema. Ha contribuito a definire il genere della fantascienza e ha ispirato molti altri film, tra cui Star Wars, Alien e Blade Runner. Ecco alcuni dei motivi per cui 2001: Odissea nello spazio è considerato uno dei migliori film di fantascienza della storia del cinema: Stile visivo iconico: Il film è caratterizzato da immagini iconiche, come il monolito nero e la sequenza del viaggio nello spazio. Complessità narrativa: Il film è complesso e stimolante, e ha lasciato spazio a diverse interpretazioni. Esplorazione di temi complessi: Il film esplora temi complessi, come il significato della vita, della morte e dell'universo. 2001: Odissea nello spazio è un film che ha resistito alla prova del tempo. È un classico della fantascienza che continua ad essere apprezzato e ammirato da milioni di persone in tutto il mondo. Qual è stata l'influenza di Kubrick nel cinema di fantascienza? perché è così importante ancora oggi? L'influenza di Stanley Kubrick nel cinema di fantascienza è stata significativa e duratura. I suoi film, come 2001: Odissea nello spazio, Arancia Meccanica e Shining, hanno contribuito a definire il genere e continuano ad essere fonte di ispirazione per i registi di tutto il mondo. Kubrick è stato un maestro della narrativa e della visione, e i suoi film sono caratterizzati da uno stile visivo unico e da una complessità narrativa che ha sfidato il pubblico a pensare in modo nuovo. 2001: Odissea nello spazio, in particolare, è un film che ha avuto un impatto duraturo sul cinema. Il film ha esplorato temi complessi, come il significato della vita, della morte e dell'universo, e ha utilizzato tecniche innovative per creare un'atmosfera enigmatica e suggestiva. Kubrick è stato anche un pioniere nell'uso degli effetti speciali. I suoi film hanno utilizzato effetti speciali innovativi per creare immagini realistiche e memorabili. Il regista era un noto appassionato del gioco degli scacchi, motivo per cui nelle sue opere questo tipo di elemento, a volte scenografico è stato più volte messo in evidenza o sfruttato come effetto subliminale. Anche un regista come il celebre Steven Soderbergh per il film Ocean Eleven, ambientato a Las Vegas nel circuito dei live casinò, ha tratto ispirazione da tale elemento per la sua messa in scena sfarzosa e magniloquente. Del resto quando si parla di gambling, l’elemento spettacolare deve essere sempre messo in risalto, come nel caso dell'online casino di Betway, per dare una dimensione del fenomeno sempre attuale del gioco digitale. I motivi per cui l'influenza di Kubrick nel cinema di fantascienza è cos�� importante I film di Kubrick hanno contribuito a definire il genere della fantascienza, stabilendo standard di qualità e innovazione che hanno influenzato i film successivi. Ha esplorato temi complessi, come il significato della vita, della morte e dell'universo, in modo stimolante e provocatorio. I film di Kubrick hanno utilizzato tecniche innovative, come l'uso degli effetti speciali, per creare immagini e storie memorabili. Kubrick è stato un regista rivoluzionario che ha lasciato un segno indelebile nel cinema. I suoi film continuano ad essere apprezzati e ammirati da milioni di persone in tutto il mondo. Qual è il rapporto tra il cinema di Nolan e quello di Kubrick e Spielberg? Il cinema di Christopher Nolan è stato influenzato da entrambi Stanley Kubrick e Steven Spielberg. Nolan ha ammesso di essere un grande fan dei film di Kubrick, e ha spesso citato 2001: Odissea nello spazio, Arancia Meccanica e Shining come alcune delle sue influenze più importanti. Nolan condivide con Kubrick un interesse per i temi complessi e stimolanti, e per l'utilizzo di tecniche innovative per creare immagini e storie memorabili. I film di Nolan, come Inception, Interstellar e The Dark Knight, sono caratterizzati da una complessità narrativa che sfida il pubblico a pensare in modo nuovo, e da un uso innovativo della tecnologia per creare sequenze visive memorabili. Nolan condivide anche con Spielberg un interesse per l'azione e l'avventura. I film di Nolan, come Inception e Dunkirk, sono caratterizzati da sequenze d'azione adrenaliniche e da scene di suspense eccitanti. Gli elementi che Nolan ha preso in prestito da Kubrick, Spielberg e dai grandi cineasti che lo hanno preceduto sono: - Tematiche complesse, ma stimolanti Nolan è interessato a esplorare temi complessi, come il significato della vita, della morte e dell'universo. Questi temi sono presenti in molti dei suoi film, come Inception, Interstellar e The Dark Knight. - Tecniche innovative Nolan è un maestro dell'uso della tecnologia per creare immagini e storie memorabili. I suoi film utilizzano tecniche innovative, come il montaggio, la fotografia e gli effetti speciali, per creare sequenze visive memorabili. - Azione e avventura Nolan è interessato a creare film d'azione e d'avventura che siano anche stimolanti e coinvolgenti. I suoi film presentano spesso sequenze d'azione adrenaliniche e scene di suspense eccitanti. Nolan è un regista originale che ha creato un proprio stile unico. Tuttavia, la sua opera è chiaramente influenzata dai due grandi registi che lo hanno preceduto. L'eredità artistica di Stanley Kubrick nel cinema attuale L'eredità artistica di Stanley Kubrick nel cinema contemporaneo è significativa e duratura. I suoi film, come 2001: Odissea nello spazio, Arancia Meccanica e Shining, continuano ad essere apprezzati e ammirati da milioni di persone in tutto il mondo. Kubrick è stato un maestro della narrativa e della visione, e i suoi film sono caratterizzati da uno stile visivo unico e da una complessità narrativa che ha sfidato il pubblico a pensare in modo nuovo. I suoi film hanno esplorato temi complessi, come la natura umana, la violenza, la follia e la realtà, in modo stimolante e provocatorio. Read the full article
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I fratelli Bulgarelli - Il nuovo cortometraggio “Quello che non ti ho detto”
Una visione intima sul tema del rimpianto e della comunicazione
La prima nazionale del cortometraggio “Quello che non ti ho detto” dei fratelli e registi Flavio e Massimo Bulgarelli viene proiettata il 7 ottobre 2024 alla 21esima edizione del Sedicicorto Festival di Forlì. “Quello che non ti ho detto” è stato prodotto da E Elle Produzioni, una società di produzione audiovisiva specializzata nell'offrire servizi di alta qualità. Grazie ad una consolidata esperienza nel settore, il team di professionisti crea prodotti originali in grado di catturare l'attenzione del pubblico e suscitare emozioni ma soprattutto capaci di veicolare in modo efficace contenuti di qualunque tipo. Preziosa la collaborazione con Duende Film che pianta le sue radici nel panorama cinematografico indipendente, dove ha consolidato collaborazioni con registi, attori e sceneggiatori di talento, arricchendo costantemente il patrimonio creativo. Ogni progetto che porta avanti è il risultato di una combinazione unica di esperienza, innovazione e dedizione che porta ad elaborare la creatività su ogni progetto. L’intero progetto è distribuito da Associak, casa di distribuzione cinematografica indipendente nata nel 2012 ed impegnata nella diffusione artistica e commerciale di lungometraggi, documentari e cortometraggi nei principali festival nazionali. Associak vuole essere un punto di riferimento per opere di elevata qualità estetica ed artistica in grado di unire il puro intrattenimento con l’originalità e l’innovazione narrativa. Il protagonista del cortometraggio è Giorgio, un anziano signore che vive solo: degli strani rumori nel suo appartamento rivelano Anna, una giovane ragazza che si muove nel cuore della notte, la più importante della sua vita. L’uomo è tormentato dai rimpianti e questa donna rappresenta l’amore perduto, che riapre le vecchie ferite e rivela le verità nascoste. Giorgio affronta nuovamente il suo passato, fra lacrime e confessioni, accettando il rimorso delle occasioni mancate. "Quello che non ti ho detto" è una disamina sul tema del rimpianto e dell’incapacità comunicativa in una coppia: la generazione di Giorgio, infatti, non ha ricevuto un’educazione affettivo-relazionale e le conseguenze di questa mancanza risultano, purtroppo, evidenti. Con uno sguardo sensibile, il cortometraggio guida attraverso i labirinti del passato, illuminando le sfumature della bellezza e della tragedia che risiedono nei ricordi del grande amore. Attraverso sequenze incantevoli e dialoghi evocativi, “Quello che non ti ho detto” trasporta il pubblico in un universo emotivo intenso e suggestivo, dove ogni gesto e ogni sguardo raccontano una vita, fatta di sogni, di perdita e poi anche di speranza. Un incontro magico, che mescola la dolcezza dell'amore giovanile con il peso della morte, creando un'atmosfera di malinconia e serenità allo stesso tempo. L’opera parla di un tema universale, in grado di arrivare alla maggior parte degli spettatori. La sua forza risiede proprio nella sua capacità di toccare corde emotive comuni a tutti, indipendentemente da background, esperienze personali o provenienza culturale.
Storia dei registi
Flavio Bulgarelli nasce a Roma il 7 settembre 1984. Si laurea in psicologia nel 2011, nel frattempo si avvicina al mondo del cinema creando uno studio horror indipendente che realizza più di dieci cortometraggi destinati al web e virali in alcuni paesi del mondo con più di 1 milione di visualizzazioni. La sua specialità è la sceneggiatura, che ha studiato negli anni con vari professionisti.
Massimo Bulgarelli nasce a Roma il 4 giugno 1996. Diplomato presso l’Istituto per cinematografia e televisione “Roberto Rossellini” come montatore, si dedica in seguito alla direzione fotografia e all’editing. Al momento lavora come assistente alla regia e come videomaker.
Cresciuti con le stesse influenze cinematografiche di commedia all’italiana e cinema internazionale, Flavio e Massimo trovano un punto di forza proprio nei 12 anni di differenza che li rendono capaci di “parlare” sia ad un pubblico adulto che ad un pubblico più giovane. Doppio Gioco, è stato il loro primo cortometraggio, una commedia all’Italiana 2.0 sul tema della ludopatia. Singolarmente, ma sempre facendo appoggio l’uno sull’altro, hanno scritto e diretto altri cortometraggi di fantascienza come Senza Parole o Lo Spazio sulla Terra.
Instagram: https://www.instagram.com/fratellibulgarelli/
Duende Film
https://www.instagram.com/duende_film
E ELLE Produzioni
https://www.instagram.com/eelleproduzioni
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Storia e origini del fumetto noir
Il Fumetto Noir, genere affascinante e misterioso, è un'arte che affonda le sue radici nel passato ma continua a esercitare un fascino irresistibile ancora oggi. In questo articolo, esploreremo le origini di questo genere tra mistero e suspense, faremo un viaggio nelle strade buie dell'America dove è nato e scopriremo il suo impatto in Italia, dove ha trovato una nuova casa tra passato e presente. Benvenuti nel mondo dell'oscura bellezza delle ombre del Fumetto Noir.
Origini del Fumetto Noir: Tra Mistero e Suspense
Le origini del fumetto noir sono avvolte da un'atmosfera di mistero e suspense che ha contribuito a renderlo uno dei generi più affascinanti della narrativa grafica. Nato negli Stati Uniti nel periodo tra le due guerre mondiali, il fumetto noir si distingue per la sua atmosfera cupa e decadente, i personaggi ambigui e la trama intricata. I temi centrali del genere includono il crimine, la corruzione, la vendetta e l'oscurità dell'animo umano. I protagonisti spesso sono detective privati, poliziotti corrotti o criminali con una morale distorta. Sono l'opposto del genere manga che invece è molto più vitale e divertente. Il fumetto noir rappresenta un viaggio nell'oscurità dell'animo umano, esplorando le zone d'ombra della società e sfidando il lettore ad affrontare il lato oscuro della realtà.
Dove è Nato il Fumetto Noir: Un Viaggio nelle Strade Buie dell'America
Il fumetto noir ha radici profonde nelle strade buie dell'America, dove ha preso forma e ha iniziato a diffondersi. Questo genere è emerso nel periodo post-bellico, negli anni '40 e '50, riflettendo l'atmosfera cupa e inquietante di un'America segnata dalla guerra e dal dopoguerra. Le città decadenti, le strade deserte e gli ambienti urbani degradati sono diventati ottime buste per fumetti il palcoscenico perfetto per le storie noir, ricche di mistero e suspense. I personaggi principali spesso erano detective privati, gangster o donne fatali, che si muovevano in un mondo corrotto e violento. Le opere di autori come Dashiell Hammett e Raymond Chandler hanno contribuito a definire questo genere, portando avanti una tradizione che ancora oggi affascina i lettori di tutto il mondo.
Il Fumetto Noir in Italia: Un Fascino Oscuro tra Passato e Presente
Il Fumetto Noir in Italia: Un Fascino Oscuro tra Passato e Presente In Italia, il fumetto noir ha un fascino oscuro che affonda le radici nel passato ma continua a essere una presenza influente anche nel presente. Negli anni '70, autori come Hugo Pratt hanno introdotto il genere nel panorama italiano con storie piene di atmosfera e mistero. Oggi, nuovi talenti si sono affacciati sulla scena buste per fumetti forum creando opere che combinano l'estetica noir con tematiche contemporanee. L'oscura bellezza delle ombre viene esplorata attraverso personaggi complessi e trame intricate, che affascinano i lettori con il loro mix di suspense e introspezione psicologica. Il fumetto noir italiano rappresenta un viaggio emozionante attraverso le sfumature più cupe dell'animo umano, mantenendo vivo l'interesse per questo genere affascinante.
Il fumetto noir, con la sua oscura bellezza delle ombre, ha affascinato e coinvolto lettori di tutto il mondo. Le sue origini misteriose e il suo legame con le strade buie dell'America hanno reso questo genere unico e affascinante. In Italia, il fumetto noir buste per fumetti blog trovato un terreno fertile per crescere e svilupparsi. Ma quale sarà il futuro di questo genere? Sarà in grado di adattarsi ai cambiamenti della società contemporanea? Lasciamo aperto questo interrogativo, lasciando spazio alla riflessione sul destino del fumetto noir.
Infine lasciamo un collegamento a questo interessante articolo che parla delle tecniche di disegno e sceneggiatura dei fumetti per capire come si crea un fumetto e quante cose ci sono da fare prima di poter trasformare un'idea in un vero fumetto con tanto di storia e sceneggiatura. Da non perdere.
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Stranger Things 4: una stagione spettacolare e gigantesca
L'eco scatenato dal fragore di Stranger Things ha valicato i confini del suo prodotto originale sfociando nei vasti campi della popolarità di massa, rendendo la serie creata dai fratelli Duffer un'opera imprescindibile per tutti coloro che negli ultimi anni si sono rivolti alle piattaforme streaming alla ricerca di titoli unici e diversificati tra di loro. Il progetto partito dallo scantinato immaginario di Hawkins è destinato ad espandersi ulteriormente nei prossimi anni, con i Duffer che hanno già annunciato di essere in fase progettazione per uno spin-off di Stranger Things, il quale seguirà una quinta stagione che punta a chiudere tutte le linee narrative del filone principale.
Se il futuro della serie tv appare a dir poco roseo, l'ultima stagione di Stranger Things - conclusasi con i due episodi finali rilasciati tra le serie tv Netflix di Luglio 2022 - è contraddistinta da una resa visiva strepitosa, calibrata sui toni di una computer grafica mai così particolareggiata come nell'ultimo episodio, la quale rende spettacolare fino all'inverosimile una guerra tra universi che espande i suoi confini verso orizzonti ancora imprecisati, assumendosi il rischio di accartocciarsi su se stessa mentre i pigri riferimenti ai favolosi anni '80 cominciano a mancare di vera passione.
L'infanzia del gruppo di eroi formatosi per caso, durante la lotta contro un essere proveniente da una realtà parallela, è ormai agli sgoccioli, ma i ragazzi non potranno avventurarsi insieme nell'avventura dell'adolescenza perché ci sono migliaia di chilometri a separarli. La famiglia Byers ha deciso di lasciare Hawkins in seguito agli orrori che hanno sconvolto la cittadina nella stagione precedente, portando in California la due volte orfana Undici (Millie Bobbie Brown) e dicendo addio ad un luogo sul quale aleggiava la dipartita dello sceriffo Hopper.
La ragazza ha promesso di rimanere in contatto con il suo ragazzo Mike (Finn Wolfhard), ma la relazione a distanza si scontra con la freddezza emotiva di lettere mai abbastanza sentite, mentre Undici deve allo stesso tempo abituarsi ad una nuova vita in assenza di poteri psichici, con l'incapacità di inserirsi nel contesto scintillante dell'high school losangelina. L'assenza dell'unica superstite del progetto del dottor Brenner (Matthew Modine) non ha però garantito la salvezza di Hawkins, perché una serie di efferati omicidi spalanca le porte per l'arrivo di un nuovo potentissimo avversario, il quale costringerà il gruppo di amici a lavorare nuovamente insieme anche a dispetto della lontananza per salvare il mondo da una calamità mai vista prima.
Con L'allargamento dell'orizzonte geografico Stranger Things abbraccia nuove dimensioni narrative, cercando per la prima volta di trovare la giusta misura a diversi contesti scollegati tra di loro.
Non affascina da questo punto di vista il trattamento riservato ad Undici, incapace di trovare un senso alla sua esistenza una volta persi i poteri, e gli scontri con i suoi coetanei (uno dei quali rientra a pieno diritto nel citazionismo sfrenato di Stranger Things 4) si rivelano inconcludenti visto che alla prima occasione utile la sceneggiatura trova un modo di reinserirla nuovamente nel mondo del paranormale, senza darle mai l'occasione di diventare una persona reale. Nettamente più coerente è la linea narrativa che unisce Will, Dustin e Lucas all'Hellfire Club di Eddie Munson (Joseph Quinn), il quale è rivelato una delle migliori aggiunte al cast, riprendendo i temi di unione e fratellanza che avevano reso indimenticabile la prima stagione, mentre perdono mordente in maniera definitiva i "colleghi adulti": Nancy, Jonathan e Steve ebbero un sussulto in termini di profondità emotiva nel corso della terza stagione, ma la loro evoluzione personale durante lo scontro con Vecna è irritante quando non parodistica.
Questa nuova stagione si propone di esplorare i segreti dell'origine del Sottosopra e, sebbene il racconto non spicchi per originalità espositiva - portato avanti da una sorta di flashback indotto a Undici - i tasselli disseminati nel corso di queste tre stagioni (fa eccezione la prima, la quale fu pensata per essere autoconclusiva) cominciano a formare un quadro interessante, allargatosi in maniera decisa rispetto al piccolo mondo che ha visto la luce nel 2016, e per questo sempre in bilico tra l'espansione concreta e il tradimento dell'ambizione. Ma soltanto la stagione finale potrà dirci se questo mosaico narrativo si paleserà in un disegno convincente, ma per il momento la trama sorregge bene il peso dell'aspirazione.
Ma se la sceneggiatura boccheggia in alcuni frangenti, lo stesso non si può dire della messa in scena, la quale si rivela il vero fiore all'occhiello di una produzione che non ha badato a spese per ricreare mostruosità ed effetti strabilianti.
La computer grafica si erge a protagonista assoluta di questa stagione, con un episodio finale capace di emozionare grazie all’elevato il livello dell'impianto scenico, spalleggiato da una colonna sonora come sempre azzeccatissima, spiccano Running up that Hill di Kate Bush e un brano dei Metallica riproposto in maniera così potente da bucare lo schermo. Grande, però, assente risulta l'anima anni Ottanta che aveva fatto innamorare gli spettatori ad una serie decisamente citazionista, perché - al di là dei blandi riferimenti filmici- manca quel vibrante essere nostalgico che aveva reso inimitabile la prima stagione, perso nell'ambizione di accrescere a dismisura e riciclare situazioni e tematiche già abbondantemente esplorate nelle puntate precedenti, declinandole con un fare semplicistico in un'altra area geografica.
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La grande scrittrice, autrice di libri quali L’età del malessere, Memorie di una ladra, Il treno per Helsinki, La lunga vita di Marianna Ucrìa, Dolce per sé, Il coraggio delle donne, Una rivoluzione gentile. Riflessioni su un Paese che cambia, Caro Pier Paolo, In nome di Ipazia: riflessioni sul destino femminile, e molti altri, spegne ottantasette candeline. Nata a Fiesole (FI) nel 1936, figlia dello scrittore ed etnologo toscano Fosco Maraini e della principessa siciliana e pittrice Topazia Alliata, dal ’39 al ’46, trascorre la sua infanzia in Giappone e lì, fra il ’43 e il ‘45 affronta la prigionia in un campo di concentramento, dove finisce con i suoi genitori che si rifiutarono di aderire alla Repubblica di Salò. Tornata in Italia vive fino a diciotto anni in Sicilia - a Bagheria -, presso i nonni materni. Racconterà questi anni in Sicilia nel suo romanzo Bagheria. Si trasferisce poi a Roma, dove pubblica il suo primo romanzo di successo, La vacanza (Lerici, 1962). È l’inizio di una lunga serie da L’età del malessere (Einaudi, 1963) con cui vince il Premio internazionale degli editori “Formentor”, da poco fondato (nel ’61) dall’editore spagnolo Carlos Barral con il sostegno di colleghi quali Giulio Einaudi, Claude Gallimard, Barney Rosset, Heinrich Rowohlt e George Weidenfeld; A memoria (Bompiani, 1967), Memorie di una ladra (Bompiani, 1972), da cui l’anno seguente verrà tratto il film Teresa la ladra (1973) di Carlo Di Palma, pellicola di cui curerà anche la sceneggiatura con Age e Scarpelli; Donna in guerra (Einaudi, 1975), Lettere a Marina (Bompiani, 1981), Il treno per Helsinki (Einaudi, 1984), Isolina. La donna tagliata a pezzi (A Mondadori, 1985), che vince il Premio Fregene, La lunga vita di Marianna Ucrìa (Rizzoli, 1990), con cui vince il Premio Campiello, che sarà Libro dell’Anno 1990, verrà tradotto in circa trenta lingue e verrà portato al cinema con il film del ’97 diretto da Roberto Faenza; il già citato Bagheria (Rizzoli, 1993), Voci (Rizzoli, 1994), Un clandestino a bordo (Rizzoli, 1996), Dolce per sé (Rizzoli, 1997), sui temi sociali e la vita delle donne, fino alla raccolta di racconti Buio (Rizzoli, 1999), sull’infanzia indifesa, con cui vince il Premio Strega. Nel 1980 scrive, insieme a Piera Degli Esposti, Storia di Piera (Rizzoli), da cui tre anni dopo verrà tratto il film omonimo di Marco Ferreri, interpretato da Hanna Schygulla, Isabelle Huppert, e Marcello Mastroianni. Nel 2004, ancora con Piera Degli Esposti, scrive il libro Piera e gli assassini, un lungo dialogo fra due protagoniste della nostra cultura che si confrontano sui temi più importanti della vita, un insieme di racconti attraverso la lunga amicizia fra le due donne, su vicende di famiglia, aneddoti su colleghi, registi, attori. Seguiranno La nave per Kobe. Diari giapponesi di mia madre (Rizzoli Bur, 2001), tratto dai diari scritti dalla madre Topazia dal ’38 al ’41, donati a Dacia Maraini dal padre che li aveva casualmente ritrovati, ed in cui rievoca il viaggio verso il Giappone e l’esperienza della prigionia negli anni dell’infanzia, e Amata scrittura. Laboratorio di analisi letture proposte conversazioni. E ancora Colomba (Rizzoli, 2005) Il gioco dell’universo (Mondadori, 2007) con cui vince il Premio Cimitile nella sezione di narrativa. Nel 2008 pubblica Il treno dell’ultima notte (Rizzoli) e, due anni dopo, La seduzione dell’altrove (Rizzoli, 2010). Alla fine degli anni Cinquanta, a poco più di vent’anni fonda con alcuni amici la rivista «Tempo di letteratura» e collabora con «Il Mondo» e «Nuovi Argomenti», rivista culturale fondata nel ’53 da Alberto Carocci e Alberto Moravia, ai quali presto si affianca Pier Paolo Pasolini, e, dopo la sua morte, Attilio Bertolucci e Enzo Siciliano, che si annoverano fra i suoi amici, con Italo Calvino e Maria Callas. Nel ’73 fonda, con Maricla Boggio, il Teatro della Maddalena, gestito da sole donne. Per il teatro ha scritto oltre sessanta testi, portati in scena in teatri italiani ed esteri.
Ricordiamo Il ricatto a teatro a altre commedie (Einaudi, 1970) Manifesto dal carcere e Dialogo di una prostituta con un suo cliente (Mastrogiacomo-Images 70, Padova 1978). Quasi tutte le sue opere teatrali sono raccolte in Fare teatro 1966-2000. Fra le sue poesie, pubblicate fin dall’inizio degli anni Sessanta, Botta e risposta… poetica o quasi, La donna perfetta (1974), Don Juan (1977), la raccolta Mangiami pure (1978), dedicata alle sofferenze nel campo di concentramento. Fra i saggi, Fare teatro. Materiali, testi, interviste (Bompiani, 1974), La bionda, la bruna e l’asino (Rizzoli, 1987), Cercando Emma (Rizzoli Bur, 1993), Un clandestino a bordo (Rizzoli, 1996), I giorni di Antigone – Quaderno di cinque anni, (Rizzoli Bur, 2006). Fra i film a cui ha lavorato come sceneggiatrice ricordiamo L’età del malessere (1968) di Giuliano Biagetti, La donna invisibile (1969) di Paolo Spinola, Cuore di mamma (1969) di Salvatore Samperi, Certo, certissimo, anzi… probabile (1969) di Marcello Fondato, Il già citato Teresa la ladra (1973) di Carlo Di Palma, Il fiore delle Mille e una notte (1974) di Pier Paolo Pasolini, e i documentari Abrami in Africa (1976) e Aborto: parlano le donne (1976). Fra i premi vinti, oltre ai già citati Cimitile, Campiello e Strega, anche il Premio Pinuccio Tatarella. Nel 2005, l’Università degli studi dell’Aquila le conferisce la Laurea Honoris Causa in Studi teatrali. Due anni dopo riceve il Premio leopardiano “La Ginestra”. Nel 2010, l’Università degli Studi di Foggia le conferisce la laurea magistrale honoris causa in Progettista e dirigente dei servizi educativi e formativi. Due anni dopo le viene assegnato il premio Alabarda d’Oro per la letteratura. Alla fine degli anni Ottanta, gira per la Rai Raccontare Palermo, andato in onda su RaiTre, in cui la scrittrice incontra, in giro per la città, vari rappresentanti della cultura siciliana quali Mimmo Cuticchio, regista e attore teatrale, erede della tradizione dell’Opera dei Pupi e dei cuntisti siciliani, e Giovanni de Simone. Nel novembre 2016, a Palazzo Sant’Elia a Palermo, ha inaugurato con le sorelle la Mostra Topazia Alliata. Una vita per l’arte, prima retrospettiva italiana sull’opera della madre Topazia Alliata, pittrice e gallerista, scomparsa nel 2015 all’età di centodue anni. In tale occasione ha dichiarato: «Questa per me è la vera festa, quella con i quadri dipinti da mia madre. Dei compleanni e delle date obbligate mi è sempre importato poco». Nello stesso anno le è stato consegnato il Premio Manzoni alla Carriera in una cerimonia che si è svolta al Teatro della Società di Lecco. «Una donna che ha fatto e scritto la storia, una testimone dei suoi tempi», l’ha definita Stefano Motta, romanziere, saggista e membro della giuria. Nell’ottobre 2017 Dacia Maraini è stata protagonista dell’evento Un milione di Marianna Ucrìa. Il grazie dei lettori a Dacia Maraini. Nel corso della serata, che si è svolta a Roma presso il Teatro Palladium gremito di pubblico, sono intervenuti Roberto Faenza, regista del già citato film del ’97, lo scrittore Diego De Silva e l’attrice Piera Degli Esposti. Nel 2018 è nominata Presidente del comitato scientifico di Palermo Capitale italiana della cultura. Nello stesso anno fonda la rassegna letteraria “Pescasseroli legge”, che si svolge ogni anno in agosto nella cittadina abruzzese nel cuore ddel parco Nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise. In epoche più recenti ha pubblicato il saggio Il coraggio delle donne (Il Mulino, 2020), scritto con la giornalista e saggista Chiara Valentini, il romanzo Trio. Storia di due amiche, un uomo e peste di Messina (Rizzoli, 2020), Writing like breathing. Sessant’anni di letteratura (Gruppo Albatros il Filo, 2021), il saggio La scuola ci salverà (Solferino, 2021), Una rivoluzione gentile. Riflessioni su un Paese che cambia (Rizzoli, 2021), Caro Pier Paolo (Neri Pozza, 2022), In nome di Ipazia: riflessioni sul destino femminile (Solferino, 2023).
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L' Associazione culturale e teatrale “Luce dell'Arte” ETS di Roma indice ed organizza il Premio di Poesia, Narrativa, Teatro e Pittura "Luce dell'Arte" 6^ Edizione. Il premio, aperto ad Autori adulti con limite d’età minimo 18 anni e massimo nessuno, è diviso in 4 sezioni:
Sezione A) Poesia e/o Videopoesia: poesia e/o videopoesia a tema libero edita o inedita in lingua italiana o straniera o in vernacolo, con inclusa traduzione, senza limiti di lunghezza, riservata a tutti i poeti di nazionalità italiana o poeti stranieri di età adulta. Sono ammessi anche libri editi di poesia ed e-book. Per chi avesse creato videopoesia, può inviarla, ricordando di allegare file della poesia, oltre al video.
Sezione B) Narrativa: racconto, libro di racconti, saggio o romanzo a tema libero, inedito o edito in lingua italiana, anche tradotto da lingua straniera, riservata a tutti gli scrittori di nazionalità italiana e scrittori stranieri. Sono ammessi anche e-book. Generi letterari a partire da quello giallo, noir, horror, di fantascienza, storico, romantico, di attualità, avventura, fantasy, introspettivo - psicologico, fino a quello epico, comico/umoristico, allegorico e didattico - scientifico.
Sezione C) Teatro: monologo, corto, commedia o tragedia e sceneggiatura a tema libero in lingua italiana o straniera o in vernacolo, con inclusa traduzione; sezione aperta a scrittori, attori, registi e sceneggiatori. I testi possono essere editi o inediti. Sono ammessi anche libri con vari testi teatrali ed e-book.
Sezione D) Pittura e/o Fotografia con annesso Pensiero poetico o Racconto breve: opera d’arte fatta con qualsiasi tecnica (olio, acquerello, china, etc.) e/o fotografia, della quale inviare due riproduzioni a colori del formato cm 13x18, indicando per la Pittura tecnica adoperata e misura effettiva della stessa, insieme ad un pensiero poetico o racconto breve che ne esplichi il senso più profondo. Fondamentale dichiarare che l’opera è frutto del proprio ingegno, presentandola nel formato originale alla premiazione. Il testo annesso ad essa va scritto su un foglio formato A 4, che presenti come titolo lo stesso dell’opera d’arte figurativa.
Scadenza bando il 15 Maggio 2024. Per bando completo e scheda di adesione andare sul sito www.lucedellarte.altervista.org alla sezione "Premi". E-mail: [email protected] Tel 348 1184968 Quota base di partecipazione 10 euro per una sezione.
#narrativa#libri#scrittori#romanzi#dr.ssa carmela gabriele#premio letterario#associazione luce dell'arte#concorsi letterari#fotografia pittura#teatro#cultura#evento#premio di poesia narrativa teatro e pittura luce dell'arte 6 ^ edizione
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L'Associazione culturale e teatrale “Luce dell'Arte” ETS di Roma indice ed organizza il Premio di Poesia, Narrativa, Teatro e Pittura "Luce dell'Arte" 6^ Edizione. Il premio, aperto ad Autori adulti con limite d’età minimo 18 anni e massimo nessuno, è diviso in 4 sezioni:
Sezione A) Poesia e/o Videopoesia: poesia e/o videopoesia a tema libero edita o inedita in lingua italiana o straniera o in vernacolo, con inclusa traduzione, senza limiti di lunghezza, riservata a tutti i poeti di nazionalità italiana o poeti stranieri di età adulta. Sono ammessi anche libri editi di poesia ed e-book. Per chi avesse creato videopoesia, può inviarla, ricordando di allegare file della poesia, oltre al video.
Sezione B) Narrativa: racconto, libro di racconti, saggio o romanzo a tema libero, inedito o edito in lingua italiana, anche tradotto da lingua straniera, riservata a tutti gli scrittori di nazionalità italiana e scrittori stranieri. Sono ammessi anche e-book. Generi letterari a partire da quello giallo, noir, horror, di fantascienza, storico, romantico, di attualità, avventura, fantasy, introspettivo - psicologico, fino a quello epico, comico/umoristico, allegorico e didattico - scientifico.
Sezione C) Teatro: monologo, corto, commedia o tragedia e sceneggiatura a tema libero in lingua italiana o straniera o in vernacolo, con inclusa traduzione; sezione aperta a scrittori, attori, registi e sceneggiatori. I testi possono essere editi o inediti. Sono ammessi anche libri con vari testi teatrali ed e-book.
Sezione D) Pittura e/o Fotografia con annesso Pensiero poetico o Racconto breve: opera d’arte fatta con qualsiasi tecnica (olio, acquerello, china, etc.) e/o fotografia, della quale inviare due riproduzioni a colori del formato cm 13x18, indicando per la Pittura tecnica adoperata e misura effettiva della stessa, insieme ad un pensiero poetico o racconto breve che ne esplichi il senso più profondo. Fondamentale dichiarare che l’opera è frutto del proprio ingegno, presentandola nel formato originale alla premiazione. Il testo annesso ad essa va scritto su un foglio formato A 4, che presenti come titolo lo stesso dell’opera d’arte figurativa.
Scadenza bando il 15 Maggio 2024. Per bando completo e scheda di adesione andare sul sito www.lucedellarte.altervista.org alla sezione "Premi". E-mail: [email protected] Tel 348 1184968 Quota base di partecipazione 10 euro per una sezione.
#associazione luce dell'arte#scrittori#libri#romanzi#premio letterario#poesia#narrativa#dr.ssa carmela gabriele#concorsi letterari#Premio di Poesia#premio di poesia narrativa teatro e pittura Luce dell'Arte 6 ^ Edizione#pittura#fotografia#luce dell'arte edizioni#teatro#cultura
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Cinema a scuola: come ispirare ed educare le giovani generazioni
Il cinema è uno degli strumenti educativi che riscuote più successo a scuola. La costante evoluzione nel mondo dell'istruzione porta a cercare sempre nuovi modi di coinvolgere e ispirare gli studenti. Tra le varie strategie didattiche innovative, l'utilizzo del cinema in aula si sta affermando come un potente strumento educativo, portando le lezioni a un nuovo livello di coinvolgimento e apprendimento. Cinema a scuola: un nuovo approccio all'apprendimento L'integrazione del cinema all'interno dell'ambiente scolastico non riguarda solo il piacere di guardare film, ma rappresenta un metodo pedagogico che sfrutta la forza narrativa e visiva dei film per affrontare argomenti educativi in modo coinvolgente. I film possono trasportare gli studenti in epoche storiche, contesti culturali e ambientazioni geografiche diverse, rendendo l'apprendimento più tangibile e memorabile. Utilizzare il cinema in aula può essere particolarmente efficace per insegnare storia e cultura. Gli studenti possono ottenere una comprensione più profonda degli eventi storici attraverso drammatizzazioni cinematografiche e rappresentazioni visive. I film possono rivelare aspetti culturali, sociali e politici di un'epoca, offrendo una prospettiva più vivida rispetto ai testi di storia. Insegnare empatia e comunicazione I film possono anche essere strumenti potenti per insegnare l'empatia e le abilità comunicative. Attraverso la narrazione e l'analisi dei personaggi, gli studenti possono sviluppare una maggiore comprensione delle emozioni e delle motivazioni umane. Questa comprensione può trasformarsi in abilità di comunicazione più efficaci e nella capacità di vedere le situazioni da prospettive diverse. L'analisi critica dei film può aiutare gli studenti a sviluppare pensiero critico e abilità di interpretazione. I film possono essere esaminati sotto vari aspetti, come la regia, la sceneggiatura, le scelte artistiche e le tematiche presentate. Questo processo incoraggia gli studenti a formulare opinioni argomentate ea esercitare la loro capacità di analisi critica. I film possono essere utilizzati per affrontare temi complessi e attuali, come l'uguaglianza, la diversità, l'ambiente e molto altro. L'esperienza visiva può aiutare gli studenti a connettersi con queste tematiche in modo più tangibile, favorendo discussioni profonde e stimolanti in aula. L'importanza della guida docente L'utilizzo del cinema in ambito educativo richiede una guida docente attenta e competente. Gli insegnanti devono selezionare i film in base agli obiettivi di apprendimento, valutando la loro idoneità all'età degli studenti e alla loro sensibilità. Inoltre, è essenziale creare discussioni e attività attorno al film per approfondire i concetti presentati. L'integrazione del cinema in aula può andare oltre la semplice visione dei film. Gli studenti possono essere coinvolti in progetti creativi, come la realizzazione di cortometraggi o documentari, in cui gli studenti applicano le conoscenze acquisite e sviluppano abilità di ricerca, scrittura e produzione. Questi progetti collaborativi stimolano l'impegno attivo degli studenti e promuovono l'apprendimento attraverso l'azione. In copertina foto di Diego Ortiz da Pixabay Read the full article
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il bando del premio malerba 2022
il bando del premio malerba 2022
pdf del bando: https://slowforward.files.wordpress.com/2022/03/bando-premio-malerba-2022-narrativa-.pdf _
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BALIA BUFERA: Il Gelo è più dolce della Vita.
BALIA BUFERA: Il Gelo è più dolce della Vita.
Storia, luoghi e personaggi del mio nuovo romanzo “Balia Bufera” sono stati in gran parte ispirati dalle memorie dei viaggi compiuti nell’infanzia nell’entroterra montano dell’Abruzzo, in particolare nell’area dell’Altopiano di Quarto Santa Chiara tra Pescostanzo e Rivisondoli. Memorie decantate nel tempo da visioni e sogni lucidi stimolati a loro volta dalla lettura di vecchi libri di favole in…
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Leonardo (on Wattpad) https://my.w.tt/xRucRYyXQ4 'Leonardo' è un testo teatrale in cinque atti, ispirato al genio di Leonardo da Vinci. La storia è ambientata prevalentemente nella Città della Notte. La Città della Notte è quel luogo lontano, non molto grande per i nostri parametri, in cui gli abitanti vivono in un terreno che produce da sé ogni alimento di cui hanno bisogno e dove il cielo è una perenne volta celeste sempre accesa e ben visibile. Nella Città della Notte non esistono né inquinamento né tecnologie sofisticate, per questo il cielo da sempre è stato così nitido e quella luce celeste rimpiazza - secondo alcuni saggi del luogo - quello che dalle nostre parti viene chiamato sole. La Città della Notte ha la grandezza di una metropoli moderna, circondata da pareti alte cento metri, senza porte o finestre, che anzi sono sconosciute ai suoi abitanti. Inoltre - è bene precisarlo - tutto quello che gli inventori della città pensano, si avvera con la sola forza della mente. Nota: in copertina, particolare dell'angelo nella 'Vergine delle Rocce' (1483-86) di Leonardo da Vinci.
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Incastrati!! La nuova serie Comedy Crime di Ficarra e Picone (SPOILER)
PREMESSA
La notizia di una serie TV scritta e diretta da Ficarra e Picone, considerata la grande stima e considerazione che nutro da sempre per i due comici siciliani, non poteva che stuzzicare la mia curiosità. La serie Tv “Incastrati” è disponibile in streaming su Netflix ed è una serie Comedy Crime divisa in 6 episodi da 30 minuti ciascuno. Nonostante la serie, nella Top ten delle più viste su Netflix, stia raccogliendo recensioni positive e venga considerata come la prima grande novità nel panorama italiano del 2022, confesso di non aver provato un senso di esaltazione al termine della visione, in quanto il prodotto ha alcuni difetti che non riesco a digerire con facilità.
LA STORIA IN SINTESI
I protagonisti della storia sono Salvo e Valentino, due tecnici della TV che in seguito ad una richiesta di assistenza, si recano in casa del sig. Alberto Gambino, trovandolo assassinato in camera da bagno. Per evitare di essere accusati, provano a scappare e cancellare le loro impronte, ma per una serie di imprevedibili circostanze restano “Incastrati” in una fitta rete di complicazioni che li porta a fare uno sbaglio dopo l’altro. Si scopre infatti che Ester, la moglie di Valentino, è l’amante di Gambino e che quest’ultimo è stato vittima di un omicidio di stampo mafioso. Salvo e Valentino vengono rapiti dalla mafia e costretti ad inscenare l’omicidio di Ester, sotto ordine di “Padre Santissima”, un boss di cui nessuno è mai riuscito a svelare l’identità. Come se non bastasse Agata, il vice questore della polizia a capo delle indagini sull’omicidio Gambino, ha un legame sentimentale con Valentino, che per evitare ripercussioni mafiose è costretto a mentirle ed a manipolarla.
LA SCENEGGIATURA
La sceneggiatura nel complesso funziona bene. Anche se la scoperta casuale di un cadavere (l’evento scatenante) è improbabile, rappresenta una situazione verosimile per lo spettatore. Voi come reagireste? Vi identificate nel comportamento di Valentino, che preso dal panico propone di contattare la polizia, oppure nel comportamento di Salvo, che decide di occultare le tracce per non essere accusato di omicidio? Da sottolineare che le reazioni di Salvo sono condizionate dal lavaggio del cervello subito dalla visione di una serie crime, chiamata “The touch of the killer” che sarà richiamata durante tutta la vicenda. Fino alla scoperta del cadavere da parte della polizia, la storia mantiene il suo pathos, in quanto i protagonisti sono all’oscuro di tutto, come lo spettatore. Non sappiamo chi è Gambino, se Ester è coinvolta in qualche modo nell’omicidio, se e quando la polizia riuscirà a risalire al coinvolgimento dei protagonisti. Da questo punto in poi, la storia inizia la sua involuzione verso situazioni già viste e riviste nelle sceneggiature dei precedenti film di Ficarra e Picone. Compare infatti la mafia, palesemente responsabile dell’omicidio Gambino che minaccia Salvo e Valentino. Questi ultimi vengono scoperti dalla polizia e costretti a collaborare nell’organizzazione di una operazione blitz antimafia. In poche parole, la vicenda diventa molto simile al film “La matassa”. Il personaggio di Ester, che avrebbe potuto avere un ruolo chiave non ha sviluppo. Salvo e Valentino per evitare che venga uccisa dalla mafia, simulano l’assassinio di Ester e la portano al convento di Castelmonte per nasconderla. La presenza del convento e della relazione tra i protagonisti che li vede cognati è un’altra situazione già vista, un pò presa da alcuni sketch teatrali, un pò dal film “Il 7 e l’8″. La nota positiva è che le stesse situazioni, che nei film precedenti erano un pò scarne dal punto di vista della tensione narrativa e dei dettagli, in questo caso sono molto più godibili, grazie alla regia estremamente più matura di Ficarra e Picone e all’espressività interpretativa degli attori. Ogni episodio rispetta in pieno la struttura 1) “FASE DI TENSIONE INIZIALE” 2) “RICOSTITUZIONE DI UN EQUILIBRIO” 3) SCONVOLGIMENTO FINALE (CLIFF HANGER). Il ritmo incalzante degli ultimi minuti di ogni episodio rende i finali sospesi molto efficaci. In alcuni episodi basta un elemento anche apparentemente banale, come l’arrivo delle volanti della polizia, a instillare nello spettatore lo stimolo al binge watching. La serie ha il pregio di farsi guardare tutta d’un fiato. Alcuni sviluppi di trama, soprattutto dalla 3 puntata in poi, sono prevedibili, ma non viene trascurato nessun dettaglio. Si percepisce che c’è un filo conduttore che lega ogni singolo elemento narrativo, che anche un singolo incontro casuale dei protagonisti con alcuni personaggi non è fine a sè stesso. Ad esempio la gag dell’incontro di Valentino con i due bambini sul pianerottolo di casa Gambino, che vediamo nelle prime puntate, farà saltare la loro copertura agli occhi della polizia. La serie ha un finale aperto, che sembra essere un espediente per confermare lo show per una seconda stagione. In realtà il finale ci fa capire che la serie era stata già ideata per proseguire con una seconda stagione e che siamo stati ingannati, in quanto ci sono alcune incongruenze nella storia, che non sono buchi di trama, ma punti di svolta. Salvo chiede a Valentino: <<come mai siamo stati chiamati per un intervento di assistenza in casa Gambino, se abbiamo constatato che il televisore non era guasto?>> . In quello stesso istante, investono lungo la strada il boss “Padre santissima” e vengono rapiti nuovamente dal mafioso Tonino Macaluso. In questo modo la prima scena della serie si ricollega all’ultima, e si aprono nuovi scenari per una prossima stagione, in cui inconsapevolmente Salvo e Valentino sono diventati a loro volta degli assassini.
LA RECITAZIONE
Tra i pregi della serie spiccano la recitazione e l’interpretazione degli attori.
Ficarra e Picone hanno ormai una carriera trentennale alle spalle e la loro maturità artistica si vede tutta. L’interpretazione non è più costruita sul personaggio, non è più quella maschera goliardica che Ficarra e Picone indossavano trent’anni fa per farci divertire. L’attore e il personaggio sono ormai la stessa entità, è l’umanità dell’attore che rende il personaggio verosimile. Si percepisce che il personaggio ha il proprio vissuto, le proprie debolezze, le sue dinamiche psicologiche che lo spingono oppure lo bloccano verso alcune azioni. In molte scene Salvo e Valentino si trovano faccia a faccia con la morte, e sebbene anche queste scene abbiano una propria struttura comica (come è giusto che sia, dato che “incastrati” è un prodotto che deve far ridere) abbiamo la sensazione che i protagonisti siano davvero in pericolo e quindi esagitati. Allo stesso modo la scena in cui Salvo, profondamente ferito dal tradimento di Ester, tenta il suicidio, è molto carica di emotività. Sappiamo bene che Salvo non si butterà dal cornicione, ma la sua reazione ci trasmette la sensazione che stia davvero per fare un gesto insano. Ci commuove l’intervento di Valentino che riesce a distoglier Salvo dal suo proposito, mettendo in primo piano il loro forte legame di amicizia che è uno dei sentimenti per i quali vale la pena vivere.
Gli altri attori del cast interpretano in maniera magistrale i ruoli, pur dovendosi attenere purtroppo alla caratterizzazione stereotipata dei personaggi secondari. Abbiamo infatti nel cast Tony Sperandeo, Leo Gullotta, Sergio Friscia (che fa un piccolo cameo), Domenico Centamore, le bellissime Anna Favella e Marianna di Martino.
I PERSONAGGI
La caratterizzazione dei personaggi purtroppo, è una delle note dolenti che mi ha fatto storcere il naso. I protagonisti Salvo e Valentino sono caratterizzati in base al loro bagaglio personale, hanno un carattere ben definito, con i loro difetti e pregi. Poco conta il fatto che siano due tecnici della TV, avrebbero potuto svolgere qualsiasi altra professione e vivere in qualsiasi altro contesto territoriale. Gli altri personaggi e le loro relazioni reciproche invece sono tutti stereotipi. Ester in primis, la moglie di Salvo, viene rappresentata come un’insegnante di yoga dedita al perseguimento di valori ideali, come una vita sana ed equilibrata ed un’alimentazione ayurvedica. La sua indole contrasta con quella di Salvo, che è una persona apparentemente meno spirituale, che non bada alle esigenze della moglie ed è molto concentrato su sè stesso e sulla sua passione per le serie TV. Traspare quindi solo un messaggio negativo, l’ incomunicabilità nelle relazioni, dovuta ad una propensione naturale a dedicarsi alle proprie passioni piuttosto che al legame di coppia. In questa forma le diversità di Ester e Salvo vengano presentate come sinonimi di egoicità e di stupidità, come se il percorso di elevazione spirituale di Ester fosse solo un pretesto per colmare una mancanza di affetto da parte del marito. Infatti è proprio al corso di yoga che Ester incontra Alberto Gambino, in cui non trova un compagno spirituale, ma un’occasione per colmare quella stessa mancanza di affetto. Allo stesso modo, la passione di Salvo per le serie TV è rappresentata come un difetto, che lo spinge a diventare logorroico nei confronti degli altri, piuttosto che essere motivo di riflessione e di condivisione. La madre di Valentino è invece la classica suocera/mamma apprensiva che soffre dalla sindrome di abbandono, molto concentrata su sè stessa piuttosto che sulle esigenze dei figli. I mafiosi sono rappresentati con la chiave ironica che è sempre stata utilizzata da Ficarra e Picone, spietati, di estrazione contadina, ma allo stesso tempo un pò sempliciotti, a volte quasi infantili. Capisco la propensione naturale di attori come Tony Sperandeo e Domenico Centamore per questi ruoli, ma è possibile che non possiate scrivere un personaggio per loro diverso da quello di un malvivente?
LE GAG
La verve comica di Ficarra e Picone è apprezzabile a prescindere all’interno di qualsiasi dialogo, poichè come coppia hanno dei tempi comici che rasentano la perfezione. Pertanto, anche uno scambio di battute banali, non distoglierebbe la mia attenzione nella visione di una scena. Detto questo non capisco perchè ciclicamente Ficarra e Picone si ostinino a portare in ogni loro lavoro le stesse gag. In quanti film abbiamo visto la scenetta dell’interrogatorio in cui loro sono seduti ad un tavolo al cospetto di un’autorità che cerca di imbeccargli il finale delle parole che loro inevitabilmente sbagliano? Quante volte abbiamo visto il luogo comune dell’impiegato comunale che prende la mazzetta per concedere piccoli favori? Quante volte abbiamo visto, non soltanto nei loro film, la scenetta dei mafiosi che devono stare al passo con la tecnologia e che battibeccano per organizzare una riunione su zoom? E ancora quante volte abbiamo visto la scenetta dei testimoni di Geova che bussano alla porta e vengono spudoratamente presi per il culo? Ragazzi, basta con questa pasta riscaldata. Siete dei geni, siete capaci di fare molto meglio.
CONCLUSIONI
“Incastrati” rappresenta certamente una novità nel panorama delle serie TV italiane. Il prodotto è godibile, divertente, originale ed ha grandi potenzialità. Sono certo che una seconda stagione sarà accolta con grande piacere da tutti gli amanti delle serie TV, soprattutto perchè è un prodotto che si segue con leggerezza ed è adatto a tutte le età. In ogni caso, spero che Ficarra e Picone, nella ultima parte della loro carriera si impegnino ad uscire fuori da una serie di temi sociali e territoriali che in parte non consentono loro di esprimere a pieno la loro genialità. Mi auguro vivamente che tornino ad affrontare temi più introspettivi, che tendano a distruggere i luoghi comuni piuttosto che a crearli ed a descrivere l’essere umano nella propria fragilità. Un pò come accadeva nello spettacolo teatrale “Sono cose che capitano”, geniale nel mettere a nudo le gabbie situazionali in cui ci si trova intrappolati nelle circostanze date (L’amore, La morte, La nascita), oppure nello spettacolo “Vuoti a perdere” in cui con riferimento alla “paradossalità” delle situazioni sono state raggiunge vette comiche inarrivabili.
VOTO 2,5/5
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VIDEO - L'influenza del cinema sulle nostre vite? Giuseppe Cozzolino racconta (Pt.2)
VIDEO – L’influenza del cinema sulle nostre vite? Giuseppe Cozzolino racconta (Pt.2)
(VIDEO intervista di Dario Villasanta)
Seconda di quattro parti, questo colloquio con Giuseppe Cozzolino continua a farci riflettere. le serie televisive sul Crime influenzano davvero i giovani in negativo? Ma allora, gli horror con cui siamo cresciuti? E il sesso, l’erotismo di cui erano pregni i film di quegli anni, dov’è finito? Anzi, esiste ancora il genere ‘erotico’? Travolgente, tagliente…
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