#sagrestia vecchia
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zegalba · 2 years ago
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Attributed to Giuliano Pesello, The Celestial Hemesphere in the Sagrestia Vecchia (1442)
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non-luogo · 7 months ago
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Basilica di San Lorenzo, Sagrestia Vecchia e Sagrestia Nuova
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neapolis-neapolis · 2 years ago
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Fra Giovanni da Verona, Tarsie lignee (1505-10), Sagrestia Vecchia, Chiesa di Sant'Anna dei Lombardi, Napoli.
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jacopocioni · 2 years ago
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Il mistero degli affreschi delle cappelle Medici e Pazzi. Risolto?
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Il mistero degli affreschi delle cappelle Medici e Pazzi.
Stiamo parlando della Sagrestia Vecchia nella basilica di San Lorenzo a Firenze e della Cappella Pazzi nel primo chiostro della basilica di Santa Croce sempre a Firenze. Ambedue capolavori architettonici di Filippo Brunelleschi.
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Cappella Pazzi in Santa Croce
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Sagrestia Vecchia in San Lorenzo                     Le interpretazioni sono state più di una, molti gli studiosi che si sono impegnati per risolvere questo enigma fiorentino; enigma centrato più che nell'arte pittorica nello scopo della rappresentazione scelta. Una prima interpretazione viene da Aby Warburg il quale ipotizzò che l'affresco fosse raffigurante la data corrispondente alla consacrazione dell’altare della basilica di San Lorenzo, cerimonia che si è svolta il 9 luglio 1422. Questa teoria è oggi accantonata ma abbiamo voluto verificarla comunque. Non vi inserisco la mappa stellare, ma decisamente non è corrispondente, la luna non è in Toro e il sole è quasi al davanti del cancro. Venere si pone in gemelli e Giove si è perso chi sa dove. Inoltre che senso avrebbe che i Pazzi riproponessero la duplicazione perfetta di quell'evento? Una nascita nella famiglia Medici? Il mistero deve in qualche maniera coinvolgere le due famiglie, la ragione deve essere super partes. Si suppone in questa ipotesi che l'opera sia da attribuire a Giuliano d’Arrigo detto Pesello (Firenze 1367-1446). Pesello era un esperto nel disegno degli animali e un abile ritrattista ma non aveva la cultura astronomica necessaria per una tale precisione, si crede che fosse stato guidato da un esperto astronomo quale Paolo dal Pozzo Toscanelli (1397-1482). Forti non postula nessuna teoria sul "motivo" dell'affresco ma analizza l'affresco solo da un punto di vista scientifico. Ancora un'ipotesi è che la famiglia Medici volesse celebrare la riunificazione delle Chiese d’Occidente e d’Oriente, evento fortemente voluto da Cosimo il quale fece di tutto per spostare il Concilio da Ferrara a Firenze. Infatti la firma del decreto “Laetentur coeli” avvenne il 6 luglio 1439 a Firenze e si raggiunse la completa riunificazione tra greci e latini. Al concilio parteciparono esponenti di grande prestigio per l'epoca da religiosi ad artisti, da architetti ad astronomi fra cui anche Paolo del Pozzo Toscanelli. Un altro astronomo, sempre di Arcetri, si è misurato con questo mistero aprendo una nuova via interpretativa. Fabrizio Massi analizzando la mappa stellare ha confermato il giorno 4 Luglio del 1442 come giorno rappresentato e per la precisione alle 10:30 del mattino. Masi però esplora una nuova strada. Afferma che la volta rappresentata non è del cielo sopra Firenze ma di un punto d'osservazione diverso e cioè la posizione geografica è da collocare presso Shanhaiguan in Cina. Ci fornisce le coordinate corrispondenti a 40° N 120° E. Queste coordinate, secondo google maps, cadrebbero in acqua, ma poco distante da Shanhaiguan circa a 18,5 km a nord-est. Posizionandosi sulla città di Shanhaiguan le coordinate sono circa 40° N 29" 119° E 46". Cominciamo la verifica. Impostiamo le coordinate fornite da Massi di Shanhaiguan (meglio quelle precise) e poi le due date possibili, quella sostenuta da Massi e quella del concilio. In entrambi i casi si deve adattare la visione verso ovest, non tenere conto dell'orizzonte e per ovviare a questi due problemi cambiare l'orario di osservazione sino ad ottenere corrispondenze migliori in orari notturni.  Una teoria compiuta dovrebbe rispettare i parametri di cui disponiamo. L'affresco ha due sicure certezze, Il Sole fra cancro e gemelli e la Luna in Toro, sul muso del toro. L'idea di Francesco Masi di uscire dal concetto che sia il cielo sopra Firenze è interessante e potrebbe aprire a nuove teorie, cioè testimoniare a Firenze un luogo lontano da Firenze, interessante. Magari un luogo che non era ancora possibile raggiungere dati i mezzi disponibili e le conoscenze del tempo. Zheng He è un membro della dinastia dei Ming. Un eunuco compagno di giochi del piccolo principe Zhu Di. Quando Zhu Di divenne imperatore della Cina assumendo il nome di Yongle, ordinò nel 1403 la costruzione di una flotta imperiale sia per scopi mercantili sia come flotta da guerra e scopi diplomatici. L'imperatore nominò ammiraglio Zheng He e lo mise al comando di tutta la flotta. L'imperatore Yongle incaricò Zheng He di effettuare spedizioni navali a carattere diplomatico, scientifico e commerciale nei mari occidentali. Ora poniamo per un secondo che sia vero, una realtà, l'America è stata scoperta per la prima volta da Zheng He e che una delegazione cinese lo avesse fatto presente alla famiglia Medici fornendo la data e le coordinate di dove i cinesi si erano introdotti nel territorio americano. Prendiamo adesso le coordinate fornite da Masi 40°N 120° E e proviamo a mettere 120° Ovest. Impostandole su maps ci ritroviamo qua: https://goo.gl/maps/fd6ksPexQ41jMyGa8 Proviamo a inserire le coordinate nel programma stellarium e a giocare percorrendo le date dal 1421 al 1423 ed esattamente alla data 3 Luglio 1423, esattamente alle 19.30, abbiamo rappresentata questa volta celeste.
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Con le coordinate della Sagrestia Vecchia spostate ad ovest, la situazione non cambia, l'immagine è praticamente la stessa. E se le cappelle fossero l'unica testimonianza della vera scoperta dell'America? Ovviamente un'ipotesi, ma... Magari Colombo è arrivato nel 1492 "sapendo" dove andava!
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dieduola · 4 months ago
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Siena | Sagrestia Vecchia di Santa Maria della Scala, Madonna della Misericordia di Domenico di Bartolo, 1444
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linguistly · 2 years ago
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Attributed to Giuliano Pesello, The Celestial Hemesphere in the Sagrestia Vecchia ca.1442
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ninatran · 3 years ago
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Wrapping up my trip and the infamous Sagrestia Vecchia is my last visit. Another one of the early Renaissance era’s most important monuments which is this beautiful old Christin building in Florence, also known as the Old Sacristy. This building was designed by Filippo Brunelleschi who was both an engineer and architect of early Renaissance architecture which the Medici family commissioned. The sacristy of the building was to be the Medici family’s burial place. It creates a tone of a new style development for architecture, being built around proportion, using classical orders and unity of elements. It was given the name “Old Sacristy” after a new one had begun in 1510. The construction of Sagrestia Vecchia began in 1419 during the blossoming of the renaissance, the Old Sacristy finished around 1440 by the time Brunelleschi passed away in 1446. Filippo Brunelleschi’s design includes geometric shapes such as semicircles, squares, rectangles, from his extensive mathematical knowledge. The four walls create almost a perfect cube while the floor displays a square while the supporting columns are mounted with semicircular arches and the roof creates almost a hemispherical dome. It also has pilasters for the visual effect of art. Sacred geometry was being rediscovered in the 15th century and is said to believe that the circles in the Old Sacristy represent eternity. The rectangles, however, signify a sort of temporary physical realm and touch. The architecture is also said to present an interaction of the divine and man. A beautiful masterpiece!
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1five1two · 4 years ago
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The Celestial Hemisphere in the Sagrestia Vecchia, Florence, C.1442. Attributed to Giuliano Pesello.
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chez-mimich · 3 years ago
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“OUVERTURE”, BOURSE DE COMMERCE, COLLECTION PINAULT (I PARTE)
Scriveva Walter Benjamin, nel suo diario, che quando prendeva tra le mani “Le Paysan de Paris” di Louis Aragon, non leggeva che poche pagine per timore di finirlo troppo in fretta. Beh sta capitando così anche a me mentre ho tra le mani il poderoso catalogo di “Ouverture, la Collection Pinault à la Bourse de Commerce”. Da dove partire se non dal contenitore della eccezionale collezione di François Pinault? La vecchia borsa di Parigi, edificio circolare del XIX secolo, con la sua splendida cupola in ferro e ghisa, rimodellato dal genio iper-minimalista di Tadao Ando. L’ultima meraviglia della capitale parigina che non finisce mai di stupire per vitalità e voglia di fare e a cui la sonnacchiosa capitale italiana dovrebbe guardare un po’ più spesso. “Ouverture” è l’inevitabile titolo della prima mostra e del primo catalogo (che comprende anche la descrizione delle collezioni), che la Bourse mette in campo. Non si può che cominciare dall’incanto che prende il visitatore nel momento in cui davanti ai suoi occhi si manifesta l’imponenza dell’edificio. È proprio sotto la cupola, nella rotonda, ecco l’installazione di Urs Fischer che non ha titolo. La riproduzione del “Ratto delle Sabine” di Giambologna a grandezza naturale con alcuni oggetti di contorno, (quattro-cinque sedie), e uno spettatore, completamente di cera; in pratica una enorme gigantesca candela, così come candele sono gli oggetti e lo spettatore. Ma le candele sono fatte per essere accese ed infatti , solo chi ha avuto la fortuna di entrare nella Bourse nel giorno della sua inaugurazione a giugno, ha potuto vedere le sculture nella loro interezza, poiché, ovviamente, si sciolgono. Il “Tempo consuma il tutto”, forse un’ idea non nuovissima in arte (aveva rappresentato bene il concetto Michelangelo, nella Sagrestia Nuova di San Lorenzo a Firenze, senza ricorrere ad effetti speciali), ma certamente un’opera di fortissimo impatto. E non poteva che essere così, che un “coup de theatre” aprisse questo mondo delle meraviglie. Nello spazio genialmente ricavato da Ando, tra le mura perimetrali della rotonda e l’anello “beton-brut” creato dall’architetto giapponese, ecco le vetrine che contenevano i bollettini di borsa, trasformate in installazione site-specific da Bertrand Lavier, dove una serie di oggetti vengono “messi a dimora” sotto l’egida di sua maestà l’ironia: tubi al neon, uno skate,un contrabbasso, un estintore… Un girotondo che ci riporta al punto di partenza al piano terra e che non fa che stimolare l’appetito dei divoratori di arte contemporanea. Sempre restando alle installazioni temporanee ecco il dolcissimo topolino di Ryan Gander che con la sua minuscola e divertente presenza ha addirittura meritato la copertina del poderoso catalogo. Non è un caso, Ryan Gander espone con grande allegrezza, il tema della fragilità ed è facile farlo qui, sotto la cupola di questo fastoso e grandioso edificio, dove il suo topolino che si affaccia da un minuscolo buchetto nel muro, evoca (con la voce della figlia dell’artista), che l’arte oggi non mostra più il virtuosismo dell’artista, bensì la sua vulnerabilità. (Continua)
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jennsmischievousmind · 4 years ago
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Fucks not Found
Florence
Ch1 Ghosts | Ch2 Florence | Ch3 A Matter of Seconds | Ch4 I need a Backdoor | Ch5 Die Hard | Ch6 White Flag | Ch7 Haunt the Living | Ch8 One, but not done [end]
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Who had this fucking idea?
One had refused that you got out the truck since Italy was were you lived. Apparently for Six it was okay, since he was in the car moving at 160per hour. That’s how you ended up in that stupid espresso truck Three had rented. Feet on the dash, trying to concentrate on your laptop, unfortunately Three was trying to learn Italian next to you.
“I’m gonna kill him!” You said through greeted teeth, he was shamelessly butchering your mother tongue.
“Be nice Eight.” Five chuckled over the comm. The mission was going smoothly at first, exchanging jokes with Six, Four sending pictures on the group chat from his view up there. 
Eventually everything went south real quick. It distracted you from the urge to shoot at Three.
“You hit one more person and I’m walking?” you heard Five in the comm link, your eyes widened.
“You’ve hit someone?!” you yelled at Six. 
“Grazed him really ..” he tried to convince you
“Totally smashed him, One added, 10/10!”
“Imbecille!” your Italian resurfacing when in stress.
Four scoffed in the comm link "How come she can speak Italian and you cannot?
"She's always been the better twin" Six hissed avoiding another walker
“Definitely.” Four answered in a hushed tone.  
Brushing away Four’s comment you got impatient "One, I need access to that phone!"
One growled  "Bossy, ever so bossy!"
“What did you guys do in there? Why are you covered in blood?” Six inquired, you could hear the disgust in his voice, between cursed and screeching tires, as obviously they were chased by the lawyer’s own TAC team. 
“ The head, neck, and face are very, very vascular. So it’s a lot of blood.” One vaguely tried to explain.
“Oh Eight I think they kill a mafia guy in Italy! You pressed your temples at your brother’s words. 
The lawyer’s phone needed facial recognition more specifically retina recognition… so naturally Two scooped his eye out. What a first mission!
“One for Four?”
“Yeah, go for Four.”
“ We need you.”
“ Of course you need me. I’m here.”
“Remind me, where the fuck is here?” 
“ Here here. Like, here?” Four continued, his evasive answers made you grin.
“Specificity.” One added
“ Here. Right effing here! Top of the Duomo, like we talked about. Look up. Where you going?”
“In the wrong direction. Please help them.” You sighed, Three spun his revolver your way.
“Get that thing away from my face Three!” he grimaced returning to his book
“Oh shit, coming down! Four announced… Coming up North, down on Via de ..via de ..there’s so many fucking vias in Italy!  
“Via De Cerretani.” you cleared
“Yeah, yeah” he sighed annoyed
At some point you momentarily removed your earpiece since your brother was screaming and cursing. Mammà would disapprove.
“You gotta lose that police chopper!” Four was perched on the Sagrestia Vecchia following the Alpha Romeo through Florence’s alleys.
You hacked the chopper on board cam “I have eyes, I’ll tell you when they lose you.”
“dov'è il bagno? …. dov'è il baaagno?..” Three repeated 3 TIMES, you glanced at him really annoyed, fingers itching to unsheathed.
“Buongiorno Uno” he answered at the sizzling talkie.
“Shit’s gone, we’re supper fucked, Four needs an Uber!”
“Way ahead of you, papi!” a loud bang coming from above the truck startled you.
“Buongiorno Quattro” Three started the truck.
His accent really made you cringe. Removing your feet from the dash you dip your head catching a glimpse of Four on the top on the truck.
After a few seconds, he got down and squeezed himself by the passenger window, you scout next to Three with a huff.
Gunshots, and cussing resonated in the comm link.Unconsciously biting your thumbnail, you kew your brother was a good driver but it was stressful. Four leaned in watching the chopper cam on your laptop. His blond hair falling into his eyes, you spotted brown flakes in the emerald green of his eyes. He was so close you thought your heartbeat had sync with his because you felt like adrenaline had rush in.
For a second you locked eyes, he smirked at you, immediately self aware of your agape state you nudge him away from your laptop. One was screaming at everyone in the car, Two was screaming back at him, her French accent even more pronounced. Five lost it in Spanish against Six and One. 
“Ok, the chopper lost sight on you, make the best of it little bro.”
All of sudden “Wannabe” blasted into your ear, you chuckled at your brother’s music taste, until Three announced two black suburban were tailing the green Guila Quadrifoglio. Four reloaded the grenade launcher, you eyed him apprehensive, he just smiled at you like a kid on Christmas day.
“Six fake ‘em out mate, I’m coming to you!” reaching for his skateboard behind you.
Few explosions later you urged them to make in on time at the rendez-vous point.
“You got a superhero on the squad!!” your brother praised Four, these two really got along real quick.
Focused on your next escape route aka arguing in Italian on the phone with the docker you didn’t hear the commotion in the car, the tires screeching, shattering glass.
“Whoa, shit!” Six screamed.
You gasped, feeling something was wrong, a deep pain in your chest you couldn’t explain, furrowing your brows you breathe in trying to chase it away, thinking it was the adrenaline rushing out.
Three stopped the truck at the construction site where you had to meet, him and Four got out gun’s at point.
You got out the truck a second later, your own gun in hand, still feeling weird “Ok let’s get the fuck out of my mother land bef..” you freezed, your eyes landing on the green car.
A deafening silence invaded your ears, the sound of you gun hitting the concrete resonating until your brain caught up, you understood the sudden unknown feeling. 
“NOOOOOO” you cried out running to him, feet skidding on the debris. “Come on baby brother, no, no, no, no” you cradled his face in your shaking hands, your vision blurry with tears, you pushed your forehead onto his, hands bloodied. “please, please” you begged sobbing, murmuring prayers.
 He was gone. You were unable to feel his presence, unable to feel his emotions through that unique bond twins have, you felt lost, incomplete.
 The harbor was the final way out, no one said a word as Four and One put Six in a transparent body bag.
The boat drifting away, Three came out with a bottle of booze and some pizzas, like, the fuck man pizzas right now? You denied the drink, if you were to drink you knew you were not going to stop until you black out. You sat on the edge of the stern, eyes glossy a blank expression on your face. One stood by your side, his behavior cold but uneasy.
“Here’s a toast to a kid I liked.” Three lift his glass
“Are you crying?” Two mocked him
“We didn’t even know his name.”
“We don’t know any names.”
“What was his name?” You didn’t want to say his name, you didn’t want to burst in tears just by saying his name. 
“It doesn’t matter. He was a good man.”
You didn’t expect One to say that, yes he was but in the end what did he knew about your brother.
“I thought I managed the risk. I’m sorry.” One softly concluded not looking at you
“Did you guys had anyone else...family?”
“I think you’re looking at it.” Two told her nodded your way cautiously
They all look at you gravely, please stop you screamed internally; I don’t need your pity, I need my brother.
“Risposa in Pace Fratellino” you whispered as they toss his body into the unforgiving Adriatic Sea. Here you were, the only one left of the Y/L/N family.
After giving One the last update on the phone they’d got, you went to the cabin, to steal a moment alone, cry without a bunch of strangers around. But you bumped into Four.
“Hey ..” he hesitate, searching his pocket he lifted his hand, showing the Cross necklace Six had attached to his stir.
Four didn’t know how much this cross meant to your family, and that did it, bawling you let all your sorrow out clutching at the cross.
Tears you hadn’t shed for your parents, as you try to be tough for your mother when papà disappeared, and then for your brother when mammà died. And now for him.
Carefully Four wraps his arm around your frame, offering some warmth and comfort. Something you thought you had definitely lost an hour ago. Muffling your cries in his white sweater, he held you tighter as he too felt his pain, you heard him exhale and breathe in trying to contain his own tears.
After that it was not the same with Four. Two said once that you did what she called a “transfer”. Meaning you were treating Four as your little brother, but it was definitely not like that, it was something else. Something One had prohibit.
Back at the Haunted House in the California desert, you hadn’t slept all the way ‘home’, you busied yourself packing Six stuff and bring them back in your trailer.
One was standing in the cargo plane, in front of the metal storage cabinet, in which each one of us had to store personal effects, will, things like that, if you happened to die.
He handed you Six’s key.
“Hold on to it, will you? he furrowed his eyebrows retrieving his hand, When that mission is over, I’ll open it. Well if I’m still here.”
He nodded understanding.
“I brought him into this, ...”
“… He said there was nothing he’d rather be doing with his life. That prick.” One was oddly compassionate
You shook your head trying to hold back tears, if you hadn’t hack that asshole back in your hometown, your brother wouldn’t be dead. Two’s French saying was in loop in your head, “Avec des si, on mettrait Paris en bouteille” “With Ifs, we could put Paris in a bottle.” but your guilt was still there, hanging tight.  
 Wally’s head on your thighs you couldn’t care less about his drool staining your jean, watching the nightfall on the California desert, the scolding sun giving place to the starry night, the sky virgin of light pollution you could see so much of the vault. Wally barked scaring you and made his way inside. “Ok big guy, good night.”
Passing by the empty pool you sat on one of the old lounge chairs, when you arrived it became your hangout with your brother and Four, even though it was mostly Four’s area. 
Sometimes Five would pass by on her way to the “gym cargo” as they called it. Four would settle on the edge of the bowl, while you lean on a lounge chair, your brother in the bowl tossing a tennis ball to each of you, tonight was the exception, your brother was not here, tears were, only Four didn’t stay on his side. 
He didn’t ask anything, he squished himself between you and the armrest. Wrapping his arms around your shoulders, face again his chest you sobbed. Being held by him was foreign at first, only used to your brother’s hugs since you’d left your hometown. As he brushed away your hair from your wet face, you looked at him, his mouth slightly opened, brows furrowed slightly, your hand reached for the crease between it, easing it with the pad of your index, his gaze locking with yours at your gesture. His hand brushed a last strand away, burying itself in your hair. He kissed the same spot on you, lingering, nose nudging his sharp jaw, his breath grazed your cheek. Lips hovering each other’s, there was a flash of hesitation that crossed his features, your lips closed on his before you could think. He tightened his grip on your waist, bringing you closer, your cold fingers brushing his cheek. Suddenly shame struck you.
Jerking away from him, stumbling on your two feet, you pressed the heel of your hands into your eyes. Kissing Four while mourning for your brother felt so wrong.  
“Eight..wh ?”
You cut him “If this is coming out of some misplaced sense of guilt, don’t bother.”
He opened and closed his mouth “What the.., you kissed me Eight ..!”
“I .., your voice wavered, I’m not myself right now… “ You had kissed him first, what were you trying to say, yeah he kissed back but argh the fuck was happening in your head. Avoiding his pained look you turned around, fleeing the situation.
“It’s not, just so you know, some misplaced guilt.” he watched you disappear into the night, your trailer alight few meters away.
Third chapter - A Matter of Seconds 
A/N: don’t forget to double tap if you liked it. 🙏
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morelin · 4 years ago
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Il mondo dei de’Medici
L'immersione nel mondo dei de’Medici, famiglia che trasformò la città di Firenze in un Granducato di ambizione internazionale, inizia con la visita del Palazzo Medici Riccardi (Firenze), loro superba residenza situata nel quartiere di San Giovanni. 
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Il palazzo è un magnifico esempio di dimora signorile rinascimentale con interni in stile barocco dove ho avuto l'opportunità di ammirarne l'ambiente più noto, la cappella dei Magi realizzata da Michelozzo nel 1459 decorata appunto da affreschi che illustrano il Viaggio dei Magi e La veglia dei pastori in attesa dell'annuncio.
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Poco distante si trova Piazza S.Lorenzo che accoglie il monumento a Giovanni dalle Bande Nere, padre di Cosimo I de'Medici, e la Basilica di S. Lorenzo consacrata nel 393 ma ricostruita successivamente da Brunelleschi ed Antonio Manetti.
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 Alla facciata incompiuta si contrappone un armonico interno con un soffitto a cassettoni; in fondo a sinistra è situata la Segrestia Vecchia, piccola cappella-mausoleo dei Medici nella quale si trovano decorazioni di Donatello, il monumento funebre a Piero e Giovanni de'Medici del Verrocchio ed una particolare volta dell'abside rappresentante il cielo di Firenze nella notte del 4 luglio 1442. 
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Del complesso di S. Lorenzo fanno parte anche la cappella dei Principi e la Sagrestia Nuova che insieme costituiscono le cosiddette Cappelle Medicee: la prima è uno sfarzoso ma anche un po' tetro mausoleo autocelebrativo, la seconda invece è un capolavoro di Michelangelo alla quale hanno lavorato successivamente anche Vasari e Ammannati.
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A sinistra della Basilica, entrando in un elegante chiostro è possibile raggiungere la Biblioteca Medicea Laurenziana progettata da Michelangelo, una "biblioteca pubblica" istituita da Cosimo il Vecchio e giunta al massimo splendore con Lorenzo il Magnifico che accoglie la più importante raccolta italiana di manoscritti.
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azzurracomeme · 4 years ago
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Lezione del 20/10/2030
AUTORE: Filippo Brunelleschi
NOME: Basilica di San Lorenzo
DATA: 1418-1461 circa
LUOGO: Firenze, Italia
CONTESTO ORIGINALE: La chiesa, che poi diventerà chiesa ufficiale della famiglia de medici con l'edificazione delle cappelle medicee, era esistente già dal IV secolo d.C. ma tuttavia essa divenne conosciuta in seguito alla ristrutturazione di Brunelleschi di chiesa e vecchia sagrestia ed alla costruzione di Michelangelo di una nuova sagrestia, simmetrica alla precedente e della biblioteca laurenziana (quest'ultima poi era stata decorata da Donatello e presentava dipinti di Filippo Lippi). Essa era infatti divenuta perno di un nuovo quartiere aperto grazie alla costruzione di via lata, lungo la quale si trasferivano ad abitare tutte le più influenti famiglie fiorentine (compresi i Medici)
SCELTE TECNICHE E STILISTICHE: La facciata, spoglia, doveva probabilmente in origine essere decorata con dei marmi. La chiesa si basa sul modulo quadrato: l'abside ha infatti questa forma, si distacca dunque dalla tradizione che lo vedeva come un'evoluzione dell'esedra, ed il transetto è formato da due quadrati. La navata centrale, doppia rispetto a quelle laterali, è a capriate coperte da un cassettonato: questo permetteva infatti di ridurre le spese ed i problemi strutturali, oltre che ricordare le prime chiese che non presentavano infatti alcun tipo di partizione ritmica. La crociera è coperta da una cupola su pennacchi e le navate laterali sono invece divise in campate e cooperte da volte a crociera (egli, dunque, combina due diverse coperture, così come aveva già fatto nella cappella Pazzi). Lo spazio è nel complesso antitetico al gotico: ogni elemento è bilanciato e visibile con una sola occhiata. La decorazione è bicroma e possiamo notare la grande coerenza brunelleschiana in questo. I pilastri gotici sono sostituiti da colonne corinzie liscie, tipiche romane, che reggono le imposte di archi a tutto sesto in proporzione 1:4 (ossia con due cerchi) e che si riflettono nelle lesene sulle pareti. Brunelleschi inserisce inoltre il pulvino, elemento tipico dell'architettura bizantina, che egli concepisce come un frammento di architrave. Il dado brunelleschiano (questo è il nome di questo particolare tipo di pulvino) permette a Brunelleschi di rispettare le proporzioni in altezza senza dover alzare la colonna che altrimenti non rispetterebbe le proporzioni teorizzate da Vitruvio, architetto e scrittore romano al tempo di Augusto.
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michelangelob · 4 years ago
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Quello che vedete è il cielo affrescato nella volta della Sagrestia Vecchia progettata dal Brunelleschi, all'interno della Basilica di San Lorenzo. Il cielo raffigurato è quello della notte fra il 4 e l 5 luglio del 1442 ma il perché sia stata scelta proprio quella data non si sa... supposizioni tante, certezze nessuna. . . #michelangelobuonarrotietornato #artblogger #brunelleschi #sagrestiavecchia #sanlorenzo #beauty #affreschi #tarringnight #sky #antoniettabandelloni #arte #affresco #florence #sanlorenzo #zodiac #paint — view on Instagram https://ift.tt/2FWeFeq
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jacopocioni · 2 years ago
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Inserita la molla fatta l'invenzione: oriolo del Brunelleschi.
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Scultura di Brunelleschi che leva lo sguardo per osservare la Cupola del Duomo di Firenze. L'orologio, quello strano mezzo con cui ci ostiniamo a misurare il tempo è invenzione di lunga data. Prima abbiamo usato le meridiane, poi le clessidre, poi orologi a pendolo sino a che un signore di nome Filippo Brunelleschi non introdusse una forma energetica diversa che alimentasse il meccanismo, la molla. Filippo di ser Brunellesco Lapi nato a Firenze nel 1377 e morto a Firenze il 15 aprile 1446 si è distinto come architetto e ingegnere, come scultore ed orafo, come matematico e scenografo. Insomma, assieme a Donatello e Masaccio uno dei grandi che ha dato il via al Rinascimento Fiorentino. Oltre che il beneamato cupolone fiorentino questo signore ne ha fatte di cotte e di crude, dimostrando una dinamicità di pensiero che pochi possono anche solo avvicinare. La Sagrestia Vecchia e la Cappella de' Pazzi, lo spedale degli Innocenti, Il Crocifisso di Santa Maria Novella, Le statue per Orsanmichele, mi fermo perchè l'elenco è eccezionalmente lungo.
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Oriolo brunelleschiano Fra le altre cose sembra infatti che sia opera del fiorentino l'invenzione dell'orologio a molla. Sino a quel momento i pesi che sfruttavano la forza di gravità erano, non l'unico mezzo di alimentazione degli orologi, ma sicuramente il più usato. Ovvio immaginare che questi meccanismi avevano bisogno di altezza e spazio e quindi gli orologi non erano certo pratici sia che si allocassero in una torre o in un campanile sia che si ponessero in un mobile atto a riceverlo, di solito di nome pendola. L'uso della molla come mezzo energetico di attivazione del meccanismo permetteva la riduzione degli ingombri e la miniaturizzazione nel tempo fino a relegare ad un polso umano un misuratore di tempo. Il più famoso fra gli orioli (cosi chiamati all'epoca) di progetto brunelleschiano è quello di Palazzo dei Vicari di Scarperia. Un orologio a molla inserito in un cubico telaio di dimensione ridotta e esteticamente esposto. Un vero gioiello della meccanica di precisione per l'epoca.
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Jacopo Cioni Read the full article
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bosummers · 4 years ago
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Cupola della Scarsella nella Sagrestia Vecchia di S. Lorenzo, Firenze
[Brunelleschi]
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padrepiopietr · 5 years ago
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Quando Padre Pio convertì al Cattolicesimo una famiglia di “ortodossi” 
Un episodio della prodigiosa vita di Padre Pio per ricordarci che solo la Chiesa Cattolica Apostolica Romana è la vera Chiesa di Gesù Cristo ed il suo Corpo Mistico, fuori dalla quale non vi sono che sette di perdizione! 
La storia della conversione di un’intera famiglia di ortodossi operata da Padre Pio. Il racconto è della signora Rina Caterinovich, che fu la prima a convertirsi. Lo trascrivo da Il Messaggio di Padre Pio di K. Tangari (M. D’Auria ed. Napoli):
«Partii con una mia amica, cattolica di pochi anni, per San Giovanni Rotondo. Abitavamo a Capri dove, da diversi anni, avevamo sentito parlare di Padre Pio, delle conversioni e guarigioni da lui operate. Appartenendo alla Chiesa ortodossa greca, ai santi viventi ai miracoli poco credevo. Ma a Capri conobbi un’inglese convertita da lui, due olandesi protestanti ugualmente convertiti e molto entusiasti di Padre Pio. La mia curiosità di conoscerlo divenne vivissima: volevo conoscere un vero “santo”, volevo vedere qualche cosa di “straordinario”. Romena di nascita, ero praticando della Chiesa ortodossa, ma come tutti gli ortodossi senza vero misticismo, perché se la religione ortodossa conserva dogmi quali ha la religione cattolica, in pratica i sacerdoti stessi non sembrano convinti che nella Santa Comunione riceviamo Gesù vivo. La confessione anche non è che una forma che non libera l’anima dall’oppressione e dal male. Già da quando avevo iniziato i miei studi universitari capivo che non avrei potuto credere come prima, perché la Chiesa ortodossa non appaga quelli che vogliono spiegazioni e che hanno bisogno di aver illuminata l’intelligenza. Non essendo mai riuscita a fare alcuna cosa senza convinzione, abbandonai le pratiche religiose. Prima di sposarmi dovetti confessarmi e fare la Comunione: ero a Roma ed il sacerdote era una persona coltissima, di alta società: credetti di trovare in lui quel che cercavo, cioè spiegazioni e schiarimenti, ma qui pure fui delusa: fu quella la mia ultima confessione. Per diciotto anni non andai in Chiesa, neppure facevo il segno della croce, però in certi periodi pregavo più per affetto verso i miei cari, che in omaggio alla divinità. Mii interessavo invece alle diverse correnti spirituali, leggevo molto e mi appassionai in particolar modo ai libri della religione indiana. È lungo tracciare le vicende della vita spirituale che ho trascorso in questi diciotto anni. La guerra mi riportò a Dio, ma non alla Chiesa; ritenevo sempre che bastasse vivere bene, cercare la verità e pensare che Iddio è amore infinito: null’altro. Quando mi recai da Padre Pio non pensavo a divenire cattolica, né sentivo il bisogno della Chiesa. Avevo pregato la mia amica di domandare a Padre Pio se potevo confessarmi, sicura che non ne me lo avrebbe rifiutato; invece la risposta fu negativa. Ed eccomi ad assistere alla sua Messa durante la quale una profonda commozione mi pervase, con pianto continuo per il dolore inconsolabile della mia miseria, dei miei peccati, e dell’essere fuori della Casa di Dio. Il dolore di non aver la vera patria mia sulla terra: eppure ne ho due di patrie qui, che amo una più dell’altra: l’Italia, mia patria spirituale, e la Romania che mi ha dato la vita. Un cattolico si sente sempre a casa sua, sia in estremo Oriente sia a New York o in qualunque cittadina del mondo, ove esiste una chiesa cattolica: io questa casa non l’avevo, dovevo rimanere fuori della porta! Quando potetti avvicinare Padre Pio, ebbi una seconda volta un pianto dirotto (io mai piangevo facilmente dinanzi alle altre persone). “Perché piangi così?” mi domandò Padre Pio. “Perché non sono cattolica” fu la mia risposta, non voluta e non pensata. “E chi ti impedisci di esserlo?”. Esposi alcuni miei dubbi, ma Padre Pio disse che il dubbio era inutile, perché il Signore mi voleva. Mi spiegò lui stesso in un piccolo catechismo che mi offrì le preghiere che avrei dovuto imparare: mi parlò semplice come ad una bambina. E quando gli chiesi se dovevo prepararmi prendendo delle lezioni, mi disse: “Bisogna amare, amare, amare e niente più”. Era il 5 ottobre 1923. Non sentivo e non vedevo in lui ciò che tanti avevano visto; soltanto che vicino a lui sentivo più vivo il desiderio di accostarmi alla Santa Comunione, sentivo che la vita senza Santa Comunione non è più vita, e che i cattolici erano felici di poterla avere, mentre io ne ero priva. Capii allora che di tutte le chiese sola la cattolica è quella che aiuta veramente a seguire Gesù, quella che ci sostiene, ci incoraggia, ci aiuta nella vita di tutti i giorni. L’ortodossia non mi dava invece ami nulla. Non ho mai sentito in nessun posto del mondo come a San Giovanni Rotondo, quanto siamo lontani da Colui che ha dato tutto se stesso per salvarci! Non ho cambiato religione perché il rito della Chiesa Cattolica mi sia piaciuto di più, ma perché avendo anche un corpo, non posso vivere solamente con lo spirito, ed ho bisogno quindi di un aiuto che solo la Chiesa Cattolica può dare, l’unica che abbia conservato lo spirito di Cristo e che aiuti a seguirlo. Trascorsi l’inverno preparandomi “al gran passo” tra i pericoli di lotte interne, di tentazioni e di prove; ma chiedendo sempre l’aiuto del Signore. Nella primavera del 1924, il 10 aprile, tornai a San Giovanni Rotondo con la mia vecchia zia che mi aveva allevata, e con la quale ero tanto unita spiritualmente e con la mia figliuola. Il 12 feci l’abiura nelle mani del padre guardiano, la confessione generale ed il 13 finalmente mia accostai alla Santa Comunione, che da quel giorno è diventata il mio più grande sostegno, la mia forza, la mia consolazione nelle molte prove e tribolazioni avute in questi ultimi anni. In quel giorno il Signore mi concesse un’altra grandissima gioia, la conversione inaspettata e miracolosa della mia zia-mamma. Carattere leale, sincero e onesto, donna di fede purissima, era intransigente per sé e per gli altri. Ortodossa convinta, considerava di cambiare religione come una mancanza di fedeltà, un disonore, una bassezza. Sofferse molto per la mia decisione, senza dirmelo (lo seppi dopo la sua conversione). Il primo giorno andò al Convento, parlò con Padre Pio, ma rimase scossa e mal impressionata dalle sue parole. Siccome le avevano detto che Padre Pio non spingeva nessuno a farsi cattolico, alla domanda di lui: “Mi vuol seguire?” rispose di no, dicendo che aveva compreso che Iddio è Uno e che la Chiesa pure dovrebbe essere Una, ma poiché sentiva che la sua religione era molto vicina alla cattolica comprendeva essere lei troppo vecchia ormai per mutare religione, tanto più che facendo questo avrebbe arrecato troppo dolore ai suoi parenti. Allora Padre Pio replicò: “Crede Lei che davanti al Signore ci sarà la sua famiglia a rispondere per lei?”. Il giorno dopo mia zia non tornò al convento; e nemmeno sarebbe tornata la domenica successiva, se non avesse avuto qualche giorno prima da Padre Pio una immaginetta sulla quale erano scritte parole che l’avevano colpita. Dopo la Messa e la mia prima vera Comunione, rimase pochissima gente in chiesa, e Padre Pio era nei banchi dietro la zia a pregare. Quando poi andò in sagrestia, noi lo seguimmo, e la zia gli disse: “Grazie per la sua bontà, e perdoni se le ho fatto dispiacere”. “Non dispiacere” replicò Padre Pio, “mi ha dato un vero dolore!”. Talché la zia si sentì sconvolta dalle sue parole. Per più di mezzora il Padre Pio le parlò ancora, facendo crollare una ad una le pietre di quella fortezza che sembrava inespugnabile. “La Chiesa Ortodossa è agonizzante” le disse tra l’altro, e poco più di un anno vedemmo come si fossero avverate queste parole, perché la chiesa ortodossa si divise fra tanti patriarchi e metropoliti. Fu una lotta durissima, ma finalmente la zia fu vinta e tutta commossa gli disse: “Prometto di entrare nella Chiesa Cattolica!”. Promessa mantenuta alcuni mesi più tardi a Capri. È ora delle più ferventi cattoliche, come per guadagnare il tempo perduto, e combatte volentieri per la sua fede contro tutti quelli che le sono contrari, tanto da aver scosso molte anime col suo esempio. Rimaneva nella nostra famiglia ancora nella ortodossia mio marito. Ed era il più difficile a convertire, perché avendo sempre fatto una vita moralissima, onesta e laboriosa, non vedeva necessità di cambiare religione per servire meglio il Signore. Retto, sincero e intransigente, quanto la zia o più di essa, essendo stato ufficiale nell’esercito imperiale della Russia, considerava come un disonore, come bassezza, tradire la propria fede. Quando mi decisi io a quel passo, egli non si oppose, non mi sconsigliò; mi fece soltanto promettere di non cercare mai di indurlo a convertirsi. Ciò che feci, solo mettendolo nelle mai di Dio, senza mai parlargli della mia Fede, se non richiesta; ma intanto pregavo continuamente e procuravo i modificare i miei difetti col dargli con l’esempio una prova che la mia fede era la migliore. Le virtù essenziali che imparai a stimare e che nella chiesa ortodossa e nella nostra vita mancava del tutto erano l’umiltà e la carità di cui avevo avuto begli esempi nell’Italia meridionale; erano le virtù che mancavano a me e a mio marito: il quale severissimo verso se stesso lo era anche con gli altri, fino al punto da non saper perdonare le offese ricevute, come non perdonava le debolezze, le cadute, le miserie umane. Nel settembre 1926 per la terza volta tornai a San Giovanni Rotondo e mio marito volle accompagnarmi. Appena veduto Padre Pio sentì per lui una grande devozione, un senso di tenerezza e di gioia nello stargli vicino. Anche lui, come me, si sentì in uno stato di isolamento, e durante la Messa di Padre Pio pianse. Aveva l’impressione di essere un grande peccatore, che Iddio non volesse accettarlo tra i suoi figli, ma poi, quando si mise a parlare con Padre Pio sulla questione religiosa, rimase irremovibile. Per mio marito Padre Pio era un uomo santo, pieno di bontà, di amore, che egli avrebbe sempre voluto avere vicino a sé, ma per questo affetto non si sentiva di fare un atto contrario alla sua coscienza ed al suo cuore. Nell’estate egli fu gravemente malato, tanto che credeva di dover morire, ma S. Teresa del Bambino Gesù e Padre Pio lo aiutarono molto. Sicché nel settembre 1927 tornammo di nuovo al convento del Gargano, queste volta anche con la nostra figliuola, rimanendo lassù per diversi giorni. Allora accettò di ascoltare da Padre Pio le ragioni della scissione della Chiesa orientale, e si mise a discutere con lui sulle divergenze esistenti, finché un giorni queste discussione sebbene volute da lui, lo irritarono talmente, che volle lasciare il convento e tornare a Capri. Malgrado il mio dolore, non seppi oppormi a questa decisione. Egli però non partì. Tuttavia non tornò più al convento fino a che non gli portai la parola di Padre Pio, il quale gli diceva che, se pure non potevano intendersi sulla religione, potevano rimanere amici. Allora tornò al convento, e quando partimmo da San Giovanni Rotondo, la sua decisione era già presa: mancavano sole le carte per le formalità necessarie. Al nostro ritorno a casa, cominciò però una lotta più aspra che mai tra dubbi e prove e dispiaceri, che sembravano indizi del malcontento del Signore per la decisione presa. Le lotte interne erano tremende, e in certi periodi, lui così buono abitualmente e così affettuoso, si allontanava da noi, si faceva estraneo, chiuso e freddo. Ma Gesù misericordioso non volle farlo soffrire ancora per lungo tempo, ed in luglio tornammo ancora a San Giovanni Rotondo per il gran giorno! Il 6 luglio fece l’abiura a Foggia nelle mani del Vescovo, e la sera del 7 si confessò da Padre Pio. Il giorno 8 fece la sua Comunione ed il 10 la Cresima. “Voglio fare la Cresima come suggello del passo fatto” mi disse. Grazie al Signore, da quel momento egli è scrupoloso nei suoi doveri religiosi, e sopporta molto meglio le prove che gli vengono dal Cielo. Anche verso gli altri è più caritatevole, e trova conforto a parlare della sua Fede, che sa difendere parlando con gli ortodossi».
(sì sì no no, Anno XV – n. 1, 15 Gennaio 1989, pp. 4-5. Testo raccolto da Giuliano Zoroddu)
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