#racconti di introspezione
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Il cielo sopra le montagne di Maria Cipriano: Un racconto di introspezione e bellezza. Recensione di Alessandria today
Un’opera che intreccia natura, emozioni e la profondità dell’animo umano. Introduzione:Maria Cipriano, con Il cielo sopra le montagne, ci regala un racconto poetico e profondo che esplora il legame tra l’uomo e la natura. Ambientato tra le cime suggestive delle montagne, il racconto diventa un viaggio interiore che invita il lettore a riflettere sulla propria esistenza, sulle emozioni e sulla…
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Il confine tra i tuoi occhi e il mio cuore
Il cielo sopra Firenze era di un grigio intenso, denso come le emozioni che portavo dentro di me quella sera. Le luci dei lampioni si riflettevano sulle strade bagnate, creando un gioco di riflessi che sembrava quasi irreale. Camminavo lentamente lungo l’Arno, il rumore delle auto e delle voci che si perdeva in sottofondo, lontano dal vortice dei miei pensieri. Non sapevo perché fossi uscita…
#Amore e destino: racconti per giovani donne#Emozioni e introspezione nei racconti brevi#Incontri romantici nelle città d’arte#Racconti romantici per ragazze di 20 anni#Storie d’amore misteriose e poetiche
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“Emozioni” di Paul McGregor: un’opera che celebra l'animo umano nelle sue più intime sfumature
Lo scrittore presenta un libro che intreccia profondità e sensibilità umana
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L’uscita editoriale di Paul McGregor, “Emozioni”, è molto più di una semplice raccolta di poesie e brevi racconti. Pubblicato dalla collana “Nuove Voci” di Albatros e arricchito dalla prefazione della scrittrice Barbara Alberti, “Emozioni” si propone come un viaggio unico e introspettivo dell'animo umano, con componimenti che racchiudono sentimenti universali e riflessioni personali di straordinaria intensità. Già riconosciuto a livello culturale, il libro è stato selezionato come finalista al prestigioso premio ARGENTARIO 2024 e presentato alla Fiera Internazionale del Libro di Francoforte, dove quest'anno l'Italia è stata ospite d'onore.
“Ogni componimento”, racconta McGregor, “è un viaggio nel viaggio, il riflesso di diverse fasi della mia vita, ognuna plasmata da esperienze ed emozioni che mi hanno trasformato profondamente”. Il libro esplora tematiche che spaziano dall’amore all’amicizia, dal riscatto personale al potere rigenerativo della natura, e affronta problemi sociali di rilievo come la lotta contro il cancro e la memoria dell’Olocausto. Attraverso questi scritti, emergono valori fondamentali come la speranza e la bellezza nascosta dietro ogni esperienza.
Acquista il libro
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Feltrinelli: https://bit.ly/4ifeq5f
“Emozioni” non è soltanto una testimonianza artistica, ma un’opportunità per i lettori di sincronizzare il battito delle proprie emozioni con quelle dell'autore. McGregor alterna introspezione personale e riflessioni universali, trovando ispirazione in temi come la musica e la natura. Tra i componimenti spicca un toccante tributo alla grande Carla Fracci, che sottolinea ulteriormente la profondità culturale e umana di questa raccolta. Rivolto a un pubblico che cerca narrazioni autentiche e stimolanti, “Emozioni” si distingue anche per il tocco di speranza che connette ogni parola. Paul McGregor dona con questo libro un’esperienza unica di commozione e introspezione, capace di toccare il cuore di lettori di ogni generazione.
Instagram: https://www.instagram.com/paul_mcgregor_autore/
Facebook: https://www.facebook.com/profile.php?id=61567488244489
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IKIGAI in giapponese "la propria ragione d'essere e di esistere".
Hai mai sentito parlare di Okinawa?
No? Allora lascia che ti racconti.
A 640km dal Giappone, tra il mar Cinese Orientale e l'oceano Pacifico, esiste un’isola.
Un’isola incredibile, con spiagge enormi, la barriera corallina, un clima tropicale.
Ma quello che rende quest’isola così straordinaria, non è solo questo.
Si dice infatti che i suoi abitanti abbiano scoperto “l’elisir di lunga vita”.
E questo perché Okinawa è il luogo con più centenari al mondo.
È stata così definita “zona blu”, un posto dove le persone vivono più a lungo e sono più felici.
Ma al di là delle superstizioni, cosa rende questo luogo così diverso?
Sicuramente la genetica, un’alimentazione sana e uno stile di vita attivo hanno un grosso impatto, ma non sono l’unico motivo.
Come ci racconta il libro di Héctor García e Francesc Miralles, sembra che il loro segreto si chiami “IKIGAI”.
IKIGAI in giapponese significa "la propria ragione d'essere e di esistere".
È lo scopo della nostra vita: è ciò che ci spinge ad alzarci la mattina e che ci fa sentire motivati, appagati, ispirati.
È quel sentimento di realizzazione che proviamo quando perseguiamo le nostre passioni.
Trovare il proprio IKIGAI è un percorso che richiede tempo, pazienza e introspezione.
Ma, una volta trovato, ti cambia la vita.
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Amori, lettura e scrittura in estate al lago
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Estate al lago Amori, lettura e scrittura in estate al lago, un articolo che analizza il romanzo Estate al lago di Alberto Vigevani, con un estratto di alcune pagine del testo. Attorno agli anni '90 avevo trovato allegato ad una rivista, in omaggio, il libro Estate al lago di Alberto Vigevani e benché non fossi un grande amante dei romanzi, visto che non potevo andare in vacanza e poiché in gioventù avevo trascorso spesso delle giornate estive sul lago di Garda, benché in questo caso si trattasse del lago di Como, memore di qualche rifermento ai Promessi Sposi del Manzoni, decisi di leggerlo. Il lago in ogni caso ha comunque un fascino particolare, e come dicevo anch'io ho trascorso in questi ambienti un bel po' di giornate, prima con mia mamma che mi accompagnava per andare a pescare attorno ai 12-13 anni, nelle acque di Salò, Maderno, Desenzano, poi con i miei amici negli anni turbolenti della mia adolescenza, principalmente a Toscolano Maderno, Manerba, Padenghe, e poi ancora sul Lago d'Idro, e infine ancora con mia mamma alle terme di Sirmione. Ora a distanza di più di trent'anni da quel periodo e a ben 66 anni dalla pubblicazione del libro avvenuta nel 1958, ho deciso di dedicargli questo articolo, anche perché, visto che siamo in estate e la gente in genere legge sempre meno, mi sento di affermare che leggere "Un'estate al lago" di Alberto Vigevani è come concedersi una vacanza letteraria, ricca di emozioni, riflessioni e bellezza. Direi per prima cosa che consigliare questo romanzo, snello ma succulento, significa suggerire un viaggio emozionante nella nostalgia e nella bellezza del passato. Ed ora vi elencherò diversi punti per cercare di convincere qualcuno a non perdere questa occasione letteraria. 1) Vigevani è un maestro nel creare atmosfere che trasportano il lettore direttamente nelle calde estati italiane, tra paesaggi lacustri incantevoli e la quiete della natura. 2) I protagonisti del romanzo sono descritti con una profondità psicologica che permette al lettore di immedesimarsi nelle loro vite e nei loro sentimenti. Le loro storie e interazioni sono il cuore pulsante del libro. 3) La prosa di Vigevani è elegante e poetica, rendendo la lettura un'esperienza estetica oltre che narrativa. La sua capacità di descrivere i dettagli con delicatezza e precisione arricchisce ogni pagina. 4) Il romanzo esplora temi come l'amore, la memoria, la perdita e la ricerca di sé, offrendo spunti di riflessione che risuonano profondamente con i lettori di ogni età. 5) Ambientato negli anni '30, "Un'estate al lago" offre un affascinante spaccato di un'epoca passata. Vigevani riesce a catturare l'essenza del tempo e del luogo, permettendo al lettore di vivere un pezzo di storia italiana attraverso gli occhi dei suoi personaggi. 6) Il libro è pervaso da una dolce nostalgia, che invita il lettore a riflettere sulla propria infanzia e sui ricordi estivi. Questa introspezione rende la lettura profondamente personale e toccante. 7) "Un'estate al lago" è stato accolto favorevolmente dalla critica, che ne ha lodato la qualità narrativa e la profondità emotiva. È un'opera apprezzata sia dai lettori che dagli esperti letterari. 8) La descrizione dei paesaggi, delle giornate estive, e delle piccole gioie quotidiane crea un'esperienza immersiva che consente al lettore di "vivere" l'estate al lago insieme ai personaggi.
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Alberto Vigevani Alberto Vigevani (1918-1999) è stato uno scrittore, poeta ed editore italiano. Nato a Milano, si distinse per la sua produzione letteraria caratterizzata da una prosa elegante e malinconica. Oltre a numerosi romanzi e racconti, Vigevani pubblicò poesie e si dedicò all'editoria, fondando la casa editrice Il Polifilo, specializzata in libri d'arte e di alta qualità tipografica. Le sue opere riflettono spesso la nostalgia per un mondo perduto e la complessità delle relazioni umane. Vigevani è ricordato come una figura importante nel panorama culturale italiano del XX secolo. Oltre a Estate al lago ha pubblicato Un’educazione borghese; La casa perduta; L'abbandono; La breve passeggiata. Ha ottenuto, tra altri, il Premio Bagutta. Estate al lago. L'estate era stata diversa da quelle passate: le ultime vacanze dell'infanzia. Era maturata per Giacomo una nuova età: dalla suggestione dei sensi alle delicate immagini del suo amore puerile. Tutto si poteva dire in silenzio e tutto si scioglieva in contemplazione. Come ha scritto Geno Pampaloni nell'introduzione al testo, la verità del libro è in questo attimo di sospensione vitale, in questo (doloroso e insieme corroborante) diritto al segreto di fronte alla violenza della realtà. E, la sua, una sospensione magica, illusa e labile com'è proprio dell’adolescenza. Ma non è solo sua: è anche l’illusione ansiosa del silenzio e della contemplazione, quella lieve vertigine fatta di insicurezza, di angoscia e di nostalgia che caratterizzò la cultura europea tra le due guerre al cospetto delle dittature e nell’imminenza della tragedia. Pampaloni spiega molto bene la natura del romanzo e tutti i suoi risvolti, come si evince da queste sue riflessioni. " Intendiamoci. La qualità poetica del racconto del Vigevani attinge a una cultura riflessa. Tutto è già alle sue spalle. «Tutto è accaduto», come dice un titolo di Corrado Alvaro, che sentì come pochi altri scrittori, con intelligenza amara, la transizione esistenziale propria del nostro tempo. Non per nulla Alberto Vigevani è libraio antiquario, ed è editore di testi preziosi e dimenticati della più raffinata tradizione, quasi che la sua vocazione di uomo sia dedicata al recupero, all’assaporamento di valori non mercificabili, alla fedeltà della memoria. Dietro di lui scrittore si staglia la grande ombra di Proust, il fascino della grande borghesia colta, intenta a cogliere l’ultima essenza di un mondo stremato dai suoi stessi valori... Perciò, contrariamente allo schema usuale, per cui l'adolescente passa dalla innocenza alla torbida scoperta del sesso, egli supera abbastanza rapidamente l’accensione sensuale, e sublima la sua ricchezza affettiva in un amore impossibile per la bionda e gentile madre del suo compagno di giuochi. Ma ecco che qui racconto d’amore e storia di un’educazione sentimentale si saldano.
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Lago di Como in estate Che cosa rivela a Giacomo l’incontro con la giovane donna e il suo figliolo malato e ardente? 1. La forza della passione, così profonda e coinvolgente da risultare rasserenante anche se dolorosa; 2. L’« armonia e tenerezza» che unisce madre e figlio in un legame meraviglioso, compatto, inscindibile; 3. L'ambiguità della figura materna, ove si mescolano la dolcezza sensuale e il tepore protettivo, oscuro modello e | presagio di un’ambiguità esistenziale che accompagna l’intera vita; 4. La gioia pura e malinconica della bellezza, che invita al silenzio e alla contemplazione; 5. Gli rivela infine la possibilità stessa della rivelazione dell’io profondo, vertiginosa «come se si trovasse sull’orlo della propria vita ». Tutto questo lo prepara all’intuizione finale: «com'era complesso l’amore; non solo desiderio d’armonia, di bellezza, ma anche aspirazione a non esistere più, ad annientarsi. E ancora: vi era qualcosa di crudele, d’irrimediabile, qualcosa che non si sarebbe nemmeno potuto confessare, anche se lo avesse veramente compreso ». Questo è, mi pare, il tratto originale del personaggio (e del libro): la perdita dell’innocenza, momento fatale di ogni adolescenza, si trasforma, come in dissolvenza, nella consapevolezza della complessità dell'amore, con tutto ciò che di ambiguo, di doloroso, ma anche di certo e, in qualche senso, di supremo, tale consapevolezza porta con sé. Mentre si chiudono, tra le prime piogge e i colori spenti dell'autunno, le «ultime vacanze dell’infanzia », l'educazione sentimentale di Giacomo può dirsi compiuta, ma nel senso che il velo d’ombra di un’incompiutezza infinita si proietta a occupare ogni possibile futuro. Il crepuscolo di adolescenza, la lacerazione tra innocenza e maturità, che egli ha vissuto nell’estate al lago, è destinata a durare per sempre. Ma si capisce che, avviandosi ignaro verso i tempi della violenza e della devastazione che si affacceranno alla storia, egli entrerà nella vita non sotto il segno della conquista ma sotto il segno della poesia." Ma ora lasciamo lo spazio ad alcune pagine del libro. I primi giorni di vacanza seguirono rapidi, come una febbre che accalori le guance e svanisca lasciando una stanchezza, un senso di sonnolenza, e ancora fame di nuova stanchezza e di sonno. I cugini erano arrivati: l’Elisa, gentile e non bella, dal corpo pesante, la fronte a bauletto sporgente sopra gli occhi; Aldo, che aveva l’età di Stefano e dipingeva all’acquarello; Mario, un ragazzo calmo, maggiore di Giacomo di due anni. Stavano sempre insieme: nuotavano, andavano in barca, a volte salivano sulla strada di Porlezza, dov'era una valle segnata da un fiumiciattolo incassato, il Senagra. Altre partivano per Cadenabbia o, dalla parte opposta, per Acquaseria e Gravedona, in bicicletta, con la merenda al sacco, e dopo aver fatto il bagno si riposavano sui prati. Formavano una compagnia allegra, con altri giovani che s'erano aggiunti: la bruna che Stefano aveva conosciuto al Lido, Elsa, figlia del padrone dell’albergo Victoria, e il fratello, un giovane basso, il tuffatore migliore della spiaggia, che anche fuori portava una calottina rossa sui capelli impomatati. Poi le due ragazze Lanfranchi, già da Milano amiche dei cugini: la maggiore slanciata, con occhi verdi luminosi; la minore, grassottella e addormentata, con gli stessi occhi, ma sbiaditi e gonfi, che le davano l’espressione attonita di un pesce... Giacomo aveva scoperto per conto suo che l’Elsa non era tutta muscoli, ma d’una bellezza così piena e persuasiva che se ne sentiva attirato. Tuttavia la sua inclinazione non andava oltre il piacere degli occhi e quel senso di vergogna che lo istupidiva se gli capitava di rimanere solo con lei. La presenza di Clara, d’altra parte, riusciva a rendere leggera l’aria che li avvolgeva, nulla in essa s’incideva con troppa asprezza, appena vi si accennavano le amicizie ancora incerte. L’Elisa e la minore delle Lanfranchi divennero inseparabili, Mario stava insieme con Giacomo che era il più giovane ma non stonava in mezzo agli altri, in quei primi giorni in cui tutto scaturiva con spontaneità, come se per le vacanze fossero tornati ragazzi anche i grandi. Forse non badavano alla differenza di età, o lo ammettevano perché li faceva ridere con uscite in cui, incitato dal desiderio di farsi notare, caricava il suo senso dell'umorismo di una capacità d’invenzione che si smentiva di rado. Le zitelle che aveva spaventato in bicicletta erano divenute dei personaggi, così Antonio, il custode, di cui rifaceva la voce e imitava i discorsi farciti d’interiezioni, di proverbi detti a sproposito. Ma forse erano gli altri, a completare o ad accrescere il ridicolo dei suoi accostamenti, delle trovate che gli nascevano spontanee dal troppo parlare, quando si eccitava: la verità era che avevano voglia di ridere, di sentirsi disinvolti e spensierati prima d’addentrarsi nel terreno sfuggente e sconosciuto delle nuove amicizie.
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Cartina del lago di Como Finirono anche quei giorni d’attesa: Stefano ora lo respingeva, se gli andava vicino mentre aveva al braccio l’Elsa; rispondeva a monosillabi. Durante le gite Giacomo e Mario restavano indietro. Prima, avevano tutti riso delle sue immagini, si era sentito ammirato dalle ragazze, invidiato da Mario, in brevi momenti di esaltazione che lasciavano adesso il posto a un risentimento. Supponeva d’essere condannato a portare i calzoni corti in eterno, come un segno d'’inferiorità. Tra loro due e i grandi duravano lunghi silenzi, le parole di Giacomo cadevano senza che nessuno le raccogliesse, e a un tratto s'’accorgevano che i giovani camminavano avanti, sulla mulattiera lungo il monte, o rimanevano solo loro sulla spiaggia, mentre gli altri se n'erano andati in barca senza chiamarli. Li ritrovavano poi che ballavano nella sala a pianterreno della villa o all’albergo Victoria... Presto arrivò luglio. Negli alberghi si davano i primi balli: la stagione vera sarebbe venuta a settembre. Clara si metteva in abito lungo e veniva a farsi ammirare prima di uscire. Stefano vestiva lo smoking e Giacomo gli faceva compagnia mentre si preparava in bagno e annodava la cravatta davanti allo specchio. Forte e giovane, le sopracciglia folte, gli occhi vellutati e scuri uguali a quelli del padre, pareva lontano come mai, e proprio nel momento in cui gli offriva maggiore confidenza. Delle feste parlavano a tavola, il giorno dopo. Gli rimanevano nella mente episodi e nomi di persone, uditi nei discorsi dei fratelli, con il prestigio delle cose inaccessibili. Se la festa era a Menaggio, andava con le domestiche a vedere l’entrata dai cancelli. L’Emilia gli metteva una mano sulla spalla; diceva: «Ti piacerebbe vestirti da sera, ballare anche tu? »... A metà d’agosto il padre tornò per fermarsi una settimana. Giacomo quasi non s’accorgeva di lui. Gli era toccato ancora deluderlo: non aveva mai adoperato gli attrezzi e aveva fatto pochi progressi nello studio. Si sentiva in colpa, guardandolo: come provasse il sentimento che il padre fosse, senza sospettarlo, esposto a subire le conseguenze di ciò che a un tratto poteva insorgere nel suo animo. Gli appariva incapace di difendersi, nell’abito di tela un po’ ottocentesco, con la camicia di seta cruda aperta sul collo e il leggero copricapo di panama che sbiancavano ancor più la sua carnagione cittadina. Del resto non stavano mai insieme: usciva con la madre a visitare parenti o conoscenti che poi venivano a prendere il tè in giardino. A Giacomo sembrava che tra loro due qualcosa fosse già cambiato. Forse temeva per il suo segreto, quando gli occhi del padre si posavano sopra di lui, schiariti da un’ironia dolce e penetrante che avrebbe voluto sfuggire. Eppure, durante il giorno, tra Giacomo e l’Emilia tutto si svolgeva come prima, di nuovo non c'era che la carezza più ardita, le poche sere, ormai, che andavano a passeggio insieme. Spesso lei voleva uscire con l’Elvira, dicendo che si recavano al cinema, dove lui non poteva seguirla. Incontrandolo, sorrideva sempre, lo sfiorava col fianco come per scherzo, forse per vedergli in faccia il turbamento che non riusciva a nascondere. Era come fosse per abbandonarsi a piangere, e non potesse trovare comprensione se non in lei che già mostrava di evitarlo. Ma la notte, prima di addormentarsi, era diverso: come un appuntamento, ogni volta si ripeteva il lungo istante in cui, col respiro disordinato, il capo fitto nel guanciale, brancolava sopra un’immagine di lei oscura e avvincente. Se la raffigurava nuda, nella sua ricchezza segreta, lambita dal buio, le spalle e il petto candidi in luce, il ventre affondato in una macchia. Confusa e incerta ossessione, come confuse e incerte le reminiscenze, il negativo del nudo tra le rocce finte, i corpi femminili alla spiaggia, ogni nutrimento anonimo e frammentario della sua fantasia. A sfiorare quella immagine con una carezza, qualcosa entro di lui si rompeva in una breve liberazione che lo lasciava intontito e vergognoso. Infine una sera, appena partito il padre, che tutti erano usciti - l’Elvira aveva voluto andare al cinema da sola -, udì il passo dell'Emilia nella stanza che occupava all’ultimo piano, sopra la sua. Giacomo aveva già un poco dormito e quei passi gl’illuminarono d’improvviso la figura di lei, i suoi gesti mentre andava spogliandosi. Gli pulsavano le tempie; senz’accorgersene si trovò fuori della porta. Salì le scale nell’oscurità, cercando di non far rumore. Si sentiva un ladro, temeva che qualcuno potesse sorprenderlo. Una striscia di luce bagnava il pianerottolo, da sotto la porta. Non udiva nemmeno più il passo della donna. S’appoggiò alla maniglia, la porta cedette. Dalla finestra ovale entrava la luna e illuminava il letto. Il suo volto era quasi al buio: pareva ancora più pallido. Vide che i suoi occhi lo fissavano. « Giacomo », disse a bassa voce, « sei tu? ». Siccome non si muoveva, rigido contro la porta, il cuore che gli batteva di furia, lei riprese, con una voce alterata che sembrò una carezza: «Vieni qua». Andò verso il letto in punta di piedi. Si muoveva in quella luce quasi irreale come in una delle apparizioni che venivano a sorprenderlo la notte, quando non riusciva a dormire. Lei gli prese i polsi, l’attirò a sé. Piegando le ginocchia contro la sponda del letto, premette la guancia sulla spalla nuda. Il suo profumo lo confondeva. Dietro la testa di lei, sopra il candore del guanciale colpito dalla luce, i capelli sciolti addensavano un bosco oscuro e segreto da cui si staccava il suo volto smorto, senza più quel sorriso che sempre lo pungeva, sulle labbra adesso aride e schiuse. Gli occhi, scintillanti, sembravano vetri in cui la luce acquistasse profondità.
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Grand Hotel Victoria Liberò le mani per cercarle il seno: annaspavano contro la tela un po’ ruvida della camicia. Fu lei a offrirglielo, scostando la spalla, e gli sembrò che bruciasse; poi quel fuoco gli entrò nella pelle. Lo palpava intero senza sapere dove indugiare. Si riempiva le mani della ricchezza che lei gli aveva ‘nascosto, e non cedeva alla carezza ripetuta ma la chiamava ancora, rinnovandogli come uno spasimo. Era entro un sentiero buio che lo faceva trasalire, e morbido, in cui ritrovava pungente l’odore dei capelli che gli coprivano le guance, la fronte. Un alito resinoso di terra e di donna che pareva quello del suo sangue. «Giacomo », aveva detto, due, tre volte, irosamente, gli era sembrato, muovendo il petto per svincolarsi. Ma s’avvinghiava a lei come se dovesse spremere, succhiare tutto il profumo e il calore che emanava. Poi gli si abbandonò, ansimante. Gli aveva cercato la bocca, la mano, ma appena raggiunte si era scossa, l’aveva allontanato con violenza, accendendo la piccola lampada sul tavolino. Era rimasto in fondo al letto. La fissava, nella debole luce elettrica, i capelli e la camicia in disordine, il volto quasi cattivo, mutato, con le labbra tremanti e tumide. La sua bellezza pareva a un tratto non più lontana, ossessiva, ma come rozza e affranta. Il torpore lo avvolgeva, allontanando ogni cosa nel tempo: si sentiva quasi spettatore di quel suo risveglio. Vide il seno scomparire nello scollo e gli parve una macchia, un fiore raggrinzito, la punta violacea che esitò un istante sull’orlo della camicia. Contrastando con la pelle chiara del petto somigliava a un oggetto immaginato nel sogno, che alla luce reale stupisca. Anche i suoi occhi erano diversi: lo sfuggivano come fosse lei, ora, a provare vergogna e a temere il suo riso. Gli pareva anche un'illusione il sussurro, quasi un gemito, che aveva colto sulle sue labbra. Si era seduta e aveva preso il pettine. Mentre ravviava i capelli si tolse la forcina dalle labbra e disse, a bassa voce: «Ti voglio bene, però sei un bambino ». Parole così fragili gli avevano fatto l’effetto che le avesse pensate, più che dette. Non capiva perché tornava ora un bambino, quando per un lungo momento era stata lei a soffrire sotto il suo abbraccio, e le sue labbra avevano perduto ogni voglia di sorriso. Read the full article
#AlbertoVigevani#amorielettura#estateallago#lagodiComo#Lombardia#MarcelProust#romanzo#turismo#vacanzeallago
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Christa Wolf
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Il passato non è morto; non è nemmeno passato. Ce ne stacchiamo e agiamo come se ci fosse estraneo.
Christa Wolf è la più nota scrittrice contemporanea di lingua tedesca. Autrice di romanzi, racconti e saggi, la sua critica della società e della politica, unita all’impegno per le questioni di genere e di identità, l’hanno resa un fondamentale riferimento culturale.
Tra le sue opere più celebri si annoverano Cassandra e Medea.Voci, in cui reinventa due famose figure della mitologia classica dal punto di vista femminista.
Sempre alla ricerca di nuove forme espressive per esplorare le complessità della storia e della società, il suo stile è caratterizzato da una profonda introspezione psicologica dei personaggi e una scrupolosa attenzione ai dettagli storici e culturali che mescola la narrazione con la riflessione filosofica e politica.
È stata una voce dissidente all’interno del regime comunista dell’Est a cui non sono state risparmiate aspre critiche per le sue idee in difesa della libertà di pensiero e espressione.
Nata col nome di Christa Ihlenfeld a Landsberg/Warthe (oggi Gorzów Wielkopolski, Polonia) il 18 marzo 1929, ha vissuto gran parte della sua vita nella Germania dell’Est.
È cresciuta sotto l’avvento del nazismo e vissuto l’odissea dei profughi provenienti dalla parte orientale del Terzo Reich di fronte all’avanzata dell’esercito sovietico.
Si è laureata in germanistica all’Università di Jena.
Nel 1951 ha sposato lo scrittore Gerhard Wolf, da cui ha preso il cognome e iniziato a lavorare come critica letteraria per la rivista dell’unione degli scrittori della DDR credendo con fermezza nella missione politica della letteratura.
L’esperienza di lavoro presso una fabbrica di vagoni ferroviari ha dato origine alla stesura del romanzo sulla divisione della Germania che l’ha posta al centro dell’attenzione della critica internazionale, Il cielo diviso, per il quale, nel 1963 ha ricevuto il premio Heinrich Mann.
Coinvolta nel dibattito politico e nella difesa dei diritti umani, ha fatto parte del Partito Socialista Unificato di Germania da quando era ventenne e sostenuto la politica di apertura e riforma durante gli ultimi anni della Germania Est.
Dopo la riunificazione, le sue opere hanno dato luogo a molte controversie. La critica della Germania occidentale le rinfacciava di non aver mai criticato l’autoritarismo del regime socialista tacciandola di “moralismo”.
Nel 2002 è apparso il testo Un giorno all’anno. 1960-2000 che raccoglie le pagine di diario scritte ogni 27 settembre in quell’arco temporale da cui emergono i conflitti interiori e l’analisi lucida della società tedesca fino all’unificazione ed oltre.
L’ultimo libro Con uno sguardo diverso (2005), raccoglie otto racconti che spaziano dalla sperimentazione letteraria alla forma diaristica (vengono presentate le pagine del 27 settembre 2001) fino alla toccante scomposizione della sua vita coniugale.
È morta il 1º dicembre 2011 a Berlino.
Uno degli aspetti più interessanti della sua scrittura è la sua capacità di mettere in discussione la narrazione tradizionale della storia, offrendo una prospettiva diversa e più critica sugli eventi del passato. Spesso i suoi romanzi esplorano il ruolo della memoria nella costruzione dell’identità individuale e collettiva, ponendo domande importanti sulla verità storica e sulla responsabilità nei confronti del passato.
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Ventinove anni fa moriva il grande attore americano, interprete di film quali I gangsters di Robert Siodmak, Forza bruta di Jules Dassin, Da qui all’eternità di Fred Zinnemann, Vera Cruz di Robert Aldrich, La rosa tatuata di Daniel Mann, Il mago della pioggia di Joseph Anthony, Vincitori e vinti di Stanley Kramer, L’uomo di Alcatraz e Il treno di John Frankenheimer, Il Gattopardo di Luchino Visconti, I professionisti di Richard Brooks, Atlantic City U.S A. di Louis Malle e molti altri. Nato a New York il 2 novembre 1913, trapezista in vari circhi dal ’29 al ’42, viene costretto ad interrompere la carriera a causa di una brutta frattura ad un braccio. Dopo vari lavori saltuari, nel ’43, durante la Seconda guerra mondiale, si arruola nei marines e, nei due anni successivi, combatte in Africa settentrionale e sbarca in Italia insieme agli altri militari alleati. Dopo qualche esperienza teatrale, esordisce al cinema in I gangsters (1946) di Robert Siodmak, tratto da uno fra i Quarantanove racconti di Ernest Hemingway ed in cui recita con Ava Gardner. L’anno seguente giganteggia da protagonista in Forza bruta (1947) di Jules Dassin, capolavoro carcerario degli anni Quaranta. I film successivi son quasi tutti dei classici, in cui Lancaster padroneggia sempre meglio il suo stile di recitazione ed arricchisce sempre più i suoi personaggi con dettagli, sfumature, sottigliezze ed introspezione psicologica. In Il terrore corre sul filo (1948) di Anatole Litvak, è il marito assassino che in circa un’ora e mezza di suspense ininterrotta rappresenta un serio pericolo per la moglie (interpretata da Barbara Stanwyck), mentre in La leggenda dell’arciere di fuoco (1950) di Jacques Tourneur e Il corsaro dell’isola verde (1952) di Robert Siodmak, utilizza abbondantemente il suo atletismo e le sue doti acrobatiche, che poi tempererà e drammatizzerà in grandi western come Vera Cruz (1954) di Robert Aldrich, in cui è antagonista di Gary Cooper, L’ultimo Apache (1954), anch’esso diretto da R. Aldrich, e Sfida all’OK Corrall (1957) di John Sturges, in cui recita con Kirk Douglas – con il quale aveva già lavorato nove anni avanti nel noir Le vie della città (1948) di Byron Haskin e con cui stabilir�� un ottimo rapporto di amicizia ed una collaborazione artistica che, nei circa trent’anni successivi, li vedrà insieme in altri sei film. Nel frattempo, l’esperienza arricchisce la sua maschera di malinconie e mezzi toni con cui affronta personaggi più ambigui e sofferti, fra cui il giornalista di Piombo rovente (1957) di Alexander MacKendrick, il giudice tedesco che viene processato a Norimberga in Vincitori e vinti (1961) di Stanley Kramer e l’ergastolano che diventa uno fra i massimi esperti al mondo in ornitologia di L’uomo di Alcatraz (1962) di John Frankenheimer, con cui vince la Coppa Volpi a Venezia – due anni avanti aveva vinto l’Oscar come Miglior Attore protagonista con il ruolo predicatore esaltato di Il figlio di Giuda (1960) di Richard Brooks) ed ottiene una nomination all’Oscar come Miglior Attore Protagonista (Oscar che verrà vinto da Gregory Peck per Il buio oltre la siepe di Robert Mulligan, tratto dal libro omonimo - premio Pulitzer 1960 - di Harper Lee). Nel ’63 Luchino Visconti gli imprime i tratti asciutti e dolenti del principe di Salina nel celebre Il Gattopardo, versione cinematografica del libro omonimo (Premio Strega 1959) di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, con Claudia Cardinale, Alain Delon, Paolo Stoppa, Serge Reggiani, Romolo Valli, Rina Morelli, Lucilla Morlacchi, Mario Girotti - non ancora Terence Hill -, Giuliano Gemma ed una giovanissima Ottavia Piccolo. Nel film Lancaster, elegante più che mai negli impeccabili vestiti dell’aristocratico borbonico che si trova costretto a confrontarsi con il nuovo vento garibaldino, riesce a dominare la scena senza manierismi e senza farsi sopraffare dalla sfarzosità delle scenografie, degli arredamenti e dei costumi, fondendo, da vero precursore - qualche anno prima dell’affermazione
di attori come Robert Redford, Jack Nicholson, Dustin Hoffman, Al Pacino, Robert De Niro -, la professionalità ed il carisma hollywoodiano con la sensibilità europea, con uno stile fino ad allora sconosciuto fra attori americani. In età più matura, per dar spessore ai suoi personaggi gli basterà sempre meno. Rende crepuscolare l’antieroe western - Io sono la legge (1971) di Michael Winner, con Robert Ryan e Lee J. Cobb, Io sono Valdez (1971) di Edwin Sherin, Nessuna pietà per Ulzana (1972) di Robert Aldrich) e gangster - Atlantic City U.S.A. (1980) di Louis Malle, con Susan Sarandon, e con cui ottiene una meritatissima nomination all’Oscar come Miglior Attore non Protagonista. In Italia, viene diretto nuovamente da L. Visconti in Gruppo di famiglia in un interno (1974), con Claudia Cardinale e, nei circa quindici anni successivi, apparirà in Novecento (1976) di Bernardo Bertolucci, nel film tv Mosè (1977) di Gianfranco De Bosio, in La pelle (1981) di Liliana Cavani, tratto dal libro omonimo di Curzio Malaparte ed in cui recita per la quarta ed ultima volta con Claudia Cardinale, nelle miniserie tv Marco Polo (1982) di Giuliano Montaldo e Verdi (1983) di Renato Castellani, in Il giorno prima (1987) di Giuliano Montaldo, scritto da Piero Angela, nella miniserie tv I promessi sposi (1989) di Salvatore Nocita, in cui interpreta in cardinal Federigo Borromeo, e nel film tv Il viaggio del terrore: la vera storia dell’Achille Lauro (1990) di Alberto Negrin. Fra gli altri film ricordiamo Furia nel deserto (1947) di Lewis Allen, Erano tutti miei figli (1948) di Irving Reis, Per te ho ucciso (1948) di Norman Foster, con Joan Fontaine, Doppio gioco (1949) di Robert Siodmak, con Yvonne De Carlo, La corda di sabbia (1949) di William Dieterle, con Paul Henreid, L’imprendibile signor 880 (1950) di Edmund Goulding, con Dorothy McGuire, La valle della vendetta (1951) di Richard Thorpe, con Robert Walker e Joanne Dru, Torna, piccola Sheba (1952) di Delbert Mann, Da qui all’eternità (1953) di Fred Zinnemann, con Deborah Kerr, Montgomery Clift, Frank Sinatra (Oscar come Miglior Attore non Protagonista) e Ernest Borgnine, Il trono nero (1954) di Byron Askin, La rosa tatuata (1955) di Daniel Mann, con Anna Magnani (Oscar come Miglior Attrice Protagonista - primissima attrice italiana a vincere un Oscar in un film americano), Il mago della pioggia (1956) di Joseph Anthony, con Katharine Hepburn, Mare caldo (1958) di Robert Wise, con Clark Gable, Tavole separate (1958) di Delbert Mann, con Rita Hayworth e David Niven, Il discepolo del diavolo (1959) di Guy Hamilton, con Kirk Douglas, Gli inesorabili (1960) di John Huston, con Audrey Hepburn e Audie Murphy, Il giardino della violenza (1961) di John Frankenheimer, Gli esclusi (1963) di John Cassavetes, Il treno (1964) di J. Frankenheimer, Sette giorni a maggio (1964) di J. Frankenheimer, con K. Douglas, I professionisti (1966) di Richard Brooks, con Claudia Cardinale e Lee Marvin, Joe Bass l’implacabile (1968) di Sydney Pollack, con Ossie Davis e Telly Savalas, Ardenne 44, un inferno (1969) di S. Pollack, Airport (1970) di George Seaton, Scorpio (1973) di Michael Winner, con Alain Delon, Buffalo Bill e gli indiani (1976) di Robert Altman, con Paul Newman, Cassandra Crossing (1976) di George Pan Cosmatos, con Richard Harris e Sophia Loren, L’isola del dottor Moreau (1977) di Don Taylor, Zulu Dawn (1979) di Douglas Hickox con Peter O’ Toole, Branco selvaggio (1980) di Lamont Johnson, Osterman Weekend (1983) di Sam Peckinpah (alla sua ultima regia), tratto dal libro omonimo di Robert Ludlum ed interpretato anche da Rutger Hauer e Meg Foster, Local Hero (1983) di Bill Forsyth, Il sogno della città fantasma (1985) di Alan Sharp, l’amaro Due tipi incorreggibili (1986) di Jeff Kanew, settimo e ultimo film in cui recita con l’amico Kirk Douglas, La bottega dell’orefice (1988) di Michael Anderson, tratto dal dramma omonimo di Andrzej Jawien [Karol Józef Wojtyla], il film tv Il fantasma dell’opera (1989)
di Tony Richardson, tratto dal romanzo omonimo di Gaston Leroux, L’uomo dei sogni (1989) di Phil Alden Robinson, con Kevin Costner e James Earl Jones. Fa anche due esperienze dietro alla macchina da presa, dirigendo (e interpretando) il western Il kentuckiano (1955) - conosciuto anche con il titolo Il vagabondo delle frontiere -, con Dianne Foster e Walter Matthau (al suo esordio cinematografico), e L’uomo di mezzanotte (1974), con Susan Clark. Dopo varie difficoltà di salute (compresi due infarti) nel corso degli anni Ottanta (nel 1989 ad esempio, era stato costretto a rifiutare il ruolo da protagonista in The Old Gringo di Luis Puenzo, con Jane Fonda - ruolo poi affidato a Gregory Peck -, proprio per via del fatto che i suoi problemi di cuore non gli avrebbero permesso di affrontare le riprese sulle montagne messicane), nel novembre 1990, circa due settimane dopo la fine delle riprese del film tv Separate but Equal (1991) di George Stevens jr., con Sidney Poitier (che verrà trasmesso in tv nel maggio 1991), viene colpito da un ictus ischemico che comprometterà fortemente le sue capacità motorie. Si riprende parzialmente nel giro di circa un anno, ma decide di ritirarsi a vita privata, circa tre anni prima della sua scomparsa. Burt Lancaster - insieme ai quasi coetanei Robert Taylor (1911-1969), Stewart Granger (1913-1993), Richard Widmark (1914-2008), Sterling Hayden (1916-1986), Gregory Peck (1916-2003), Glenn Ford (1916-2006), Kirk Douglas (1916-2020), Robert Mitchum (1917-1997) e William Holden (1918-1981) - è stato uno fra i “grandi” della Hollywood classica e non solo. Una lunga e ricca carriera (circa cento film) cominciata con ruoli d’azione e noir e passata attraverso il western, il gangster-movie, alcuni fra i più celebri drammi di scuola statunitense fino alla profondità degli autori europei (su tutti Luchino Visconti e Louis Malle).
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2013: Ero al quinto anno di liceo e apro questo blog. Secondo post è una citazione sulla pazzia di Edgar Allan Poe, di cui sto leggendo i racconti brevi. I miei filosofi preferiti sono Schopenauher e Kierkegaard. Mi piacciono i decadenti. Mi piacciono quelli pazzi perché mi affascinano. Nietzsche non lo capisco bene (non me lo hanno spiegato bene) ma non mi pare mi piaccia molto, mi sembra un montato. Anche se il fatto che sia impazzito mi stuzzica. Non mi piace molto D'Annunzio per lo stesso motivo. Bravissimo eh, ma troppo "affettato" nello stile e troppo montato nel personaggio.
2016: mi innamoro di Mishima al corso di letteratura giapponese contemporanea. Essenzialmente perché è un folle. Poi aggiungici che è il primo folle che mette in pubblico il fatto che faccia body building (a quei tempi, poi). Mi sta simpatico. Un sacco.
2022: Approfondire il decadentismo e la filosofia nietzschiana mi fa capire una cosa. La volontà di Potenza e il Superuomo non sono semplice e pura affermazione di sé. Sono solo il risvolto della stessa medaglia, sulla cui altra faccia, c'è il decadente. Opposti ma uguali. L'affettazione stilistica di D'Annunzio e il suo montarsi come personaggio pubblico sono solo un counter-effect di un'anima piegata in sé stessa (causata da tutto un fermento politico e culturale). Due D'Annunzio opposti ma uguali.
Negli ultimi anni di introspezione, mi sono accorta che nella mia anima, da sempre decadente, c'è saccenza. C'è una me stessa che vuole affermarsi, che scavalca chiunque perchè è più - sebbene solo nell'intimità di sé stessa.
Dentro di me è come se un cerchio si fosse chiuso. I miei gusti non sono mai cambiati: a 18 come a 26 anni, sono sempre io. Opposta ma uguale (a me stessa).
#ovviamente anche Poe era un decadente#decadentismo#volontà di potenza#superuomo#nietzsche#D'Annunzio#Edgar allan poe#pensieri notturni#tesi#tesi magistrale#schopenhauer
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2022 in books
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Una gioia come al solito, leggere Carofiglio! Mi sono mangiata il libro, praticamente. (*˘︶˘*).。.:*♡
Ma devo dire che quest’ultimo romanzo con protagonista Guerrieri (non so se è l’ultimo-ultimo, solo l’ultimo che è uscito) è davvero molto triste, c’è un tono di finalità e di scontentezza nella voce di Guido che mi ha fatto pensare che al massimo ci sarà un altro capitolo nella serie, con lui che finalmente si decide a lasciare la professione e dedicarsi alle sue vere passioni, e si concluderà. Magari ci saranno altri racconti es. nelle raccolte miste della Sellerio, ma non un altro romanzo con lui come protagonista assoluto.
D’altro canto con Penelope ha già avviato qualcosa di nuovo, credo, quindi l’alternativa c’è.
Una delle principali differenze con i libri precedenti è il volume di introspezione e i flashback di Guido - anche negli altri, chiaramente, lui era la voce narrante e lo seguivamo nei suoi ragionamenti e ricordi, ma qui il livello di collaborazione con i colleghi, con Tancredi e Annapaola è al minimo, mentre ci sono proprio capitoli separati di solo flashback, come aveva fatto ne Il bordo vertiginoso delle cose.
Non so, è stato come al solito un ottimo libro, ma mi ha anche lasciato tristezza in bocca, tra il tono complessivo e il capitolo finale. Mi ha fatto venire voglia di rileggere gli altri per crogiolarmi nei bei vecchi tempi.
#2022 in books#gianrico carofiglio#la misura del tempo#(che era nella listona di libro da leggere? no- è un libro che ho regalato a mia madre; e ho forse priorizzato la mia lista prima di questo?#macccerto che nooooo! non sia mai! c'ho l'ansia da accumulo di libri e li leggo forse? pfft! che assurdità!)#(volevo conforto e ho trovato tristezza DOV'È LA GIUSTIZIA IN QUESTO EH?)#personal
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11 marzo 2022, la mia primavera s’avvicina.
io sono sole, primavera, energia, introspezione, socievolezza, fiori, farfalle… io sono musica, musica classica e folk, leggende irlandesi, racconti, esoterismo. Leggere mi arricchisce, mi rende completa, mi fa viaggiare, mi fa riflettere, mi porta a toccare delle parti di me alle quali normalmente non arrivo. Perché ciò che sono mi annoia così tanto? perché ho paura che gli altri non lo comprendano e che possano allontanarsi per ciò che sono? ho paura che gli altri giudichino e pensino che sono mediocre, noiosa, strana. Per questa mia paura tendo ad allontanarmi da me stessa e a tirare fuori altri lati di me che ho costruito per gli altri, però io stessa tengo a quelli che sono i miei valori ed ho paura di perdermi.
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Torno a casa?
Ho tante cose da scrivere ma non so come metterle su carta. Succede spesso ultimamente. Quando mi ritrovo di fronte al foglio bianco i mille pensieri che mi turbinavano nel cervello si assopiscono, si mettono a dormire, pronti però a tornare alla ribalta quando meno me lo aspetto, quando sono distratto, e forse credo persino di essere felice. La barretta grigia di word che ad intervalli regolari appare e scompare davanti ai miei occhi è quasi terapeutica. Mi regala un senso di ordine, di qualcosa che ti puoi aspettare, che non ti sorprende, che tranquillizza.
Ascolto molta musica in questo periodo. Recupero vecchie perle e poi mi immergo nelle solite canzoni tristi che se ne stanno buttate come in un angolo a prendere polvere e aspettano soltanto che io abbia un nuovo inesorabile crollo. Aggiungo film all’elenco delle cose da vedere, sapendo già che per la maggior parte di essi non riuscirò a trovare il minimo momento libero. Creo nella mente una lista di possibili idee regalo, visto che lo spirito natalizio si avvicina a grandi passi. Percepisco voci intorno a me, persone, eventi; c’è la coperta sopra il divano che è tutta in disordine, i dadi a venti facce sul tavolo (un 3, un 9, un 14). Ma mi sembra tutto così collaterale, così lontano e distante. Come di passaggio, e arrivo alla sera che non sono neanche sicuro di come diavolo sia successo che passassero così tante ore. Attraversare il dolore penso, mentre sono sotto le coperte, attraversare il dolore, fallo, attraversa il dolore. Che poi in verità mi pare che ora come ora sia lui invece che stia attraversando me, ferocemente tra l’altro, come una freccia, un coltello e come altri oggetti che cruentemente possono lacerare la carne umana.
Si tratta però comunque di una metafora riduttiva, inadatta. Voglio dire è più una sensazione avvolgente, se dovessi seguire le indicazioni della medicina d’urgenza penserei maggiormente ad un infarto come tipologia di paragone. Sì, la classica costrizione interiore, con tanto di groppo in gola e mal di testa serale da stanchezza emotiva. Uno stereotipo vivente praticamente.
Esistono vari tipi di dicotomie. Tra il bianco e il nero ad esempio, e non ve lo sto neanche a dire di come, dal punto di vista stilistico, si tratti di una cosa deliziosa. Adoro mettere il maglione intrecciato a collo alto bianco con i pantaloni neri e le scarpe corvine e un cappotto grigio. Oppure tra giorno e notte, anche questa destrutturata e analizzata in milioni di maniere. Vogliamo buttarci sulla cucina e dire tra dolce e salato? Certo, diventa fondamentale quando si deve organizzare una festa in cui ognuno porta qualcosa, è importante che le due categorie si bilancino. E contestualmente che qualcuno magari si ricordi di comprare pure piatti e bicchieri e roba da bere. Le dicotomie sono ovunque in pratica, che lo si voglia o meno. Ma non bisogna assolutamente cadere nel tranello di ritenere che si trovino solamente all’esterno, nel mondo intendo, immerse nell’ambiente. Molto spesso le più profonde si nascondono dentro di noi, in posti reconditi e oscuri e da lì sono capaci di spaccarci a metà. È quello che sta succedendo a me negli ultimi giorni.
Da una parte la logica del voler realizzare i propri sogni. Del voler abbandonare ogni cosa di punto in bianco per dedicarsi solamente alle proprie passioni, vivere di quello, andare avanti in questo modo. Dall’altra la consapevolezza di non esserne in grado. Di non avere la determinazione sufficiente, di non avere forse neanche l’arroganza per poter credere a tali vaneggiamenti, di arrivare semplicemente ad un certo punto e non avere più voglia di inseguirli. D’altronde la mia vita è una collezione di racconti mozzati si potrebbe dire; capitoli lasciati aperti e mai continuati, finali evanescenti, corsi e concorsi abbandonati sul nascere per incapacità di impegnarsi o perché non ero del tutto convinto e allora che te ne fai di una cosa della quale non sei del tutto convinto?
Conobbi una ragazza quando ancora facevo nuoto, parliamo di una decina di anni fa. Maldestra, sgraziata, la facevi correre un po’ e non so come spiegarlo ma finiva da tutte le parti. Aveva difficoltà con i compiti qualche volta, forse pure con le amicizie al di fuori dell’ambito della piscina. Ma quando nuotava cazzo, cioè uno non poteva che rimanere a bocca aperta. E io quella cosa gliela invidiavo da morire; il fatto che avesse un suo ambito, una sua specialità, qualcosa nella quale fosse eccellente. Mi ricordo che guardavo alla mia situazione e sospiravo; bravo a scuola certo, suonavo il pianoforte discretamente, vincevo qualche gara in acqua se ero particolarmente ispirato e avevo anche mangiato un bel piatto di pasta per pranzo, ma non c’era niente di mio, di veramente e genuinamente mio. E in nessuno di quegli ambiti avevo bisogno di impegnarmi seriamente. Cavolo, suona così pretenziosa come cosa, fa impressione.
Ho lavorato in biblioteca per un inverno. Sezione di pedagogia e antropologia. Un luogo polveroso e poco frequentato; facevi qualche prestito e tornavi a studiare sul bancone aspettando il prossimo avventore. Poi ad una certa scendeva il direttore, e si chiudeva tutto. Lo ricordo come un momento della vita brillante, e non per i libri e l’atmosfera e le chiacchiere con quelli che stavano là insieme a me, ma forse più che altro per il fatto che essere impegnato 12 ore al giorno non mi lasciava neanche un istante di introspezione, di evasione mentale. Ecco, non avevo come succede invece adesso la possibilità di pensare al destino, al futuro, alle scelte. Al fatto di essere veramente in grado di poter dedicare la vita alla medicina oppure no. Insomma a tutta una serie di ‘vorrei’ lasciati appesi e che inesorabilmente infrangerei e a tutta un’altra serie di ‘non sono in grado’ che mi tengono legato qua.
Forse è che per davvero mi piace questo tipo di personaggio. È tagliato su misura per me; quello che poi ti racconta le storie e ti dice: avrei potuto essere questo e quello e un sacco di altre cose e invece eccomi qua su un marciapiede il sabato sera a bere una birra con i soliti amici di sempre. A invidiare, a provare gelosia, insicurezza. Che stronzo viene da pensare. Già, che stronzo.
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Fuga dal vuoto: Storie di uomini sconfitti di Jacques Oscar Lufuluabo. Recensione di Alessandria today
Un viaggio nell’animo umano tra sconfitte, paure e desiderio di evasione.
Un viaggio nell’animo umano tra sconfitte, paure e desiderio di evasione. Fuga dal vuoto: Storie di uomini sconfitti di Jacques Oscar Lufuluabo è una raccolta di racconti che esplora le ombre dell’esistenza umana, portando alla luce i tormenti interiori e le fragilità di uomini che si trovano in bilico tra resa e sopravvivenza. Ogni storia è un frammento di vita segnato da disillusione,…
#Alessandria today#alienazione#disillusione#esistenza e dolore.#Fuga dal vuoto#Google News#introspezione#italianewsmedia.com#Jacques Oscar Lufuluabo#letteratura di denuncia#letteratura drammatica#letteratura introspettiva#letture consigliate 2025#libri emozionanti#libri sull’inquietudine#Lotta interiore#narrativa contemporanea#narrativa d’autore#narrativa esistenziale#narrativa filosofica#narrativa noir#Pier Carlo Lava#psicologia e letteratura#Racconti di vita#Riflessioni sulla vita#romanzi contemporanei da leggere#Romanzi di introspezione#romanzi sul destino#romanzi sulla condizione umana#romanzi sulla fuga
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La notte in cui mi hai trovato
Non sapevo perché ero uscita quella sera. Forse era stata la noia, o forse la sensazione opprimente di quelle quattro mura che sembravano farsi sempre più strette intorno a me. L’aria notturna aveva sempre avuto un effetto calmante sui miei pensieri, come se la solitudine della strada e il silenzio del buio mi permettessero di ritrovare una parte di me stessa che si nascondeva durante il…
#Amore e introspezione al chiaro di luna#Incontri romantici dal sapore poetico#Racconti brevi emozionanti e intensi#Racconti romantici per giovani donne#Storie d’amore ricche di mistero
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Conversazione con Martina Gambardella
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Mi racconti come nasce il progetto Error?
Error nasce dal desiderio di approfondire ed espandere la ricerca coreografica che mi aveva guidata attraverso la creazione di Error#1. Il lavoro porta in scena il processo di apprendimento e il tentativo di sconfinamento di un corpo, celebrato momento per momento nel suo continuo errare ed accadere, nel suo muto ed inafferrabile con-fondersi e manifestarsi nel mezzo, nel passaggio tra il dentro e il fuori dello spazio che abita. Error#1 aveva lasciato aperte in me molte domande ed avevo sentito l’esigenza di continuare ad interrogare ed osservare da vicino quegli strumenti che avevo messo in gioco nella sua fase di creazione. Mi interessava espandere la durata della pratica che è alla base del lavoro, individuare dei principi che mi permettessero di poter leggere il corpo nel suo processo di decostruzione e di poterlo notare attraverso le sue fasi di transizione. Desideravo approfondire il tema dello sconfinamento nel corpo, comprenderne la natura, osservare il suo rapporto con la profondità, intesa non in termini di introspezione, quanto di partecipazione ad un essere senza limiti, ripercorrendone il senso che Maurice Marleau-Ponty ci offre all’interno del suo saggio L’Occhio e Lo Spirito. Mi interessava consegnare gradualmente il corpo ad uno spazio più ampio, interamente inglobato nel paesaggio, emancipandolo dalla sola relazione di frontalità che fino a quel momento aveva caratterizzato il lavoro. E ancora, desideravo fortemente portare l’intero progetto su un nuovo piano di esposizione e confronto, coinvolgendo nel processo di creazione il musicista Giuseppe Giroffi, il coreografo Daniele Ninarello in qualità di consulente al progetto e la light designer Alessia Massai.
Qual è l’immaginario che sta nutrendo il tuo percorso di ricerca?
Nel lavoro c’è un immediato richiamo alla glitch art, l’arte dell’errore. Nel mondo digitale, il glitch è un errore di sistema, uno scarto in grado di scompaginare l’unità, di decostruirla a tal punto da lasciarci scorgere un segreto, un linguaggio sotterraneo, primo ed originario che giace dietro l’intero. In Error, il corpo trova nell’errore l’infrazione, un punto di fuga e disordine che è il suo tentativo costante di agganciare l’origine, il suo sentire primo, per poter sconfinare e farsi altro da sé. Un elemento che nutre l’immaginario di Error è inoltre quello del viaggio, come processo di cambiamento del corpo e attraverso il corpo. Questo immaginario è intensificato dall’uso della videoproiezione, che inoltra lo spettatore nell’intermittenza di luci e laser catturati da vagoni di treni in movimento di passaggio tra gallerie e sotterranei. L’intero processo creativo di Error ha visto nel testo L’Occhio e lo Spirito di Maurice Marleau-Ponty, oltre che nella pratica dell’arte e nell’opera Ulls i creus en vertical di Antoni Tàpies, punti di riferimento e di snodo importanti per la sua realizzazione.
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A che punto sei del tuo percorso di ricerca e come si è sviluppato il lavoro durante le residenze di ResiDance XL?
Le tappe di residenza ResiDance XL svolte sono state estremamente significative non solo perchè mi hanno concesso il tempo necessario per avanzare nella scrittura del lavoro, ma anche perché mi hanno permesso di avvicinarmi ancora di più a quegli aspetti della ricerca che sento oggi l’urgenza e il desiderio di continuare ad interrogare nel mio percorso. L’arte come rivelazione del processo, il lavoro sulla dissezione del corpo, la ricerca di un’azione incorporata di movimento in grado di farci scrivere e ri-scrivere lo spazio che abitiamo, la possibilità di un corpo di farsi mezzo di cambiamento e risonanza dell’altro, nutrono oggi le mie visioni e prospettive. Nel corso delle prime due residenze per la realizzazione di Error mi sono dedicata rispettivamente alla ricerca e alla scrittura del lavoro. Per la prima tappa sono stata ospitata negli spazi del CID di Rovereto e qui mi sono dedicata all’osservazione della pratica e alla notazione di quei principi fisici e fasi di transizione che guidano l’intero processo. È stato un profondo lavoro di ascolto a livello anatomico delle separazioni delle parti, oltre che dei punti d’origine del movimento e dell’intensità e pressione di ogni azione. La ricerca nello studio è stata condivisa con il musicista Giuseppe Giroffi e con lui abbiamo interrogato la possibilità del suono di rendere sempre più immersiva l’esperienza sensoriale che lo spettatore fa del corpo. La seconda tappa di residenza ha avuto luogo ad Armunia, presso la Sala Nardini. In questa fase, che ho avuto l’opportunità di condividere per alcuni giorni con il consulente al progetto Daniele Ninarello e la light designer Alessia Massai, mi sono immersa totalmente nell’esplorazione dell’aspetto drammaturgico del progetto e del disegno luci, oltre che nel recupero di materiale video che avevo raccolto nel tempo ed archiviato.
Cosa significa per te come danzatrice e autrice abitare uno spazio di residenza?
Lo spazio di residenza è ed è stato per me un tempo prezioso per abitare fino in fondo la creazione, per interrogarla a tal punto da aprire e disordinare più volte il processo, metterlo in crisi e riagganciarlo da nuove prospettive. La dimensione di silenzio dei luoghi che ho attraversato e il dono di alcuni incontri anche fortuiti, hanno fatto sì che la residenza si rivelasse un’importante esperienza di soglia, concedendomi l’opportunità per poter restare immersa nella ricerca e al tempo stesso lasciarla esistere esposta allo scambio e al confronto con chi dall’esterno ne è venuto a contatto, lasciando depositare il proprio sguardo, le proprie sensazioni e i propri pensieri.
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#residenze 2021#martina gambardella#error#Network Anticorpi XL#Teatro Dimora#armunia#rovereto#oriente occidente#cid rovereto#conversazione#conversazioni 2021#intervista#interview
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Carissimo Even, amico fraterno e collaboratore.... Grazie di ❤️ per avermi inviato il tuo nuovo libro: "ANCHE SE MAURO NON C'ERA" Racconti per rabbia e altre emozioni NON VEDO L'ORA DI LEGGERLO🤗🌞❣️ "Anche se Mauro non c'era" è una raccolta di 11 racconti brevi dove scorrono frammenti di vita fatti di stupore, di legami, di ingiustizie che fanno male, di paure che condizionano una vita, di gente insopportabile, di parole che escono da una radio spinte dall'urgenza di essere dette. E poi, ancora, storie di dolore e parole troppo rimandate, di telefonate inaspettate a tratti sconvolgenti, di colpi di sonno e cinghiali su una strada verso il mare, di insegnanti che sprecano occasioni, di ospedali e cimiteri come mete per il fine settimana, di incubi notturni con risvegli decisamente migliori e di storie che non sarebbero mai dovute ricominciare. Undici racconti dove alle "cose" che succedono nelle vite delle persone si aggiungono quelle che accadono dentro le persone, tra i pensieri, i silenzi e i ricordi di un passato ancora presente. Undici storie per rabbia e altre emozioni, raccontate in equilibrio (precario) tra leggerezza e profondità, ironia e introspezione. Per chi desidera avere maggiori informazioni sul testo: https://www.google.com/amp/s/m.libreriauniversitaria.it/amp/product/BIT/9788864668178 · · · · · · · · · · · · · · · #libri #libridaleggere #bookstagram #librichepassione #leggere #libribelli #book #librisulibri #booklover #instalibri #books #instabook #leggeresempre #lettura #libro #libriovunque #librimania #libriconsigliati #libridaleggereprimadimorire #reading #bookphotography #consiglidilettura #leggerefabene #anchesemaurononcera #ioleggo #libriperbambini #bookaddict #librianas #bookworm #librinimarzolini (presso Rimini, Italy) https://www.instagram.com/p/CSMUTQxIQPH/?utm_medium=tumblr
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Wrap uppo anch’io questo mese di aprile superprolifico di letture. Non tutte soddisfacenti, ma non mi posso lamentare! 📚 Cinque Indagini Romane per Rocco Schiavone - ANTONIO MANZINI 4⭐️/5 Mi sembra siano passati anni da quando ho letto questo libro e invece è solo 1 mese. Devo riprendere Rocco al più presto. 📚 La Ragazza con la Leica - HELENA JANECZEK 4⭐️/5 Il mio primo premio Strega. Non sapevo niente della bellissima Gerda Taro ed è stato molto bello scoprirla attraverso chi la conosceva. 📚 Testimone Inconsapevole - GIANRICO CAROFIGLIO 3⭐️/5 Un altro primo approccio. Non sono una grande fan degli avvocati, meno degli avvocati depressi. Menomale che a un certo punto si riprende. 📚 Romanzo Rosa - STEFANIA BERTOLA 5⭐️/5 Un’altra autrice che non avevo mai conosciuto. il libro? Divertente e a tratti tenero, ho adorato! 📚 La Casa delle Voci - DONATO CARRISI 4⭐️/5 Stavolta Carrisi si è proprio superato: di solito mi delude, ma questa me la sono proprio guduta. 📚 Cari Mostri - STEFANO BENNI 5⭐️/5 Benni è una garanzia, e i suoi racconti: di più! 📚 l’Incubo di Hill House - SHIRLEY JACKSON 1⭐️/5 Mi aiutate a dire noioso? NOIOOOOOSO. 📚 La Sostanza del Male - LUCA D’ANDREA 4⭐️/5 Poca azione e molta introspezione ma comunque godibile. 📚 Enrico - FRANCEASCA GAROFALO 4⭐️/5 Con questo libro ho un legame speciale. Lumos! . . . #book #books #bookish #bookaholic #booklover #bookmaniac #bookworm #booknerd #bookstagram #bookstagrammer #bookshelf #reader #bibliophile #letture #leggere #libri #fantasy #tunabooks #tunalovesbooks (presso Rome, Italy) https://www.instagram.com/p/B_stUZfHcUv/?igshid=1iky03wbeeihm
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