#psicologia nei racconti
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pier-carlo-universe · 5 hours ago
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“La Crostata e altri racconti” di Vincenzo Di Giorgio.
Un viaggio nell’abisso umano tra crudeltà e riflessione L’essenza del dolore e la fragilità umana in sei racconti incisivi Con la raccolta “La Crostata e altri racconti”, Vincenzo Di Giorgio offre un’esperienza letteraria intensa, in cui il lettore è costretto a confrontarsi con la parte più oscura della natura umana. Ispirandosi alla penna tagliente di Patrick Süskind, l’autore esplora i…
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oltreilcieloeilmare · 2 years ago
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12/05/2023
Provo a scrivere, vediamo se funziona. Scrivere è il mio lavoro, lo faccio 8 ore al giorno. Scrivo di dentiere, di motozappe, di intermediari assicurativi, di aperitivi e opere d'arte, scrivo continuamente cose di cui mi interessa più o meno nulla. Voglio dire, va a finire che mi prendo bene, ma se non dovessi farlo per guadagnarmi da vivere farei altro. Sì, molto probabilmente scriverei lo stesso, ma lo farei in luoghi lontani. Scriverei articoli o libri sulle minoranze etniche nel mondo, come la comunità Karen; un saggio sul significato della parola "casa"; la storia di un amore bellissimo, magari di due persone che ho incontrato per caso in viaggio per il Giappone. Scriverei un libro di racconti o di poesie, la sceneggiatura di un documentario sull'universo. Studierei psicologia, fisica e astronomia. Avrei il tempo per imparare a suonare il pianoforte, per seguire un corso di pittura e uno di fotografia, tornerei a danzare, farei yoga in India. Vivrei a Parigi per un po', che è il mio sogno da sempre e non ci sono mai stata perché non ho trovato la persona giusta con cui andarci, o quando c'era non avevo i soldi per il viaggio. E mentre penso a tutto ciò che farei se non avessi bisogno di lavorare, un pensiero resta in sottofondo, fisso e trasparente. I pensieri in superficie sono colorati, stanno in alto e sono piccoli, lasciano spazio agli altri. Ma questo copre tutta la linea orizzontale in basso, da destra a sinistra e oltre. É il pensiero di te. Più precisamente, di te che vivi queste esperienze con me. No, non ti immagino mentre fai yoga, dipingi quadri o studi fisica. Ti penso accanto a me, tu impegnato nei tuoi interessi e io nei miei. Immagino che ci incontriamo in pausa pranzo per raccontarci qualcosa, che la sera ci si ritrova a casa per condividere del tempo insieme, per guardare un film dello Studio Ghibli o una serie che ci tiene azzeccati. Abbiamo sempre avuto gli stessi gusti su tante cose. Penso a come mi guarderesti, a come mi accarezzeresti la testa. Penso alla tua voce che mi sussurra "sei stanca, sei tanto stanca" per farmi addormentare, mentre mi avvolgi la schiena con il petto. Immagino di ridere insieme e di affrontare il buio con la tua mano nella mia. Penso a quanto faremmo l'amore e quanto sarebbe bello dirci ti amo alla fine. Penso al sapore della tua bocca, ai tuoi baffi e al tuo naso dritto. All'anello che porti al dito (a quello vecchio con le frecce, mi dispiace un pochino che tu l'abbia cambiato), alle tue mani delicate, ai tuoi occhi scuri e luminosi. Penso alla tua giacca verde, a te che mi vieni incontro e mi dici "ho tagliato i capelli così ti piaccio di più". La verità è che se mi soffermo su questo di pensiero, quello onnipresente, in basso e trasparente, si colora e prende spazio nascondendo tutti gli altri. Un misto di ricordi e desideri che riguardano tutti te, con me. La verità ancora più profonda è che non mi importa dove sono, se devo sacrificare il mio tempo al lavoro, se possiamo andare a Parigi o meno, se ci fossi tu con me sarei profondamente felice.
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heresiae · 3 years ago
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La situazione, ha scritto il Wall Street Journal, non è stata facilitata nemmeno dal grande scetticismo della popolazione nei confronti dei servizi meteorologici, che ha avuto effetti rilevanti: molte persone hanno aspettato fino all’ultimo momento utile per lasciare le proprie case, credendo che le previsioni fossero eccessivamente allarmistiche. Alcune delle zone in cui le evacuazioni hanno funzionato meglio sono quelle in cui sono ancora in uso le sirene utilizzate durante i raid aerei nella Seconda guerra mondiale, dismesse in gran parte della Germania.
In diverse aree solo il suono delle sirene avrebbe convinto le persone a lasciare le case: secondo Ulrike Schmidt-Kessler, portavoce della città di Wuppertal, nella Renania Settentrionale-Vestfalia, le sirene si sarebbero rivelate più efficaci degli strumenti digitali di allarme «dato che non tutti hanno un’app e non possiamo fare affidamento sui telefoni cellulari perché la connessione può perdersi in caso di alluvioni, come è effettivamente accaduto».
Fatemi ignorare un attimo la tragedia per evidenziare un semplice fatto di come funziona la psicologia umana, che è anche parte del mio lavoro di uxer (perché gli uxer non lavorano solo nel web, moltissimi lavorano nella vita reale, sono quelli che vi creano i labirinti Ikea per esempio).
Primo grassetto: pacifico. Quante volte io o voi abbiamo aperto ilmeteo.it sapendo che, se ci sarebbe stato scritto "diluvio universale" sarebbero state invece quattro gocce? La verità è che le app meteorologiche vanno a periodi. Al momento 3BMeteo è la più affidabile (nel nord ovest italiano), ma c'è stato un periodo in cui non lo era. Senza contare che, se me lo dice un app cmeteo io non mi sento in dovere di seguire quello che è un consiglio, non un ordine. Onestamente, nemmeno io se MeteoAM mi avesse mandato una notifica dicendo "ocio che piove a sufficienza da far resuscitare Noè" non ci avrei dato troppa retta. Me l'avesse detto "Io" invece forse sarebbe diverso.
Secondo grassetto: ditemi, in tutta onestà, se domani suonassero le sirene, quelle da raid, chi di voi non verrebbe preso malissimo dall'ansia e non inizierebbe il fuggi fuggi generale? Appunto. Le sirene sono qualcosa che conosciamo da decenni, vuoi per racconti dei nonni, vuoi per i svariati film e telefilm che abbiamo visto, ma sono grossa parte del nostro immaginario culturale e, soprattutto, sappiamo benissimo cosa significa: pericolo mortale, levatevi dal cazzo. Hanno sostituito la campana dall'allarme (quella della chiesa di paese insomma) e quindi siamo programmati da un paio di millenni a rispondergli.
La ux funziona proprio così: trovare i modi più naturali con cui le persone reagiscono e rispondono meglio alle cose per incanalarli sul percorso giusto.
Ora, gli esperti che (spero) i tedeschi chiameranno per rivedere tutto il loro sistema di protezione civile non si faranno chiamare uxer, ma alla fine della fiera quello faranno: creare percorsi di vario genere con accessi diversi a seconda delle macro categorie di cittadini, in modo che, la prossima volta, possano essere in grado di raccoglierli tutti. Anche a costo di reinstallare le sirene da raid, direi io.
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tarditardi · 4 years ago
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Azora Rais, "Tutto per invidia" è il titolo del nuovo libro
"Tutto per invidia" è il nuovo libro di Azora Rais. Scrittrice, cantante, modella, Azora Rais è un talento multiforme che è sbocciato in Bulgaria, il suo paese d'origine. Da qualche tempo si è però fatta conoscere anche in Italia proprio come scrittrice e non solo come modella e cantante. Azora Rais, nel nostro paese è infatti conosciuta anche per aver interpretato tante canzoni dance (incluse in tante compilation di Radio m2o e pubblicate in diversi paesi, oltre all'Italia, tra Austria, Repubblica Ceca, USA) e come attrice nella fiction "Distretto di polizia 4". Non c'è solo lo show business e la scrittura nel suo background. Ha conseguito due lauree, una in Scienze Politiche e una in Psicologia.  "L'oroscopo intimo" (Albatros), il suo libro precedente, uscito nel novembre 2018, è stato un notevole successo. L'editore di "Tutto per invidia", il suo nuovo libro, sarà ancora Albatros e la data di uscita sarà comunicata nei prossimi giorni. Abbiamo incontrato Azora, che ci ha raccontato come è nato questo suo nuovo libro.
Come hai iniziato a scrivere?
"Scrivo da sempre. Quando avevo 10 anni ho vinto un concorso letterario per i bambini. Ho cominciato con la poesia e piccoli racconti. Poi è subentrato l'amore per la psicologia e l'astrologia"
Che tipo di libri scrivi? "I miei non sono romanzi filosofici, bensì libri divertenti e facili da leggere. 'L'Oroscopo intimo', ad esempio, racconta l'astrologia da un punto di vista psicologico ma anche erotico, mentre 'Tutto per invidia' è dedicato a quell'impulso primordiale che tutti noi conosciamo ".
Il tuo nuovo libro, "Tutto per Invidia", parte anche da una tua esperienza personale? Sei una modella di successo: sei stata Miss Bulgaria e playmate di "Playboy" Italia 2019….
"Direi proprio di sì. Il libro dell'invidia è lungo duecento pagine ma poteva essere anche mille. Sono stata testimone di comportamenti orrendi e anche di sentimenti molto belli e commoventi. Mi meraviglia la capacità degli esseri umani di essere cosi perbenisti con se stessi e nello stesso modo di una cattiveria estrema quando si tratta degli altri. Tutto dipende dalla singola persona, ma credo il libro sia interessante appunto perché collega l'invidia con la gelosia. All'interno ci sono ricette  per vincere le emozioni negative, per uscire da una situazione di disagio e tristezza con la forza che tutti noi abbiamo dentro. Bisogna solo ritrovarla".  
Quindi ognuno di noi ha questa forza interna per neutralizzare le emozioni negative?
"Certo! Sono molto contenta quando un lettore mi scrive che i miei libri hanno cambiato o migliorato il suo modo di vedere se stesso e gli altri. Ognuno di noi può evolversi e creare emozioni positive intorno al suo mondo. Ognuno può crescere, maturare, cercare di capire il prossimo e diventare empatici. L'invidia e la gelosia, specialmente se diventano patologiche, generano solo l'odio e la divisione. Sono peggio del razzismo e della xenofobia".
Il sito ufficiale di Azora Rais https://www.azora.it/
Una recente intervista ad Azora Rais   https://www.internationalblog.eu/intervista-ad-azora-rais-sul-suo-nuovo-libro-oroscopo-intimo/
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bibliotecasanvalentino · 4 years ago
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In Biblioteca puoi scoprire autori e opere che non conoscevi o di cui avevi sentito parlare ma che ancora non avevi avuto modo di leggere. Ed è per questo che abbiamo deciso di dedicare un angolo alla scoperta di questi "tesori nascosti".
Oggi l'opera e l’autrice prescelte sono: "Donne che corrono coi lupi" di Clarissa Pinkola Estés.
Più che un libro, una rivelazione, un viaggio di scoperta attraverso una dimensione di consapevolezza, appartenenza e mistero. Pagine a formare una storia che è calzata perfettamente alle vicende, alle esperienze ed al vissuto appartenente non solo al mio orizzonte personale, ma anche vicino al sentire di chi questo libro (tantissimo tempo fa, ormai!) me l’ha consigliato e, infine, regalato.
Personalmente, fatico ad accostarmi a letture considerate “cult”, casi letterari, indicati quasi come panacea e rimedio certo, con la “pretesa” di migliorare e cambiarti la vita, “attaccandosi” alle tue abitudini, al modo stesso in cui ti affacci e stai al mondo. Tuttavia, ci sono libri che entrano in punta di piedi, avanzano in un sussurro e più che depositarsi tra le braccia, ti fanno inciampare, capitando d’intralcio. Costituiscono un pungolo e favoriscono curiosità e domande, sollevando dubbi e accendendo la riflessione: un insinuarsi delicato ma “rapace” all’attenzione del lettore. È questo il caso dell’opera della psicanalista junghiana, Clarissa Pinkola Estés, la quale affronta in modo originalissimo l’intuizione della Donna Selvaggia, intesa come forza psichica potente, istintuale e creatrice, lupa ferina e al contempo materna, ma soffocata da paure, pudore, insicurezze e stereotipi.
Senza alcun intento dottrinale o marcatamente didascalico, l’autrice si fa interprete di pagine dense, ricche, indimenticabili, un capolavoro di arte, poesia, psicologia e spiritualità. E lo fa attraverso l’espediente narrativo della fiaba e del mito, aspetto che ho apprezzato moltissimo, considerando, da sempre, importante e prezioso tutto quel ricco materiale e quel patrimonio costituito dai racconti popolari, i miti e le fiabe. Proprio attingendo alle narrazioni appartenenti alle più varie tradizioni culturali, il momento della lettura può diventare, in questo caso, anche il luogo del sogno e del reale, del naturale, del ferino e del primordiale, quasi un ritorno all’origine, in una visione spiccatamente femminile, resa sì dalla sensibilità di una donna che scrive di e per donne, ma non solo. L’autrice, di origini ispano-messicane, fonda con questo saggio una vera e propria psicanalisi del femminile, costruita intorno allo straordinario archetipo della Donna Selvaggia, affrontando le tappe di iniziazione della vita di una donna, e cioè quei momenti decisivi e critici (nel senso di cambiamento e trasformazione) che segnano in vario modo le tappe di crescita e sviluppo della psiche femminile. Il tutto è però reso in modo particolare, avvincente, in modo tale da avvicinare e trattenere il lettore, e cioè, raccontando delle storie. Del resto, ogni storia riporta alla luce e narra qualcosa di antico e ancestrale, ha il potere e il profumo di balsamo rinvigorente, lenisce e placa le ferite dell’animo. “Le storie sono medicine dell’anima e portano ancora oggi messaggi profondi e antichi”, come ricorda l’autrice. Alcune delle vicende qui suggerite appartengono al repertorio classico del folklore o del mito, come “Il Brutto Anatroccolo”, “La Piccola Fiammiferaia”, “Barbablù” o il mito di Demetra, altre, invece, sono ascrivibili a culture e paesi meno noti ma non per questo meno affascinanti (“La loba”, “Vassilissa”, “La donna scheletro”, etc.).
La Pinkola Estés non solo è psicoterapeuta, ma anche “cantadora”, sa essere “suadente” affabulatrice, nonché studiosa e appassionata di folklore popolare, un interesse che l’ha portata a compiere numerosi viaggi alla ricerca di tradizioni, culti, ritualità e leggende, che costituiscono il vero bottino racchiuso entro le “rumorose” pagine di questo saggio. E sono fogli rumorosi poiché sollevano domande, scuotono più che placare, offrono una cura (mai definitiva), alzando quel vento sottile che induce ad ascoltare e tacere. È un rimando e un invito all’approfondimento e al raccogliersi, attraverso la lettura dei vari capitoli in cui è suddivisa la narrazione, capitoli ciascuno dei quali incentrato su una o più storie, a suggerire e incontrare il pensiero, il commento, la riflessione dell’autrice. Se è vero, come detto, che ogni storia risuona di un’eco lontana, un riverbero che rapisce e racconta di accadimenti distanti nel tempo, nello spazio e anche, a volte, lontanissimi dal proprio scorcio culturale, tuttavia, ogni storia può diventare la propria storia, con più di un punto di contatto con il quotidiano, grazie a continui spunti di riflessione. L’aspetto più interessante di questa narrazione, a mio avviso, è il suo lasciare più domande che risposte, il tracciare una rotta non già preordinata e immutabile, il segnare un sentiero con la consapevolezza di potersene allontanare e con la possibilità di intraprenderne ramificazioni differenti accettando il rischio di non volgersi indietro.
Qualche cenno sull’autrice… Clarissa Pinkola Estès (Indiana, 27 gennaio 1945) è una scrittrice, poetessa e psicoanalista statunitense, specialista in disturbi post-traumatici. Nata da una famiglia ispano-messicana, all'età di 4 anni è stata adottata da una famiglia ungherese. È cresciuta nei pressi della frontiera del Michiana, a nord del Midwest. Verso la fine degli anni sessanta è emigrata a occidente, verso le Montagne Rocciose, dove è vissuta a contatto con persone provenienti dalle più svariate parti del mondo. Si è laureata in psicologia etno-clinica e si è poi specializzata in psicologia analitica. È stata direttrice del C.G. Jung Center di Denver. Nei quattro anni successivi al massacro alla Columbine High School si è occupata del sostegno psicologico alla comunità. Dopo l'11 settembre 2001 ha lavorato con i sopravvissuti e con i familiari delle vittime della costa occidentale e orientale degli Stati Uniti. Recensione a cura di Rita Pagliara
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cosastratta · 4 years ago
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Ciò che permane è ciò che realmente conta.
Il tuo amore per me, il mio amore per te, supereremo anche questo.
Sarebbe interessante approfondire la controversia su quale sia il più predominante tra i sentimenti: paura o amore?
È meglio controllare una nazione o guidarla negli interessi di ogni singolo?
La seconda suona un po' come utopia ma grazie ai miei studi di psicologia sto apprendendo che il punto fino al quale riusciamo a spingerci con i nostri pensieri è fortemente influenzato dalle nostre esperienze passate e non solo da quello che abbiamo necessariamente sperimentato in prima persona ma anche da ciò che abbiamo da ereditato dal passato.
Riguardo a questa ultima considerazione ritengo che il ‘passato’ sia fortemente diverso da come ci viene presentato nei libri di storia o attraverso i racconti di persone che magari hanno assistito a certi eventi personalmente.
I nostri ricordi sono molto labili, così come può variare la parte di verità che decidiamo di conservare o apprendere di un’esperienza.
A volte non si tratta nemmeno di una scelta cosciente ma più che altro di ciò che siamo effettivamente capaci di recepire.
La cultura in questo senso aiuta molto perché espandere le porte della nostra conoscenza e del nostro vocabolario ci aiuta concretamente ad ampliare anche la profondità e varietà dei nostri pensieri.
Quindi, tornando al fulcro principale del discorso, semplicemente perché in passato non si è fatto esperienza di una dato evento non significa che questo non possa concretizzarsi nel futuro: il passato non ci rende schiavi di una realtà destinata a ripetersi perpetuamente -malgrado la storia presenti molte analogie tra i vari periodi storici- ma ci offre l’opportunità di imparare dai nostri errori.
E’ come un trauma.
Il passato è un trauma causato dalle atrocità della storia che collettivamente – come popolo mondiale- tendiamo a riproporre per ricreare dei contesti che ci permettano di sfidare e superare le nostre difficoltà radicate all’origine di tutto questo processo.
Questa catena però può essere spezzata, come già detto non esiste nessuna condanna definitiva o sentenza inalienabile: il segreto sta nel cambiare prospettiva.
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unrelletable · 5 years ago
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Uno degli obiettivi che mi ero prefissata di raggiungere nel 2020 era quello di impegnarmi per leggere di più. Lo scorso anno avevo deciso che avrei letto almeno venticinque libri, e, dal momento che allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre ero riuscita a superare la quota con un vantaggio di undici, per quest’anno ho alzato l’asticella a quaranta. Se la pandemia non avesse colpito il nostro pianeta, è alquanto improbabile che sarei stata in grado di trovare tutto il tempo necessario per riuscirci addirittura prima dello scadere dei primi sei mesi dell’anno.
Considerato che nonostante le misure restrittive si siano leggermente allentate, per lo meno in Italia, molte persone si ritrovano ancora con immensi spazi vuoti da dover riempire nelle proprie giornate, ho pensato che condividere l’elenco di quanto letto finora potesse essere utile per dare qualche spunto sulle prossime pagine da sfogliare.  Oltre che per alimentare ulteriormente la mia vena di egocentrismo che deriva dall’essere riuscita a completare questo compito autoimposto. I titoli sono in ordire cronologico e i giudizi che saranno al loro fianco non rispecchiano altro che la mia semplice, e priva di qualsiasi competenza in ambito letterario, opinione. Quindi, take it easy.
1. China Girl, Don Wislow (3/5): preso in prestito per sbaglio - il mio obiettivo era King Kong Girl, ma devo aver avuto un momento di confusione di fronte allo scaffale della biblioteca - si è rilevato come niente male. Forse un po’ troppo pedante su certe descrizioni, ma con un colpo di scena finale decisamente inatteso.
2. Divorziare con stile, Diego de Silva (5/5): è divertente, ironico e con un pizzico di scetticismo riguardo alla vita di tutti i giorni. Ho fatto fatica a trattenermi dalle risate su un regionale pieno zeppo di gente.
3. Cat person, Kristen Roupenian (4/5): tanti piccoli racconti più o meno verosimili che, una volta terminati, sembra ti abbiano scagliato contro un bel numero di pugni dritti allo stomaco.
4. Gli uomini mi spiegano le cose, Rebecca Solnit (4/5): il primo non-fiction dell’anno e il primo non-fiction in cui mi sono finalmente sentita compresa. Un passaggio obbligato per la letteratura femminista.
5. Chilografia, Domitilla Pirro (5/5): un’esistenza fin troppo comune con un finale tutt’altro che banale. L’ho adorato.
6. Io Khaled vendo uomini e sono innocente, Francesca Mannocchi (5/5): è uno di quei libri a metà tra finzione e realtà; non si capisce dove cominci una e finisca l’altra e forse, per le nostre coscienze occidentali, è meglio non porci proprio la domanda. 
7. L’amore che mi resta, Michela Marzano (5/5): nella classifica dei libri ‘pugni allo stomaco’, questo si piazza senza dubbio sul podio. Un viaggio doloroso alla scoperta di sé e della legittimità dei propri desideri.
8. Testosterone Rex, Cordelia Fine (4/5): non sono un’appassionata di scienza, ma se trecento pagine servono a smentire scientificamente che il testosterone sia la causa naturale dei comportamenti maschili allora mi troverete a leggerle dalla prima all’ultima.
9. Vita segreta di noi stesse, Wednesday Martin (5/5): un inno alla necessità e all’importanza della libertà femminile, in tutti i campi. Quello sessuale in primis.
10. Ultima fermata Delicious, James Hannaham (5/5): struggente, intenso e realistico a dir poco. A riprova che, in certe condizioni, l’amore di una madre per il proprio figlio possa incontrare degli ostacoli insormontabili.
11. L’anno in cui imparai a leggere, Marco Marsullo (5/5): un libro che racconta una storia d’amore decisamente anticonvenzionale. Vi scalderà il cuore.
12. Citizen, Claudia Rankine (5/5): uno spaccato crudo e vivido di cosa significhi affrontare la vita di tutti i giorni nella pelle e nel corpo di una donna afroamericana. Se dovessi descriverlo con un solo aggettivo, quello sarebbe ‘potente’.
13. Due o tre cose che so di sicuro, Dorothy Allison (5/5): l’unico modo per poter capire di cosa tratti questo libro è quello di leggerlo. Con attenzione, delicatezza e rabbia.
14. La libertà possibile, Margaret Sexton (4/5): tre generazioni che si incrociano e faticano a comprendersi. Affascinante.
15. Confidenza, Domenico Starnone (1/5): forse non l’ho compreso del tutto, ma purtroppo è il libro che mi ha lasciato poco o nulla. Lo stile non è male, ma è la storia a non reggere più di tanto. Ripeto, si tratta solo del mio giudizio personale.
16. King Kong Girl, Virginie Despentes (5/5): tutto quello che ho sempre pensato e sostenuto messo nero su bianco con una maestria impeccabile. E’ diventato la mia nuova Bibbia.
17. Psicologia del maschilismo, Chiara Volpato (5/5): vale quanto detto sopra. Uno scorcio sui meccanismi che regolano la nostra società, e la realtà italiana in particolare.
18. Donne, razza e classe, Angela Davis (5/5): se mai qualcuno potesse avere dubbi sul fatto che il femminismo debba abbandonare l’idea di proporsi come movimento per la liberazione femminile attraverso un’ottica esclusivamente bianca e occidentale, gli dia un’occhiata. Un’altra pietra miliare per comprendere un po’ di più le realtà che ci appaiono estremamente lontane, ma che sono più vicine di quanto non siamo disposti a credere.
19. Irresistibile, Adam Alter (2/5):  la spiegazione con dati alla mano del perché non riusciamo a staccarci dalle nostre nuove appendici digitali. Non dà troppi consigli pratici su come liberarsene, ma dopo averlo terminato ho cercato di tenere il cellulare il più lontano possibile.
20. Half of a yellow sun, Chiamamanda Ngozi Adichie (5/5): ne ho parlato e riparlato almeno un milione di volte. Probabilmente il mio romanzo preferito in assoluto. 
21. Acciaio, Silvia Avallone (5/5): il libro che ha inaugurato la stagione delle riletture dopo che la mia biblioteca è stata chiusa per l’emergenza coronavirus. Potente e straziante come la prima volta.
22. Da dove la vita è perfetta, Silvia Avallone (5/5): le pagine che sanno fin troppo di casa. Nel bene e nel male. 
23. Perduti nei quartieri spagnoli, Heddi Goodrich (2/5): tutto il fascino di Napoli raccontato dagli occhi innocenti di una studentessa universitaria. Mi ci ha fatto innamorare di nuovo.
24. Shantaram, Gregory David Roberts (5/5): un inno d’amore per l’India e tutto ciò che essa rappresenta. Struggente.
25. Noi, ragazzi dello zoo di Berlino, Christiane F. (3/5): la sensazione di disagio comincia alla prima pagina e non abbandona mai. E’ proprio lì, alla bocca dello stomaco, e non se ne va nemmeno dopo aver posato gli occhi sull’ultima frase.
26. Il potere di adesso, Eckhart Tolle (1/5): gli spunti sono interessanti, ma non vengono approfonditi quanto sarebbe necessario. La scrittura è a dir poco terribile, e dubito che sia tutta colpa della traduzione.
27. La paranza dei bambini, Roberto Saviano (5/5): la prima opera di Saviano che abbia mai letto e che mi ha affascinato dalla prima riga. La sua Napoli è ineguagliabile.
28. Bacio feroce, Roberto Saviano (4/5): i sequel tendono sempre a non entusiasmarmi quanto gli originali. O forse avrei solo voluto un finale totalmente diverso. Quattrocento pagine vissute sul filo di un rasoio sperando in una boccata d’aria che non arriva.
29. Non ti muovere, Margaret Mazzantini (4/5): da leggere tutto d’un fiato, come si vivono le storie clandestine che, alle volte, sono decisamente più autentiche di quelle legittime.
30. Non ho mai avuto la mia età, Antonio Dikele Distefano (3/5): il tema è fortissimo e alcune pagine sono di un’intensità spaventosa. Una citazione ha preso posto anche nella mia tesi di laurea.
31. Fuori piove, dentro pure, passo a prenderti?, Antonio Dikele Distefano (2/5): è quello che deifinirei un comfort book. L’equivalente di un panino del McDonald’s o delle cucchiaiate direttamente dal vasetto di Nutella dopo una rottura con il fidanzato. Non per tutti i giorni, ma solo per quelli in cui si ha un bisogno quasi viscerale di essere certi di non essere gli unici a provare determinate emozioni.
32. Us, David Nicholls (5/5): una storia d’amore anticonvenzionale, o fin troppo convenzionale. Non so se preferisco questo a One Day. Irriverente e leggermente sbadato come il suo protagonista.
33. Le luci delle case degli altri, Chiara Gamberale (4/5): ne avevo sentito parlare come di un assoluto capolavoro, e forse le mie aspettative ne sono state influenzate. L’idea di fondo è geniale, ma si perde un po’ nel finale.
34. La ragazza del treno, Paula Hawkins (5/5): letteralmente trangugiato in meno di ventiquattro ore perché non sopportavo l’idea di andare a letto senza conoscere tutta la verità. O, più realisticamente, non sarei riuscita ad addormentarmi con l’angoscia addosso.
35. Isola di Neve, Valentina d’Urbano (5/5): una piacevolissima sorpresa. Il colpo di scena finale vi emozionerà.
36. La bambina che scriveva sulla sabbia, Greg Morteson (2/5): non si tratta del mio genere preferito, e il mio giudizio ne ha risentito. Una storia di speranza senza, per fortuna, quella mania di protagonismo assoluto dei volontari occidentali.
37. Il pianista di Yarmouk, Aeham Ahmad (2/5): la guerra in Siria da un punto di vista che troppo spesso viene trascurato, quello di coloro che l’hanno vissuta - e la stanno vivendo - sulla propria pelle. 
38. Dritto al sodo, Greg McKeown (4/5): se avete bisogno di un segno che vi dica di smettere di fare ciò che odiate e di dedicarvi a quello che vi rende felici, eccolo qui. Semplice, efficace e motivante.
39. Prima che tu venga al mondo, Massimo Gramellini (5/5): una lettera d’amore ad un figlio che deve ancora nascere. La dolcezza equivale, almeno in quantità, la simpatia. Bellissimo.
40. L’amore che dura, Lidia Ravera (5/5): il libro giusto al momento giusto. Non saprei come altro descriverlo.
- i miei (primi) 40 libri del 2020
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pangeanews · 5 years ago
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Il vero 007 è lui! Storia di Peter Fleming, il fratello dell’inventore di James Bond, uno scrittore di genio
Countdown nel mondo inglese per l’uscita di 007 No Time to Die. Uscirà a fine anno. BBC infioretta raccontando che Billie Eilish (sì, la tenerella di Everything I wanted) ha lanciato la canzone che sarà la sigla dell’ultimo 007. Il testo tradotto qui e là dice: Avrei dovuto sapere che me ne sarei andata. Sono caduta davanti a una bugia. Sei morte o paradiso? Ora non mi vedrai piangere. È che non c’è tempo di morire.
*
Complimenti, clap clap. Siamo riusciti a far passare Bond dalla parte degli emo: Il sangue che versi è il sangue che mi devi. Sono stato stupida ad amarti? Non avevo pensato alle conseguenze? Per BBC si tratta di romantic betrayal. Tradimento romantico. Sarà. A me pare il solito modo di sguinzagliare il marketing dietro alla società pop dei giovani per portare più gente in sala. Gli inglesi sanno farlo con garbo e senza scrupoli.
*
Eppure. Nel 2006, quando Craig esordiva con Casino Royale, la voce della canzone in sigla era Chris Cornell (You know my name): Se prendi una vita devi sapere cosa darai, sono occasioni che vanno e vengono, ecco. Quando scoppia la tempesta sarai con me, dalla parte di quelli senza pietà che ho tradito. Ho visto angeli cadere da altezze accecanti, e tu non sei nulla di così divino. Sei solo qui accanto. Armati perché nessuno ti salverà. Le occasioni ti tradiranno. E io ti rimpiazzerò… Il sangue più freddo scorre nelle mie vene. Sai il mio nome. Prova a nascondere la tua mano. Dimentica come si sentono le emozioni. Ben altro rispetto a Billie Eilish…
*
Anche nel 2008, con Quantum of Solace, la voce femminile di Alicia Keys (Another way to die) spaccava così all’inizio: Un’altra chiamata dalla regina, il dito scorre liscio sul grilletto. Un’altra chiamata da una lingua d’oro che ti avvelena la fantasia. Un altro conto da un killer ti ha fatto passare dal thriller alla tragedia… Sentire la musica in luoghi fuori contesto aiuta. Credo si chiami straniamento: che ne so, provate a sentire le canzoni di Bond in un’altra prospettiva.
*
Comunque, qui da noi c’è sempre un po’ il rischio che essere fan di 007 sia roba da ispettore della guardia di finanza, un tocco da sfigati. Nel Regno Unito invece è il solito movimento di massa. Se guardi 007 capisci le loro tendenze, o almeno ne catturi un’istantanea. Lo spiega benissimo il solito Anthony Burgess in un articolo di Life del febbraio 1987. Titolo – Giubileo di Bond. A venticinque anni dal Dottor No, che era il cattivone del primo film uscito nel 1962.
*
Col consueto intuito da sciacallo onnivoro, Burgess annota che il personaggio dell’agente 007 “apparve sulla scena al momento giusto, quando CIA umiliava MI5… Bond invece era patriottico, duro, coraggioso e non veniva da un’ascesi da doccia fredda. Ricordava al lettore britannico le qualità che sembravano andate perdute. Fleming sognò uno spionaggio più ingegnoso, osò di più rispetto alla realtà e diede infine al suo uomo la licenza di uccidere”.
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Peter Fleming nel Mato Grosso, 1932
Non si fa mancare il sale: “l’eterosessualità di Bond è vigorosa e viaggia in un’altra classifica. Il suo sangue scozzese gli garantisce un integro patriottismo”. E neanche il pepe: “I professori di francese non sapranno dirci a cosa si deve il nome Bond. Non sembra un richiamo al bondage per quanto bond suggerisca che il nostro uomo sia legato a qualcosa – onore, patria, una qualche virtù astratta. Fleming scelse questo nome perché era abbastanza blando e per niente aggressivo”.
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In realtà Burgess sa come stanno le cose, gioca a carte col lettore. Ecco da dove viene il nome in codice, l’unico che vale: “Il nome 007 si deve al carro postale notturno di una piccola ma celebre storia di Kipling, e a sua volta Kipling lo aveva preso dal codice che l’astrologo John Dee usava per i suoi dispacci spionistici alla regina Elisabetta quando era infiltrato alla corte spagnola. Mentre osa il tutto per tutto al servizio di Sua Maestà la regina, James Bond evoca nell’era di Elisabetta II il glamour e il pericolo del regno di Elisabetta I”. Se volete leggere qualcosa su John Dee, c’è L’angelo della finestra d��Occidente, di Gustav Meyrink. Stampa nientepopodimeno che Adelphi.
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Burgess aveva lavorato alla sceneggiatura di La spia che mi amava, l’unico libro di Fleming scritto dal punto di vista femminile. Quindi sa cosa sta dicendo quando scrive che “nei libri di 007 il sesso è tenerezza, nei film è mero titillare… I libri sono deboli per psicologia umana, un poco impacciati nel dialogo, assurdi per trama e non hanno humour ma sono ben scritti e francamente affidabili per la loro informazione di background. L’agenzia di controspionaggio sovietica Smersh esiste, Spectre no”.
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Traduco il finale del pezzo di Burgess, la chiave affilata del discorso che stavo cercando di fare all’inizio: “Vorrei porre l’accento su questo: le stravaganze di Bond rappresentano un genere speciale di intrattenimento dove la fantasia del produttore di film ha il permesso di varcare il limite e tutto è racchiuso in una macchina perfetta, in una lezione di morale. Sono film a tutto tondo allo stesso modo di quelli Disney ma, diversamente da questi, sono sofisticati e non possono esser presi senza accettare al contempo il mondo delle alte sfere con la sua genuina malevolenza e quel che si dice ‘stato dell’arte tecnologica’. Le ragazze sono sexy e Bond parte con loro con lo sguardo lascivo da giocatore di football americano. Ma non ci sono orgasmi: sono riservati alle fughe da pericoli impossibili. C’è anche qualcosa che chiamerei urbanità, buone maniere e ironia (Prenda con sé Mr Bond e lo metta in condizioni di farsi del male). C’è il senso di una civiltà ben oliata, i nemici restano fuori, in un mondo a parte maniaco e malvagio. È probabile che in futuro gli storici troveranno nei film di Bond i sogni dei suoi contemporanei, uomini e probabilmente anche donne. L’intrattenimento a volte può servire uno scopo più profondo di quel che i suoi sostenitori sono in grado di dirci”.
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A questo punto, domanda sensata. Chi era il creatore di Bond, Ian Fleming? Era un fratello minore, tanto per cominciare. Il più grande era Peter, classe 1907, che a 29 anni affronta un viaggio in Tibet e Cina per conto dei Servizi esteri insieme a una fotografa svizzera. Da capogiro. Insomma Peter è il sostegno del fratellino, anche se poi Ian farà gavetta in guerra nel controspionaggio e si inventerà un agente fighissimo, da romanzo, per darsi un tono.
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Ian ha solo un anno in meno del fratellone. Per Burgess “era uno scozzese godereccio toccato da un puritanesimo ancestrale, beveva martini vodka agitato non mescolato, fumava sempre le sigarette più pesanti sul mercato e, prima del suo ultimo matrimonio, faceva l’amore in modo freddo e promiscuo”. Sarà… comunque campa fino al 1964. Il fratellone, più sano e robusto, se ne va nel 1971 e fa scrivere al giornalista del NY Times “ebbe una carriera poco convenzionale nella Seconda guerra servendo nella Guardia Granatieri dopo il ritiro dalla Norvegia nel 1940, organizzando una linea di resistenza a Hitler in Inghilterra con armi ed esplosivi nel caso i tedeschi fossero sbarcati. Lo stesso in Grecia dopo l’occupazione tedesca. Poi andò in Asia per far sgomberare le truppe dalla Birmania in India e trasmise ai giapponesi dei piani di guerra. Chiaramente, erano falsificati. Sulla sua resistenza a Hitler scrisse il romanzo Invasione 1940”. In effetti anche gli altri titoli sono fantastici: Sconfitta a Pechino, Baionette fino a Ihasa, Il destino dell’ammiraglio Kolchak.
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A breve potremo gustare qualcosa di questo scrittore. Nutrimenti aveva già dato la sua Avventura brasiliana e tra poco sarà rieditata. È la storia autoironica di Peter che va nella foresta amazzonica a 26 anni in cerca di un esploratore scomparso e torna a mani vuote. Fine dei tempi eroici dell’imperialismo: anche se erano entrambi, Peter e il suo compagno di viaggio, il bischero Percy Fawcett, figli di college e di Impero.
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Per i fratelli Fleming, invece, qualche brivido dickensiano & massonico, ma poco di più. Quindi anche lo sguardo è a suo modo limitato, specie negli scritti-reportage di Peter sulla Rivolta del Boxer, di cui parlano ampiamente, con sapidi racconti, anche le memorie dei diplomatici italiani in loco. Il tutto passando per il Tibet. Forse c’era nei Fleming qualche interesse verso le tradizioni esoteriche che titillavano la poca cervice tedesca: vedere per credere l’introduzione di Peter a I sette anni in Tibet di Heinrich Harrer.
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Comunque sia, va detto che la pappa verbale inglese non si presta a raccontare la geopolitica. L’inglese funziona bene però come lingua avventurosa e Peter resta scrittore migliore del fratellino Ian. Ecco ad esempio come incomincia il testo che lesse dopo il viaggio in Asia a 27 anni, nel 1936 (ora su The Geographical Journal, vol. 88 agosto 1936): “In questi giorni immagino sia piuttosto inconsueto che le forze militari adottino una procedura che le porti a impegnare il loro potere di guerra in un territorio che appartenga a un altro potere senza che un governo dica nulla all’altro prima dell’evento. Eppure i russi sono molto abili a gestirla così, principalmente soffiando tutt’intorno storie falsissime e lasciandole depositare nelle varie province, senza consentire ad altre versioni dei fatti di entrare nelle province manipolate”. Non male, dai…
Andrea Bianchi
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cimeetempestose · 6 years ago
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ei ciao, come stai? chissà se ti ricordi ancora di me; è un po' che non ci sentiamo, ma per colpa mia, di questo però parlerò più tardi.
sono le 9:26 PM e sto scrivendo questa cosuccia totalmente a caso. tra qualche ora, il sette maggio, farai 17 anni.
ti ho conosciuto quei primi di agosto, ed eri così diverso; credo tu ad ora sia cambiato parecchio, sia più consapevole di molte più cose: dell'amore, della sofferenza, di quelle qualità che possiedi e che se usate male possono ferire molto profondamente.
prima ho detto che non ci sentiamo più per colpa mia, ed è vero perché definitivamente sono stata io ad allontanarti. ero stanca delle continue scoperte che facevo, di quella storia che riusciva sempre allo scoperto, delle promesse che non hai mantenuto e di quello che ormai eri diventato nei miei confronti e per me. l'ho fatto, e forse una scelta buona è stata, o forse no. certo i momenti di crisi ci sono, e anche abbastanza spesso.
mi mancano tutte quelle sere in cui in video iniziavamo a ridere e non smettevamo più, ma poi per cose inutili. mi mancano tutti quei silenzi senza imbarazzo, oppure il fatto che potevamo parlare di qualsiasi tipo di argomento e non ci vergognavamo. mi mancano tutti quei discorsi profondi che solo noi riuscivamo a sostenere, o le lezioni di psicologia che mi davi alle undici di sera e che per me erano droga e ne volevo sempre di più, ma tu giustamente mi dicevi: "è tardi, continuiamo domani".
mi manca vederti sotto le coperte mentre crollavi di sonno, o sentirti cantare senza preoccupazioni in mente. mi manca vederti al sole, come una zazzamita AHHAHA, che tanto ti piaceva, con quell'espressione sul viso indescrivibile, eri calmo, e io in quei momenti m'innamoravo sempre di più; oppure vederti torturare tate, quel povero gatto che ancora ogni giorno deve sopportarti.
mi mancano le tue confessioni, i tuoi film mentali, a scuola dal nulla, o a notte fonda quando rischiavi con tua mamma a restare fino a quell'ora col telefono, e mi dicevi: "lo viene a sapere mia madre poi mi toglie il telefono tutta la vita, però per te lo faccio e lo riferei, veramente per te tutto."
Mi manca tutto questo che mi rendeva felice, mi faceva bene al cuore e all'anima.
Per me sei stato come il padre, il migliore amico, il fratello, che non ho mai avuto; l'unica persona che in ogni caso non mi avrebbe giudicata, ma ascoltata come fossi stata la sua piccola bimba, fragile ed indifesa in questo mondo di vipere.
noi non solo ci amavamo, ma volevamo il bene reciproco ad ogni costo; se uno dei due stava male, l'altro di conseguenza pure ci stava. mi ricordo che facemmo un patto, che andava contro la nostra natura autolesionista e masochista: non ci saremmo più dovuti fare del male. per un periodo lo rispettammo, poi però le cose andarono male, e io di conseguenza decisi che tutti quei patti era come se fossero stati sciolti. noi due non c'eravamo più, e allora neanche tutto quello che ci siamo detti, o tutti i patti fatti.
purtroppo non potevo averti, la notte quando stringevo con così tanta forza quel cuscino immaginando fossi tu, o quando ero sola in camera a piangere nel bel mezzo della notte; non ci potevi essere quando camminavo per strada, quando fumavo, ma ti giuro neanche immagini in tutti i posti in cui ti ho portato con la mente.
nonostante quanto io abbia sofferto, ti ringrazio lo stesso per i momenti stupendi che mi hai fatto vivere, e ti ringrazio anche per tutti gli errori che hai fatto e per quello che mi hai fatto passare, perché ti posso dire che mi hai reso più forte, che sono cambiata tanto peggio quanto in meglio. sono maturata, e molto più consapevole di come reagire e di cosa fare in futuro durante certe situazioni; perciò sì, grazie per il bene e anche per il male.
mio malgrado comunque i sensi di colpa, le paranoie, i pensieri, non mi hanno abbandonata. ce l'ho tanto con me stessa, quasi fino ad arrivare all'odio, anche se nell'ultimo periodo sono stata meglio e la situazione a casa si era ristabilita. ora però sta di nuovo scendendo tutto in picchiata, e pure se all'apparenza sembra che io stia bene, ho ripreso la situazione scolastica e ho ripreso anche danza, anche se sembra che il peggio sia passato o stia passando, non è così; lo sento dentro, nel profondo, ed ho paura, per parecchie cose.
ma passando a te, tu che mi racconti? come stai? con la scuola, la famiglia? e con la nuova ragazza? che mi dici di lei? hai un po' di ansia suppongo, del resto stai per arrivare ad un passo dall'essere maggiorenne, e detto così mette ansia anche a me in realtà.
spero che riuscirai a realizzare tutti i tuoi sogni, e le tue speranze, i tuoi progetti, così come ho intenzione io. spero che continuerai a stare bene, e con le persona che ora hai intorno. ti auguro che il tuo dolore, la tua sofferenza, si affievolisca e che tu non perda più persone molto importanti per te. ma soprattutto ti auguro di riuscire a basare solo ed esclusivamente su te stesso lo stare bene o lo stare male, mai agli altri o a situazione esterne su cui poco potere hai.
queste parole alla fine sono state inutili, perché un secondo fine non lo hanno avuto; penso tu stia meglio senza di me perciò la nostra vita continuerà in questo modo, come al solito, anche se sarà dura riuscire a sopportare ancora per molto la tua assenza.
non so se tua abbia rancori, o rabbia, verso di me, in ogni caso ti volevo semplicemente chiedere scusa per tutto e sperare, come sempre, il meglio per te.
bye baby.
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emilianism · 6 years ago
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The Unapologetic Captain Marvel
Per chi ha sempre riconosciuto la valenza culturale dell’universo fumettistico, l’ultimo decennio è stato denso di soddisfazioni. Grazie all'intuizione cross-mediale di Disney (a cui ha fatto seguito, con alterni successi, anche il duopolio Warner-Dc Comics) di acquisire e valorizzare l’intero parco di narrazioni Marvel, abbiamo assistito a un susseguirsi di film, serie e videogames ispirati alle storie con cui siamo cresciuti, veri e propri racconti mitici “a bassa intensità” come li definirebbe Peppino Ortoleva, che molto, moltissimo hanno significato per la decodifica del nostro quotidiano.
Se di quotidiano parliamo, ovviamente, non possiamo pensare che all'interno del narrato cinematografico non andremo a ritrovare rappresentate anche le aberrazioni del nostro tessuto sociale: non è un caso quindi che solo negli ultimi due anni marvel abbia trovato il coraggio di dedicare un film a un protagonista afro-americano e, successivamente a una donna. Entrambi i film in qualche modo hanno dovuto subire qualche forma di scetticismo e discriminazione: ma se da un lato gli intellettuali black americani riescono a fare quadrato attorno ai propri artefatti culturali (ma per sconfiggere il razzismo made in USA la strada è ancora lunghissima, soprattutto dopo i passi da gambero compiuti dall’elezione di Trump nel 2016) mettere anche solamente in discussione il patriarcato sembra qualcosa di assurdo, complicato. Lo è perché la donna oggi, in tutte le esperienze sociali, vive uno stato di subalternità culturale ed economica; un’egemonia maschile difficile da scalfire. Se la realtà non è altro che “una costruzione sociale” (Berger, Luckmann) e se “non esistono fatti puri, ma solo interpretazioni” (Nietzsche), vedere questa Captain marvel farsi largo nello storytelling mainstream, non può che essere un segnale confortante.
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Intendiamoci: Captain Marvel non è un film perfetto, anzi: come tutti i film che raccontano le origini di un supereroe Marvel si attiene a una ricetta che dopo dieci anni inizia a essere un po’ stantia, sebbene la rivisitazione degli anni novanta come luogo della memoria (e non gli onnipresente ottanta, di cui, francamente, non se ne può più) lo rende godibilissimo, grazie anche al gran lavoro “da spalla” fatto da Samuel L. Jackson. Quest’ultimo recita ringiovanito di vent'anni grazie a una tecnologia figlia degli algoritmi di intelligenza artificiale dietro ai cosiddetti deepfakes; tecnologia che di anno in anno diventa sempre più (in)credibile, ponendoci di fronte a interrogativi e scenari stimolanti per il futuro: un attore potrà essere giovane per sempre? potrà lasciare la sua immagine e il suo timbro vocale in eredità anche dopo la sua morte? potremo mai rivedere sullo schermo divi come Marlon Brando o Marylin Monroe recitare - in qualche modo - nuove scene?
Mentre la trama del film si dipana al ritmo del rock post-grunge (No Doubt, Hole, Elastica, Garbage… ma anche Nirvana), seguiamo il doppio percorso della protagonista, Vers: terminare la sua prima missione come guerriera Kree e, contemporaneamente, comprendere sé stessa. I ricordi dei suoi primi anni di vita sono disorganici, sconnessi, anche di fronte all'Intelligenza Suprema (una sorta di divinità dalle mutevoli fattezze: in questo caso, quelle di Annette Benning) Vers non riesce a ricomporre i frammenti del suo passato. Soltanto dopo lo schianto sulla Terra inizia a scalfire la superficie dell’oblio indottole dal lavaggio del cervello subito e a comprendere la complessità della sua identità. Con l'aiuto degli agenti del neonato S.H.I.E.L.D., Nick Fury e Phil Coulson, un “gatto” che si rivelerà molto più aggressivo del suo aspetto sornione e la famiglia Rambeau, Vers non solo scoprirà di essere Carol Danvers, un'ex pilota americana, ma rivaluterà la sua posizione rispetto alla guerra che sta combattendo.
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Socchiudendo lo sguardo per meglio leggere tra le righe, Carol Danvers combatte una guerra in cui si trovano coinvolte tutte le donne, fin dal loro primo vagito: quella contro l’accoppiata patriarcato/misoginia. 
La misoginia (dal greco misèō, "odiare" e gynḕ, "donna"), pur nella sua disarmante chiarezza, risulta un concetto sfuggente, spesso scartato a priori in maniera semplicistica: nessuno “odia” le donne, tutti gli uomini ne hanno, più o meno, amato qualcuna - una giustificazione che avrete sentito dire migliaia di volte: “la mia vita è piena di donne importanti, mia madre, mia sorella, mia moglie ecc.” -  e questo sembra essere, per molti, un’affermazione plausibile che smonta, disinnesca automaticamente il sentimento d’odio. Anche se ci appare superfluo specificare cosa sia il patriarcato, un veloce ripasso non può che essere d’aiuto. Certe volte basta anche Wikipedia:
Il patriarcato è un sistema sociale in cui gli uomini detengono principalmente il potere e predominano in ruoli di leadership politica, autorità morale, privilegio sociale e controllo della proprietà privata. Nel dominio della famiglia, il padre o la figura paterna esercita la propria autorità sulla donna e i figli.
Storicamente, il patriarcato si è manifestato nell'organizzazione sociale, legislativa, politica, religiosa ed economica di una moltitudine di culture differenti. In sintesi, qualsiasi donna (non importa la classe sociale, l’età, l’identità di genere) in questo tipo di società è minacciata – più o meno direttamente – di conseguenze ostili se viola o contesta le norme o le aspettative relative al suo essere tale. Questo sistema normativo garantisce diritti e obblighi ben precisi. Questo ci pone in una situazione difficile da definire, dai contorni sfumati e quindi più complessa: non ci sono “uomini che odiano le donne” in maniera assoluta; ma un’immotivata insofferenza, che può variare di volta in volta d’intensità, fino a giungere a conseguenze gravissime, quando si verificano  particolari atteggiamenti ritenuti al di fuori del ruolo in cui la donna deve essere incardinata.
Come scrive Kate Mann in “Down girl: the Logic of Misoginy” (2018) 
il sessismo è il ramo dell'ideologia patriarcale che giustifica e razionalizza un ordine sociale patriarcale, la misoginia è il sistema che sorveglia e fa rispettare le norme e le aspettative che lo governano.
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Attraverso i numerosi flashback che appaiono nel film, apprendiamo che ci sono stati molti punti nella vita di Carol DanVers in cui le è stato detto di “stare al suo posto”, da differenti persone che hanno ricoperto ruoli più o meno importanti nella sua vita: in primis il suo mentore Yon-Rogg (interpretato da Jude Law).
Nella prima scena in cui li vediamo coinvolti in un allenamento al combattimento, Yon-Rogg insiste più volte sul fatto che Carol non debba lasciare che la rabbia e l'emozione facciano parte del suo combattimento, invitandola alla calma e alla razionalità. Alla luce di quello che scrivevamo poco prima, possiamo osservare chiaramente l’imposizione di un ruolo di genere: l’irrazionalità e la rabbia sono una prerogativa del combattimento mascolino (qualcuno di voi ha mai pensato di insegnare la razionalità a Hulk?). Una donna combattente, per essere “presa sul serio”, deve controllare la sua rabbia isterica (uso, non a caso, un termine ancora d’uso comune ma figlio di un sentimento misogino: il greco Hystera si traduce, non a caso, con Utero). A Carol Danvers non viene detto di controllarsi perché incapace di controllare il suo potere. Viene osteggiata e sbeffeggiata perché donna: come nella caccia alle streghe, la lotta alle suffragette; come accade oggi a Greta Thunberg e alla sua battaglia ambientalista. È una donna che non ha autocontrollo (o meglio, non ha introiettato le leggi del controllo maschile) e quindi destinata a finire nei guai. Quando Carol chiede il motivo per cui non può sfruttare tutto il suo potenziale la risposta, in sintesi, è di “stare al proprio posto”: il suo mentore ha deciso il modo in cui deve combattere, minacciandola di “toglierle tutto ciò che le è stato dato”, facendo riferimento all'innesto di tecnologia Kree che ha nel collo.
Molti fan dei comics originali si sono lagnati del gender-bending di Mar-Vell, personaggio a cui sono giustamente affezionati: nato nella silver age e protagonista di alcuni archi narrativi memorabili (in particolare quello che culmina con la sua morte). Mar-Vell, nella sua incarnazione filmica, appare interpretato da una Donna (dicevamo, Annette Benning); questa scelta, figlia di una scelta dell’ultim’ora, ha perfettamente senso all’interno di questa origin story. Quando Vers si trova al cospetto dell’intelligenza suprema, che prende le fattezze di Mar-Vell - una donna - questa ripropone in qualche modo le stesse minacce alla protagonista, se non rispetterà le regole relative al suo ruolo. Questa, che ironicamente ci diverte definire “sindrome di Stoccolma da patriarcato” è una forma di violenza psicologia esistente e spesso più complicata da far emergere: l’ideologia può assumere forme diverse, compresa quella femminile. Questo è un fenomeno comune a tutte le forme oppressive di dominio psicologico: nomino velocemente i “neri da cortile” di Malcom X, citati anche da Quentin Tarantino nel suo Django Unchained (2012), in particolare – in un veloce incrocio crossmediale – nel personaggio di Stephen, interpretato proprio da Samuel L. Jackson.
L'aspetto particolarmente insidioso di questi ruoli sociali è che essi appaiono il più possibile naturali o scelti liberamente, per cui è difficile scorgere come essi favoriscano l’affermarsi di un'ideologia. Naturalmente l'adozione da parte dell'Intelligenza Suprema dell'immagine di Lawson/Mar-Vell non significa che la Lawson aderisca alle norme sociali patriarcali (Spoiler: in realtà non è affatto così). Quello che ci preme sottolineare è che l’accoppiata patriarcato/misoginia non sempre indossa un volto maschile.
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Carol, mostra di sé il ritratto di una donna impenitente (o come amano dire gli americani unapologetic) il cui potere - raggi fotonici a parte - è proprio quello di rendersi conto di non dover giustificare a nessuno le scelte intraprese nella sua vita. È la sua tenacia, non il sangue Skrull, a darle la forza di rialzarsi dopo ogni sconfitta. Sul grande schermo abbiamo viste tante figure eroiche del genere, ma quasi mai, concedeteci il calembour, di questo… genere. Per una volta c’è una donna al centro del progetto Marvel. Ci vuole coraggio, può sembrare assurdo, a mettere in cantiere un personaggio simile all’interno di una cultura, quella nerd, che ha più volte dimostrato di avere al suo interno delle pericolose frange ultra conservatrici (fenomeno, tuttavia, di facile spiegazione: chi più di un nerd è legato alla cristallizzazione nostalgica di figure caratteristiche della propria infanzia e adolescenza?).
Nei mesi che hanno preceduto l'uscita del film, e nei giorni successivi, abbiamo potuto osservare come alcune persone, spesso anche organizzati in gruppi di “Troll”, si siano sentiti in diritto di controllare il modo in cui le narrazioni supereroiche debbano essere declinate. Ad esempio, dopo il primo trailer di Captain Marvel, un largo numero di fan del MCU (in maggioranza maschi) si è lamentato dell’aspetto di Brie Larson, secondo loro “poco sorridente”. Evidentemente, nel loro sistema valoriale, le donne dovrebbero essere sempre sorridenti e accondiscendenti. Per non parlare della campagna, miseramente fallita, di affossare il film sulle piattaforme che basano il loro giudizio con metriche crowdsourced (in primis, Rotten Tomatoes). Anche se tutto ciò può sembrarci estremamente ridicolo, e ci ritorna in mente William Shatner, indimenticabile interprete del Capitano Kirk di Star Trek apostrofare i fan più zelanti con un liberatorio “get a life!”, è importare comprendere quanto possano essere misogine questo genere di iniziative. Senza nemmeno entrare nel merito dei film coinvolti - è accaduto anche per Ghostbusters (2016) e Ocean’s 8 (2018) - ci si trova di fronte a un sentimento tossico che vorrebbe forzosamente proiettate le proprie aspettative sui prodotti dell’industria culturale.
Captain Marvel è un personaggio femminile forte e complesso, come lo sono molti dei personaggi del Marvel Cinematic Universe; non è una Dea come Wonder Woman, ma una donna che abbraccia le sue vulnerabilità e che ha la forza di combattere, fisicamente - ma non solo - sia contro i nemici che contro i suoi limiti. Un personaggio mitico che affronta il suo personale viaggio dell’eroe, in cui tutti possono identificarsi.
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aneddoticamagazinestuff · 2 years ago
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Il caso Elisa Lam
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Il caso Elisa Lam
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La tragica vicenda che ha visto protagonista Elisa Lam, giovane ragazza canadese in viaggio a Los Angeles nel gennaio 2013, presenta un numero di anomalie talmente elevato da ergersi a pietra miliare nei casi di scomparse anomale.
  Il primo elemento a balzare agli occhi è il luogo in cui scomparve Elisa Lam: il Cecil Hotel, albergo di Los Angeles con un passato a dir poco inquietante.
Tra il 1984 e il 1985 fu ospite fisso della struttura Richard Ramirez, alias “The Night Stalker”, assassino responsabile della morte di tredici persone in quel biennio. Ramirez durante il processo fece riferimento alla matrice rituale satanica dei suoi omicidi.
Nel 1991 Jack Untweger, cittadino austriaco, giunse a Los Angeles e si fermò al Cecil Hotel. Durante la permanenza di cinque settimane nell’albergo uccise tre prostitute proprio in stanza.
Nel 1994 Goldie Osgood venne violentata e assassinata nell’hotel ma non si scoprì mai l’assassino.
Negli anni ’50 e ’60 si ebbero ben tre suicidi nell’hotel: nel 1954 Helen Gurnee si buttò da una finestra, seguita nel 1962 da Julia Moore, mentre sempre nel 1962 Pauline Otton si gettò dal nono piano e cadde su George Giannini, uccidendolo all’istante.
Questi casi mostrano come il luogo fosse già noto per una concomitanza di eventi raccapriccianti.
La vicenda
Elisa Lam era una ragazza di 21 anni, studentessa di psicologia presso la British Columbia University di Vancouver.
La ragazza aveva deciso di fare un viaggio in California e arrivò in treno a Los Angeles il 26 gennaio 2013.
Prese una stanza al Cecil Hotel e, come risulta dal suo profilo Facebook, fece alcuni giri in zona, andò allo zoo di San Diego e partecipò al Conan O’Brien show, un talk show molto famoso negli Stati Uniti.
Stando ai racconti dei suoi amici, Elisa non fumava né beveva mai. Chiamava i genitori ogni giorno, raccontando loro dove stesse andando e cosa avesse visitato.
I suoi ebbero notizie fino al 31 gennaio. Non sentendola, capirono subito che doveva essere accaduto qualcosa, per cui contattarono la polizia di Vancouver, la quale si mise in contatto con la polizia di Los Angeles per chiedere di cercare la ragazza presso il Cecil Hotel.
La polizia losangelina si recò immediatamente in hotel e parlò con receptionist e manager: costoro non vedevano Elisa dal 31.
Furono subito portati cani molecolari che fiutarono la stanza per cercare di raccogliere tracce olfattive, senza esito. Si recarono anche sul tetto ma non trovarono nulla.
Il 6 febbraio la polizia rese pubblici alcuni dettagli, chiedendo espressamente aiuto nel caso qualcuno avesse visto la ragazza e potesse fornire informazioni utili per ritrovarla.
Il 14 febbraio la polizia rese pubblico un video di una telecamera dell’hotel in cui si vedeva Elisa mentre entrava nell’ascensore. Indossava shorts neri, una t-shirt rossa e dei sandali. La ragazza dentro l’ascensore inizia a premere vari pulsanti per i piani. Le porte non si chiudono ed Elisa si posiziona in un angolo dell’ascensore, come preoccupata. A poco a poco Elisa si avvicina alla porta dell’ascensore e guarda fuori con circospezione, come se pensasse che ci fosse qualcuno nel corridoio, ma non si vede persona viva. Nuovamente la ragazza esce dall’ascensore e guarda nel corridoio, alzando il braccio destro. Torna nell’ascensore con le mani vicino alle orecchie e riprende a premere i bottoni ai piani. Le porte rimangono aperte.
Elisa esce e muove le mani leggermente piegata, come se cercasse di toccare qualcuno e gli stesse parlando. A un certo punto la ragazza si allontana verso sinistra.
Il 19 febbraio alcuni residenti dell’hotel si lamentarono del fatto che la pressione dell’acqua dei lavandini fosse troppo bassa.
Fu subito mandato un manutentore per controllare le botti d’acqua del tetto, per vedere se fosse tutto a posto. Prese una scala, aprì la porta che conduceva al tetto, spense l’allarme e si avvicinò alle quattro taniche di questa piattaforma sita a un metro e mezzo sopra la cima dell’albergo. Ciascuna tanica è larga un metro e venti per 2 metri e quaranta di altezza. L’unico modo per guardarvi dentro è arrampicarsi sulla cima di ciascuna, aprire una chiusura ermetica e a quel punto sollevare il portellino.
Con la scala, l’addetto salì in cima e aprì una delle quattro taniche, non credendo ai propri occhi. C’era infatti il corpo di una donna asiatica nuda che galleggiava a faccia in su: era Elisa Lam.
Il manutentore contattò immediatamente la polizia e i vigili del fuoco, che accorsero entro pochi minuti.
L’apertura della tanica era troppo stretta per poter rimuovere il cadavere, per cui dovettero procedere aprendo un ulteriore buco in cima alla tanica stessa.
Estrassero il corpo e videro che non c’erano segni di traumi evidenti. I sandali erano anch’essi nella tanica, insieme ai vestiti.
Il corpo venne portato subito dal coroner per un’autopsia accurata.
Gli investigatori non riuscivano a spiegarsi le modalità dell’accaduto.
Per il 20 febbraio era prevista un’intervista con alcuni funzionari della polizia di Los Angeles per discutere delle circostanze del caso ma venne annullata all’ultimo perché dall’alto era arrivata comunicazione di non parlare dei dettagli della vicenda.
Un articolo del 22 febbraio sull’Huffington Post riportò i risultati preliminari dell’autopsia: “i risultati si sono rivelati inconcludenti, così il coroner ha detto che dovrà attendere i test tossicologici per determinare la causa di morte di Elisa Lam”.
I mesi trascorsero, senza che nulla si sapesse di questi esami.
Finalmente, il 20 giugno 2013 il coroner pubblicò i risultati dell’autopsia: morte accidentale per annegamento.
Come è possibile parlare di incidente in un caso simile?
Occorrerebbe, secondo questa linea di pensiero, credere che la ragazza sia andata volontariamente sul tetto, sia riuscita in qualche maniera a non far scattare l’allarme presente sulla porta che collega al tetto stesso, sia riuscita a salire in cima alla tanica alta due metri e mezzo, abbia potuto aprire la tanica (operazione non subito portata a termine dal manutentore né dalla polizia, il che indica quanto fosse ai confini dell’impossibile per la ragazza), si sia tolta i vestiti, sia entrata nella tanica e abbia richiuso il coperchio.
Come poter credere a simile ricostruzione? La polizia ha escluso il suicidio, la ragazza non aveva dato alcun segno di depressione nel corso del viaggio. Cos’è accaduto?
L’autopsia ha impiegato tre mesi per essere pubblicata e, non essendovi segno di alcuna intossicazione, i ricercatori hanno dovuto escludere ipotesi autolesive.
Non solo. Nell’autopsia di legge che vi era scarsa quantità di sangue per poter svolgere certi esami: altro punto inspiegabile, dato che la ragazza non aveva ferite e non aveva perso sangue.
Elisa Lam/Lam-Elisa: una coincidenza incredibile?
Il corpo di Elisa era stato trovato nella tanica il 19 febbraio. Due giorni dopo, il 21 febbraio, un articolo sul Los Angeles Times riportava la notizia di un’epidemia di tubercolosi in città, la più estesa degli ultimi dieci anni. L’articolo in questione spiegava come i medici avrebbero fatto utilizzo di uno specifico test per acclarare se le persone con i sintomi della tubercolosi avessero realmente contratto la malattia. Ecco, il nome di questo test è proprio Lam-Elisa, dove Lam sta per Lipoarabinomannano, antigene glicolipidico della parete cellulare micobatterica, ed Elisa è un acronimo derivato dall’espressione inglese “enzyme-linked immunosorbent assay” (saggio immuno-assorbente legato ad un enzima).
Pertanto, nei giorni in cui veniva utilizzato questo test Lam-Elisa, una giovane ragazza di nome Elisa Lam muore e viene ritrovata nella tanica di un hotel.
Coincidenza? In che misura? Quello che preme sottolineare non è tanto ipotizzare un improbabile piano di qualcuno (chi?) che abbia cercato una Elisa Lam per ucciderla proprio in quei giorni (e, anche in questo caso, sarebbe una coincidenza non da poco che proprio una Elisa Lam si trovasse a Los Angeles) bensì pone molte domande su come si verifichino gli eventi e quali connessioni insondabili abbiano tra loro, seguendo trame che, quando emergono come in questo caso, lasciano a dir poco interdetti, come se esistesse una sottotraccia nella verificazione del reale.
Un film …
Dopo il ritrovamento della giovane Elisa Lam, alcune persone hanno notato delle somiglianze con il film Dark Water, uscito nel 2005, a sua volta adattamento di un film giapponese che prendeva spunto da un racconto di Koji Suzuki dal titolo “Acqua Galleggiante” la cui trama è la seguente: una bambina di 5 anni vive con i suoi genitori in un piccolo appartamento. Un giorno i tre vanno sul tetto per lanciare alcuni fuochi d’artificio e scoprono una borsa di Hello Kitty. La figlia di lì a giorni inizia a parlare con un’amica immaginaria nella doccia e si verificano eventi misteriosi, fino alla scoperta del cadavere di una bambina proprio nella tanica dell’acqua posta sulla cima dell’edificio.
Le somiglianze nel ritrovamento sono evidenti, per quanto non indicative di alcunché.
Eventi anomali
Un aspetto di questo caso che lascia fortemente perplessi è il seguente: com’è possibile che i team di ricerca accompagnati da cani molecolari non siano stati in grado di seguire le tracce olfattive di Elisa quando sono andati a cercare sul tetto? La ragazza era davvero lì fin dall’inizio oppure la sua presenza in acqua è occorsa esclusivamente in un secondo momento?
Il caso è talmente sfaccettato che, nel tentativo di trovare una soluzione, non si può non cercare analogie che possano fornire un aiuto nel comprendere cosa sia successo.
L’aspetto principale di questa vicenda è riassumibile nel fatto che una ragazza sia stata trovata dentro una tanica dell’acqua secondo modalità non ben chiarite, dato che la razionalità non può non porre forti interrogativi sulle dinamiche.
Ecco, proprio nel ricercare parallelismi ci si è imbattuti in un caso, diverso eppur simile, che fornisce spunti di riflessione. Lo studioso Chris O’Brien, infatti, nel suo saggio Stalking the Herd in cui riporta vasta casistica di inspiegabili assalti a mandrie di bestiame, racconta quanto accaduto nel giugno 2002 in Argentina a Suco, paesino vicino al Rio Carto. Un allevatore stimato in tutta la regione ritrovò 19 bovini morti all’interno della enorme tanica dell’acqua del suo possedimento. Come erano finiti in questa tanica protetta da un recinto e, soprattutto, da un muro che avrebbe reso impossibile qualsiasi salto?
La stessa domanda si pone per Elisa Lam e non si è finora riusciti a trovare una risposta convincente, tenendo a mente la difficoltà ai confini dell’impossibilità dell’ipotesi che la vede suicida o comunque l’essersi volontariamente posta nell’acqua della tanica, superando in maniera ignota e inspiegabile l’allarme della porta sul tetto.
Non si dimentichi nemmeno la “coincidenza” dell’esame Lam-Elisa per la tubercolosi, il precedente del film giapponese e il caso degli animali nella tanica dell’acqua in Argentina, tutti punti di contatto il cui quadro complessivo, però, sfugge ancora oggi.
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sounds-right · 3 years ago
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Per Simioli una estate a cinque stelle in Sardegna... e tanta musica sulla sua Cogito Records
Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Nello Simioli, tra i più stimati ed esperti dj italiani. Recentemente come nome d'arte usa soprattutto solo il suo cognome, Simioli... ma la sostanza non cambia. E' un artista ed è un professionista capace di far ballare ed emozionare ogni tipo di pubblico, con musica ritmica... in cui non manca mai un pizzico di melodia. Sarebbe strano non fosse così, visto che è originario di Sorrento. "Sto lavorando ad un brano pop con la cantante Sofia Sole e ad una nuova bomba house cantata da Cece Rogers", spiega sorridendo. "E come ascoltatore ascolto proprio quello che propongo nei miei set". 
Che altro stai facendo di bello in questo momento dal punto di vista musicale e personale?
Sono molto impegnato con lo sviluppo della Cogito Records, la nostra etichetta discografica di ispirazione house. Il mio ultimo brano "Historia de un amor" sta andando molto bene sia per l'AirPlay radiofonico sia per le playlist dei club dj. Abbiamo poi appena pubblicato NS feat Frank Russo- "Into the night" e i feedback anche sono molto buoni. Per l'estate avremo altre belle uscite, per cui di lavoro ce n'è eccome. 
Quanto sono diversi i tuoi dj set rispetto a quelli del recente passato? 
Da 5 anni mi sono dedicato anche ai Sunset, ovvero ai tramonti … quindi dj set afro, chill e deep. Mi piace molto creare il sound giusto che si fonde alla natura circostante. Nei club ormai impera di nuovo l'house music, quindi sto nella mia comfort zone!
In che direzione musicale stai andando? 
Direi House oriented Afro e Asian. 
Ci racconti quali sono le tue radici musicali? E quali solo le release che ti rappresentano di più?
Da piccolo ascoltavo black music, funky, soul. Per questo tra i miei artisti mito non posso  non citare Aretha Franklin, Steve Wonder, Whitney Houston, a cui aggiungo senz'altro Mina e Battisti. Per quel che riguarda le mie release, ognuna ha qualcosa che mi rappresenta, non saprei indicarne una o un paio più importanti di altre.
E per qualche che riguarda locali e divertimento? Che tendenze e/o novità ti sembrano degne di nota?
La ripresa dopo le restrizioni sembra sia affrontata con un'esasperazione un po' ridicola ai miei occhi. Gente che fa finta di divertirsi per sentirsi protagonista. Musicalmente come accennato sopra c'è tantissima buona musica che viene proposta è che piace a un pubblico molto eterogeneo… viva la house music in tutte le sue declinazioni.
Come vedi il presente ed il futuro di chi fa musica da ballo, ovvero propone un bel mix di cultura e divertimento? 
La cultura del Club rimane ancora molto difficile da capire per chi non è del settore o per chi non ha dimestichezza con la psicologia e si limita ad un'analisi becera e superficiale. Quindi è ancora un lavoro duro per chi intende farne una professione per la vita così come ho fatto io. Ma il dj è uno dei lavori più belli che siamo mai esistiti.
 A che punto ti senti della tua carriera musicale? 
Ho raggiunto una maturità artistica e stilistica che mi da sicurezza e soddisfazione. Produco e propongo quello che mi piace, finalmente! 
Come sarà la tua Estate?
Sarà concentrato sopratuttto sulla Sardegna. Oltre a Fino Beach a Golfo Aranci, Fino Garden e Yacht Club a Porto Rotondo, curerò la direzione artistica del Cone Club all'interno del 7Pines, un resort 5 stelle a Baja Sardinia che conterrà beach club, ristorante e Club disco. Un'avventura molto stimolante per i contenuti altamente qualitativi. Infine ogni domenica, di notte, sarà al Ritual di Baja Sardinia… un vero tempio del divertimento, con una serata "Keep the secret" dove l'imperativo categorico sarà: solo bella musica!
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djs-party-edm-italia · 3 years ago
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Per Simioli un'estate ’22 a cinque stelle in Sardegna... e tanta musica sulla sua Cogito Records
Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Nello Simioli, tra i più stimati ed esperti dj italiani. Recentemente come nome d'arte usa soprattutto solo il suo cognome, Simioli... ma la sostanza non cambia. E' un artista ed è un professionista capace di far ballare ed emozionare ogni tipo di pubblico, con musica ritmica... in cui non manca mai un pizzico di melodia. Sarebbe strano non fosse così, visto che è originario di Sorrento. "Sto lavorando ad un brano pop con la cantante Sofia Sole e ad una nuova bomba house cantata da Cece Rogers", spiega sorridendo. "E come ascoltatore ascolto proprio quello che propongo nei miei set". 
Che altro stai facendo di bello in questo momento dal punto di vista musicale e personale?
Sono molto impegnato con lo sviluppo della Cogito Records, la nostra etichetta discografica di ispirazione house. Il mio ultimo brano "Historia de un amor" sta andando molto bene sia per l'AirPlay radiofonico sia per le playlist dei club dj. Abbiamo poi appena pubblicato NS feat Frank Russo- "Into the night" e i feedback anche sono molto buoni. Per l'estate avremo altre belle uscite, per cui di lavoro ce n'è eccome. 
Quanto sono diversi i tuoi dj set rispetto a quelli del recente passato? 
Da 5 anni mi sono dedicato anche ai Sunset, ovvero ai tramonti … quindi dj set afro, chill e deep. Mi piace molto creare il sound giusto che si fonde alla natura circostante. Nei club ormai impera di nuovo l'house music, quindi sto nella mia comfort zone!
In che direzione musicale stai andando? 
Direi House oriented Afro e Asian. 
Ci racconti quali sono le tue radici musicali? E quali solo le release che ti rappresentano di più?
Da piccolo ascoltavo black music, funky, soul. Per questo tra i miei artisti mito non posso  non citare Aretha Franklin, Steve Wonder, Whitney Houston, a cui aggiungo senz'altro Mina e Battisti. Per quel che riguarda le mie release, ognuna ha qualcosa che mi rappresenta, non saprei indicarne una o un paio più importanti di altre.
E per qualche che riguarda locali e divertimento? Che tendenze e/o novità ti sembrano degne di nota?
La ripresa dopo le restrizioni sembra sia affrontata con un'esasperazione un po' ridicola ai miei occhi. Gente che fa finta di divertirsi per sentirsi protagonista. Musicalmente come accennato sopra c'è tantissima buona musica che viene proposta è che piace a un pubblico molto eterogeneo… viva la house music in tutte le sue declinazioni.
Come vedi il presente ed il futuro di chi fa musica da ballo, ovvero propone un bel mix di cultura e divertimento? 
La cultura del Club rimane ancora molto difficile da capire per chi non è del settore o per chi non ha dimestichezza con la psicologia e si limita ad un'analisi becera e superficiale. Quindi è ancora un lavoro duro per chi intende farne una professione per la vita così come ho fatto io. Ma il dj è uno dei lavori più belli che siamo mai esistiti.
 A che punto ti senti della tua carriera musicale? 
Ho raggiunto una maturità artistica e stilistica che mi da sicurezza e soddisfazione. Produco e propongo quello che mi piace, finalmente! 
Come sarà la tua Estate?
Sarà concentrato sopratuttto sulla Sardegna. Oltre a Fino Beach a Golfo Aranci, Fino Garden e Yacht Club a Porto Rotondo, curerò la direzione artistica del Cone Club all'interno del 7Pines, un resort 5 stelle a Baja Sardinia che conterrà beach club, ristorante e Club disco. Un'avventura molto stimolante per i contenuti altamente qualitativi. Infine ogni domenica, di notte, sarà al Ritual di Baja Sardinia… un vero tempio del divertimento, con una serata "Keep the secret" dove l'imperativo categorico sarà: solo bella musica!
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tarditardi · 3 years ago
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Per Simioli un'estate a cinque stelle in Sardegna...  E dalla sua Cogito Records tanta musica nuova!
Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Nello Simioli, tra i più stimati ed esperti dj italiani. Recentemente come nome d'arte usa soprattutto solo il suo cognome, Simioli... ma la sostanza non cambia. E' un artista ed è un professionista capace di far ballare ed emozionare ogni tipo di pubblico, con musica ritmica... in cui non manca mai un pizzico di melodia. Sarebbe strano non fosse così, visto che è originario di Sorrento. "Sto lavorando ad un brano pop con la cantante Sofia Sole e ad una nuova bomba house cantata da Cece Rogers", spiega sorridendo. "E come ascoltatore ascolto proprio quello che propongo nei miei set". 
Che altro stai facendo di bello in questo momento dal punto di vista musicale e personale?
Sono molto impegnato con lo sviluppo della Cogito Records, la nostra etichetta discografica di ispirazione house. Il mio ultimo brano "Historia de un amor" sta andando molto bene sia per l'AirPlay radiofonico sia per le playlist dei club dj. Abbiamo poi appena pubblicato NS feat Frank Russo- "Into the night" e i feedback anche sono molto buoni. Per l'estate avremo altre belle uscite, per cui di lavoro ce n'è eccome. 
Quanto sono diversi i tuoi dj set rispetto a quelli del recente passato? 
Da 5 anni mi sono dedicato anche ai Sunset, ovvero ai tramonti … quindi dj set afro, chill e deep. Mi piace molto creare il sound giusto che si fonde alla natura circostante. Nei club ormai impera di nuovo l'house music, quindi sto nella mia comfort zone!
In che direzione musicale stai andando? 
Direi House oriented Afro e Asian. 
Ci racconti quali sono le tue radici musicali? E quali solo le release che ti rappresentano di più?
Da piccolo ascoltavo black music, funky, soul. Per questo tra i miei artisti mito non posso  non citare Aretha Franklin, Steve Wonder, Whitney Houston, a cui aggiungo senz'altro Mina e Battisti. Per quel che riguarda le mie release, ognuna ha qualcosa che mi rappresenta, non saprei indicarne una o un paio più importanti di altre.
E per qualche che riguarda locali e divertimento? Che tendenze e/o novità ti sembrano degne di nota?
La ripresa dopo le restrizioni sembra sia affrontata con un'esasperazione un po' ridicola ai miei occhi. Gente che fa finta di divertirsi per sentirsi protagonista. Musicalmente come accennato sopra c'è tantissima buona musica che viene proposta è che piace a un pubblico molto eterogeneo… viva la house music in tutte le sue declinazioni.
Come vedi il presente ed il futuro di chi fa musica da ballo, ovvero propone un bel mix di cultura e divertimento? 
La cultura del Club rimane ancora molto difficile da capire per chi non è del settore o per chi non ha dimestichezza con la psicologia e si limita ad un'analisi becera e superficiale. Quindi è ancora un lavoro duro per chi intende farne una professione per la vita così come ho fatto io. Ma il dj è uno dei lavori più belli che siamo mai esistiti.
 A che punto ti senti della tua carriera musicale? 
Ho raggiunto una maturità artistica e stilistica che mi da sicurezza e soddisfazione. Produco e propongo quello che mi piace, finalmente! 
Come sarà la tua Estate?
Sarà concentrato sopratuttto sulla Sardegna. Oltre a Fino Beach a Golfo Aranci, Fino Garden e Yacht Club a Porto Rotondo, curerò la direzione artistica del Cone Club all'interno del 7Pines, un resort 5 stelle a Baja Sardinia che conterrà beach club, ristorante e Club disco. Un'avventura molto stimolante per i contenuti altamente qualitativi. Infine ogni domenica, di notte, sarà al Ritual di Baja Sardinia… un vero tempio del divertimento, con una serata "Keep the secret" dove l'imperativo categorico sarà: solo bella musica!
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jaysreviews · 3 years ago
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Nella mia carriera pluriennale di lettore di fumetti, ho sempre voluto colmare le lacune legate ai grandi racconti che hanno fatto la storia del fumetto. I comics americani, al pari delle soap opera, hanno saghe che hanno definito la serie ed i suoi personaggi. Quando parlo di soap opera a fumetti, nulla rende l'idea come gli X-Men di Chris Claremont. Una serie fatta di relazioni, amicizie, amori, tradimenti, drammi conditi con superpoteri. La Saga di Fenice Nera è uno dei punti più alti di questa telenovela in spandex.
Piccola infarinatura: gli X-Men dovreste conoscerli, i mutanti che difendono l'umanità che li odia e teme. Il momento storico in cui ci troviamo vede la squadra composta dall'integerrimo capo Ciclope, Wolverine duro e puro, Colosso, il simpatico Nightcrawler, la divina Tempesta e Jean Grey nei panni di Fenice, entità cosmica con poteri oltre ogni immaginazione e fulcro della vicenda. I nostri eroi, appena usciti dalle disavventure della Saga di Proteus (ce l'ho, la leggerò e vi racconterò), tornano a casa e trovano due nuove mutanti da reclutare cioè la cantante Dazzler e la teenager Kitty Pride. Peccato che i nostri siano entrati nelle mire della cerchia interna del potente e losco Club Infernale composto da persone con una moralità molto dubbia come il reistentissimo Sebastian Shaw, la lasciva telepate Emma Frost e dal manipolatorio Jason Wyngarde che sta incasinando la mente di Fenice già da un po'. La battaglia mette a dura prova Jean che finisce per abbracciare il lato oscuro del potere, causando tantissime vittime e mettendola nel mirino dell'impero stellare degli Shi'Ar con conseguenze estreme.
A grandi linee sembra la tipica trama di un fumetto standard con il buono che diventa cattivo e casini a seguire. Quello che lo porta ad essere un racconto importante nella mitologia degli X-Men sono tanto le ripercussioni che ha avuto nella carriera del team quanto la forma con cui è stata presentata al pubblico con la prosa tra il poetico ed il magniloquente di Chris Claremont, l'uomo che può riempire un fumetto di didascalie piene di stati d'animo, descrizioni, emozioni. Può risultare un po' prolisso e verboso ma non è mai di troppo anzi rafforza quello che vedi nei riquadri. E i riquadri sono ad opera di quella certezza che è John Byrne, l'autore che ha dato illustrato non solo gli X-Men ma anche i Vendicatori, i Fantastici Quattro, che ha rilanciato Superman dopo Crisi sulle Terre Infinite, perbacco! Qui è al suo meglio con tavole dinamiche e drammatiche, molte delle quali sono ormai iconiche. Ad esempio, se vedede un Wolverine incazzato a morte in una fogna, che minaccia di fare una strage, beh, quella arriva proprio da qui.
Se pensate che un fumetto di supereroi sia solo botte e azione, forse dovreste fare un giro su questa giostra. La storia non lascia un secondo di respiro nè agli eroi nè al lettore, anche i momenti di tranquillità servono per inserire qualcosa nella trama riguardo i rapporti tra i personaggi (i semi della lunga amicizia tra Tempesta e Kitty Pride o la cotta per Colosso di quest'ultima), la psicologia che li muove (in questa storia avrete il momento Wolverine più Wolverine che esista). Proprio per questo ho parlato più volte di soap opera, per il fatto che i pugni, i colpi di raggi ottici, le vittorie e le sconfitte, lasciano più segni dentro ai personaggi che i lividi esterni. Vi troverete sulle montagne russe dell'avventura per raggiungere l'apice del dramma con un sacrificio estremo (che verrà poi annullato, ripetuto e riannullato più volte).
Questa è una lettura molto consigliata se amate i supereroi e se volte sapere perché gli X-Men erano tra i titoli di punta della Marvel. Potete trovarlo ovunque ad un buon prezzo.
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greggmaximilian · 4 years ago
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[ Long Night] #Ravenfirerpg #Minirole
Quella sera, Lore non riusciva a rimanere da solo a casa, aveva deciso di andare a suonare qualcosa e bere una birra in compagnia dell'amico, da quando lo aveva ritrovato come volontario al Petit Prince, si erano visti più spesso e pensare era qualcosa che dopo la sparizione di Marley non riusciva a fare.
Si era esibito con due cover, non era in vena di suonare, eppure era qualcosa che lo riportava a pensare al piccolo Marley e per questo voleva sforzarsi di fare qualcosa che sarebbe piaciuto anche a lui.
Il tavolo che aveva scelto per loro era lontano dal palco, aveva bisogno di non sentire troppo rumore.
- Allora, che mi racconti di bello? Vediamo se mi distrai .-
Gregg Maximilian R. Holland
Potersi dedicare alle cose più semplici come uscire in compagnia di un amico era una manna dal cielo per il professore, il quale aveva accettato immediatamente l'invito di Lorenzo. Sapeva quanto la sparizione del giovane avesse influito sull'Hunt, ma sapeva anche che piangere sul latte versato non avrebbe dato alcun frutto. Chi meglio dell' Holland poteva sapere quanto fosse futile continuare a rivangare il passato? Non avrebbe mai lasciato andare tutta la questione di sua madre, ma sapeva anche che doveva vivere la propria vita. Seduto in quel locale, Gregg aveva ascoltato l'amico cantare, la sua voce calda far fibrillare tutti i presenti, eppure ora erano lontani da quel frastuono. « Va così male? » Domandò sorseggiando un goccio di quella birra scura che aveva ordinato poco prima. Era inglese, ma nonostante ciò sapeva concedersi momenti decisamente molto più americanizzati di quanto avesse nelle vene. « Vediamo... Che cosa vorresti sapere? Magari il fatto che tutte le studentesse del corso di psicologia ormai pendono dalle mie labbra? »
Lorenzo Vane Hunt
Lore stava peggio di quanto sembrasse, non era il tipo di persona che amasse far pensare sugli altri il proprio dolore, quindi, accennò un sorriso e sistemandosi comodo passò una mano tra i capelli. - Quindi ti dai alla pazza gioia con le studentesse? Ma bravo! A parte gli scherzi, come và al Petit? Non ci torno da .. un paio di settimane..- Non riusciva a tornare nel luogo in cui lui e Marley avevano passato tanto tempo insieme. Prese il boccale e gustò la propria doppio malto, facendo schioccare poi la lingua sul palato. - Non dirmi che hai solo questo da confessare.. non ci credo.. A proposito quest'anno non sono venuto neppure a salutare le matricole come sempre.- Lore di solito andava i primi giorni di college ad accogliere chiunque scegliesse psicologia da seguire ma non quell'anno. 
Gregg Maximilian R. Holland
Per quanto all'apparenza il professore apparisse tutto d'un pezzo non si poteva dire che non sapesse ridere e scherzare, e la sua battuta di poco prima non poteva essere altro. Tante cose, infatti, si potevano dire dell'inglese ma il fatto che fosse irreprensibile sul lavoro lo rendevano spesso distaccato agli occhi dei suoi studenti, eppure sapeva quanto il genere femminile fosse colpito. Ridacchiò l'uomo, scosse appena il capo prima prendere un sorso della bevanda tedesca ed inspirò a fondo gustandosi l'amaro del luppolo. « Ho visto Emilia qualche settimana fa in realtà. » Confessò l'inglese che con il tempo aveva cominciato a tenerci sempre di più al qule rifugio che era ormai quasi come una seconda casa. Poche erano le certezze nella vita dell'umano, ma di certo una era quella del desiderio di fare del bene. « La mia vita ultimamente è un piattume, tu piuttosto? E non dirmi che non c'è nulla perché la tua faccia sta parlando chiaro in questo momento... Per cui vuota il sacco. »
Lorenzo Vane Hunt
Lorenzo sapeva bene come fosse fatto l' amico, e sapeva anche che non lo avrebbe lasciato in pace tanto presto se non avesse raccontato perché quella faccia fosse tanto tesa. - La tua vita un pattume? E perché mai? - Lore era stranito, sapeva bene che Gregg fosse un uomo rispettabile e simpatico nonostante tutto, quindi dopo aver sbuffato un po', iniziò a tamburellare con le dita contro la superficie lignea del tavolo. - Te lo ricordi Marley? Beh.. ho dovuto fermare l'adozione perché lo zio si è presentato per riprenderselo. Solo che mi ha poi chiamato il bambino, piangendo.. Gregg, non sappiamo più dove lo abbia portato, io sono ancora il suo tutore legale, ma nessuno lo trova ancora, neppure io con le mie visioni..- Onesto, si fidava di lui anche se sapeva che probabilmente gli avrebbe dato un pensiero da assolvere in più.
Gregg Maximilian R. Holland
Quelle parole furono come un colpo sfoderato a folle velocità contro il suo viso quando le ascoltò, e tutto sembrò andare al proprio posto. Ricordava le parole di Emilia di qualche giorno prima, il bambino di quattro anni, ricordava lo sconcerto di come fosse accaduto un tale scempio ma soprattutto la sua mente era comunque corsa all'amico. Si limitò così a fare un lieve cenno del capo, prima di mostrare un volto decisamente più serio rispetto a poco prima. « Ora ricordo... » Rispose con un filo di voce l'Holland che ora si sentiva ancor più impotente e anche un poco indelicato nei confronti di Lorenzo. Aveva scherzato e parlato del più e del meno senza riflette a come dovesse sentirsi in quel momento. Aggrottò appena la fronte Gregg quando menzionò un termine che lo portò a chiedersi che cosa intendesse. « Me l'ha accennato Emilia, ma come è potuto accadere? Ci sono centinaia di controlli come è stato possibile? E dove potrebbe essere? Ma... Che cosa intendi con le tue visioni? »
Lorenzo Vane Hunt
Lore non avrebbe voluto parlare tutto il tempo di quella disgrazia, ma dopotutto, gli amici servivano per ascoltare e lui ogni giorno lo faceva con decine di persone, quindi per una volta decise di parlare lui. Sentiva la mancanza del bambino, ma non poteva certo fermarsi troppo per lasciar che fosse la polizia ad indagare, lui aveva bisogno di riprendersi il piccolo, il caso lo avrebbe lasciato agli agenti - Purtroppo accadono anche queste cose a quanto vedo, non si può mai stare tranquilli e spero che il piccolo sia almeno al sicuro. Ho provato a cercarlo ma non riesco.- Frustrato, inspirò di nuovo e dopo una pacca alla spalla dell' amico continuò a bere, la serata stava trascorrendo abbastanza bene, avrebbero parlato di Marley con calma, tuttavia, avrebbe potuto anche chiedere altri consigli.
❪ 𝑭𝒊𝒏𝒆 𝑹𝒐𝒍𝒆. ❫
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