#provvedimenti stradali
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pier-carlo-universe · 9 days ago
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Provvedimenti Viabili a Litta Parodi e Alessandria: Modifiche alla viabilità per lavori e scarico merci.
Restrizioni temporanee per garantire sicurezza e operatività tra il 9 e il 13 dicembre 2024
Restrizioni temporanee per garantire sicurezza e operatività tra il 9 e il 13 dicembre 2024 Lavori di posa del cavo elettrico sotterraneo a Litta Parodi Nel sobborgo di Litta Parodi, lungo via Marbello, sono programmati lavori di scavo per la posa di un cavo elettrico sotterraneo. Per garantire la sicurezza e l’efficienza delle operazioni, sono stati disposti i seguenti provvedimenti: Date e…
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lamilanomagazine · 7 months ago
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Bologna: numerosi controlli a largo raggio, centinaia di persone e veicoli controllati
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Bologna: numerosi controlli a largo raggio, centinaia di persone e veicoli controllati. I Carabinieri del Comando Provinciale di Bologna, a seguito dei servizi coordinati di controllo del territorio a largo raggio, finalizzati al contrasto dei reati contro il patrimonio, lo spaccio di sostanze stupefacenti e la sicurezza stradale in città e provincia, hanno controllato più di mille veicoli e persone, tre delle quali sono state arrestate e quattro denunciate. Complessivamente sono state contestate sanzioni amministrative per oltre 4000 euro, elevate per violazioni al C.d.S. e nei confronti di alcuni esercizi commerciali. (PRIMO CASO) A Bologna, i Carabinieri della Stazione di Bologna Navile hanno arrestato un 44enne italiano, residente in provincia, pregiudicato, colpito da un ordine di esecuzione per la detenzione domiciliare emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna. L'uomo, già sottoposto agli arresti domiciliari, dopo le formalità di rito è stato arrestato e riassociato al proprio domicilio per espiare la pena residua di anni 4 mesi 3 e giorni 26 di reclusione, in relazione ai reati commessi a Bologna tra il 2021e 2022. Durante l'intera attività, i Carabinieri della Stazione Bologna Corticella, unitamente a quelli del 5° Reggimento "Emilia Romagna", ai Cinofili e al personale della Polizia Locale di Bologna, sono state controllate diverse attività commerciali alle quali sono state elevate tre sanzioni per intervenute irregolarità amministrative. A seguito dei diversi controlli, sono stati fermati e foto segnalati due cittadini di origine pakistana, uno dei quali è stato successivamente deferito in stato di libertà all'Autorità giudiziaria poiché risultato irregolare sul Territorio Nazionale. Anche sul fronte dei controlli stradali finalizzati alla prevenzione degli incidenti, i Carabinieri della Stazione Bologna Bertalia, tra le decine di automobilisti controllati, hanno denunciato alla Procura della Repubblica di Bologna un 34enne italiano che stava guidando una vettura con un tasso alcolico superiore ai limiti di legge. Nei confronti del conducente è scattato anche il ritiro della patente di guida. (SECONDO CASO) A Borgo Panigale, i Carabinieri della Stazione di Bologna Borgo Panigale hanno arrestato un 22enne originario della Romania, residente in provincia, celibe, già noto alle forze dell'ordine, accusato del reato di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi. Nella circostanza, il 22enne si è presentato in caserma esibendo per la sua identificazione una carta di identità, la quale da un primo controllo visivo e tattile, ha destato subito sospetto. Sottoposto ad un accurato e specifico controllo, il documento è risultato difforme alle specifiche contenute nella scheda tecnica emanata dalla Unione Europea e pertanto palesemente falso, pur risultato di buona fattura e idoneo ad assolvere lo scopo per cui è stato creato. Su disposizione dell'Autorità giudiziaria, il 22enne è stato arrestato e successivamente rimesso in libertà senza l'applicazione, al momento, di misura cautelare alcuna. (TERZO CASO) A Bazzano, i Carabinieri della Stazione di Bazzano hanno arrestato un 45enne originario del Marocco, senza fissa dimora, pregiudicato, colpito da un ordine di esecuzione per la carcerazione rilasciato dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna. Tale provvedimento è stato emesso a seguito dei diversi provvedimenti di condanna per reati relativi allo spaccio di sostanze stupefacenti, tutti commessi prevalentemente tra il 2013 ed il 2018 in Valsamoggia, località Bazzano. Lo straniero, dopo le formalità di rito, è stato arrestato ed associato alla Casa Circondariale di Bologna per espiare la pena residua di anni 5 mesi 4 e giorni 22 di reclusione. (QUARTO CASO) A Savigno, i Carabinieri della Stazione di Savigno hanno arrestato una 35enne italiana, residente in provincia, pregiudicata, colpita da un ordine di esecuzione per la carcerazione rilasciato dalla Procura Generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Bologna. Tale provvedimento è stato emesso a seguito dei diversi provvedimenti di condanna, tutti relativi ai reati di produzione e spaccio di sostanze stupefacenti commessi nel 2020 in provincia di Bologna e Forlì. La donna, dopo le formalità di rito, è stata arrestata ed associata alla Casa Circondariale di Bologna per espiare la pena residua di anni 3 mesi 8 e giorni 27 di reclusione. (QUINTO CASO) I Carabinieri della Sezione Radiomobile della Compagnia Bologna Borgo Panigale, unitamente a quelli delle Stazioni di Casalecchio di Reno e Castel Maggiore, nel corso dei diversi posti di controllo alla circolazione stradale, hanno deferito in stato di libertà alla Procura della Repubblica di Bologna, per guida sotto l'influenza dell'alcol, tre italiani di 31, 35 e 43anni, i quali in tre circostanze diverse sono stati sorpresi alla guida delle loro autovetture in stato di alterazione psico-fisica dovuta all'assunzione di alcol con tasso alcolemico superiore al limite consentito per legge.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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paoloxl · 5 years ago
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I governi cambiano, la scure repressiva contro le lotte resta
La caduta del governo Conte Uno avvenuta lo scorso agosto e la contestuale nascita del Conte Bis “desalvinizzato”, avevano ingenerato in un settore largo della sinistra e dei movimenti sociali un sentimento diffuso di attesa per un cambiamento di passo in senso democratico.
Un attesa dettata non tanto dalla possibilità che il nuovo esecutivo “giallo-rosa”, nato in nome e per conto dell’Europa del Patto di Stabilità e del Fiscal Compact, potesse imprimere un vero cambiamento nelle politiche economiche o un reale miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori e degli oppressi, quanto dalla speranza che l’esclusione della Lega dal governo potesse mettere almeno un freno all’ondata di odio razzista e all’escalation di misure e provvedimenti restrittivi delle cosiddette “libertà democratiche”.
Le prime dichiarazioni degli esponenti del PD (con a capo Zingaretti) e di LeU non appena insediatisi al governo, alimentavano questa speranza, nella misura in cui individuavano nei due Decreti Sicurezza- Salvini al tempo stesso il simbolo e il cuore dell’offensiva reazionaria guidata dalla Lega, dichiarando solennemente che queste misure andavano abrogate o, quantomeno, radicalmente mutate.
A quattro mesi di distanza dall’insediamento del Conte bis, appare evidente che quella speranza si sia ancora una volta tradotta in una pia illusione, e che anche stavolta ci siamo trovati di fronte alla classica “promessa da marinaio” ad opera dei soliti mestieranti della politica borghese.
Il decreto Salvini- Uno
Dei due decreti- sicurezza targati Lega e convertiti in legge grazie al voto favorevole dei 5 Stelle si è parlato e si parla tanto, ma il più delle volte per alimentare in maniera superficiale una presunta contrapposizione tra “buonisti democratici” e “cattivisti destorsi” che per analizzare (e fronteggiare) la portata reale delle misure in essi contenute.
Già il primo DL, che si concentrava quasi esclusivamente contro i richiedenti asilo e i lavoratori immigrati (imponendo una stretta feroce sugli sbarchi e sulla concessione dei permessi di soggiorno, eliminando gli SPRAR e assestando un colpo durissimo all’intero sistema dell’accoglienza facendo strumentalmente leva sulle contraddizioni e sul business che spesso ruota attorno agli immigrati) in realtà puntava già molto oltre, mettendo nel mirino l’esercizio di alcune di quelle libertà che a partire dal secondo dopoguerra venivano dai più considerate “fondamentali” e costituzionalizzate come tali in ogni stato che si (auto)definisce democratico: su tutte la libertà di sciopero e di manifestazione pubblica e collettiva del dissenso.
Nella versione originaria del Decreto, quasi mimetizzato nel mezzo di una lista interminabile di norme per il “contrasto all’immigrazione clandestina” utili a soddisfare le paranoie securitarie di un’ opinione pubblica lobotomizzata dal bombardamento mediatico a reti unificate sulla minaccia dell’“invasore immigrato brutto sporco e cattivo”, ci si imbatteva nell’articolo 23, una norma di neanche dieci righe recante “Disposizioni in materia di blocco stradale”, nella quale, attraverso un abile gioco di rimandi, modifiche e abrogazioni di leggi precedenti tipico del lessico istituzionale, in maniera pressoché imperscrutabile si introduceva la pena del carcere fino a 6 anni per chiunque prendesse parte a blocchi stradali e picchetti, fino a 12 anni per chi veniva individuato come organizzatore e con tanto di arresto in flagranza, vale a dire che se a protestare sono degli immigrati, alla luce proprio di quanto previsto dal medesimo decreto, una tale condanna si sarebbe tradotta nel ritiro immediato del permesso di soggiorno e quindi nell’espulsione dall’Italia.
Dunque, in un piccolo e apparentemente innocuo trafiletto si condensava un salto di qualità abnorme contro le lotte sindacali e sociali, con pene esemplari, contro ogni forma di manifestazione di strada e ogni sciopero che non si limitasse ad un’astensione dal lavoro meramente formale e simbolica (dunque innocua per i padroni): un idea di “sicurezza” che poco avrebbe da invidiare al Cile di Pinochet se è vero, come giustamente evidenziato dall’avvocato Claudio Novaro del foro di Torino1, che ad esempio, per i partecipanti ad un’associazione per delinquere il nostro codice penale prevede sanzioni da 1 a 5 anni di reclusione, per i capi e promotori da 3 a 7, per un attentato ad impianti di pubblica utilità da 1 a 4, per l’adulterazione di cose in danno della pubblica salute da 1 a 5. Per Salvini e i compagni di merende il reato di picchetto e di blocco stradale è considerato uguale a quello di chi recluta o induce alla prostituzione dei minorenni, di chi commette violenza sessuale contro un minore di 14 anni o di chi compie violenza sessuale di gruppo ed è addirittura più alto di quello del reato di sequestro di persona, della rapina semplice e della violenza sessuale su un adulto.
Tradotto in soldoni: per la Lega interrompere anche solo per qualche ora il flusso di merci e degli “affari” a beneficio dei padroni e contro l’ordine costituito (magari per reclamare il rispetto di un contratto collettivo nazionale di lavoro, impedire un licenziamento di massa, protestare contro la devastazione dei territori o contro megaopere nocive per la salute e l’ambiente o per denunciare il dramma della precarietà e della disoccupazione) rappresenta un “pericolo per la sicurezza” più grave e penalmente più rilevante che commettere uno stupro o far prostituire minorenni!
Il fatto che l’orda reazionaria  rappresentata dalla Lega, FdI possa giungere a tali livelli di delirio non sorprende più di tanto: a meravigliare (non per noi) alcuni della sinistra politica e sociale è stato invece il silenzio assordante della quasi totalità degli organi di stampa, dell’opposizione “democratica” e dei sindacati confederali CGIL-CISL-UIL, dalle cui fila non una sola parola è stata spesa per denunciare il colpo di mano dell’articolo 23, ne tantomeno per chiedere la sua immediata cancellazione: un silenzio pari o forse ancor più rumoroso dei tamburi di guerra leghisti tenendo conto che se una norma del genere fosse stata varata nella seconda metà del secolo scorso, essa si sarebbe tradotta in anni e anni di carcere, ad esempio per migliaia di iscritti e dirigenti sindacali (compreso il tanto osannato Giuseppe Di Vittorio) che in quegli anni conducevano dure battaglie sindacali all’esterno delle fabbriche o in prossimità dei latifondi agricoli, e laddove la Cgil e la Fiom di allora facevano ampio uso del picchetto e del blocco stradale quale strumento di contrattazione (fatto storico, quest’ultimo che gli attuali burocrati sindacali, epigoni di quella Cgil, preferiscono occultare, accodandosi in nome di un ipocrita legalitarismo all’ignobile campagna di criminalizzazione del conflitto sindacale…).
Un silenzio che, d’altra parte è stato quantomai “eloquente”, se si pensa che tra i principali ispiratori della prima versione dell’articolo 23 vi era Confetra, vale a dire una delle principali associazioni imprenditoriali del settore Trasporto Merci e Logistica, la quale già il 26 settembre 2018 (quindi più di una settimana prima che il testo del decreto fosse pubblicato in Gazzetta Ufficiale) per bocca del suo presidente Nereo Marcucci si precipitava a dichiarare alla stampa che tale norma era “un ulteriore indispensabile strumento di prevenzione di forme di violenza e di sopraffazione di pochi verso molti. Certamente non limita il diritto costituzionalmente garantito allo sciopero. Con le nostre imprese ed i nostri dipendenti contiamo molto sul suo effetto dissuasivo su pochi caporioni”2.
All’epoca di tale dichiarazione il testo del decreto era ancora in fase di stesura, tanto è vero che nella suddetta intervista Marcucci indica la norma antipicchetti come “articolo 25”: lasciando così supporre che i vertici di Confetra, se non proprio gli autori materiali della scrittura dell’articolo, ne fossero quantomeno i registi e gli ispiratori…
Ma chi sono quei “pochi caporioni” che Marcucci tira in ballo confidando nell’effetto dissuasivo del DL Salvini a colpi di carcere e codice penale? E che ruolo ha avuto Confetra in tutto ciò?
Il bersaglio di Marcucci, manco a dirlo, era ed è il possente movimento autorganizzato dei lavoratori della logistica rappresentato a livello nazionale dal SI Cobas e, nel nord-est, dall’ADL Cobas, che a partire dal 2009 ha operato un incessante azione di contrasto delle forme brutali di sfruttamento, caporalato, evasione fiscale e contributiva, illegalità e soprusi di ogni tipo a danno dei lavoratori, rese possibili grazie all’utilizzo di un sistema di appalti e subappalti a “scatole cinesi” e dell’utilizzo sistematico di finte cooperative come scappatoia giuridica: un azione che nel giro di pochi anni, attraverso migliaia di scioperi e picchetti (dunque riappropriandosi di quello strumento vitale di contrattazione abbandonato da decenni dai sindacati confederali integratesi nello Stato borghese ed oramai finito in disuso anche per una parte dello stesso sindacalismo “di base”) e potendo contare solo sulla forza organizzata dei lavoratori, ha portato ad innumerevoli vittorie, prima attraverso l’applicazione integrale del CCNL di categoria in centinaia di cooperative e ditte appaltatrice, e poi finanche alla stipula di ben 3 accordi-quadro nazionali di secondo livello in alcune delle più importanti filiere facenti capo all’organizzazione datoriale Fedit (TNT, BRT, GLS, SDA) e con altre importanti multinazionali del settore.
Questo ciclo di lotta ha portato nei fatti il SI Cobas e l’Adl a rappresentare nazionalmente la maggioranza dei lavoratori sindacalizzati della categoria, ma che ha dovuto fin dall’inizio fare i conti con una pesantissima scure repressiva: cariche fuori ai cancelli dei magazzini, fogli di via, divieto di dimora, sanzioni amministrative, arresti e processi a non finire, licenziamenti discriminatori e finanche l’arresto del coordinatore nazionale del SI Cobas Aldo Milani nel gennaio 2017 con l’accusa infamante di “estorsione” come conseguenza di un’ondata di scioperi che dalla logistica aveva contaminato l’”intoccabile” filiera modenese delle carni3. Confetra e le aziende ad essa associate si sono col tempo dimostrate le principali “teste d’ariete” di questa strategia, e cioè una delle controparti maggiormente ostili, refrattarie al dialogo e propense a trasformare il conflitto sindacale in un problema di “ordine pubblico” anche di fronte alle forme più intollerabili e plateali di sfruttamento e di caporalato.
E non è un caso se proprio Confetra risulta essere la parte datoriale “amica” di Cgil-Cisl-Uil, come dimostra non solo una condotta decennale tesa ad escludere i cobas dai tavoli di trattativa nazionali, ma anche la vera e propria comunione d’intenti, al limite della sponsorizzazione reciproca da essi operata sia dentro che fuori i luoghi di lavoro (appelli comuni alle istituzioni, eventi, convegni, biografie dei dirigenti Confetra in bella mostra sui siti nazionali dei confederali, “tavoli della legalità”, ecc.).
Una tale condotta da parte di Cgil-Cisl-Uil, che ha da tempo abbandonato il conflitto (seppur per una politica tradeunionista) per farsi concertativa e infine a tutti gli effetti consociativa, non poteva di certo tradursi in una qualsivoglia opposizione alle misure “antipicchetto” ideate da Salvini su suggerimento di Confetra…
Discorso analogo per l’intero panorama della sinistra istituzionale, del mondo associativo e della “società civile”, per le ragioni che vedremo in seguito.
Dunque, nell’autunno del 2018 gli unici ad opporsi coerentemente, organicamente e radicalmente al primo DL Salvini sono stati, ancora una volta, il sindacalismo conflittuale con in prima fila il SI Cobas, i movimenti per il diritto all’abitare (in particolare a Roma e Milano), alcuni centri sociali e collettivi studenteschi, la parte tendenzialmente classista, estremamente minoritaria, del mondo associativo e della cooperazione, alcune reti di immigrati col circuito “no-border”, i disoccupati napoletani del movimento “7 novembre”, qualche piccolo gruppo della sinistra extraparlamentare comunista, antagonista o anarchica, i No Tav e poco altro.
Buona parte di queste realtà hanno aderito all’appello lanciato dal SI Cobas per una manifestazione nazionale che si è svolta il 27 ottobre 2018 a Roma riempendo le vie della capitale con circa 15 mila manifestanti, in larghissima maggioranza lavoratori immigrati della logistica e non solo. Ma non si è trattato di un evento isolato: a latere di quella riuscitissima manifestazione il SI Cobas, supportato al nord da centri sociali e studenti e al centrosud da disoccupati e occupanti casa, ha indetto una numerose altre iniziative nazionali e locali, fino ad arrivare al vero e proprio assedio all’allora vicepremier 5 Stelle Luigi di Maio nella sua natìa Pomigliano d’Arco con una contestazione promossa da licenziati FCA e collettivi studenteschi il 19 novembre 2018.
E ancora una volta si è avuta la riprova che “la lotta paga”, due settimane dopo, all’atto della conversione in legge del DL- Sicurezza, la norma persecutoria prevista dall’articolo 23 è stata cancellata e ripristinata la norma precedente che in caso di picchetto o blocco stradale non prevede alcuna pena detentiva bensì una sanzione amministrativa da 1000 a 4000 euro (come si vedrà nel caso delle lotte alla Tintoria Superlativa di Prato, questa misura, disapplicata e di fatto finita in desuetudine per decenni, verrà rispolverata con forza e con zelo durante tutto il 2019 contro operai in sciopero e disoccupati). Ad ogni modo, le proteste autunnali hanno probabilmente ricondotto a più “miti consigli” almeno una parte dei 5 Stelle, già all’epoca dilaniati dalla contraddizione insanabile tra le aspettative suscitate nella componente operaia del suo elettorato e le imbarazzanti performance governative fornite dai suoi vertici finiti a braccetto prima con la Lega di Salvini, poi col tanto vituperato PD.
Alla luce di questo parziale ma preziosissimo risultato, ottenuto con la mobilitazione di alcune decine di migliaia di manifestanti, qualcuno dovrebbe chiedersi cosa sarebbe rimasto del DL-Salvini se quelle organizzazioni sindacali confederali che tanto sono “maggiormente rappresentative” sui luoghi di lavoro, se non fossero ormai integrate nello stato a difesa degli interessi capitalisti si “ricordassero” quale dovrebbero essere il loro ruolo e fossero scese in piazza contro questa legge reazionaria e razzista: con ogni probabilità (e come sta insegnando in queste settimane il movimento francese contro la riforma pensionistica di Macron), quel decreto sarebbe divenuto in poche ore carta straccia…
Lega, 5 stelle e padronato ritornano alla carica: il Decreto Salvini- Due
Come insegna l’intera storia del movimento operaio, le conquiste e i risultati parziali strappati con la lotta possono essere difesi e preservati solo intensificando ed estendendo le lotte stesse.
Purtroppo, l’esempio tangibile dato dal SI Cobas e dai settori scesi in piazza contro il primo Decreto-Salvini non è riuscito a smuovere sufficientemente le acque e a portare sul terreno del conflitto reale quel settore di lavoratori, precari, disoccupati, studenti e immigrati ancora legati ai sindacati confederali e al resto del sindacalismo di base, ne è riuscito a coagulare attorno a se quel che resta dei partiti e dei partitini della sinistra “radicale”, dai comitati antirazzisti e ambientalisti spalmati sui territori, i movimenti delle donne come NUDM ( in realtà, queste ultime attive e con un seguito importante sulle tematiche di loro specifica pertinenza, ma incapaci di sviluppare un opposizione a tutto campo e di collegarsi alle lotte sui luoghi di lavoro e alle principali emergenze sociali).
E, inevitabilmente, l’offensiva di governo e padroni è ripartita in maniera incessante, prendendo la forma del “Decreto-sicurezza bis”.
Il canovaccio è stato grosso modo identico a quello del primo DL: immigrazione e “ordine pubblico” restano le due ossessioni di Salvini. A cambiare è tuttavia il peso specifico assegnato a ciascuna emergenza: il Dl bis “liquida” in soli 5 articoli il tema- immigrazione prevedendo una pesante stretta repressiva sugli sbarchi e “pene esemplari” per chi viene ritenuto colpevole di favorire l’immigrazione clandestina (dunque in primo luogo le tanto odiate ONG, i cui comandanti delle navi possono essere condannati a multe fino a un milione di euro), per poi concentrarsi con cura sulle misure tese a schiacciare sul nascere ogni possibile sollevazione di massa in chiave antigovernativa.
E così si prevede, negli articoli 6 e 8 un forte inasprimento delle pene per l’uso dei caschi all’interno di manifestazioni, per i reati di resistenza a pubblico ufficiale e finanche per l’uso di semplici fumogeni durante i cortei.
Il decreto, entrato in vigore il 15 giugno 2019, viene definitivamente convertito in legge l���8 agosto, dunque a pochi giorni dalla sceneggiata del Papeete Beach e della fine anticipata dell’esecutivo gialloverde.
Va peraltro notato che in questa occasione, contrariamente a quanto avvenuto col primo decreto, durante l’iter di conversione le pene previste, sia in caso di sbarchi di clandestini sia riguardo l’ordine pubblico alle manifestazioni, vengono addirittura inasprite: il tutto con il voto favorevole dell’intero gruppo parlamentare pentastellato!
Il resto della storia è noto come abbiamo accennato all’inizio dell’articolo.
Nel corso dei primi mesi di insediamento del Conte Bis, lungi dall’assistere a un ammorbidimento della stretta repressiva, abbiamo assistito invece ad un suo inasprimento: a partire dalla primavera del 2019 ad oggi gli scioperi nella logistica e i picchetti sono quotidianamente attaccati dalle forze dell’ordine a colpi di manganello e gas lacrimogeni, ma soprattutto si moltiplicano le misure penali, cautelari e amministrative e addirittura le Procure tirano fuori, come per magia, procedimenti pendenti per manifestazioni, scioperi e iniziative di lotta svoltesi anni addietro e tenute a lungo nel cassetto. La scure colpisce indiscriminatamente tutto ciò che sia mosso nell’ultimo decennio: scioperi, movimento No-Tav, lotte dei disoccupati, occupazioni a scopo abitativo, iniziative antimilitariste, e persino semplici azioni di protesta puramente simbolica.
Tuttavia, per mettere bene a fuoco il contesto generale che portano a questa vera e propria escalation bisogna fare un passo indietro e tornare al 2017.
E’ in questo periodo, infatti, che il governo Gentiloni a guida PD vara il Decreto- sicurezza Minniti, contenente gran parte delle norme e delle pene di cui si servono le Procure per scatenare questa vera e propria guerra agli sfruttati e agli oppressi.
Il DL Minniti-Orlando
Roma, 25 marzo 2017: in occasione del vertice dei capi di stato UE per celebrare i 60 anni dei Trattati, le strade della capitale sono attraversate da diversi cortei, tra cui quello del sindacalismo di base e dei movimenti che esprimono una radicale critica alle politiche di austerity imposte da Bruxelles. Ancor prima dell’inizio della manifestazione avviene un vero e proprio rastrellamento a macchia di leopardo per le vie di accesso alla piazza: 30 attivisti vengono fermati dalla polizia e condotti in Questura, laddove saranno sequestrati per ore e rilasciati solo a fine corteo. Questo controllo “preventivo” ha come esito l’emissione di 30 DASPO urbani per tutti i fermati: la loro unica colpa era quella di indossare giubbotti di colore scuro e qualche innocuo fumogeno. In alcuni casi gli agenti pur avendo potuto appurare la mancanza di precedenti penali, decidono di procedere ugualmente al fermo in base all’“indifferenza ed insofferenza all’ordine costituito con conseguente reiterazione di condotte antigiuridiche sintomatiche”.
I suddetti Daspo urbani rappresentano la prima applicazione concreta del DL Minniti, varato dal governo Renzi il 17 febbraio 2017 e definitivamente convertiti in legge il successivo 12 aprile contestualmente all’approvazione di un secondo decreto “Orlando-Minniti” sull’immigrazione. Tale misura, che prende a modello anche nel nome gli analoghi provvedimenti già sperimentati sulle curve calcistiche, nelle dichiarazioni di Minniti si prefigge di tutelare la sicurezza e il decoro delle città attraverso l’allontanamento immediato di piccoli criminali o di semplici emarginati (clochard, viandanti, parcheggiatori abusivi, ambulanti), con ciò svelando fin dal principio la una visione securitaria analoga a quella della Lega. Ma i fatti di Roma dimostrano in maniera chiara che il bersaglio principale del DL Minniti è il dissenso sociale e politico: la linea guida è quella di perseguire le lotte sociali in via preventiva, non più attraverso le leggi e le norme del codice penale ad esse preposte e per i reati “tipici” riconducibili a proteste di piazza, bensì attraverso l’uso estensivo e per “analogia” di fattispecie di reato ascrivibili alla criminalità comune: a sperimentarlo sulla loro pelle saranno ad esempio i 5 licenziati della FCA di Pomigliano d’Arco, che l’11 ottobre 2018 si vedono rifilare un Daspo immediato da parte della Questura a seguito di un’iniziativa simbolica e pacifica su un palazzo di piazza Barberini in cui si chiedeva un incontro col l’allora ministro Di Maio.
In realtà il Daspo urbano codifica ed accelera un processo che è già in atto e che nelle aule di Tribunale ha già prodotto numerosi precedenti: su tutti basterebbe pensare alla feroce repressione abbattutasi nel 2014 contro decine di esponenti del movimento dei disoccupati napoletani, incarcerati o condotti agli arresti domiciliari per diversi mesi con l’accusa di “estorsione” associata alla richiesta di lavoro, o al già citato caso di Aldo Milani, condotto agli arresti con la stessa accusa il 26 gennaio 2017 a seguito di un blitz delle forze dell’ordine a un tavolo di trattativa sindacale in cui si stava discutendo di 55 licenziamenti nell’azienda di lavorazione carni Alcar Uno e della possibilità di interrompere le agitazioni nel caso in cui i padroni avessero sospeso i licenziamenti e pagato quanto dovuto ai lavoratori…
In secondo luogo, il Daspo urbano va ad affiancarsi a un già ampio ventaglio di misure restrittive e limitative della libertà personale: fogli di via obbligatori, obblighi e divieti di dimora, avvisi orali, sorveglianza speciale, ecc.: riguardo quest’ultima, il caso forse più eclatante è rappresentato dalla sentenza del 3 ottobre 2016 con cui il Tribunale di Roma ha imposto un rigido regime di sorveglianza speciale a carico di Paolo Di Vetta e Luca Faggiano, due tra i principali esponenti del movimento romano per il diritto all’abitare (questa misura è poi diventata, negli ultimi anni, il principale strumento repressivo teso a colpire il movimento anarchico in varie città). D’altra parte va evidenziato che rispetto alle misure sovracitate, il Daspo Urbano si contraddistingue per la tempestività di attuazione in quanto diviene immediatamente esecutivo senza dover attendere l’iter processuale.
L’approvazione nello stesso giorno della legge Minniti, intitolata “Disposizioni urgenti per la tutela della sicurezza delle città” e della legge Minniti- Orlando intitolata “Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale e per il contrasto dell’immigrazione illegale” non è casuale, bensì risponde a una precisa strategia tesa ad associare l’“emergenza-sicurezza” con l’“emergenza immigrati”, presentandole agli occhi dell’opinione pubblica come due facce della stess medaglia. D’altrone, le norme contenute nella legge immigrazione voluta dal PD, per il loro tenore discriminatorio e repressivo non si fanno mancare davvero niente. Al suo interno sono previsti, tra l’altro: l’ampliamento e la moltiplicazione dei centri di espulsione (ribattezzati CPR al posto dei CIE creati dalla Bossi-Fini) che da 5 passano a 20; l’accelerazione delle procedure di espulsione attraverso l’abolizione del secondo ricorso in appello per le richieste di asilo; l’abolizione dell’udienza (il testo del decreto, poi modificato, prevedeva addirittura la creazione di tribunali speciali ad hoc, vietati dalla Costituzione) e l’introduzione del lavoro volontario, cioè gratuito, per gli immigrati. Contestualmente, nelle stesse settimane il governo Gentiloni siglava un memorandum con il governo libico in cui veniva garantito il massimo supporto in funzione anti-Ong alla guardia costiera libica, cioè a coloro che sono universalmente riconosciuti come responsabili di violenze e torture nei campi di detenzione. Non è un caso che questa legge abbia ricevuto dure critiche persino dall’ARCI e dalle ACLI (senza però mai tradursi in mobilitazioni concrete per la sua cancellazione).
Da questa ampia disamina dovrebbe dunque apparire chiaro come i due decreti- Salvini siano tutt’altro che piovuti dal cielo, e men che meno il semplice frutto di un “colpo di mano” ad opera di un estremista di destra: al contrario, Salvini e i suoi soci hanno camminato su un tappeto di velluto sapientemente e minuziosamente preparato dai governi a guida PD.
Il messaggio di questi provvedimenti è sostanzialmente analogo: se sei italiano devi rigare dritto e non osare mai disturbare il manovratore, pena il carcere o la privazione della libertà personale; se sei immigrato, o accetti di venire in Italia, come uno schiavo non avrai alcun diritto e sarai sfruttato per 12 ore al giorno in un magazzino o in una campagna a 3-4 euro all’ora, oppure sarai rimpatriato.
L’escalation repressiva degli ultimi mesi contro il SI Cobas
Avendo a disposizione un menu di provvedimenti tanto ampio, nel corso del 2019 lo stato concentra ancor più le proprie attenzioni contro le lotte sindacali nella logistica e i picchetti organizzati dal SI Cobas col sostegno di migliaia di lavoratori immigrati.
Ancora una volta la città di Modena diviene il laboratorio di sperimentazione del “pugno di ferro” da parte di Questure e Procure. La ribellione delle lavoratrici di ItalPizza, sfruttate per anni con contratti-capestro non corrispondenti alle loro mansioni e discriminate per la loro adesione al SI Cobas, diviene il simbolo di una doppia resistenza: da un lato ai soprusi dei padroni, dall’altro alla repressione statale.
La reazione delle forze dell’ordine è durissima: lacrimogeni sparati ad altezza-uomo, responsabili ed operatori sindacali pesatati a freddo, lavoratrici aggredite mentre sono in presidio. Addirittura si mobilitano a sostegno dei padroni le associazioni delle forze di polizia con in testa il potente SAP.
Ad ottobre si arriva addirittura a un maxiprocesso a carico di ben 90 tra lavoratori, sindacalisti e solidali. Ma la determinazione delle lavoratrici è più forte di ogni azione repressiva, e nonostante l’azione congiunta di padroni, forze dell’ordine e sindacati confederali, la battaglia per il riconoscimento di pieni diritti salariali e sindacali è ancora in corso.
Ma Modena è solo la punta dell’iceberg: nella vicina Bologna, una delle principali culle del movimento della logistica, ad ottobre i PM della Procura della Repubblica tentano addirittura di imporre 5 divieti di dimora per alcuni tra i principali esponenti provinciali del SI Cobas, compreso il coordinatore Simone Carpeggiani, accusati di minare l’ordine pubblico della città per via di uno sciopero con picchetto che si era svolto un anno prima (misura alla fine respinta dal giudice).
Nelle stesse settimane alla CLO di Tortona (logistica dei magazzini Coop), dopo un innumerevole sequela di attacchi delle forze dell’ordine al presidio dei lavoratori a colpi di manganelli e lacrimogeni, il 25 novembre la Questura di Alessandria decide di intervenire a gamba tesa ed emette 8 fogli di via contro lavoratori e attivisti.
A Prato, città attraversata da più di un anno da imponenti mobilitazioni operaie nel settore tessile, dapprima (a marzo 2019) vengono emessi due fogli di via nei confronti dei responsabili SI Cobas locali; poi, a dicembre, nel pieno di una dura vertenza alla Tintoria Superlativa di Prato (in cui tra l’altro i lavoratori pachistani denunciano un consolidato sistema di lavoro nero e sottopagato), si passa ai provvedimenti amministrativi, con la Questura che commina 4 mila euro di multa a 19 lavoratori e due studentesse solidali con le proteste.
Il 9 gennaio il gip di Brescia emette otto divieti di dimora nel comune di Desenzano del Garda a seguito delle proteste del SI Cobas contro 11 licenziamenti alla Penny Market.
A queste e tante altre analoghe misure restrittive si accompagnano altrettanti provvedimenti amministrativi tesi a colpire economicamente le tasche dei lavoratori e del sindacato.
Intanto, i PM del Tribunale di Modena sono ricorsi ( seppure la macchina amministrativa giudiziaria sia intasata da milioni di processi non compiuti) in appello, contro la sentenza di assoluzione piena avvenuta in primo grado nei confronti di Aldo Milani nel già citato processo sui fatti in Alcar Uno.
E’ evidente che un azione talmente incessante e sistematica da parte di Questure e Procure risponde a un organico disegno politico: neutralizzare e decapitare un sindacato combattivo e in continua espansione serve ad assestare l’ennesimo colpo al diritto di sciopero e all’esercizio della libertà di associazione sindacale, entrambi già gravemente compromessi nella gran parte dei luoghi di lavoro e ulteriormente ridotti all’indomani dell’approvazione del Testo unico sulla rappresentanza del 10 gennaio 2014, grazie al quale il riconoscimento sindacale diviene un privilegio ottenibile solo in cambio della rinuncia sostanziale allo sciopero come arma di contrattazione.
L’oramai più che decennale processo di blindatura da parte dello Stato verso ogni forma di dissenso e di conflitto è in ultima istanza il prodotto di una crisi economica internazionale che, lungi dall’essersi risolta, si riverbera quotidianamente in ogni aspetto della vita sociale e tende ad alimentare contraddizioni potenzialmente esplosive e tendenzialmente insanabili.
Le leggi e i decreti sicurezza, i quali, una volta scrostata la sottile patina di colore ad essi impressa dai governi di questo o quello schieramento, mostrano un anima pressoché identica, rappresentano non la causa, bensì il prodotto codificato e “confezionato” di questi processi, a fronte dei quali il razzismo e le paranoie securitarie divengono forse l’ultima “arma di distrazione di massa” a disposizione dei governi per occultare agli occhi di milioni di lavoratori e di oppressi una realtà che vede continuare ad acuirsi il divario sociale sfruttatori e sfruttati, capitalisti e masse salariate.
Alla luce di ciò, è evidente che ogni ipotesi “cambiamento” reale dell’attuale stato di cose, ogni movimento di critica degli effetti nefasti del capitalismo (razzismo, sessismo, devastazione ambientale, guerra e militarismo, repressione) può avere concrete possibilità di vittoria o quantomeno di tenuta solo se saremo capaci di collegare in maniera sempre più stretta e organica il movimento degli sfruttati. Unire le lotte quotidiane portate avanti dai lavoratori, dai disoccupati, dagli immigrati, dagli occupanti casa, di chi difende i territori sottoposti a devastazione ambientale e speculazione ecc.
Come dimostra anche la storia recente, affrontare la repressione come un aspetto separato rispetto alle cause reali e profonde che generano l’offensiva repressiva, significa porsi su un piano puramente difensivo e alquanto inefficace.
L’unico reale rimedio alla repressione è l’allargamento delle lotte sociali e sindacali, così come l’unico antidoto agli attacchi alla libertà di sciopero sta nel riappropriarsi dello strumento dello sciopero. Ciò nella consapevolezza che a fronte di un capitalismo sempre più globalizzato diviene sempre più urgente sviluppare forme stabili di collegamento con le mobilitazioni dei lavoratori e degli sfruttati che, nel silenzio dei media nostrani, stanno attraversando i quattro angoli del globo (dalla Francia all’Iraq, dall’Algeria all’India), il più delle volte ben più massicce di quelle nostrane sia per dimensioni che per livelli di radicalità.
Senza la ricostruzione di un vero e forte movimento politico e sindacale di classe, combattivo e autonomo dalle attuali consorterie istituzionali e dai cascami dei sindacati asserviti, saremo ancora a lungo costretti a leccarci le ferite.
Nell’immediato, diviene sempre più necessario costruire un fronte ampio contro le leggi-sicurezza, per chiedere la loro cancellazione immediata e costruire campagne di informazione e sensibilizzazione finalizzate a fermare la scure repressiva che sta colpendo migliaia di lavoratori, attivisti, giovani e immigrati.
Per tale motivo una delle iniziative che vogliamo fare è quella di mettere in campo un’assemblea l’8 febbraio a Roma per un fronte unico di tutti quelli che si battono contro le politiche anti proletarie e repressive borghesi.
SI Cobas
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benzinazero · 3 years ago
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Chiedere di 'usare meno i social network' è come invitare a 'usare meno l'auto' o ad 'abbassare il riscaldamento'. Senza provvedimenti ad hoc, un ministro cosa ci sta a fare?
Chiedere di ‘usare meno i social network’ è come invitare a ‘usare meno l’auto’ o ad ‘abbassare il riscaldamento’. Senza provvedimenti ad hoc, un ministro cosa ci sta a fare?
Immagine da SkyTG24 Chiedere di usare meno i social network per inquinare meno è come chiedere di usare meno l’auto per inquinare meno o ridurre gli incidenti stradali. Ma se sei un Ministro, allora cosa ci stai a fare? Quali sono i provvedimenti che proponi, oltre a vaghi appelli alla moderazione? Qui le sue dichiarazioni sui social network e il suo appello agli studenti [SkyTG24] È…
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gennarocapodanno · 4 years ago
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Vomero, piazza Vanvitelli: scomparse le strisce pedonali
Vomero, piazza Vanvitelli: scomparse le strisce pedonali
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             ” E’ un fenomeno al quale si assiste con eccessiva frequenza, senza che si adottino i provvedimenti del caso, nonostante possa costituire un presumibile pericolo – afferma Gennaro Capodanno, presidente del Comitato Valori collinari -. Mi riferisco alla scomparsa graduale da alcuni attraversamenti stradali delle strisce zebrate, al fine di consentire il passaggio dei pedoni da un…
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istanbulperitaliani · 5 years ago
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Primo Maggio ad Istanbul
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Il Primo Maggio ad Istanbul é una giornata problematica per chi vuole raggiungere Piazza Taksim.
Per farvi capire come nasce questa questione bisogna partire dalle 36 vittime di Piazza Taksim del 1 Maggio del 1977.
1 Maggio 1977 - Piazza Taksim
In questa tragica data dei cecchini, posizionati su degli edifici intorno alla Piazza, iniziarono a sparare sulle centinaia di migliaia di persone presenti alla manifestazione. La folla in preda al panico cominciò a scappare e molti morirono schiacciati nella calca. Inoltre la polizia attaccò i manifestanti in fuga anche con l’utilizzo di mezzi blindati. Dopo questo massacro furono arrestate 470 persone, tutte rilasciate nei giorni successivi. Nessuno è stato processato per l’accaduto e i cecchini non sono stati mai trovati. L’unico fatto certo è che 36 persone furono uccise e 140 furono i feriti. Per la sinistra turca i colpevoli sono i membri di una organizzazione nota come Kontrgerilla (contro-guerriglia) creata dall’allora primo ministro Süleyman Demirel, con la collaborazione della CIA, per contrastare l’influenza della sinistra marxista nel paese. Un po’ come facevano le organizzazioni Gladio in Italia, la OAS francese, e tutte quelle strutture paramilitari presenti nei paesi NATO e usate durante la guerra fredda (1945-1991) per contrastare l’eventuale avanzata dell’allora blocco sovietico e dei partiti comunisti in Europa Occidentale.
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Dopo questo evento Piazza Taksim é rimasta interdetta ai manifestanti fino al 2010.
Qualche anno dopo il 2010, dei lavori di ammodernamento di Piazza Taksim hanno impedito ai dimostranti di ritornare nella piazza. I lavori sono terminati ma le autorità di Istanbul vogliono far confluire la manifestazione in zone create - da qualche tempo in città - appositamente per accogliere tutti i tipi di raduni autorizzati (cosa che comunque già avviene per altre manifestazioni durante tutto l’anno). Una scelta che le autorità definiscono necessaria per non paralizzare Taksim e dintorni. Invece per gli organizzatori della manifestazione del Primo Maggio questa dislocazione é ritenuta inaccettabile.
Insomma il Primo Maggio ad Istanbul c’é un vero e proprio braccio di ferro. Tutto politico.
A subirne il disagio di questa contrapposizione ci sono anche i turisti.
Di solito, ripeto di solito, vengono presi questi provvedimenti: la linea metro M2 (Yenikapı-Hacıosman) non si ferma alla stazione di Osmanbey, Taksim e Şişhane, o solo la fermata di Taksim viene “saltata”. Le due linee funiculari (Taksim-Kabataş e Tunel) sono chiuse. Il Marmaray non si ferma alla stazione di Sirkeci. I ferryboat che collegano il versante europeo con quello asiatico sono fermi e le strade che conducono a Taksim sono interdette al traffico (naturalmente esistono dei percorsi stradali alternativi).
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Ripeto questi che vi ho elencato sono provvedimenti che vengono presi solitamente. Possono cambiare. Qualche anno é stato alzato anche il Ponte di Galata.
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In parole povere raggiungere Piazza Taksim nel giorno del Primo Maggio diventa complicato: lo spiegamento delle forze dell’ordine é imponente e possono crearsi delle tensioni in zona.
Quindi il mio consiglio é di evitare questa zona e di non intralciare o polemizzare sulle eventuali direttive della forza pubblica se volete comunque raggiungere la Piazza (per chi ha l’albergo nei paraggi magari é consigliabile uscire la mattina presto e ritornare verso sera).
In ogni caso dopo questa giornata vi assicuro che ritornare a Taksim sarà nuovamente normale.
Sempre prudenza e buon senso.
La mia Vita a Istanbul: consigli e informazioni turistiche. Disponibile come GUIDA per delle ESCURSIONI in città. Scrivi una e-mail a: [email protected] Seguici anche su www.facebook.com/istanbulperitaliani
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frontedelblog · 5 years ago
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Coronavirys, parla Marco Villa, ct delle due ruote su pista: "Il ciclismo può ripartire"
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Parla il pluricampione del mondo, sei volte vincitore della Sei giorni di Milano e ct della nazionale di ciclismo su pista. E racconta a Fronte del Blog: "Allenarsi da soli, evitando le uscite di gruppo, non penso in questo particolare momento possa intralciare il prossimo,"   Marco Villa montodinese (di Montodine, provincia di Cremona) ex pistard e ciclista su strada italiano, pluricampione del mondo nell'Americana in coppia con Silvio Martinello e tre volte vincitore della Sei giorni di Milano è attualmente il commissario tecnico della nazionale italiana di ciclismo su pista maschile E con lui, volentieri, in questi tempi dedicati a ipotizzare date e modalità di ripartenza sociale, sportiva ed economica nazionale, convivendo col coronavirus, volentieri abbiamo scambiato quattro chiacchiere. Per carità la Serie A, l’elite del football italiano muove tanti interessi ed è giustissimo pensi a ricominciare. Ma pure gli altri sport meritano attenzione, no? Siamo fermi da settimane, da mesi e adesso finalmente qualcosa si muove. Ci siamo tra le altre cose, parlo di noi professionisti, fermati per primi, un po’ per  evitare, con eventuali infortuni stradali di occupare posti in ambulanze e in pronto soccorso e poi perché ci guardavano in tanti, iniziando dagli automobilisti, male allorquando ci incrociavano in giro mentre pedalavamo per allenarci. Renato Di Rocco, presidente della Federazione italiana ciclismo ha parlato col ministro Spadafora dando e ricevendo input preziosi. Allenarsi da soli, evitando le uscite di gruppo, non penso in questo particolare momento possa intralciare il prossimo, ergo attendiamo fiduciosi i prossimi provvedimenti. So che Di Rocco ha garantito al ministero che se qualcuno sgarrerà pedalando in gruppetti, oltre alla multa subirà squalifiche. Ed è giusto così. L’Olimpade è stata rinviata… Sì ma il programma Olimpico non si ferma e lavoriamo per preparaci al meglio alla kermesse olimpica rimandata. Ci sono inoltre discipline, tipo l’inseguimento e il chilometro individuale che vanno considerate sport individuali, quindi penso praticabili, compatibili i con la particolare situazione sanitaria in atto. E per noi tecnici, tali input, risultano preziosissimi per valutare gli atleti. Ovviamente le corse a tappe, beh subiranno rinvii, mentre le cronometro non dovrebbero rappresentare un problema insormontabile. Tornerete ad allenarvi al velodromo di Montonichiari? Penso dì sì, ma per forze di cose dovremo, quando diventerà normale accedervi, dividerlo con altri ciclisti. Scaglionamenti, ingressi limitati diventeranno i nostri compagni di vita quotidiani. E’ un peccato quindi non sia ancora agibile la pista di Crema? Esattamente… considerando la carenza di strutture, i problemi di correre su strade, tra il traffico esasperato, beh i velodromi consentono di lavorare in sicurezza. E per questo riescono ad attrarre giovanissimi, coi genitori più tranquilli sapendoli lontani dalle automobili, nuove leve al ciclismo. Io poi sono cremasco e al Velodromo tengo tantissimo. Speriamo ritorni presto disponibile. Purtroppo il maledetto Covid-19 si è portato via l’ex presidente della Federciclismo, pure lui cremasco, Giancarlo Ceruti… Grandissima perdita, Giancarlo era uno di famiglia, mosse i primi passi da dirigente sportivo insieme a mio padre Ettore, all’epoca presidente del Consorzio Piste Cremasco. Alla guida del ciclismo italiano Ceruti fece benissimo. E quelli erano tempi duri, subì tanti attacchi, a tutti replicò con toni e contenuti consoni, senza mai stonare. Non lo vedevo spesso, ma sapevo che lui c’era e … bere un caffè, parlare con lui era sempre piacevolissimo. Ho saputo della sua lotta col Coronavirus a fine febbraio mentre ero impegnato nel Mondiale su pista. Gli ho inviato qualche messaggio, ma purtroppo non mi ha risposto. E dopo averci fatto sperare con una sua ripresa che pareva certa, ahimè Giancarlo Ceruti si è spento. Ho perso un amico, un punto di riferimento importante.  Stefano Mauri                           Read the full article
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italianaradio · 5 years ago
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Ragazze travolte a Roma, morte sul colpo: l’investitore aveva bevuto e assunto droghe
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/ragazze-travolte-a-roma-morte-sul-colpo-linvestitore-aveva-bevuto-e-assunto-droghe/
Ragazze travolte a Roma, morte sul colpo: l’investitore aveva bevuto e assunto droghe
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Ragazze travolte a Roma, morte sul colpo: l’investitore aveva bevuto e assunto droghe
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E’ iscritto nel registro degli indagati, in attesa della decisione di provvedimenti più severi, Pietro Genovese, il ventenne che sabato notte, al volante della sua auto, ha travolto e ucciso le due adolescenti romane Gaia Von Freymann e Camilla Romagnoli su corso Francia. Il figlio del noto regista, accusato di duplice omicidio stradale, non ha superato i test di alcol e droga. Il suo tasso alcolemico è risulto di 1.4, mentre il  limite consentito è di 0,5 g/litro  e di 0 g/litro per i neopatentati. Anche il test della cocaina e quello della cannabis sono risultati positivi.
Con il passare delle ore la dinamica della tragedia ha preso forma: Gaia e Camilla, sabato notte, hanno attraversato corso Francia (uno stradone a scorrimento veloce nel cuore di Roma nord), fuori dalle strisce pedonali e a semaforo verde per gli automobilisti. Il suv Renault Koleos di Pietro Genovese arrivava a 80 km orari. “Non mi sono proprio accorto di loro, non le ho viste”, ha dichiarato al pm il gioivane che si è subito fermato per prestare soccorso.
Ma per le due giovani ormai non c’era più nulla da fare. Come emerso dall’autopsia le due giovani sono morte sul colpo, per lo sfondamento della scatola cranica causato dall’impatto con l’auto guidata da Pietro Genovese. Sul corpo sono state trovate altre fratture ma non segni di trascinamento il che farebbe supporre che le due ragazze, non sarebbero state colpite da altre auto.
“La velocità è stata calcolata sulla base del ritrovamento dei corpi delle due vittime sull’asfalto”, si legge nella relazione della Municipale. Le due sedicenni vengono travolte e l’impatto le sbalza una a 20 metri e l’altra a 25 dal punto in cui si trovavano per attraversare. Se fosse andato più veloce i corpi delle giovani sarebbero finiti prima sul cofano, poi sul tettino e infine sull’asfalto.
Al giovane era stata sospesa per 15 giorni la patente lo scorso ottobre: per un cumulo punti che aveva sommato (in negativo) con comportamenti alla guida poco corretti: multe per eccesso di velocità, sorpassi quando non era consentito, soste selvagge. Era anche segnalato come “assuntore” di droghe leggere: per tre volte era stato fermato, nel 2016, 2017 e 2019 dalle forze dell’ordine che lo avevano trovato con piccoli quantitativi di stupefacenti per uso personale, durante controlli avvenuti mentre era in strada a piedi. Sabato scorso però le negligenze stradali si sono sommate al consumo di droga. Un mix che ha generato una tragedia indelebile.
Per gli amici “è stato sfortunato”: il giovane, che era stato a una cena con amici, era diretto a una festa nel quartiere Flaminio della Capitale. E’ stato trovato positivo ad alcol e stupefacenti. E ora rischia fino a 18 anni di carcere per il doppio omicidio stradale. Gli amici affermano che “Pietro è un ragazzo molto intelligente, molto in gamba ed esperto di musica elettronica.
“Voglio giustizia, non vendetta” ha detto la mamma di Camilla al suo legale, l’avvocato Cesare Piraino. “Sono distrutti – ha dichiarato il penalista – . Una famiglia unita, colpita in modo tragico da questa vicenda”. Così come la famiglia di Gaia e quella di Pietro, il cui padre ieri si è detto affranto per la morte delle ragazze, prima ancora che preoccupato per le sorti giudiziarie del figlio.
Ieri inoltre la mamma di Gaia ha lanciato un appello a chiunque avesse trovato l’iPhone con la cover rossa della figlia, a consegnarlo alle forze dell’ordine.
E’ iscritto nel registro degli indagati, in attesa della decisione di provvedimenti più severi, Pietro Genovese, il ventenne che sabato notte, al volante della sua auto, ha travolto e ucciso le due adolescenti romane Gaia Von Freymann e Camilla Romagnoli su corso Francia. Il figlio del noto re…
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Nadia Sessa
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pier-carlo-universe · 6 days ago
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Lavori di potatura in Lungo Tanaro San Martino: aggiornamenti viabili ad Alessandria.
Dal 16 al 23 dicembre 2024 modifiche al traffico per garantire la sicurezza stradale e ambientale. Ad Alessandria, lungo Tanaro San Martino, sono stati programmati interventi di potatura su esemplari di altofusto, al fine di garantire la sicurezza e preservare il verde urbano. Questi lavori, previsti dal 16 al 23 dicembre 2024, comporteranno alcune modifiche alla viabilità nella zona…
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lamilanomagazine · 8 months ago
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Bolzano. Aumentati i controlli per la prevenzione di spaccio e microcriminalità in città.
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Bolzano. Aumentati i controlli per la prevenzione di spaccio e microcriminalità in città. Si sono concluse ieri in serata le Operazioni di Controllo Straordinario del Territorio disposte con Ordinanza dal Questore della Provincia di Bolzano Paolo Sartori, iniziate venerdì scorso e che hanno interessato il territorio comunale del Capoluogo. Le attività operative nell’ambito di un più generale quadro di tutela dell’Ordine e della Sicurezza Pubblica e concordate in sede di Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica, si sono concentrate per lo più nelle “aree a rischio” della Città, anche a seguito di segnalazioni pervenute dai cittadini che hanno denunciato la presenza in particolar modo, nell’area di Piazza Mazzini, in Via dei Cappuccini, Via Perathoner ed in Via Alto Adige. Interventi specifici sono stati effettuati in tutta la zona della Stazione Ferroviaria, anche a bordo dei treni in transito, ed in tutte le aree attigue, con specifici interventi della POLFER. Inoltre, sono stati effettuati 5 Posti di controllo lungo le principali arterie stradali di accesso al Capoluogo. Un controllo minuzioso è stato effettuato all’interno di edifici abbandonati che si trovano nel Capoluogo cittadino, in particolare nella zona di Salita Sant’Osvaldo, Via del Ronco e Viale Europa, segnalati dalla cittadinanza quale luoghi di ritrovo di soggetti senza fissa dimora, talvolta presenti illegalmente sul nostro territorio nazionale, nonché utilizzati quali punto di riferimento per il compimento di attività illecite. Questa tipologia di interventi di Polizia in fase preventiva è finalizzata a contrastare la diffusione di fenomeni devianti, talvolta di matrice criminale, quali i reati di tipo predatorio, lo spaccio di stupefacenti e tutti quei reati rientrati nella generale definizione di “microcriminalità”, che abitualmente generano una diffusa percezione di insicurezza nei cittadini. La costante visibilità della presenza delle Forze di Polizia, specie nelle ore pomeridiane, serali e notturne, consente di contrastare efficacemente la presenza ingiustificata e, talvolta, illecita di soggetti che, con i loro comportamenti prevaricatori, infastidiscono i residenti ed i passanti, ed arrecano danno ai commercianti della zona. Costoro, intenti a bivaccare sulle panchine, a consumare alcolici ed a disturbare persone ed attività commerciali, sono stati identificati ed allontanati dal Capoluogo con Misure di Prevenzione Personali ed altri provvedimenti analoghi disposti dal Questore. Nel corso delle varie fasi dell’operazione di Polizia, effettuate con l’impiego di uomini e donne appartenenti alla Questura di Bolzano, alla Polizia Ferroviaria, alla Polizia Locale del Capoluogo ed al Reparto Prevenzione del Crimine della Polizia di Stato, sono stati controllati 5 esercizi pubblici, 65 autoveicoli e 312 persone, di cui 124 straniere e 114 con precedenti penali e/o di Polizia; nello stesso contesto, 3 individui sono stati arrestati, rispettivamente, per rapina, per furto aggravato e ricettazione e per furto aggravato, mentre due soggetti sono stati denunciati per violenza e resistenza a Pubblico Ufficiale, per danneggiamento aggravato e per mancata ottemperanza all’Ordine del Questore di lasciare il territorio nazionale, nonché sanzionati per ubriachezza molesta. Sono infine stati sequestrati circa 10 grammi di hashish e 3 di cocaina. Al termine delle attività operative, il Questore Sartori ha adottato: 4 Fogli di Via Obbligatori (dal Comune di Bolzano) nei confronti di altrettanti soggetti socialmente pericolosi e che, per di più, non hanno alcun legame con il territorio nel quale sono stati rintracciati. Per questi motivi sono stati diffidati a lasciarlo con obbligo di non farvi rientro per un periodo di 3 anni; 3 Decreti di Espulsione nei confronti di altrettanti cittadini stranieri che durante i controlli sono risultati irregolari in Italia e con a proprio carico precedenti penali e/o di Polizia. Immediati sono stati gli accertamenti esperiti da parte dell’Ufficio Immigrazione della Questura, a seguito dei quali i soggetti sono risultati privi dei requisiti per soggiornare in Italia. Il Questore ha, pertanto, emesso altrettanti Ordini di allontanamento dal Territorio Nazionale, intimando agli stranieri di lasciare il nostro Paese entro 7 giorni; in caso non vi dovessero ottemperare, costoro verranno denunciati alla Procura della Repubblica ed accompagnati coattivamente verso il Paese di origine; 5 Avvisi Orali (Misura di Prevenzione prevista dal Codice delle Leggi Antimafia) nei confronti di altrettanti cittadini italiani e stranieri con precedenti penali e/o di Polizia per reati di varia natura, specie contro il patrimonio, contro la persona ovvero per spaccio di sostanze stupefacenti, i quali, a causa dei precedenti a loro carico, denotano una spiccata pericolosità sociale. “La speciale attenzione che le Pattuglie della Polizia di Stato pongono durante le quotidiane attività di prevenzione e di controllo del territorio consente di individuare e perseguire i soggetti che, con il loro comportamento, pongono in essere attività contrarie alla legge o comunque pericolose per la sicurezza pubblica – ha evidenziato il Questore Sartori –. Tutto ciò è finalizzato ad evitare che soggetti pregiudicati possano radicarsi illegalmente in questi contesti urbani, con il pericolo che, con i loro comportamenti, possano destare particolare allarme sociale e compromettere la civile convivenza”.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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paoloxl · 6 years ago
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Decreto sicurezza. L’ordinanza dettata dal decreto sicurezza. I sindacati: un colpo ai diritti dei lavoratori
Vietato protestare a Siracusa. Almeno fino al 30 settembre. Cassaintegrati, precari o lavoratori che intendessero farlo per difendere posti e diritti dovranno tenersi lontano dal petrolchimico, dai piazzali delle raffinerie, da bivi e rotatorie che portano nelle fabbriche. Per il prefetto Luigi Pizzi l’area industriale deve rimanere libera. Anche perché, e tra le motivazione è quella più incredibile, «le manifestazioni in argomento assumono ulteriori profili di criticità per l’ordine e la sicurezza pubblica, anche in considerazione della ormai avviata stagione primaverile-estiva».
Insomma, agli occhi dei turisti bisogna nascondere il disagio sociale. Ecco dunque il divieto a tempo. Per Cgil Cisl e Uil l’ordinanza firmata qualche giorno fa è «un segnale pesante di limitazione della libertà dei lavoratori a poter scioperare». Richiamando la «circolare diramata dal capo di gabinetto del ministero dell’Interno», il provvedimento del prefetto prevede che sull’ex statale 114 non ci potranno più essere «assembramenti di persone e automezzi» per evitare «ritardi nelle forniture di carburante ai porti e agli aeroporti della Sicilia orientale», «il rischio per la sicurezza degli impianti, che richiedono costante manutenzione e non consentono ritardi agli ingressi» e «il diritto alla libertà d’impresa».
Roberto Alosi (Cgil), Stefano Munafò (Uil) e Paolo Sanzaro (Cisl) parlano di «pericolosa deriva regressiva dei diritti dei lavoratori e delle libertà sindacali». Pippo Zappulla e Antonino Landro, di Art.Uno, definiscono il provvedimento «un sintomo, che rischia di essere inquadrato in un clima di crescente tensione nel Paese sul terreno delle libertà civili e sociali». «Mai nella storia sindacale della zona industriale di Siracusa, neanche nei momenti di scontri sociali più duri, si sono assunti provvedimenti restrittivi e così forti e gravi», accusa Zappulla .
Secondo il segretario generale della Cgil Sicilia, Michele Pagliaro, è evidente che si respira aria di limitazione delle libertà democratiche, o perlomeno di tentativi in questa direzione che ovviamente saranno contrastati dalla società democratica, come per ultimo dimostrato nel caso della professoressa di Palermo, ‘rea’ di avere garantito la libertà di pensiero e di espressione dei suoi alunni e per questo sospesa».
Pagliaro evidenzia che «il caso di Siracusa e quello della docente palermitana sono due episodi gravissimi, dallo spiccato sapore intimidatorio». «Noi – aggiunge – siamo con i lavoratori che legittimamente protestano nel rispetto delle leggi vigenti e siamo con la professoressa Dell’Aria che si è fatta solo garante della libertà di opinione ed è rimasta vittima di un clima di repressione che si spinge fino alla contestazione delle legittime opinioni e di chi ne garantisce l’esercizio».
Il prefetto però difende la sua ordinanza: «Non comprime in linea generale il diritto o la libertà di manifestazione mira esclusivamente a tutelare la sicurezza pubblica, degli impianti industriali e della circolazione veicolare e solo in quell’area della provincia». E richiama il decreto Salvini: «Anche in passato, come più di recente quel tipo di manifestazione ha dato luogo a consistenti rallentamenti, determinando veri e propri blocchi stradali, sanzionati dal decreto sicurezza». Ma la Cgil insiste. «E’ un chiaro attacco alla libertà dei lavoratori, garantita dalla Costituzione, di manifestare e unitariamente – afferma Pagliaro – Stiamo valutando la possibilità di ricorrere contro il provvedimento».
Alfredo Marsala
da il manifesto
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ALESSANDRIA. PROVVEDIMENTI VIABILI PER LAVORI DI SCAVO: REALIZZAZIONE TELERISCALDAMENTO CITTADINO.
Alessandria, 4 settembre 2019
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COMUNICATO STAMPA
Provvedimenti viabili Lavori stradali di scavo inerenti il progetto di “Realizzazione rete dell’impianto di Teleriscaldamento cittadino di alessandria al rione “Pista/Europa” in via Rivolta – dal 5 settembre 2019 Per la necessità di consentire lo svolgimento dei lavori stradali di scavo per posa tubi in via Rivolta, nel tratto…
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latinabiz · 5 years ago
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Emergenza polizze assicurative: petizione per bloccarle su Change.org
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Assicurazione Il consigliere della Regione Campania dei Verdi Francesco Emilio Borrelli e il conduttore radiofonico Gianni Simioli hanno voluto creare una petizione in quanto con questa emergenza del Coronavirus e le relative misure restrittive, le automobili sono ferme nei garage, in strada e nei box da oltre un mese ormai. Gli automobilisti si sono trovati a pagare la polizza per un periodo in cui non useranno la vettura. Per questo si chiede alle compagnie assicurative uno sconto su tutte le prossime polizze, perché che se un servizio non viene utilizzato, le compagnie vengano incontro. Ecco il testo della petizione pubblicato su Change.org: Con l’emergenza sanitaria da coronavirus in corso e le relative misure restrittive, le auto dei cittadini sono prevalentemente ferme in strada, nei garage o nei box, non potendo essere utilizzate e quindi gli automobilisti si sono ritrovati, di fatto, ad aver pagato parte delle polizze Rc auto per un periodo di tempo in cui non possono usufruire delle vetture. Inoltre risultano ridotti di oltre il 90% gli incidenti stradali come è avvenuto a Napoli e in Campania, dove le assicurazioni sono le più alte d’Italia, e quindi le compagnie in questi mesi stanno solo incassando senza avere il problema dei sinistri. A questo punto ci sembra giusto e corretto che siano presi dei provvedimenti affinché le polizze auto abbiano delle proroghe. Noi chiediamo che il tempo in cui i veicoli sono fermi, a causa dell’emergenza, deve essere aggiunto alla scadenza pre-stabilita dell’assicurazione. Facciamo un esempio, ammettiamo che i mesi di stop siano due e che la polizza Rc auto di un tale cittadino scada il 30 giugno allora la data dovrà essere prorogata al 30 agosto. In caso non sia realizzabile chiediamo immediatamente una norma che preveda uno sconto tra il 20% e il 30% di tutte le prossime polizze. Le compagnie assicurative invece di arricchirsi ulteriormente devono sostenere i sacrifici degli italiani. Se non lo faranno spontaneamente chiediamo un intervento legislativo al Governo in questa direzione". Read the full article
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sciscianonotizie · 5 years ago
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Coronavirus, Rostan-Migliore-Vitiello per un piano Mashall strade della Città Metropolitana di Napoli
Napoli, 14 apr. – “La riduzione consistente del traffico veicolare sulle principali arterie stradali della provincia di Napoli, in seguito ai provvedimenti restrittivi legati all?emergenza coronavirus, e’ un’occasione irripetibile per attuare un vero e proprio Piano Marshall della manutenzione stradale. Facciamo appello al sindaco della Citta’ Metropolitana, Luigi de Magistris, affinche’ ripartano...
Source
source https://www.ilmonito.it/coronavirus-rostan-migliore-vitiello-per-un-piano-mashall-strade-della-citta-metropolitana-di-napoli/
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ziellablog · 8 years ago
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La ferita   A Est, il cielo è più chiaro , sopra la città lontana; di un colore che tende al rosa, ma appesantito da qualcosa di grigio, che non è semplice sfumatura, bensì sostanza di pulviscolo vagante. Tutto intorno, il nero delle montagne è punteggiato dalle cento luci dei villaggi sparsi a mezza costa. Non si sentono ancora, fra i rami del ciliegio, gli uccelli proclamare il loro risveglio dal giardino della vicina. Il gatto dell’altra vicina, lasciato all’addiaccio durante la notte, tenta di intrufolarsi in cucina, strusciandosi contro le mie gambe mentre sto uscendo. Non è buio fitto e solo per questo lo vedo e non inciampo. Risalendo la valle lungo la strada  del paese ancora addormentato, mi vengono incontro i fari delle poche automobili dirette al lavoro e qualche autobus. Gruppi di studenti sono in attesa alle fermate. L’addetto al distributore attesta la sua presenza presso la stazione di servizio appendendo cartelli alle vetrate dell’ufficio; poco più in là, alcune luci brillano sul retro della panetteria dalle serrande abbassate. Tutti i lampioni sono ancora accesi, sottraendo alla vista il paesaggio che sta intorno. Le ultime case, il campo sportivo; bene allineati sul bordo dei fossi, ammassi fangosi di detriti lì trascinati dalla recente alluvione, ammonticchiati e abbandonati in attesa di ulteriori provvedimenti. Oltrepasso il Malanaggio (De Malasorte), piccola borgata sovrastata da grandi rocce, un tempo luogo di imboscate per chi si apprestava ad entrare nell’alta valle, fino a quando non venne costruita da Napoleone l’attuale strada statale numero 23.L’acqua del torrente alla mia sinistra ha ormai perso l’impeto devastante di qualche giorno prima e gorgoglia appena fra i massi e i cumuli di pietrame del suo letto.  Alla base del contrafforte roccioso incombente sulla destra, protetta da un’imponete muraglia, l’ampia curva della strada buca la strettoia all’imbocco della valle del Chisone.  Volendo, puoi proseguire all’infinito lungo il corso del torrente in direzione dei valichi persi nell’oscurità e immaginare di fermarti in una delle più rinomate mete turistiche invernali, oppure di raggiungere paesi esteri dai quali non fare ritorno. Se invece non temi l’estraneità delle valli laterali, puoi imboccarne qualcuna a caso, e saprai di esserti addentrato nelle terre di uno dei tanti mondi che non esistono, perché estranei alla coscienza e alla comprensione dei contemporanei. Terre a volte impietose, quando le popolazioni stremate dalle privazioni e dall’isolamento non avevano altra scelta che di valicare a piedi quei monti per cercare lavoro nell’emigrazione, ma anche sicuro rifugio dai persecutori, proprio per l’inaccessibilità  e per la conformazione selvaggia dei luoghi. Alla seconda rotonda, dal vecchio ponte a volta, che ha resistito immobile sotto l’urto della piena, per un bizzarro fenomeno ottico fatto di luci ed ombre, sembrano condensarsi in presenze quasi corporee figure di visitatori giunti da molto lontano. Perché, se oltrepassi quel ponte, come gli altri sulla desta orografica che incontrerai man mano che procedi, finirai con l’infilarti, che tu lo sappia o no, in una delle tante fenditure verticali che a intervalli non sempre regolari aprono passaggi momentanei nel muro del tempo. Bastano pochi passi in salita verso le montagne che si elevano alte incontro al cielo, basta un’occhiata ai cartelli stradali, o uno sguardo di sfuggita agli edifici laterali, per cadere a capofitto nella Storia, ma se vuoi muoverti a tuo agio in quella dimensione devi per forza andare a piedi. Ti imbatterai in segnalazioni di percorsi guidati, cartelli esplicativi, aree turistiche attrezzate, frecce direzionali che rimandano a decine di piccoli musei, a rocce a strapiombo, a remoti pianori già sede di adunanze, persino a siti preistorici e incisioni rupestri. Quello che non puoi fare, incontrando abitanti di vecchia data, è di scorgere nella loro fisionomia dei richiami a qualche figura della letteratura europea che puoi esserti immaginato grazie alle letture più diverse. Nessuno scrittore, infatti, ha mai reputato le persone che qui vivono o hanno vissuto suscettibili di essere innalzate a protagoniste di storie che seguano una trama, abbiano un loro sviluppo e una loro conclusione. Niente innamoramenti, né triangoli amorosi, né fughe romantiche, né tradimenti sui quali sorvolare, che sono gli ingredienti ritenuti degni di un racconto scritto che ambisca a trovare un suo mercato. Non che siano mancati accoppiamenti di varia natura, suicidi, adulteri, ubriachezza molesta, botte da orbi, persino omicidi, ma tutta roba che fa parte della tragedia della vita, e di cui è bene tacere. Oppure trasfigurarle in racconti di apparizioni, di sogni, di presenze,  narrati a mezza voce a tarda ora, che passino di bocca in bocca a rappresentare un destino comune, e che rimangano impressi nella memoria orale attraverso i nomi dei luoghi e la loro configurazione. Malanaggio; le Garde; il Salto del diavolo; la Roccia delle fate; la Roccia dei folletti; il Lago dell’uomo; la Fontana della peste; il Lago della Malanotte …  La costruzione del ponte di San Germano risale al 1836, quando il re Carlo Alberto volle collegare il Vallone del torrente Risagliardo con la strada di Napoleone. Il Risagliardo, in realtà, ha nome Rûzilhart, vale a dire «colui che rosicchia», con sfumature di significato che potrebbero connotarlo anche come «litigioso» o «attaccabrighe», e confluisce nel Chisone in prossimità dell'ex cotonificio Widemann, impiantato all’entrata del paese dal barone Mazzonis di Pralafera nel 1862.  Correva l’anno  1894 quando il pastore Carlo Alberto Tron (1850 –1934) fondò l’«Asilo Dei Vecchi - Umberto-Margherita» con l’aiuto economico di vari donatori. L’Asilo fu aperto il primo gennaio 1895, proprio per venire incontro alle necessità più impellenti della popolazione valligiana, umiliata dalla povertà e dall’isolamento. Più risali all’indietro nel tempo, e più ti giunge all’orecchio l’eco di nomi altisonanti, dei quali rimane traccia cospicua nei libri e negli opuscoli. L’Ospizio fatto costruire dal pastore Tron, dunque. Ristrutturato nel 1989 con il sostegno finanziario della popolazione e delle Chiese Evangeliche della Germania e della Svizzera, da severo e un po’ tetro edificio qual era (il primo fu edificato «per raccogliere quei vecchi che sono senza casa e senza famiglia dando loro l’opportunità di vivere in pace»), è stato trasformato in una ampia ed accogliente casa di riposo per anziani, inserita nella rete dei Servizi territoriali, che può ospitare fino a 96 persone. Così la pubblicità. Ad ogni buon conto, tutti continuano a chiamarlo «Asilo dei vecchi», ed è innegabile che quella sia la sua funzione: di essere un asilo, un rifugio, un tetto sopra la testa, un boccone di pane, un bicchier d’acqua, un letto. E di ospitare dei vecchi. Attualmente quella è anche la casa della mia amica. Un giorno mi dice: «Me la puoi recitare, quella poesia che racconta della foglia di faggio che il vento divide dal suo ramo? Mi fa piangere, ma è un pianto che fa bene».  E alla fine piange a singhiozzi: «Io sono quella foglia!»  L’ultima volta che l’ho vista, la scorsa settimana, si era appena esaurita l’ondata di piena di fine Novembre; tutto intorno rimanevano le strade comunali ostruite dalle frane, le borgate isolate, gli acquedotti danneggiati, gli alberi divelti. Il Chisone aveva da poco restituito la sua vittima di qualche giorno prima, ghermita alcuni chilometri più a monte, e abbandonata nei pressi del ponte alla compassione di un isolotto appena riemerso. Con  occhi senza lacrime e sbarrati sulla scena del sogno dal quale non riusciva a districarsi, scrutava nelle profondità di mondi paralleli, che lei continuava a vedere davvero. Scenario di sostegno e responsabilità condivise, ma anche di debolezza, di tradimento e di abbandono.   Tre donne ancora giovani, che si conoscono molto bene, si preparano a un incontro importante con altre donne per l’indomani. Tutte le camere dell’albergo che le ospita sono occupate, tranne una. Il letto che la arreda, dalle dimensioni insolite, ne ingombra quasi tutto lo spazio, ma si presta bene ad accoglierle tutte e tre: due dalla parte della testa, una dalla parte dei piedi. «Mi ero appena addormentata, quando un chiodo mi lacera le carni. Dalla coscia all’ascella, tutto il fianco destro. Scendo dal letto per chiedere aiuto, e mi accorgo che la responsabile che riposava accanto a me è andata via. Provo a svegliare la seconda compagna, all’altro capo del letto, ma la vedo infilarsi in modo brusco sotto le coperte, che si spostano piano, segnando l’onda del suo corpo strisciante. Tutta la superficie dove dormiva è bagnata al tatto e lo spazio del suo nascondiglio si fa sempre più profondo. Suona un telefono, dal comodino. È mio fratello, che mi grida: c’è l’alluvione! Vengo a prenderti. Esci da quell’albergo, ché è un posto orribile! Ma mio fratello non è più con noi ormai da molti anni. Mi ha telefonato dall’aldilà! Chi mi ha ferita in questo modo? Provo a scappare dell’albergo. Lunghi corridoi, con tante porte chiuse. Solo una è aperta, e dà sulle scale, ma a quelle scale non ci arrivo. Ti posso far vedere la ferita? Scusa, mi dispiace, devo sollevare la camicia da notte e non ho niente sotto. Non dirmi che non vedi il segno del chiodo!» «Lo vedo, dico. Ma non sanguina più». E mentre, piano piano, lo sguardo le si fa più presente, passi echeggiano nel corridoio, un rotolìo di ruote di carrelli, un tintinnìo di stoviglie. Porte che si aprono dopo il riposo pomeridiano degli ospiti, voci che si rincorrono. Tutto torna al presente, ora,  in questo Asilo.  Dicembre 2016
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calabriawebtvcom · 5 years ago
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SS106: FABIO PUGLIESE SCRIVE A ZINGARETTI, RENZI E FRATOIANNI.
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO. FERMATE QUESTO SCEMPIO PER AMOR DI PATRIA. FABIO PUGLIESE SCRIVE A ZINGARETTI, RENZI E FRATOIANNI NOTA: Comunicazione inoltrata questa mattina tramite posta certificata agli indirizzi istituzionali dei Segretari On. Nicola Zingaretti (PD), On. Matteo Renzi (Italia Viva), On. Nicola Fratoianni (Liberi e Uguali), e per conoscenza agli On. Parlamentari calabresi Enza Bruno Bossio, Ernesto Magorno, Nico Stumpo, Antonio Viscomi e Silvia Vono. Egregi On. Zingaretti, On. Renzi e On. Fratoianni, sono il Presidente dell’Associazione “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106”, un sodalizio di volontariato nato in Calabria da molti anni per chiedere l’ammodernamento e la messa in sicurezza della famigerata e tristemente nota “strada della morte”. A tal proposito mi corre l’obbligo di informarVi che proprio quest’anno, covid-19 permettendo, dovrebbero finalmente iniziare le prime attività propedeutiche alla realizzazione del 3° Megalotto della S.S.106 “Jonica”: si tratta di un intervento di ammodernamento della strada Statale 106 compresa tra Roseto Capo Spulico e Sibari, 1.335 milioni di euro per circa 40 chilometri di strada. Un iter procedurale che è iniziato nel 1999 ed oggi, dopo più di 20 anni, non è ancora del tutto terminato… Come mai così tanto tempo…? Per chi come me ha seguito e studiato approfonditamente e direttamente tutti i processi complessi legati all’iter procedurale di questa infrastruttura una prima e fondamentale risposta può essere senza dubbio questa: la Commissione VIA-VAS del Ministero dell’Ambiente. Pierpaolo Pasolini il 14 novembre del 1974 scrisse una lettera sul Corriere della Sera rimasta nella storia: “Io So. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi”. Bene, io invece, so ed ho prove e indizi, che anche Voi potreste verificare nel parere emesso dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici del 15 luglio 2016 protocollo n.40/16. Qui, infatti, nelle complessive 72 pagine del documento, viene ripercorsa la storia di un’Opera che sarebbe dovuta costare poco più di 1.000 milioni di euro salvo poi arrivare all’incredibile costo di 1.482 milioni di euro e poi, considerata questa enormità che SOLO la mia Associazione ebbe il coraggio ed il senso civico di sollevare e di far rilevare a tutte le Istituzioni coinvolte, fu ridimensionato per raggiungere il costo comunque esorbitante di 1.335 milioni di euro. Nel suddetto parere si evince quanto sia stata determinante la Commissione VIA-VAS del Ministero dell’Ambiente nell’aumento del costo dell’Opera. Bene, io so che i componenti della commissione VIA-VAS sono di nomina politica e, quindi, raccomandati nel caso migliore oppure espressione di “menti raffinatissime” rigorosamente legate alla criminalità organizzata, quella vera, che li piazza lì con la compiacenza della peggiore politica per fare gli interessi di chi vuole che le Opere pubbliche in Italia costino sempre di più al fine di ingrassare corruzioni e mafie. E tutto ciò, sia chiaro, in virtù di un paventato rispetto dell’ambiente che ha del paradossale se consideriamo che per salvaguardare la natura si decide di allungare una galleria con tutto ciò che questo comporta in termini di aumento dei costi e di impatto ambientale…. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Ma è così! Per questa ragione resto inorridito di fronte alle indiscrezioni uscite su “Il Sole 24 Ore” secondo cui nel “Decreto Rilancio” uno dei provvedimenti previsti dovrebbe essere quello di consentire ad Ministro dell’Ambiente Costa del M5S di far entrare finalmente in funzione la nuova Commissione VIA (nominata da lui un anno fa), eliminando il Comitato istruttorio che lo stesso Ministro non riuscirebbe a nominare a causa del Covid 19. Premesso che la nomina del Comitato – a tutto voler concedere – il Ministro avrebbe potuto farla contestualmente alla nomina della Commissione e dunque ben prima della crisi, mi chiedo e Vi chiedo: che c’entra il Covid con la mancata nomina di un Comitato? Possibile che invece di pensare agli interessi veri in gioco, il Ministro dell’Ambiente chiede al Governo di inserire in questo “Decreto Rilancio” una richiesta del genere? Se il problema del Ministero dell’Ambiente, in un momento in cui il prezzo del petrolio e del gas sono ai minimi storici e che non ci saranno forse più soldi per finanziare le rinnovabili, invece che fornire la propria idea di futuro è quello di sbloccare la nomina della Commissione VIA-VAS che non riesce far partire, allora questo non sarà un “Decreto Rilancio”, ma la diligenza da assaltare stile finanziaria della Prima Repubblica. Illustrissimi Onorevoli, io temo che nella realtà si è deciso di inserire lo sblocco delle nomine della Commissione VIA-VAS perché questa è funzionale ad una serie di ruberie che saranno certamente fruttuose per la criminalità organizzata che ha già intuito lauti guadagni dagli investimenti fortissimi previsti sull’economia green, sulle scuole ed ospedali nuovi, sulle infrastrutture stradali, ecc. ecc. Non basta riaprire, bisogna rifondare. Per questo Vi chiedo di riflettere sulla possibilità non solo di fermare questo scempio per amor di Patria bloccando la Commissione VIA-VAS ma vado oltre auspicando che questa istituzione inutile e dannosa venga soppressa per sempre! Nella civile Germania, uno Stato che non ha l’inquietante debito pubblico dell’Italia e che per questo ha potuto aiutare i propri cittadini erogando direttamente sui loro conti bancari enormi quantità di denaro a fondo perduto quando una infrastruttura viene considerata di “interesse strategico nazionale” viene progettata, approvata ed appaltata dal loro Ministero delle Infrastrutture e basta! Solo in Italia, invece, si è creato un sistema perverso per cui un’opera pubblica considerata appunto di “interesse strategico nazionale” debba poi essere bloccata per anni dalla Commissione VIA-VAS con un duplice risultato sempre identico e preciso: quello di posticiparne l’avvio dei lavori per anni ed, insieme, aumentarne notevolmente il costo dell’opera pubblica in funzione di una presunta salvaguardia ambientale. Non basta riaprire, bisogna rifondare. Fermate questo scempio per amor di Patria. Ing. Fabio Pugliese Presidente dell’Associazione “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106” Read the full article
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