#prosa italiana
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Magari quelle parole mai pronunciate se le fosse portate via il vento! Con dissapore, ad una ad una, mi è toccato inghiottirle dentro
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Pelle di porco
Ho scoperto questo gioco americano e me ne sono innamorato.Questo gioco in cui un esercito di mestieri segue, sparso a bordocampo e qua e là per gli immensi e altissimi stadi vetro cemento titanio, una mandria di energumeni. Portando borracce, bende, macchinette per bibite, refrigeranti e pomate, ventole enormi al caldo o cappottoni da grande guerra al freddo, parlando schermati dalla mano,…
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Due aldilà
I Corrono attorno a una colonna portante, svolazzano sugli scavi oppure si divertono ad appoggiare le dita, per esempio, sulla punta dei picconi, poiché il contatto con la materialità del reale abitato dai vivi provoca loro una sorta di piacevole solletico: bisogna far passare il tempo. Tutto rimane com’è disposto dai manovali, soltanto qualche volta si spezza un mattone o si crepa una piastrella, per gioco.
Invisibili ai più e mai molti insieme, i Sospesi abitano i cantieri; una volta terminata la costruzione, finisce un mondo. È a questo punto che, rattristati, partono alla ricerca di nuovi siti, spesso traendo indizi dai discorsi tra muratori. Se no, vagano, cercando di udire il richiamo di altri Sospesi. Anche una ristrutturazione può andare bene. Il caso ottimale è quello in cui, per varie ragioni, l’edificio rimane incompiuto e abbandonato per un tempo indefinito: allora meglio rimanere lì, a corrispondersi.
II Lui, immobile, seduto al suolo con le gambe incrociate e all’apice della contemplazione, entrava nel Grande Disegno per un paio di minuti, assottigliandosi e diventando un se stesso raffigurato secondo un sobrio tratteggio con la matita di grafite. Giusto i suoi discepoli sapevano che sarebbe tornato alla forma ordinaria lì dove si era convertito, sempre nei luoghi più defilati, lontano dalla curiosità comune. Sosteneva che «Tutto è Grande Disegno: una pianta di tarassaco, un formicaio in attività o una conchiglia adagiata sulla sabbia…» e ai suoi seguaci pareva di sentire il lapis che, a velocità incredibile, tracciava ogni loro movimento e cancellava quello subito precedente sopra un foglio infinito di carta bianchissima.
Se avesse avuto un’idea dell’aspetto del Disegnatore, non l’ha mai voluto dire.
(2024) © Devis Bergantin
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«Gutta cavat lapidem non bis sed saepe cadendo:
sic homo fit sapiens bis non, sed saepe legendo».
«La goccia scava la pietra cadendo non due volte, ma continuamente;
così l'uomo diventa saggio, leggendo non due volte ma spesso».
Giordano Bruno (probabilmente ispirato da Lucrezio...).
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Anime Azzurre di Alessandro Botteon: un romanzo che esplora i confini dell’anima. Recensione di Alessandria today
Una storia intensa di solitudine, incontri e domande universali
Una storia intensa di solitudine, incontri e domande universali. “Anime Azzurre” di Alessandro Botteon è un romanzo che si muove tra le maestose Dolomiti e i profondi silenzi dell’anima umana. Pubblicato il 27 ottobre 2022, questo libro si presenta come una riflessione sui confini – geografici, emotivi e mentali – e su ciò che significa appartenere a un luogo, a una persona o a un’idea. La…
#Alessandria today#Alessandro Botteon#Anime Azzurre#appartenenza#connessione#Dolomiti#Google News#introspezione#isolamento#italianewsmedia.com#LETTERATURA CONTEMPORANEA#libri italiani#Montagna#narrativa emozionante#narrativa italiana#narrativa poetica#narrativa profonda#natura e uomo#New York#Paesaggi naturali#personaggi intensi#Pier Carlo Lava#poesia in prosa#protagonista autentico#pubblicazione 2022#Ricerca interiore#Riflessione#rifugio montano#Romanzo#romanzo contemporaneo
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"antologia di ricercabo": online la scheda editoriale + info
cliccare per ingrandire cliccare per ingrandire Questa antologia raccoglie alcuni dei testi migliori di RicercaBO, il laboratorio di ricerca di nuove scritture ideato da Renato Barilli e Nanni Balestrini nel 2007 sulla scia del precedente RicercaRE nato nel 1993. Molti i nomi che vi hanno partecipato e che sono poi diventati noti. Tra le direzioni emerse, quella che vede più sfumati i confini…
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Perfetti per l'estate
Come di consueto, proponiamo agli affezionati lettori delle biblioteche milanesi la nostra rubrica di consigli di lettura, perfetti per l’estate!
Fonte: Pexels
La recente ristampa de Al paradiso delle signore di Zola è una ghiotta occasione per leggere un romanzo avvincente, tomo XI del ciclo dei Rougon-Macquart: un feuilleton di gran classe per gli appassionati di moda, scritto da un maestro nell’arte della descrizione (il tema è simile a quello de Il ventre di Parigi, ma concentrato sull’abbigliamento), “che esplora lucidamente l’universo femminile”, spaziando per tutti gli strati sociali della Parigi di metà Ottocento. Una lettura che analizza la nascita di un fenomeno moderno tuttora in espansione: il grande magazzino, oggi diventato centro commerciale (come in Il denaro si descriveva la bolla finanziaria del 1860, profetica di quelle dei nostri tempi). Non erano necessarie le parole di Gide (e di molti altri critici citati nella preziosa prefazione di Mario Lunetta) per rivalutare questo capolavoro. Iperbolico, lussureggiante, immaginifico.
A questo romanzo è vagamente ispirata la serie televisiva italiana trasmessa da Rai 1 dal 2015, ora diventata una vera e propria soap, ma ambientata tra gli anni cinquanta e sessanta a Milano, dove esistette davvero un negozio chiamato “Paradiso delle signore”.
Ironico (di un’ironia antifrastica), divertente, scorrevolissimo, Di chi è la colpa? fu pubblicato nel 1947 ed è l’unico romanzo dello scrittore russo Aleksandr Ivanoviĉ Herzen. Dimenticatevi Tolstoj e Dostoevskij, il suo stile ricorda piuttosto il Gogol’ fantasioso e stravagante dei racconti. Citiamo dalla prefazione di questa recente ristampa: «È strano che questo straordinario scrittore, in vita celebre personalità europea, stimato amico di Michelet, Mazzini, Garibaldi e Victor Hugo, a lungo venerato nel suo paese non solo come rivoluzionario, ma come uno dei più grandi uomini di lettere, sia tuttora poco più di un nome in Occidente. Il piacere che si ricava dalla sua lettura … rende ciò una strana e ingiustificata perdita». Sottoscriviamo in pieno.
È già in testa a tutte le classifiche la nuova avventura, attesa da ben sei anni dopo Il morso della reclusa, dell’ispettore Adamsberg, creato dall’abile penna della scrittrice francese Fred Vargas, questa volta in trasferta nella selvaggia Bretagna, il regno di Asterix e dei menhir. Sulla pietra è il decimo resoconto della serie dell’improbabile ispettore e le profonde conoscenze storiche dell’autrice si dispiegano felicemente in questo noir ricco di misteri e di legami con il passato.
Appena ripubblicato da Edizioni Capricorno nella collana Capolavori Ritrovati, L’altare del passato di Guido Gozzano ci consente di scoprire, se ancora non l’abbiamo fatto, la prosa del poeta di “Non amo che le rose che non colsi. Non amo che le cose che potevano essere e non sono state”. In questi undici racconti “riaffiorano tutti i temi cari al poeta - la malinconia, il rimpianto per il tempo che passa, i ricordi ingialliti, l’esitazione amorosa, l’indulgenza verso gli oggetti inutili”.
A cento anni dalla nascita dell’autore (New Orleans 1924 - Bel Air 1984) Garzanti ha appena ripubblicato Bare intagliate a mano: cronaca vera di un delitto americano (presente anche nella raccolta Musica per camaleonti), sorta di reportage esposto in forma narrativa di Truman Capote. Non potevamo aspettarci niente di meno dallo scrittore che, dieci anni prima della pubblicazione di questo giallo, in Sangue freddo (da cui nel 2005 è stato tratto un film con la strepitosa partecipazione di Philip Seymour Hoffman) aveva romanzato un fatto di cronaca che nell’America del 1959 aveva destato grande scalpore: lo sterminio di un’intera famiglia per un bottino di pochi dollari.
Anche questo thriller, per quanto incredibile possa sembrare la sua progettazione (e poi realizzazione), si ispira alla realtà, raccontata in forma di dialogo tra l’autore e l’investigatore incaricato delle indagini. Uno stile assolutamente inimitabile.
Ambientato in una Milano semideserta di metà agosto (il cadavere di una donna annegata viene recuperato nel Lambro) Le conseguenze del male di Gian Andrea Cerone è ormai un best seller. Avevamo già proposto questo autore nel post natalizio (I libri della renna) per un racconto contenuto nell’antologia Un lungo capodanno in noir, la cui protagonista, Marisa Bonacina, era la moglie del commissario Mandelli, che invece campeggia in questo thriller estivo da leggere tutto d’un fiato. Il numero di donne trovate annegate è decisamente troppo alto perché si tratti sempre di suicidi e, contestualmente, il commissario, costretto a interrompere le ferie, si trova a fare i conti con il passato. Un duplice percorso di indagine guidato da una scrittura che attanaglia l’attenzione del lettore per non abbandonarla più.
Il Saggiatore ha appena ripubblicato una raccolta dei racconti di un autore ingiustamente dimenticato, Guido Morselli, intitolata Gli ultimi eroi. “Gli ultimi eroi raccoglie per la prima volta tutti i racconti di Guido Morselli, narrazioni in cui, come solo nelle sue opere più alte, la sua invenzione si libera, dando vita a realtà alternative e a commoventi ritratti umani: da un Mussolini che si trasforma per amore in leader democratico all’incontro fra Pio XII e uno Stalin che vuole sostituirlo con un sosia; dall’ultima grottesca resistenza di un gruppo di soldati nazisti fuggiti da un manicomio a un comico tentativo di far finanziare agli americani l’Unità d’Italia. Fantasmagorie proiettate sul muro da una lanterna magica, la cui luce ci permette di osservare per una volta, una volta ancora, l’abbacinante talento di un maestro nascosto”. Da non perdere.
Se ancora non l’avete letto, vi consigliamo Zipper e suo padre, uno dei migliori romanzi di Joseph Roth. Ambientato durante gli anni della Grande guerra e della repubblica di Weimar, è incentrato sul tema universale dei rapporti familiari e questo ne fa un’opera sempre attuale. Dal padre frustrato che maltratta e umilia la moglie e il figlio primogenito, al protagonista (amico del narratore, rappresentato dallo scrittore stesso) Arnold che, dopo la partecipazione al conflitto, si isola diventando angolista, neologismo che indica la sua volontà di stare in disparte in qualsiasi circostanza sociale, la famiglia Zipper rappresenta il simbolo dei danni provocati dalla guerra. Il risultato è la formazione di una generazione di indifferenti (per citare le parole dell’autore), proprio come li descriveranno Gramsci, nell’articolo Odio gli indifferenti, e Moravia, nel suo capolavoro. Si gusta ogni singola pagina.
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Di letture poetiche
Può essere l'abbia detto. Leggo molta più prosa rispetto alla poesia. Non so come mai. Credo di essermi specializzato, come lettore. I poeti che figurano nel marasma da me definito libreria non sono tantissimi. La loro nazionalità è per lo più italiana. Dante Alighieri, Ugo Foscolo, Giacomo Leopardi, Sergio Corazzini, Guido Gozzano, Giovanni Pascoli, Francesco Petrarca, Giosuè Carducci (che sa essere d'una pesantezza senza pari e pure senza dispari), Trilussa, Cesare Pascarella, Toti Scialoja, Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo, Umberto Saba, Alda Merini, Ada Negri, Andrea Zanzotto, Nanni Cagnone, Lorenzo Stecchetti, Giorgio Caproni, Giuseppe Giusti, Gaspara Stampa, Maurizio Cucchi. Questi sono i nomi che mi ricordo. Sicuramente ne avrò dimenticato qualcuno. Ma non dovrebbero aversene a male. Sono tutti morti. Almeno credo, ecco.
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Ci sono delle verità che si avvertono dentro il corpo, come il bisogno di mangiare o di bere. Quella dell’odio contro gli italiani non solo è una storia lunga, ma quasi una tradizione che cova sotto le ceneri e tende a rinnovarsi periodicamente. È una delle questioni che attraversano la storia della mia piccola penisola come un fiume carsico. Sono come muri contro cui si va a battere la testa continuamente, senza rimedio. Qualcosa di sempre uguale a se stesso ritorna continuamente, un conflitto insolubile finché l’italiano non si estinguerà, così com’è successo in Dalmazia, un archetipo che sembra trovarsi da sempre nell’immaginazione dello slavo. Ogni volta che la folla si riuniva in occasione di qualche ricorrenza, discorsi antitaliani provocavano l’eccitazione collettiva. Chi vuol guadagnar punti in Istria, basta che pronunci parole nauseanti e disgustose nei riguardi degli italiani, gli «occupatori» dell’Istria.
I vecchi non si scompongono troppo. La loro vita è stata abbastanza lunga da conoscere la legge invisibile che regola l’isteria dei vincitori e l’angoscia dei perdenti, sanno che la stessa prosa era esibita dal fascismo contro gli slavi. L’ora storica serviva – finalmente – a far repulisti di un popolo sull’altro. Cambia solo il gallo di turno che canta. Ora il gallo di turno era il contadino slavo che aveva sempre invidiato la borghesia italiana delle città, alla quale inconfessatamente avrebbe voluto somigliare. Passata la grande ubriacatura del siamo-tutti-uguali, lo slavo ce l’ha fatta, vive in città ed è uguale alla borghesia italiana che ha cacciato via cinquant’anni fa.
Quando la Vittoria portò circa cinquecentomila slavi sotto la sovranità italiana, i provvedimenti contro le scuole e contro l’uso della loro lingua non si fecero attendere. Ora che sono avanzati i croati e hanno la loro sovranità, fanno altrettanto.
Stuparich rivolse nel ‘21 una domanda provocatoria all’Italia prefascista: «Ci sono o no, nella Venezia Giulia, degli slavi che vivono in case costruite dai loro padri slavi? Che per lunga tradizione amino, pensino e preghino in slavo? Nessuno lo può negare. È lecito invadere le case, i campi, le chiese di questi slavi e imporre loro, con la rivoltella in pugno, di non amare, di non pensare e di non pregare in slavo?».
La stessa domanda la si può formulare oggi sostituendo al sostantivo «slavi» il sostantivo «italiani». Senza rivoltella in pugno, beninteso. Eleganti decreti e leggi ammazzano più persone in un colpo senza spargimento di sangue.
Anna Maria Mori & Nelida Milani, Bora. Istria, il vento dell’esilio
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Assapora questa lacrima,
non sarà l'ultima
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Alejandra Pizarnik
https://www.unadonnalgiorno.it/alejandra-pizarnik/
Credo che nelle mie poesie ci siano parole che ripeto incessantemente, senza tregua, senza pietà: quelle dell’infanzia, quelle delle paure, quelle della morte, quelle della notte, dei corpi. Scrivere una poesia è riparare la ferita fondamentale, lo squarcio.
Alejandra Pizarnik, poeta e traduttrice, è stata una delle voci più intense e originali del Novecento argentino.
Chiusa in articolati labirinti, coraggiosa nel delirio, accesa, ha vissuto senza sostegni, consegnandosi cruenta, fino a soccomberne, scrivendo fino all’ultimo istante. Ha tentato di placare, attraverso una passione ossessiva per la lettura e la scrittura, un vuoto interiore, fatto di inquietudine e disagio.
Bisessuale, dipendente dai farmaci, ha incarnato lo spirito libero, vissuto e sentito senza filtri, vulnerabile soprattutto di fronte a se stessa.
La poesia ha rappresentato, per lei, la vita negata. La sua ricerca di “perfezione poetica” era in contrasto con ciò che viveva, perennemente incompiuto.
Nata a Buenos Aires, in Argentina, il 29 aprile 1936, in una famiglia di ebrei russi, durante l’infanzia ha sofferto di parecchi disturbi fisici e un senso di inadeguatezza e estraneità che l’hanno portata a fare uso di anfetamine. La ricerca di identità è stata un’importante causa del suo complesso e disperato approccio all’esistenza che l’ha accompagnata per tutta la vita.
Ha studiato Lettere e Filosofia e, in seguito, Pittura con Juan Battle Planas.
Ha vissuto a Parigi dal 1960 al 1964, dove ha studiato storia delle religioni alla Sorbonne e lavorato per alcune case editrici e collaborato con diverse riviste letterarie.
I suoi primi maestri sono stati gli esponenti del surrealismo, sebbene avesse anche una notevole fascinazione per l’esistenzialismo e la psicoanalisi.
Ha tradotto autori come Antonin Artaud, Aimé Césaire, Yves Bonnefoy e altri.
La Ville Lumière è stata un rifugio letterario ed emotivo, il luogo dove ha conosciuto importanti intellettuali come Simone de Beauvoir, Georges Bataille, Italo Calvino, Ivonne Bordelois e il poeta messicano Octavio Paz, che scrisse il prologo ad Árbol de Diana, la sua quarta raccolta di poesie.
Nel 1962 ha conosciuto la poetessa italiana Cristina Campo, per cui provava una profonda attrazione e con cui si è scambiata poesie e lettere fino al 1970. A lei ha dedicato la poesia Anelli di cenere.
Il rientro in Argentina produsse i suoi principali testi quali I lavori e le notti, Estrazione della pietra della pazzia e L’inferno musicale.
La sua unica opera in prosa è stata La contessa crudele (o sanguinaria), del 1969. Un’inquietante profezia dello sterminio che, di lì a poco, ha violentato la gioventù del suo paese e fatto scempio della sua innocenza.
Nello stesso anno è stata a New York per ricevere la borsa di studi Guggenheim, tornandone frastornata dalla “ferocia insostenibile” della città. Dopo due anni ha vinto anche la borsa di studio Fulbright.
Per un periodo ha vissuto con la sua compagna, la fotografa Martha Isabel Moia.
Dopo un altro breve e deludente soggiorno in Francia, è tornata in Argentina, dove è iniziato un processo di chiusura e disgregazione, acuito dalla dipendenza dai farmaci e culminato in due tentativi di suicidio e un lungo internamento in una clinica psichiatrica.
È morta a Buenos Aires il 25 settembre 1972, dopo aver ingerito cinquanta pastiglie di barbiturici, mentre era in permesso dalla clinica. Aveva 36 anni.
Dopo la sua morte, l’amico e scrittore argentino Julio Cortázar le ha dedicato la poesia Aquí Alejandra.
Negli anni, sono stati pubblicati i suoi diari e altre opere rimaste inedite, a testimonianza del fatto che non è mai stata dimenticata e che la sua scrittura è ancora oggi molto apprezzata e letta.
Se c’è una ragione per la quale scrivo, è perché qualcuno mi salvi da me stessa.
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Sguardi e piume
Mi osservo da tempo come se i miei occhi, staccandosi dalla testa e rigenerandosi subito dopo, si siano disseminati nel paesaggio: alcuni hanno nidificato tra i rami, altri dimorano sopra le tegole, altri ancora scrutano dai davanzali di abitazioni abbandonate… Ciò mi trasmette un senso straordinario di concretezza e sicurezza. Adesso mi guardo scendere le scale che conducono alla porta dell’androne; ecco, sono sulla strada malridotta di casa, poi mi noto mentre incontro me stesso bambino nei cortili dove sbucciai le ginocchia; infine vedo il mio piede sinistro schivare una bottiglia di vetro in frantumi sul bordo di una via di cui non conosco il nome: lo scorgo da dieci punti di osservazione. Secondo il Profeta oggi dovrei denudarmi a mezzogiorno, in un luogo gradito, basta garantirsi ampio spazio attorno e nessun intralcio umano o animale: ho scelto un campo di periferia, sufficientemente sorvegliato da una serie di sguardi piazzati su pochi alberi isolati e capaci di coprirmi le spalle. È l’ora: si manifestano le prime piume sulla pelle.
Sento robuste le zampe e potenti le ali. Spicco il volo: i miei guardiani sono abbagliati dal sole.
(6 maggio 2024) © Devis Bergantin
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Contemplavo il cielo sereno,
le vie illuminate dal sole e i giardini
e da una parte il mare da lontano, dall’altra la montagna.
Le parole di un uomo non possono esprimere
ciò che io provavo nel cuore.
Che pensieri stupendi,
che speranze, che sentimenti, o mia Silvia!
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"Senza Leggerezza" di Silvia De Angelis: Un Viaggio Poetico nella Profondità dell'Essere. Recensione di Alessandria today
Un'opera che esplora le complessità della vita attraverso immagini dense di significato e una raffinata sensibilità letteraria.
Un’opera che esplora le complessità della vita attraverso immagini dense di significato e una raffinata sensibilità letteraria. La poesia “Senza Leggerezza” di Silvia De Angelis è un viaggio profondo e intenso nei meandri dell’esistenza umana, dove emozioni, pensieri e momenti si intrecciano in un dialogo silenzioso ma potente. La voce poetica di De Angelis ci trascina in un universo fatto di…
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risultati del sondaggino "esiste (ancora) una società letteraria in italia?"
[ sondaggio riservato agli ascoltatori e lettori degli interventi linkati qui ] Scarsa affluenza alle urne (8 agosto), ma risultati che francamente non mi aspettavo. Credevo sinceramente che la negazione dell’esistenza di una società letteraria fosse la tendenza maggioritaria, e sbagliavo.
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