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S.O.S. Espatriati: il pacco di prodotti italiani
Unboxing: la scatola dei prodotti per gli italiani espatriati
Oggi voglio dedicare questo articolo a tutti e tutte le espatriate come me. Saranno le feste in arrivo, saranno gli (oramai) 20 anni di vita all’estero ma quel momento di “Ambrogio vorrei qualcosa di….” italiano, mi assale. Non ditemi che voi non avete mai sentito quel bisogno di sapori legati a dei ricordi, magari l’infanzia, l’adolescenza o forse solo un evento della vostra vita passata in…
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Vivere da Pensionati all'estero dove conviene?
https://azeta.pro/vivere-da-pensionati-allestero-dove-conviene/
Vivere da Pensionati all'estero dove conviene?
Se sei un pensionato italiano in cerca di un Paese in cui trasferirti per ottenere una tassazione ridotta sulla tua pensione, questo report è quello che fa per te. In questa guida ti illustrerò il miglior paese in cui emigrare se sei un pensionato alla ricerca di una tassazione ridotta.
La scelta del Paese in cui emigrare è un passo importante da prendere in considerazione. Oltre al livello di vita, alle aspettative e al costo della vita, è fondamentale valutare anche gli aspetti fiscali. In particolare, è importante tenere in considerazione i vantaggi fiscali che uno Stato può offrire ai pensionati stranieri.
In questo report ti illustrerò perchè l’Albania e il miglior paese con il più basso livello di tassazione per i pensionati. Questi paese ha un regime fiscale particolare volto ad attrarre i pensionati provenienti da altri Paesi del mondo.
È importante sottolineare che, per ogni Paese, è fondamentale rispettare la normativa fiscale nazionale e convenzionale legata al trasferimento di residenza fiscale all’estero. In questo modo, potrai evitare eventuali accertamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate.
Non perdere l��opportunità di trovare il Paese perfetto per te e la tua pensione. Scopri il miglior paese in cui emigrare se sei un pensionato alla ricerca di una tassazione ridotta e valuta attentamente le diverse opzioni a tua disposizione.
Residenza fiscale per i pensionati all’estero
Trasferirsi all’estero può avere importanti convenienze fiscali. L’articolo 3 del DPR n. 917/86 (TUIR) stabilisce le regole di tassazione per i soggetti residenti e non residenti in Italia. I soggetti fiscalmente residenti in Italia devono dichiarare in Italia tutti i loro redditi, ovunque prodotti, secondo il principio della “worldwide taxation”, mentre i soggetti non residenti fiscali sono tenuti a dichiarare in Italia solo i redditi ivi prodotti (a meno che non siano soggetti a particolari convenzioni bilaterali).
È importante capire come diventare residenti fiscali all’estero. Per essere considerati tali, devono essere soddisfatte le seguenti condizioni: non essere stati iscritti nell’anagrafe delle persone residenti in Italia per più della metà dell’anno (ovvero per 183 giorni negli anni normali, 184 nei bisestili) e contemporaneamente iscritti all’A.I.R.E.; non avere avuto il domicilio in Italia per più di metà dell’anno (ex art. 43 c.c.); non aver avuto dimora abituale in Italia per più della metà dell’anno (ex art. 43 c.c.).
Se anche solo una di queste condizioni viene meno, si è considerati residenti fiscali in Italia. Inoltre, ai sensi della legislazione italiana, si è considerati residenti in Italia, salvo prova contraria, se si è cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato (ex art. 2, co. 2-bis del TUIR). Si tratta di territori individuati con decreto del Ministro delle Finanze del 4 maggio 1999 e successive modifiche ed integrazioni.
Nessun problema Azeta Consulting segue tutte le pratiche in Ambasciata d’Italia a Tirana per il cambio di residenza e iscrizione AIRE.
Vivere da pensionati in Albania
Contrariamente ad altri paesi che sono lontani e che possono avere una barriera linguistica, come Portogallo e Romania, l‘Albania rappresenta una meta interessante per i pensionati Italiani (molte persone parlano Italiano) stranieri grazie al suo regime fiscale favorevole.
I residenti fiscali in Albania pagano le tasse solo sui redditi guadagnati nel paese, senza essere tassati sulle pensioni estere (la tassazione è solo all’1%). Inoltre, il paese ha sottoscritto accordi fiscali bilaterali con molti altri paesi, evitando la doppia imposizione. (azeta consulting segue tutte le tue pratiche di cambio residenza e iscrizione all’AIRE)
Il tenore di vita in Albania è in costante miglioramento e offre una buona qualità della vita a un costo accessibile. Il paese vanta una bassa criminalità e una popolazione accogliente e amichevole. Inoltre, l’Albania offre una varietà di paesaggi mozzafiato, dalle coste del Mediterraneo alle montagne delle Alpi albanesi.
L’Albania ha anche una stabilità finanziaria grazie alle riforme economiche degli ultimi anni. Il paese ha registrato un’espansione economica costante, un tasso di inflazione moderato e un debito pubblico relativamente basso. Il sistema sanitario pubblico e privato è molto sviluppato, con medici e operatori sanitari altamente qualificati e costi inferiori rispetto ad altri paesi europei.
Infine, l’Albania offre interessanti opportunità immobiliari per i pensionati che desiderano acquistare proprietà a prezzi convenienti, (agenzia immobiliare convenzionata) in particolare lungo la costa. Il prezzo medio delle case in Albania è inferiore rispetto ad altri paesi europei. In generale, l’Albania rappresenta una meta ideale per i pensionati che desiderano vivere in un paese economicamente stabile, con un basso costo della vita e un clima piacevole e accogliente a 1 ora di traghetto dall’Italia.
Per tutte le pratiche di Residenza, Iscrizione AIRE presso Ambasciata d’Italia a Tirana e apertura del tuo conto corrente presso Banca INtesa in Albania, Azeta consulting ti accompagna nelle procedure per evitarti errori.
Sei un pensionato Italiano? Che aspetti scrivici subito per conoscere le modalità di spostamento della tua pensione e della residenza siamo quì per seguirti.
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Bologna, arriva Amore di Pippo Delbono
Bologna, arriva Amore di Pippo Delbono. Dopo il debutto nel 2021 al Teatro Storchi di Modena e una lunga tournée in Italia e all’estero, dal 24 al 27 novembre 2022 va in scena al Teatro Arena del Sole di Bologna Amore, l’ultima opera di Pippo Delbono, regista e attore di teatro e cinema, autore, tra gli artisti italiani più apprezzati e conosciuti all’estero, i cui lavori sono ospitati e prodotti nei teatri e nei festival di numerosi paesi stranieri. Con la sua Compagnia, fondata negli anni ’80 insieme a Pepe Robledo, e che nel tempo si è arricchita di persone e interpreti unici, Delbono, artista di casa in ERT, ha realizzato spettacoli che hanno segnato la storia del teatro contemporaneo, attraversando più di 50 paesi. In occasione della seconda replica di Amore, il 25 novembre alle ore 17 presso la Cineteca di Bologna – Cinema Lumière (Piazzetta P.P. Pasolini 2/b) è previsto un incontro con Pippo Delbono nell’ambito del ciclo "L’Arena del Sole in Cineteca". L’artista introduce la proiezione del film Sacrificio di Andrej Tarkovskij, citato nello spettacolo con la suggestiva immagine di un albero secco, posto su un lato del palco. Amore nasce dall’incontro e dall’amicizia fra Pippo Delbono e il produttore teatrale italiano da anni attivo in Portogallo Renzo Barsotti e dal loro desiderio di realizzare insieme uno spettacolo su questo paese. Da qui inizia la ricerca sull’"amore" come sentimento, stato dell’anima. Un vero e proprio ingranaggio nell’organismo umano, che seleziona, sposta, frantuma e ricompone tutto ciò che vediamo, che sentiamo, tutto ciò che desideriamo. Lo spettacolo è un viaggio musicale e lirico attraverso una geografia esterna – il Portogallo, ma anche l’Angola e Capo Verde – e una interna, quella delle corde dell’anima che vibrano al minimo colpo della vita. Le note sono quelle malinconiche del fado, che esplodono in slanci energici attraverso la voce dei suoi cantanti; il ritmo quello ora di una parata, ora di un tableau vivant, ora di una lenta processione; l’immagine è un quadro che muta nei colori, si scalda e si raffredda. Una grande coproduzione internazionale, che nel percorso di creazione ha coinvolto artisti di diverse discipline come Pedro Jóia, noto chitarrista e compositore, due volte Premio Carlos Paredes; il cantante Miguel Ramos e la scenografa Joana Villaverde. Con loro anche l’angolana Aline Frazão, scrittrice, musicista e autrice della colonna sonora del film Aria Condizionata (2020) del regista Fradique, all’anagrafe Mário Bastos, una delle voci più talentuose del cinema contemporaneo africano. E torna poi, come in tanti spettacoli di Delbono, la parola poetica, restituita dal registro caldo dell’artista attraverso il suo consueto, ipnotico, salmodiare al microfono. Le parole sono quelle di Carlos Drummond De Andrade, Eugenio De Andrade, Daniel Damásio Ascensão Filipe, Sophia de Mello Breyner Andresen, Jacques Prévert, Reiner Maria Rilke e Florbela Espanca. "Questo spettacolo – racconta Pippo Delbono – presenta una duplice visione dell'amore. Da una parte – e sono i testi a prendere voce – ci mettiamo, tutti, alla ricerca di quell'amore, cercando di sfuggire alla paura che ci assale. In questo viaggio si cerca di evitarlo, questo amore, anche se ne riconosciamo costantemente l'urgenza; io lo ricerco, ma anche lo voglio, ed è proprio questo che fa paura. Ma il cammino – fatto di musiche, voci, immagini – riesce poi, forse, a portarci verso una riconciliazione, un momento di pace in cui quell'amore possa manifestarsi al di là di ogni singola paura". A tenere insieme un montaggio emotivo mai del tutto pacificato è una grammatica scenica che alterna il pieno al vuoto, il canto alla musica, la voce viva al silenzio, alla ricerca di una rappresentazione onirica ed elegiaca della crudele risacca di distacco e ricongiungimento. Protagoniste sono l’assenza, la distanza, la nostalgia: una mappatura di emozioni che scava nell’animo dell’autore, dei suoi interpreti e dello stesso spettatore, chiamato a cercare sempre con gli occhi ciò che manca e che, inesorabilmente, tarda a manifestarsi. Amore vuole essere il tentativo di condivisione di un incontro fugace: l’amore è "un uccello rapace" che afferra e porta via e che, così facendo, si presenta come qualità totalmente umana. Le lingue diverse che si abbracciano nella trama sonora sono espressione di questa terra, il Portogallo, che accoglie e che lascia tracce. Amore è ancora una volta il tentativo di poetico tentativo di Delbono di portare dentro al teatro la vita. Nominando questa parola, invocandola in maniera laica e sognante, si dà voce a questa parola, a lungo grande assente nei discorsi pubblici. Tournée: dal 6 dicembre 2022 al 10 dicembre 2022 – Teatro Ivo Chiesa, Genova 24 gennaio 2023 – Teatro Cervantes, Malaga dal 28 febbraio al 5 marzo 2023 – Fonderie Limone Moncalieri, Torino dal 7 al 9 marzo 2023 – Teatro Chiabrera, Savona dal 23 al 24 marzo 2023 – Théâtre Molière, Sete dal 26 al 30 aprile 2023 – Comédie, Ginevra dal 10 all’11 maggio 2023 – Bonlieu, Annecy Teatro Arena del Sole, via Indipendenza 44 – Bologna Prezzi dei biglietti: da 7 € a 25 € esclusa prevendita Biglietteria: dal martedì al sabato dalle ore 11.00 alle 14.00 e dalle 16.30 alle 19.00 Tel. 051 2910910 - [email protected] | bologna.emiliaromagnateatro.com Vengo anche io! Per la replica di sabato 26 novembre alle 19.00 è previsto uno degli appuntamenti di Vengo anche io!, ciclo di laboratori creativi per bambini mentre i grandi sono a teatro, dal titolo M’ama non m’ama - Laboratorio artistico, in collaborazione con Istituzione Bologna Musei, a cura del Dipartimento educativo del MAMbo - Museo d’Arte Moderna di Bologna e di "Senza titolo". Teatro No Limits - Spettacoli audiodescritti La replica di domenica 27 novembre è audiodescritta per il pubblico con disabilità visiva.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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6 giu 2020 12:53
CI VUOLE UN TEDESCO PER SPIEGARE CHE L'ITALIA NON È IL PARASSITA D'EUROPA - SULLA ''FAZ'' UN ARTICOLO DA INCORNICIARE: ''GLI ITALIANI NELLA CRISI DELL'EURO HANNO VERSATO 125 MILIARDI IN GARANZIA DEGLI STATI CHE ERANO AL VERDE. L'ANNO SCORSO HANNO PAGATO 5 MILIARDI PIÙ DI QUANTI NE ABBIANO RICEVUTI DALL'UE. E LA POLONIA CHE ORA FA LA RIGORISTA DEVE IL SUO SPLENDORE AI CONTRIBUTI CHE ARRIVANO DA MILANO. L'IMMAGINE DISTORTA CHE HANNO I TEDESCHI È DOVUTA A…''
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''Libero Quotidiano'' pubblica l' articolo "Zahlmeister statt Sorgenkind" di Ralph Bolmann, vicedirettore dell' economia della "Frankfurter Allgemeine Sonntagszeitung" a Berlino, nella traduzione di Francesco M. A. Becchi
È giunto il momento di chiarire un paio di cose. Da quando si sta delineando che l’Unione Europea sia intenzionata a contrastare gli effetti del virus rilasciando una sostanziosa quantità di denaro nelle economie europee, nell’opinione pubblica tedesca si è creata un’immagine distorta, o meglio: è stata riattivata.
Le persone sono sorprendentemente unite su questo, è indifferente se respingono i possibili aiuti finanziari considerandoli un contribuito allo spreco, oppure li richiedono come atto di solidarietà: il “nord” del continente paga per il “sud”. Più concretamente: i tedeschi devono sborsare per gli italiani. È sempre stato così, anche durante la crisi dell’Euro avvenuta dal 2010 al 2012. Non è vero?
No. Così non è oggi come non lo è stato allora. Durante la crisi dell’Euro, i diversi governi italiani non hanno mai ricevuto nemmeno un centesimo di aiuti finanziari. Al contrario: hanno versato 125 miliardi di euro in garanzia per quegli Stati della zona Euro che ormai erano al verde. La cifra non è tanto distante dal volume di garanzia tedesco che ammonta a 190 miliardi di euro e corrisponde alla quota italiana di popolazione e potenza economica dell’Unione Europea.
Infine, l’Italia non è soltanto la terza potenza europea, ma anche l’ottava in tutto il mondo. Sebbene, dai tempi in cui il paese si trovava al quinto posto, sia stato sorpassato da tre paesi: Cina, Regno Unito e India. Perlomeno, per quanto riguarda il sorpasso dei due paesi asiatici popolati da miliardi di persone, non c’è alcun motivo per cui vergognarsi.
Lo splendore di Varsavia è dovuto anche ai finanziamenti milanesi
Il peso economico dell’Italia si evidenzia anche nei flussi finanziari: in Germania sono solo in pochi a sapere che, all’interno dell’Unione Europea, l’Italia è un contributore netto. Soltanto nel 2018, il paese ha versato a Bruxelles 5 miliardi di euro in più di quelli che in seguito avrebbe ottenuto dai diversi fondi. La cifra corrisponde esattamente a quella che hanno ottenuto i due beneficiari netti insieme, Spagna e Portogallo. Ed è quasi la metà di quello che ottiene il beneficiario più grande dell’Unione, la Polonia – un paese la cui ripresa economica degli ultimi tre decenni viene spesso tenuta nascosta all’Italia, che invece fatica a crescere. E tutto questo quando il nuovo splendore della metropoli Varsavia è stato finanziato anche dai contributi provenienti da Milano.
Anche il piano di ripresa economica dell’UE è cofinanziato dall’Italia stessa: con il suo recente contributo al bilancio comunitario del 12% circa, l’Italia si candida al futuro ripagamento delle obbligazioni che è ora stato rilanciato da Bruxelles. In un certo senso, il paese si auto-concede un prestito. Tuttavia, visto che l’Italia è uno dei paesi maggiormente colpiti dalla crisi causata dal Covid-19, la sua quota di sovvenzioni sarà questa volta decisamente superiore, trasformando momentaneamente Roma in un beneficiario netto. Questo potrà però soltanto avvenire se l’amministrazione italiana riuscirà alla fine a presentare sufficienti progetti ammissibili che siano compatibili con i criteri del programma.
Anche l’immagine dello stato italiano che ignora a proprio piacimento le regole fiscali europee, non è propriamente veritiera. Malgrado il paese abbia accumulato un debito di 130 punti percentuali sul suo rendimento economico annuale – sebbene non in tempi recenti, ma nell’arco di decenni. Inoltre, il “tetto del debito” ufficiale del 60% accordato nel trattato di Maastricht, è stato rispettato durante l’emergenza sanitaria solo da pochi Stati membri – tra i paesi europei occidentali si contano Lussemburgo, Paesi Bassi, i paesi scandinavi e infine, a stento, la Germania.
L’Austria, attualmente esponente del Club da loro stessi soprannominato dei “risparmiatori”, con un debito del 70% non è compreso tra i paesi che rispettano le regole.
Cosa manca all’economia italiana
Dal 2013, primo anno dopo il superamento della crisi dell’Euro, il debito complessivo italiano è stato relativamente costante. Da allora, il limite per il nuovo indebitamento annuo fissato al 3% del PIL, non ha mai scalfito il paese. Lo scorso anno, il bilancio dello Stato italiano ha chiuso con un deficit dell’1,6%.
La potenza economica che lo Stato ha ancora da offrire, si è potuta notare negli scorsi dolorosi mesi. Il fatto che le industrie automobilistiche in Germania si siano momentaneamente fermate, non era soltanto legato alla protezione della salute dei lavoratori, o alla scarsa clientela. Il problema era anche la mancanza di pezzi, causata dal lockdown molto più restrittivo in Italia. Volkswagen soltanto, importa fino a 20.000 prodotti singoli da aziende italiane.
Nel nord benestante del paese esiste tutt’oggi una fitta rete di piccole e medie imprese di successo, delle quali non poche sono leader mondiale nel loro settore di competenza. Quello che manca al paese, in seguito al fallimento di Fiat e Olivetti, sono da una parte delle multinazionali attive in un contesto internazionale e, dall’altra, un’ambiente imprenditoriale innovativo. In Italia si è mantenuta per lungo tempo una cultura economica relativamente conservativa, ad esempio con tanti piccoli commercianti che malvolentieri pagavano le tasse e, per questo motivo, si sono riconosciuti in Berlusconi e lo hanno votato.
Durante l’emergenza sanitaria all’Italia è mancato un punto di riferimento
Ostacoli burocratici, clientelismo e l’influenza mafiosa al sud hanno portato molte aziende internazionali a tirarsi indietro riguardo ad investimenti in Italia. La bassa interdipendenza mondiale aveva reso il paese relativamente immune contro le crisi. Dagli anni Novanta, in piena epoca del globalismo accelerato, ha però frenato la crescita del paese.
Nell’attuale crisi sanitaria, le autorità italiane – a differenza della Grecia, questa volta impeccabile – hanno fatto alcuni errori che hanno comportato una rapida diffusione del virus in ospedali e case di riposo. Tuttavia, l’Italia, in quanto primo paese europeo duramente colpito, non aveva ancora alcun modello di riferimento da seguire che indicasse il comportamento di una democrazia occidentale in una situazione del genere. Anche la Germania era altrettanto impreparata, finché non arrivarono le immagini di Bergamo. In seguito al suggestivo post su Facebook da parte di un medico italiano, sono passati solo alcuni giorni prima che la cancelliera di Berlino decidesse di prendere in mano la gestione della crisi. Probabilmente è stato proprio il dramma italiano ad evitare la stessa sorte in terra tedesca.
Il problema maggiore dell’Italia rimangono i difficili rapporti politici che rendono praticamente impossibili riforme radicali, non importa di quale orientamento politico esse siano. Anche in questo caso questa sorte è toccata al “belpaese” prima rispetto ad altri: con il crollo del tradizionale sistema di partiti nel 1992, ha vissuto quello che in altri paesi sarebbe avvenuto più tardi. Anche in Germania, ormai, ci può volere mezzo anno per formare un governo dopo le elezioni. Finora gli italiani non ci hanno mai messo così tanto.
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Qualche anno fa, se non ricordo male appena tornato dal Portogallo, mi candidai a sorpresa per il consiglio nazionale degli architetti (può farlo chiunque sia iscritto all’ordine e non viene chiesto neanche il curriculum o la scansione in HD del libretto universitario). Mi presentai alla conferenza nazionale degli ordini per i miei tot secondi di presentazione pubblica ai presidenti e delegati degli ordini provinciali italiani. Scrissi il discorso nella notte, lo rilessi e corressi all’alba sull’autobus per Roma e forse ancora si può scaricare dal web. Il discorso, che più tardi intitolai “Toward a Modern CNAPPC” parlava di due aspetti fondamentali: 1) esistono oggi tante realtà, sfaccettature, di esercizio della professione dell’architetto (molte di più di quelle nascoste nell’acronimo A.P.P.C.), 2) non esiste una rappresentazione seria e degna di queste nuove forme di esercizio della professione dell’architetto, dunque manca la cosiddetta rappresentanza degli architetti italiani.
Ieri ho letto su Facebook un dibattito surreale che mi ha fatto ricordare il mio acerbo discorso, forse anche inutile perché presi solo un voto (sebbene molti durante il buffet della pausa pranzo e all’uscita della conferenza nazionale degli ordini si complimentarono con me e mi promisero voti - se riuscivano a convincere i colleghi consiglieri - mentre altri mi dissero che il discorso era bello ma per essere eletti non serviva a nulla un bel discorso...).
Il dibattito surreale a cui ho assistito ieri si interrogava su quale fosse il luogo adatto per fare una mostra dei progetti che hanno partecipato al concorso di progettazione per il Parco del Ponte sul Polcevera. Udite, udite manca un luogo di rappresentanza, una istituzione in cui si possa discutere 24h su 24 di architettura in modo continuativo sorseggiando un ottimo brandy. O magari un luogo in cui scremino all’entrata un pochino chi apre bocca a sproposito, o senza rispettare la tonalità e verbosità ritenute appropriate da non so chi. Il dibattito era a tratti ancora più surreale perché la ricerca del luogo (o istituzione, per i colleghi più istituzionali) dove fare la mostra dei progetti, dicevo, l’esigenza di questa ricerca, nasceva dall’impossibilità di capire chi dovesse organizzare la mostra che tutti ritenevano necessaria. I vincitori? Troppo impegnati ma ritengono sia importantissimo confrontare i progetti che hanno partecipato (?). La giuria del concorso? Non ha il budget per farlo. Il consiglio nazionale? Il comune? Chi? Non si riesce a capire e pertanto il problema è che manca il luogo e pure l’istituzione che si occupi di parlare di architettura, di paesaggio e pure di urbanistica. Serve poi qualcuno che abbia dell’ottimo brandy da servire a fidati e selezionati interlocutori. Basta con i cani sciolti!
Sapete che vi dico? FATELA SU FACEBOOK LA MOSTRA!!! Abbiate il coraggio di organizzarla in 5 minuti in una pagina Facebook. Riportate l’architettura tra la gente invece di tenervela stretta negli scrigni delle congregazioni accademiche e negli archivi degli studi e delle biblioteche private. Non devastate del tutto la cultura dello spazio in cui vivono gli esseri umani perché è già considerata una cultura sufficientemente elitaria e inaccessibile. L’architettura non è una cosa facile ma è una cosa semplice. È una cosa per tutti e non per alcuni.
Ecco, finito lo sfogo, ricordo che io ero molto giovane e a tratti un po’ troppo spericolato, quando andai alla conferenza nazionale degli ordini a dire seriamente e onestamente, forse con troppa ironia, ciò che veramente pensavo in quel momento. Ricordo anche che un candidato anziano che parlò dopo di me disse abbastanza arrabbiato che “la rappresentanza è cosa seria e diversa”. Da quella che proponevo io, ovviamente.
PS in foto la mostra in piazza, a Servigliano (FM), dei lavori prodotti durante la summer school di progettazione strategica “Living with Earthquakes” curata dal Prof. Antonello Alici.
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Migranti ancora in alto mare. Tuccillo di Avocats Sans Frontières Italia, "subito un porto europeo". Aiutiamoli a casa loro? "Va bene ma non a chiacchiere”
Probabilmente si arriverà a breve ad una soluzione nella vicenda dei 49 migranti bloccati al largo di Malta sulle navi Sea Watch e Sea Eye. Circa dieci i Paesi che hanno offerto la propria disponibilità ad accoglierli (Italia, Germania, Francia, Portogallo, Lussemburgo, Olanda e Romania) solo e soltanto dopo che il governo di Malta inizierà a collaborare facendo attraccare le navi nei suoi porti. La Valletta, invece, alza la posta e chiede che oltre alle 49 persone a bordo delle due navi delle ong, siano ridistribuiti anche altri 249 profughi salvati nei giorni scorsi. Nessuna disponibilità, invece, dai paesi del blocco Visegrad come la Polonia e l'Ungheria. Oggi Sea Watch, scrive l'Ansa, ha lanciato l'allarme, i migranti a bordo hanno iniziato a rifiutare il cibo. La stessa Ong tedesca in un tweet ha ribadito il timore che "il loro stato psicologico e di salute possa peggiorare sensibilmente". "A bordo di SeaWatch stiamo registrando episodi di persone che rifiutano il cibo - scrive l'organizzazione non governativa - Non possiamo credere che tutto questo stia accadendo a poche miglia dalle coste europee". Intanto la Germania si è detta disponibile a partecipare all'accoglienza dei profughi delle due navi, "nell'ambito di una soluzione solidale europea". Lo ha detto il portavoce del governo tedesco Steffen Seibert, in conferenza stampa a Berlino, rispondendo ad alcune domande sullo sviluppo della situazione dei profughi delle imbarcazioni della Sea Watsch e della Sea Eye. Berlino, che ha anche "intensi contatti e colloqui" con la Commissione Ue per risolvere l'emergenza, "sostiene gli sforzi di Bruxelles" di queste ore in questa direzione. Fonti del governo italiano ribadiscono che non c'è stata nessuna polemica tra il ministro Matteo Salvini, il presidente Giuseppe Conte e altri componenti del governo sul caso Sea Watch e Sea Eye. Il ministro dell'Interno Matteo Salvini non cambia posizione e ribadisce la contrarietà a qualsiasi arrivo via mare in Italia, per bloccare una volta per tutte il traffico di esseri umani che arricchisce scafisti, mafiosi e trafficanti. La soluzione sono i corridoi umanitari via aereo per chi scappa davvero dalla guerra, già confermati dal ministro Salvini anche per il 2019.
Francescomaria Tuccillo Nell'intera vicenda il segretario generale dell’associazione Avocats Sans Frontières Italia, Francescomaria Tuccillo ha evidenziato per primo il vuoto legislativo che fa da sfondo alle affermazioni del governo e ha presentato, giorni fa, un esposto alle Procure di Roma e di Napoli. In questo periodo Tuccillo si trova in Africa: dopo qualche giorno in Zimbabwe ora è a Nairobi, in Kenya. Rossella D'Averio sulla testata Juorno.it lo ha intervistato per approfondire la delicata tematica. I migranti a bordo della “Sea Watch” e della “Sea Eye” sono in totale meno di cinquanta, ma la loro vicenda sta diventando non solo umanamente inaccettabile, ma anche politicamente simbolica. Oltre delle affermazioni di facciata, dal sapore più o meno propagandistico, come pensa si dovrebbe affrontare il problema delle migrazioni? "Innanzi tutto credo sia bene sottolineare le dimensioni storiche e cronologiche del fenomeno migratorio, che affonda le sue radici nel tempo ed è destinato a durare a lungo. L’impoverimento delle popolazioni africane (di cui i paesi occidentali sono in gran parte responsabili perché hanno consumato per secoli le vaste risorse naturali del cosiddetto “continente nero” senza contropartita alcuna per chi vi vive), associato ai cambiamenti climatici e all’assenza di democrazia in molte nazioni, sono all’origine della migrazione biblica cui assistiamo dal Sud al Nord del mondo, motivata da ragioni di pura sopravvivenza." Chi mette i suoi figli su un barcone insicuro, pagando un prezzo, non compie certo una scelta di diletto: scappa dalla fame, dalla sete, dalle torture e dalla guerra. E continuerà a farlo. Non è quindi proclamando a forza di post e di tweet la chiusura dei porti italiani (peraltro illegale in assenza in un decreto specifico) che si risolverà il problema dei flussi migratori. Il fenomeno meriterebbe una riflessione etica, geopolitica, sociale, economica e legislativa profonda, che vada ben oltre la demagogia di breve termine. In sintesi, quali le paiono le strade da percorrere? La prima, nell’immediato, mi pare l’apertura rapida del porto europeo più vicino, sia esso maltese o siciliano, per prestare immediato soccorso a chi ne ha bisogno. Mi auguro che la concreta solidarietà di cui ha parlato Papa Francesco non resti lettera morta o buona intenzione senza seguito affidata a un giornale o a un post. È noto quali siano le vie lastricate di buone intenzioni. In una prospettiva più ampia, rispondo con due parole: Europa e internazionalità. E mi spiego. È indubbio che l’Europa, tristemente assente dalla scena in questi giorni (e non per la prima volta), dovrebbe invece avere una voce politica forte per poter affrontare con autorevolezza e coesione un dramma che marcherà i prossimi decenni. E sottolineo volutamente l’aggettivo “politica”. Oggi l’Unione non è attrezzata per farlo, perché la sua dimensione è in sostanza puramente burocratica ed economica. Anche se può parere irrealistico, è davvero tempo di ripensare le strutture giuridiche e i trattati europei tornando alle origini, cioè all’idea di Europa dei suoi padri fondatori. Non è questa la sede per approfondire l’argomento, ma occorrerebbe trovare il coraggio di edificare una “nuova” Europa politica in grado di fronteggiare problemi globali che i suoi vecchi e piccoli Stati-nazione di matrice ottocentesca non sanno e non possono risolvere da soli, come dimostrano ogni giorno. Konrad Adenauer scrisse decenni fa: «L’unità dell’Europa era un sogno di pochi. È stata una speranza per molti. Oggi è una necessità per tutti». Mi pare che la citazione si adatti perfettamente al nostro tempo. Senza Europa, senza una nuova Europa, siamo e saremmo inermi davanti all’evoluzione economica, marginali di fronte alle potenze mondiali antiche e nuove e inefficaci – oltre che inumani – nella gestione del problema migratorio. E che cosa intende con “internazionalità”? Nel breve-medio termine, in attesa che questa nuova Europa si costruisca, guardiamo all’Italia e alle sue imprese. Oltre a essere avvocato, sono stato e sono un manager di aziende operanti in diversi settori di attività e ho lavorato per dieci anni in Africa, sia come imprenditore sia come dirigente di grandi gruppi industriali. È a ragion veduta quindi che vorrei sottolineare come l’Italia possieda un saper fare ineguagliato in termini di competenze professionali, innovazione, prodotti industriali e artigianali, infrastrutture, gestione delle risorse idriche e agricole, produzione e distribuzione di beni di largo consumo. Un saper fare che è apprezzato nel mondo, ma non si internazionalizza a sufficienza. Penso soprattutto alle piccole e medie imprese, che sono la colonna vertebrale della nostra economia, e ai paesi africani come mercato di sbocco. Il Nord Italia è pieno di società di questo tipo, eccellenti ma troppo spesso ripiegate sul mercato nazionale, intimorite o non aiutate abbastanza a esportare. I loro prodotti – dalle macchine agricole ai mobili, dagli alimentari alle costruzioni – sarebbero utilissimi alle nazioni africane o, per lo meno, a molte tra esse. Spesso, parlando di Africa, si generalizza a sproposito, sia per quanto riguarda i regimi politici sia per quanto concerne i suoi abitanti. L’Africa è un continente con un miliardo e duecentomila persone e cinquantaquattro nazioni, alcune ancora ancorate a regimi dittatoriali post-coloniali e, in genere economicamente sofferenti. Altre invece in fase di decisa trasformazione, cioè in cammino verso una maggiore stabilità democratica ed economica. Se nelle nazioni poco democratiche l’intervento politico internazionale è prioritario (da cui la necessità di un’Europa forte sulla scena mondiale), in quelle in evoluzione si potrebbe avviare un percorso di crescita benefico sia per la loro economia sia per il nostro business. In altre parole, se le aziende italiane grandi e medie incrementassero le loro attività africane, potrebbero creare valore per se stesse e lavoro per l’Africa. Sarebbe questo il modo migliore per aiutare gli africani «a casa loro» e non solo a parole. Ovviamente per farlo occorrerebbe una politica industriale intelligente, lungimirante e, aggiungerei, “umanistica”, cioè guidata non solo dall’interesse di pochi ma dal bene comune di molti. Più in concreto, quali azioni potrebbero compiersi a breve? Ce ne sono tante. Innanzi tutto, lo ripeto, sarebbero necessarie una politica industriale e una politica estera coerenti tra loro, attive, strategiche, autorevoli, dotate di pensiero lungo e aperte al mondo, non ripiegate su se stesse e sulle proprie urgenze elettorali. Inoltre, per venire ad azioni più immediate, si potrebbe incentivare il counter trading, promuovere un sistema bancario più efficace e competitivo e infine ampliare e dinamizzare il ruolo di Ice, l’agenzia per la promozione all’estero delle imprese italiane, e di Sace, l’azienda della Cassa Depositi e Prestiti che dovrebbe accompagnare l’internazionalizzazione delle aziende con i suoi servizi assicurativi e finanziari. Ice dovrebbe andare oltre compiti puramente rappresentativi e Sace radicarsi nel territorio, fare formazione, aggiornare i suoi dati e comunicare non solo sulle evoluzioni ma anche sulle potenzialità di ogni paese. Le faccio due soli esempi tra i tanti, relativi ai paesi che ho appena visitato o in cui mi trovo. Pensiamo allo Zimbabwe: se un imprenditore italiano di buon senso guardasse la cosiddetta “scheda paese” sul sito web della Sace, non sarebbe mai propenso a investirvi. Purtroppo i dati risalgono al 2017 e non c’è nessuna informazione sulle ultime evoluzioni di questa nazione. A Harare è insediato, dallo scorso autunno, un nuovo governo, che ha posto fine al potere quarantennale assoluto di Robert Mugabe. È stato annunciato un piano quadriennale di stabilizzazione delle finanze, che ha ricevuto l’approvazione e il supporto del Fondo Monetario Internazionale. E le priorità in termini di infrastrutture, beni di consumo e gestione delle risorse naturali sono molte e promettenti. Varrebbe la pena di esplorarle con attenzione. Quanto al Kenya, è la controprova di quanto ho appena detto. Il paese è in crescita, sono già molte le aziende europee e italiane grandi e medio-piccole che vi sono presenti nei settori delle costruzioni edili, dell’arredamento o del food & beverage. E non ci sono kenioti che emigrano. Nessuno qui si sognerebbe di farlo. Senza parlare dell’Angola, nazione ricchissima. Comperare un appartamento in centro a Luanda, la capitale, costa come comprarlo a Manhattan o a Kensington. E addirittura è ora difficile per un italiano ottenere un visto d’ingresso in Angola, così come lo è per un africano ottenerlo in Italia. Insomma, stiamo attenti a dire “Africa”. Stiamo attenti a non cadere nei luoghi comuni generalizzanti che purtroppo sono entrati a far parte del linguaggio corrente di alcuni tra i nostri politici. L’Africa è grande, varia, ricca di risorse e in evoluzione. E stabilirvi relazioni politiche, economiche e industriali costruttive è non solo positivo per noi e per loro, ma diventerà necessario. In sostanza politica, economia e industria potrebbero, se efficacemente condotte e coerenti tra loro, aiutare a risolvere anche il problema delle migrazioni? Sì, in estrema sintesi sì. I problemi epocali del nostro tempo richiedono risposte globali intelligenti e non formule magiche. Una politica lungimirante e generosa, un’economia al passo con i tempi e un’industria aperta davvero al mondo potrebbero, insieme, dare risposte concrete a questo problema. E a molti altri. Read the full article
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Bitdefender estende all'Italia l'accordo di distribuzione con Ingecom
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Bitdefender estende all'Italia l'accordo di distribuzione con Ingecom
Bitdefender ha siglato un accordo di distribuzione con Ingecom anche per la sede italiana del vendor. La partnership, infatti, è già in essere e consolidata in Spagna. L’accordo riguarda tutto il portafoglio prodotti Enterprise dedicato alle aziende e agli MSP.
Bitdefender propone soluzioni in grado di gestire e ridurre il rischio di un attacco informatico, con l’obiettivo di offrire ai clienti un’intera gamma di prodotti di sicurezza innovativi, garantendo maggiore protezione possibile.
Ingecom, in Italia da circa un anno sotto la guida del Country Manager Sergio Manidi, ha raggiunto ottimi risultati grazie alla promozione delle tecnologie in ambito IT Security e Cybersecurity.
In una realtà costituita da crescenti minacce informatiche, gli utenti connessi alla rete sono quotidianamente sottoposti a rischi crescenti, con nuove e mutate forme di attacchi, tentativi di phishing e computer violati.
Bitdefender estende all’Italia l’accordo di distribuzione con Ingecom
“L’accordo di distribuzione formalizzato con Bitdefender si inserisce in una strategia di arricchimento tecnologico del nostro portfolio rispettando la filosofia della massima e migliore “complementarietà”. Siamo consapevoli di quanto gli attori italiani della cyber security siano attenti a questo aspetto. La nostra missione è quella di offrire un tangibile valore ai nostri rivenditori partner grazie ad una costante ricerca, selezione e promozione delle migliori tecnologie al fine di supportarli nell’anticipare le sfide e le minacce peculiari del settore” precisa Manidi.
Denis Cassinerio, Regional Sales Director SEUR di Bitdefender
“L’estensione dell’accordo di Distribuzione in Italia con Ingecom si inserisce all’interno della strategia di sviluppo del Sud Europa, che ci vede sempre più presenti con realtà multi-nazionali e specializzate” dichiara Denis Valter Cassinerio, Regional Sales Director SEUR , che prosegue: “L’accordo appena siglato si inserisce in una visione comune strategia in merito allo sviluppo del mercato, offrendo all’ecosistema di canale un approccio a valore, per una migliore esperienza con le soluzioni Bitdefender. Ingecom ha già dimostrato di essere un distributore affidabile e competente sulle nostre soluzioni e su temi complementari, diventando quindi un ottimo partner per tutto il canale in merito agli argomenti più moderni della Cybersecurity”. Dopo l’ottimo lavoro realizzato in Spagna con Ingecom, siamo convinti che anche in Italia il canale beneficerà del nostro approccio sinergico, portando all’end user più facilmente l’efficacia delle soluzioni Bitdefender, grazie all’efficiente supporto dei servizi di Ingecom.”
Bitdefender estende all’Italia l’accordo di distribuzione con Ingecom
“Siamo lieti di estendere l’accordo di distribuzione con Bitdefender in Italia, dopo gli ottimi risultati che stiamo ottenendo con questo vendor in Spagna e Portogallo”, afferma Javier Modùbar, attuale CEO e socio fondatore di Ingecom che prosegue: “Questo successo è dovuto principalmente alla solidità della tecnologia Bitdefender nella prevenzione, individuazione e risoluzione degli attacchi più avanzati attualmente in circolazione, come dimostrato dai diversi studi internazionali in cui il vendor è riconosciuto, nonché dal grado di soddisfazione dei clienti. Allo stesso modo, crediamo che la strategia di mercato di Bitdefender sia perfettamente allineata a quella di Ingecom, che con questo accordo rafforza il suo portfolio di offerta in Italia per le soluzioni endpoints”.
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Etichetta d’origine sugli alimenti: richiesta approda in Consiglio Ue, raccolte 35mila firme in Calabria
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Etichetta d’origine sugli alimenti: richiesta approda in Consiglio Ue, raccolte 35mila firme in Calabria
Etichetta d’origine sugli alimenti: richiesta approda in Consiglio Ue, raccolte 35mila firme in Calabria
L’etichetta di origine degli alimenti, per impedire di spacciare come Made in Italy quelli ottenuti da prodotti stranieri, è all’ordine del giorno del Consiglio Agricolo Ue del 16 e 17 dicembre. La notizia viene confermata dal Presidente di Coldiretti Calabria, Franco Aceto, che afferma “Siamo molto soddisfatti che sotto la spinta di 1,1 milioni di firme raccolte in sette paesi europei, in Calabria sono state raccolte 35mila firme di cittadini che hanno chiesto di rendere obbligatoria l’indicazione di origine degli alimenti, salvaguardando la nostra salute e il made in Italy del quale la Calabria è un pezzo importante.” “Un grazie allo staff di Coldiretti, a tutti i soci calabresi in particolare giovani, che – aggiunge Aceto – hanno sostenuto la campagna, nelle piazze, nei luoghi istituzionali e di incontro, nei mercati di Campagna Amica trovando una straordinaria sensibilità da parte dei cittadini, delle istituzioni e rappresentanti politici, della cultura e dei mass-media.” Adesso il documento che sarà discusso in Consiglio – sottolinea la Coldiretti – ha avuto già il sostegno di Italia, Francia, Grecia, Portogallo e Spagna che, per rispondere alle aspettative dei consumatori, chiedono una normativa europea stringente sull’obbligo di indicare l’origine degli alimenti in etichetta. La proposta al tavolo del Consiglio è una svolta storica per l’Unione Europea che – ricorda Coldiretti – ha avuto sinora un atteggiamento incerto e contradditorio, obbligando a indicare l’origine in etichetta per le uova ma non per gli ovoprodotti, per la carne fresca ma non per i salumi, per la frutta fresca ma non per i succhi e le marmellate, per il miele ma non per lo zucchero. “Una esigenza di chiarezza condivisa dalla stragrande maggioranza dei consumatori europei e dall’82% di quelli italiani che ritiene necessario superare le attuali politiche comunitarie sull’origine del cibo per contrastare un fenomeno, quello dei falsi e dei tarocchi, che solo alla Calabria costa oltre un miliardo di euro all’anno nel mondo” sottolinea il presidente Aceto nel ricordare che “l’obbligo di indicare l’origine è una battaglia storica della Coldiretti che ha portato l’Italia all’avanguardia in Europa per le politiche rivolte alla qualità, sicurezza alimentare e trasparenza dell’informazione. Ad oggi – precisa – grazie al pressing e alle iniziative costanti di Coldiretti i cibi con l’indicazione di origine sulla spesa degli italiani sono: carne di pollo e derivati, Carne bovina, Frutta e verdura fresche, Uova, Miele, Extravergine di oliva. Quelli senza indicazione: salumi, carne di coniglio, carne trasformata, marmellate succhi di frutta ecc, Fagioli, lenticchie, piselli in scatola, ecc. , pane.”
L’etichetta di origine degli alimenti, per impedire di spacciare come Made in Italy quelli ottenuti da prodotti stranieri, è all’ordine del giorno del Consiglio Agricolo Ue del 16 e 17 dicembre. La notizia viene confermata dal Presidente di Coldiretti Calabria, Franco Aceto, che afferma “Siamo molto soddisfatti che sotto la spinta di 1,1 milioni di firme raccolte in sette paesi europei, in Calabria sono state raccolte 35mila firme di cittadini che hanno chiesto di rendere obbligatoria l’indicazione di origine degli alimenti, salvaguardando la nostra salute e il made in Italy del quale la Calabria è un pezzo importante.” “Un grazie allo staff di Coldiretti, a tutti i soci calabresi in particolare giovani, che – aggiunge Aceto – hanno sostenuto la campagna, nelle piazze, nei luoghi istituzionali e di incontro, nei mercati di Campagna Amica trovando una straordinaria sensibilità da parte dei cittadini, delle istituzioni e rappresentanti politici, della cultura e dei mass-media.” Adesso il documento che sarà discusso in Consiglio – sottolinea la Coldiretti – ha avuto già il sostegno di Italia, Francia, Grecia, Portogallo e Spagna che, per rispondere alle aspettative dei consumatori, chiedono una normativa europea stringente sull’obbligo di indicare l’origine degli alimenti in etichetta. La proposta al tavolo del Consiglio è una svolta storica per l’Unione Europea che – ricorda Coldiretti – ha avuto sinora un atteggiamento incerto e contradditorio, obbligando a indicare l’origine in etichetta per le uova ma non per gli ovoprodotti, per la carne fresca ma non per i salumi, per la frutta fresca ma non per i succhi e le marmellate, per il miele ma non per lo zucchero. “Una esigenza di chiarezza condivisa dalla stragrande maggioranza dei consumatori europei e dall’82% di quelli italiani che ritiene necessario superare le attuali politiche comunitarie sull’origine del cibo per contrastare un fenomeno, quello dei falsi e dei tarocchi, che solo alla Calabria costa oltre un miliardo di euro all’anno nel mondo” sottolinea il presidente Aceto nel ricordare che “l’obbligo di indicare l’origine è una battaglia storica della Coldiretti che ha portato l’Italia all’avanguardia in Europa per le politiche rivolte alla qualità, sicurezza alimentare e trasparenza dell’informazione. Ad oggi – precisa – grazie al pressing e alle iniziative costanti di Coldiretti i cibi con l’indicazione di origine sulla spesa degli italiani sono: carne di pollo e derivati, Carne bovina, Frutta e verdura fresche, Uova, Miele, Extravergine di oliva. Quelli senza indicazione: salumi, carne di coniglio, carne trasformata, marmellate succhi di frutta ecc, Fagioli, lenticchie, piselli in scatola, ecc. , pane.”
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La Sicilia sbarca a Lisbona grazie ad una merceria online di prodotti italiani
La Sicilia sbarca a Lisbona grazie ad una merceria online di prodotti italiani
Sapevate che di italiani in Portogallo ce ne sono circa 16.000? Da buone ed esigenti forchette, pur mangiando divinamente bene in Portogallo, un po’ di nostalgia dei nostri sapori è normale sentirla.
Da oggi Giorgio ci salva le papille gustative grazie all’apertura della sua merceria italiana online di sapori siciliani ma non solo. Volete saperne di più?
Conobbi Giorgio nel 2018 quando…
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semi autofiorenti quanto producono
Canapa uguale per marijuana? Se avete il lusso di poter fruire di luce del sole ininterrotta in outdoor ed avete una mentalità aperta che vi consente vittoria coltivare il maggior volume di varietà possibile, potrete godervi un menù ricco di sapori, seduti comodamente a casa. Biscotti cocco cannabis, biscotti all'hascisc, lecca-lecca con estratto di canapa, bomboloni al gusto cannabis, caramelle alla cannabis ed limone, drink rilassante (anche questo al gusto cannabis) e tanti altri prodotti. La Cannabis sativa ha dimensioni piuttosto ragguardevoli, potendo raggiungere un'altezza no verso 4 metri. northern lights semi , quali stimolatori radicali e per fioritura, che attivano la vita organica batterica, o dei microrganismi, e di conseguenza ottenere piante più forti e più sane. Conosciamo le possibilità di codesto mercato - spiegano viceversa continuano a rispondere senza sosta alle richieste vittoria lavoro di ragazze il quale entrano nel negozio in cui è affisso un cartello Cercasi commessa” - e abbiamo deciso di provarci e senza mai risultare stati fumatori in vita nostra, anche perchè distribuiamo una larga serie di prodotti a base vittoria canapa”. Ed adesso sarà proprio l'istituto di Rovigo a supportare e istruire” gli specialisti dello Stabilimento chimico-militare farmaceutico di Firenze, nella coltivazione delle piante utilizzate per i medicinali a questione di cannabis, oggetto dell' accordo di collaborazione siglato giovedì scorso tra ministeri della Salute e della Difesa per l'avvio della produzione nazionale di cannabis medicinale allo Stabilimento fiorentino. L'Amnesia Haze è una pianta ben mantenuta che arriva appena sopra 1m, circa 1. 2 m. Può crescere all'esterno, ma richiede un clima caldo come osservando la Australia, Africa settentrionale ed California; tuttavia, è necessaria una coltivazione in serra a causa del lungo periodo di fioritura. Costruiti in fondo chi soffre non ha tempo che il Ministero della Salute trovi la voglia di retribuire l'ampliamento delle serre di Firenze, che venga autorizzata l'importazione del farmaco dal Portogallo che gli olandesi rimettano in commercio i loro prodotto qualche start up possa sviluppare tale modello di business come sta succedendo negli USA. La questione ha aperto ciononostante un fronte politico, con Fratelli d'Italia nettamente contraria soprattutto a discutere la proposta sulla cannabis terapeutica: «Un secondo bambino è considerato finito in ospedale con tracce di Thc nel sangue», tuona Riccardo De Corato, affermando esplicitamente il quale, con la cannabis terapeutica "libera", i casi di questo tipo potrebbero aumentare. Bisogna essere agricoltori con un fascicolo aperto nel portale sian (). Non esiste un divieto esplicito per i privati ma nel momento in cui si intenda seminare ed ottenere dei prodotti si avrà da sottostare a tutte nel modo che regole che devono rispettare gli agricoltori, quindi tranne che non si voglia coltivare per il solo propensione di veder crescere una pianta nel proprio giardino si deve avere la qualifica di agricoltore. SEMINA PROIBITA DAVANTI AL PIRELLONE - In occasione ancora oggi Four-twenty, Giornata mondiale tuttora cannabis”, a Milano, in Piazzale Duca D'Aosta, infatti davanti al Pirellone, alle 11. 30 è prevista una ‘semina proibita' pubblica alla quale parteciperanno Antonella Soldo, presidente dei Radicali italiani, Barbara Bonvicini, segretaria dell'associazione Enzo Tortora - Radicali Milano e Marco Cappato, tesoriere dell'associazione Luca Coscioni. I semi di marijuana osservando la Italia sono venduti per scopo collezionistico e la loro coltivazione è vietata e punibile per decreto. Cannabis terapeutica di Stato, secondo l'accordo firmato a settembre dalle ministre Lorenzin (Salute) ed Difesa (Pinotti). Le ricette devono esserci trasmesse mensilmente dal farmacista all'ASL all'Azienda ospedaliera, il quale le inoltrano al Ministero della Salute per nel modo gna opportune verifiche.
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Ormai non ci sono piu' scuse
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Ormai non ci sono piu' scuse
Ormai non ci sono più scusanti: in barba alle promesse di risolvere i problemi educativi con la Buona Scuola, gli italiani sono un popolo di ignoranti. È quello che emerge dal rapporto Rapporto conoscenza 2018 dell’ISTAT. Poche pagine (115) divise in sei capitoli e 38 quadri tematici per spiegare, qualora non fosse ancora chiaro, qual’è la realtà nel Bel Paese e il confronto col resto d’Europa. Per capire quali sono i livelli e la diffusione dell’ “informazione economica, ossia di sapere utile”, ma anche “i fenomeni emergenti” e “gli strumenti che favoriscono lo sviluppo della conoscenza e le sfide per le politiche”. “Il tema della conoscenza non è quindi affrontato nei termini restrittivi di innovazione nei processi e nei prodotti, di ricerca e sviluppo, di brevetti e marchi, di design industriale e proprietà intellettuale”. In poche parole lo “stato dell’arte” ma anche l’impatto della conoscenza nella società, analizzato sui consumi culturali, sulle industrie, sulla diffusione della tecnologia nella famiglia e nell’impresa, sulla formazione e l’impatto economico e sociale del paese.
Quella che emerge dal rapporto è stata definita da un giornale “una specie di museo degli orrori”. È il risultato di decenni di politiche scellerate, di cattiva gestione e di pressioni per allontanare i giovani e i meno giovani dal Sapere (quello con la S maiuscola). A niente sono valsi i ripetuti campanelli d’allarme dei test di valutazione comparati Pisa dell’OCSE. Da anni queste analisi continuano a ripetere che la situazione è grave e che l’Italia è fanalino di coda dei paesi con cui è chiamata a confrontarsi.
Gli effetti sono una doppia “ignoranza” (quella dei cittadini ma anche quella di chi ha governato e gestito il paese) che ha conseguenze rilevanti: i dati relativi al fatturato per abitante mostrano che l’Italia non riesce ad andare oltre l’ottava posizione in Europa su 25 paesi. Un dato che potrebbe sembrare positivo ma che non lo è affatto: gli italiani sono sotto la media europea (28 paesi), ma soprattutto ben lontana dai primi posti occupati da Regno Unito, Francia e Germania.
Gli italiani dai 25 ai 64 anni sono ultimi in Europa per percentuale di popolazione con un titolo di studio terziario, vale a dire almeno una laurea. Nel Bel Paese i laureati sono il meno del 20% della popolazione. Anni luce lontani da quanto avviene in paesi come Danimarca, Cipro, Regno Unito, Lussemburgo, Finlandia o Svezia, tutti al di sopra del 40%. Se ci si accontenta del diploma la situazione migliora, ma non molto: siamo quartultimi (peggio di noi solo Spagna – che però vanta una percentuale di laureati doppia rispetto all’Italia – Portogallo e Malta).
Fin troppo eufemistico il giudizio degli autori dello studio, Giovanni Alfredo Barbieri e Andrea de Panizza, che parlano di un’economia industriale “ad alto reddito ma anomala, perché caratterizzata, a confronto con le altre maggiori economie europee, da livelli di istruzione e competenze modesti, ancorché crescenti”.
A riprova che la situazione è grave il fatto che gli italiani non leggono più: nel Regno Unito la spesa in libri è di oltre 100 euro a persona (fascia d’età tra 25 e 64 anni), di quasi 80 euro in Svezia, Belgio, Danimarca e Francia. Gli italiani, invece, per libri spendono mediamente la metà: 40 euro. Stessa cosa per i musei e i beni culturali in generale. Pur avendo un patrimonio che nessun paese al mondo può pensare di eguagliare, gli italiani non sembrano farne uso.
Un livello culturale e di preparazione così basso non poteva non avere ripercussioni sul fronte occupazionale: se da un lato sono pochi i laureati dall’altro la domanda di personale altamente qualificato è anch’essa bassa. Tra i maggiori paesi europei, l’Italia è l’unico in cui gli occupati in posti ad alta specializzazione sono diminuiti nell’ultimo decennio. E il divario ha raggiunto livelli preoccupanti: “Sul numero di diplomati – ha detto de Panizza – restano 17 i punti di distacco rispetto alla media europea”. Un abisso. Specie se si considera che nessuno dei governi che si è succeduto negli ultimi decenni è sembra aver fatto niente per cambiare questo stato di cose. Il risultato è che il dato relativo alle risorse umane impiegate nella scienza e nella tecnologia vede il Bel Paese al terzultimo posto, davanti solo a Romania e Slovacchia.
Se invece di spendere miliardi e miliardi di euro in armi e armamenti o in missioni militari all’estero si fosse destinata anche solo parte di quei fondi alla formazione e all’educazione, forse l’Italia non sarebbe così ignorante. Tanto ignorante da ignorare la gravità della situazione.
#C.Alessandro Mauceri#educazione#formazione#italiani sono un popolo di ignoranti.#livello culturale#OCSE#titolo di studio
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La produzione di prosciutti crudi è una partita che si gioca tra pochissime nazioni: Italia, Francia, Spagna e Portogallo le più importanti.
Ma non tutti evitano l’uso di nitriti e nitrati.
Prosciutti italiani di suino nero dei Nebrodi (Presidio Slow Food) e San Daniele Dok Dall’Ava si confrontano con un jamón iberico de bellota privo di additivi chimici, una rarità ormai nel panorama spagnolo.
E poi due variazioni di lavorazione della coscia tutte italiane e rigorosamente “chemical free”: il culatello di Zibello (Emilia Romagna) e il gammune di Belmonte (Calabria, entrambi Presìdi Slow Food).
20 anni di Cheese
Eccoci! Siamo pronti a spegnere le candeline di un’edizione speciale di Cheese.
Sì, perché quest’anno, a Bra, dal 15 al 18 settembre,festeggiamo il ventesimo compleanno di Cheese, l’evento record organizzato dall’associazione Slow Food Italia e dalla Città di Bra.
Lo chiamiamo evento record a ragione: l’edizione 2015 si è chiusa con numeri che mai avremmo immaginato. 270.000 visitatori e oltre 300 espositori da 23 nazioni, a conferma della sua portata internazionale.
Negli anni, Slow Food ha sempre sostenuto le produzioni artigianali di qualità, promuovendo l’utilizzo del latte crudo, la biodiversità delle razze, il legame con il territorio, il benessere animale, il rispetto per il paesaggio, i saperi legati ai mestieri del latte e mostrando come tutti questi elementi siano profondamente connessi a formaggi più interessanti e complessi sotto il profilo gustativo.
Nell’edizione 2017, torniamo a impegnarci con forza su un argomento che è sempre stato nostro e che costituisce la cornice entro cui inscrivere tutta la manifestazione – dalle conferenze ai laboratori al mercato –, i formaggi a latte crudo. Non solo.
Un altro tema sotto i riflettori sono i formaggi naturali, ossia prodotti senza l’ausilio di fermenti industriali, anch’essi protagonisti di conferenze, laboratori e di un’importante area in cui di naturale si ragionerà a 360 gradi.
http://ift.tt/eA8V8J
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ASCOLI PICENO – Grazie anche all’impegno della Cna di Ascoli un gruppo di aziende agricole del territorio hanno potuto partecipare a Cerea (Vr) a ViniVeri 2017 la manifestazione dedicata al vino e ai prodotti naturali, abbattendo i costi di partecipazione. “Piccole imprese che producono grande qualità – spiega Francesco Balloni, direttore della Cna Picena – e che entrano in sinergia. Il tutto per riuscire ad agganciare manifestazioni ed eventi promozionali di alto livello e che, da sole, difficilmente avrebbero potuto raggiungere. Questa è la chiave della nostra missione come Cna. Azione che, in questo periodo, diventa ancora più significativa e importante considerando la difficile ripartenza per le imprese nel post terremoto”.
Queste le aziende agricole del Piceno presenti a Verona: Clara Marcelli, Valter Mattoni, Irene Cameli, Maria Letizia Allevi, Aldo di Giacomi (tutte di Castorano), insieme all’azienda agricola Oasi degli Angeli (Cupra Marittima) di Marco Casolanetti ed Eleonora Rossi.
E’ stata la Primavera il tema della quattordicesima edizione di ViniVeri, in coerenza con un percorso maturato negli anni che ha visto la valorizzazione dei vini “secondo natura”, tutte quelle etichette (e prodotti alimentari) ottenuti da processi naturali. Una manifestazione promossa dal Consorzio Viniveri e ospitata ancora una volta nell’Areaexp La Fabbrica di Cerea, a pochi chilometri da Verona. Primavera intesa come rinascita, di territori, comunità e di tutto il tessuto produttivo duramente colpito dal sisma che lo scorso 24 agosto ha devastato diverse zone del Centro Italia.
L’obiettivo che l’evento si è prefisso, quello di sostenere concretamente i contadini, vignaioli e agricoltori di queste terre: una parte del costo del biglietto è stato devoluto all’Associazione “Per la Vita di Castelluccio di Norcia Onlus”, nata per far rinascere quanto prima uno dei borghi più duramente colpiti dal terremoto. Mentre il Consorzio ViniVeri ha donato un contributo in denaro direttamente dalle proprie casse, impegnandosi a raccogliere fondi da diversi privati. Un evento tutto giocato sulla collaborazione e cooperazione dall’inizio alla fine: la realizzazione dell’immagine di ViniVeri, per questa edizione, è stata affidata ai bambini della scuola dell’infanzia di Acquasanta Terme.
Una tre giorni all’insegna della solidarietà, dunque, ma anche del buon gusto, fra assaggi, degustazioni guidate e laboratori. Sono stati circa 100 gli artigiani del vino indipendenti, italiani e stranieri, che hanno portato alla manifestazione le loro specialità, dall’Austria, Repubblica Ceca, Francia, Slovenia, Portogallo, Spagna, ma anche Italia naturalmente, tutti uniti da una filosofia comune, quella che va oltre la certificazione biologica europea e che pone al primo posto il rispetto per l’ambiente.
Niente pesticidi, elementi chimici di sintesi, addizioni e stabilizzazioni forzate: i vini naturali sono realizzati solo secondo natura, e tutte le aziende coinvolte nel festival si impegnano a seguire i dettami della “Regola” del Consorzio Viniveri, una serie di principi che si propongono di rispettare il terreno, la biodiversità e l’agricoltura sostenibile.
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PORTOGALLO, i miei 5 formaggi preferiti
#PORTOGALLO, i miei 5 #formaggi preferiti
Che sono una buona forchetta oramai lo sapete benissimo. Spesso mi chiedete consigli su cosa mangiare o cosa e dove comprare prodotti tipici della gastronomia portoghese e io non mi tiro mai indietro per farvi conoscere le prelibatezze che potete trovare qui a tavola. I formaggi italiani e francesi sono famosissimi nel mondo ma sapevate che il Portogallo non è da meno? No, vero? Oggi voglio…
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#alla scoperta del portogallo#blogger italiana portogallo#cibo portoghese#cosa mangiare in portogallo#cosa visitare portogallo#curiosità portogallo#fine settimana in portogallo#formaggi in portogallo#formaggi portoghesi#gastronomia portoghese#gite fuori porta lisbona#in portogallo con lilly#italiani in portogallo#itinerario portogallo#liliana navarra#lillyslifestyle#Monte da Vinha#pillole di portogallo#Portogallo#portogallo formaggi isole azzorre#portogallo imperdibile#portogallo in auto#portogallo in cucina#portogallo insolito#portogallo non turistico#portogallo on the road#portogallo sconosciuto#portugal#quali formaggi comprare in portogallo#quali formaggi provare portogallo
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A Lisbona torna il Mercado Gourmet dal 3 al 5 marzo
A Lisbona torna il Mercado Gourmet dal 3 al 5 marzo
Torna a Lisbona uno degli eventi che aspetto sempre con ansia, il Mercado Gourmet organizzato nell’arena di Campo Pequeno. Occasione unica per provare il meglio dell’enogastronomia portoghese e visitare un luogo emblematico della città. ENGLISH – PORTUGUÊS – FRANÇAIS – ESPAÑOL – DEUTSCH Dal 3 al 5 marzo le porte dell’arena di Campo Pequeno apriranno dalle 12 alle 21:30 per far conoscere ai suoi…
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#a lisbona con lilly#alisbonaconlilly#blogger italiana lisbona#blogger italiana portogallo#cosa mangiare a lisbona#cosa mangiare in portogallo#eventi lisbona#evento enogastronomico lisbona#gastronomia lisbona portogallo#italiani a lisbona#italiani in portogallo#liliana navarra#lillyslifestyle#lisbona#mercato gourmet lisbona#Portogallo#prodotti tipici portogallo#prova gastronomia lisbona portogallo#prova vini lisbona#vini lisbona#vini portogallo#vivere a lisbona#vivere in portogallo
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Oggi si conclude la 19ª edizione della fiera annuale dedicata all’enogastronomia portoghese organizzata a Lisbona dalla Revista de Vinhos. “Encontro com vinhos e sabores” si chiama ed anche quest’anno ci ha sorpreso con il suo vasto e ricco programma dedicato ai vini e ai sapori locali e del mondo.
Arriviamo da Piazza del Commercio, comodamente in tram, quasi all’entrata del Centro de Congressos de Lisboa, luogo che ha ospitato anche quest’anno la fiera.
Dopo esser passati dal bancone della biglietteria e richiesto il chip che ci consentirà di ricevere via email la scheda del o dei vini che più ci interessano, entriamo ufficialmente nella sala.
Il programma dei 4 giorni di fiera, due per i consumatori e curiosi e due per i professionisti dell’area, è diversificato: numerose le masterclass proposte, una delle quali con la The Wine Detective e critica di vini (per riviste del calibro di Decanter e Fine Wine Magazine) Sarah Ahmed che presenterà i 10 vini portoghesi più significativi.
Per non parlare poi dei 25 chef che prepareranno dal vivo alcuni dei loro piatti forti e il restaurant Bootcamp che ha proposto dieci temi per pensare al mondo dei vini legato alla gastronomia per donare il giusto abbinamento di sapori.
La fiera è anche un evento unico per ristoranti e wine bar che grazie al concorso di “Melhor Carta e Serviço de Vinhos em Portugal” possono farsi conoscere per il loro servizio di qualità. Con questo concorso si distingue chi riesce a a far emergere il miglior lavoro svolto nella diffusione dei vini ai propri clienti, momento cruciale per la valorizzazione del vino in un ristorante o bar.
PROVE COMMENTATE
Ventuno sono state le prove commentate organizzate da specialisti dell’area e sedici gli incontri con i sommelier. Alcuni degli incontri erano centrati su: “Vintage Porto 2016, um clássico”, “Clássicos e Novidades da Barbeito – Madeira”, “Memórias de Alves de Sousa”.
Per quanto riguarda i vini stranieri, ci son state prove commentate dedicate ai vini francesi, italiani e spagnoli con “Sublime Elegância de França”, “Domínio del Águila – o novo ícone de Espanha” e “Ícones de Itália” e “Um novo Novo Mundo”, giusto per citarne alcuni.
LA NOSTRA ESPERIENZA
Noi non abbiamo partecipato alle 21 prove commentate, alle circa 50 attività previste ed ai workshop ma abbiamo dedicato il primo giorno di fiera alla sala di prova libera con oltre 3000 vini in prova (elenco produttori) per poi passare alla sala dedicata ai sapori con numerosi prodotti gourmet di diversi produttori locali.
Vero cuore della fiera, per noi, è qui che abbia trascorso quasi 4 ore alla scoperta di nuovi e meno nuovi vini portoghesi. L’area è stata divisa in isole che rappresentano le regioni vinicole, non sempre rappresentanti le regioni geografiche di appartenenza.
Ci siamo soffermati molto tra gli stand dei produttori dei vini del Dão. Abbiamo provato i vini di Quinta da Falorca e parlato con il produttore per organizzare una visita a breve alle sue vigne.
Abbiamo poi curiosato alla stand dedicato alla nuova “Rotta dei vini del Dão“, un’esigenza nata per far conoscere anche piccoli produttori locali e dall’aumento di richiesta dell’enoturismo in Portogallo. Presto vi scriverò un articolo dedicato a quest’interessantissima rotta.
Siam passati poi allo stand dei vini dell’Alentejo per provare la Tapada do Chaves che avevamo scoperto leggendo la Revista de Vinhos, che organizza l’evento e di cui siamo assidui lettori, non potevamo quindi perdere l’occasione di provarlo visto che se ne parla così bene.
Passiamo poi ai vini del Douro con Quinta Vale D. Maria, che avevamo già apprezzato durante la scorsa edizione della fiera, e siam passati poi alla prova del Chryseia 2016 della Prats & Symington che abbiamo a casa ma non abbiamo ancora provato, avendo bevuto il 2012 ed apprezzato non poco, non abbiamo perso l’occasione.
Saziata la nostra curiosità dei vini siam passati nella seconda sala della fiera dedicata ai sapori.
AREA DEI SAPORI
Area dedicata alla gastronomia dove abbiamo incontrato produttori locali, foodbox di sushi, ristoranti e un’area dedicata ai “giocattolini imperdibili” come li chiamo io. Se siete anche voi appassionati di strumenti per la cucina sicuramente avreste dato fondo al portafogli per le tante novità e strumenti da utilizzare per il vino (decantatori, termometri, salvagocce e affini) e per gli alimenti (coltelli, tritura pepe, taglieri dal design accattivante e molto altro ancora). Avrei comprato tutto.
Per curiosare ed esser tentati a partecipare alla prossima edizione del 2019 vi invito a consultare il sito web ufficiale, www.encontrovinhosesabores.com.
[Le foto non firmate sono di proprietà dell’evento, utilizzate per gentile concessione.]
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