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#primo cavaliere del re
buh.
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fabiansteinhauer · 3 months
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Bolische Übersetzung
TRATTATO FRA LA SANTA SEDE E L’ITALIA
IN NOME DELLA SANTISSIMA TRINITÀ
Premesso: Che la Santa Sede e l’Italia hanno riconosciuto la convenienza di eliminare ogni ragione di dissidio fra loro esistente con l’addivenire ad una sistemazione definitiva dei reciproci rapporti, che sia conforme a giustizia ed alla dignità delle due Alte Parti e che, assicurando alla Santa Sede in modo stabile una condizione di fatto e di diritto la quale Le garantisca l’assoluta indipendenza per l’adempimento della Sua alta missione nel mondo, consenta alla Santa Sede stessa di riconoscere composta in modo definitivo ed irrevocabile la « questione romana », sorta nel 1870 con l’annessione di Roma al Regno d’Italia sotto la dinastia di Casa Savoia; Che dovendosi, per assicurare alla Santa Sede l’assoluta e visibile indipendenza, garantirLe una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale, si è ravvisata la necessità di costituire, con particolari modalità, la Città del Vaticano, riconoscendo sulla medesima alla Santa Sede la piena proprietà e l’esclusiva ed assoluta potestà e giurisdizione sovrana; Sua Santità il Sommo Pontefice Pio XI e Sua Maestà Vittorio Emanuele III Re d’Italia, hanno risoluto di stipulare un Trattato, nominando a tale effetto due Plenipotenziari, cioè per parte di Sua Santità, Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Pietro Gasparri, Suo Segretario di Stato, e per parte di Sua Maestà, Sua Eccellenza il Signor Cavaliere Benito Mussolini, Primo Ministro e Capo del Governo; i quali, scambiati i loro rispettivi pieni poteri e trovatili in buona e dovuta forma, hanno convenuto negli Articoli seguenti
2.
Das Traktat oder Trajekt, eine zügige Form/ förmlich ein Zug, zwitschernd dem elementar ballernden/anstrandenden/ vom Strand her kehrenden /sandig-reinlichem Sitz und dem Italien (d.i. eine langgezoge, stiefelähnliche Halbinsel mit Einrichtungen und Kausalitäten im Süden).
im Benehmen, in der situativen Tracht der gleichartigen, jetzt aber heilig genannten Dreifaltendiplomatie
Vormess/ Vor dem Maß
(...)
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Dies und das:
Die vom Strand her wie Sophie kehrende See, das wie Venus auf einer Muschel übersetzende Meereswissen (ein begehrendes Wogen) und der Stiefel, der im Namen Italiens (auf´-)tritt haben etwas, das heißt, dass ihnen etwas fehlt, und zwar die Renaissance, wieder ein kehrendes Wissen (eine Wahrnehmung oder Übung). Das ist das Training einer mitmachbaren Fertigkeit, an der sie die Welt passioniert haben (die sie auf eine suchtähnliche Weise haben, dass sie ihnen fehlt),
die Fertigkeit, die man mitmachen kann, eine behagliche Einrichtung, alles zu eliminieren, energetisch zu streichen (ein- und ausleuchtend zu canceln/ ihm bildend eine Chance zu geben), alles Vernünftige und jeden Grund, der die Sinne streuen könnte und damit zwischen Ihnen alles und jeden existieren liesse, solange was verschieden (nicht unbedingt von vornherein tot, aber unbedingt abgestorben) sein könnte,
darum also lassen die hohen Parteien es reinigend und kathartisch, bis zum jüngsten Gericht regnen, die Parteien regulieren endgültig das, was die größte aller römischen Fragen ist (kasuistisch und für alle Fälle exemplarisch so formuliert:
Do you have a room/ Do we have Rome? Does your dog bite?)
übergeben wir nun, mit noch nicht völlig gefluteteter Instanz in und außer uns (mit dem See der Seele) das Wort des Vorwortes der Lateranverträge weiter an DeepL, dem botsmäßigen Bot, einem sanktionierbaren Boten, der viel klarer sagen kann, warum es gehen wird, nämlich Weisheit
die der Gerechtigkeit und der Würde der beiden Hohen Parteien entspricht und die dem Heiligen Stuhl in stabiler Weise einen Zustand rechtlicher und tatsächlicher Art sichert, der ihm die absolute Unabhängigkeit für die Erfüllung seiner hohen Mission in der Welt garantiert und der es dem Heiligen Stuhl selbst erlaubt, die "Römische Frage", die 1870 mit dem Anschluß Roms an das Königreich Italien unter der Dynastie des Hauses Savoyen entstanden ist, als endgültig und unwiderruflich geregelt anzuerkennen;
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barbaraincucina · 4 months
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I Sarmati: chi sono
I Sarmati sono una popolazione nomade asiatica che dal Caucaso arriva in Europa orientale passando dall'attuale Ucraina. La loro storia non è ben definita e ha un alone misterioso e leggendario. Di loro sappiamo che sono abili nelle tecniche belliche ed equestri (sono infatti proprio i Sarmati ad insegnare ai Romani il combattimento a cavallo, nello specifico la cavalleria pesante e l’uso dei catafratti, armature per il cavaliere e per il cavallo). La loro società è di stampo matriarcale e le donne hanno estrema libertà, sono considerate al pari degli uomini e partecipano alle attività belliche (da cui il mito delle amazzoni). Vivono nei boschi in tende di feltro. Essendo nomadi non coltivano nè allevano, si cibano quindi di frutti spontanei, di selvaggina e di latte di cavalla, tanto da esseri definiti dai Romani i “mangiatori di latte”. La loro pietanza distintiva è il latte fermentato in sacche di pelle, molto simile all’attuale kefir, che anche oggi è un prodotto tipico proprio della zona del Caucaso. Il kefir assomiglia allo yogurt ma è più acido e pungente, con un punta alcolica tanto da risultare quasi effervescente. Quella dei Sarmati, rispetto all’Impero, non è mai stata un’invasione e non sono annoverati tra gli invasori barbarici perché vengono direttamente importati dai romani in quanto utili non solo nel combattimento ma anche per il lavoro nei campi. Si stima che Costantino ne faccia arrivare in pianura padana circa 300.000 proprio perché servono dei coloni (in provincia di Piacenza c’è un comune che si chiama Sarmato).
La cucina romana e le fonti
Siccome i Sarmati hanno lasciato poche testimonianze su come si cibano e non hanno influenzato le nostre abitudini alimentari quanto i Longobardi, quest'anno faremo un'operazione inversa, andremo a scoprire la cucina trovata dai Sarmati quando sono arrivati nella penisola italica, ossia la cucina romana. 
Fortunatamente rispetto al medioevo abbiamo a disposizione molti documenti scritti in cui si parla di cucina, alimentazione e tutto ciò che vi ruota attorno, abbiamo anche un dettagliato ricettario, il De Re Coquinaria di Apicio, composto da ben 10 libri suddivisi per argomenti (I segreti dello chef, Le carni tritate, I segreti dell’ortolano, La raccolta gastronomica, I legumi, I volatili, I piatti più prelibati, I quadrupedi, Il mare, Il pescatore): un vero e proprio manuale di gastronomia che conta circa 470 ricette.
Apicio
Apicio più che uno chef è un ricco romano vissuto nel I sec d.C., appassionato del buon cibo che fa della cucina l’unica sua ragione di vita. Seneca lo accusa addirittura di aver avvelenato un'intera epoca con le sue idee perché i giovani fanno a gara ad iscriversi alla sua scuola di cucina anziché frequentare le lezioni di filosofia e retorica. Insomma si scatena un vero e proprio boom come ciclicamente accade anche ai giorni nostri (vedi Masterchef!). Si diffonde l’idea che un cibo è tanto più gustoso quanto più lontana è la sua provenienza e che se un cibo è buono lo si deve pagare caro. Esiste già la figura del “gourmet”, colui il quale non solo è in grado di capire ed apprezzare il valore di quanto gli è offerto, ma di riconoscerne al primo assaggio la provenienza. Viene stilata addirittura una “categoria d’origine“, in base alla quale le tartarughe devono provenire esclusivamente dall’Arabia, le ostriche dalla Britannia, le melagrane dall’Egitto, il prosciutto dalle Gallie e le verdure dalla Spagna. Curiosità: Apicio è solito ingrassare le oche e le anatre con i fichi da cui ricavare il prelibato fois gras. Ed è proprio in questo periodo che il fegato, fino ad allora chiamato icatur, viene definito ficatum, ossia “trattato con i fichi”.
Purtroppo non è semplice replicare le ricette lasciateci da Apicio, perchè spesso sono indicati gli ingredienti senza le quantità e quando ci sono queste sono indicate in unità di misura diverse dalle nostre, come la libbra (327 grammi) e l’oncia (27 gr), oppure molti ingredienti sono diventati introvabili (certe spezie, ad esempio) o non sono per noi commestibili (come gru, pappagalli e ghiri), ma anche perché alcuni ingredienti oggi sono usati in modo diverso (ad es per i romani il riso è un addensante). Ovviamente anche i metodi di cottura moderni sono molto diversi quindi oggi, come l'anno scorso, vedremo alcune ricette di ispirazione romana che saranno riadattate ai gusti, agli ingredienti e ai metodi di cottura attuali.
L'anno scorso abbiamo visto nel dettaglio gli ingredienti base, quest'anno per non ripetermi preferisco concentrarmi sui pasti. Gli ingredienti a disposizione sono circa gli stessi, perchè fino alla scoperta dell'America ci saranno poche novità.
I pasti
Quella romana è una dieta mediterranea quasi vegetariana a base di olio, vino e grano che si evolve nel tempo. In epoca regia e repubblicana la cucina è semplice e povera (parola d’ordine: frugalità, da fruges, prodotti della terra). In epoca imperiale, con lo sviluppo del commercio, arrivano nuovi generi alimentari e la cucina, almeno per i ceti sociali più abbienti, diventa ricca, a volte quasi esagerata (parola d’ordine: lusso), difatti tutti noi se immaginiamo i romani a tavola li vediamo impegnati in pantagruelici banchetti. 
I pasti che scandiscono la giornata degli antichi romani sono 3, come oggi: colazione, pranzo e cena (ientaculum, prandium, coena). La colazione è abbondante ed energetica, oggi diremmo “all’americana”, a base di latte appena munto, pane, formaggio (soprattutto ricotta), salumi, avanzi del giorno prima, dolci (ad esempio le adipata, paragonabili alle nostre brioche o meglio ancora ai maritozzi, cucinate dai fornai, pistor, e vendute a pochi soldi). La colazione si consuma sine mensa, ovvero senza apparecchiare la tavola, o per strada. Rispetto alla nostra colazione manca ovviamente il caffè. Il pranzo, si consuma in piedi e velocemente, spesso nelle osterie e taverne, i thermopolia, che potremmo paragonare ai nostri fast food, dove non solo è più comodo e sbrigativo che mangiare a casa, ma spesso anche più economico (dobbiamo anche considerare che non tutte le case avevano una cucina come oggi). Il pasto più importante della giornata è quindi la cena, che si consuma a casa propria o di altri, con familiari e amici, e che riflette il piacere dei romani per lo stare a tavola (ci riferiamo ai ceti più abbienti). I banchetti diventano uno status symbol e un'occasione sociale per accordi politici ed economici, per vedere e farsi vedere, per tessere relazioni sociali e ostentare la propria ricchezza. I romani ricchi organizzano banchetti molto di frequente, ma non è solo un’abitudine, è piuttosto una regola sociale. Col tempo diventano così esagerati che vengono varate addirittura delle leggi, le Leggi Suntuarie o cibarie, proprio con lo scopo di limitare gli eccessi e l’ostentazione anche sul piano alimentare (regole sul numero massimo di commensali, di spesa, di ingredienti, che però non vengono mai rispettate). Lucullo ancora oggi viene ricordato come simbolo di questo sfarzo sfacciato da cui l’aggettivo luculliano.
Il banchetto e il triclinio
Il banchetto si consuma prima del calar del sole, quindi l’ora cambia a seconda delle stagioni, nel triclinium ossia nel locale dedicato al consumo della cena che prende il nome dal suo arredo principale, il triclinium appunto, un letto a 3 posti su cui stanno sdraiati i commensali. I triclini sono disposti a ferro di cavallo e nel centro viene servito il cibo già porzionato su grandi vassoi. Gli ospiti stanno stesi appoggiati al gomito sinistro e si servono con la mano destra. Quella di cenare sdraiati è una moda greca importata nel II sec. a. C. che resta comunque prerogativa dei ricchi, i poveri mangiano seduti. Inutile ricordare che l’alimentazione è fortemente differenziata in base al ceto sociale e alla disponibilità economica (vale il detto del filosofo greco Diogene: “il momento migliore per mangiare è, se uno è ricco, quando vuole, se uno è povero, quando può”). Le ville più sontuose hanno più sale da banchetto, ad esempio triclinium estivo, invernale, esterno o interno, tutti riccamente decorati e impreziositi. Il triclinium rappresenta la gerarchia sociale anche nell'assegnazione dei posti a tavola che non è mai casuale; perfino il cibo o il vino possono essere diversi a seconda dei commensali, il che non è assolutamente considerato discriminatorio, è semplicemente lo specchio della società. I commensali indossano una veste comoda, stanno scalzi ed entrano nella stanza sempre col piede destro (gli antichi romani sono molto scaramantici). Spesso si portano il proprio tovagliolo che serve anche per portare via gli avanzi (una doggy bag ante litteram!). Si mangia con le mani quindi sono previste coppe di acqua profumata per lavarsele tra una portata e l'altra. Sono messe a disposizione anche alcune posate, come cucchiai, coltelli e stuzzicadenti di argento (con un lato appuntito per i denti e uno ricurvo… per le orecchie!) ma non le forchette (ancora non esistono). Il vino è sempre molto abbondante e bevuto in grandi quantità, viene servito in brocche e bicchieri, è corretto con miele, spezie, frutti rossi, petali di rosa, aghi di pino e anche allungato con acqua. Il banchetto può durare dalle 6 alle 8 ore, prevede infatti molte portate, che tra poco vedremo nel dettaglio, e termina con la commissatio ossia un fine pasto di musica, danze, fiaccolate, ancora vino e, a volte, anche orge.
Il galateo
Il galateo è abbastanza disdicevole tant'è che sono concessi, anzi graditi, rutti e flatulenze, che sono considerati salutari. Siccome il banchetto dura molte ore può capitare che i commensali si facciano portare un pitale “a tavola” per fare pipì o che schiaccino un pisolino. Briciole, ossa, gusci, lische e tutte le parti non commestibili vengono buttate sul pavimento che non è mai spazzato, sempre per scaramanzia (lo possiamo vedere in molti dipinti e mosaici). Infine, per poter mangiare il più possibile, a volte ci si provoca il vomito con una piuma per poter ricominciare a mangiare (Seneca nel I sec con disappunto scrive: “mangiano per vomitare, vomitano per mangiare”). Alla lunga queste abitudini non sono affatto salutari infatti soffrono di indigestione, alitosi, ulcere, ittero ma anche tumori e saturnismo ossia avvelenamento da piombo (usato per le pentole e per dolcificare il vino).
La cucina
Il cibo viene preparato e servito dai servi. La cucina è separata dal resto della casa, per sicurezza (incendi) e per gli odori. E' dimensionata in base alla ricchezza e alla dimensione della famiglia. Il fulcro è il banco di cottura di pietra sul quale vengono poste delle tegole, che trattengono il calore, e quindi le braci. Le pentole vengono poste a contatto o su dei treppiedi. Sotto al bancone è posta la legna da ardere. Questa non brucia nel focolare ma in un forno apposito, usato anche per il pane, i dolci e gli arrosti. E' sempre presente anche un bacino circolare con acqua corrente. I corrispondenti dei nostri piccoli elettrodomestici sono una macina manuale ad andamento rotatorio (per legumi e cereali) e il mortaio. Le pentole sono di terracotta o di bronzo e quelle fondamentali sono l'olla con coperchio (un vaso di terracotta dalla forma panciuta, usato soprattutto per bollire le verdure), la pentola (un paiolo metallico di grandi dimensioni) e il tegame, basso e largo spesso rivestito di argilla per renderlo antiaderente. Le cotture sono sempre lunghe e ripetute, passando spesso da una pentola all'altra.
Il cibo viene acquistato nei negozi alimentari attorno al foro, la piazza, nei mercati specializzati (il forum boarium per il bestiame, pescarium per il pesce, olitorium per frutta e verdura) e nei granai (per cereali e legumi). Tra gli esercizi commerciali vale la pena annoverare il pistrinium, il panificio, per pane, focacce e dolci. Il pane è di varie qualità, impastato con varie tipologie di frumento, soprattutto col farro, con aggiunta di semi, frutta secca, miele, latte, ricotta. Il pane ha sempre una forma rotonda a spicchi perchè viene “segnato” prima di essere infornato così da poter essere poi comodamente spezzato con le mani (questo cibo non deve mai essere toccato da una lama tagliente, sempre per scaramanzia). Il pane dura molti giorni quindi viene poi intinto in olio, vino o nella zuppa. Tra i pani più famosi vale la pena ricordare il libum, a base di ricotta e cotto su foglie di alloro, e il panis artolaganus, un pane delle feste molto ricco, con miele, mandorle e uvetta. Una curiosità: esiste anche un pane destinato ai cani, fatto con la crusca, il panis furfureus. Nel foro è presente anche la mensa ponderaria (pesa pubblica) con una bilancia e/o una stadera per verificare i pesi delle merci così da prevenire le frodi commerciali, ma anche sanitarie e alimentari. L'olio, proprio come oggi, è uno dei beni più adulterati: spesso è allungato con lardo liquefatto e “aggiustato” con spezie e radici.
Il menù del banchetto
Roma ha creato la prima grande cultura europea del cibo, ha inventato la ristorazione veloce (l’antenato del fast food coi thermopolia) e l’aperitivo con le gustatio (vedi oltre), ha fatto fiorire la tradizione dei grandi cuochi ponendo le basi della raffinata cucina italiana. Ricostruire oggi un banchetto romano è un’operazione multidisciplinare nella quale rientrano gli scavi archeologici e i loro reperti, le rappresentazioni da affreschi e mosaici, i testi letterari, gli epigrammi e i poemi, i trattati di agricoltura e i ricettari veri e propri, come appunto quello di Apicio.
Il banchetto prevede di norma 7 portate suddivise in antipasti e stuzzichini (gustatio), i primi, le carni e i pesci e quindi i dolci (secunda mensa, così chiamata perché a questo punto si cambia il piatto). Inoltre una cena che si rispetti va “ab ovo usque ad mala” (Orazio), ossia dall'uovo fino alle mele, alla frutta (che è diventato anche un proverbio per dire “dall’inizio alla fine”). Il gusto prevalente è agrodolce, una cucina mimetica, una commistione di sapori, soprattutto aceto e miele. Sono largamente utilizzate le spezie e le erbe aromatiche, per impreziosire e arricchire tutte le pietanze (ma anche per camuffare i sapori di ingredienti mal conservati). E’ una cucina curiosa e sperimentale che sfrutta tutti gli ingredienti commestibili a disposizione, tra i più particolari vale la pena ricordare le tartarughe, le mammelle e le vulve di scrofa, i ghiri e qualsiasi tipo di volatile, cigni, fenicotteri, aironi, pavoni, pappagalli. In questa ottica le salse assumono un ruolo centrale perché con esse si possono ottenere una varietà infinita di pietanze. Le salse vengono chiamate ius, nel significato di mescolanza e guazzabuglio, la stessa parola che viene usata per le leggi (...). Si preparano salse per la carne, per il pesce, per le fritture, salse calde, salse fredde a base di numerosi ingredienti e spezie esotiche, rare e costose. La salsa non ha soltanto lo scopo di stupire per la varietà e la combinazione dei sapori ma anche evidenziare l’agiatezza dell'organizzatore del banchetto. Tutte le salse hanno tre ingredienti comuni: il miele, il pepe e il garum. Il garum è un condimento, l'antenato della nostra colatura di alici, ha origine greca, è prodotto dalla fermentazione del pesce azzurro e delle sue interiora sotto sale (per molti giorni al sole), quindi ha un sapore forte e pungente, molto sapido e intenso. Si utilizza puro o miscelato con acqua, vino o aceto. Viene aggiunto per dare sapidità a tutti gli altri ingredienti.
Le ricette
Dopo questa lunga ma necessaria introduzione arriviamo al dettaglio delle ricette che ho scelto per oggi. Non potendo dilungarmi per 7 ore come in un banchetto romano, ho deciso di illustrare 4 ricette: un antipasto, un primo, un secondo e un dolce.
Come antipasto ho pensato ad un’insalata di uova sode (molto usate e considerate inizio obbligato di ogni banchetto) e cicoria (una della verdure più apprezzate perché considerata curativa) condita con una salsa a base di acciughe (garum), olio di oliva, aceto, miele, pepe.
Come primo le lagane, le antenate delle nostre lasagne, costituite da strati di pasta di farina e acqua tirata molto sottile a mattarello e cotta al forno (simili al pan carasau sardo) poi farcita a strati con verdure e legumi (porri e ceci) e ripassata in forno (a proposito di primi bisogna tener presente che i romani non usano la pasta secca nè la pasta all’uovo bollite in acqua, il primo più diffuso resta la zuppa, puls). Curiosità: in alcune regioni del sud italia il matterello si chiama ancora oggi laganaturo e si cucinano ancora lagane e ciceri (ceci).
Come secondo un volatile, non un pappagallo o un cigno, ma un’anatra accompagnata da una salsa apiciana agrodolce a base di spezie e datteri (l’antenata della Worcester, una salsa dolce e salata che può accompagnare qualsiasi cosa, carne e pesce). I datteri sono i frutti più antichi coltivati dall’uomo, fondamentali perché molto energetici. (Si narra che Alessandro Magno durante la sua spedizione in Asia fu costretto a fermarsi in un’oasi nel deserto con i soldati stremati. Un saggio locale offrì loro dei datteri e questi si sentirono subito rinvigoriti tanto che Alessandro Magno ordinò che palme da dattero fossero piantate in tutte le sue provincie.)
Per finire un dolce con un ingrediente importato dai sarmati. Mi sono divertita a immaginare che nella cucina per il nostro banchetto ci sia un cuoco di origine sarmata che cucina secondo le sue tradizioni una frittella a base di kefir, un pancake ante litteram accompagnato da miele, semi di papavero e mele. Ab ovo usque ad mala!
Con queste parole tratte dalle Satire II 8, il poeta Orazio descrive un banchetto per un’occasione importante, poco prima della fine del I secolo a.C.
“Come antipasto cinghiale lucano:
era stato cacciato al levarsi dello scirocco,
così diceva il padrone di casa;
A far da contorno ravanelli piccanti, lattuga, radici, cose da stuzzicare
Lo stomaco svogliato, raperonzoli, salsa di pesce e vino di Coo.
Sparecchiata questa portata,
Un valletto in veste succinta
Deterse con uno straccio color porpora
Il piano d’acero della mensa…
…. Mangiavamo uccelli, frutti di mare, pesci,
Che nascondevano un gusto diverso da quello consueto…
… come quando mi furono serviti
Filetti di rombo e di pesce passero
Di un sapore per me inusitato…
… Viene allora servita, lunga distesa nel piatto,
Una murena, guarnita di gamberetti in umido.
E subito l’anfitrione: “E’ stata presa gravida,
Perchè una volta deposte le uova,
La sua carne sarebbe peggiorata”.
(Orazio, Satire II 8, Mario Ramous, Garzanti, 1987)
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notiziariofinanziario · 11 months
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Federico Marchetti presenta il libro: Le avventure di un innovatore
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Il fondatore di YOOX, Federico Marchetti presenta il libro Le avventure di un innovatore alla Sala Corelli del Teatro Alighieri di Ravenna. Marchetti sarà in dialogo con Michele de Pascale, Sindaco di Ravenna. Modera Valerio Baroncini Vicedirettore del Resto del Carlino. In Le avventure di un innovatore, Federico Marchetti, affiancato dalla giornalista Daniela Hamaui, ripercorre la sua storia personale, quella di un ragazzo di provincia che va a studiare in America, si innamora del Web e torna in Italia per fondare la sua azienda: YOOX. La sua vita è piena di imprevisti, casualità, sliding doors, successi ma anche tanti errori che è quasi impossibile evitare. Partito da un magazzino alla periferia di Bologna, lo trasforma nel primo e-commerce della moda al mondo; in mezzo svela com’è riuscito ad acquisire il suo più acerrimo concorrente, Net-a-Porter, incontrare i protagonisti del fashion, i giganti del tech e diventare consigliere di Re Carlo III. L’innovazione è alla base del successo della sua impresa diventata il primo «unicorno» italiano ed è anche il talismano che gli consente di inventare nuovi progetti per il presente e il futuro. Il suo impegno riguarda oggi una delle più grandi sfide del nostro tempo: la crisi climatica. Presidente della Task Force globale per la moda sostenibile, racconta qui come è possibile vincere questa missione mettendo insieme tecnologia, umanesimo e intelligenza artificiale. È un viaggio alla scoperta di idee ambiziose e azioni concrete. Federico Marchetti (1969), dopo un master alla Columbia Business School, capisce che il digitale sta esplodendo in America, ma invece di tentare la sorte lì decide di portare in Italia l’innovazione di cui ha sentito il profumo a New York, facendola sposare a qualcosa che di più italiano non si può: la moda. È così che nasce YOOX, primo unicorno tecnologico e, dopo la fusione con Net-A-Porter, leader mondiale dell’e-commerce di fashion. Nel 2021, dopo ventun anni, Marchetti lascia la guida della sua azienda per occuparsi di sostenibilità e difesa dell’ambiente. Oggi è presidente della Fashion Task Force della Sustainable Markets Initiative, fondata da Re Carlo III, in un progetto di trasformazione della moda verso un futuro green che riunisce CEO di tutto il mondo. Fa parte del Consiglio di Amministrazione della Giorgio Armani. Nel 2017 ha ricevuto dal Presidente della Repubblica la nomina di Cavaliere del Lavoro. Ingresso libero fino ad esaurimento posti. L'evento è previsto per oggi alle ore 18:00. Read the full article
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personal-reporter · 1 year
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Joshua Reynolds, raccontare la campagna inglese
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Uno dei pittori simbolo del Settecento europeo… Joshua Reynolds nacque il 16 luglio 1723 a Plympton, nel Devonshire, figlio di un pastore protestante ed di un insegnante di scuola. La sua famiglia, che aveva forti legami con la chiesa e l'aristocrazia locale, lo incoraggiò a disegnare e a dipingere fin dalla prima giovinezza, inoltre Joshua lesse gli autori classici, Plutarco, Seneca e Ovidio ma anche Shakespeare, Milton e Pope, poi studiò gli scritti sull'arte di Leonardo da Vinci, di Charles Alphonse Du Fresnoy e di André Félibien. Ma il testo che influì di più sulla sua formazione fu An Essay on the Theory of Painting, del pittore inglese Jonathan Richardson, pubblicato nel 1715. Reynolds nel 1740 fu mandato a bottega presso il pittore Thomas Hudson, anch'egli originario del Devonshire, che lavorava a Londra come ritrattista, dove affinò la sua tecnica. Nell'estate 1743 il pittore lasciò improvvisamente lo studio di Hudson, pare per un litigio di poco conto, ma alla fine tutto si sistemò e i due rimasero in buoni rapporti, tanto che Hudson invitò Reynolds a entrare nel club da lui fondato, con appassionati e collezionisti di disegni degli antichi maestri. Reynolds cominciò a lavorare come ritrattista, dividendosi tra Londra e il Devonshire e guadagnandosi da vivere con i ritratti della piccola nobiltà locale e degli ufficiali di marina di stanza al porto di Plymouth, poi partì per l’Italia passando per il Portogallo, la Spagna e Minorca; Nel gennaio del 1750 Minorca per proseguire verso l'Italia e a Pasqua giunse a Roma, nella primavera 1752 si recò prima a Napoli e poi a Firenze passando per Assisi, Perugia e Arezzo. Da Firenze il pittore passò a Bologna, poi si recò a Venezia, passando per Modena, Parma, Mantova e Ferrara ed iniziò il viaggio di ritorno in Inghilterra nell'estate del 1752, accompagnato da un giovane allievo italiano, Giuseppe Marchi, che aveva conosciuto a Roma. Rientrato in Inghilterra, Reynolds volle dimostrare l’impatto del suo soggiorno in Italia sulla sua arte, infatti dipinse il ritratto esotico di Marchi e quello eroico di Augustus Keppel, dove la posa si ispirava alla statuaria antica mentre il colore richiama la pittura del Tintoretto. Nel 1760 l'artista si trasferì in Leicester Square, dove visse per il resto della sua vita, installando nello stesso edificio l'abitazione, lo studio e la galleria di dipinti. Nei primi anni Sessanta, oltre a esporre presso la Society of Artists, Reynolds ne diresse gli affari; ma attorno alla metà del decennio la società fu turbata da un clima di rivalità scatenatosi tra i suoi membri e il comitato direttivo Alla fine i contrasti portarono all'abbandono dell'istituzione da parte dei principali artisti, che, nel 1768, fondarono la Royal Academy of Arts, con il patronato di re Giorgio III, poi Reynolds accettò la carica di presidente della nuova Academy e ricevette la nomina a cavaliere nel palazzo di St. James. Quando divenne presidente dell'Academy, Reynolds ebbe il compito di tenere in quella sede una conferenza annuale, poi biennale,  sulla teoria dell'arte. Negli anni Settanta il pittore espose circa cento dipinti alla Royal Academy, tra cui i ritratti di amici, attori, scienziati, uomini di chiesa, aristocratici e bambini. Quando nel 1780 la Royal Academy tenne la sua prima esposizione a Somerset House, edificio da poco costruito su progetto di sir William Chambers. Reynolds presentò sette quadri, tra cui uno ritratto a figura intera di Lady Worsley in abbigliamento militare da cavallerizza, un ritratto di Edward Gibbon e una figura allegorica della Giustizia che era una delle sue composizioni per una vetrata del New College di Oxford. Negli anni Ottanta Reynolds si ispirò all'arte fiamminga e olandese, soprattutto dopo avere visitato quelle regioni nella tarda estate del 1781. Il 1 ottobre 1784 Reynolds fu nominato primo pittore del re, in seguito alla morte di Allan Ramsay. Negli anni che seguirono, il pittore dovette affrontare un'opposizione sempre più aspra all'interno dell'Academy, dalla quale uscirono alcuni artisti importanti, tra cui Thomas Gainsborough e, per rilanciare l'immagine pubblica dell'Academy, espose novantasei quadri tra il 1784 e il 1790, anno in cui si ritirò a vita privata. Reynolds morì il 23 febbraio 1792 ed è sepolto nella cattedrale di St Paul. Nel 1813, la British Institution allestì a Londra la prima retrospettiva delle sue opere e, nello stesso anno, venne pubblicata la prima biografia del maestro, scritta dal suo allievo James Northcote. Read the full article
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londranotizie24 · 2 years
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Inigo Lambertini è il nuovo Ambasciatore italiano a Londra
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Inigo Lambertini è il nuovo Ambasciatore italiano a Londra Di Londra Notizie 24 Avvicendamento all'Ambasciata d'Italia a Londra: Inigo Lambertini è il nuovo Ambasciatore e subentra a Raffaele Trombetta. Inigo Lambertini è il nuovo Ambasciatore italiano a Londra Avvicendamento alla guida dell'Ambasciata italiana a Londra: da ieri, 6 ottobre, il nuovo Ambasciatore nel Regno Unito è Inigo Lambertini, che succede nell'incarico all'Ambasciatore Raffaele Trombetta. Sua Eccellenza Inigo Lambertini - che è il diciannovesimo ambasciatore italiano nel Regno Unito dalla fonazione della Repubblica e il trentaseiesimo dall'Unità d'Italia, nonché il primo a presentare le sue credenziali al nuovo Re Carlo III - arriva a guidare gli uffici al numero 14 di Three Kings Yard dopo essere stato Vice Capo Delegazione Italiana al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e co-presidente del Consiglio di Sicurezza, poi a Rma Capo del Cerimoniale Diplomatico della Repubblica. Sul suo mandato, l’Ambasciatore Lambertini ha dichiarato che avviene “in un momento storico unico, con cambiamenti epocali in divenire accompagnati dall’elegante rispetto di tradizioni secolari”, e che il suo orientamento nel dirigere la Sede sarà basato su “pragmatismo, tutela degli interessi dei tantissimi connazionali e delle imprese italiane presenti nel Regno Unito, dialogo politico e culturale continuo con l’obiettivo di rafforzare la profonda amicizia che unisce Italia e Regno Unito”. https://twitter.com/ItalyMFA_int/status/1578057007248154624?s=20&t=D6MP6OsKGtXhGqmBJge7gA Chi è Inigo Lambertini Nato a Napoli il 10 giugno 1959, Lambertini ha il grado di Ambasciatore dal 2021, parla fluentemente italiano, inglese, francese, spagnolo e portoghese, è sposato, ha due figli, ed è appassionato di storia, opera e calcio. Si è laureato con lode in Giurisprudenza nel giugno 1983 presso l’Università Federico II di Napoli. Dal 1984 al 1985 è Ricercatore presso l’Université Libre de Bruxelles in Belgio, fondata dal Consiglio Nazionale delle Ricerche italiano (C.N.R.). Ecco le principali tappe della sua carriera diplomatica, che è iniziata nel 1987 con specializzazione economico-commerciale. Dal 1987 al 1991 è assegnato alla Direzione Generale per gli Affari Economici del Ministero degli Affari Esteri. Dopo aver ricoperto il ruolo di incaricato d’Affari presso l’Ambasciata d’Italia nella Repubblica Democratica del Congo, si è trasferito in Brasile, dove dal 1993 al 1997 è stato a Capo dell’Ufficio Commerciale dell’Ambasciata. Dal 1997 al 1999 ricopre la funzione di Consigliere alla Rappresentanza Permanente d’Italia presso l’UE a Bruxelles, mentre dal 1999 al 2001 è Consigliere presso l’Unità di Coordinamento della Segreteria Generale del Ministero degli Affari Esteri. Nel 2001 si trasferisce a Washington, dove fino al 2005 è Consigliere per gli affari interni dell’Ambasciata e successivamente Primo Consigliere. Dopo gli Stati Uniti, dal 2005 al 2009 è Vice Rappresentante Permanente d’Italia presso l’OCSE a Parigi. Nel gennaio 2009 è promosso al grado di Ministro Plenipotenziario. Nel 2014, è nominato Vice Rappresentante Permanente d’Italia presso le Nazioni Unite, con titolo e rango di Ambasciatore. Nel 2017 è Vice Capo Delegazione Italiana al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dove, nel novembre dello stesso anno, co-presiede il Consiglio di Sicurezza. Dal 24 luglio 2018 è stato il Capo del Cerimoniale Diplomatico della Repubblica, ruolo che ha ricoperto fino all’arrivo a Londra. L'Ambasciatore Lambertini è Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana e Cavaliere del Sacro Militare Ordine Costantiniano di San Giorgio e del Real Ordine di Francesco I. ... @ItalyinLDN Continua a leggere su Read the full article
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Alicent hightower è una donna complicata.
Nel profondo è una donna buona.
Che è diventata molto amara e molto inviperita nel corso degli anni perché come unici veri alleati le erano rimasti solamente Criston Cole che è troppo arrabbiato e deluso da rhaenyra per consigliarle bene e Larys Strong che è fondamentalmente sul livello di Ditocorto o peggio Ramsey Bolton.
Ha scelto male i suoi consiglieri?
Certo ma erano le uniche persone che aveva.
Con Otto andato via non aveva nessuno che poteva aiutarla.
E il seme del dubbio del fatto che Rhaenyra potesse ferire la sua famiglia per le circostanze è divenuto un problema che deve risolvere.
Ha fatto sicuramente molti errori ed inasprito delle situazioni che potevano essere risolte.
Ma non ha torto nel considerare un grosso problema il fatto che Rhaenyra e Harwin abbiano avuto non 1, non 2, ma ben 3 bastardi sia un grosso problema.
Non è maschilismo in questo caso.
È solo una pessima decisione su più livelli.
Lyonel Strong stesso, il primo cavaliere del re e probabilmente la persona più onesta e retta del reame,è furioso con Harwin e vuole allontanarlo da Rhaenyra.
Cersei e Jaime nel futuro con i loro figli hanno rischiato la forca e scatenato una guerra spaventosa per il fatto che erano bastardi.
Rhaenyra ha indebolito la sua situazione su più livelli.
Se fosse in un mondo più moderno non sarebbe un problema.
Ma ricordiamo che più volte capi di stato sono stati condannati per queste questioni provati.
Ricordiamo ad esempio Bill Clinton
E Harwin ha rotto più volte il suo giuramento.
Il problema è che già i lord e il popolo sono ostili a Rhaenyra per essere donna.
E non è giusto ovviamente.
Ma la futura erede che viola costantemente il giuramento del matrimonio con nessun probabile erede legittimo e poche capacità politiche perché rhaenyra non si è nemmeno preoccupata di nascondere la situazione sposata con un leanor che molti pensano essere omosessuale e che non lo nasconde dato che si sa che è nel fondo delle pulci a fare quello che vuole...
Non mette proprio in una bella posizione Rhaenyra.
Soprattutto agli occhi di Alicent che si è esposta all inizio per lei più volte e si è incattivita perché Rhaenyra le ha mentito più volte.
Alicent ha fatto male a rifiutate l accordo di matrimonio dei figli?
Si certo avrebbe probabilmente risolto la danza.
Ma nei fatti non ha motivo di fidarsi della parola di Rhaenyra.
Vi fidereste della vostra ex migliore amica che dopo essere stati costretti a sposare il padre di essa si è isolata per anni e dopo tentativi di aiutarla e di fare pace riuscite a farlo solo per poi subito dopo scoprire che la suddetta migliore amica si è messa in una situazione caotica che avrebbe potuto mettere tutti in una brutta situazione e scopri che ti ha mentito su di essa giurando sulla madre morta e spingendo tuo padre, il tuo unico aiuto, lontano da te e senza lavoro?
Soprattutto in virtù del fatto che suddetta ex migliore amica ha un attrazione e ha come più valido alleato per un uomo che odia tuo padre e ha ferito gravemente tuo fratello?
Tale figuro può aver convito la tua ex migliore amica a far del male ai tuoi figli.
Ti fideresti di quello che dice?
Soprattutto se continua a mentire e rompete i giuramenti reali sotto gli occhi di tutti?
Se devo essere onesto non mi fiderei.
Data la complessa situazione.
E Alicent non ha solo questo.
Ha come principali alleati un cavaliere che ha rancori personali che stanno alimentando inconsapevolmente le ostilità e un uomo che ha letteralmente compiuto un patricidio e un fratricidio manipolando dei carcerati per manipolarla.
Alicent non ha mai nemmeno minimamente accennato che larys doveva compiere atti così atroci.
Era terrorizzata da quello che ha fatto.
E siamo a 10 anni dove questi sono i principali alleati di Alicent.
10 anni in cui viserys mostra palesi favoritismi a favore di rhaenyra.
10 anni in cui il concilio ristretto è un campo di battaglia e dove ogni minima decisione è una lotta.
Sia Alicent che Rhaenyra hanno punti in favore sulle loro discussioni ma probabilmente è estenuante avere a che favore con la principessa e la regina .
Anche e soprattutto per la principessa e la regina stessa.
Soprattutto in virtù del fatto che Rhaenyra ha preferito soffrire e sforzarsi dopo il parto quando tutti compresa Alicent stessa le hanno detto che doveva riposare, ha preferì un danno a sé stessa piuttosto che lasciare che Alicent e Viserys, che era lì vicino, vedessero la bambina.
Questa è sfiducia.
Quindi perché Alicent dovrebbe essere nuovamente la persona che cerca di conciliare la situazione quando non può fidarsi di Rhaenyra e quando Rhaenyra mostra che preferirebbe farsi del male piuttosto che fidarsi di lei?
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"La Setta degli Elementi"
La scrittura ogamica
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Secondo i celti, ciascuna cosa aveva il suo corrispettivo negli alberi, utilizzavano infatti l’Ogham, un tipo di alfabeto che racchiudeva significati mistici e dove ogni lettera simboleggiava un tipo diverso di albero.
La scrittura ogamica ha un aspetto particolare, in quanto è formata da una lunga linea, ai cui lati, o attraverso la quale, si dispongono delle tacche che vanno da una a cinque.
Tale sistema formato da tacche poteva essere utile anche per comunicare in modo cifrato, infatti alcuni ricercatori hanno individuato una corrispondenza tra le quattro serie di cinque caratteri dell’alfabeto ogamico e le dita della mano, che sono cinque, dotate di tre falangi, quindi di quattro spazi (includendo la punta del dito) che era possibile indicare, per trasmettere un messaggio in codice.
Ogham craobh significa Scrittura arborea.
Le consonanti:
- Beith: associato alla betulla, l’albero degli inizi, il primo a mettere le foglie e perciò il primo a comparire in questo alfabeto.
Per propiziare l’anno nuovo si usava scacciare lo spirito dell’Anno Vecchio proprio con verghe di betulla.
Il suo mese lunare va dal 24 dicembre al 20 gennaio, proprio il periodo appena successivo al solstizio invernale.
- Luis: il sorbo selvatico, famoso per le sue bacche di un rosso acceso.
Per i greci questo colore era associato ai morti, e infatti il sorbo è l’albero del risveglio e del ritorno alla vita.
Il suo mese lunare va dal 21 gennaio al 17 febbraio, e circa a metà di questo lasso di tempo si trova Imbolc, la celebrazione del ritorno della luce.
- Nion: il frassino
Le verghe (bastone) dei druidi erano fatte di questo materiale, inoltre Yggdrasil, l’albero del mondo nell’immaginario norreno, era proprio un enorme frassino.
Per i greci era una pianta sacra a Poseidone, il dio dei mari, e infatti nel Galles si usa costruire i remi a partire da questo legname.
Il suo mese lunare va dal 18 febbraio al 17 marzo, periodo delle piene, in cui l’elemento acquatico raggiunge la sua massima potenza.
- Fearn: l’ontano, albero oracolare che cresce sulle rive delle isole fluviali un tempo sede di santuari dove risiedeva un oracolo.
Quando viene tagliato, il suo tronco si tinge di rosso, quasi stillasse sangue, inoltre le sue foglie sono ricoperte da una patina viscosa che le rende impermeabili, pure il suo legname resiste bene all’acqua e per questo era utilizzato per i pilastri delle palafitte.
Il suo mese lunare va dal 18 marzo, quando inizia a fiorire, al 14 aprile. In questo periodo avviene l’equinozio primaverile.
- Saille: il salice, albero sacro a Ecate, dea greca connessa all’aspetto magico della Luna.
Il suo è il quinto mese dell’anno, così come si tratta della quinta lettera che stiamo analizzando, ed il V, a Roma, era il numero sacro alla dea lunare Minerva.
Precisamente il suo mese lunare va dal 15 aprile al 12 maggio, momento molto particolare, in quanto si celebrava Beltane, la rinascita della natura, accendendo grandi fuochi e venendo trascinati in festività al termine delle quali si usava cospargersi di cenere e rugiada per propiziare il benessere e la fertilità delle donne e della terra.
- Huath: il biancospino, dai fiori candidi e dalle bacche sanguigne, al quale sono legati i concetti di purificazione e castità.
Il suo mese lunare va dal 13 maggio al 9 giugno.
- Duir: la quercia, uno degli alberi dalla simbologia più forte in assoluto.
Duir è la radice da cui molte lingue anglosassoni hanno fatto derivare la parola porta, ma anche la parola druido trova qui le proprie origini.
Essa, come dice la tradizione, chiama il fulmine, ed infatti è associata a divinità tonanti come Zeus, Giove o Thor.
Il suo mese lunare va dal 10 giugno al 7 luglio, a metà del quale avviene il solstizio d’estate e il re sacro riceve la sua investitura.
- Tinne: l’agrifoglio
Nella mitologia gallese, Sir Gawain, il Cavaliere Verde, era armato di una mazza fatta con questo legname, proprio come il celtico Cu Chulainn.
Talvolta è assimilato ai significati legati al re sacro tipici della quercia, in fondo il dio del tuono presso i Galli si chiamava Tannus, e Tinna quello etrusco.
Il suo mese lunare va dall’8 luglio al 4 agosto.
- Coll: il nocciolo, l’albero dei sapienti e dei poeti. Quest'albero dà frutti dopo nove anni, e il nove è il numero sacro alle Muse ispiratrici.
Fionn, l’eroe celtico, aveva lo scudo fatto di questo materiale.
Il suo mese lunare va dal 5 agosto al 1 settembre.
- Muin: la vite (o, nei luoghi dove questa non cresceva, il rovo)
Pianta legata al vino e alla frenesia, è appannaggio di Dioniso.
La vendemmia avviene nella stagione autunnale, infatti nel suo periodo si celebra l‘equinozio d’autunno.
Il suo mese lunare va dal 2 al 29 settembre.
-Gort: l’edera. Simbolo di rinascita e rinnovamento, forse per il fatto che cresce a spirale e sale verso l’alto.
Il suo mese lunare va dal 30 settembre al 27 ottobre, ultimi momenti buoni per il raccolto, prima del sopraggiungere dell’inverno.
-Ngetal: il giunco
Rappresentava la sovranità del faraone, visto che il suo scettro era fatto di questo materiale.
Era utilizzato per coprire le capanne e fabbricare solidi tetti ed era perciò simbolo di un lavoro concluso secondo la corretta usanza.
Il suo mese lunare va dal 28 ottobre al 24 novembre.
-Ruis: il sambuco, albero connesso alle streghe.
Il suo mese lunare va dal 25 novembre al 23 dicembre, comprendendo il solstizio d’inverno, e da qui si può comprendere la sua associazione con l’oscurità e la magia.
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Le vocali:
Esse rappresentano i giorni dei solstizi e degli equinozi.
-Ailm: l’abete, albero della nascita in molte culture e legato alla figura della divinità femminile e lunare.
Indica il primo giorno dell’anno.
-Onn: il ginestrone, dotato di fiori giallo dorati, come il sole delle prime giornate calde, rappresenta infatti il momento tanto atteso dell’equinozio di primavera.
-Ura: l’erica, dal colore rosso e rosato, che cresce in montagna è collegata al potente sole di mezza estate.
-Eadha: il pioppo bianco, canuto come la vecchiaia e come i giorni sempre più freddi dell’equinozio d’autunno.
-Idho: il tasso, albero della morte.
Con il legno di tasso si costruivano ottimi archi, che avevano lo scopo di uccidere i nemici, e con le sue bacche si ricavava una poltiglia utile per avvelenare le frecce. Alla luce di ciò, non ci stupisce il suo legame con il solstizio d’inverno, il giorno più buio e freddo dell’anno.
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acciowesleyino · 4 years
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meglio così
« Ti ho fatto una cosa » e nel mentre si ferma per frugare nelle tasche alla ricerca di qualcosa. [...] « Tieni » è decisamente più imbarazzato adesso mentre glielo porge, per poi rimettersi le mani nelle tasche con le spalle che si piegano un po` in avanti. Nell`aprirlo Cornelia troverà un paio di orecchini raffiguranti niente popo di meno che... due pezzi della scacchiera: un re nero e una regina bianca. « Mi sembravano adatti » per uscire un po` dal disagio la butta sul ridere. « Questi sono per la principessa dentona in realtà, però diciamo che puoi metterli anche tu » e chiaramente la sta un po` prendendo in giro, anche se poi lo sguardo si fa tutto concentrato a guardarla un po` in ansia per vedere se le piacciono.
Lo guarda frugare con aria a metà tra il confuso e il curioso e quando l’altro le porge il sacchettino, lei sbatacchia appena le palpebre. «Per me?!» palesemente sorpresa mentre alza gli occhi sul coetaneo. E dopo aver scorto il regalo, la prima cosa che fa è sorridere, forse anche lei un po’ imbarazzata da quel gesto inaspettato. «MA Weeeesley!» e sembra rimbeccarlo per aver scelto proprio due pezzi della scacchiera ma subito dopo, a quella precisazione del Tassorosso, la pianta di fare la sostenuta e ammette «Beh, erano effettivamente adatti» alla principessa dentona, intende «Ma se non ti dispiace li metterò io» tutta allegra nel dirlo, sfoderando un sorrisone. Gli occhi che si alzano dagli orecchini al ragazzo «Grazie davvero» sincera nel dirlo «Ma non dovevi…» e ora è lei quella imbarazzata anche se cerca di dissimulare.
« Sono perfetti dai » e non perché si vuole fare i complimenti da solo, ma perché l`idea di regalargli proprio degli orecchini con i pezzi della scacchiera gli è sembrata abbastanza divertente. Per sdrammatizzare. « Mhh sisi puoi metterli » finge pure di fare un po` il sostenuto solo per continuare un po` la presa in giro, però deve mordersi il labbro inferiore per trattenere un sorriso esagerato nel vedere che le sono piaciuti.
Prende, quindi, a frugare nella sua borsa, sicuramente adducata visto che quello che tira fuori è una scatola di medio-grande dimensioni di un bel giallo accesso con una coccarda nera sopra e un bigliettino annesso, che recita “Buon Natale al miglior cavaliere e ad Artie, la star di Hogwarts – Coco”. Ed infine, glielo porge «Ecco» mentre lo sguardo si abbassa perché nonostante sia curiosa della reazione è anche imbarazzata visto che non aveva previsto di assistere alla scena ma niente è andato secondo i piani, quindi. Una volta aperta la scatola, Wesley troverà un maglione di lana, di un bel rosso acceso, dallo stile palesemente natalizio con tanto di neve animata che scende verso il basso e al centro c’è una grande “W” bianca. Oltre a questo primo maglione ce n’è uno identico per colore e decorazioni ma decisamente più piccolo e con un “A” al centro. Palese che sia la versione per il fidato amico del Tassorosso. Conclude il regalo un sacchettino di velluto rosso pieno zeppo di caramelle e dolci di Mielandia. Attaccato a questo un ennesimo biglietto con su scritto “Non finirli tutti” e pure una faccina animata che fa l’occhiolino.
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« Comunque ti devo dire tipo una cosa » sarà l`entusiasmo o sarà il Natale imminente ma lui c`ha qualcosa da dire. Ma non lo dice mica subito seh. Si stringe la scatola sul fianco accantonando pure per un attimo i dolcetti.
Quell’annuncio su una cosa da dire la sorprende, alza lo sguardo sull’altro «Eh» sembra il suo permesso a parlare ma poi aggiunge anche «Cosa? Dimmi tutto» interessata, curiosa ma senza mettergli fretta. Per ora.
« C`hai presente che ti ho detto che non volevo baciare nessuna al gioco della bottiglia? » inizia così, sul vago mentre il piede inizia a battere un po` per terra in un gesto un po` nervoso. « Beh in realtà una c`era » continua questo suo racconto girando ancora un po` intorno alle parole che vuole dirle. Però quelle parole ancora non gli escono e nel frattempo la guarda sollevando le sopracciglia, quasi a volerle far capire qualcosa. Infondo Cornelia è una Corvonero, potrebbe arrivarci sicuramente. « Vabbe vaffangramo lo faccio adesso » con le parole non gli riesce quindi si fa prendere da un impeto più coraggioso, sicuramente a Grifondoro sarebbero fieri di lui. E quindi, con ancora le guanciotte un po` rosse e i regali in mano, sposta il sacchetto sopra la scatola contenente i maglioni che tiene con la mano sinistra per lasciare la destra libera. Fa giusto un passettino in avanti alzando il braccio libero per far fermare la mano sulla guancia di lei e poi le si avvicina col viso quel tanto che basta per riuscire a stamparle un bacio sulle labbra. Non le dà neanche modo di capire cosa sta facendo forse, ma l`altra avrà comunque il tempo di scansarsi in caso. Il bacio che le dà comunque non ha nulla di complicato, è già tanto che sia riuscito a provare a stamparle quel bacetto casto sulle labbra senza morire di imbarazzo.
Non dice nulla nemmeno quando lui s’interrompe e sembra girare intorno a quello che vuole realmente dire. E probabilmente ha già capito ma non fa niente per togliere l’altro dalla situazione difficile ma increspa le labbra in un mezzo sorriso ma non fa niente, rimane in attesa. Finché non arriva quel bacetto leggero, veloce che lei accetta senza nemmeno pensare di tirarsi indietro. Gli occhi che sfarfallando appena e quando quel piccolo contatto d’interrompe mormora solo «Meglio così che per il gioco della bottiglia» lo afferma ma c’è anche una vena interrogativa nella voce.
La frase di lei lo lascia in silenzio per qualche secondo, mentre distoglie momentaneamente lo sguardo perché mantenere tutto quel contatto visivo è un po` too much per lui. « Mhh si decisamente meglio » alla fine ribatte e lui non c`ha nessuna vena interrogativa nella voce. « Un sacco meglio » anzi continua a ribadire mentre fatica a trattenere quel sorrisetto che vuole spuntargli sulle labbra. [...] Il sorrisetto di sicuro non gli si leva dalla faccia per un bel po`.
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forgottenbones · 4 years
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Rebus
1. Definizione
Il rebus è un gioco enigmistico (➔ enigmistica) che propone un insieme di lettere e figure in una successione ordinata oppure nel contesto di un’illustrazione. Se sono correttamente combinate e interpretate secondo le regole di genere del gioco, lettere e figure si risolvono in un’espressione linguistica preordinata dall’autore.
2. Tecnica del rebus
Il rebus italiano contemporaneo si presenta come una vignetta in cui alcuni soggetti sono contrassegnati da una, due o tre lettere. Il solutore ha anche a disposizione (nell’intestazione del gioco) un diagramma numerico che riporta il numero delle lettere che compongono le parole della cosiddetta frase risolutiva (o seconda lettura). A volte il rebus viene corredato da un doppio diagramma, in cui è indicato il numero delle lettere che compongono le parole della chiave (o prima lettura). Dalla prima alla seconda lettura si passa con il procedimento di risegmentazione tipico delle ➔ sciarade e delle frasi doppie.
Un’illustrazione che riporti, da destra verso sinistra, un palmipede contrassegnato dalle lettere GI e un’insenatura contrassegnata dalle lettere MA (Rebus, 6, 1, 4) può essere risolta come segue:
(1) (prima lettura) GI oca, rada MA = (seconda lettura) Giocar a dama
Ogni elemento contrassegnato dalla vignetta deve comparire nella prima lettura del rebus, o per quel che è (un’oca, una rada) o per quello che fa. In un rebus che si risolvesse come segue:
(2) (prima lettura) G alle sei RL a N dà = (seconda lettura) Galles e Irlanda
è indifferente chi sia G, chi sia N e cosa sia RL: G può essere un postino che consegna alla casalinga N il plico RL; G può essere uno staffettista che passa al suo compagno N il testimone RL; G può essere Dio che consegna a Mosè N le Tavole della Legge RL. In ognuna di queste realizzazioni, o delle innumerevoli alternative possibili, il rebus è valido.
Fino agli anni Cinquanta del Novecento alcune oscillazioni terminologiche assegnavano a volte al rebus detto di relazione il nome di rebus crittografico o crittografia (ingenerando ambiguità con un’omonima famiglia di giochi enigmistici non illustrati). Oggi la tendenza dominante denomina come rebus ogni gioco enigmistico illustrato, in cui cioè una sequenza linguistica interpreta una scena rappresentata figurativamente (per denominazione, per relazione o nelle due modalità combinate).
3. Archeologia del rebus
Il gioco del rebus ha radici nelle antiche forme di scrittura pittografica e ideografica in cui la notazione di un concetto prevedeva la sua rappresentazione figurativa: forme che a volte sono state designate dagli storici della materia come scritture-rebus (cfr. Diringer 1969). Già in epoca antica era possibile che elementi linguistici privi di una propria raffigurazione univoca, come per es. i nomi propri, venissero scomposti in segmenti invece raffigurabili. Così la tavoletta che raffigura il faraone Narmer (III millennio a.C.) lo nomina attraverso i disegni di un pesce (nar) e di uno scalpello (mer).
Il passaggio alla scrittura alfabetica decretò l’abbandono dell’iconismo diretto della rappresentazione, ma d’altro lato rese ancora più evidenti le possibilità di scomposizione delle sequenze alfabetiche; quando Cicerone saluta un corrispondente in questo modo:
(3) Mitto tibi navem prora puppique carentem («Ti mando una nave priva di prua e di poppa»: n-ave-m)
costruisce una sorta di rebus tutto linguistico, in cui il lato figurativo è lasciato all’evocazione del tropo analogico (la prima e l’ultima lettera di navem come la prua e la poppa di una nave).
L’aspetto linguistico e l’aspetto figurativo si congiungono sulla scena del sogno. Il primo trattato sull’interpretazione dei sogni, l’Onirocritica di Artemidoro di Daldi (II sec.) riferisce il responso che Aristandro diede a un sogno di Alessandro Magno. Impegnato nell’assedio della città persiana di Tiro, Alessandro aveva sognato un satiro danzante sopra uno scudo. Aristandro ne aveva tratto un auspicio favorevole: Satyros = sa Tyros «Tiro è tua»: una perfetta sciarada, o frase doppia. L’Interpretazione dei sogni (1901) di Sigmund Freud riprenderà e approfondirà questo tema, distinguendo fra contenuto manifesto e contenuto latente, e definendo il sogno come un «indovinello figurato» (Freud 1899). Come ha poi dimostrato François Lyotard (1971), Freud stava facendo diretto riferimento al gioco delle rätselhafte Inschriften («iscrizioni enigmatiche»), una sorta di rebus epigrafico che all’epoca di Freud compariva sulla pubblicazione viennese «Fliegende Blätter». Un analogo raccostamento è stato poi operato da Jacques Lacan, che ha assimilato il sogno al gioco salottiero della sciarada, chiamata charade en action.
Il principio linguistico della sciarada (scomposizione di un’espressione in sillabe o altre unità che si scoprono dotate di senso proprio) e il principio verbo-visivo del rebus (rappresentazione iconica di unità linguistiche) si trovano combinati anche nell’immediato antecedente del rebus: l’impresa rinascimentale (per la quale si rinvia a Praz 1946). Del rebus l’impresa ha innanzitutto l’intento criptico: a differenza degli emblemi manieristi e barocchi, rivolti a un pubblico anche analfabeta (e per questo intento ripresi anche dalla catechesi gesuitica), le imprese realizzavano una comunicazione criptica. Il loro carattere non era universale, ma particolare: intendevano rappresentare in modo incomprensibile ai non adepti l’intenzione segreta, il movente intimo delle azioni di un cavaliere, il suo motto personale o familiare. Vicino al ritratto dell’amata, Orazio Capete Galeota conservava un’impresa in cui una tigre si specchia in una sfera di vetro, con il motto fallimur imagine «siamo ingannati dall’immagine»: l’impresa si spiega grazie a un racconto di sant’Ambrogio in cui i cacciatori ghermiscono un cucciolo di tigre e gettano una sfera di vetro alla madre, che scambierà la propria immagine riflessa e rimpicciolita con quella del figlio, consentendo ai cacciatori di allontanarsi. Solo l’erudizione e la conoscenza diretta dell’interessato consentiva di cogliere il contenuto criptico dell’impresa.
Oltre al meccanismo perfettamente concettuale dell’impresa era disponibile una rappresentazione per segmenti linguistici. Una prima forma, moderata, segmentava le sequenze conservando l’omofonia: è il caso dello stemma della famiglia Anguissola, realizzato con l’immagine di «un solo serpente» (anguis sola). Trattatisti come Paolo Giovio non consideravano questo caso diverso da quello della colonna che campeggia nello stemma della famiglia romana Colonna: la semplice scomposizione che mantiene l’omofonia veniva avvertita come una variante dell’omonimia. Diverso invece, e spesso censurato dai trattatisti, il genere dell’impresa-rebus o impresa cifrata, in cui la sequenza viene scomposta in segmenti che comprendono lettere isolate e in cui l’omofonia è perduta, o faticosa (una perla, una lettera T, una suola di cuoio o coramo: «Margherita, Te, sôla di coramo = Margherita, te sola di cor amo»). È questo il caso dei cosiddetti rebus di cui ➔ Leonardo da Vinci costellò il codice Windsor: la figura di due quaglie e quella di due ossa erano intervallate dalle lettere C, H, I, P. Soluzione: «qua gli è chi possa» (quaglie, C,H,I,P, ossa). È anche il caso dei Rébus de Picardie (fine XV - inizio XVI sec.), ove la figura di una monaca che sculaccia un abate (nonne abbé bat au cul), seguita dalla figura di un osso (os), va risegmentata e reinterpretata come motto latino: Nonne habebat oculos? «ma non aveva occhi?». È questa la prima apparizione del nome rebus, la cui etimologia viene comunemente ricondotta al plurale dell’ablativo strumentale di res «cosa», dunque «con le cose».
4. Il rebus enigmistico
Già dal Rinascimento la produzione italiana di rebus si è differenziata da quella in altre lingue, pur fiorente, per il fatto di accogliere solo esempi rigorosamente omografici. Nella tradizione anglosassone (come nella francese), il soggetto raffigurato può stare per una parola o per un segmento di parola anche solo in virtù dell’omofonia; così in una famosa lettera-rebus di Lewis Carroll il pronome I è rappresentato dal disegno di un occhio (eye).
Nel corso dell’Ottocento il genere del rebus era impreziosito ma anche limitato nelle sue possibilità di sviluppo dal costo della riproduzione tipografica. Rispetto alle sciarade, ai logogrifi, agli acrostici, agli anagrammi, agli enigmi e agli altri generi puramente linguistici dell’incipiente enigmistica, il rebus richiedeva procedimenti di stampa peculiari, che ne limitavano la presenza sulle riviste.
Il rebus enigmistico ottocentesco e del primo Novecento si rivolgeva a estese frasi di tipo proverbiale e gnomico, come sopravvivenza delle radici concettistiche ed emblematiche: «è vano ad amor ardente opporsi», «latte sopra vino è veleno», «senza danari non si àn rosari». Lo sviluppo decisivo del rebus italiano si è prodotto nella seconda metà del Novecento, sulle pagine della «Settimana enigmistica», dove si sono assestati i canoni di accettabilità della frase risolutiva, di chiarezza espositiva della vignetta, di innovazione e correttezza sintattica della prima lettura.
La frase risolutiva si è liberata dai vincoli della proverbialità, adottando come criterio la maggiore prossimità possibile alla dimensione semantica del paralessema e del modo di dire (famosi rebus hanno avuto frasi risolutive come: «bagarre tra vari spettatori»; «fare sberleffi giocosi»; «Sodoma e Gomorra»; «leghe superleggere»; «audace scenetta»; «melodia d’amore medioevale»; Bosio 1993).
L’illustrazione, la cui tecnica è stata codificata da Maria Ghezzi Brighenti, si è caratterizzata per nitore e neutralità del tratto e per l’estensione delle peculiari tecniche di composizione che sottolineano la pertinenza degli elementi utili per la risoluzione.
La prima lettura si è giovata innanzitutto dell’invenzione del «rebus stereoscopico», da parte di Gian Carlo Brighenti (1924-2001): distribuendo la rappresentazione del rebus su più di una vignetta è possibile raffigurare sequenze temporali o meramente logiche (un’aquila C che discende a più riprese dalle stesse montagne: «C a valle rialeggerà = Cavalleria leggera»).
Più recentemente il relativo esaurimento delle chiavi utili alla composizione di rebus si è combinato con l’elevato virtuosismo degli autori e degli illustratori, portando alla pubblicazione di difficili rebus in cui la prima lettura consiste in un’interpretazione particolarmente raffinata (e a volte al limite dell’aleatorio) della vignetta. Per es., un rebus in cui gli sposi G sembrano quasi tardare a scambiarsi gli anelli F si risolve tramite un congiuntivo esortativo e una postilla esplicativa: «G abbiano F: è rito! = Gabbiano ferito».
fonte: Treccani
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likarotarublogger · 3 years
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Infiorata di Noto 2021, il fascino del barocco.
DI Infiorata di Noto 2021,l’arte siciliano non si ferma mai attraverso alla bellezza inconfondibile del barocco, il fascino della città che ti fa innamorare.
‘’E quindi uscimmo a rivedere le stelle’’
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La Sicilia non rinuncia alla bellezza, ma lo fa nel rispetto della sicurezza. Così, l’Infiorata di Noto 2021 è diventata un prezioso simbolo di rinascita. Il sindaco della cittadina in provincia di Siracusa, Corrado Bonfanti, l’ha definita “L’Infiorata della ripartenza”, in una 42esima edizione dedicata a Dante Alighieri. I Maestri infioratori netini hanno trasformato via Nicolaci, elegante strada del centro storico, in un prezioso e profumato tappeto infiorato. Naturalmente, a causa delle restrizioni anti-Covid non è stata visitatile, ma non per questo non si è trattato di un bellissimo spettacolo. Sono stati 8 i bozzetti realizzati, nel rispetto delle normative attualmente in vigore e con il presidio delle forze dell’ordine e dei volontari di Protezione Civile e della Croce Rossa, tutti ispirati Dante Alighieri.
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 Elena Rodica Rotaru (fashion blogger) insieme ad Andrea Fenu (filmmaker ) Intervista al sindaco di Noto dott. Corrado Bonfanti.
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                                           Cattedrale di Noto
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Sfilata costumi d’epoca fine ‘’700, associazione  corteo barocco di Noto, presidente dott.Corrado Di Lorenzo.
L’origine inglese di questa nobilissima famiglia non impedì a Silvestre di Lorenzo Visconte di Antona del Ducato di Nottuberland di trasferirla in Sicilia, sotto il regno di Re Ruggiero.Tutto ciò si evince da un decreto di concessione del titolo di “Marchese del Castelluccio”, accordato da Re Ferdinando IV nel 1803.I personaggi di questa titolata famiglia furono vari e varie furono le nobilissime gesta che li resero e li rendono, ancor oggi, degni di menzione:un Pietro, Segretario della Regina Costanza;un Nicola, Segretario di Re Manfredi;un Roberto, esimio Giureconsulto, sotto i Re Giacomo e Pietro II d’Aragona;un Giovanni al quale, per il suo valore, gli fu elargito un feudo dal Re Pietro II;un Corrado, Comandante la fortezza di Noto, nonché Gentiluomo di Camera di Re Alfonso;un altro Giovanni, Canonico della Cattedrale di Noto e Cavaliere Cappellano dell’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro di Gerusalemme, lodato inoltre per le sue virtù insigni ed illustri; un Lorenzo, primo Marchese del Castelluccio;un Corrado Di Lorenzo e Borgia, Marchese del Castelluccio, Barone di S.Lorenzo, Sammarco, Renda, Granieri, Ciurca, Canali – Cavaliere del Santo Sepolcro di Gerusalemme e Gentiluomo di Camera di Re Ferdinando II.Prendendo come figura di riferimento coloro ai quali ci sentiamo direttamente e fondamentalmente legati, a datare dal dopo-terremoto in poi (1693), esattamente il Nobile Niccolò Di Lorenzo e la sua sposa, la nobildonna Agata Battaglia, ci sentiamo di affermare che i discendenti di questa illustre famiglia, ben presenti ai giorni nostri, costituiscono nota di vanto e di orgoglio, di cui può degnamente fregiarsi la nostra Noto.
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Backstage/ dietro le quinte alla sartoria associazione corteo barocco di Noto.
Presidente dotto. Corrado Di Lorenzo, Nuccia Boscarino, Floriana, Salvatore, Andrea Fenu...
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Andrea Fenu e Floriana, costumi d’epoca fine ‘’700, associazione corteo del barocco di Noto .
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Nuccia Borcarino, responsabile sartoria corteo del barocco di Noto.
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Intervista a Sebastiano Caristia ceramista di Noto.
Gli oggetti e gli elementi d’arendo che trovate in negozio,  sono realizzati, presso i nostri laboratori,  interamente a mano e secondo le  antiche e tradizionali tecniche di lavorazione. S. Caristia.
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 Bar ‘’A SUD’’ NOTO, barista Corrado Filingeri, chef Valerio Tiralongo ,Corrado Giunta , titolare del bar Valerio Giurdanella . 
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 Bar/ gelateria ‘’Caffe Milano’’ di Noto, pasticcere Corrado.
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 Una gita turistica  in piaggio ape calessino  a Noto con il maestro Corrado.
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 Pandataria film -Elena Rodica Rotaru e Andrea Quero ringrazia tanto  per organizzazione della produzione documentari a Noto e vicino  avv. Franzo Boscarino, titolare della birra Vendicari e tenuta
 ‘’ Il Biglietto di Vendicari.
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Tenuta’’ Il Biglietto’’ di Vendicari.
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Pandataria Film  Elena Rodica Rotaru (fashion blogger) ringrazia tantissimo per l’ospitalità  Tenuta Giasira di Boroli Giovanni e Isabella  Focali, novaresi che da tempo ha deciso di vivere a Rosolini. Grazie di cuore a Giorgio figlio della dottoressa Isabella.  
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Azienda agricola ‘’La Giasira’’.
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Tenuta Giasira a Brosolini SR, Sicilia.
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Intervista e un bel selfie con il nuovo candidato per il comune di Noto (Siracusa) Sicilia.
 dott. Corrado Figura.
Andrea Fenu (cameraman) 
Elena Rodica Rotaru ( fashion  blogger )
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 Intervista  al nuovo candidato per il  comune di Noto (Siracusa). Dott. Corrado Figura. In bocca al lupo!
@likarotarufashion​ @elenarodicarotaru-blog​ instagram @elenarodicarotarufficial_79
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davidibenzion · 4 years
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Genesi-49: 1-28
Giacobbe chiamò i suoi figli e disse: "Vieni insieme perché io possa dirti cosa vi succederà nei giorni a venire.
Assemblatevi e ascoltate, o figli di Giacobbe;  Ascoltata in Israele tuo padre:
•Ruben, tu sei il mio primogenito, la Mia forza e il mio primo frutto del mio vigore, Superando di rango ed superando in onore.
Instabile come acqua, non eccellere più;  Perché quando hai montato il letto di tuo padre, hai portato la disgrazia, il mio divano che ha montato!
•Simeone e Levi sono una coppia;  Le loro armi sono strumenti di illegalità.
Non che la mia persona sia inclusa nel loro consiglio, non sia il mio essere contato nella loro assemblea.  Perché quando arrabbiati giurano uomini, e quando sono contenti mutilare buoi.
Maledetto essere la loro rabbia così feroce, e la loro ira così implacabile.  Li dividerò in Giacobbe, li sparpagliaino in Israele.
•Tu, o Giuda, i tuoi fratelli ti loderanno;  La tua mano sarà sulla nuca dei tuoi nemici;  I figli di tuo padre si inchineranno a te.
Giuda è un aiuto per leoni;  Sulla preda, figlio mio, sei cresciuto.  Si accovaccia, si sdraia come un leone, come il re delle bestie, chi osa svegliarlo?
Lo scettro non deve partire da Giuda, né il bastone del sovrano tra i suoi piedi;  Così questo tributo verrà a lui e l'omaggio dei popoli è suo.
Egli si leccana il a una vite, puledro del suo a una vite scelta;  Lava il suo indumento nel vino, la sua veste nel sangue dell'uva.
I suoi occhi sono più scuri del vino;  I suoi denti sono più bianchi del latte.
•Zabulun
si soffermerà sulla riva del mare;  Egli sarà un rifugio per le navi, e il suo fianco si baserà su Sidone.
•Issachar è un forte disossato, accovacciato tra gli ovili.
Quando vide quanto fosse buona la sicurezza, e quanto fosse piacevole il paese, si chinò la spalla al fardello, e divenne un servo faldo.
•Dan governerà il suo popolo, come una delle tribù d'Israele.
Dan deve essere un serpente dalla strada, Una vipera dal sentiero, Che morde i talloni del cavallo in modo che il suo cavaliere viene gettato all'indietro.
Aspetto la tua liberazione, O SIGNORE!
•Il pane di Asher sarà ricco e produrrà prelibatezze reali.
•Gad sarà razziato dai predoni, ma egli razzia alle loro tane.
Come il pane sarà ricco, e egli produrrà delicatezze reali.
•Naphtali è un posteriore lasciato libero, che produce cerbiatti incantevoli.
•Giuseppe è un selvatico, un asino selvaggio di una sorgente - Puledri selvatici su una collina.
Arcieri amaramente assalito lui, e la sua Gli hanno sparato e gli hanno infastidito.
Ancora il suo arco rimase teso, e le sue braccia furono rese ferme dalle mani del Potente Giacobbe, là, il Pastore, la Roccia d'Israele.
Il Dio di tuo padre che ti aiuta, e Shaddai che ti benedice con le benedizioni del cielo sopra, le benedizioni del profondo che divani sotto, le benedizioni del seno e del grembo materno.
Le benedizioni di tuo padre Superano le benedizioni dei miei antenati, fino ai limiti più alti delle colline eterne. Possano poggiare sulla testa di Giuseppe, sulla fronte degli eletti dei suoi fratelli.
•Beniamino è un lupo vorace;
Al mattino consuma il nemico, e la sera divide il bottino.
Tutte queste erano le tribù d'Israele, dodici in numero, e questo è ciò che il loro padre disse loro mentre li salutava, rivolgendo a ciascuno una parola di addio appropriata a lui.
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26 AGOSTO 1974. ONORE !!
DECIMA COMANDATE !!
In Italia… dice una nota canzone, il Paese delle mezze verità… In Italia c’è un primo sottomarino U212/A (progetto tedesco)che si chiama S.TODARO, è da il nome alla classe, il secondo si chiama invece SCIRÈ, classe Todaro.   Come nella maggior parte dei casi che fanno riferimento alla storia recente è tutto sbagliato.
S. Todaro fu una figura di secondo piano nella storia dei sommergibili italiani, J.V.Borghese fu invece il più grande comandante di sommergibili del mondo, a detta di tutti. Osannato da tutte le marine militari del mondo, mentre la X Flottiglia MAS e i suoi metodi di combattimento hanno dettato le regole di tutti i corpi speciali del mondo.
In un famoso e recentissimo film sui Navy Seal americani si vede un sottomarino classe 688 Los Angeles che porta sul ponte un contenitore per “Maiale” e la cosa viene fatta vedere con enfasi, noi lo facevamo già nel 1941, grazie allo Sciré, comandato da JV Borghese; tutti sono stati decorati con medaglia d’oro, ancora in vita, sia il comandante, sia l’equipaggio, sia il sottomarino.                          Quindi il primo sottomarino all’idrogeno italiano dovrebbe chiamarsi “J.V.BORGHESE” ed il secondo “S.TODARO” classe “Borghese”.
Todaro;   pochi sanno che in Francia, a Betasom, la base sommergibili atlantici italiana nel 1942/44, durante una visita del grand admiral Karl Doenitz,  fu definito dallo stesso «un buon comandante per navi ospedale», data la sua tendenza a salvare i naufraghi delle navi che affondava; mettendo però a repentaglio la vita del suo equipaggio.
Un accadimento che mi viene dalla testimonianza diretta di chi era lì a guardare e a sentire, quindi è cosa certa.
Non basta, magari fosse tutto lì… invece il 26 agosto 1974 moriva a Cadice il comandante J.V.Borghese due volte medaglia d’oro al valor militare, Cavaliere dell’ordine dei Savoia, croce di ferro al merito, eccetera.
Come molti sanno, suo figlio, il principe Andrea Scirè Borghese, è un mio intimo e caro amico e pertanto sappiamo con certezza che quando i figli giunsero a Cadice al capezzale del padre, la salma era già stata imbalsamata con l’asportazione di tutti gli organi interni.                     Per le tecnologie dell’epoca era a quel punto impossibile stabilire con esattezza le cause della morte, che furono accertate dal primo ed unico referto medico come: pancreatite acuta.                 Curiosamente l’effetto di alcuni noti veleni, produce proprio quella che sembrerebbe una pancreatite acuta, ma che tale non è.Junio Valerio Borghese sapeva molte cose sia sul finto golpe, mai avvenuto,  sia su quello che stava capitando in Italia in quel triste periodo.
Le ultime parole dette alla stampa, dopo la sua assoluzione in contumacia per non aver commesso il fatto (il famoso golpe del principe nero) furono: «tornerò in Italia e dirò tutto».
Quella frase gli è certamente costata la vita, all’epoca non era ancora di moda il caffè alla Sindona, ma in Italia c’è tornato:  morto ed imbalsamato, una cassa di frutta e verdura, in un furgone bianco senza insegne che doveva raggiungere Roma alla velocità minima di settanta chilometri all’ora, questi i dettami della Farnesina.
Ed ecco che cosa è giunto alla nostra redazione, speditoci da uno degli ultimi superstiti della RSI, una sigla che in Italia, in questo magnifico Paese, dove l’ultima cosa che si vende, ma proprio l’ultima è la giustizia, seguita a pari passo dalla verità, pronunciare RSI sembra un’eresia, all’epoca invece se eri in età di leva avevi due scelte:   1) andare in montagna e rubare i polli ai contadini, per mangiare,  2)   presentarti al comando territoriale della RSI per evitare l’arresto e diciamolo francamente anche perché si mangiava meglio e senza dover rubare i polli.       Chi ha scelto la montagna è diventato un eroe, chi l’arruolamento regolare per la molto imprecisa e disattenta storia ufficiale, un boia assassino che ne avrebbe fatte di tutti i colori. Per poi scoprire in epoche recenti che anche i meravigliosi partigiani ne hanno fatte di tutti i colori, vedi la Strage di Codevigo, nel film “Il sgreto di Italia” interprete Romina Power, che è stato ostacolato e messo alla gogna con ogni mezzo.
Tralasciando tutto quanto ci sarebbe da dire su una Italia vergognosa,  ecco il testo della lettera e relativa denuncia arrivata a noi il 21 dicembre del 2008:
Denunciante Angelo Faccia, ex GNR
Oggetto: denuncia penale a carico degli ignoti autori dell’omicidio del Comandante Junio Valerio Borghese.
Ci si domanderà: perchè dopo tanto tempo? Perchè attendere 34 anni dalla sua morte?
È documentato nella nuova edizione del libro”Affondate Borghese!”
Nessuno aveva interesse che questa sconcertante verità venisse pubblicamente rivelata: da una parte i Carabinieri del SID con il sequestro del materiale investigativo e dall’altra ignoti killer che hanno tentato più volte di farmi tacere per sempre, ma… GOTT MIT HUNS, “Dio è con me”, era inciso sulla fibbia della cinghia dei camerati germanici…
E dato che oggi si ragiona in termini di “casta”, anch’io voglio poter dire che appartengo alla CASTA più nobile, mai conosciuta e mai esistita prima: quella dei combattenti dell’Onore, i Cavalieri della R.S.I. e come tale non potevo non presentarmi al più nobile dei Cavalieri di questa CASTA, il Comandante Junio Valerio Borghese, senza dirgli: Comandante, ho lottato fino all’ultimo, non vi ho abbandonato né come soldato né come amico.
Questo è l’unico scopo di questa mia iniziativa…
Sarei grandemente ingenuo se pensassi che la mia denuncia possa raggiungere uno scopo pratico…
Angelo Faccia – G.N.R.
Che altro si può dire?
Beh, innanzi tutto che l’omicidio non va in prescrizione, quindi che le autorità giudiziarie preposte dovrebbero chiedere, anzi ordinare l’esumazione della salma per stabilire con le moderne tecnologie se JV Borghese è morto per una pancreatite acuta o per avvelenamento. Se fosse vera la seconda ipotesi dovrebbero cercare e se ancora vivente/ti arrestare l’assassino o gli assassini.
Attenzione però, solo un idiota potrebbe pensare che lo abbiano ucciso i “compagni” italiani.
JV Borghese sapeva troppe cose, troppo compromettenti per i governi (uomini di potere dell’epoca), su un golpe mai avvenuto e entrato in cronaca ben tre mesi dopo la sua presunta esecuzione.
Se omicidio c’è stato è stato comandato da uomini di potere che volevano pararsi il culo, uomini che durante la “Guerra Fredda” non potevano essere messi in discussione. Si perché all’epoca l’idea del golpe circolava, eccome se circolava, all’epoca il sottoscritto lavorava con documenti Top Secret e di movimenti strani ne ho visti parecchi.
Borghese era presumibilmente in contatto con i servizi segreti americani e inglesi tant’è che uomini della Xa del Sud, passavano allegramente la Gotica avanti e indietro per portare notizie e altro e cambiandosi d’uniforme. Processato alla fine della guerra dagli americani, fu assolto da qualsiasi imputazione inerente a crimini di guerra. Ricordiamo anche che il Porto di Genova fu salvato dalla distruzione da uomini della Xa, che salvarono anche molte aziende del Nord per favorire la ricostruzione post bellica. Questa è la vera storia.
Marcello Toja
In Italy ... says a well-known song, the country of half-truths ... In Italy there is a first U212 / A submarine (German project) called S.TODARO, which gives its name to the class, the second is called SCIRÈ, Todaro class. As in most cases that refer to recent history it is all wrong.
S. Todaro was a second-rate figure in the history of Italian submarines, J.V.Borghese was instead the greatest commander of submarines in the world, according to everyone. Acclaimed by all the navies of the world, while the X MAS Flotilla and its fighting methods have dictated the rules of all the special forces in the world.
In a famous and very recent film on American Navy Seals, we see a 688 Los Angeles class submarine carrying a container for "Pig" on the deck and this is shown with emphasis, we were already doing it in 1941, thanks to the Sciré, commanded by JV Borghese; all were decorated with a gold medal, still alive, both the commander, the crew and the submarine. Therefore the first Italian hydrogen submarine should be called "J.V.BORGHESE" and the second "S.TODARO" class "Borghese".
Todaro; few people know that in France, in Betasom, the Italian Atlantic submarine base in 1942/44, during a visit by the grand admiral Karl Doenitz, was defined by the same "a good commander for hospital ships", given his tendency to save shipwrecked sinking ships; however, putting the life of his crew at risk.
An event that comes to me from the direct testimony of those who were there to look and hear, so it is certain.
Not enough, maybe it was all there ... instead on August 26, 1974, commander JVBorghese died twice in Cadiz, a gold medal for military valor, a Knight of the order of Savoy, an iron cross of merit, and so on .
As many know, his son, Prince Andrea Scirè Borghese, is a close and dear friend of mine and therefore we know with certainty that when the children arrived in Cadiz at their father's bedside, the body had already been embalmed with the removal of all the internal organs. For the technologies of the time it was impossible to establish the exact causes of death, which were ascertained by the first and only medical report as: acute pancreatitis. Curiously, the effect of some well-known poisons produces exactly what appears to be acute pancreatitis, but which is not such.
Junio ​​Valerio Borghese knew many things both about the fake coup, which never happened, and about what was happening in Italy in that sad period.
The last words spoken to the press, after his acquittal in absentia for not having committed the crime (the famous coup of the black prince) were: "I will return to Italy and tell everything".
That sentence certainly cost him his life, at the time coffee alla Sindona was not yet in fashion, but in Italy it returned: dead and embalmed, a crate of fruit and vegetables, in a white van without signs that he had to reach. Rome at a minimum speed of seventy kilometers per hour, these are the dictates of the Farnesina.
And here's what came to our editorial staff, sent to us by one of the last survivors of CSR, an acronym that in Italy, in this magnificent country, where the last thing that is sold, but the very last is justice, followed by hand in hand with the truth, pronouncing RSI seems like a heresy, but at the time if you were of military age you had two choices: 1) go to the mountains and steal chickens from farmers, to eat, 2) present yourself to the territorial command of RSI to avoid arrest and let's face it also because we ate better and without having to steal the chickens. Those who have chosen the mountains have become a hero, those who regularly enlist due to the very inaccurate and inattentive official story, a killer executioner who would have made all kinds of them. To then discover in recent times that even the wonderful partisans have made all kinds of them, see the Massacre of Codevigo, in the film "Il sgreto di Italia" starring Romina Power, who was hindered and pilloried by any means.
Leaving aside everything there is to say about a shameful Italy, here is the text of the letter and related complaint that arrived to us on 21 December 2008:
Complainant Angelo Faccia, former GNR
Subject: criminal complaint against the unknown perpetrators of the murder of Commander Junio ​​Valerio Borghese.
We will ask ourselves: why after so long? Why wait 34 years after his death?
It is documented in the new edition of the book "Sink Borghese!"
Nobody was interested in this disconcerting truth being publicly revealed: on the one hand the Carabinieri of the SID with the seizure of the investigative material and on the other, unknown killers who tried several times to silence me forever, but ... GOTT MIT HUNS, "God is with me ", was engraved on the belt buckle of the Germanic comrades ...
And since today we think in terms of "caste", I too want to be able to say that I belong to the most noble CASTA, never known and never existed before: that of the fighters of Honor, the Knights of the R.S.I. and as such I could not fail to introduce myself to the noblest of the Knights of this CASTA, Commander Junio ​​Valerio Borghese, without saying to him: Commander, I fought to the last, I have not abandoned you either as a soldier or as a friend.
This is the sole purpose of my initiative ...
I would be very naïve if I thought that my complaint could achieve a practical purpose ...
Angelo Face - G.N.R.
What else can be said?
Well, first of all that the murder does not go on prescription, therefore that the judicial authorities in charge should ask, indeed order the exhumation of the body to establish with modern technologies whether JV Borghese died of acute pancreatitis or poisoning. If the second hypothesis were true they should try and if still alive / you arrest the killer or killers.
But be careful, only an idiot could think that the Italian "comrades" killed him.
JV Borghese knew too many things, too compromising for the governments (men of power of the time), about a coup that never took place and entered the news three months after its alleged execution.
If there was a murder, it was commanded by men of power who wanted to cover their asses, men who could not be questioned during the "Cold War". Yes, because at the time the idea of ​​the coup was circulating, indeed if it did, at the time the undersigned was working with Top Secret documents and I have seen a lot of strange movements.
Borghese was presumably in contact with the American and British secret services, so much so that men from the Xa of the South happily passed the Gothic back and forth to bring news and more and changing their uniforms. Tried at the end of the war by the Americans, he was acquitted of any charges relating to war crimes. We also remember that the Port of Genoa was saved from destruction by men of the Xa, who also saved many companies in the North to encourage post-war reconstruction. This is the real story.
Marcello Toja
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don-cosciotte · 4 years
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Don Chisciotte chi era costui?
Se non hai mai letto Don Chisciotte (L'ingegnoso Hidalgo Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes Saavedra), probabilmente conosci almeno la sua scena più famosa. Un pazzo cavaliere errante carica contro i mulini a vento, pensando che siano giganti, mentre il suo scudiero osserva, perplesso dallo strano comportamento del suo padrone. La miscela di idealismo e impraticabilità del protagonista è stata distillata in un semplice aggettivo, "donchisciottesco". Nel frattempo, il romanzo ha ispirato molti noti autori tra cui Melville, Flaubert, Kafka, Nabokov, Dostoyevsky, Proust, Jorge Luis Borges e altri. È un peccato che i lettori più contemporanei non lo leggano. Ciò può essere dovuto alle sue dimensioni o alla paura che sia denso o arcaico. Durante la lettura, queste preoccupazioni si sono sciolte per me perché il suo umorismo suona ancora con un tono perfetto. Ti dimenticherai dei numeri di pagina e sarai attratto (grazie in parte alla traduzione moderna).
Quello che ora consideriamo un romanzo, il primo romanzo moderno, è stato originariamente pubblicato come due libri. Il primo volume fu pubblicato nel 1605 e divenne molto popolare. Il suo "seguito" (in termini contemporanei) fu pubblicato nel 1615. Cervantes doveva affrettarsi a finire il secondo volume perché un altro autore, Alonso Fernández de Avellaneda, aveva già prodotto un secondo volume apocrifo, che Cervantes prende in giro nel suo testo . Questa recensione si concentra esclusivamente sul primo volume, con i suoi numerosi personaggi minori le cui storie sono incorniciate dalle disavventure di Don Chisciotte. Molte di queste trame secondarie coinvolgono caratterizzazioni che catturano un'ampia sezione trasversale della società nella Spagna dell'età moderna.
Intolleranza culturale nella prima età moderna della Spagna Don Chisciotte fa luce su un momento della storia della Spagna che può ispirarci nel nostro periodo, che sta assistendo a un aumento della xenofobia e dell'intolleranza politica. L'impero spagnolo di Cervantes stava lottando per proteggere la sua autorità religiosa e culturale dall'interno, mentre conduceva guerre nelle sue colonie e nelle sue zone di battaglia marittima. Tuttavia, per ottenere questo controllo dall'interno, la Spagna aveva sviluppato un braccio di "polizia del pensiero" noto come Inquisizione (Echevarria, "L'amore e la legge", 25). Dopo il 1492, quando i re cattolici iniziarono l'unificazione della Spagna, l'Inquisizione costrinse ebrei e musulmani che un tempo vivevano a fianco dei cristiani, soprattutto nel sud della Spagna, a convertirsi o essere espulsi. Ovviamente, molte conversioni sono andate solo in profondità. Poi, nel 1568, seguì una grande rivolta fino al 1571 sulle leggi appena introdotte che vietavano l'abbigliamento e le usanze dei moriscos (mori convertiti). Infine, nel 1609, quattro anni dopo la pubblicazione del Don Chisciotte, un editto ufficiale di espulsione dei Moriscos costrinse centinaia di migliaia di musulmani convertiti a lasciare la loro storica patria in Spagna. La pressione dell'Inquisizione insieme alle tasse elevate che alimentavano le guerre spagnole hanno reso la Spagna una regione notevolmente oppressa in quel momento.
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dreamerwriter18mha · 4 years
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CRONACHE DI YUUEI - GROUND ZERO Capitolo 10 - Legame pt. 1
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PAIRING: KIRISHIMA X BAKUGO   RATING: +18   GENERE: Fantasy AU
Quando Kirishima si svegliò la mattina dopo, fu inizialmente sorpreso dal corpo caldo premuto contro di lui, dal dolce odore di fuoco e zucchero che lo avvolgeva e dal respiro che gli solleticava la pelle del collo. Poi si ricordò esattamente di come era finito nel letto del Re e si sentì avvampare.
"E' presto, dormi" brontolò una voce ovattata contro la sua spalla.
Passò qualche altro minuto. Kirishima cercò di restare più fermo e rilassato possibile, per non disturbare ulteriormente il sonno del Re.
"Oh, al diavolo" esclamò il biondo, allontanando il viso dalla spalla di Eiji, quel tanto che bastava per scoccargli un occhiata infastidita.
"Mi dispiace" disse il rosso con un sorriso.
Diavolo, Bakugo era carino da morire appena sveglio. Con i capelli arricciati in posizioni strane e lo sguardo annebbiato.
In risposta Katsuki si premette ancora più forte contro di lui, strofinandosi come un gatto, finché improvvisamente non si bloccò, molto più sveglio e con espressione stranita.
"Che succede?" chiese Kiri, perplesso.
Lentamente il Re sollevò le pellicce e guardò in basso. Anche il drago curioso seguì il suo sguardo e quando vide cosa aveva attirato l'attenzione del biondo, arrossì vistosamente.
Un lungo arto arricciato, spesso alla base e sottile sulla punta, coperto di squame rosso brillante era saldamente avviluppato attorno ai fianchi del Re, con la punta che oscillava qua e là, dotata di vita propria.
"Umh...scusa..." mormorò Eiji imbarazzato, concentrandosi per spostare la sua grande coda.
"No...va bene...credo...non me l'aspettavo" ribatté Bakugo, senza togliere gli occhi dal bizzarro arto.
Fece per toccare le squame, ma si fermò con la mano a mezz'aria.
"Posso?" chiese, guardandolo in attesa.
"Oh...certo..." rispose l'altro sorpreso.
Il Re sfiorò una delle scaglie con un dito e ci picchiettò contro per saggiarne la durezza. Kiri lo osservò curioso.
"Sono bellissime" mormorò Bakugo, facendo scorrere la mano sulla distesa cremisi.
"Grazie" rispose il drago arrossendo.
Qualcosa nel fatto che a Katsuki piacessero le sue squame lo fece sentire immensamente orgoglioso.
"Ti da fastidio se le tocco?" chiese il Re curioso.
"In realtà non sento gran che...credo che siano troppo spesse" rispose Kiri.
"Mmh...capisco..."
"Dovremmo alzarci?"
"Devi dirmelo tu, Capelli di merda. Sei tu che mi stai trattenendo" ridacchiò il Re, indicando la coda.
Anche Kirishima rise, imbarazzato.
Appena la lunga appendice si fu srotolata via dai suoi fianchi, Bakugo uscì dal letto, ma non prima di essersi sporto a baciare il suo drago.
"Potrei abituarmi a quest'immagine" commentò.
"Non posso lamentarmi, il tuo letto è davvero comodo" ribatté Eiji,  gettando via le pellicce e rotolando sulla schiena con un sorrisetto malizioso.
Gli occhi rossi di Bakugo scivolarono avidi sulla sinuosa figura, per lo più nuda, che giaceva nel suo letto.
"Bada bene alle proposte che avanzi, drago. Potresti doverne rispondere in seguito" lo avvertì, ma con un ghigno giocoso "Dai alzati, andiamo a mettere qualcosa in quel buco nero che hai al posto dello stomaco"
Effettivamente, rispetto a quando era arrivato, l'appetito di Kirishima era cresciuto in modo più che esponenziale. Se i primi giorni faticava a finire due piatti pieni, ora poteva far sparire un pranzo completo di otto portate senza troppe difficoltà e avere anche il coraggio di scendere in cucina per la merenda a metà pomeriggio. Da ciò che Katsuki aveva letto, per un drago era normale mangiare come un esercito.
Dopo che il Re ebbe indossato il suo solito mantello con tutti i gioielli tribali e Kirishima uno dei suoi soliti completi comodi e resistenti, scesero insieme per le scale. Una volta attraversata la porta segreta, però, il rosso si accorse di essere solo.
"Kat?" esclamò, ruotando su se stesso.
Bakugo era fermo a pochi centimetri dall'uscita della torre, con occhi sbarrati e viso pallido.
"Katsuki? Qualcosa non va?" chiese, sentendo l'istinto di protezione del suo drago emergere con prepotenza.
"Puoi restare lì tutto il giorno se vuoi, piccolo Re, ma non te la scamperai" brontolò Amane con un sorriso divertito.
Anche le aiutanti di cucina ridacchiarono con lei.
Il clima ilare rassicurò Kirishima, qualunque cosa avesse spaventato Bakugo in quel modo, non si trattava di un vero pericolo per la sua vita.
"Vi giuro, se una sola di voi osa..." ringhiò il biondo, uscendo finalmente dalla torre con sguardo omicida.
"Buon compleanno Re Bakugo!" gridarono tutte insieme.
L'esclamazione fu subito seguita da delle piccole ma rumorose esplosioni. Bakugo sembrava un vulcano sul punto di eruttare.
"Ehi ehi ehi! Calmo, amico!" ridacchiò Kiri, avvicinandosi con le mani alzate "vogliono solo essere gentili, non mi sembra il caso di arrabbiarsi" mormorò dolcemente, posando una mano sul viso dell'altro.
Drago e Re si fissarono negli occhi nella cucina silenziosa per un lungo istante, il primo amichevole e rilassato e il secondo con i denti scoperti e gli occhi che mandavano fiamme. Il resto del personale pronto alla fuga e Amane con un enorme coperchio di latta in mano per difendere il povero ragazzo se il Re fosse esploso.
Non accadde.
Dopo qualche secondo, le spalle di Bakugo si abbassarono e le sue mani smisero di fumare.
"Sì...va bene...grazie Amane, e anche a voi ragazze. Ma che la cosa si fermi qui" brontolò indispettito, evitando l'altro ragazzo e marciando a grandi passi verso la porta "vieni o no, Capelli di merda?"
"Sissignore" sospirò Eiji, lanciandosi al seguito, dopo aver fatto un sorrisino tirato alle signore.
"Cosa ho appena visto?" esclamò la sguattera, dopo che furono spariti.
"I miracoli dell'amore, bambina" rispose la mezza-gigantessa con una forte risata.
Fuori dalla cucina, il Re imboccò il corridoio per la sala da pranzo con passo pesante e un aria a metà tra imbarazzato e incazzato nero.
"Umh...Re Bakugo?" mormorò Kiri con voce debole.
Il biondo sembrò sussultare alle sue parole, ma non si voltò.
"Sei arrabbiato con me?" continuò.
Stavolta Bakugo smise di colpo di camminare e lo guardò con il viso contratto.
La risposta alla domanda era praticamente dipinta su tutta la sua faccia, o almeno così pensò Kirishima. Nonostante fosse un drago e nonostante fosse ormai più grosso del Re, l'istinto radicato nel suo cervello di farsi più piccolo possibile ebbe la meglio.
In un battito di ciglia tutta la sua sicurezza svanì, le spalle si incurvarono e il viso si abbassò. Davanti al Re c'era una copia quasi perfetta del ragazzino incatenato e spaventato di molte settimane prima.
"Perché diavolo dovrei essere arrabbiato con te?" sbottò il sovrano.
I grandi occhi cremisi scattarono interrogativi dal pavimento al viso del Re.
Bakugo fece per avvicinarsi, ma si fermò nel suo movimento, chiuse gli occhi, prese un respiro lungo e rumoroso. Poi li riaprì. L'espressione rabbiosa si era in parte attenuata. Solo allora riprese il suo passo verso il drago.
"No, Eiji. Non sono arrabbiato con te. Ora mi spieghi perché cazzo l'hai pensato?" chiese, con un tono molto più dolce.
"Prima, in cucina io...insomma, dopo ieri sera...io non..." balbettò "non so come comportarmi con te, ecco"
"Ma che cazzo stai dicendo?"
"Dopo ieri sera...siamo ancora amici? O siamo qualcos'altro? Quello che sto cercando di dire...quali sono i confini?" chiese, con voce leggermente più ferma.
Dopo qualche secondo, gli occhi di Bakugo si accesero di comprensione.
"Oh...pensavi che fossi arrabbiato perché mi hai accarezzato il viso davanti alle domestiche?"
"Sì? Cioè, voglio dire...tu sei un Re...io sono solo..."
"Capelli di merda, se quello che sta per uscire dalla tua bocca è che sei solo uno schiavo giuro che ti colpirò. Forte" ringhiò Bakugo, puntandogli un dito contro con aria minacciosa.
"Beh, ma tecnicamente..."
"Tecnicamente un cazzo!" ruggì il biondo avanzando verso di lui "Tu non sei un fottuto schiavo! Mettitelo bene in testa! Non lo sei dal giorno in cui hai varcato la porta di questo castello! Tu sei uno dei miei Lord, sei il mio drago, sei uno dei miei consiglieri, diavolo, sei uno dei miei migliori amici. Forse dopo ieri sera sei qualcos'altro, forse no, non lo so, non ci avevo pensato, ma una cosa la so: Non. Sei. Un. Fottuto. Schiavo. Punto!"
Alla fine della sfuriata, Kirishima era con le spalle al muro e lo sguardo colmo di una tale adorazione da lasciare perfino il rumoroso sovrano senza parole.
"Grazie, Kat"
"Tsk. Ora muoviti, ho fame" brontolò in risposta il biondo.
Afferrò saldamente la mano di Kiri con la sua e iniziò a trascinarlo con se verso la sala da pranzo.
Accanto a lui, un silenzioso drago elaborava un piano.
Appena varcarono la soglia della sala da pranzo, Eiji fu stritolato in un abbraccio spacca ossa da Uraraka.
"Stai bene Kiri? Ieri sera ero un po' preoccupata"
"Si, grazie Chako. Ero un po' sconfortato" confessò timidamente.
"Forse avremo dovuto mandare su qualcuno di un po' meno gretto. Bakugo è un vero stronzo, amico, qualunque cosa ti abbia detto, non ascoltarlo" commentò Sero, indicando il Re con una forchetta.
Katsuki fece per mandarlo a quel paese, ma fu anticipato da un ringhio gutturale.
"Chi sei tu, che osi insultare il mio Re" ruggì Eijiro, mentre il suo corpo iniziava a passare alla forma ibrida.
Sero e Uraraka indietreggiarono.
"Uraraka?" chiese Sero, posando la mano sull'elsa della spada.
Kirishima sibilò minaccioso e si spostò davanti a Bakugo, coprendolo con una delle sue ali.
"Lascia andare la spada, Sero. Se non vuoi finire sbranato" esclamò Katsuki, accarezzando la base della lunga coda con un ghigno divertito.
"Sei tu che dovresti allontanarti da questa bestia" gli fece notare Sero, estraendo la lama e puntandola verso Kirishima.
"Abbassa immediatamente quella spada, Sero, o non sarà di lui che dovrai preoccuparti" ordinò Katsuki, con tono duro e freddo. Ogni traccia di ilarità era scomparsa dal suo viso.
Il cavaliere spostò gli occhi un paio di volte tra il drago e il Re, poi lentamente ripose la spada nell'elsa, alzò le mani in segno di resa e fece qualche passo indietro.
"Kiri è un drago? E quando pensavi di dirmelo?" esclamò Uraraka con espressione imbronciata.
"È il suo segreto, non il mio. Non ero io a dovertelo dire" specificò il Re "Aspettate, ci penso io" aggiunse poi, vedendo che i due erano ancora restii ad avvicinarsi e Kirishima stava ancora guardando Sero con sospetto.
Allungò la mano per toccargli il viso e lo costrinse a guardarlo.
"Va tutto bene, Eiji. E' un amico, non è una minaccia" sussurrò, accarezzandogli la guancia.
L'espressione del drago si distese e lentamente tornò alla sua forma originale.
Appena fu nuovamente alla sua altezza, Bakugo posò la fronte contro quella di Eijiro, in quello che lui sapeva essere un bacio nella cultura dei draghi.
"Bravo il mio drago. Sei stato fantastico" mormorò, in modo che gli altri due non lo sentissero..
Gli occhi di Kirishima si illuminarono di gioia.
"Avete finito di flirtare voi due?" chiese Uraraka spazientita.
Tutta la dolcezza svanì dagli occhi di Bakugo, sostituita dal solito fastidio.
"Sei solo gelosa perché Eiji vuole più bene a me che a te" ribatté il Re, mostrandole la lingua.
La mora inarcò un sopracciglio al soprannome, ma decise di non dire nulla. Katsuki sembrava già abbastanza irritato.
"Kiri, questo è Hanta Sero, è il comandante del nostro esercito. E' appena tornato da un importante missione. Fa dei commenti un po' inopportuni, ma puoi fidarti" spiegò la mora, tornando pigramente alla sua colazione, come se non avessero appena rischiato una rissa.
"Ciao. Scusa, ma non sopporto chi parla male di Katsuki" disse Eiji, con sguardo serio.
"Cercherò di ricordarmelo. Non ci tengo ad essere fatto a pezzi da un drago" rispose il soldato, stringendosi nelle spalle con nonchalance.
"Vieni a mangiare, Eiji" esclamò il biondo, posando due piatti straripanti di cibo al suo posto e a quello accanto, dove si sedeva sempre il rosso.
Subito l'altro lo raggiunse e lo ringraziò prima di riempirsi la bocca di cibo.
Come sempre era tutto delizioso.
Sero e Uraraka finirono poco dopo, ma rimasero a chiacchierare. Bakugo stava sorseggiando del latte caldo e Kirishima aveva appena riempito il suo quarto piatto, quando una guardia fece irruzione nella saletta privata, con l'uniforme scombinata e il fiatone. Era un uomo grande come una montagna, con corti capelli marroni e occhi gentili.
"Sire...miei Lord..." ansimò.
"Che succede, Sato?" esclamò Bakugo con preoccupazione, avvicinandosi all'omone.
"Sire...armate di Lord Todoroki al confine Sud" spiegò.
"Cosa vogliono?" ringhiò il Re.
"Dovete consegnare subito il drago o distruggeranno il regno e lo porteranno via con la forza"
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brucesterling · 5 years
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Share Festival 2020: call for entries
The XV edition of Share Festival, the Italian exhibition of contemporary tech art and science, lead by the Artistic Director Bruce Sterling, announces the opening of the call. The theme of this edition of Share Prize is:
RIOTS HERE WE ARE
An atmosphere of blissful calm prevails over Share Festival, in the fifteenth consecutive year of our technology-art fair. The cruel word “Crisis” has become old-fashioned here in Italy, a nation whose government is the most stable of all the G-7 major powers.
Our city has recently signed a ten-point Manifesto of Non-Hostile Communications, which recommends wise principles of civilized discourse online (and is highly suited for public announcements like this one). The City of Turin has recently celebrated its first “Festival of Technology,” where our erudite populace responded with polite appreciation to the marvels of science. This huge, crowd-pleasing tech festival appeared back-to-back with Turin’s vast, legendary “Artissima” art fair, so that our city can now justly boast of its learned patronage of every form of modern art, and modern research, too!
Here at Share Festival of Piemonte, the radical, cutting-edge art forms that we have long championed: tactical media, net.art, device art, code art, interactive installations and augmented experiences — are being legitimized, refined and civilized. All of our avant-garde artistic eccentricities are fast becoming twenty-first century mainstream lifestyles. Our Share Festival jury for the year 2020 is the wisest and best-briefed that we have ever assembled, for it includes the doyenne of the Piedmontese art scene, the globally-famed art collector and cultural activist, Patrizia Sandretto Re Rebaudengo. She is ShareFestival’s favorite Knight of Arts and Letters. We are really looking forward to a close discussion of your artistic entries this year. Frankly, our festival has never seen such a halcyon situation. We are the picture of smart-urban civility.
La vita é bella!
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However… here, below the dividing-line…. what about all those other cities, here at the turn of the decade? Crowds waves angry banner, subways are flaming, airports are besieged, lasers flare in the tear-gas clouds under the drones — urban mayhem smolders over every horizon! Leaderless crowds cry out their need to take back a control that seems entirely illusory; polarized parliaments howl abuse and demand impeachments, blockades and barricades abound to stop overcrowded caravans where all the wheels have fallen off…. Tech unicorns fall flaming in disgrace, and even the ultra-rich weep and tremble in public venues; social lynch-mobs abound, while enlightened scientists flee the trolls; upheavals are met with ominous silence as the Internet’s plug is pulled over vast, stricken provinces. The tenuous fabric of civilization is shredded as law enforcement agents randomly batter the passers-by, and frenzied outbursts of reckless passion and raw discontent shatter the one-way mirror of the status quo. Surveillance is redoubled as the surveilled can’t be bothered to behave; to “befriend” is an act of covert emnity, while to “like” is passe’. A riot is not a revolution or a reform, it’s a burst of frenzy that concludes in melancholy astonishment. And yet: here we are. Such is the social condition. It could be anywhere, it could be anybody.
What can we make of this? What’s to become of us?
Bruce Sterling, Share Festival Art Director Jasmina Tesanovic, Share Prize Curator
The works nominated for the prize must comply with the theme. An International Jury will select 6 candidates for the award, who will be invited to take part in the exhibition, which will take place in Turin in May 2020. By the end of February 2020 the finalists will be announced.
OPEN REGISTRATIONS UNTIL 28TH JANUARY 2020 – 12.00 am
DOWNLOAD THE CALL https://www.toshareproject.it/tshr/wp-content/uploads/2019/12/share-prize-XIII-call-ENG-.pdf APPLY https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLSc8JXz5hCKnHuqHUrnh2VD_jkHue28rvzJ6SbjygnZbaARHjA/viewform
www.toshareproject.it
La XV edizione di Share Festival, la mostra italiana d’arte contemporanea legata all’evoluzione tecnologica e alla scienza, con la Direzione Artistica di Bruce Sterling, annuncia l’apertura del bando di concorso. Il tema di Share Prize per questa edizione è:
RIOTS HERE WE ARE
Su Share Festival domina un’atmosfera di beata serenità, nel quindicesimo anno consecutivo della nostra fiera dell’arte tecnologica. L’atroce parola “Crisi” è diventata fuori moda qui in Italia, la nazione con il governo più stabile di tutte le grandi potenze del G-7. La nostra città ha recentemente firmato un Manifesto, in dieci punti, di Comunicazione Non-Ostile, che raccomanda saggi princìpi di civiltà del dibattito online (ed è quindi estremamente appropriato per annunci pubblici come questo). La Città di Torino ha da poco celebrato il suo primo “Festival della Tecnologia”, nel quale la nostra dotta cittadinanza ha mostrato un garbato gradimento per le meraviglie della scienza. Gigantesco e assai apprezzato, questo tech-festival ha fatto la sua comparsa spalla a spalla con “Artissima”, l’immensa e leggendaria fiera d’arte di Torino, di modo che oggi la nostra città può a pieno diritto vantare il proprio patrocinio di ogni forma d’arte moderna, e anche di moderna ricerca! Qui allo Share Festival del Piemonte, le forme d’arte radicali e innovative che proponiamo da tempo (tactical media, net.art, device art, code art, installazioni interattive ed esperienza aumentata) vengono ancora legittimate, affinate ed ingentilite. Tutte le eccentricità dei nostri artisti d’avanguardia stanno velocemente diventando stili di vita mainstream del ventunesimo secolo. La giuria del nostro Share Festival 2020 è la più saggia e aggiornata mai messa insieme, giacché comprende la decana della scena artistica piemontese Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, collezionista d’arte ed attivista culturale di fama mondiale. È lei il Cavaliere delle Arti e delle Lettere che preferiamo, qui al Share Festival. E quest’anno non vediamo proprio l’ora di discutere a fondo delle vostre creazioni. Per dirla tutta, il nostro festival non si è mai trovato in una situazione così idilliaca. Siamo l’incarnazione della civiltà urbana smart. La vita è bella!
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D’altro canto… qui, sotto la linea di confine… che dire di tutte quelle altre città, qui all’inizio del nuovo secolo? Folle che sventolano stendardi rabbiosi, metropolitane che divampano, aeroporti assediati, bagliori di laser tra nuvole di gas lacrimogeni sotto a uno sfrecciare di droni – il caos urbano cova fuoco da ogni parte dell’orizzonte! Folle senza leader urlano il loro bisogno di tornare a essere padrone di un controllo che pare del tutto illusorio; parlamenti polarizzati sbraitano insulti e reclamano impeachment, blocchi e barricate abbondano ovunque per fermare carovane sovraffollate dove tutte le ruote cadono a pezzi… Unicorni tech crollano in fiamme per la vergogna, e persino gli ultra-ricchi piangono tremanti in pubblico; abbondano i linciaggi di folle social, mentre scienziati illuminati fuggono dai troll; agli sconvolgimenti si oppone un silenzio nefasto mentre la connessione di Internet viene stesa su province vaste e sinistre. Il tenue tessuto del mondo civile viene fatto a brandelli mentre gli agenti della repressione colpiscono i passanti a caso, e scoppi convulsi di passione incosciente e puro malcontento mandano i frantumi lo specchio a senso unico dello status quo. La sorveglianza viene raddoppiata e il sorvegliato non ce la fa neanche a comportarsi come si deve; “fraternizzare” è un atto di ostilità dissimulata, mentre “apprezzare” è demodé.
Un tumulto non è una rivoluzione o una riforma, ma è uno scoppio convulso che si conclude in uno sconcerto malinconico. E tuttavia: eccoci qui. Questa è, la condizione sociale. Potrebbe essere ovunque, potrebbe essere chiunque. Cosa possiamo fare di questo? Che ne sarà di noi?
Bruce Sterling, Direttore Artistico di Share Festival Jasmina Tesanovic, Curatrice di Share Prize
Le opere candidate al premio dovranno seguire la tematica. Una Giuria Internazionale selezionerà 6 candidati al premio, che saranno invitati a partecipare alla consueta mostra, che si svolgerà a Torino a maggio 2020. A fine febbraio 2020 saranno resi noti i nomi degli artisti finalisti.
ISCRIZIONI APERTE FINO AL 28 GENNAIO 2020 – ORE 24.00
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www.toshareproject.it
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