#potenza delle parole
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Il giro dell'oca di Erri De Luca: un dialogo intimo tra passato e presente. Recensione di Alessandria today
Erri De Luca, nato a Napoli nel 1950, è una figura emblematica della letteratura italiana contemporanea
Biografia dell’autore.Erri De Luca, nato a Napoli nel 1950, è una figura emblematica della letteratura italiana contemporanea. Dopo un passato movimentato tra militanza politica e lavori manuali, ha trovato nella scrittura la sua vera vocazione. Traduttore, poeta, narratore, De Luca ha saputo unire una prosa essenziale a una poetica profonda, affrontando tematiche universali come la solitudine,…
#Alessandria today#autobiografia letteraria#Dialogo Interiore#dialogo padre-figlio#Erri De Luca#esplorazione identitaria#Filosofia#Google News#Il giro dell&039;oca#introspezione#italianewsmedia.com#LETTERATURA CONTEMPORANEA#letteratura intima#lettura consigliata#libri Feltrinelli#libro da leggere#Memoria#Monologo#Napoli#narrativa contemporanea#narrativa italiana#narrativa lirica#narrativa riflessiva#narrazione essenziale#paternità#Pier Carlo Lava#Pinocchio#potenza delle parole#rapporto genitori-figli#relazione mancata
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LA VENDETTA DI MR. SMITH
C’è qualcosa di anomalo nell’omicidio di Brian Thompson, il superboss delle assicurazioni sanitarie che è stato ucciso la scorsa settimana da un attentatore incappucciato su un marciapiede di Manhattan.
L’anomalia sta nel fatto che si fatica a trovare, in rete, una sincera compassione per la vittima, mentre si sente circolare silenziosamente una specie di tacita approvazione verso l’assassino che ha commesso quel gesto.
Il motivo è molto semplice: Brian Thompson rappresentava, sintetizzato nella sua persona, tutto il male dell’America delle grandi corporation, quelle che si approfittano sistematicamente della debolezza del singolo cittadino, incapace di far valere i propri diritti di fronte alla potenza economica di queste corporation.
Mister Smith contro Big Money. Perde sempre lui.
Il caso delle compagnie di assicurazione, negli Stati Uniti, è uno dei più eclatanti in assoluto: da una parte hai uno Stato che non offre alcuna protezione sanitaria ai cittadini, obbligandoli a stipulare contratti assicurativi particolarmente esosi per proteggere la propria salute. E dall’altra hai, appunto, le compagnie di assicurazione che si approfittano di questa situazione, ingurgitano miliardi di dollari ogni anno da parte dei cittadini, ma poi quando si tratta di rimborsarli per un intervento medico ricorrono a mille “trucchetti del mestiere” per ritardare i pagamenti, dimezzarli o non effettuarli del tutto.
Talmente diffusa è questa pratica, che è addirittura uscito un libro intitolato “Delay, Deny, Defend” che denuncia proprio questa frode sistematica (“Ritardare, negare, difendere”) da parte delle compagnie assicurative.
E proprio le parole “Deny” “Defend” e “Depose” sono state trovate scitte sui bossoli dei proiettili che l’assassino, Luigi Mangione, ha utilizzato per uccidere Brian Thompson. (Per “depose” si intende “portare in tribunale”, altra tattica favorita delle assicurazioni).
L’omicidio ha quindi tutto il sapore di un episodio di giustizia popolare, nel quale il cittadino frustrato e stufo di essere preso in giro da un sistema che protegge i ladri invece di punirli, si è fatto giustizia da solo.
Non a caso, stanno già nascendo in rete poesie e canzoni che lo celebrano, mentre iniziano a circolare gadget come tazze, magliette e sticker che portano il motto “Deny, Defend and Depose”. Fra i mille post su X, ne è comparso uno che diceva: “ Ho tanta compassione per la famiglia di Thompson quanta ne hanno avuta le compagnie di assicurazioni per la mia”. Cioè, zero.
Se voi foste il giudice, condannereste all’ergastolo Luigi Mangione?
Massimo Mazzucco
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Un anno dopo la falsa libertà dell’indifferenza | il manifesto
Pubblicato circa 12 ore fa
Edizione del 6 ottobre 2024
# Mario Ricciardi
«La storia conosce molti periodi di tempi bui in cui lo spazio pubblico è stato oscurato e il mondo è diventato così esposto al dubbio che le persone hanno cessato di chiedere alla politica niente altro se non che presti la dovuta attenzione ai loro interessi vitali e alla loro libertà personale. "
Sono parole di Hannah Arendt, scritte nel settembre del 1959, in occasione del conferimento del premio Lessing, ma rimangono attuali ancora oggi.
Le riflessioni di Arendt erano in parte ispirate dalla sua esperienza di ebrea apolide, sfuggita alla persecuzione nazista e alla Shoah, ma non avevano un carattere esclusivamente retrospettivo, e neppure riferito soltanto allo sterminio degli ebrei. L’oscuramento dello spazio pubblico cui allude Arendt è una condizione che deriva dall’impoverimento del tessuto connettivo da cui dipende la politica nel suo senso più nobile, che non la riduce al nudo uso della forza, ma si alimenta invece nel dialogo e nel confronto tra i cittadini di una repubblica.
Nei tempi bui il conflitto sociale, che è un fattore essenziale di una democrazia sana, perde il proprio carattere positivo, di espressione della pluralità delle opinioni e della parzialità delle verità che esse esprimono, e lascia il posto a contrapposizioni identitarie, e alla fuga dalla politica di ampi settori della popolazione, che si rifugiano nel culto esclusivo dei propri interessi e della propria libertà personale, priva di alcun collegamento con l’azione collettiva.
Chi si sente minacciato – i perseguitati, gli oppressi – cerca soltanto la compagnia di chi condivide lo stesso destino, e chi si trova invece in una condizione di relativa sicurezza vive sovente come un esiliato in patria, coltivando una visione individualista della vita e degli scopi che essa si prefigge. In una situazione del genere è inevitabile che si perda la sensibilità nei confronti delle ingiustizie che colpiscono gli altri, quelli che non appartengono alla nostra cerchia, e che si finisca per accettare come un fatto la prevalenza del forte sul debole.
In gioventù Arendt aveva conosciuto questo atteggiamento di acquiescenza nel modo in cui tanti tedeschi, persone in molti casi colte e ben educate, scelsero semplicemente di ignorare «la chiacchiera intollerabilmente stupida dei nazisti». Noi lo vediamo oggi nel modo in cui molti voltano lo sguardo dall’altra parte mentre c’è chi ripropone una visione suprematista e violenta dei “valori” della società occidentale, negando l’umanità delle vittime innocenti dei bombardamenti a Gaza e in Libano.
Un anno di guerra
A un anno dal 7 ottobre questa forma di cecità morale si manifesta nel ricordare la vittime dell’attacco di Hamas solo per tentare di giustificare la reazione, sproporzionata e illegale, del governo Netanyahu, e nel disinteresse nella sorte degli ostaggi israeliani, molti dei quali sono morti o rischiano di morire come “danni collaterali” di una guerra che potrebbe estendersi a tutto il Medio Oriente a servizio di un disegno politico di pura potenza.
Chi potrebbe permettersi di coltivare l’altruismo e l’apertura verso il prossimo rinuncia a farlo, lasciando il campo aperto a una guerra in cui tutti si considerano aggrediti, nessuno è in grado di riconoscere le ragioni altrui, ma una parte può mettere in campo una forza militare di gran lunga superiore, e non si fa alcuno scrupolo di usarla in modo indiscriminato, non per colpire il nemico, ma per punire un intero popolo. All’orizzonte c’è la concreta possibilità che si compia un genocidio, perpetrato dalle vittime di ieri che hanno scelto di farsi carnefici.
Dopo un anno persino chi ha criticato in modo più convinto le scelte del governo Netanyahu corre il rischio di soccombere al senso di impotenza, alla difficoltà che si incontra nel far sentire la propria voce di dissenso superando gli ostacoli e le intimidazioni provenienti da chi è convinto che lasciare mano libera all’uso indiscriminato della forza da parte di Israele soddisfi un “superiore” interesse strategico, e sia utile per puntellare una sempre più fragile egemonia.
Lasciare sole le vittime – i palestinesi, i libanesi, gli israeliani che hanno ancora il coraggio di opporsi alle scelte del proprio governo – è una tentazione ricorrente, per rifugiarsi nello spazio ristretto, ma per alcuni soddisfacente, del proprio interesse e della propria libertà. La lezione che ci trasmette Hannah Arendt e che, così facendo, ci stiamo incamminando sulla stessa strada percorsa nel secolo scorso dai tedeschi che scelsero di ignorare la «volgarità» nazista.
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Immobile dietro gli occhi
scava silenzi la mancanza
senza parole
il rifugio segreto,
colorare il buio
è nella potenza di una Madre.
Di quale ferita delle tante
mi avrebbe ripagato una carezza,
non ho saputo trovare l'azzurro
di che colore era la strada
per il tuo amore?
-non finiró di raggiungerti mai.
©bbs
da le Madri sono fiabe all’incontrario
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il mio malessere segue delle fasi ben precise: la prima di queste è il fastidio suscitato dall'evento scatenante x; la seconda è la riflessione sull'evento x, la terza è la creazione di ipotetici scenari ed infiniti film mentali che cercano di ricostruire il perché delle cose fino ad arrivare a quella che per me è la soluzione, la motivazione dell'evento scatenante e del conseguenze fastidio; la quarta è la rabbia derivante dalla conclusione a cui sono arrivato, una rabbia che spesso fuoriesce subito e si trasforma in fiumi di parole in cui spiego la mia teoria, una rabbia che pian piano si condensa e diventa la quinta fase, la delusione, la delusione per quanto accaduto; la sesta è nuovamente la riflessione, tiro le somme per capire se tutto ciò sia giustificato o se stia semplicemente esagerando, cerco di arrivare ad una conclusione sensata; la settima è la decisione, decido se la delusione sia superabile o se, invece, sia paralizzante, cerco di comprendere se abbia cambiato definitivamente il mio modo di vedere le cose e soprattutto il mio interesse nei confronti della persona che ha causato tutto; l'ottava è il porcodio, che in realtà è una costante in tutte le sette precedenti, ma durante l'ottava si eleva all'ennesima potenza e fa sì che io possa tornare a vivere secondo lo pseudo-equilibrio che mi sono auto-imposto alla ricerca di una tranquillità che percepisco ogni giorno ormai sempre più lontana
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Oggi otto persone diverse hanno suonato lo stesso violoncello. Di ognuna ho sentito il respiro, l'assetto del corpo, lo stato emotivo di fronte a me, suonando delle semplici corde vuote. Incredibile che ognuna di loro riflettesse a modo suo come stava in quel momento senza parlare. Questo è ancor più vero nella prima lezione, quando non si ha ancora conoscenza dello strumento e tutto questo è elevato a potenza. Quando poi il tempo passa si è davvero bravi a mascherarsi dietro una condotta dell'arco dritto, di un bel suono, di un bel vibrato, di essere un musicista. Allora li bisogna essere chirurgici per dire le cose giuste, nel momento giusto perché c'è il rischio di andare troppo in fretta al punto e rischiare di poter ferire l'altro, metterlo in crisi. Lavorare sul suono è lavorare su di sé. Oggi credo di essere stato un macellaio con la nona allieva che studiava il violoncello da anni. Ci ho pensato tutto il viaggio di ritorno e mi sono dato proprio del coglione. Alle volte casco ancora in questo meccanismo che ha fatto dire alla mia analista che mi temerebbe se fossi suo professore. Alla fine credo che risieda tutto in questo strano potere che pone la lezione, specie di strumento, talvolta in situazioni di asimmetria. Io li vedo, posso addentrarmi in certi territori, ma loro no, ed è proprio li, in questo gioco di specchi, che qualche volta inciampo, non calibro le parole, e seppur dica delle cose in cui credo, alle volte ci vado giù, a mia impressione pesante. Lei sembrava contenta e mi ha ringraziato ma io non mi sento totalmente a posto e il prossimo giovedì le chiederò scusa. Ho sempre odiato questo dai miei maestri, da mio padre e quando mi capita di vederlo in me mi da la stessa sensazione.
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Gli uomini amali, ma senza farti troppo male.
amali, ma senza mancarti mai di rispetto.
Sono tremendamente imperfetti,
spesso non trovano le parole,
anzi,
stanno semplicemente troppo zitti
quando tu avverti il desiderio
di essere inondata di verbi,
sostantivi e aggettivi
o vorresti
che usassero
l’infallibile intelligenza del cuore
piuttosto
che la labile ragionevolezza della mente
Amali, perchè sono fragili,
anche quando esibiscono muscoli da palestra.
Comprendi, senza tradire te stessa,
la loro frugalità d’animo:
è solo timidezza, a volte,
e maschera implacabili menti matematiche
che non apprezzano la bellezza del caos.
Prova a giustificarli se non riescono ad essere
ragionevolmente indipendenti come siamo noi.
Il loro cruccio è che non sanno maneggiare i sentimenti
e perdonali se pronunciano raramente l’invocato “ti amo”,
non hanno letto abbastanza poesie.
Sii sempre loro amica e te ne saranno grati.
L’ironia delle donne è un’arma della quale non conoscono
la sottile arguzia, l’alleanza femminile li sconcerta,
la generosità li meraviglia.
Regala loro dei romanzi: nella buona letteratura sono
racchiuse le migliori risposte.
Spiega loro il coraggio e la lealtà,
la potenza di un abbraccio e
il languore di una carezza fra i capelli.
Paola Calvetti
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Mi fa impressione quanto il capitalismo mi sia entrato sotto la pelle negli anni di formazione. Ho visto un reel di una ragazza che scartava un paio di scarpe e quasi sveniva. Nei commenti ho letto che quella reazione era data da una valorizzazione eccessiva agli oggetti, ed è vero. Perché altrimenti avrebbe dovuto reagire così. - Una volta mi misi quasi a piangere per un regalo che mi piaceva molto (era un carillon). Ho ripensato a quando stavo con un mio ex, uno di quelli che si definirebbe storico. Mi ricordo perfettamente che il nostro rapporto si basava sull'idea della relazione in potenza: in potenza saremmo potuti essere, saremmo diventati. Ero così contenta delle aspettative, mi sembrava un ottimo modo di vivere la relazione. Più recentemente, ho letto le stesse parole riguardo le aziende. Si finanziano in base alle aspettative, alla produttività "in potenza". Non è un caso che all'epoca studiassimo entrambi economia. È assurdo che un concetto del genere abbia permeato le relazioni umane.
Tutto questo è il motivo per cui ultimamente sono sempre più convinta che il male principale, quello che è davvero da combattere, e che porta avanti preconcetti e pregiudizi come razzismo e patriarcato, sia il capitalismo.
Quello in cui lo sfruttamento è la base del benessere. Quello per cui se non hai qualcuno che ti pulisce casa e devi fare tutto tu, crolli e muori. Quello dove la povertà è necessaria.
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È impressionante quanto mi manchi Alice.
Non ero innamorato di Alice. Come scrivo spesso, metto in dubbio (sempre di più) l’amore, mi chiedo sempre se quello umano esista davvero oppure no. Però bisogna arrendersi alla realtà: Alice ha lasciato un segno. Lo ha fatto perché ha saputo insinuarsi, a poco a poco, arrivando all’improvviso, e facendo un po’ quel che voleva nella mia anima. Anche silenziosamente, a volte. Alice era la miglior correlazione tra bellezza e giovinezza. Non era solo questo, ovviamente, ma non dimenticherò mai il suo dolce viso, il suo candore, e in generale la sua fisicità. Mi sento immensamente onorato, per aver potuto ammirarla. Seppur a distanza, seppur per pochi istanti, in modo fugace. Starei due giorni senza mangiare, per quel corpo. E sapete quello che penso sull’”amore a pagamento”, ma se fossi obbligato da qualcuno ad usufruirne, vorrei una sua fotocopia. Lì pagherei, lì andrebbero i miei soldi. Lo sapete, non farei mai una cosa del genere, la disprezzo. Ma apprezzate la sincerità, seguite il concetto e rendetevi pertanto conto della forza di quel che sto esprimendo. E il paradosso è che non era nemmeno l’aspetto fisico, quello che mi colpiva di più in lei. No, anzi. Era la sua gentilezza, a farmi vacillare. Il suo modo di porsi nei miei riguardi: sempre rispettoso, rimanendo un passo indietro. Mai una parola fuori posto, seppur con sparute eccezioni nella parte finale del periodo in cui abbiamo conversato. Alice era una ragazza che sapeva chiedere scusa, che sapeva pregarmi, che sapeva pentirsi. Mi vedeva per ciò che sono, ed è anche vero che mi ubriacava di parole. Però erano parole bellissime. Ricordo i nostri racconti a quattro mani, fantasticando di perderci di notte nei boschi. Ricordo quanto era assolutamente certa di essere succube di me. E credo che lo sia stata a tal punto da non esser più in grado di gestire il tutto, fuggendo via come ha fatto. Sì, quello è stato il dolore più grande. C’erano state probabilmente già delle avvisaglie, periodi fatti di lunghi silenzi da parte sua. Però poi tornava. Invece, l’ultima volta, dalla sera alla mattina cancellò il suo account Tumblr, e anche quello Telegram. E così l’ho persa, per sempre. Bello il mondo virtuale, eh? No, per niente, eppure ne siamo tutti (in qualche modo) affascinati, se non dipendenti. A differenza di quanto accaduto in passato, non credo che Alice fosse un “fake”. No, ne sono piuttosto certo. Innanzitutto perché non sono più ingenuo come un tempo, e in secondo luogo perché l’ho sentita parlare, l’ho vista in foto, e anche in video. E l’intelligenza artificiale non era ancora avanzata come lo è adesso. Di tutto, cosa rimane? Il fatto che Alice mi manca ancora. Certo, non come prima, ma quella ferita non si è rimarginata. Tremila caratteri non bastano, per provare a descrivere la potenza di certe conversazioni, la forza di certe emozioni. Lei non tornerà. Lo so e lo accetto. Ma la ringrazio lo stesso, perché mi ha dato molto più di quel che potrebbe credere. Le auguro davvero il meglio.
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Donald Trump jr e Kennedy jr: “Subito de-escalation e aprire negoziati diretti con la Russia”
"Il New York Times ha riferito che l'amministrazione Biden sta valutando di consentire all'Ucraina di usare armi di precisione a lungo raggio fornite dalla NATO contro obiettivi in profondità all'interno della Russia. Una decisione del genere metterebbe il mondo a un rischio maggiore di conflagrazione nucleare rispetto a qualsiasi altro momento dalla crisi missilistica cubana". Lo scrivono su 'The Hill' il figlio di Trump, Donald Trump junior, e Robert Kennedy junior.�"In un momento in cui i leader americani dovrebbero concentrarsi sulla ricerca di una via di fuga diplomatica per una guerra che non avrebbe mai dovuto aver luogo, l'amministrazione Biden-Harris - proseguono Trump e Kennedy junior - sta invece perseguendo una politica che la Russia afferma che interpreterà come un atto di guerra. Nelle parole di Vladimir Putin, gli attacchi a lungo raggio in Russia 'significheranno che i paesi della NATO, gli Stati Uniti e i paesi europei, sono in guerra con la Russia'. La logica degli analisti sembra essere che se si stuzzica un orso cinque volte e non risponde, è sicuro stuzzicarlo ancora più forte una sesta volta. Una strategia del genere potrebbe essere ragionevole se l'orso non avesse denti. I falchi dell'amministrazione Biden sembrano aver dimenticato che la Russia è una potenza nucleare. Hanno dimenticato la saggezza di John F. Kennedy, che nel 1963 disse: 'Le potenze nucleari devono evitare quegli scontri che portano un avversario a una scelta tra una ritirata umiliante o una guerra nucleare'. Dovremmo prendere sul serio questo consiglio".
Trump e Kennedy junior continuano: "Putin ha segnalato numerose volte che la Russia avrebbe usato armi nucleari in circostanze estreme. A settembre 2022, Putin affermo': 'Se l'integrita' territoriale del nostro Paese e' minacciata, useremo senza dubbio tutti i mezzi disponibili per proteggere la Russia e il nostro popolo: questo non è un bluff'. A marzo 2023, ha stretto un accordo con la Bielorussia per stazionare lì armi nucleari tattiche. All'inizio di questo mese, il vice ministro degli Esteri Sergei Ryabkov ha annunciato che la Russia avrebbe modificato la sua dottrina nucleare in risposta al coinvolgimento occidentale nella guerra in Ucraina. Immaginate se la Russia fornisse a un altro paese missili, addestramento e informazioni di puntamento per colpire in profondità nel territorio americano. Gli Stati Uniti non lo tollererebbero mai. Non dovremmo aspettarci che lo tolleri neanche la Russia. Questo gioco del nucleare è andato abbastanza lontano. Non possiamo avvicinarci più di così al limite. E per cosa? Per 'indebolire la Russia'? Per controllare i minerali dell'Ucraina? Non è in gioco alcun interesse americano vitale. La febbre della guerra nell'establishment della politica estera statunitense è a un livello tale che è difficile dire se credono alla loro stessa retorica. Nel dibattito di martedì scorso, la vicepresidente Kamala Harris ha evocato immagini di forze russe che avanzano in Europa. Di sicuro deve sapere quanto sia assurdo. Per prima cosa, la Russia riesce a malapena a strappare qualche provincia all'Ucraina, che non è affatto una delle grandi potenze europee. In secondo luogo, la Russia ha reso molto chiari i suoi obiettivi di guerra fin dall'inizio, in particolare la neutralità ucraina e la fine dell'espansione verso est della NATO. Centinaia di migliaia di vite perse e centinaia di miliardi di dollari dopo, nessuno sta meglio, né l'Europa, né l'America e certamente nemmeno l'Ucraina. E' giunto il momento di una de-escalation di questo conflitto. Questo è più importante di qualsiasi questione politica su cui la nostra nazione discute. Una guerra nucleare significherebbe la fine della civiltà come la conosciamo, forse persino la fine della specie umana. L'ex presidente Donald Trump ha giurato di porre fine a questa guerra, ma quando entrerà in carica, potrebbe essere troppo tardi.
Marco Rizzo
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“ La Guerra fredda aveva un senso. Fu una guerra ideologica in cui il vincitore, verosimilmente, avrebbe imposto al nemico sconfitto, per usare parole ormai screditate dal troppo uso, la propria filosofia e i propri valori. Può sembrare retorico, ma vi era in quello scontro fra giganti una certa nobiltà. Due grandi idee – la dittatura del proletariato e il capitalismo democratico – offrivano al mondo due strade diverse verso un futuro migliore. Le due diverse prospettive hanno creato speranze, attese, impegno e sacrifici che non sarebbe giusto ignorare. Oggi ogni traccia di nobiltà è scomparsa. Il comunismo è fallito e, come accade sempre in queste circostanze, la memoria collettiva ricorda soltanto le sue pagine peggiori: i massacri della fase rivoluzionaria, la fame ucraina, la persecuzione del clero, le purghe, i gulag, il lavoro coatto, i popoli trasferiti con la forza da una regione all’altra. La democrazia capitalista non è in migliori condizioni. Il trasferimento del potere economico dai produttori di beni ai produttori di denaro ha enormemente allargato il divario fra gli immensamente ricchi e i drammaticamente poveri. Il denaro governa le campagne elettorali. Le grandi piaghe della prima metà del Novecento – nazionalismo, militarismo, razzismo – si sono nuovamente aperte. Il linguaggio della competizione politica è diventato becero e volgare. Le convention americane sono diventate un circo equestre in cui i candidati esibiscono i muscoli della loro retorica. Il meritato riposo e un busto nel Pantheon della nazione, che attendevano gli uomini di Stato alla fine della loro carriera politica, sono stati sostituiti da posti nei consigli d’amministrazione, laute consulenze e conferenze generosamente retribuite (come i 225.000 dollari pagati da Goldman Sachs a Hillary Clinton per un dibattito dopo i suoi quattro anni al Dipartimento di Stato). Anziché affidarsi a leader saggi e prudenti, molti popoli sembrano preferire i demagoghi, i tribuni della plebe, i caudillos. Anche Putin appartiene per molti aspetti a un club frequentato da Erdoğan, Al Sisi, Orbán, Jaroslaw Kaczyński, Bibi Netanyahu, Xi Jinping, Lukašenko, per non parlare dei loro numerosi cugini in Africa e in Asia. Ma ha anche altre caratteristiche.
Deve governare un enorme spazio geografico popolato da una moltitudine di gruppi nazionali e religiosi. È il leader di un grande Paese che ha interessi legittimi e ambizioni comprensibili. È responsabile di una potenza che è anche un tassello indispensabile per l’amministrazione di un mondo caotico e pericoloso. Possiamo deplorare molti aspetti del suo carattere e della sua politica. Ma vedo sempre meno persone in Occidente che abbiano il diritto di impartirgli lezioni di democrazia. Occorrono 541 giorni per formare un governo in Belgio. Occorrono due elezioni politiche a distanza di sei mesi per formare un governo in Spagna. Occorrono tre commissioni bicamerali e due riforme costituzionali approvate dal Parlamento, ma sottoposte a referendum popolare, per cercare di modificare la costituzione in Italia. Nell’Unione Europea sono sempre più numerosi i cittadini che invocano il ritorno alle sovranità nazionali, ma in alcuni Stati nazionali (Belgio, Gran Bretagna, Spagna) la sovranità nazionale è contestata da regioni che chiedono il diritto di secessione. Mi chiedo: la democrazia è ancora un modello virtuoso che l’Europa delle democrazie malate e gli Stati Uniti delle sciagurate avventure mediorientali e del nuovo razzismo hanno il diritto di proporre alla Russia? “
Sergio Romano, Putin e la ricostruzione della grande Russia, Longanesi, 2016¹. [Libro elettronico]
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La Speranza è una creatura alata di Emily Dickinson: Un canto silenzioso che riscalda l'anima. Recensione di Alessandria today
Emily Dickinson celebra la resilienza e la forza interiore della speranza in una delle sue poesie più iconiche e potenti.
Emily Dickinson celebra la resilienza e la forza interiore della speranza in una delle sue poesie più iconiche e potenti. La Speranza è una creatura alata è una delle poesie più celebri di Emily Dickinson, un’opera che incarna perfettamente la sua capacità di esprimere con semplicità i sentimenti più profondi. Attraverso l’immagine di un uccello che si annida nell’anima e canta melodie senza…
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Ho finito L'Amica Geniale.
Mi ha dato tanto e mi ha fatto soffrire altrettanto.
Mi sono messa a cercare qui sopra citazioni che potessero rendere giustizia a quello che mi ha fatto provare ma non ne ho trovate.
Elena Ferrante ha il "genio" di scrivere cose in maniera molto banale ma diretta, tagliente, ti incolla al testo come se fosse una serie tv ed è questo che sicuramente le ha regalato il successo meritato. Non a caso, sono proprio di questo tipo le citazioni che si trovano facilmente qui su Tumblr.
Ma per chi è campano o del sud, è diverso.
Di nuovo, il successo internazionale non ha reso giustizia alla crudezza dei fatti raccontati. Così come con Gomorra, quasi sicuramente agli occhi degli anglofoni la verità delle parole si mescola con la fantasia e non hanno percezione di quanto la crudezza raccontata sia vera, palpabile, reale, quotidiana nel perimetro in cui i fatti sono raccontati.
Mi ricordai di Antonio, di Pasquale, di Enzo, arrangiamento quattro soldi fin da ragazzini per sopravvivere. Gli ingegnieri, gli architetti, gli avvocati, le banche erano altra cosa, ma i loro soldi venivano, pur tra mille filtri, dallo stesso malaffare, dallo stesso scempio, qualche briciola s'era mutata persino in mancia per mio padre e aveva contribuito a farmi studiare. Qual era dunque la soglia oltre la quale i soldi cattivi diventano buoni e viceversa? [Storia di chi fugge e di chi resta - cap. 106]
Tra i milioni di lettori, chi si è mai soffermato su questa frase? Quanta consistenza perde una frase del genere agli occhi non ha idea di cosa accade nella terra dove il malaffare è routine? A parte la potenza dell'ultima, tutto il resto scivola nella narrazione eppure racconta di come, in quella terra, siamo tutti indissolubilmente in mezzo allo stesso malaffare pur non avendo mai avuto problemi con la giustizia e pur conducendo una vita normale. Letteralmente. Così come è scritto.
Come una volta disse saggiamente Maura Gancitano dei Tlon, il malaffare è insito persino nel settore dei supermercati, "e allora che fai non vai a fare la spesa?", aveva giustamente aggiunto.
Lo so che è l'intero mondo a girare così. Ma il trauma di essere nata in un luogo del genere è di credere che esistamo posti con una netta separazione tra i soldi puliti e quelli sporchi e allontanarti dalla tua zona ti fa sentire più tranquilla.
L'eco di questi romanzi ha risuonato in me forte e chiaro in moltissimi punti; quelli del periodo rosso vissuto in Italia, pur raccontando di una verità storica, non mi ha risuonato allo stesso modo. Per cui non riesco ad immaginare quanto possano risuonare quegli stessi punti in un napoletano, né posso immaginare quanto si siano persi milioni di lettori esteri che non hanno lo stesso vissuto alle spalle.
È stato un trauma. Ma è un trauma che va vissuto.
#Elena Ferrante#L'Amica Geniale#pensieri#letture#letteratura italiana#Napoli#camorra#pensieri diurni#leggere
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L'ideologia
Raramente chi cambia convinzioni cambia ideologia.
Stanisław Jerzy Lec
Come ogni volta è stato necessario dal conseguimento dei miei 18 anni, anche ieri sono andato a votare. Dalle prime lezioni Europee, la percentuale di partecipazione dei votanti è calata di quasi 20 punti percentuali.
È molto bello leggere qui le considerazioni che scorrono in dash sull'argomento, e vorrei portare la mia particolare attenzione per tre temi che trovo affascinanti ma spesso brutalmente semplificati.
I primi due sono collegati. L'aumento a livelli mai visti dell'astensione, pone in cattiva luce coloro che non hanno esercitato il proprio diritto di voto, in una posizione alquanto intrigante nell'indagine sui perché non siano andati a votare. Sulla questione, sebbene a mio parere è più importante votare che non farlo, sono molto meno estremista di chi sostiene che a)non ci si può poi lamentare e b) si fa un favore a certe fazioni politiche (questo punto sarà la partenza della seconda questione). L'articolo 48 della Costituzione Italiana stabilisce che il voto è personale, uguale, libero e segreto e che il suo esercizio è un «dovere civico». Sull'ultimo punto, che è ambiguo, la doverosità si lega solo all'espressione del vincolo politico di appartenenza al popolo, che vuol dire che se non si vota non ci sono sanzioni civili o penali, e l'unico vincolo esistente è morale. Siccome essa è varia e per fortuna non viviamo ancora in uno Stato Etico, credo che sia doveroso essere meno istintivi e più riflessivi sul punto, per lo stesso principio per cui, e ne sono fermamente convinto, è inopportuno e insensato chiedere alle famiglie di fare più figli per sostenere la natalità.
Seconda questione: i motivi del non voto. Il più sentito è la mancanza di corrispondenza tra i propri ideali e quelli proposti dalle compagini politiche. È un punto inattaccabile, lo ammetto. Ma mi chiedo a questo punto se esista davvero qualcosa che possa essere esauriente nella corrispondenza tra i nostri ideali e la realtà. Avendo avuto mezza famiglia impegnata in politica negli anni precedenti, ho avuto la fortuna di leggere i verbali delle assemblee delle sezioni del Partito Comunista Italiano della mia città e della mia provincia. Già allora esistevano le contestazioni su cosa fosse o meno di sinistra (accusando immancabilmente gli altri di non capirlo), con argomentazioni a volte di una sottigliezza politica ed intellettuale ammirevole, ma il tutto si discuteva e si "risolveva" (il più delle volte) all'interno della sezione, che poi guidava il voto, che era compatto per ideologia di partito oltre le differenze individuali, a volte dal punto di vista politico anche profonde (tanto che poi non si rinnovava la tessera, per esempio). Finita l'ideologia partitica, per motivo storici a volte validi e altri del tutto costruiti prima dal berlusconismo, poi dal populismo dilagante, non vorrei che si spingesse gli elettori a scegliere le proprie idee con la stessa mentalità con cui scegliamo un bene di consumo, attenti alle parole slogan, a particolari che politicamente sono inutili ma nella propaganda efficaci e soprattutto ad un modo di pensare che ormai, per ogni questione, polarizza l'attenzione sugli estremi delle posizioni, fa di tutto per rendere inutile il dialogo, e mette sempre le questione ad un bivio, questo si etico, per cui se non sei così non sei buono e viceversa. Dando solo una sempre più incontenibile potenza all'individualismo.
In un post che mi è piaciuto molto, @biggestluca pone l'accento sull'importanza di riprendere un discorso di cultura politica di base che, e lo condivido in pieno, è del tutto scomparsa. Anche in questo caso, il ruolo delle strutture del partito o di quelle che nella scienza politica venivano detti "corpi intermedi", si è dissolto lasciando uno spazio desolante di mancanza di riferimento, solo in parte sostituita, a volte unica via, dall'informazione personale. Che se da un lato è percorso formativo necessario, dall'altro rischia di travolgere i concetti e di definirli secondo le dinamiche del punto secondo. Faccio un esempio recentissimo: le bellissime immagini delle vittore dei ragazzi e delle ragazze dell'Atletica italiana ai recenti Europei di Roma, con la loro bellezza multiculturale (che quindi in parte è già viva e presente, sebbene impedita con norme oscene dallo Stato) sono quasi tutte descritte come una risposta anti-Vannacci, issando un pensiero che rimane pur sempre minoritario (che è quello di questo tizio, stando ai numeri), dandogli maggior importanza di quello che è. La questione gioiosa, che da un lato nasconde problematiche annose e politicamente rilevanti, finisce per essere una sorta di sfottò al personaggio salito alla ribalta delle cronache.
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Sette di Spade
"La risoluzione dei Patti Esoterici".
Questa Energia dirompente frantuma le Antiche Alleanze.
Non solo "Umane". Ma anche "Esoteriche".
Annulla i "sortilegi" delle precedenti catene dimensionali. Spazza via i legami dell'oscura notte buia dell'Anima. Irrompe e deflagra millenni di "storia strutturale interiore".
Complesso definire i contorni di questo "sacro passaggio".
Difficile esprimere a parole la potenza esplosiva e "resettante" che si sta scatenando dalla "Vibrazione di Do".
Un Suono così gutturale e intenso non era mai stato percettibile prima d'ora dal nostro sistema psichico, sensoriale ed emotivo profondo.
Esso proviene dalle Stelle, dal Cosmo, dall'incontro dell'Energia Cristallina con il nucleo viscerale della Terra.
Questa Sacra Unione, purifica, pulisce, libera, strappa dalla pelle ancestrali patti d'Anima. Porta a risoluzione intere generazioni dell'Albero, siano esse viventi o orbitanti nel Campo Energetico della Coscienza.
Una vera Rivoluzione.
Le relazioni tra l'Energia del Maschile e quella del Femminile si posizionano al centro della "risoluzione evolutiva".
Aria e Fuoco si incontrano e divampano. Bruciano, riducono in cenere le catene del dolore e della schiavitù, si riappropriano dei ruoli e dei doni propri della loro Energia primordiale.
Nel Rispetto. Nella Presenza. Nell'Amore.
Questi potenti movimenti potrebbero al momento prefigurarsi come "non processabili" a livello raffigurativo-mentale.
Non li vediamo.
Potrebbero non essere traducibili dall'antico linguaggio "comunemente condiviso".
Non riusciamo ad esprimerli verbalmente.
Ma si sentono, si percepiscono, entrano nella Carne e nel Cuore, sconvolgono le viscere, l'intestino, le vertebre, gli assetti posturali, gli strati epidermici profondi.
Sono "tanta intensità, tutta assieme", per alcuni "troppa e troppo impattante".
L'Emotivo scatena la sua forza liberatoria. Il passaggio esoterico e di iniziazione alla fusione tra Spirito e Materia, si risolve in un gesto umile di Resa profonda dell'Umana condizione. Una sorta di atto genuflesso, di inchino regale, di omaggio alla potenza dello Spirito che risuona espansa dentro di noi, attraverso il potente battito del Cuore Cristallino.
Dicembre è straordinario. E' magico.
E' sacro ed esoterico insieme. E' improvviso. E' riconciliatorio.
E' Ombra e Luce. E' Verità e Giustizia.
E' la spaesante sensazione di aver già visto e vissuto tutto, ma di non averlo mai potuto esprimere nella "piena libertà dell'Umano", attraverso il suo respiro più profondo e autentico, il suo battito più potente, la sua pelle più sensibile.
Saranno giorni intensi. Il passaggio di questa Vibrazione ha appena accennato il suo maestoso compito.
Ne usciremo totalmente trasformati dai movimenti sconquassanti delle prossime due settimane.
"Melodia nuova" proveniente dalle Galassie, si propaga nell'Etere, si insinua nel campo magnetico, vibra potente e amplificata e si sintetizza dentro di noi attraverso i nuovi sensori interiori del nostro campo dimensionale di Coscienza.
Preparate l'espressione di stupore più bella che mai potreste immaginare.
Perché, se all'apparenza là fuori tutto sembra ancora "Vecchio", il germe del "Nuovo" sta per sconvolgere le vostre Vite. Per sempre.
Tenetevi forte.
Si decolla.
Mirtilla Esmeralda
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Donald Trump jr e Kennedy jr: “Subito de-escalation e aprire negoziati diretti con la Russia”
"Il New York Times ha riferito che l'amministrazione Biden sta valutando di consentire all'Ucraina di usare armi di precisione a lungo raggio fornite dalla NATO contro obiettivi in profondità all'interno della Russia. Una decisione del genere metterebbe il mondo a un rischio maggiore di conflagrazione nucleare rispetto a qualsiasi altro momento dalla crisi missilistica cubana". Lo scrivono su 'The Hill' il figlio di Trump, Donald Trump junior, e Robert Kennedy junior: "In un momento in cui i leader americani dovrebbero concentrarsi sulla ricerca di una via di fuga diplomatica per una guerra che non avrebbe mai dovuto aver luogo, l'amministrazione Biden-Harris - proseguono Trump e Kennedy junior - sta invece perseguendo una politica che la Russia afferma che interpreterà come un atto di guerra. Nelle parole di Vladimir Putin, gli attacchi a lungo raggio in Russia 'significheranno che i paesi della NATO, gli Stati Uniti e i paesi europei, sono in guerra con la Russia'. La logica degli analisti sembra essere che se si stuzzica un orso cinque volte e non risponde, è sicuro stuzzicarlo ancora più forte una sesta volta. Una strategia del genere potrebbe essere ragionevole se l'orso non avesse denti. I falchi dell'amministrazione Biden sembrano aver dimenticato che la Russia è una potenza nucleare. Hanno dimenticato la saggezza di John F. Kennedy, che nel 1963 disse: 'Le potenze nucleari devono evitare quegli scontri che portano un avversario a una scelta tra una ritirata umiliante o una guerra nucleare'. Dovremmo prendere sul serio questo consiglio".
Trump e Kennedy junior continuano: "Putin ha segnalato numerose volte che la Russia avrebbe usato armi nucleari in circostanze estreme. A settembre 2022, Putin affermo': 'Se l'integrita' territoriale del nostro Paese e' minacciata, useremo senza dubbio tutti i mezzi disponibili per proteggere la Russia e il nostro popolo: questo non è un bluff'. A marzo 2023, ha stretto un accordo con la Bielorussia per stazionare lì armi nucleari tattiche. All'inizio di questo mese, il vice ministro degli Esteri Sergei Ryabkov ha annunciato che la Russia avrebbe modificato la sua dottrina nucleare in risposta al coinvolgimento occidentale nella guerra in Ucraina. Immaginate se la Russia fornisse a un altro paese missili, addestramento e informazioni di puntamento per colpire in profondità nel territorio americano. Gli Stati Uniti non lo tollererebbero mai. Non dovremmo aspettarci che lo tolleri neanche la Russia. Questo gioco del nucleare è andato abbastanza lontano. Non possiamo avvicinarci più di così al limite. E per cosa? Per 'indebolire la Russia'? Per controllare i minerali dell'Ucraina? Non è in gioco alcun interesse americano vitale. La febbre della guerra nell'establishment della politica estera statunitense è a un livello tale che è difficile dire se credono alla loro stessa retorica. Nel dibattito di martedì scorso, la vicepresidente Kamala Harris ha evocato immagini di forze russe che avanzano in Europa. Di sicuro deve sapere quanto sia assurdo. Per prima cosa, la Russia riesce a malapena a strappare qualche provincia all'Ucraina, che non è affatto una delle grandi potenze europee. In secondo luogo, la Russia ha reso molto chiari i suoi obiettivi di guerra fin dall'inizio, in particolare la neutralità ucraina e la fine dell'espansione verso est della NATO. Centinaia di migliaia di vite perse e centinaia di miliardi di dollari dopo, nessuno sta meglio, né l'Europa, né l'America e certamente nemmeno l'Ucraina. E' giunto il momento di una de-escalation di questo conflitto. Questo è più importante di qualsiasi questione politica su cui la nostra nazione discute. Una guerra nucleare significherebbe la fine della civiltà come la conosciamo, forse persino la fine della specie umana. L'ex presidente Donald Trump ha giurato di porre fine a questa guerra, ma quando entrerà in carica, potrebbe essere troppo tardi. Dobbiamo chiedere, subito, che Harris e il presidente Biden invertano la loro folle agenda di guerra e aprano negoziati diretti con Mosca"
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