#capitalismo democratico
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“ La Guerra fredda aveva un senso. Fu una guerra ideologica in cui il vincitore, verosimilmente, avrebbe imposto al nemico sconfitto, per usare parole ormai screditate dal troppo uso, la propria filosofia e i propri valori. Può sembrare retorico, ma vi era in quello scontro fra giganti una certa nobiltà. Due grandi idee – la dittatura del proletariato e il capitalismo democratico – offrivano al mondo due strade diverse verso un futuro migliore. Le due diverse prospettive hanno creato speranze, attese, impegno e sacrifici che non sarebbe giusto ignorare. Oggi ogni traccia di nobiltà è scomparsa. Il comunismo è fallito e, come accade sempre in queste circostanze, la memoria collettiva ricorda soltanto le sue pagine peggiori: i massacri della fase rivoluzionaria, la fame ucraina, la persecuzione del clero, le purghe, i gulag, il lavoro coatto, i popoli trasferiti con la forza da una regione all’altra. La democrazia capitalista non è in migliori condizioni. Il trasferimento del potere economico dai produttori di beni ai produttori di denaro ha enormemente allargato il divario fra gli immensamente ricchi e i drammaticamente poveri. Il denaro governa le campagne elettorali. Le grandi piaghe della prima metà del Novecento – nazionalismo, militarismo, razzismo – si sono nuovamente aperte. Il linguaggio della competizione politica è diventato becero e volgare. Le convention americane sono diventate un circo equestre in cui i candidati esibiscono i muscoli della loro retorica. Il meritato riposo e un busto nel Pantheon della nazione, che attendevano gli uomini di Stato alla fine della loro carriera politica, sono stati sostituiti da posti nei consigli d’amministrazione, laute consulenze e conferenze generosamente retribuite (come i 225.000 dollari pagati da Goldman Sachs a Hillary Clinton per un dibattito dopo i suoi quattro anni al Dipartimento di Stato). Anziché affidarsi a leader saggi e prudenti, molti popoli sembrano preferire i demagoghi, i tribuni della plebe, i caudillos. Anche Putin appartiene per molti aspetti a un club frequentato da Erdoğan, Al Sisi, Orbán, Jaroslaw Kaczyński, Bibi Netanyahu, Xi Jinping, Lukašenko, per non parlare dei loro numerosi cugini in Africa e in Asia. Ma ha anche altre caratteristiche.
Deve governare un enorme spazio geografico popolato da una moltitudine di gruppi nazionali e religiosi. È il leader di un grande Paese che ha interessi legittimi e ambizioni comprensibili. È responsabile di una potenza che è anche un tassello indispensabile per l’amministrazione di un mondo caotico e pericoloso. Possiamo deplorare molti aspetti del suo carattere e della sua politica. Ma vedo sempre meno persone in Occidente che abbiano il diritto di impartirgli lezioni di democrazia. Occorrono 541 giorni per formare un governo in Belgio. Occorrono due elezioni politiche a distanza di sei mesi per formare un governo in Spagna. Occorrono tre commissioni bicamerali e due riforme costituzionali approvate dal Parlamento, ma sottoposte a referendum popolare, per cercare di modificare la costituzione in Italia. Nell’Unione Europea sono sempre più numerosi i cittadini che invocano il ritorno alle sovranità nazionali, ma in alcuni Stati nazionali (Belgio, Gran Bretagna, Spagna) la sovranità nazionale è contestata da regioni che chiedono il diritto di secessione. Mi chiedo: la democrazia è ancora un modello virtuoso che l’Europa delle democrazie malate e gli Stati Uniti delle sciagurate avventure mediorientali e del nuovo razzismo hanno il diritto di proporre alla Russia? “
Sergio Romano, Putin e la ricostruzione della grande Russia, Longanesi, 2016¹. [Libro elettronico]
#Vladimir Putin#Russia#leggere#citazioni#Putin e la ricostruzione della grande Russia#saggistica#saggi#Recep Tayyip Erdoğan#Viktor Orbán#Xi Jinping#Lukašenko#Aljaksandr Lukašėnka#Bibi Netanyahu#ideologia#democrazie#Abdel Fattah al-Sisi#Jaroslaw Kaczynski#Europa#Stati Uniti#dittatura del proletariato#Guerra fredda#demagogia#retorica#capitalismo democratico#Hillary Clinton#Ucraina#militarismo#nazionalismo#razzismo#Sergio Romano
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Intorno al 1968,
Nicola Chiaromonte scriveva che i movimenti giovanili più preziosi erano quelli dei paesi dell’est europeo, cioè quelli che si battevano per la libertà; e deplorava il fatto che gli studenti a ovest del continente (i francesi, gli italiani) avessero così scarsi legami con i loro coetanei cecoslovacchi, polacchi, ungheresi. Gli occidentali, potremmo tradurre, somigliavano ai personaggi delle “Cose” di Perec: la loro falsa coscienza li induceva a interessarsi della vita civile solo in quanto sintomo di una vaga, cavillosa o brutale Filosofia della Storia; e intanto, molto spesso, sotto la crosta ideologica rivoluzionaria, la loro concreta esistenza quotidiana era abitata da una fame inesausta di accumulo, benessere, consumo, status. La nostra indifferenza di oggi per chi lotta contro la dittatura russa, la noia o perfino lo scherno espressi davanti agli ucraini (così come l’uso sprezzante nonché inconsapevolmente fascista del termine “sionismo” e l’immediata accettazione dei dati forniti dalla propaganda di Hamas, che dividono irreparabilmente le nostre pseudosinistre dai coraggiosi manifestanti delle sinistre democratiche israeliane) derivano anche da quei diversi destini, oltre che com’è ovvio da equivoci più antichi. Chi ha imparato a misinterpretare il mondo su bignami in cui tutto è ricondotto alla categoria del colonialismo occidentale e del suo contrario, e alla categoria delle lotte interne ai partiti comunisti o delle lotte dei partiti comunisti contro i neonazisti dichiarati e contro un capitalismo tanto meno studiato quanto più assorbito nell'immaginario, oggi letteralmente non vede nulla, e vive con arroganza in un benessere irreale. Non vede, soprattutto, lo stato di diritto che pretende per sé, e che invece è così ‘liberale’ nel ritenere irrilevante per i cittadini del mondo abbastanza lontani dalla propria casa. Chi respira in modo più o meno normale non si accorge dell'importanza dell'aria - finché non gliela tolgono. Di questa irrealtà ideologica, un secolo dopo il delitto Matteotti (socialista democratico e disprezzato dai ‘rivoluzionari’), l’Italia è purtroppo ancora all’avanguardia.
Matteo Marchesini
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Capita che il sentimento di vergogna sia provato in circostanze semplicemente derisorie: di fronte a una volgarità di pensiero troppo grande, o a una trasmissione di varietà, o di fronte al discorso di un ministro, o alle parole di ‘buontemponi’. Ma si tratta di una delle ragioni più potenti della filosofia, ciò che ne fa necessariamente una filosofia politica. Nel capitalismo non c’è che una sola cosa universale, il mercato. Non c’è stato universale, proprio perché c’è un mercato universale di cui gli stati sono dei focolai, delle Borse. Ora, esso non è né universalizzante, né armonizzante, ma è una incredibile fabbricazione di ricchezza e di miseria. I diritti dell’uomo non ci faranno benedire le ‘gioie’ del capitalismo a cui essi partecipano attivamente. Non c’è stato democratico che non sia compromesso fino al cuore in questa fabbricazione della miseria umana. La vergogna è che noi non abbiamo alcun mezzo sicuro per proteggerci, e a più forte ragione far insorgere dei divenire, perfino in noi stessi.
Gilles Deleuze
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Come mai il Partito Laburista di #Starmer ed il #Pd di #EllySchlein stanno ritornando al Materialismo Dialettico?
Come scrivevo alcuni giorni fa', un importante ebraista della nostra diocesi, Mons. Renato #DeZan, ci spiegava - molti anni fa' - come la supremazia dell' uomo bianco (della razza caucasica) sia stata dovuta al fatto che circa 5000 anni prima di #GesùCristo a qualcuno, nel mezzo della steppa russa, gli si accese improvvisamente un neurone e decise che era utile addomesticare l' #asino ed il #cavallo.
Qualcosa di analogo sta accadendo con l' #AutoElettrica.
La #Cina comunista di #XiJinPing e la #Turchia Islamica di #Erdogan sono già in fase avanzata con la produzione di veicoli elettrici, mentre l' #Occidente democratico, liberale, liberista e formalmente cristiano segna il passo.
È indubbio che l' auto elettrica sia, per la Turchia, un mezzo per affermare la sua egemonia nel #Mediterraneo e per dimostrare la superiorità della Civiltà Islamica; per la Cina un mezzo per esportare il #comunismo e per dimostrare la superiorità del #marxismo rispetto al capitalismo.
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Charlotte Perkins Gilman
Essere circondati da cose belle ha molta influenza sulle creature umane; fare cose belle ne ha di più. Mentre ci illudiamo che le cose rimangano uguali, queste cambiano proprio sotto i nostri occhi di anno in anno, di giorno in giorno.
Charlotte Perkins Gilman, scrittrice e poeta femminista, esponente di spicco del movimento di liberazione delle donne statunitensi, si è interessata approfonditamente alla relazione tra indipendenza economica, rispetto ambientale ed evoluzionismo.
Intellettuale a tutto tondo, ha militato all’interno di diverse organizzazioni impegnate nell’analisi della società umana, proponendo una prospettiva nuova sul ruolo della donna nella società e auspicando una liberazione sociale, sessuale ed economica.
La sua opera maggiormente conosciuta è La carta da parati gialla (The Yellow Wallpaper), del 1892, un racconto semi-autobiografico sulla depressione post-partum e l’isolamento delle donne.
Il lavoro di tutta la sua vita è stato quello di propugnare l’autoaffermazione delle donne, al di fuori dei ruoli stereotipati di madre e moglie.
Nata a Hartford, nel Connecticut, il 3 luglio 1860, era figlia di Mary Ann Fitch Westcott e Frederick Beecher Perkins. Sua zia è stata Harriet Beecher Stowe, l’autrice deLa capanna dello zio Tom.
La sua vita venne segnata, fin dalla più tenera età, da una serie di eventi drammatici: la perdita di un fratello, la salute cagionevole della madre, l’abbandono della famiglia da parte del padre. A causa della situazione economica precaria, si trasferirono spesso, cosa che le impediva di costruire legami stabili.
Vivendo un’infanzia di isolamento e solitudine, si rifugiava nella lettura, passione ereditata dal padre che, sebbene distante, non smetteva di consigliarle libri da leggere. Le difficoltà che segnarono la sua infanzia contribuirono al desiderio di indipendenza che l’ha accompagnata per tutta la vita.
Sin dall’adolescenza, si cimentò in diversi lavori, dava lezioni private, era stata cassiera e stata addetta alle vendite, dipingeva e vendeva carte intestate, cuciva tende e rammendava vestiti, realizzava volantini pubblicitari e vendeva i suoi acquerelli. Tuttavia, nonostante avesse talento, non si è mai considerata un’artista.
Nel 1882, dopo una relazione di quattro anni con l’amica di vecchia data Martha Luther, incontrò Charles Walter Stetson, giovane artista di Rhode Island che sposò due anni dopo. Dalla loro unione nacque una figlia, Katharine. Il parto le causò una terribile depressione curata anche in una casa di cura.
La nevrosi e l’insofferenza verso il convenzionale ruolo di moglie e madre la portarono a separarsi dal marito, nel 1888, e a trasferirsi a Pasadena, dove cominciò a dedicarsi totalmente alla sua carriera.
Ha fatto parte attiva del movimento nazionalista, che operava per porre fine all’avidità del capitalismo e alle distinzioni di classe, proponendo l’avvento di un genere umano migliore, pacifico, etico, democratico e realmente progressista. La sua poesia, Similar Cases, del 1890, che l’ha proclamata la poeta del Nazionalismo, era una critica satirica di coloro che resistevano al cambiamento sociale. Nel corso dello stesso anno, scrisse, in soli due giorni il suo racconto più famoso, The Yellow Wallpaper in cui esprimeva il suo pensiero riguardo l’oppressione sociale ed economica della figura femminile.
Si guadagnò l’attenzione del pubblico anche grazie al suo primo volume di poesie, In This Our World, del 1893, contenente settantacinque poesie divise in tre sezioni riguardanti i suoi principali interessi principali: Il Mondo, La Donna e Il Nostro Genere Umano.
In California iniziò anche a tenere conferenze e discorsi pubblici presso alcuni club femminili e fu attiva in varie organizzazioni femministe e riformiste, tra cui la Pacific Coast Women’s Press Association (PCWPA) di cui divenne presidente.
Complici la continua lotta alla povertà e le pretese della sua promettente ma poco remunerativa carriera, nel 1894, l’anno del definitivo divorzio da Stetson, mandò la figlia a vivere con il suo ex marito e la sua seconda moglie. Nonostante riconoscessi i diritti paterni, la lontananza da lei le provocò un’enorme sofferenza.
Nel 1896 ha rappresentato la California alla Suffrage Convention di Washington e all’International Socialist and Labor Congress in Inghilterra.
Il suo saggio Women and Economics: a Study of the Economic Relationship Between Men and Women as a Factor in Social Evolution (1898), tradotto una sola volta in italiano nel 1902 da Carolina Pironti col titolo La donna e l’economia sociale: studio sulle relazioni economiche tra uomini e donne come fattore di evoluzione sociale, è considerato uno dei testi fondamentali sull’origine della questione femminile e sulle relazioni economiche e sociali tra i sessi.
Nel 1900 ha sposato Houghton Gilman, un suo cugino avvocato a Wall Street.
Mentre scriveva compulsivamente e teneva conferenze in tutto il paese, attraverso The Forerunner, giornale che ha fondato e diretto, diffondeva le sue idee sui diritti delle donne e sul ruolo nella società, proponendo la riforma della casa, del matrimonio e del lavoro..
Nel 1932, le fu diagnosticato un carcinoma mammario incurabile che la portò a suicidarsi con un’overdose di cloroformio, il 17 agosto 1935, la decisione fu il risultato finale del processo di rivendicazione del diritto di poter scegliere in autonomia la propria sorte.
Sia nella sua autobiografia che nel provocatorio biglietto lasciato al momento della dipartita, scrisse che preferiva il cloroformio al cancro. Ha fatto della sua morte, come della sua vita, una “scelta di servizio sociale”.
Straordinariamente prolifica e popolare ai suoi tempi, dopo la morte era stata dimenticata, successivamente, è stata riscoperta dal movimento femminista alla fine degli anni Sessanta, grazie alla ristampa di Women and economics, che ha dato inizio all’approfondimento di buona parte della sua opera.
La critica femminista ha messo in evidenza la qualità anticipatoria delle sue analisi e delle sue proposte. A partire dalla fine degli anni ottanta, sono stati portati alla luce non solo gli aspetti positivi del suo pensiero, ma anche le problematicità di un’ideologia basata sul presupposto che la civiltà americana bianca fosse superiore.
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«Al Congresso giovanile di Bologna nel 1912 i giovani del PSI si ribellarono all'impostazione "scolastica" che il partito voleva imporre alle sue sezioni giovanili giungendo a promuovere la trasformazione de L'Avanguardia, il combattivo giornale di lotta dei giovani, in attrezzo "culturale". Nella loro mozione la risposta fu nettissima: "Considerando che in regime capitalista la scuola rappresenta un'arma potente di conservazione nelle mani della classe dominante; che nessuna fiducia sia da attribuirsi ad una riforma della scuola in senso laico e democratico; che scopo del movimento nostro è contrapporsi ai sistemi di educazione della borghesia; affermiamo che l'educazione dei giovani si fa più nell'azione che nello studio e in conseguenza esortiamo tutti gli aderenti al movimento giovanile socialista a riunirsi per discutere dei problemi dell'azione socialista comunicandosi i risultati delle osservazioni e delle letture personali e abituandosi sempre più alla solidarietà dell'ambiente socialista".»
«lo Stato borghese, per assolvere i suoi compiti in pieno, ha bisogno di essere ben saldo nel tempo, di coinvolgere molte generazioni, di separare adeguatamente bambini, giovani e adulti in compartimenti stagni, di obbligarli ad assorbire ciò che trasmette a senso unico un funzionario dello Stato sulla base di un programma statale pressoché immutabile.»
«L'istinto rivoluzionario è inversamente proporzionale alla cultura che ogni uomo possa assorbire nell'attuale società.»
«La scuola è già da tempo una realtà utile al controllo statale tramite la perpetuazione, anzi, la fossilizzazione dell'ideologia dominante, e non può essere riciclata come nuova sovrastruttura.»
«La scuola generalizzata è un'istituzione esclusivamente borghese e per di più abbastanza recente, dato che, come la conosciamo adesso, non ha ancora duecento anni.»
«Il capitalismo stesso ha dunque introdotto la scuola popolare e gratuita. In seguito l'ha resa obbligatoria al pari del servizio militare. Più o meno con le stesse motivazioni utilizzate per l'esercito di volontari d'oggi, la sta rendendo sostanzialmente volontaria e "professionale". Come il soldato non sta più in caserma, avendo invaso la società militarizzata, dove guerra e pace sono la stessa cosa, così la scuola è uscita dalle aule e si è diffusa sul "territorio" permeando di sé l'industria, i servizi, il sindacato: questa è la società dei "corsi di formazione". C'è da chiedersi come mai un giovane, dopo vent'anni di scuola, non sia ancora formato.»
«La scuola assomiglia molto alla Chiesa, o al partito stalinista. Anche se è un'emanazione dello Stato, rappresenta una comunità autonoma, anzi, autoreferente. Pretende di essere universale, perché il sapere è di tutti, al di sopra delle generazioni, ma è strumento di classe in questa società.»
«Ad ogni ragionevole osservatore dovrebbe apparire evidente che nella scuola non si produce nulla di ciò che si dice di produrre, dal sapere alla capacità di affrontare la vita sociale. Come tutte le chiese o i partiti borghesi, la scuola, oltre a generare i suoi miti, se ne serve in circuito chiuso: per far parte della struttura occorre assorbirli e poi farli assorbire ad altri, per cui l'individuo preso nel circolo vizioso diventa del tutto incapace di mettersi in relazione con la realtà esterna (e mai aggettivo fu più ricco di significato). Come la società di cui è espressione, essa non produce elementi organici a un tutto, perciò il tutto non potrà mai rendere organico ciò che non lo è, inglobandolo, trasformandolo, utilizzandolo. Come ogni circuito chiuso della società, essa si dota, al suo interno, di procedure per invalidare le reazioni e i comportamenti individuali atti a smascherare la truffa della democrazia e dell'eguaglianza. Se non tutto fila liscio, l'intero sistema scolastico, dall'individuo, ai gruppi e alle correnti, teorizzerà di non aver fatto abbastanza per raggiungere il risultato e contribuirà a rafforzare la liturgia, l'ideologia, sé stesso nel suo insieme. Vorrà assomigliare di più alla società "produttiva". Vorrà per esempio trasformare le scuole in aziende e coloro che vi insegnano in ottusi cultori del mercato. Vorrà la meritocrazia fra gli insegnanti e fra i ragazzi, attribuendo debiti o crediti al nozionismo quantificato. E allora è ovvio che la scuola-azienda non avrà altro, nelle sue strutture, che presidi manager, insegnanti-funzionari-del-Capitale e una massa di milioni di studenti-consumatori col loro bravo borsellino dei titoli-denaro.»
«Abbiamo visto che la scuola, pubblica o no, è Stato. La scuola privata vive in gran parte vendendo la propria merce in modo autonomo, ma quanto a indipendenza ideologica è zero, dato che i programmi scolastici, anche quando non sono redatti negli uffici dello Stato, sono comunque il prodotto della società che lo esprime.»
«Cartesio espresse uno dei più celebri aforismi della storia della conoscenza: penso, dunque sono. Separando il corpo dalla mente. Se lo prendiamo alla lettera, come ancora oggi è solito farsi, vi è rappresentato il rovescio esatto della realtà, sia per quanto riguarda l'ominazione e lo sviluppo sociale, sia per quanto riguarda la struttura del cervello umano e quindi dell'apprendimento: l'uomo è, dunque pensa. Capire come "funziona" il cervello aiuta a capire in che cosa consista veramente il problema di una teoria della conoscenza e della formazione dell'uomo. L'organo cervello può essere studiato secondo il riduzionismo cartesiano per quanto riguarda le sue parti costitutive e le loro funzioni, ma mai, in ogni caso, separatamente dal corpo e dalla società di cui fa parte.»
«La struttura del cervello riproduce così la realtà "esterna" da cui è determinato: esso è suddiviso in parti specializzate ma, nello stesso tempo, raggiunge i suoi scopi funzionando come un tutto. »
«All’interno della società capitalistica gli stessi borghesi sanno che i bambini non allenati al lavoro e all'attività fisica imparano molto più lentamente e con maggior difficoltà. Privilegiando l'insegnamento di materie compartimentate secondo una spudorata divisione sociale del lavoro, separando l'individuo dalla prassi produttiva e quindi dall'interazione con altri individui nel processo più socializzato che esista, limitando l’uso finalizzato della mano, dei sensi e delle comunicazioni nervose che portano l'esterno a contatto col cervello, e viceversa, formando l'individuo di massa come semplice ricettore passivo, non c'è dubbio che la borghesia produca uomini con qualche deficit nello sviluppo cognitivo.»
«Che razza di scuola è mai quella odierna che non permette ai bambini di organizzare ma solo di subire? Chi non sa organizzare e vive passivamente la propria vita non è un uomo, è una bestia.»
«L'individuo non può modificare né il proprio bagaglio genetico che gli dà l'informazione necessaria, l'istinto, l'intuizione per affrontare il mondo, né tantomeno il resto dell'informazione accumulata nella storia, quella che alla sua nascita trova già tramandata da altri. Ma nello stesso tempo, a parte il bagaglio "innato", egli nasce come parte di una specie che evolve, quindi ha il compito, con gli altri uomini, di adoperare la conoscenza esistente per incrementarla, affinarla e soprattutto, quando si presentino le congiunture storiche favorevoli, rivoluzionarla. Perché ciò sia possibile è necessario proprio l'opposto di un enorme apparato di omologazione e di conservazione. L'ordine stabilito, l'Accademia, la fossilizzazione dell'insegnamento sono il contrario di ciò che occorre alla dinamica della formazione dell'uomo.»
«Noi possiamo conoscere, ma poco per volta, per approssimazioni successive, inglobando man mano i risultati passati in quelli nuovi. È assurdo elevare strutture immani come la scuola e immaginarle dispensatrici di conoscenza "finita" da inscrivere in programmi scolastici e trasmettere agli studenti attraverso un complicato sistema di ordinamenti e direttive.»
«La scuola non può essere "formazione" perché illude l'individuo di poter "scegliere" la sua strada fra molte, mentre tutte sono invece prefissate, sono vicoli ciechi. Lo studente di fronte alla scuola è come il consumatore davanti al distributore automatico di bibite: inserisce la moneta e può ottenere in cambio soltanto ciò che c'è nel contenitore, prendere o lasciare; egli non può permettersi di smontare i pulsanti, cambiare i cablaggi, immettere panini invece di bevande, ecc. Molti parlano di scuola "costruttiva". Ma non è questo il problema: l'uomo si "costruisce" da sé, a partire dalle prime cellule embrionali e poi non fa che continuare. Il rovesciamento della prassi, l'atteggiamento attivo e non passivo di fronte al processo di formazione dell'uomo, consiste prima di tutto nel capire che l'informazione accumulata e quella in atto (linguaggio, comunicazione) sono un tutt'uno con lo sviluppo dell'embrione, sono il suo ambiente, liquido amniotico, placenta, cordone ombelicale e così via. L'uomo si forma – volendo, si "costruisce" – nell'ambito dello sviluppo delle caratteristiche di specie, mentre si realizza la vera "natura antropologica dell'uomo che è l'industria" (Marx) e che qualcuno chiama ancora "cultura".»
«Quella del bambino come recipiente vuoto da riempire è concezione meccanicistica recente. Persino la società medioevale ha scavato a fondo nel problema della conoscenza offrendoci spunti pratici utili per il futuro, solo la società capitalistica sembra essersi auto-esentata da questo compito, tenendo la prassi scolastica ben lontana dalle proposte degli stessi studiosi borghesi, a parte esperimenti di gruppi isolati. Dopo aver realizzato le basi materiali per il salto definitivo dalla preistoria alla storia essa non ha più dato importanza alla necessità di fissare nell'ideologia una teoria della conoscenza. Le bastava indagare intorno alla struttura esistente, sull'insieme formato da cervello, psiche, ambiente, comportamento, e ovviamente criticare, dall'alto del suo pseudo-materialismo, la sottile capacità di auto-organizzazione della materia, così come l'intravide Engels e com'è abbondantemente provato oggi dalla paleoantropologia, dall'etologia e dalla scienza del linguaggio. Oggi l'accademia borghese taccia di neo-kantismo e di innatismo la teoria della formazione e della fissazione genetica dei caratteri plasmati dal lavoro, proprio mentre una sua corrente eclettica rivela profonde connessioni fra la materia auto-organizzata, cioè vivente, il suo passato biologico-sociale e il suo divenire. A dispetto dell'ideologia, la scienza verifica che l'auto-apprendimento relazionale si trova a tutti i livelli biologici, fin dal genoma che ci programma, dato che in ognuno di essi troviamo regolazioni in atto, cioè stimoli e retroazioni che "costruiscono" il corpo e la sua intelligenza.»
«Ogni rivoluzione ha i suoi militi, il suo programma e la sua estetica. Ma da dove scaturiscono, se il sistema che la rivoluzione ha il compito di demolire impone la propria ideologia, la propria cultura, la propria scienza, ecc.? Vecchia questione: nessuna svolta rivoluzionaria è possibile senza il partito della rivoluzione, ma il suo programma, quello che i suoi militi devono assimilare è frutto della rivoluzione. Dov'è la soluzione del paradosso? Dopo l'Ottobre Trotsky dovette rispondere più volte a quesiti sulla cultura proletaria, l'arte proletaria, la scienza proletaria, la dottrina militare proletaria. Il proletariato non "possedeva" tutto questo, non lo poteva costruire con le macerie della vecchia società e non c'erano ancora i mattoni e le impalcature per quella nuova. I bolscevichi, Trotsky compreso, tendevano a rispondere che il compito era quello di edificare con i pochi materiali nuovi sulle macerie della vecchia società, salendo su di esse, si era più in alto e si vedeva un orizzonte più lontano. Il tempo per lo sviluppo della "scienza proletaria" sarebbe venuto dopo. Questo valeva anche per la scuola. La Sinistra Comunista "italiana" ci ha insegnato che la risposta completa è: la dialettica insita nella dinamica verso la società nuova fa sì che emergano dalla vecchia società anticipazioni di quella futura, quindi che emerga il partito storico che le collega fra loro e forma gli strumenti adatti per la rottura catastrofica del vecchio sistema mentre il nuovo si impone. La scuola, come tutto il resto, ne è coinvolta e le contraddizioni entro il vecchio sistema non sono altro che sintomi della sua malattia mortale.»
«La borghesia esalta l'individualità del genio, dello scienziato, dell'artista che esce dalle sue accademie (se è bravo mercante di sé stesso, specie se fa soldi, anche l'autodidatta va bene); la rivoluzione, senza bisogno di geni e condottieri, portò e porterà nelle case la scienza e nelle fabbriche la cosiddetta arte, facendo sberleffi all'autorità dei critici del momento.»
«Il bambino ha un'enorme capacità di ricezione e di interazione con l'ambiente e invece è costretto ad assorbire quel che gli trasmettono gli adulti, a senso unico. Con quali conoscenze interagisce? Con quale materiale "genetico" può svilupparsi? La struttura unidirezionale della comunicazione si manifesta a tutti i livelli, ma in particolar modo nella scuola elementare, proprio dove sarebbe più necessario l'affermarsi del principio bio-pedagogico spiegato precedentemente. Mentre questo fenomeno contraddittorio è assolutamente insuperabile per la borghesia, la nuova società lo affronterà con eleganza scientifica: semplificando. Eliminando la scuola come struttura fissa, come campo a sé, come ghetto da condizionamento, si otterrà già di per sé liberazione di esuberanti forze interagenti. Abbreviando enormemente il tempo perso in quello che oggi si definisce senza ironia "studio", sostituito dal complesso di attività formative non separate dalla vita, si amplierà, altrettanto enormemente, la possibilità di realizzare, lungo tutta l'esistenza dell'individuo, il primo requisito dell'uomo "umano", il rovesciamento della prassi, l'azione cosciente finalizzata.»
«L'ordine è per sua natura contro ogni evoluzione, più che mai contro ogni rivoluzione. Se la vita biologica fosse regolata da un immutabile DNA saremmo ancora dei batteri unicellulari. Solo dal caos può nascere nuovo ordine, nel senso che il caos è sempre solo apparente, nasconde processi deterministici e quindi un ordine nascosto. Il comunismo è l'ordine emergente dal caos, non è un modello, è una dinamica.»
«Mentre lo Stato proletario sarà una macchina non dissimile da quella precedente, ma rovesciata (Marx: sarà sottomesso alla società invece di sottometterla), la scuola sarà sostituita dall'intera società come contesto in cui avverrà una "istruzione permanente" dell'uomo.»
«per "istruzione permanente" non si può che intendere la necessità di approfondire di continuo le nostre conoscenze sulla natura e le sue leggi; la crescita dell'uomo sociale nel senso che abbiamo più sopra esposto; il perfezionamento delle tecniche e dei metodi; l'affinamento dei programmi che gli permettono di rovesciare la prassi, di progettare la propria esistenza col dominio delle passioni, o con il loro indirizzo razionale, accanto alla creatività dell'istinto e dell'intuizione.»
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"Da circa un ventennio questa ondata di risentimento contro le élites e l’establishment del capitalismo centralizzato del liberismo dispiegato si sta affermando in tutto il mondo. La sinistra del socialismo internazionale riformista e dei caucus del Partito Democratico così com’è venuto configurandosi negli Usa dopo il periodo dei Kennedy ha incarnato il liberismo dispiegato: è governato dallo Stato che afferma tanto il mercato quanto i diritti dell’uomo senza limiti dettati da principi morali regolatori. Le conseguenze sono dinanzi a tutti:
le disuguaglianze sono alle stelle, la carbonizzazione devastante avanza impetuosa, i lavoratori sono ridotti in una nuova schiavitù come documentano le morti sul lavoro che aumentano in tutto il mondo. Anche i sistemi sociali mutano: si sudamericanizzano ossia passano dalla povertà alla marginalità con conseguenze disgreganti gli universi morali, mentre le cattedrali del progresso capitalista ossia le grandi imprese escono dal mercato iperfinanziarizzato con conseguente affermazione di un nuovo capitalismo iper peristaltico. Solo le società naturali resistono tanto nella costruzione d’impresa con l’artigianato tecnologico, quanto nei mondi delle fedi. Ma questi universi sono stati e sono avversati e derisi dalla Sinistra Internazionale Mondiale.
Così il rovesciamento politico del mondo fa apparire naturale che si aumenti il costo del denaro alzando i tassi e si continui a pensare che sia possibile crescere e svilupparsi senza economia mista. Il ghigno liberista ha il volto dei potenti. Il mondo si è capovolto. È per questo che il meccanismo con la contaminazione pandemica e la guerra imperialista si è inceppato. La tempesta s'avvicina. E solo Dio ci può salvare."
-Giulio Sapelli
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Solo una modesta parte del territorio albanese era ancora sotto il controllo dello Stato. Nelle zone settentrionali del Paese si creò una situazione di anarchia, mentre nel meridione e nelle zone centrali (soprattutto Tirana, Durazzo, Valona, Elbasan, Lushnje), il territorio era caduto nelle mani di diverse bande armate. A complicare la situazione intervenne anche la lotta tra i diversi gruppi di trafficanti, i cui scontri armati finivano con decine di vittime fra i civili. I depositi di armi erano stati saccheggiati in tutta l’Albania e la maggior parte degli albanesi era munito di un fucile, quando non di armi pesanti, ormai di facile reperibilità. Nel mese d’aprile, l’Onu autorizzò l’invio in Albania di settemila soldati italiani nell’ambito dell’Operazione Alba, per ristabilire l’ordine nel Paese. Per disarmare gli albanesi ci volle molto tempo e con un risultato parziale: più di tre milioni di fucili, mitra e armi da combattimento non furono mai consegnate. La maggior parte di loro prese la strada del Kosovo, regione della Serbia a maggioranza albanese e musulmana. In realtà non si era trattato di un caso e nemmeno di una situazione contingente della Storia. Sali Ram Berisha era stato cardiologo, nonché segretario del comitato del Partito del lavoro presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Tirana. Dal 1992, sedeva sullo scranno della presidenza dell’Albania. Era un democratico liberale. Ma soprattutto era stato definito «persona non grata» dal dipartimento di Stato Usa. Aveva certamente abbracciato in pieno i principali dogmi del capitalismo neoliberista, ma si ostinava a volere un’Albania indipendente, anche da Washington e dai suoi giochi di potere. Il Paese sull’Adriatico era uno snodo essenziale per i traffici illegali da e per i Balcani. Berisha dava un’interpretazione larga a questa definizione. Per lui i traffici erano traffici e gli affari erano affari. In più, di sicuro questi non dovevano coinvolgere estremisti islamici, avversati in tutti modi dal Presidente albanese. E così, le principali rotte di petrolio (illegale) per la Serbia passavano per il lago di Skutari, a cavallo tra il confine albanese e quello montenegrino. In barba a tutti gli sforzi fatti dalla Nato per isolare Belgrado e costringerlo alla resa incondizionata, Berisha aiutava a tenere in vita Belgrado. Anzi, la società che gestiva il traffico illegale di petrolio era la Shqiponja Co. ed era diretta da dirigenti del Partito democratico di Berisha. «Nel 1997 in Albania c’è stato un colpo di Stato mascherato», ha dichiarato l’ex funzionario del dipartimento di Stato Usa, James Jatras. «Bisognava far fuori Berisha per isolare Milosevic. Ma non solo. L’Albania si sarebbe dovuta islamizzare. C’era già l’accordo con l’Arabia Saudita. L’Albania doveva diventare terreno di operazione di al Qaida. Ma c’era una cosa che contava più di qualunque altra: il Kosovo aveva bisogno di un accesso al mare per i rifornimenti e le famiglie mafiose kosovare di un luogo sicuro dove preparare la guerra contro la Serbia». Il Kosovo era il tassello numero due da rendere indipendente dalla Serbia e possibilmente dipendente da Washington. Jatras: «La ‘ndrangheta molto fece per aiutare le bande criminali albanesi a rivoltarsi contro Berisha. E ancor prima le società finanziarie Usa (come la appena nata BlackRock, nda) favorirono il crollo del sistema bancario albanese. Insomma, quel che accadde in Albania nel 1997 aveva la nostra regia. Noi del dipartimento di Stato siamo veramente bravi a far saltare in aria Paesi e a rovesciare governi. Quando ci siamo di mezzo noi, trionfa sempre la “democrazia” e nessuno si accorge mai della nostra ombra, tutto appare sempre così spontaneo. Ma non c’è niente di meno spontaneo di una cosa spontanea». Come ha raccontato Xhavit Shala, ex capo della Criminalpol albanese, poche settimane dopo le dimissioni di Berisha, l’Albania diede la cittadinanza a un egiziano che si chiamava Ayman al Zawahiri. Era il numero due di al Qaida.
Franco Fracassi - The Italy Project
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Oggi che il comunismo è caduto, contro (le Comunità di tutto il Mondo) si rizza il Nemico vero, il Nemico finale: un sistema estetico-economico totalmente secolarizzato. Quest'ultimo Nemico era già stato identificato da (...) Del Noce. E' il CAPITALISMO ULTERIORE AL COMUNISMO, che ingloba in sé le larve psichiche e sociali scampate alla decomposizione del marx-leninismo: "l'intellettuale (...) come custode del nichilismo", "trasformato in funzionario dell'industria culturale alle dipendenze del potere". Del Noce l'aveva previsto: il comunismo sconfitto "trasformato in una componente della società borghese", dominata da "una nuova classe che tratta ogni idea come strumento di potere". Il comunismo addomesticato in "partito radicale di massa, adatto a mantenere l'ordine in un Mondo (...) totalmente secolarizzato". E' il CAPITALISMO INTERNAZIONALISTA del nuovo Ordine Mondiale Tecnocratico. Insomma, il peggio dei due sistemi, il "totalitarismo borghese-radicale" (...).
da un dialogo tra Massimo Cacciari e il cattolico Cristiano Nisoli, il cui tema sarebbe il confitto tra modernità e cristianesimo ma da cui estraggo una analisi “aconfessionale” che trovo estremamente ficcante, via https://buseca.wordpress.com/2021/11/28/deve-smettere-di-fare-il-katechon/
Questa analisi spiega molto bene la convergenza di interessi (il contrario di conflitto di interessi: questi determinano equilibri, mentre le convergenze tolgono i freni e spingono nei baratri) tra “(neo-)liberalismo” e paracomunismo cinese.
Il primo col liberismo moderno ma anche con le teorie liberali classiche nulla ci azzecca: è un figlio illegittimo del socialismo cd. democratico, non a caso culturalmente e politicamente imperante nella società ignorante in quanto sradicata, barocca e decadente Occidentale odierna; il secondo è il fantoccio del comunismo che da internazionalista si è fatto globalista, rimuovendo l’ideologia e affidandosi al mercantilismo: confuciano quindi burocratico, società uguale a formicaio, dove l’individuo non ha nessun senso se non incasellato in una preciso ruolo funzionale, tecnocratico cioè dis-umano.
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In particolare, queste parole precise sono parte del discorso che lo scrittore da pronunciare al grande inquisitore durante l’incontro con Cristo tornato sulla terra durante gli autodafé nella Spagna del ‘500, e da lui fatto incarcerare. In sostanza, rimprovera a Gesù Cristo di non aver più nulla da promettere all’umanità, ormai affidata alla cura della Chiesa, unica depositaria della verità, e il fulcro della sua tesi è che agli esseri umani non importa nulla della libertà, anzi ritenuta nociva rispetto al bisogno di sicurezza, garantito solo dal potere religioso e temporale. Direi che trovarci analogie con il sistema politico dello stato di diritto democratico fondato sulla libertà e sul rispetto dei diritti fondamentali è quanto meno assurdo, anche per ragioni storiche oltre che politiche. I Fratelli Karamazov è stato scritto nella seconda metà dell’800 sotto il dominio zarista, quando la Russia era ancora uno stato agricolo feudale con la monarchia assoluta e la servitù della gleba, manco sapevano cosa fosse il capitalismo e la democrazia.
FËDOR DOSTOEVSKIJ
Li convinceremo che saranno liberi soltanto quando rinunceranno alla loro libertà in nostro favore e si sottometteranno a noi. Li faremo lavorare, sì, ma nelle ore libere dalla fatica organizzeremo la loro vita come un gioco infantile, con canti in coro e danze innocenti [...] Daremo loro l’umile, quieta felicità degli esseri deboli. Dimostreremo loro che sono soltanto dei poveri bambini, ma che la felicità dei bambini è più dolce di ogni altra.
Diventeranno timidi, avranno timore della nostra collera, la loro intelligenza perderà ogni audacia, i loro occhi diventeranno facili al pianto. Oh, concederemo loro anche il peccato, e così ci ameranno come bambini perché permetteremo loro di peccare! Noi diremo che ogni colpa sarà riscattata, purché la commettano col nostro permesso.
E non avranno segreti con noi. Noi permetteremo o proibiremo loro di vivere con le mogli e con le amanti, di avere o di non avere figli, giudicando sempre in base alla loro obbedienza; e loro si sottometteranno a noi, tutti felici e contenti. I segreti più tormentosi della loro coscienza li porteranno a noi; noi risolveremo tutto, e loro accetteranno la nostra decisione con gioia, perché essa li libererà da una grande fatica e dal terribile supplizio attuale di dover decidere da sé, liberamente.
Fëdor Dostoevskij, I fratelli Karamazov
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Ocasio-Cortez, la signora in rosso: occasione o farsa? Alexandra Ocasio-Cortez, al galà della moda, è arrivata con un abito Brother Vellies e il messaggio “Tax the Rich” impresso in rosso sulla schiena, con un’assistente personale a reggerle lo strascico del vestito. Un po’ come se Martin Luther King si fosse presentato a una riunione del Ku Klux Klan con un completo Armani con cucita la scritta “One race, the human one”. (...) All’inizio del gioco democratico magari ci credevamo pure. Pensavamo a quel povero deputato/a, sindacalista, costretto a ingoiare bocconi amari, dai tagli al salario all’espulsione dei poveri dalle città, pur di far passare un emendamento o un ordine del giorno che restituisse almeno 1 euro al lavoratore angariato o una coperta al povero allontanato. Poi però la sensazione di vivere quella che a Roma viene volgarmente chiamata “coglionella” (essere presi in giro reiteratamente e con cinismo da parte di chi ha già deciso in partenza di fregarti) si è fatta sempre più forte. Ho provato questa sensazione guardando la foto di Alexandria Ocasio-Cortez, in arte AOC, deputata di New York in quota Partito Democratico (l’originale) che lunedì scorso all’Oscar della moda del Met Gala, 35 mila dollari per entrare e 300 mila dollari per un tavolo, è arrivata con un abito con giacca di lana avorio Brother Vellies personalizzato con una balza in organza e il messaggio “Tax the Rich” impresso in rosso sulla schiena, con un’assistente personale a reggerle lo strascico del vestito. La notte stessa ho sognato, I had a dream, Martin Luther King che si presentava a una riunione del Ku Klux Klan con un completo Armani con cucita sulla camicia la scritta “One race, the human one”. Non contesto la presenza di una persona che si autodefinisce “socialista”, ricordandoci la parabola discendente del termine in questo secolo, a un evento di ricconi stronzoni. Una ricerca della Reuters/Ipsos su 4.441 intervistati negli Usa, ha scoperto che il 64% concorda sul fatto che i super ricchi dovrebbero contribuire con una quota extra della loro ricchezza totale per sostenere i programmi pubblici; il 77% dei favorevoli tra i Democratici e il 53% tra i Repubblicani. In sostanza la Ocasio-Cortez ha cercato facile fama sfondando una porta già aperta presso l’opinione pubblica; non è stato un gesto di rottura, come dimostra anche l’accoglienza favorevole che ha ricevuto dai ricconi/stronzoni che con un solo bottone d’oro del loro vestito potrebbero pagare la vita universitaria di almeno cinque studenti meno abbienti. (...) Sostengono gli adulatori di AOC che in questo modo, la scritta sul vestito, ha lanciato un messaggio sul problema della diseguaglianza. Un messaggio non certo scandaloso, come abbiamo visto dal consenso che la tassazione maggiore dei ricchi trova tra gli statunitensi, e di sicuro ininfluente dal punto di vista pratico, come abbiamo visto in merito ai reali movimenti per porre fine alle diseguaglianza quale è stato Occupy. Lei, Alessandra, sostiene di aver potuto così porre il problema parlando direttamente con quegli stessi ricchi che non vogliono tasse sulla ricchezza. Poi per raccogliere fondi sulle sue campagne politiche ha messo in vendita la maglietta con scritta “tax the rich” a 27 dollari e la felpa con cappuccio a 58 dollari. In fondo vive pur sempre nella patria del capitalismo. Cosa direbbe, oggi che è deputata, Alessandra Ocasio-Cortez ai rappresentanti di un prossimo auspicabile Occupy Wall Street? Spiegherebbe loro che lei ce la mette tutta ma il suo partito non la segue; d’altronde, avete visto?, hanno piazzato Kamala Harris dietro a Biden proprio per frenare i progressisti tra i dem… Bernie è ormai un po’ rinco, Obama parla solo con Bruce Springsteen e a me m’hanno rimasta sola. Insomma, senza un movimento reale alle spalle, senza essere espressione di un’agitazione sociale spontanea, senza essere in grado di promuovere leggi nel Paese pur facendo parte della maggioranza che ha eletto il Presidente e controlla la Camera la povera Ocasio-Cortez è finita a fare la parte di quel vostro/nostro deputato di Canicattì o della Val Brembana che vorrebbe fare tante cose belle ma purtroppo il partito non gliele fa fare. Di Gianluca Cicinelli per La Bottega del Barbieri.
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Non sono Pasolini che chiede spiegazioni
Non sono Ginsberg espulso da Cuba
Non sono un frocio travestito da poeta
Non ho bisogno di un travestimento
Ecco la mia faccia
Parlo per la mia diversità
Difendo ciò che sono
E non sono così strano
Mi fa schifo l’ingiustizia
E diffido di questo balletto democratico
Ma non mi parlate del proletariato
Perché essere povero e frocio è peggio
Bisogna essere tosti per sopportarlo
È girare alla larga dai maschietti all’angolo
È un padre che ti odia
Perché il figlio è di un’altra parrocchia
È avere una madre con le mani spaccate dal cloro
Invecchiate di pulizie
Che ti cullano ammalato
Per brutte abitudini
Per cattiva sorte
Come la dittatura
Peggio della dittatura
Perché la dittatura passa
E arriva la democrazia
E appresso il socialismo
E poi?
Cosa ci farete con noi, compagni?
Ci legherete per le trecce come pacchi indirizzati
[a un centro per sieropositivi cubano?
Ci metterete in qualche treno per nessuna parte
Come nella barca del generale Ibáñez
Dove imparammo a nuotare
Ma nessuno raggiunse la costa
Per questo Valparaiso spense le sue luci rosse
Per questo le case chiuse
Offrirono una lacrima nera
Alle checche mangiate dai granchi
Quell’anno che la Commissione per i Diritti Umani
[non ricorda
Perciò compagni vi chiedo
Esiste ancora il treno siberiano
della propaganda reazionaria?
Quel treno che vi attraversa le pupille
Quando la mia voce si fa troppo dolce
E Voi?
Cosa ci farete con quel ricordo di noi bambini
Che ci masturbavamo e tutto il resto
Durante le vacanze a Cartagena?
Il futuro sarà in bianco e nero?
Il tempo diviso in notti e giorni lavorativi
senza ambiguità?
Non ci sarà un frocio in qualche angolo
a destabilizzare il futuro del vostro uomo nuovo?
Ci lascerete ricamare di uccelli
le bandiere della patria libera?
Il fucile lo lascio a voi
che avete il sangue freddo
E non è paura
La paura mi è passata
A forza di schivare coltelli
Negli scantinati sessuali che ho frequentato
E non vi sentite aggrediti
Se vi parlo di queste cose
E vi guardo il pacco
Non sono ipocrita
Per caso le tette di una donna
non vi fanno abbassare lo sguardo?
Non credete
che da soli in montagna
qualcosa l’avremmo combinata?
Anche se dopo mi odiate
Per aver corrotto la vostra morale rivoluzionaria
Avete paura che si omosessualizzi la vita?
E non parlo di metterlo e toglierlo
E toglierlo e metterlo soltanto
Parlo di tenerezza, compagni
Voi non sapete
Com’è difficile trovare l’amore
In queste condizioni
Voi non sapete
Che significa portarsi addosso questa lebbra
La gente mantiene le distanze
La gente capisce e dice:
È frocio ma scrive bene
È frocio ma è un buon amico
Super-stra-fico
Io non sono strafico
Io accetto il mondo
Senza chiedergli questa straficaggine
Ma ridono lo stesso
Ho cicatrici di risate alle spalle
Voi credete che penso con il pisello
E che alla prima scarica del CNI2
Avrei vuotato il sacco
Non sapete che la virilità
Non l’ho imparata nelle caserme
La mia virilità me l’ha insegnata la notte
Dietro a un palo
Questa virilità di cui voi vi vantate
Ve l’hanno inculcata nel reggimento
Un militare assassino
Di quelli che ancora stanno al potere
La mia virilità non l’ho ricevuta dal partito
Perché mi hanno rifiutato con delle risatine
Molte volte
La mia virilità l’ho imparata partecipando
Alla lotta di quegli anni
E ridevano della mia voce frociesca
Che gridava: e cadrà, e cadrà
E nonostante le vostre grida da maschi
Non siete riusciti a mandarlo via
La mia virilità è stato il bavaglio
Non è stato andare allo stadio
E fare a cazzotti per il Colo Colo3
Il calcio è un’altra omosessualità camuffata
Come la boxe, la politica e il vino
La mia virilità è stata sopportare gli scherzi
Ingoiare rabbia per non ammazzare tutti quanti
La mia virilità è accettarmi diverso
Essere codardi è molto più duro
Io non porgo l’altra guancia
Porgo il culo, compagno
E questa è la mia vendetta
La mia virilità aspetta paziente
Che i maschi diventino vecchi
Perché in questa fase del partito
La sinistra svende il suo culo flaccido
In parlamento
La mia virilità è stata difficile
Perciò su questo treno non salgo
Senza sapere dove va
Io non cambierò per il marxismo
Che mi ha rifiutato tante volte
Non ho bisogno di cambiare
Sono più sovversivo di voi
Non cambierò soltanto
Perché i poveri e i ricchi
Ci caschi qualcun altro
Nemmeno perché il capitalismo è ingiusto
A New York i froci si baciano per strada
Ma questa parte la lascio a voi
Che tanto vi importa
Che la rivoluzione non marcisca del tutto
A voi do questo messaggio
E non è per me
Io sono vecchio
E la vostra utopia è per le generazioni future
Ci sono tanti bambini che nasceranno
Con un’ala spezzata
E io voglio che volino, compagno
Che la vostra rivoluzione
Gli dia un pezzo di cielo rosso
Perché possano volare.
Pedro Lamebel, Manifesto (parlo per la mia diversità
#Pedro Lamebel#Manifesto#Parlo per la mia diversità#Hablo por mi diferencia#Manifiesto#Poesia#Poetry
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I CAVALIERI DELL’APOCALISSE
Nel periodo pre-pandemico, gli antagonismi mortali intrinseci al sistema erano esorcizzati da una formula magica, potente e dogmatica: “il capitalismo è il nostro destino, è la fine della Storia”. Fukuyama descriveva così il trionfo del modello liberista e poi neo-liberale negli anni ‘90, dopo la sconfitta dell’esperimento sovietico.
“Tutto finito. Non c’è più niente da fare, la Fine delle contraddizioni, motrici della Storia, è infine giunta”.
Il capitalismo democratico liberale sembrava essere accettato come la miglior società possibile. Beata ingenuità! Oggi, nel caos post-pandemico, si aprono spiragli reali di cambiamento e margini di azione.
I quattro Cavalieri dell’Apocalisse agiscono, ognuno a suo modo, per avvicinarci alla fine del sistema attuale. La Tromba che annuncia la fine di un universo mentale e culturale intero, è stata la pandemia: ma non la considero in sè un elemento di crisi intrinseco. È solo il segnale di inizio partita. I Cavalieri si aggiravano giá nel mondo pre-pandemico come spettri.
Il più evidente, è il Cavaliere della crisi ecologica. A dispetto della adattabilità tendenzialmente infinita del capitalismo a qualsiasi catastrofe o crisi sociale, la crisi ecologica precludeva una soluzione all’interno del sistema-mercato. La fiducia che nutre nel capitalismo il sistema del libero mercato, cede davanti ad un evento nuovo: un intervento umano mai ha modificato talmente il proprio ambiente da porre le premesse per il proprio annientamento. Non vale più la giustificazione: “il mondo andrà avanti anche se sfruttiamo, opprimiamo, uccidiamo”. La vita della specie è la posta in gioco. Il prezzo della fiducia nel nostro sistema è troppo alto, dal momento che potremmo morire insieme al nostro ottimismo.
Il secondo Cavaliere sono i rischi, altissimi e solo abbozzati, al momento, legati ai nuovi sviluppi tecnico-scientifici. In particolare la biogenetica, con le sue modificazioni del genoma umano, animale o vegetale. La manipolazione e modificazione di agenti virali e batterici. La mercificazione di attributi fisiologici. Tutto questo scompone e riduce l’uomo ad un sistema particolarmente evoluto di cellule. La Mente, è l’ultimo orizzonte di intervento, del potere tecnico-scientifico.
Il terzo Cavaliere è l’aumento esplosivo di nuove forme di esclusione sociale, di intolleranza e odio, che generano fratture insanabili. La crisi dei migranti in Europa, con i corollari di morte e dolore, i campi di concentramento in Libia, le gabbie per i giovanissimi migranti sudamericani dell’America di Trump, e il risorgere di movimenti nativisti e sovranisti, accellerano il crollo del sistema globalizzato, e minano la democrazia dall’interno. La globalizzazione non resiste alla sua più reale attuazione: il libero movimento degli uomini. Questo costringe il capitalismo a ripensare se stesso in profondità, per sopravvivere.
L’ultimo Cavaliere, è l’obsolescenza del concetto di proprietà privata anche per lo stesso capitalismo. Il dibattito sul brevetto dei vaccini anti-covid, tra pro e contro, mostra questa crisi. Ancora nascosta, sotto tono, la diatriba è centrale in tutti i discorsi sulla proprietá intellettuale: il diritto esclusivo di “usus et abusus” su una cosa immateriale come un’idea, un software, un marchio, un brevetto, nasconde gravi criticitá, quando si creino ostacoli allo sviluppo scientifico o si presenti il rischio reale di monopoli “della conoscenza e delle idee”. A mio parere, il concetto di proprietá privata verrà colpito nelle fondamenta, fino a giungere ad un capitalismo in cui essa è ridotta a pura sopravvivenza. La proprietà statale e pubblica sarà invece la norma, con un ritorno ad un fortissimo autoritarismo statale che si sta affermando mentre scrivo.
C’è da preoccuparsi. E bisogna organizzarsi ora che il ventre molle è esposto, sfiancato.
I Cavalieri dell’Apocalisse forse non torneranno più, in maniera così manifesta.
Ci strizzano l’occhio e ci sorridono.
#max stirner#nihilism#nihilist#nichilismo#covidー19#covid virus#anarquistas#anarchia#green anarchy#anarchismo#bakunin#collapse#apocalisse#apocalypse
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Svendita Italia o propaganda fascista?
Riporto un intervento che ho scritto altrove alcuni mesi fa, su una falsità sparsa in rete circa delle aziende italiane. L’intento non è difendere delle aziende italiane, e ci mancherebbe per un blog indipendentista, quanto invece quella di smontare una retorica fascista sovranista, che addosserebbe ad una certa “sinistra” la causa di una svendita di alcuni ambasciatori del made in Italy.
La propaganda sovranista, o per meglio dire fascista, si accompagna sempre ad una serie di falsità che pervadono il discorso politico, inquinandolo con una retorica vittimista. Le manie di persecuzione sono all'ordine del giorno e viene incolpato il nemico del momento di cose che sono accadute anni prima che quel nemico esistesse, o gli vengono attribuite responsabilità laddove il nemico non ne ha mai avute.
In questo post non ho intenzione di difendere il Partito Democratico, del quale non sono mai stato elettore, e non ho intenzione nemmeno di glorificare il made in Italy. L'intento è invece quello di confutare un argomento che i fascisti tirano fuori di tanto in tanto: la vendita di colossi aziendali storici a compagnie estere sarebbe colpa di questo o quel governo che di volta in volta individuano come bersaglio. Oggi tocca al PD e domani magari no, ma sempre con questo stesso argomento infondato.
Andiamo con ordine:
Wind: non è mai stata completamente italiana, infatti Wind Telecomunicazioni nasce alla fine del 1997 grazie all'investimento di Enel, France Télécom e Deutsche Telekom; nel 2010 Veon Ltd. (precedentemente VimpelCom Ltd.) rileva Wind; Veon Ltd. è una multinazionale delle telecomunicazioni fondata a Mosca, registrata a Bermuda e con sede ad Amsterdam ed è controllata per il 47,9% dall'olandese LetterOne del magnate russo Mikhail Fridman e per il 19,7% dalla norvegese Telenor; Wind, attraverso la Veon Ltd., entra a far parte della joint venture di Hong Kong CK Hutchison nel 2015.
Telecom: nata pubblica col nome di SIP nel 1964, viene privatizzata nel 1997 sotto il Governo Prodi, e passa nel 1997 alla famiglia Agnelli; viene acquistata poi da Olivetti nel 1999 ma Bell, società con sede in Lussemburgo, il 22% delle azioni di Olivetti; nel 2001 Telecom passa a Olimpia Spa, società con partecipazione di Pirelli (al 60%), Edizione Holding dei Benetton, Banca Intesa e Unicredito Italiano; nel 2007 passa a Telco S.p.A., patto di controllo composto da Mediobanca, Generali, Intesa Sanpaolo, Sintonia e Telefónica (Spagna); nel 2016 il maggiore azionista di Telecom è Vivendi, società francese di telecomunicazioni; nel 2018 il ai vertici dell'azienda c'è l'Elliott Management Corporation, società statunitense di gestione degli investimenti, ma Vivendi (Francia) è ancora il maggio azionista con quasi il 24% delle azioni; Telecom ha ancora sede in Italia.
Stock: viene acquisita nel maggio del 1995 dalla Eckes A.G., società tedesca che produce e distribuisce alcolici e succhi di frutta; nel 2007 diventa proprietà del fondo americano "Oaktree Capital Management" e dal 2012 la produzione viene completamente delocalizzata nella Repubblica Ceca.
Sasso: nasce nel 1860 in Liguria; passa alla società spagnola Deoleo nel 2005, che acquisisce la Minerva Oli S.p.a., che possedeva il marchio Sasso.
Sanpellegrino: nasce nel 1899 e viene acquisita dalla Nestlé (Svizzera) nel 1997; la produzione è ancora in Italia.
Riso Scotti: nasce nel 1860 ed è ancora italiana, ma i capitali sono per il 40% della società Ebro Food (Spagna) dal 2016.
Benelli: nasce nel 1911 e viene comprata nel 2005 dalla Qianjiang Group (Cina); la produzione Benelli è ancora in Italia.
Parmalat: nasce nel 1961 ma dal 2011 è controllata dalla multinazionale francese Lactalis.
Star: nasce nel 1948; nel 2006, il 50% dell'azienda viene acquisita dal gruppo alimentare spagnolo Gallina Blanca del Gruppo Agrolimen (Catalogna).
Pomellato: nasce nel 1967 e nell'aprile 2013 l'azienda diventa della holding Kering (Francia).
Pernigotti: nasce nel 1868 e viene acquisita nel 2013 da Toksöz, società turca, che dal 2018 ha deciso di interrompere le attività dello storico stabilimento di Novi Ligure ma di non dismettere il marchio.
Consorzio del Vino Chianti Classico: nasce nel 1987, ma non è un'azienda ed il suo compito è disciplinare e tutelare il vino prodotto nella regione del Chianti Classico; è in Toscana.
Algida: nasce nel 1945 ed è stata comprata da Unilever (Regno Unito, Paesi Bassi) nel 1974.
Galbani: nasce nel 1882 e nel 1974 gli Invernizzi cedettero l'azienda a quattro finanziarie con sede nel Lussemburgo e nel Liechtenstein, con proprietari ignoti; nel 1989 fu acquisita da IFIL e BSN-Danone (Francia), che nel corso degli anni rilevò progressivamente l'intera azienda e infine viene acquisita da Lactalis (Francia) nel 2006.
FIAT Avio: fondata dalla FIAT nel 1916, è venduta nel 2003 a un consorzio formato per il 70% dal fondo americano The Carlyle Group e per il 30% da Finmeccanica S.p.A.
Ducati: nasce nel 1926, viene acquistata da Cagiva (Italia) nel 1985 e nel 1996 il Texas Pacific Group (USA) compra il 51% delle azioni e ne completa l'acquisto del restante 49% della Ducati nel 1998; nel 2006 il marchio Ducati è ritornato in mani italiane con l'acquisto da parte di Investindustrial Holdings e nel 2012 viene annunciata l'acquisizione di Ducati Motor Holding S.p.A. da parte della Lamborghini Automobili S.p.A.
Bertolli: nasce nel 1865 ma viene acquisita nel 1993 dalla Fisvi (Società finanziaria lucana) per 310 miliardi di lire per conto del gruppo Unilever; nel 2008 Bertolli passa da Unilever a Deoleo (Spagna).
Carapelli: nasce nel 1893 ed entra a far parte di Sos Corporaciòn Alimentaria S.A. (Spagna), oggi Deoleo, nel 2006.
Perugina: nasce nel 1907; nel 1988 entra a far parte del gruppo svizzero Nestlé (Svizzera) assieme a Buitoni.
FIAT Ferroviaria: nata a Torino nel 1917 come "FIAT Sezione Materiale Ferroviario", cambia ragione sociale in "FIAT Ferroviaria Savigliano" nel 1975 e in "Fiat Ferroviaria" nel 1988; è infine venduta nel 2000 alla società francese Alstom, assumendo il nome "Alstom Ferroviaria".
Fendi: nasce nel 1925, è ancora un marchio italiano.
Eridania: nasce nel 1899; nel 2011 Cristal CO, società del gruppo cooperativo francese Cristal Union, secondo produttore di zucchero francese, entra in Eridania Italia con una quota del 49% nel capitale sociale.
Buitoni: l'attività inizia nel 1827 e nel 1988 il marchio viene acquisito, assieme a Perugina, da Nestlé.
Bottega Veneta: fondata nel 1966 a Vicenza, la società viene acquisita nel 2001 dal Gruppo Gucci, oggi parte della multinazionale francese Kering.
Antica Gelateria del Corso: inizia ad essere commercializzato come marchio dell'azienda Italgel nel 1980 e passa a Nestlé quando quest'ultima acquisisce Italgel nel 1993.
Locatelli: attiva dal 1860, è acquistata dalla Nestlé nel 1961 e infine da Lactalis nel 2008.
Gruppo Ferretti: nasce nel 1968 e produce la prima imbarcazione nel 1971; nel 2012 lo Shandong Heavy Industry Group-Weichai Group rileva il 58% delle azioni; nel 2016 Piero Ferrari, figlio di Enzo Ferrari, entra a far parte del gruppo Ferretti acquistando il 13,2% del capitale attraverso la holding di famiglia F Investments, risultando così l'unico azionista oltre ai cinesi del gruppo Weichai Power, detentori della maggioranza con l'86,8%.
Edison S.p.A.: attiva dal 1884, nel 2012 Électricité de France (EDF) ne ha acquisito il controllo esclusivo.
Fastweb: nasce nel 1999 e nel 2011 è acquistata dalla compagnia svizzera Swisscom.
Bulgari: società italiana fondata nel 1884, dal 2012 fa parte del gruppo francese LVMH.
Peroni: in attività dal 1846, il suo marchio è stato comprato dalla giapponese Asahi nel 2016, ma la produzione è ancora in Italia.
Gancia: nasce nel 1850 e l'azienda diventa proprietà della Russian Standard al 95% alla fine del luglio 2013.
Valentino: casa di alta moda fondata nel 1957, la casa di moda viene venduta nel 2012, insieme al marchio M Missoni, alla società Mayhoola for Investments del Qatar.
Miss Sixty / Energie: marchi creati nel 1991, cedono la branca asiatica del gruppo alla Trendy International nel 2000 ed il restante ad un fondo di investimento panasiatico, di nome Crescent HydePark, nel 2012.
Richard-Ginori: nasce nel 1735 ed è ufficialmente fallita nel gennaio 2013, ma è stata acquistata nel maggio 2013 dal gruppo Gucci, a sua volta controllato dalla società francese Kering.
Fiorucci: fondata nel 1967, è stata rilevata nel 1990 dalla Edwin International, società giapponese di abbigliamento con 8 marchi di proprietà e 6 in licenza (tra cui Lee, Wrangler e Avirex); nel 2014 i giapponesi della Edwin International cedono il marchio Fiorucci ad un'altra società giapponese, la Itochu Corporation.
Conclusioni Le manie di persecuzione della retorica fascista vorrebbero fare in modo che l'italiano medio corra ai ripari e possa armarsi contro questo o quel nemico esterno, che è identificato con un invisibile complotto internazionale ai danni dell'Italia e del “popolo italiano”, complotto che di volta in volta si manifesterebbe, ai loro occhi, con immigrati mandati da forze oscure che vorrebbero una sostituzione etnica, oppure con oppositori politici a cui si attribuisce un finanziamento estero o con acquisizione di aziende e di marchi italiani da parte di società estere, cosa che invece è normalissima nel gioco del capitalismo. Poi possiamo anche parlare di quali siano le contraddizioni in seno al capitalismo. In quest'ultimo caso della vendita delle aziende italiane, si vorrebbero addossare le colpe della dinamica capitalista (senza però definirla come tale) ad una qualche forza politica (in questo caso il PD) che, nella maggior parte dei casi menzionati, nemmeno era nata, e fa di questo falso argomento un classico delle argomentazioni in salsa fascista in difesa del Made in Italy e, per estensione, dell'Italia come categoria trascendentale, che colpiscono alla pancia del popolino lasciato senza strumenti per smascherare questa retorica. Il messaggio che i fascisti vogliono lanciare è chiaro: siamo sotto attacco, e l'acquisto di marchi italiani d'eccellenza sarebbe una dimostrazione, e la colpa di questo è dei comunisti. A cosa servirà dire che il Partito Democratico non è un emblema del comunismo? A cosa servirà dire che il comunismo intende scardinare i rapporti sociali creati dal capitalismo? A cosa servirà dire che, in ogni caso, il PD non fosse nemmeno nato quando molte aziende italiane menzionate sono state rilevate da società estere? A niente: quella è la versione che fa loro comodo per odiare, e se tu la smonti, i fascisti si gireranno dall'altra parte ed odieranno pure te. E facciamoci odiare, se questo implica aver ragione! Non erano loro che dicevano “molti nemici, molto onore”? Avendo avuto ragione, sarà un onore avere nemici.
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Cinque domande al cuore della tempesta. Parte 2: Black Anarchy in the USA. Intervista ad @AfroVitalist
1. Negli Stati Uniti è stato calcolato che la polizia uccide una persona nera ogni 28 ore, un dato drammatico. Come mai ora, come mai questa volta, l'assassinio di George Floyd ha innescato un processo insurrezionale?
La sollevazione di massa in relazione all'assassinio di George Floyd ha determinato un processo insurrezionale. Ma ad essere onesti penso che il Covid abbia fornito un contesto nel quale le motivazioni per agire erano già presenti.
Negli Stati Uniti fino ad aprile, anzi direi prima del Covid, eravamo in una specie di periodo buio. Gentrificazione di massa, la classe lavoratrice nera cacciata via dalle città, spinta fuori, verso le periferie o come le chiamiamo qui le hinterland. Credo che il contesto dell'insurrezione di George Floyd e tutto il processo abbiano devastato certe legittimazioni, come quella del Partito Democratico, o come quella del mito della Black leadership in America. Siamo su un terreno libero. Ma è veramente il Covid che ha fornito il contesto per la ribellione di George Floyd, per la sua diffusione in tutti gli Stati Uniti. Ma se torniamo indietro e la osserviamo come una continuità con Ferguson, vediamo che la risposta dei fratelli e delle sorelle fu piuttosto simile: i modi in cui si sollevarono, diedero vita spazi comuni, come la gente si coordinava, come venivano usate le auto... Sono le stesse cose che vediamo oggi ad Atlanta e a Chicago, fino agli espropri di massa.
Non credo che ciò sia venuto dal nulla, credo che la ribellione era già qui: questa società bianca negli USA è veramente repressiva.
C'è una sofferenza generalizzata causata dal Covid, non solo nella comunità nera ma per tutti, in tutto il mondo, e per quanto riguarda gli USA ha colpito davvero tutti: neri, bianchi, ricchi e poveri. Una spoliazione generale, un divenire nera (blackening) dell'America.
2. Parliamo delle manovre repressive. Sembra che la controinsurrezione abbia lavorato sulla narrazione degli “anarchici bianchi” e dei “provocatori venuti da fuori” e messo in atto teatrini quali i poliziotti che si inginocchiavano, attori pagati vestiti da Black Panther, ecc. Quale di queste tecniche ha funzionato maggiormente e quale ha fallito?
Per quanto riguarda la controinsurrezione credo che la tecnica più forte usata, a parte fisicamente il dispiegamento delle truppe, sia stata quella di agitare il fantoccio dei “provocatori venuti da fuori”. Si tratta della narrazione più efficace per lo stato, motherfuckers che vengono da chissà dove per fare casino, senza il “permesso della comunità”, ossia di quelli che si sono autoproclamati leader della piazza. Ma stiamo vivendo una nuova era, un tempo nuovo, questo è il tempo della black anarchy. Nessuno può controllare questa cosa, non c'è alcuna leadership nera. La leadership nera è un mito controinsurrezionale, sta solo nell'immaginazione dei liberal bianchi.
In alcune città ha funzionato in altre no, in alcune il livello della controinsurrezione coincideva essenzialmente con una ipermilitarizzazione del territorio e basta.
Se qualcuno prova a mettersi nella posizione di portavoce o leader del movimento, in quell'esatto momento viene delegittimato nella pratica, nel contesto della rivolta. Perché la rivolta non vede leader, non patrocina personalismi o individualità di sorta. Si tratta letteralmente di un'onda, un'onda nera, di rabbia e amore. I motherfuckers espropriano e cercano di capire come organizzare un mondo diverso. Perché hanno molto più tempo a disposizione adesso. Il sussidio di disoccupazione dovrebbe terminare il mese prossimo ma la gente ha ricevuto più di quello che avrebbe guadagnato con un lavoro. Queste contraddizioni sono difficili da sanare: puoi stare a casa e prendere 600 dollari a settimana, a fronte dei 400 che guadagneresti con un lavoro di merda che odi ed è sottopagato. Gli standard sono cambiati. Questa cosa va contestualizzata perché pare che Trump stia cercando di comprarsele queste elezioni.
3. Decolonizzare gli Stati Uniti. Le statue cadono. Un Paese fondato sulla guerra civile, sul genocidio e sulla schiavitù sta tremando. Nelle strade riecheggia il coro: “five hundread years” [cinquecento anni]. Questo discorso è diffuso ampiamente nella comunità nera e fuori di essa?
A un qualche livello, forse non allo stesso per tutti... Bisogna considerare che sul campo, nei primi giorni e nelle prime notti, diciamo dal 30 maggio al 5 giugno, i motherfuckers a migliaia espropriavano e non c'erano attivisti.
Da un punto di vista storico è chiaro che l'America è stata fondata sulla schiavitù e la polizia è direttamente connessa alle pattuglie schiaviste e alla colonizzazione da parte dei capitalisti europei, ai conquistadores. Tutto ciò è nella coscienza e nella memoria degli afrodiscendenti nelle strade. L'America non è una nazione, è un impero. Ed è giusto che i motherfuckers buttino tutto giù, simbolicamente il gesto di buttare giù una statua, un monumento razzista, è un modo con cui dicono: “L'America è la prossima”. Il sistema carcerario è un monumento: Mount Rushmore, o Stone Mountain ad Atlanta, Georgia [un monadnock, un rilievo montagnoso isolato, di adamellite di quarzo con il bassorilievo più grande del mondo situato sulla facciata nord, completato nel 1972, che rappresenta alcuni dei personaggi di spicco dei Confederati: Stonewall Jackson, Robert E. Lee e Jefferson Davis]. L'idolatria dell'America è il suprematismo bianco. La decolonizzazione dell'America sarà l'abolizione dei “bianchi”, delle relazioni sociali capitaliste. Penso che ad un certo livello questi discorsi, l'America come colonia, come impero, buttare giù le statue razziste, siano diffusi nella comunità nera.
4. Definanziare la polizia. Vedi in atto una nuova ondata di abolizionismo? Possiamo dire: “non si può abolire la polizia senza abolire il capitalismo” non solo come slogan ma anche come indicazione?
Abolizionismo come desiderio, un tentativo di desiderare di abolire lo stato di cose presente negli Stati Uniti. Alcuni vedono il de-finanziamento della polizia come un processo molto pacifico nei confronti delle guardie, togliere loro i soldi per le operazioni di controinsurrezione nella comunità nera volte a reprimere la rivolta. Un convergenza di vari gruppi, in cui i discendenti razzializzati si uniscano ad altri gruppi di persone per creare un mondo nuovo, per stabilire un nuovo tipo di ordine, ritmo e forma di vita.
Credo però che il definanziamento della polizia non possa accadere senza la demolizione del mantenimento dell'ordine pubblico (policing) in generale: ma credo che per cominciare il definianziamento sia una buona cosa, perché buca lo schermo immediatamente. L'abolizione cambia le carte in tavola, alcune amministrazioni cittadine hanno effettivamente tagliato i fondi. Cosa succederà dopo ciò? Questo è tutto da vedere, non credo che potrà andare peggio, per esempio sul terreno della sorveglianza... ma la polizia è in rivolta, stanno protestando, alcuni di loro hanno fatto delle dichiarazioni. La polizia in America è una forza politica a sé, con i suoi sindacati. Sarà una sfida togliere i soldi ai dipartimenti di polizia, non sarà abbastanza, non senza un movimento che la circondi.
L'abolizione del mantenimento dell'ordine pubblico, la sua demolizione, le relazioni sociali senza la mediazione degli sbirri, come succede altrove fuori dagli Stati Uniti... Penso che ci sia effettivamente un terreno fertile per l'abolizione, per il desiderio di un nuovo mondo. Questo non ha niente a che fare con la sinistra istituzionale o con l'attivismo: è un “tiriamo giù tutto” (let's tear the shit down) generale.
5. Prospettive. Un'insurrezione può durare settimane o mesi, può finire a causa della repressione, della stanchezza, della mancanza di obiettivi pratici o con delle elezioni. Cosa vedi all'orizzonte? Cos'è irreversibile?
L'economia continua a vacillare. Nel contesto del Covid e del cambiamento climatico, l'America è finita. Quella che chiamiamo America da un punto di vista territoriale subirà un processo di balcanizzazione. All'orizzonte vedo queste milizie bianche attive nella West Coast che cercano di guadagnare terreno e di prendere possesso di riserve o territori sotto tutela dello stato... Speriamo non proprio una guerra civile – ciò dipenderà anche da come andranno le elezioni e da cosa farà Donald Trump – ma senz'altro questo è solo l'inizio di una tempesta. Ciò che verrà dopo sarà addirittura più folle di quello che abbiamo visto. Perché non c'è modo in cui queste contraddizioni possano sostenersi tutte insieme. La ricerca di profitto, di ordine e di “benessere” è a discapito della vita umana, del benessere umano, della pienezza umana.
La gente ha provato con mano la propria potenza, il fatto che il denaro è un mito e che “i bianchi” sono dei demoni; e la delegittimazione del processo elettorale. Che Trump vinca o meno il Partito Democratico non ha alcuna risposta alla crisi. I giovani non cercano leadership in nessuno se non in loro stessi. Non la cercano nella Black Left o in chiunque arrivi in piazza con un cazzo di megafono.
Questo è quello che riesco a vedere all'orizzonte: la balcanizzazione dell'America, diversi gruppi e fazioni che controlleranno diversi territori. E probabilmente una sorta di secessione.
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