#poetica della malinconia
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Smarrimento di Antonia Pozzi: La Perdita del Tempo e dell’Orientamento Interiore. Una riflessione poetica sulla sospensione temporale e l’incertezza emotiva, firmata da una delle voci più intense della poesia italiana
Smarrimento, scritto il 21 febbraio 1935, è un componimento che esprime con straordinaria profondità il senso di disorientamento e di perdita interiore.
Smarrimento, scritto il 21 febbraio 1935, è un componimento che esprime con straordinaria profondità il senso di disorientamento e di perdita interiore. In pochi versi, Antonia Pozzi cattura la sensazione di uno scorrere del tempo alterato, che appare sospeso e interrotto, lasciando chi osserva in un limbo di incertezza e smarrimento. Attraverso l’immagine dell’orologio fermo e dei passeri che…
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E il tempo andò da un’altra parte.
Succede ogni anno, verso fine settembre, poco prima dell’autunno.
Una pace poetica affidata ai giorni, alle stagioni, ai pensieri notturni dei ragazzi e ragazze tra le lenzuola fresche di fine estate. Qualcosa di più della malinconia d’autunno: per il vizio della speranza, tra muri e finestre, letti e nuove culle, nebbia e rugiada.
Chissà quando torneranno i prati.
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Buongiorno a tutti.
Niente poesie stamattina. Solo un saluto a chi non sta bene, a chi ha qualche persona cara dentro la malattia. E poi un pensiero a chi ha subito un lutto. Non è mai facile avere a che fare con la morte. Io ogni giorno temo la morte del mio gatto, quello che sta un poco in casa e un poco fuori. Mi colpisce la sua, la nostra esposizione quotidiana al pericolo. Ieri al funerale di Romualdo uno del mio paese mi ha detto che di notte ha paura di sentirsi male e di morire. La gente vive di cose così, ma non è che le puoi dire. Tutti devono fare la parata di essere normali. E chissà perché la normalità coincide col non mostrarsi fragili e col togliersi di dosso l'idea della precarietà. Stasera a Misano Adriatico parlerò di Gianni Celati. Lui mi ha insegnato che la precarietà non è una condizione eccezionale, ma il nostro abito quotidiano. E così pure l'incertezza su chi siamo e su cosa sia il mondo. E in questa incertezza camminare tra momenti di malinconia e piccoli moti espansivi, brevi momenti in cui siamo allegri e grati per quello che siamo, liberi dalla scontentezza che è diventata la poetica dell'uomo votato al culto dell'economia: il vuoto che ognuno porta dentro non sarà mai colmato da nessun successo economico, da nessuna fama, il vuoto è la nostra officina, il confronto quotidiano col niente che saremo, col niente in cui già sono caduti miliardi di persone che sono state vive, il niente di chi non ha libertà e occasioni di lavoro e di amicizia.
p.s.
le foto sono sempre mie, quando sono di altri lo scrivo.
Franco Arminio
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ETAT LIBRE D'ORANGE - SOUS LE PONT MIRABEAU - Eau de Parfum - Novità 2023 -
P+P what a terrific alchemy. Poems + Perfumes. Is there anything better than that to shake your S+S? Senses and Soul reply right away.
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Che stupefacente alchimia quando le fragranze scuotono la curiosità e sono ganci di riflessione su quanto si è appreso nella vita, soprattutto sui testi scolastici, sulle buone letture fatte nel tempo, su quanto certe esperienze si siano poi trasformate in una trama fitta di passione e condivisione.
Ritrovare Guillame Apollinaire in questa nuova fragranza di Etat Libre d'Orange - Sous le Pont Mirabeau - è stato come aprire un varco di luce nella memoria.
Apollinaire è uno dei grandi della poesia moderna, coniò il termine 'esprit nouveau' dando significato alle avanguardie artistiche francesi d'inizio 900.
La sua poesia multisensoriale vive nella sostanza del ricordo, affrancata dai confini del tempo, ne contrasta la forza dissipatrice per divenire incorruttibile.
Nei versi della sua celeberrima ‘Le Pont Mirabeau’, cui la fragranza si ispira, scorre la malinconia per un amore perduto, la nostalgia di un tempo che non conosce futuro e quella speranza violenta e timida che fu cara a Baudelaire.
E questa sensazione di fluire, del moto perpetuo e sincopato delle acque della Senna traspare da rigorosi accordi acquatici e minerali.
La sensazione in apertura è di freschezza acidula brumosa rubata alle luci dell'imbrunire, di sentori terrosi e metallici sostenuti dalla forza calma dei legni, sandalo e cedro.
Sono aromi sospesi e lenti, meditativi nel solenne evaporare dell'incenso, nel prolungato riverbero ozonato, rischiarati dagli accenti erbacei delle foglie di violetta, dalla poetica rima dell'ambra grigia.
E ancora, come a voler trattenere in circolo le sensazioni di attesa e speranza, riemergono i legni, più confortanti e magnetici nel loro levarsi dal fraseggio distensivo di vaniglia e muschi.
É indossare una poesia.
Creata da Mathieu Nardin.
Eau de Parfum 100 ml. In selezionati p.v.
©thebeautycove @igbeautycove
IL PONTE MIRABEAU Sotto il ponte Mirabeau scorre la Senna E i nostri amor Che io me ne sovvenga La gioia mai mancò dopo il dolor Venga la notte rintocchi l’ora I giorni se ne vanno io non ancora Le mani nelle mani restando faccia a faccia Lasciam che giù Sotto l’arcata delle nostre braccia D’eterni sguardi passi l’onda lassa Venga la notte rintocchi l’ora I giorni se ne vanno io non ancora L’amore se ne va come va la corrente L’amore va Come la vita è lenta E come la Speranza è violenta Venga la notte rintocchi l’ora I giorni se ne vanno io non ancora Giornate e settimane il tempo corre Né più il passato Né più l’amore torna Sotto il ponte Mirabeau la Senna scorre Venga la notte rintocchi l’ora I giorni se ne vanno io non ancora
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Il ponte Mirabeau deve parte della sua fama a questa celeberrima poesia di Apollinaire. Costruito nel biennio1895/97 ha una struttura a tre arcate in acciaio e collega la riva sinistra del 15°arrondissement alla destra del 16°. Quattro imponenti sculture in bronzo, poste alla base dei pilastri di sostegno, rappresentano l'abbondanza, la navigazione, il commercio e la città di Parigi. E' uno dei ponti più romantici della Ville Lumière, da sempre cantato e celebrato da artisti e letterati.
Elogio in fragranza al poeta Guillaume Apollinaire, che coniò il termine “esprit nouveau” per rappresentare l’avanguardia dei tempi moderni. Apollinaire aveva in se la genialità dell'innovatore, fu un visionario nell'approcciare le nuove correnti artistiche e il primo a riconoscere la valenza della pittura metafisica.
Il ponte Mirabeau è una delle sue poesie più belle, tratta dalla raccolta Alcools del 1913, in cui l'autore applica ai versi i principi della pittura cubista, le liriche non servono uno schema, non presentano un soggetto ricorrente ma, soprattutto, sono libere e non costrette in spazi limitati dalla punteggiatura.
Il ponte ha per Apollinaire una profonda valenza simbolica, è metafora del sentimento amoroso, luogo che induce a riflettere su sentimenti e tempo. Malinconia e visione onirica si fondono palesando il tratto distintivo dello stile del poeta, la sua poesia non è solo parola, è anche tattile, udibile, percepibile con i cinque sensi, qui sta la sua straordinarietà.
C'è il riferimento alla Senna, all’acqua che scorre veloce come il tempo, alle cose smarrite in esso, all'amore perduto per la pittrice Marie Laurencin, il ricordo e la nostalgia, la consapevolezza di ciò che non potrà tornare, l' abisso di solitudine e malinconia. Tutto passa, la giovinezza e la felicità spazzate via per sempre e la citazione alla 'speranza violenta' di Baudelaire è più che appropriata, poichè la tristezza ha per lui lo stesso significato, di violenza e timidezza congiunte.
E se il tema del tempo è cruciale in quest'opera, la protagonista assoluta è la poesia stessa. Tutto ciò che resiste all’azione distruttrice e implacabile del tempo è il dono di queste parole. Il dolore della separazione viene lenito dalla bellezza, dallo splendore del verbo poetico, che possiede la stessa funzione salvifica della memoria.
©thebeautycove
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La cantautrice Rora con il nuovo singolo “Gomenasai”
Un percorso di crescita che mescola diverse culture
La cantautrice Rora pubblica il suo nuovo singolo Gomenasai (Perdonami, in giapponese), disponibile dal 15 novembre 2024 sugli stores digitali e nelle radio in promozione nazionale. Si tratta di un viaggio intimo di crescita personale, tra dubbi, incertezze e la volontà di migliorarsi. I versi alternano lingue e culture, riflettendo la complessità delle emozioni e l’universalità delle esperienze umane. Le parole esprimono la lotta interiore di chi è giovane e consapevole, alla ricerca di un equilibrio tra l’accettazione di sé e l’auto-miglioramento. Il testo, pervaso da una delicata vulnerabilità, riconosce la propria forza, pur con la consapevolezza dei limiti e delle cadute. Il ritornello, con il sincero “Gomenasai por lo que soy” (Scusami per ciò che sono), rivela un dialogo interiore tra colpa e perdono nei confronti di sé stessi, un desiderio di autenticità che sfida la tendenza a nascondersi dietro le apparenze. La frase “I try to be better as I can” è un impegno a migliorarsi, senza mai perdere la propria essenza. L'alternanza tra inglese, spagnolo e giapponese è come un “ponte” che unisce le diverse parti dell’identità dell’artista. Un brano pieno di riflessioni, che racconta la forza di chi cade e trova la via per rialzarsi, mantenendo intatta quella “luce radiante” che emerge anche tra le ombre.
Ascolta il brano
Storia dell’artista
Laura Fatato, in arte Rora, è una cantautrice siciliana della provincia di Messina. Sin da piccola sente l’esigenza di esprimere la propria anima attraverso la musica. Cresciuta circondata da musicisti e assecondata dal padre, polistrumentista, registra di piccole demo di cover e canzoni inedite. Rora impara a suonare da autodidatta la chitarra che diventa lo strumento con cui si accompagna e compone. Dopo aver terminato il liceo, inizia a cantare in diverse band locali di genere rock e pop. Numerose sono le apparizioni teatrali, dove Laura Fatato ha curato il lato musicale ispirandosi alla musica siciliana e portando alcune sue interpretazioni di Rosa Balistreri (tra queste: “Le Dindon”, “Andreuccio Fiordaliso e altre storie”, “L’eredità”, “Il vitalizio”). Si laurea in Lingue e Letterature straniere e insegna inglese, giapponese e spagnolo. Partecipa nel 2023 alla finale del contest Cantagiro come corista della cover band dei Pink Floyd: Eclipse Floyd Legend.
Il progetto “Rora” ha inizio durante la pandemia, conta quattro canzoni in inglese dalle nuances dream-pop, country-rock, soul, blues, le cui demo autoprodotte sono state registrate presso lo studio Geko-sound di Messina con arrangiamenti ed esecuzioni a cura di Laura Fatato, Simone Bombaci (batteria), Nello Fatato (basso), Nello Amante (chitarre). RORA collega musica e parole mescolando le lingue che conosce e raccontando, come in un diario, scenari di vita quotidiana che trasforma in immagini e atmosfere, prendendo ispirazione dalla malinconia nostalgica e poetica di Lana del Rey, l’aria country-folk alla Sheryl Crow, il soul-blues di Amy Winehouse, pop-rock alla KT Tunstall e le nuances della musica folk stile The Head and the Heart. Il 12 gennaio 2024 pubblica “Even exist”, un brano folk-pop, in cui risalta una ricerca di leggerezza, di amore, di conforto dai problemi che caratterizzano le nostre giornate e la paura che questi prendano il sopravvento, e si trasformino in buio totale. Il 14 di giugno pubblica il suo secondo singolo “Naked”, un brano dalle influenze R&B e soul-blues in cui la cantautrice si rivolge al suo partner, invitandolo a non spaventarsi delle emozioni intense che lei prova e a non approfittare delle sue fragilità.
Instagram: https://www.instagram.com/rora_fatato/
YouTube: https://www.youtube.com/channel/UCfcrd5XBl1lJ-byngbUr-eA
TikTok: https://www.tiktok.com/@rora0752?_t=8jMDlm90uEC&_r=1
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Mimmo Jodice a Torino
La fotografia poetica, realistica, che è anche disarmante, straniante, e dolcissima del maestro napoletano Mimmo Jodice è protagonista della mostra Senza Tempo, visitabile fino al 7 gennaio 2024 alle Gallerie d'Italia di Torino. La mostra, a cura di Roberto Koch, è il secondo capitolo del progetto La Grande Fotografia Italiana, avviato nel 2022 con la mostra di Lisetta Carmi, ideato con l’intento di realizzare un omaggio ai grandi maestri della fotografia del nostro paese. I progetti espositivi vedono il coinvolgimento anche di un altro artista accanto all’autore scelto, in questo caso Mario Martone, celebre regista, che ha diretto e realizzato un filmato documentario sulla vita di Jodice, suo amico e concittadino, che viene mostrato nelle sale espositive per la prima volta. Nato a Napoli nel 1934, Jodice si avvicinò alla fotografia attratto dalla sua capacità di creare visioni in un processo raffinato e intimo, che si nutre delle memorie personali, di un’esistenza vissuta in una città come Napoli, ricca di luoghi e memorie da svelare e comprendere. La mostra offre una sintesi della produzione di Jodice, ripercorrendo i principali temi ispiratori della sua arte in altrettante sezioni della mostra, Anamnesi, Linguaggi, Vedute di Napoli, Città, Natura, Mari, attraverso 80 fotografie realizzate dal 1964 al 2011, tra cui alcune delle più iconiche che hanno definitivamente attestato la grandezza del maestro napoletano. Si va dalle foto che immortalano statue e mosaici, vestigia delle antiche civiltà del Mediterraneo, a un interesse di tipo sperimentale e concettuale per il linguaggio fotografico; dalle vedute urbane di Napoli e di altre metropoli contemporanee, cariche di assenza e silenzio, nelle quali, come dice Mimmo “la realtà e la mia visione interiore coincidono”, alle trasfigurazioni del paesaggio naturale fino alla struggente malinconia dei suoi mari dove la sezione Natura, con opere esposte per la prima volta, aggiunge un nuovo e ulteriore capitolo alla ricerca. In occasione dell’esposizione, dal mese di ottobre sarà presentato un ricco palinsesto per il public program, previsto per il mercoledì sera alle 18.30, con appuntamenti gratuiti aperti alla cittadinanza. Read the full article
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Paolo Sorrentino: svelata la trama del suo nuovo film su Partenope
Paolo Sorrentino: svelata la trama del suo nuovo film su Partenope. Il regista premio Oscar, giunto alla realizzazione del suo decimo film, inizierà le riprese a fine a giugno tra Napoli e Capri. L'opera, ancora senza titolo, è scritta e diretta da Paolo Sorrentino e prodotta da Lorenzo Mieli per The Apartment di Fremantle, Anthony Vaccarello per Saint Laurent, Sorrentino per Numero 10 e Ardavan Safaee per Pathé. La distribuzione italiana è ancora in fase di definizione. La trama: Il film Racconterà la vita di Partenope, che porta il nome della sua città, ma non è né sirena né mito. La sua lunga vita incarna tutto il repertorio dell’esistenza umana: la spensieratezza della giovinezza e la sua fine, la bellezza classica e il suo cambiamento inesorabile, gli amori inutili e impossibili, i flirt stantii e la passione vertiginosa, i baci notturni a Capri, i lampi di gioia e le sofferenze persistenti, padri reali e inventati, finali e nuovi inizi. Tutto questo è accompagnato dal passare del tempo, il più fedele dei fidanzati. In una Napoli che affascina e incanta, che grida e ride, e che sa come farti del male. Il cast: Il cast principale del nuovo film di Sorrentino comprende Luisa Ranieri, che ha interpretato la tormentata zia Patrizia in È stata la mano di Dio; Silvio Orlando, che ha interpretato il cardinale Voiello in “The Young Pope”; Stefania Sandrelli, che è stata la musa ispiratrice di Bernardo Bertolucci; Isabella Ferrari (“La grande bellezza”); Peppe Lanzetta (“Spettro”); Alfonso Santagata (Gomorra di Matteo Garrone); Lorenzo Gleijeses (“Baby”); Silvia Degrandi (“Doc”, “Petra”); e l'esordiente Celeste Dalla Porta. A due anni da E' stata la mano di Dio, il regista non si disunisce: Dal 2001, con Napoli e un film esordio potente come una bomba, L’uomo in più. E poi un’altra magnifica esplosione, ovvero Le conseguenze dell’amore, riconfermando l’eccezionale abilità di Paolo Sorrentino, dietro la macchina da presa. Lui, che si è fatto vessillo di una poetica che racconta di inferni, riuscendo a farceli respirare, attraversare, e concedendoci, sempre, di uscirne indenni. L’inadeguatezza, la struggente fatica dello stare al mondo, il fallimento, l’invalidante senso di abbandono che si cristallizza nella malinconia costantemente presente; tutto questo incarna il perfetto ritorno dell’uguale, che da Nietzsche, arriva dritto al non ti disunire sorrentiniano. La storia si ripete, e l’uomo diventa sempre ciò che realmente è, nonostante si affanni a voler trovare illusoriamente, altre realtà: “ma che cazz c vai a fa a stu Roma? Tanto torni sempre a te Schisa. Al fallimento”. E da quell’esortazione di Capuano, ci si ritrova nuovamente a Napoli, esattamente a vent’anni prima, con la battuta “a vit è na strunzat Aniè”. Sorrentino ha sempre accompagnato i suoi protagonisti maschili, presentandoceli accanto a figure femminili, che rappresentano una conditio sine qua non, una condizione necessaria, per l’esistenza degli stessi, vediamo Ramona, Maria Schisa, zia Patrizia, Sofia, Sofia Dubois in The young e New pope. Dopo 22 anni, si arriva a qualche giorno fa, con le prime indiscrezioni sul nuovo film. In tutto questo tempo, molti cinefili, e non solo, si sono sempre chiesti come sarebbe stata la PRIMA protagonista donna, di Paolo Sorrentino; Sarà bionda? Mora? Rossa? Fumatrice? Non fumatrice? Ironica? Non ci resta che attendere le prossime novità. ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Pensare
E ti dico basta puttane mi sono rotto le palle meglio solo senza malinconia pero, ti dico che le leggende di solito l'eroe le cazzate che dite su di loro o su di me mi entra da un orecchio cazzo e me ne esce dal altro e ti dico che le leggende stanno sole alcune dimenticate dallo stesso passato pero ricordi di sempre il male che mi fanno pero sono solo grafi nella schiena come una scopata d'ore.
Arte poetica
Ti dico che sei scema pensi di capire cioe che provo pero raccontare qualcosa a un muro ,parlare a vuoto cazzo e ora ti dico che sono solo poeta della strada e ti dico che sei scema ma pero una bella scopata te la darei pero il fatto che sono troppo timido cazzo bestemmia arte cazzo e ti dico sei bella come arte.
Maledetto
Una rosa che nera come la oscurità che ce la fuori senza stelle cammina in questo psichiatria en un tunnel senza fine, che mo vado vede un film di terrore naturalmente e ti dico tu puttana non ti voglio nella mia vita io sorriso sempre pero se ci sono stelle e non le vedo maletto il giorno che ti o incontrato me ne innamorai della certezza non del amore e non e amore e solo non e un giorno maledetto.
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Si tratta di un romanzo storico e autobiografico (anche se in realtà alcuni non sono d’accordo con la prima definizione), ambientato in Sicilia durante il periodo in cui vi è il passaggio dal regime borbonico al futuro Regno d'Italia, con lo sbarco dei Mille come evento cruciale.
Il protagonista è don Fabrizio Corbera, principe della dinastia dei Salina (sullo stemma di famiglia vi è un gattopardo, da qui il titolo dell'opera), una sorta di pater familias.
L'intero romanzo ruota attorno al tema del cambiamento sociale epocale, in particolare don Fabrizio assiste alla decadenza della classe nobiliare con la conseguente ascesa della nuova borghesia.
Il principe attende la fine del ‘suo mondo’ con un certo disincanto, in contrasto con l’ambizioso nipote Tancredi (secondo protagonista), colui che pronuncia la celebre espressione se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi: i tempi cambiano e ciò è indispensabile, ma si arriva ad accettare il cambiamento solo perché si spera di poter mantenere i propri poteri / privilegi (in questo caso nobiliari) e dunque non cambiare nella sostanza.
Ciò che mi ha sempre colpito della narrazione? L’intravedere quel senso di nostalgia / malinconia, accompagnato da una certa ironia e da un pessimismo che ricorda quello leopardiano. Le ispirazioni letterarie sono ben visibili, nonostante ciò c’è quel tocco personale che lo rende un’opera unica nel suo genere.
La figura di don Fabrizio è affascinante, specialmente nel suo essere il tipico protagonista dall’animo travagliato dei romanzi novecenteschi (la coscienza al centro della produzione prosastica e poetica del secolo passato).
Consigliatissimo anche il film di Luchino Visconti degli anni ’60!
Piccole curiosità
Lo stesso Giuseppe Tomasi di Lampedusa possedeva alcuni titoli nobiliari (l'autobiografismo a cui mi riferivo all'inizio), inoltre si è ispirato a un suo bisnonno per la figura del principe.
Il romanzo è stato ultimato poco prima della sua morte e pubblicato postumo. Molto triste, specialmente perché si tratta del suo magnum opus.
'The Leopard' / 'Il Gattopardo' is such a difficult book to adapt, and there is already a movie that is great.
But the new Netflix production looks promising, now I have high expectations!
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I Maestri della Luce: esplorando l'impressionismo russo
L'Impressionismo Russo, seppur meno conosciuto rispetto al suo equivalente francese, ha dato vita a una ricca corrente artistica che ha forgiato l'identità pittorica russa all'alba del XX secolo. Caratterizzato da una tavolozza vivace, pennellate rapide e una forte attenzione alla luce e al colore, questo movimento ha visto fiorire una serie di talenti eccezionali che hanno saputo reinterpretare la tradizione pittorica con uno sguardo nuovo e originale. L'Impressionismo Russo: i grandi dell'arte russa Konstantin Korovin (1861-1939) è considerato uno dei padri dell'Impressionismo Russo. Le sue opere, vibranti di luce e colore, catturano l'essenza della vita quotidiana e paesaggi pittoreschi. Tra i suoi capolavori ricordiamo "Parigi. Boulevard des Capucines" e "La pescatrice". Valentin Serov (1865-1911), noto per la sua abilità nel ritratto, ha saputo infondere nei suoi dipinti una vivacità e un'intensità emotiva senza precedenti. La sua fama è legata a opere come "La ragazza con le pesche" e "La ragazza illuminata dal sole". Isaak Levitan (1860-1900) è considerato il maestro del paesaggio russo. I suoi dipinti, permeati da una malinconia poetica, evocano l'atmosfera silenziosa e contemplativa della natura russa. Tra le sue opere più celebri ricordiamo "Autunno dorato" e "Il lago. Večernjaja". Konstantin Somov (1869-1939) ha sviluppato uno stile più decorativo e simbolista, caratterizzato da colori tenui e atmosfere sognanti. Le sue opere, spesso ispirate alla letteratura e al folklore russo, si distinguono per una bellezza delicata e raffinata. Un esempio emblematico è il dipinto "Le dame in barca". Il'ja Repin (1844-1930), pur non essendo un pittore impressionista in senso stretto, ha avuto un'influenza fondamentale sulla scena artistica russa. Le sue opere, di carattere storico e sociale, si contraddistinguono per la loro forza espressiva e il realismo crudo. Tra i suoi dipinti più noti ricordiamo "I barcaioli del Volga" e "L'arresto di Ivan il Terribile". Altri importanti artisti Oltre a questi maestri, l'Impressionismo Russo ha annoverato altri artisti di rilievo come Stanislav Žukovskij, Nikolaj Bogdanov-Bel'skij, Apollinari Vasnetsov e Sergej Vinogradov. Ciascuno di loro ha contribuito a delineare un'estetica unica, permeata dalla cultura e dalla storia russa, che ha arricchito il panorama pittorico internazionale. L'eredità dell'Impressionismo Russo è ancora viva oggi e continua ad ispirare generazioni di artisti. La capacità di questi pittori di catturare la bellezza effimera della luce e del quotidiano ha lasciato un segno indelebile nella storia dell'arte, aprendo la strada a nuove sperimentazioni e linguaggi espressivi. Foto di Tobias Frick da Pixabay Read the full article
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"Pennellate pensose" di Lucio Zaniboni: la poesia come riflesso di emozioni e memoria. Recensione di Alessandria today
Un viaggio poetico tra sentimenti, natura e ricordi che evocano la fragilità e la bellezza della vita.
Un viaggio poetico tra sentimenti, natura e ricordi che evocano la fragilità e la bellezza della vita. Recensione di “Pennellate pensose” “Pennellate pensose”, poesia firmata dal Prof. Lucio Zaniboni, è un’opera che si distingue per la sua straordinaria capacità evocativa. Attraverso versi densi e immagini poetiche, l’autore intreccia natura e introspezione, portando il lettore in un viaggio…
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Ora vorrei tornare a quel 2016 in cui ascoltavo lo stato sociale e le luci della centrale elettrica, uscivo ogni sabato con il mio migliore amico e ci ubriacavamo spesso, non avevo idea di come si dovesse vivere ma quelle sere erano l'unico spiraglio, l'unico momento che aspettavo con speranza perché dal lunedì al sabato mattina vivevo nell'ansia paralizzante dei corridoi scolastici, che sembra un cliché ma per me voleva dire avere attacchi di panico frequenti e vomitare perché credevo davvero che il mio valore dipendesse da numeri e paragoni. Però amavo studiare la letteratura greca e quella latina, tornare a casa e guardare grey's anatomy, dormire al pomeriggio e studiare di notte, dare un senso alla serate del weekend applicando il concetto di simposio e il nunc est bibendum, che se ci ripenso ora mi sento banale ma anche felice. E poi c'è questa cosa di ricordare con gioia periodi che so, oggettivamente, essere stati duri da affrontare, e mi chiedo se questo strano meccanismo sia lo stesso che mettono in atto i nostalgici della guerra dopo che l'hanno vissuta e ne sono stati travolti, mi chiedo se quei momenti lì siano gli unici in cui riusciamo davvero a trovarci in contatto con parti lontane di noi, gli unici che possano, nel bene o nel male, segnare la memoria, dare una coerenza narrativa alle vite individuali che altrimenti sarebbero solo un susseguirsi di persone conosciute, cose da fare, traguardi da raggiungere, tempi da perdere e spazi da occupare. E poi so che ogni autunno della mia vita si porta addosso una dose di difficoltà e di incertezza, di paura dell'abbandono, di noia, di paranoia, ma che ogni volta che ci ripenso mi ricordo la molteplicità e la profondità delle cose usuali che vedevo per la prima volta in modo tridimensionale. E non che questo abbia davvero un'utilità pratica, serve solo a farmi sentire nostalgica e a ricordarmi che crogiolarsi nella malinconia è una condizione che in fondo cerco spesso, perché ne ho bisogno. Nell'autunno del 2016 la depressione era ancora una realtà invadente, ma stava andando meglio, forse proprio perché era autunno e io vedevo tutto da un punto di vista più ampio, senza giudicare troppo la sofferenza, come una spettatrice che ha voglia di lasciarsi trasportare da ciò che accade. E credevo anche di aver trovato l'amore e di poterci finalmente ricamare attorno la letteratura che volevo. Ancora adesso mi sembra di usare l'amore come pretesto per essere poetica e romantica nel suo senso più tragico. E infatti mi piacevano i tramonti, la pioggia e i finali tristi dei film. Non è cambiato molto, la mia tristezza si è solo fatta più pragmatica e inquadrata.
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Non so se è successo solo a me ma io non ho più fatto re-watch della s4. L'ho vista l'anno scorso tutta in una volta e mi ha messo così tanta tristezza che non ho più avuto voglia di rivederla. Faccio il re-watch sempre fino alla s3 e poi mi fermo. Mi mette troppa malinconia sapere che quella è l'ultima stagione, che non vedremo più cosa hanno fatto, se i rapporti tra loro sono continuati, se Martino e Niccolò sono ancora insieme... Tutta la stagione mi sa proprio di "fine" e io non voglio :(
Ho amato tanto la quarta stagione e ho fatto il rewatch, però capisco quello che intendi.
La lettera finale di Eva letta da Gio sa veramente di chiusura, è intensa, poetica, dà voce a tutto l'amore e anche a tutti i dubbi che ci si pongono in quella fase della vita.
Non sappiamo se esiste il "per sempre", ma ci speriamo.
Spero che tu possa sentirti di rivederla presto perché saprai - e lo sapremo tutti - che non è la fine 💛
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James Abbott McNeil Whistler - Sinfonia in bianco n. 2: ragazzina in bianco - 1864
Secondo di una serie di tre dipinti che raffigurano ragazze vestite di bianco, della fase “orientale” di Whistler. La modella è la sua amante dai capelli rossi Joanna Hiffernan. Vestita di bianco, con il braccio poggiato sulla mensola del caminetto, guarda il suo volto riflesso nello specchio. Una atmosfera poetica d malinconia sognante pervade l‘immagine. L’interesse di Whistler per gli oggetti giapponesi è sottolineato dal ventaglio dipinto e dal vaso bianco e blu, ma l’influenza dell’arte giapponese è evidente in tutta la composizione. La superficie della tela è divisa da linee semplici e ampie campiture di colore, con fiori rosa che emergono dall’angolo in basso a destra per enfatizzare la superficie dell’immagine e per contribuire al suo fascino decorativo.
Questo capolavoro di Whistler ispirò l’amico Algernon Swinburne a scrivere la poesia Davanti allo specchio, poi incollata alla cornice in occasione dell’esposizione del dipinto alla Royal Academy.
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Rora - Il nuovo singolo “Naked”
Il brano della cantautrice sugli stores digitali e dal 14 giugno nelle radio
“Naked” è il nuovo singolo della poliedrica artista e cantautrice Rora, sui principali stores digitali e dal 14 giugno nelle radio italiane in promozione nazionale. Produzione curata nei minimi dettagli su cui scivola una esecuzione vocale impeccabile dell’artista che dona al tutto un forte impatto emotivo.
“Naked” è un brano dalle influenze R&B e soul-blues in cui la cantautrice si rivolge al suo partner, invitandolo a non spaventarsi delle sue emozioni intense e a non approfittare delle sue fragilità. Solo così potranno entrambi lasciarsi andare completamente, senza paura e senza doversi difendere. Tuttavia, la canzone non si rivolge solo al suo amante, ma ha anche un secondo destinatario: la musica stessa. Per la cantautrice, mostrarsi per quello che si è davvero, con le proprie imperfezioni, ed esprimere le proprie emozioni in musica senza paura è ciò che si avvicina di più al concetto di libertà.
“Potersi finalmente mettersi a nudo in musica può suscitare paura, ma anche liberazione.” Rora
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Storia dell’artista
Laura Fatato, in arte Rora, è una cantautrice siciliana della provincia di Messina. Sin da piccola sente l’esigenza di esprimere la propria anima attraverso la musica. Cresciuta circondata da musicisti e assecondata dal padre, polistrumentista, registra di piccole demo di cover e canzoni inedite. Rora impara a suonare da autodidatta la chitarra che diventa lo strumento con cui si accompagna e compone. Dopo aver terminato il liceo, inizia a cantare in diverse band locali di genere rock e pop. Numerose sono le apparizioni teatrali, dove Laura Fatato ha curato il lato musicale ispirandosi alla musica siciliana e portando alcune sue interpretazioni di Rosa Balistreri (tra queste: “Le Dindon”, “Andreuccio Fiordaliso e altre storie”, “L’eredità”, “Il vitalizio”). Si laurea in Lingue e Letterature straniere e insegna inglese, giapponese e spagnolo. Partecipa nel 2023 alla finale del contest Cantagiro come corista della cover band dei Pink Floyd: Eclipse Floyd Legend.
Il progetto “Rora” ha inizio durante la pandemia, conta quattro canzoni in inglese dalle nuances dream-pop, country-rock, soul, blues, le cui demo autoprodotte sono state registrate presso lo studio Geko-sound di Messina con arrangiamenti ed esecuzioni a cura di Laura Fatato, Simone Bombaci (batteria), Nello Fatato (basso), Nello Amante (chitarre). RORA collega musica e parole mescolando le lingue che conosce e raccontando, come in un diario, scenari di vita quotidiana che trasforma in immagini e atmosfere, prendendo ispirazione dalla malinconia nostalgica e poetica di Lana del Rey, l’aria country-folk alla Sheryl Crow, il soul-blues di Amy Winehouse, pop-rock alla KT Tunstall e le nuances della musica folk stile The Head and the Heart. Il 12 gennaio 2024 pubblica “Even exist”, un brano folk-pop, in cui risalta una ricerca di leggerezza, di amore, di conforto dai problemi che caratterizzano le nostre giornate e la paura che questi prendano il sopravvento, e si trasformino in buio totale. Attualmente in promozione nazionale con il nuovo singolo “Naked”.
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Sarebbe inutile se ti dicessi che oa come ora Ermal mi sembra felice solo perché sembra felice a livello sentimentale. Anche se sembra di potergli leggere l'anima intera nelle sue canzoni, per citarti Non bastano le mani non lascerà mai trapelare tutto nella sua musica e ci sono melodie che non intonerà mai. Non lo conosciamo... si può solo immaginare, ed è quella la parte bella. Tu percepisci una cosa, uno ne percepisce un'altra, la verità non la sapremo mai, ma va bene così.
Potrebbe fare il disco più allegro di sempre, la prossima volta, ma in quel caso sarebbe come snaturarsi, secondo me. E potrebbe sembrare la persona più felice del mondo, ma io credo ancora a quel "qualcosa mancherà sempre" di cui parla nell'ultima traccia di Non abbiamo armi. Se come attitudine creativa e probabilmente anche personale (nel senso di relativo alla sua personalità) tende alla malinconia, al sogno e all'utopia, e se un domani cessasse totalmente di scrivere con questo suo stile ..
stile riconoscibilissimo, familiare, quello con cui lo abbiamo tutti scoperto come cantautore ed amato per questo... ecco, se smettesse allora penserei davvero, con una punta di delusione, che qualcosa sia cambiato definitivamente in lui e nella sua produzione, e che non sia più totalmente fedele e genuino a se stesso. Non so se mi sono spiegata bene, ci tenevo a darti questa mia umile opinione 🙈
Direi che ti sei spiegata, o quantomeno spero di averti capita, ma io non la vedo esattamente in questo modo.
Già dire che sembra felice perché sembra felice a livello sentimentale non mi piace granché come discorso, mi mette un po’ in allarme. Stai dicendo che la vedi come una questione di apparenze? Quasi come una pantomima che in realtà nasconde un’infelicità di fondo, anche a livello sentimentale ma non solo? È un giudizio pesante, soprattutto se poi mi dici, giustamente, che non lo conosciamo (e questo non solo è vero, ma proprio l’illusione di conoscerlo, sapere cosa pensa e cosa prova ha scatenato nel corso degli ultimi anni tanto e tale odio nei suoi confronti quando poi determinate percezioni e pie illusioni si sono rivelate false).
Si, ovviamente a ciascuno di noi risuoneranno dentro cose diverse ascoltando la sua musica, fin dal primo ascolto di Tribù Urbana ho detto di essere pienamente consapevole del fatto che se percepisco determinate vibes molto più di altre è perché in questo periodo non sono esattamente di umore euforico. Però, appunto, non dico che è ���colpa” sua.
Ed è altrettanto ovvio, purtroppo o per fortuna, che determinate cose di sé continuerà a tenersele dentro e non le metterà mai in musica. È giusto, non ha nei nostri confronti nessun obbligo in tal senso (e in nessun senso, in realtà).
Poi perché dire che un album allegro sarebbe come snaturarsi? Nel senso, come possiamo dire quale sarà in futuro la “giusta” espressione musicale del suo animo, della sua natura? Non può comunque mostrare allegria anche se, come tutti, ha pure delle ombre nell’anima? Io lo vorrei eccome un album allegro, anche perché di lui non passi sempre e solo quest’immagine da poetica leopardiana che non è necessariamente più profonda o migliore di un po’ di sana gioia. Chi lo dice che debba tendere in eterno alla malinconia? Certo, se davvero è un suo tratto caratteriale (cosa che dovrebbe al limite affermare lui, non io) probabilmente gli resterà, ma sarebbe ingiusto credere che non abbia altro da esprimere e da provare.
Personalmente invece gli auguro, in un futuro neanche troppo lontano, di essere così totalmente felice ed appagato dalla vita da mostrarci di sé qualcosa che sia altro dallo “stile” (direi piuttosto dalle tematiche) con cui l’abbiamo conosciuto ed amato. Io sono sicura che lo amerei lo stesso in quel senso, forse anche di più, perché comunque gli sono affezionata anche sul piano umano e vederlo felice, sentirlo felice anche nei suoi brani mi renderebbe felice per lui. Ben venga un cambiamento definitivo! Perché pensare che non sarebbe più fedele a sé stesso e genuino? Sarebbe proprio il contrario, sarebbe una nuova espressione di un suo nuovo mood.
Insomma, posso capire che magari a te piaccia di più così com’è ora, o com’era prima, ma la vita di tutti, alla fine, è continuo mutamento. Ed è bello così, è giusto così.
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