#poesia simbolica.
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Tramonto di Antonia Pozzi: il dialogo struggente tra natura e anima. Recensione di Alessandria today
Una poesia che cattura la malinconia dell’inverno e il conflitto tra attesa e realtà.
Una poesia che cattura la malinconia dell’inverno e il conflitto tra attesa e realtà. Analisi del testo.La poesia Tramonto di Antonia Pozzi, scritta il 10 gennaio 1933 a San Martino, Milano, è un’opera che esprime con intensità il contrasto tra le aspettative primaverili e l’ineluttabile realtà invernale. I fili neri di pioppi e nubi creano un’immagine cupa e statica, resa ancor più drammatica…
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SENSI DELL’ARTE - di Gianpiero Menniti
TRACCE DI MONDO
Egon Schiele (1890 - 1918) è uno dei molti artisti banalmente interpretati da una critica “patografica” che riduce la libertà d’espressione a riflesso della psiche. Così, quest’originale e geniale pittore è stato inteso alla luce delle sue presunte turbe di uomo irrisolto, ossessionato dalle pulsioni, immerso in una soggettività patologica. Ha ragione Massimo Recalcati: letta in quest’ottica, l’arte diventa misera cosa. Ma qui, la sua critica a un forzato psicologismo e la sua visione dell’inconscio dell’opera, proposta d’origine lacaniana, non è sufficiente: conduce fino a una soglia e non l’attraversa. Non può varcarla. Scrive Lacan:
«Il reale è ciò che resiste al potere dell’interpretazione. Il reale non coincide con la realtà poiché la realtà tende a essere il velo che ricopre l’asperità scabrosa – «inemendabile» – del reale.»
La sensibilità, estrema, di un artista, corrisponde alla sua capacità di scorgere oltre la realtà delle cose: la sua personalità altro non è che l’espressione di un’epoca intrecciata con una storia personale, crogiolo vivente di molteplici fonti, variamente assorbite, costitutive di una dimensione culturale e sentimentale, infine stagliate su una tela. Anche se l’interpretazione artistica fosse cosciente, questo non implica l’emergere di stati profondi nei quali fonti misteriose abbiano messo radici. Scrivo nel mio “Sarà dipingere!”:
«L’urto lacaniano è un risveglio che tende ad annullare lo scenario artificioso dell’io: questo risveglio non è più una forma che riflette il soggetto ma un apparire concreto e insormontabile che in un tratto di colore o in un oggetto o in un luogo, rifondano la percezione, la svuotano per fare spazio all’imprevedibile.»
Proseguendo, nello stesso testo aggiungo:
«La parola manca. Ma non all’arte. Che possiede il fragore di un fulmine muto. Non risponde alla domanda. Ma rende “visibile” il “pensabile”. Un pensabile vagheggiato nel processo creativo e che, poi, all’improvviso, appare. Ed ecco la ragione di un inconscio dell’opera che trascende l’autore. Di qui, il motivo per il quale un’opera d’arte, un dipinto, una poesia, è un enigma che non si lascia mai spiegare fino in fondo, ma può solo essere compreso, solo interpretato. Entro un limite invalicabile. Come il punto ombelicale di un sogno che lo stesso Freud volle risarcire di una muta barriera che nessun acume può violare.»
Se tutto questo è vero, allora neanche Schiele, pur conducendo l’osservatore sul culmine della soglia, può accompagnarlo oltre. Ma lo lascia attonito al cospetto di una visione sostenibile per tracce: “Il cieco”, tela del 1913 (collezione privata) recupera una rappresentazione simbolica di straordinaria inventiva: la figura di un essere umano senza la vista intorno al quale sorge l’immaginario infinito della sua mente, la proiezione di forme create dal tatto, dall’odorato, dal gusto, dall’udito. Immagini interpretate, vissute come analogia di memorie conservate, intrise di una sensualità più acuta, di una percezione più complessa. Tracce di mondo. Di un mondo nascosto. Impetuose e tragiche per l’anelito a una visione impossibile. “Il cieco” reclina il capo. Come ciascuno di noi di fronte alla soglia che ci separa dal mistero.
- In copertina: Maria Casalanguida, “Nulla dies sine linea”, 2010, collezione privata
#thegianpieromennitipolis#arte#arte contemporanea#Egon Schiele#jacques lacan#massimo recalcati#sigmund freud
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ETAT LIBRE D'ORANGE - SOUS LE PONT MIRABEAU - Eau de Parfum - Novità 2023 -
P+P what a terrific alchemy. Poems + Perfumes. Is there anything better than that to shake your S+S? Senses and Soul reply right away.
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Che stupefacente alchimia quando le fragranze scuotono la curiosità e sono ganci di riflessione su quanto si è appreso nella vita, soprattutto sui testi scolastici, sulle buone letture fatte nel tempo, su quanto certe esperienze si siano poi trasformate in una trama fitta di passione e condivisione.
Ritrovare Guillame Apollinaire in questa nuova fragranza di Etat Libre d'Orange - Sous le Pont Mirabeau - è stato come aprire un varco di luce nella memoria.
Apollinaire è uno dei grandi della poesia moderna, coniò il termine 'esprit nouveau' dando significato alle avanguardie artistiche francesi d'inizio 900.
La sua poesia multisensoriale vive nella sostanza del ricordo, affrancata dai confini del tempo, ne contrasta la forza dissipatrice per divenire incorruttibile.
Nei versi della sua celeberrima ‘Le Pont Mirabeau’, cui la fragranza si ispira, scorre la malinconia per un amore perduto, la nostalgia di un tempo che non conosce futuro e quella speranza violenta e timida che fu cara a Baudelaire.
E questa sensazione di fluire, del moto perpetuo e sincopato delle acque della Senna traspare da rigorosi accordi acquatici e minerali.
La sensazione in apertura è di freschezza acidula brumosa rubata alle luci dell'imbrunire, di sentori terrosi e metallici sostenuti dalla forza calma dei legni, sandalo e cedro.
Sono aromi sospesi e lenti, meditativi nel solenne evaporare dell'incenso, nel prolungato riverbero ozonato, rischiarati dagli accenti erbacei delle foglie di violetta, dalla poetica rima dell'ambra grigia.
E ancora, come a voler trattenere in circolo le sensazioni di attesa e speranza, riemergono i legni, più confortanti e magnetici nel loro levarsi dal fraseggio distensivo di vaniglia e muschi.
É indossare una poesia.
Creata da Mathieu Nardin.
Eau de Parfum 100 ml. In selezionati p.v.
©thebeautycove @igbeautycove
IL PONTE MIRABEAU Sotto il ponte Mirabeau scorre la Senna E i nostri amor Che io me ne sovvenga La gioia mai mancò dopo il dolor Venga la notte rintocchi l’ora I giorni se ne vanno io non ancora Le mani nelle mani restando faccia a faccia Lasciam che giù Sotto l’arcata delle nostre braccia D’eterni sguardi passi l’onda lassa Venga la notte rintocchi l’ora I giorni se ne vanno io non ancora L’amore se ne va come va la corrente L’amore va Come la vita è lenta E come la Speranza è violenta Venga la notte rintocchi l’ora I giorni se ne vanno io non ancora Giornate e settimane il tempo corre Né più il passato Né più l’amore torna Sotto il ponte Mirabeau la Senna scorre Venga la notte rintocchi l’ora I giorni se ne vanno io non ancora
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Il ponte Mirabeau deve parte della sua fama a questa celeberrima poesia di Apollinaire. Costruito nel biennio1895/97 ha una struttura a tre arcate in acciaio e collega la riva sinistra del 15°arrondissement alla destra del 16°. Quattro imponenti sculture in bronzo, poste alla base dei pilastri di sostegno, rappresentano l'abbondanza, la navigazione, il commercio e la città di Parigi. E' uno dei ponti più romantici della Ville Lumière, da sempre cantato e celebrato da artisti e letterati.
Elogio in fragranza al poeta Guillaume Apollinaire, che coniò il termine “esprit nouveau” per rappresentare l’avanguardia dei tempi moderni. Apollinaire aveva in se la genialità dell'innovatore, fu un visionario nell'approcciare le nuove correnti artistiche e il primo a riconoscere la valenza della pittura metafisica.
Il ponte Mirabeau è una delle sue poesie più belle, tratta dalla raccolta Alcools del 1913, in cui l'autore applica ai versi i principi della pittura cubista, le liriche non servono uno schema, non presentano un soggetto ricorrente ma, soprattutto, sono libere e non costrette in spazi limitati dalla punteggiatura.
Il ponte ha per Apollinaire una profonda valenza simbolica, è metafora del sentimento amoroso, luogo che induce a riflettere su sentimenti e tempo. Malinconia e visione onirica si fondono palesando il tratto distintivo dello stile del poeta, la sua poesia non è solo parola, è anche tattile, udibile, percepibile con i cinque sensi, qui sta la sua straordinarietà.
C'è il riferimento alla Senna, all’acqua che scorre veloce come il tempo, alle cose smarrite in esso, all'amore perduto per la pittrice Marie Laurencin, il ricordo e la nostalgia, la consapevolezza di ciò che non potrà tornare, l' abisso di solitudine e malinconia. Tutto passa, la giovinezza e la felicità spazzate via per sempre e la citazione alla 'speranza violenta' di Baudelaire è più che appropriata, poichè la tristezza ha per lui lo stesso significato, di violenza e timidezza congiunte.
E se il tema del tempo è cruciale in quest'opera, la protagonista assoluta è la poesia stessa. Tutto ciò che resiste all’azione distruttrice e implacabile del tempo è il dono di queste parole. Il dolore della separazione viene lenito dalla bellezza, dallo splendore del verbo poetico, che possiede la stessa funzione salvifica della memoria.
©thebeautycove
#etat libre d'orange#sous le pont mirabeau#perfume#niche perfumes#scent2023#livelovesmell#thebeautycove
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Enzo Bersezio Red drawings - news & sculptures a cura di Edoardo Di Mauro
(…) Bersezio si fa portatore di un rinnovamento del linguaggio scultoreo, al di là del manierismo attuale dei suoi antichi compagni di strada, in direzione di un minimalismo, di un'architettura dell'immagine tonificata dal ricorso ad una irregolarità formale, ad un sapiente gioco ad incastro, ad un'alternanza di pieni e di vuoti che rendono le sue composizioni familiari per il riferimento simbolico a forme del reale, ed al tempo stesso inedite espressioni astratte, progetti partoriti dalla dimensione dell'interiorità . Non a caso, stante il forte elemento progettuale presente nelle opere, l'artista è in grado di esprimersi efficacemente anche in ambito bidimensionale, con la realizzazione di tele simboleggianti efficacemente i suoi schemi visivi, le sue traiettorie formali. In questa personale presso Fiorile Arte, intitolata "Red Drawings-News Sculptures" Bersezio dà prova efficace di questo dualismo, con una installazione concepita appositamente per la galleria bolognese. Due sue tipiche sculture, agili, svettanti ed acrome, vengono circondate da una serie di tele disposte concentricamente, la cui caratteristica più evidente è, fatto insolito per l'artista, una colorazione squillante, un rosso intenso e sanguigno, su cui balenano agili rapide e nervose grafie, pulsazioni segniche dinamiche ed aggressive, tracciate con sapiente senso ritmico.
Studiata la scorsa estate, questa installazione è in grado di evocare il senso del movimento e del dinamismo, così come la teatralità del dramma, senza però fornire precisi riferimenti ad episodi realmente avvenuti. La capacità di Bersezio è quella di inscenare una rappresentazione che fornisce vivo ed immediato il senso dell'evento, il fluire del tempo e della storia, senza ricorrere a facili scorciatoie formali, senza dar vita, cioè, ad un'arte banalmente sociologica o politica. La grande capacità simbolica dell'arte è propria quella di indurre alla riflessione con il tramite della poesia, di riscattare il lutto con il richiamo alla bellezza, come Enzo Bersezio ci dimostra. Edoardo Di Mauro, novembre 2001.
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N.E. 02/2024 - "La poesia realistico-simbolica di Josè Russotti", saggio del prof. Giuseppe Rando
La vasta produzione poetica – in dialetto messinese (di Malvagna) e in lingua italiana – di Josè Russotti (31 marzo 1952 – Ramos Mejìa – Argentina) appare fortemente omogenea sul piano tematico ma assai diversificata sul piano stilistico-linguistico (per peculiarità che sono tutte da verificare) e come attraversata da una perenne, progressiva ricerca espressiva: opera, senza meno, in fieri di un…
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#amore#analisi#citazioni#civile#critica#cultura#dialetto#ermetici#famiglia#Giuseppe Rando#impegno#Josè Russotti#Malvagna#Maria Costa#natura#Peppino Impastato#poesia#poeta#registro#ricerca#Rivista Nuova Euterpe#saggio#scrittura#sociale#spiritualità#stile
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La poesia infiamma Palazzo Nuovo con un flash mob contro la guerra
Un flash-mob davanti a Palazzo Nuovo contro le guerre e ogni forma di violenza. Quattro poeti torinesi si sono esibiti oggi pomeriggio per far sentire la voce della poesia davanti all’Eco, la statua simbolica che rappresenta un uomo che grida. Valerio Vigliaturo, poeta, cantante e direttore del concorso letterario “Premio InediTo – Colline di Torino”, ha letto la poesia di Pasolini “Nel candore…
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La politica della poesia
Verrà forse il tempo delle gialle stelle sul petto...
Crediti: Imaggine di superniki per Pixabay Poesie scritte da poeti nel corso di un altro conflitto, quello che era stato avviato contro il mondo arabo, dove si avallava la centralità simbolica della guerra come epifenomeno dell’esclusione occidentale dell’Islam. Volti e personaggi sono cambiati, ma resta il fatto che il primo diritto che non si può e non si deve mai calpestare è il diritto alla…
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Verona: le rose del pittore Baggio "Fermano il tempo" per un viaggio emozionale tra arte e poesia
Verona: le rose del pittore Baggio "Fermano il tempo" per un viaggio emozionale tra arte e poesia. Rose cristallizzate, sospese nel tempo, adornate da fondali pittorici di diversa origine materica. Un intreccio tra arte e poesia figurativa come strumento per suscitare emozioni e portare alla riflessione. È questo il tema attorno al quale è stata sviluppata la mostra “Fermare il tempo” proposta dalla 1^ Circoscrizione in collaborazione con l’Associazione Culturale STUDIO 69, dove saranno esposte le opere dell’artista Gianluca Baggio. “La mostra ha il duplice scopo di valorizzare gli artisti nelle loro diverse espressioni e di rendere il quartiere dei Filippini centrale nel panorama culturale cittadino” ha detto il presidente della Circoscrizione 1^ Lorenzo Dalai. “Fermare il tempo": a mostra trae il titolo dalle opere dell’artista Gianluca Baggio, rappresentanti rose vere cristallizzate nel tempo, posate su sfondi pittorici di diversa origine materica che uniscono l’arte alla poesia. Nel percorso espositivo sarà inoltre possibile vedere una selezione di opere del periodo astratto dalla forte carica simbolica e di denuncia dei nostri tempi. Infine, una speciale sezione dedicata a Benedetto Bartolini, artista dallo stile geometrico che da qualche anno si è avvicinato alla fotografia unita alla pittura. L’evento è stato presentato nella mattinata del 4 aprile in Sala Delaini dal presidente della 1^Circoscrizione Lorenzo Dalai e dall’artista e presidente dell’Associazione culturale STUDIO 69 Gianluca Baggio. Presente anche il consigliere comunale e coordinatore della Commissione Cultura della 1^Circoscrizione Andrea Trombini. “Voglio ringraziare il Comune di Verona per l’eccezionale supporto dimostrato nella realizzazione della mostra. – ha dichiarato Baggio – saranno esposte circa 40 opere che comprenderanno delle rose cristallizzate che vanno a fermare il tempo accompagnate da poesie. Una commistione tra l’oggetto, che suscita emozione, completato poi da una lettura.”... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Cambiamenti di linea di Silvia De Angelis: un viaggio poetico tra luce, ombra e introspezione. Recensione di Alessandria today
La poetessa esplora i confini della percezione e l’essenza della vita attraverso un linguaggio evocativo e profondo.
La poetessa esplora i confini della percezione e l’essenza della vita attraverso un linguaggio evocativo e profondo. Alessandria, 15 dicembre 2024 – Con la poesia “Cambiamenti di linea”, Silvia De Angelis ci trasporta in un universo di sensazioni sottili e riflessioni esistenziali, dove i confini tra luce e ombra si fanno permeabili, dando vita a immagini evocative e profondamente suggestive. La…
#Alessandria#Alessandria today#analisi poetica#arte letteraria#Arte poetica#Cambiamenti di linea#condizione umana#Critica letteraria#Cultura italiana#Emozioni#Equilibrio#Fragilità#gestualità#Google News#immagini evocative#introspezione#italianewsmedia.com#letteratura italiana#lettura emozionale#lettura poetica#linguaggio evocativo#luce e ombra#metafore#Pier Carlo Lava#Poesia#poesia d’autore#poesia moderna#poesia simbolica.#poesia visiva#poesie contemporanee
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SENSI DELL’ARTE - di Gianpiero Menniti
TRACCE DI MONDO
Egon Schiele (1890 - 1918) è uno dei molti artisti banalmente interpretati da una critica “patografica” che riduce la libertà d’espressione a riflesso della psiche. Così, quest’originale e geniale pittore è stato inteso alla luce delle sue presunte turbe di uomo irrisolto, ossessionato dalle pulsioni, immerso in una soggettività patologica. Ha ragione Massimo Recalcati: letta in quest’ottica, l’arte diventa misera cosa. Ma qui, la sua critica a un forzato psicologismo e la sua visione dell’inconscio dell’opera, proposta d’origine lacaniana, non è sufficiente: conduce fino a una soglia e non l’attraversa. Non può varcarla. Scrive Lacan:
«Il reale è ciò che resiste al potere dell’interpretazione. Il reale non coincide con la realtà poiché la realtà tende a essere il velo che ricopre l’asperità scabrosa – «inemendabile» – del reale.»
La sensibilità, estrema, di un artista, corrisponde alla sua capacità di scorgere oltre la realtà delle cose: la sua personalità altro non è che l’espressione di un’epoca intrecciata con una storia personale, crogiolo vivente di molteplici fonti, variamente assorbite, costitutive di una dimensione culturale e sentimentale, infine stagliate su una tela. Anche se l’interpretazione artistica fosse cosciente, questo non implica l’emergere di stati profondi nei quali fonti misteriose abbiano messo radici. Scrivo nel mio “Sarà dipingere!”:
«L’urto lacaniano è un risveglio che tende ad annullare lo scenario artificioso dell’io: questo risveglio non è più una forma che riflette il soggetto ma un apparire concreto e insormontabile che in un tratto di colore o in un oggetto o in un luogo, rifondano la percezione, la svuotano per fare spazio all’imprevedibile.»
E, proseguendo, nello stesso testo aggiungo:
«La parola manca. Ma non all’arte. Che possiede il fragore di un fulmine muto. Non risponde alla domanda. Ma rende “visibile” il “pensabile”. Un pensabile vagheggiato nel processo creativo e che, poi, all’improvviso, appare. Ed ecco la ragione di un inconscio dell’opera che trascende l’autore. Di qui, il motivo per il quale un’opera d’arte, un dipinto, una poesia, è un enigma che non si lascia mai spiegare fino in fondo, ma può solo essere compreso, solo interpretato. Entro un limite invalicabile. Come il punto ombelicale di un sogno che lo stesso Freud volle risarcire di una muta barriera che nessun acume può violare.»
Se tutto questo è vero, allora neanche Schiele, pur conducendo l’osservatore sul culmine della soglia, può accompagnarlo oltre. Ma lo lascia attonito al cospetto di una visione sostenibile per tracce: “Il cieco”, tela del 1913 (collezione privata) recupera una rappresentazione simbolica di straordinaria inventiva: la figura di un essere umano senza la vista intorno al quale sorge l’immaginario infinito della sua mente, la proiezione di forme create dal tatto, dall’odorato, dal gusto, dall’udito. Immagini interpretate, vissute come analogia di memorie conservate, intrise di una sensualità più acuta, di una percezione più complessa. Tracce di mondo. Di un mondo nascosto. Impetuose e tragiche per l’anelito a una visione impossibile. “Il cieco” reclina il capo. Come ciascuno di noi di fronte alla soglia che ci separa dal mistero.
In copertina: Maria Casalanguida, “Nulla dies sine linea”, 2010, collezione privata
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Storia Di Musica #153 - Led Zeppelin, Led Zeppelin IV, 1971
Quando uscì l’8 Novembre del 1971 sul disco non c’era scritto né il nome della band e nemmeno il titolo (che sarà il filo rosso che legherà le scelte degli album di Gennaio), tanto che l’Atlantic, la casa discografica che lo editò, era sicura che fosse un fiasco colossale, anche perchè la gestazione di questo lavoro fu travagliata e molto più lunga del previsto. La Storia poi dirà che il quarto disco dei Led Zeppelin, che propriamente non ha nessun titolo ma nei cataloghi, considerata la titolazione precedente, è segnato come IV o Four Symbols (ci arriveremo tra poco) diventerà uno dei dischi più venduti di tutti i tempi, anche grazie ad una qualità musicale che ne fa, unanimemente, uno dei più grandi dischi della storia rock. La decisione che i quattro inglesi, Robert Plant, Jimmy Page, John Paul Jones, John Bonham, all’apice del successo dopo tre dischi già leggendari (Led Zeppelin I e II, del 1969, e il III del 1970), cioè non firmare i loro ultimo lavoro, fu una presa di posizione contro il mondo della critica musicale, secondo loro tutta impegnata a dipingerli come rockstar viziate e a cercare di inquadrarli nel panorama musicale in uno stile predefinito. Come per il precedente III, che segnò una virata nel loro suono hard rock verso sonorità più acustiche, la band si ritirò a Headley Grange, nella villa rurale dell’Hampshire, con lo studio di registrazione mobile dei Rolling Stones. Tra il dicembre del 1970 e i primi mesi del 1971 fu scritto e provato moltissimo materiale, tanto che la band era orientata a spiazzare il mercato (e la critica) proponendo il disco come 3 Extended Play o addirittura un doppio disco. La Atlantic convinse il gruppo a ripiegare sul più classico 33 giri, ma Peter Grant, il tirannico manager del gruppo, impose alla Atlantic la scelta del gruppo di non avere né il nome sulla copertina né il titolo al disco. Tra l’altro l’uscita prevista per la primavera del ‘71 ritardò a causa del giudizio negativo sul mixaggio fatto a Los Angeles da parte di Page, che riorganizzò tutto il materiale agli Olympic e Island Studios di Londra. Musicalmente, il disco è, come già accennato, uno dei pilastri del rock, un apice di coesione, potenza, anche ammaliante poesia musicale con pochi paragoni. I Led Zeppelin trovano un equilibrio perfetto tra l’anima hard rock, l’elettrificazione del blues, i nuovi accenni folk acustici e scrivono 8 brani, nessuno escluso, leggendari. Black Dog è lo strepitoso inizio, dedicata ad un golden retriver nero che gironzolava a Headley Grange durante le sessioni: è un brano portentoso, che ispirerà un’intera generazione di chitarristi, anche per l’uso delle sovraincisioni per l’assolo centrale; Rock’N’Roll è selvaggia come suggerisce il titolo, Misty Moutain Hop parla scherzosamente di un incontro con la polizia dopo aver fumato marijuana, Four Sticks è un omaggio a “Bonzo” Bonham e alla sua fragorosa classe di batterista (le 4 bacchette del titolo sono proprio un omaggio alla sua tecnica meravigliosa). E poi ci sono 4 canzoni ancora più grandiose: Going To California è una delle ballate più belle di sempre, probabilmente scritta e dedicata a Joni Mitchell, mito per Page&Plant, con il suo ritmo ondeggiante e sognante ha influenzato per decenni i musicisti; When The Levee Breaks è la ripresa di un vecchio blues di Kansas Joe McCoy e sua moglie Memphis Minnie nel 1929 e incluso nell'album Blues Classic By Memphis Minnie, uscito solo nel 1965: 7 minuti e mezzo di puro blues elettrico, dove la fanno da padrona il riff marziale di Page, l’armonica a bocca di Plant e la batteria di Bonzo, che fu posizionata nell’androne delle scalinate di Headley Grange per dare un effetto più fragoroso; nel disco c’è un’ospite, l’unica voce ospite in assoluto ad accompagnare Plant in qualsiasi disco dei Led Zeppelin, ed è quella meravigliosa di Sandy Denny, che all’epoca era la voce dei Fairport Convention; insieme cantano le gesta della suggestiva The Battle Of Evermore, forse ispirata ai racconti di Tolkien e a Il Signore Degli Anelli, dove Page suona un toccante mandolino. C’è poi un altro brano, che dura 8 minuti, che definisce forse come pochi altri il suono di una band, l’idea che avevano in mente questi 4 ragazzi inglesi: dall’intro suggestivo e quasi spiazzante, con un crescendo di strofa in strofa, raccontando una storia oscura e simbolica, probabilmente ispirata ad uno dei libri preferiti di Plant, Magic Arts In Celtic Britain di Lewis Spence, di una donna alla ricerca di qualcosa, in un mondo di regine di Maggio e pifferai magici, che ha poi uno degli assoli più fantastici di ogni tempo, e che probabilmente è la canzone più famosa di tutti i tempi: Stairway To Heaven. Il successo strepitoso, l’aura magica e misteriosa che già circondava il gruppo e la decisione di pubblicare un album senza nome scatenò le controversie più disparate: esistono ancora oggi gruppi di ascolto che sono sicuri che suonando il disco all’inverso sia zeppo di evocazioni sataniche, che i quattro simboli che ogni membro del gruppo usò per definirsi nelle pagine interne siano messaggi occulti (scelti da un libro molto famoso tra gli occultismi del ‘900, Il Libro Dei Segni di Rudolf Koch, da cui poi nasce Four Symbols altro identificativo del disco, anche se in realtà i simboli sono 5, perchè anche alla Denny ne fu assegnato uno) e dei messaggi subliminali che ha la copertina. Quest’ultima, tra le più belle e famose del rock, ritrae in fronte la foto di un muro scrostato con la carta da parati in disfacimento e un quadro di un anziano contadino intento a trasportare a schiena del legname: aprendo l’album il risultato (che si può vedere qui) mostra il muro semi caduto dalle cui rovine si intravede un grattacielo, l’allora appena inaugurata Salisbury Tower vicino Birmingham; all’interno c’era anche un bellissimo disegno di Barrington Coleby (accreditato come Barrington Colby MOM nelle note di copertina) raffigurante L’eremita, da allora simbolo della band. Il disco, con buona pace della Atlantic, andrà in classifica dovunque e per anni ha detenuto numerosi record di vendita, tipo 267 settimane consecutive nella classifica di Billboard, con 35 milioni di copie vendute nel mondo, il punto più alto di una musica spettacolare che come poche altre ha segnato intere generazioni di ragazzi, tanto che c’è un’ultima storia da raccontare: sebbene mai uscita come singolo, anche per la durata, molti dj radiofonici iniziarono a far passare in tutta la sua durata Stairway To Heaven, scatenando così tanto entusiasmo che lo spartito della canzone è di gran lunga il più venduto della musica pop occidentale. Era così tanta la smania di impararla a suonare tra gli appassionati che nei grandi negozi di dischi americani, dove è pratica comune poter provare gli strumenti, ci fu per un periodo un cartello: No Stairway, l’avevano sentita così tante volte storpiata e suonata male che era meglio non provarci subito.
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Presente ❗ Festival del Reale
Il concept
Presente è un progetto di rigenerazione urbana che si attua con una strategia d’azione culturale ad ampio raggio, nel territorio di Barriera di Milano. Il progetto nasce con la spinta propulsiva di una serie di associazioni locali e prevede la collaborazione con l’Accademia Albertina di Belle Arti, il patrocinio della Circoscrizione 6 e il supporto del Comune di Torino.
Presente è un progetto basato sulla creazione di un rapporto sinergico tra ambiente e tessuto sociale, tra il mondo della cultura e il mondo economico locale.
rigenerare gli spazi comuni e riappropriarci dell’arte nella sua caratteristica essenziale di grimaldello capace di rompere gli schemi;
creare percorsi alternativi per esplorare e sviluppare in chiave artistica e poetica il senso di comunità;
riconoscere agli esercizi commerciali il ruolo di incubatori sociali di prossimità.
Una serie coordinata di azioni volte a mettere in discussione le idee di centro e periferia: ogni segmento della realtà periferica urbana può diventare centro, e ogni periferia sociale può ambire ad imporsi nel tessuto cittadino attraverso lo sviluppo di un’azione culturalmente efficace.
La strategia di attuazione pone il suo centro focale nel concetto di Trasparenza, considerato nelle sue polarità opposte:
in chiave negativa, la trasparenza come dramma sociale, economico e individuale;
in chiave positiva, la trasparenza come qualità essenziale per ridisegnare il futuro: rendere visibili (identità, luoghi, talenti, competenze, storie), portare alla luce (idee, proposte, visioni), togliere il velo (parallelamente alla mascherina che nasconde la nostra bocca vi è una mascherina immateriale, sociale e simbolica, che ci nasconde da un punto di vista umano e professionale).
La Trasparenza, quindi, come tema centrale da sviluppare e da trasformare in azioni concrete nel corso del progetto, in un’idea di sviluppo sociale inclusivo, dinamico e creativo.
Il territorio di azione
Torino, Barriera di Milano: un segmento di città in forte mutamento, ma anche un’area complessa, al cui interno si intersecano testimonianze di identità locali passate e nuove comunità aggregate, formate da culture che si sono sostituite (o mescolate) alle ondate migratorie della precedente era industriale. Il tutto a formare un mosaico estremamente vario, all’interno del quale fragilità economica e natura periferica si incontrano con la capacità di creare progetti di rilancio culturale, isole urbane di creatività, progetti di rigenerazione capaci di cogliere possibilità di sviluppo. Osservando la mappa dall’alto ecco davanti a noi un territorio composto da una molteplice serie di unità, aggrappate come grappoli ai grandi assi di collegamento che dal centro cittadino si prolungano verso nord. Una periferia che è essa stessa città, e nella quale il concetto stesso di periferia si rivela mutevole, incerto, poiché alcune isole possiedono al loro interno un centro: dimensioni parallele dell’umano vivere, dell’umano abitare, dell’umana capacità di connettere e dell’umano desiderio di investire, in un processo di ibridazione tra identità storiche e identità nascenti.
Le azioni
Organizzazione di workshop aperti alla cittadinanza, basati su pratiche creative che utilizzino il mezzo teatrale, la performing art e l’arte di strada per esplorare il tema della trasparenza nelle sue varie sfaccettature; nell’ambito dell’azione, la presentazione al pubblico di una creazione performativa creata con la cittadinanza;
organizzazione di una giornata poetica dedicata al tema della Trasparenza: reading e performance poetiche contestualizzate nella terza edizione del Premio Roberto Sanesi di poesia in musica, evento promosso e curato da Neutopia;
creazione di uno Speakers’ Corner permanente (il secondo in Italia), come spazio di libero pensiero e di libera espressione, aperto a chiunque progettato da Beatrice Sacco e realizzato con il patrocinio del Comune di Torino, nella location di Piazza Bottesini;
organizzazione del Festival Presente, per celebrare l’alleanza tra mondo della cultura, esercenti e cittadini: le vetrine e i cortili di corso Vercelli, via Montanaro, via Feletto, Via Santhià, Via Baltea 3 e Via Agliè diventano spazi di sperimentazione, ospitando per un pomeriggio artisti e abitanti del territorio; una dichiarazione di esistenza che si attua attraverso una galleria di micro-performances adattate ai diversi contesti merceologici (con la regia dell’Associazione T.I.R. TeatroInRivolta);
creazione di un catalogo/mappa digitale, dedicato al festival.
Ambito: azione n. 3
Creazione di uno Speakers’ Corner
Lo Speakers’ Corner è uno spazio aperto permanente, da collocarsi nel contesto di Piazza Bottesini, nel quale ogni persona possa liberamente esprimere il proprio pensiero, in forma discorsiva, lirica o artistica. Il più famoso speakers’ corner è indubbiamente quello presente nel parco londinese di Hyde Park, ma non è il solo: in Australia, Canada, Malaysia e altri paesi del mondo esistono luoghi di questo tipo; in Italia, l’unico presente è situato in provincia di Pisa.
Presente affida all'artista Beatrice Sacco la realizzazione dello Speakers’ Corner in piazza Bottesini. In quanto struttura permanente da collocarsi in uno spazio pubblico aperto, lo Speaker Corner dovrebbe idealmente unire alcune caratteristiche essenziali:
originalità a livello di design (la valenza artistica dell’opera non ha solo una connotazione estetica, ma dev’essere considerata come contenuto intrinseco di un’installazione concepita per generare comunità, secondo i principi universali della libertà di espressione, a creare un’isola di cittadinanza democratica e poetica)
capacità di resistenza (alle intemperie, all’obsolescenza e ai sempre possibili atti vandalici) e utilizzo di materiali anche di recupero.
elasticità di fruizione: l’opera dev’essere realizzata senza barriere architettoniche e dotata di illuminazione dedicata
identità: l’opera sarà marchiata con un logo (realizzato in bassorilievo o tradotto in elemento scultoreo) rappresentante un toro (simbolo della Città di Torino) che parla in un megafono: la città che genera dialogo, libero pensiero, circolazione di idee; senza preclusioni di razza, di genere, di condizione sociale, di età.
Ambito: azione n. 4
Il Festival Presente
Barriera di Milano, corso Vercelli: uno degli assi viari principali di Torino nord. Tra piazza Crispi e piazza Rebaudengo il tratto di strada è lungo e la carreggiata è stretta, divisa in due corsie. Un susseguirsi di attività commerciali, di umanità variegate, di lingue diverse: la periferia qui si fa pulsante, la vita pare più viva, il senso di lontananza dal centro cittadino si stempera in un sentimento di vicinanza prossima. In questo corridoio, che è un palcoscenico orizzontale, il Festival Presente vuole celebrare un matrimonio: tra artisti, cittadini ed esercenti. Non categorie di persone, ma anime messe in sofferenza da lunghissimi mesi di chiusura: la chiusura delle serrande, la chiusura dei luoghi di spettacolo, la chiusura degli spazi in cui avvenivano gli incontri quotidiani. A questa chiusura, la risposta che noi proponiamo di dare è racchiusa in una sola parola: presente. Presente è un attestato di esistenza e una prova di resistenza. Essere presenti nell’emergenza sanitaria globale, essere presenti nel tessuto problematico della quotidianità periferica, essere presenti nella tessitura e nella cura dei nostri rapporti individuali. Essere presenti come condizione fondamentale per dare vita ad un progetto di comunità, secondo quattro principi chiave: interazione, coesistenza, quotidianità e sostenibilità.
Commercianti, cittadini e artisti che siglano un contratto simbolico, nel quale si fissano tempi e modalità di cooperazione. Lo scopo, trasformare le vetrine di corso Vercelli in spazi di azione poetica e performativa, per 2 giorni consecutivi. In ogni vetrina, una coppia formata da un’artista e da un abitante del territorio. Attori, cantanti, danzatori e poeti si sposano così artisticamente, per due giorni, con operatori di call-center, lavoratori precari, rider, operai, disoccupati, studenti e pensionati, utilizzando le vetrine dei negozi e dei bar come contenitori teatrali di prossimità: arte e umanità al dettaglio in una via attraversata da mezzi di trasporto pubblico, per dare luogo ad un evento pensato nell’ottica dell’elasticità di fruizione. In chiave propedeutica, il Festival prevede l’attuazione di un breve workshop sul territorio, uno spazio protetto in cui far incontrare gli artisti e i cittadini.
Da un punto di vista strettamente artistico, è insita in Presente un’opportunità di sperimentazione, che ha nei concetti di plasticità e adattamento i suoi punti focali. Lo spazio ridotto di una vetrina, il pubblico composto in parte da passanti, la necessità dell’artista di creare una positiva interazione con il proprio partner, la necessità del partner di essere accompagnato e aiutato, implicano necessariamente la messa in discussione dei linguaggi artistici e l’esplorazione di possibilità espressive più orientate verso la micro-performance. Un processo che inevitabilmente si apre ad un procedimento di travaso reciproco: di competenze, di sensibilità e di cultura.
Ambito: azione n. 5
Il catalogo
A completare l’azione di Presente, la creazione di un catalogo disponibile in versione digitale, all’interno del quale artisti, commercianti e artigiani abbiano un nome e un volto. Un Catalogo che sia anche mappa geografica per orientarsi nei tre giorni di Festival, e in cui trovare orari delle performance, descrizioni degli artisti, categorie coinvolte, parole-chiavi e biografie essenziali dei partecipanti.
PROGRAMMA
• Giovedì 9 settembre 2021: installazione dello Speaker’s Corner dedicato alla memoria del poeta Ivan Fassio (1979/2020) progettato da Beatrice Sacco, con l’ausilio di Alessandro Bulgini (Opera Viva), T. I. R. Teatri In Rivolta e il patrocinio dell’Accademia Albertina di Torino e della Circoscrizione 6. Dalle ore 18:00. Poesie di strada di MisterCaos. Lettura di poesie dedicata. Alle 19:00: vernissage mostra Z. T. L. Zona a Traffico Liminale a cura di Davide Galipò con opere di Francesco Aprile, Andrea Astolfi, Cristiano Caggiula, Gianluca Garrapa, Antonio Francesco Perozzi, Alessandro Mangiameli, Elena Cappai Bonanni, Marco Cubeddu presso il circolo La scimmia in tasca in via Montanaro, 16. Presentazione del Manifesto del Liminalismo. Presentazione della nuova saracinesca di MisterCaos. Performance a cura di Marco Cubeddu, Ninelevetion di Bill Sick. Dalle 20:30: Lorelies Live.
• Venerdì 10 settembre 2021: Presente❗️Performance itineranti @ Bagni Pubblici Via Agliè, Pietra Tonale, La scimmia in tasca, Ventunesimo, Hub culturale da Baffo, Amerio Costumi, Sanatex, Bar edicola Doc, Materassaio Polvere, Via Baltea 3. Dalle ore 16:00 alle ore 20:00.
Per info e prenotazioni: [email protected]
• Sabato 11 settembre 2021: Finale Premio Roberto Sanesi di poesia in musica @ Parco Aurelio Peccei. Con Somma Zero, Ambra Drius, Mohamed Amine Bour, Kosmonavt. Special guest Federico Sanesi e Nuria Sala Grau ft. Pietra Tonale, La voce da una riva all’altra, Alessandra Greco, Nodi e Ascending Roots, Max Collini in Hai paura dell’indie? Dalle ore 20:00 alle ore 23:59. Presente ! Festival del Reale è un progetto di Associazione Culturale Neutopia, T.I.R. Teatri In Rivolta, Poetrification e Premio Roberto Sanesi di poesia in musica, con il sosegno di Comune di Torino, Casa Bottega e Rete italiana di cultura popolare, con il patrocinio della Circoscrizione 6. In collaborazione con La scimmia in tasca, Spazio Montanaro, Via Baltea 3, Bagni Pubblici via Agliè, Vernice Fresca, Pietra Tonale, Ventunesimo.
#presente#festival del reale#speakers' corner#premio sanesi di poesia in musica#settembre 2021#programma#concept#barriera di milano#torino
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In Biblioteca puoi scoprire autori e opere che non conoscevi o di cui avevi sentito parlare ma che ancora non avevi avuto modo di leggere. Ed è per questo che abbiamo deciso di dedicare un angolo alla scoperta di questi "tesori nascosti". Oggi l'opera e l'autore prescelti sono: "Folle, folle, folle di amore per te. Poesie per giovani innamorati" di Alda Merini. Se penso alla poesia, a dei versi che mi risuonano familiari in testa, versi che meglio e più di altri ricordo a memoria, rivelatori di immagini d'una potenza e intensità simbolica (e non solo) straordinarie, ebbene, non posso che riferirmi a Alda Merini. Lei, la "Poetessa dei Navigli" ha racchiuso nella sua esperienza stilistica e artistica tutta quanta la sua parabola umana: un'esistenza segnata da slanci di passione, entusiasmi, amore, ma anche turbata dal disagio, dal disturbo mentale, da ossessione amorosa, assenze, ritorni e abbandoni. I suoi versi pulsano, sono viventi e sono carne, diventando essi stessi carnivori: catturano per (meglio) restituire il lettore a se stesso.
Secondo Alda Merini "il pensiero di chi legge poesia è aperto verso altri orizzonti" e, infatti, da una poesia ma anche solo da una sua parola è possibile partire per inventarne altre, per creare un universo immaginativo nuovo e personale. Come accade per i versi contenuti in questa raccolta "Folle, folle, folle di amore per te. Poesie per giovani innamorati": versi delicati, potenti e soavi, armoniosamente contrastanti come il sentimento amoroso. Un amore che è insieme salvezza e dannazione, sconosciuto, trepidante e innocente come quello che lega giovani cuori, consapevole, "trasformato" e grande come l'amore maturo sa essere. "Io ho scritto per te ardue sentenze, ho scritto per te tutto il mio declino; ora mi anniento, e niente può salvare la mia voce devota; solo un canto può trasparirmi adesso dalla pelle ed è un canto d'amore che matura questa mia eternità senza confini." La poesia è trasfigurazione, è in ogni istante universale e particolare. Sa essere sintesi perfetta di tutto ciò che, paradossalmente, a parole non può essere detto. Di qui il suo "superpotere": arrivare subito al cuore ancora prima di sedimentarsi nel pensiero. E ciò è ancora più evidente nelle parole e nei simboli (ri)creati da Alda Merini, in immagini di una forza inaudita nella sua fragilità. Un'intensità che rischia di rompersi al solo sguardo, metafora di un amore che tutto dona reclamando, però, tutto a se stesso. Un sentimento assoluto che per essere cantato deve ubriacare di sé il poeta, fino a farlo - parafrasando un pensiero della Merini - innamorare di se stesso e dei suoi tormenti. Fino a prediligere "gli anfratti bui/delle osterie dormienti", condannandosi ad essere "folle, folle folle di amore" e gemendo di tenerezza di un "ultimo tempo senza colore".
Qualche nota su Alda Merini... Nata il 21 marzo 1931 a Milano, morta il 1° novembre 2009 sempre a Milano, è stata poetessa, aforista e scrittrice. Della sua infanzia si conosce quello che lei stessa scrisse in brevi note autobiografiche: "ragazza sensibile e dal carattere malinconico, piuttosto isolata e poco compresa dai suoi genitori ma molto brava ai corsi elementari: ... perché lo studio fu sempre una mia parte vitale". Proprio l'impegno, lo studio e l'innata attitudine alla scrittura hanno sempre accompagnato la Merini nel corso della sua esperienza umana e artistica. Persino in uno dei momenti più difficili e bui della sua esistenza, all'affacciarsi in lei delle "prime ombre della sua mente", a causa delle quali viene internata in una casa di cura con la diagnosi di disturbo bipolare. E si trattò di un'esperienza che avrebbe segnato la poetessa con la sua lunga eco di tormenti e sofferenze. Recensione a cura di Rita Pagliara
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OPHELIA - JOHN EVERETT MILLAIS
John Everett Millais è stato uno dei principali esponenti del Preraffaellismo, un movimento artistico britannico del XIX. Il nome della scuola si vuol riferire all’arte prima di Raffaello Sanzio, accusato di aver "inquinato l'arte esaltando l'idealizzazione della natura e il sacrificio della realtà in nome della bellezza", permettendo così gli sviluppi dell’accademismo, arte accademica e ufficiale, falsa e vuota.
I Preraffaeliti tentano di unificare tra loro i concetti di vita, arte, e bellezza a favore di un’arte che miri al recupero del rapporto diretto con la natura e dell’estrinsecazione dei sentimenti secondo i dettami romantici. I temi di maggiore ispirazione sono colti in ambito biblico ma soprattutto letterario, dalle pagine della Divina Commedia o dalle opere di William Shakespeare.
Ophelia è un perfetto esempio di tutto ciò.
Ophelia è un dipinto olio su tela (76.2×111.8 cm) realizzato nel biennio 1851-1852 ed appartenente alla collezione della Tate Gallery di Londra.
La tela si ispira al personaggio di Ofelia, uno dei protagonisti femminili dell'Amleto di William Shakespeare.
Il momento raffigurato dal pittore è tratto dalla settima scena del IV atto della tragedia shakespeariana, in cui la regina Gertrude ricorda la morte della giovane Ofelia, impazzita a seguito dell’omicidio del padre avvenuto per mano dell’amato Amleto e successivamente annegata nel fiume mentre era impegnata a intrecciare ghirlande di fiori.
C’è un salice che cresce di sghembo sul ruscello e specchia le sue foglie canute nel fluido vetro. Con esse ella intrecciava ghirlande fantastiche di ortiche, di violacciocche, di margherite, e lunghe orchidee rosse a cui i pastori sboccati danno un nome più basso, ma le nostre fredde vergini chiamano dita di morto. Lì mentre s’arrampicava per appendere ai rami penduli i serti d’erba, un ramoscello maligno si spezzò, e giù i trofei verdi e lei stessa caddero nel ruscello querulo. Le vesti le si gonfiarono intorno, e come una sirena la sorressero un poco, che cantava brani di laudi antiche, come una che non sa quale rischio la tenga, o come una creatura nata e formata per quell’elemento. Ma non poté durare molto: le vesti pesanti ora dal bere trassero l’infelice dalle sue melodie a una morte fangosa.
Per il soggetto del suo dipinto, Milais decise di utilizzare come modella Elizabet Siddal, futura moglie dell’amico Dante Gabriel Rossetti, anch’egli esponente della scuola dei Preraffaelliti. Milais fece immergere la ragazza in una vasca da bagno riscaldata con delle candele. Prima di procedere con la realizzazione dell’opera, comunque, il pittore realizzò diversi studi preparatori, anche delle singole parti del corpo.
L’opera raffigura una bellissima Ofelia che, caduta nel ruscello, è distesa a fior d’acqua, abbandonandosi completamente alla corrente e a quella che sarà la sua morte, con le mani aperte e I fiori in una mano che vanno disperdendosi.
Nel dipinto, tutto l’interesse è riposto sull’elemento naturalistico: la vegetazione è ripresa dal vero ed ogni dettaglio è reso con impressionante rigore e precisione, a testimonianza di un rapporto profondo con la natura.
Tuttavia, si tratta di una fabbricazione apposita per la scena dipinta, poiché le specie floreali scelte dall’artista non fioriscono tutte nello stesso periodo dell’anno. Sono state scelte, infatti, per la loro valenza simbolica.
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I fiori bianchi, probabilmente ranuncoli, simboleggiano ingratitudine oppure superficialità.
Il ramo di salice piangente inclinato verso il capo di Ofelia rappresenta l'amore non ricambiato.
Le foglie di ortica che crescono a lato del salice simboleggiano il dolore, che l’ha condotta alla morte.
Le margherite che galleggiano vicino alla mano destra della figura esprimono la sua l'innocenza.
Le rose galleggianti vicino alla guancia di Ofelia sono simboli di gioventù, amore e bellezza.
La ghirlanda di violette che circonda il collo di Ofelia è un'allusione alla castità ed alla precoce morte della fanciulla.
L'olmaria (regina dei prati) sottolinea la futilità della morte della fanciulla.
I nontiscordardimé al margine del fiume esprimano la propria valenza simbolica nella loro stessa denominazione.
La viola galleggiante sulla veste di Ofelia simboleggia la riflessione.
L'adonide a lato della viola sottolinea il dolore che sta lacerando Ofelia, dolore espresso anche dalla presenza della fritillaria, tra il corpo ed il margine del fiume.
Infine, il papavero è il simbolo del sonno e della morte.
La raffigurazione del paesaggio comprende anche alcuni animali, tra I quali un pettirosso, che veglia silenziosamente sulla morte della ragazza, e persino un teschio, esplicito richiamo alla morte.
La malinconica follia di Ofelia è resa molto felicemente. Il volto della fanciulla non dà segno di paura o di rimpianto, ma mostra solo la stanchezza di una pazzia lacerante. Ofelia è pronta a lasciarsi andare, a diventare parte dell’acqua su cui si è posata e della natura che la circonda e l’accoglie.
I colori coinvolgono prevalentemente le diverse tonalità di verdi e marroni, andando a creare un’atmosfera sommessa e fiabesca. Comunque, brillano in modo vivace e lucido, permettendo ai più piccoli dettagli di emergere sullo sfondo e rendendo la scena armonica.
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Il personaggio di Ophelia ha ispirato qualsiasi genere di opera, dai quadri, alle canzoni e ai film, per il suo carattere tragico di fanciulla casta e pura, vittima delle circostanze e del fato.
John William Waterhouse, anch’egli appartenente alla scuola dei Preraffaelliti, realizza nel 1894 un bellissimo dipinto, che raffigura la giovane seduta su un tronco sulla riva di un fiume, con fiori sul grembo e tra i capelli che la fondono con la verde natura circostante.
Ancora prima, nel 1844, Eugène Delacroix realizza un’opera dal titolo “Death of Ophelia”, che trasforma la figura di Ofelia in quella di una donna simbolo del romanticismo, con la sua sessualità innocente ed interrotta.
Prima nel 1852, e una seconda versione nel 1863, anche Arthur Hughes realizza la propria versione della fanciulla e ne cattura la dolcezza e la delicatezza, non solo nei colori ma anche nella morbidezza delle linee.
Nel 1870 Arthur Rimbaud dedica alla figura di Ophelia una poesia
I
Sull'acqua calma e nera, dove dormono le stelle, come un gran giglio ondeggia la bianca Ofelia, ondeggia lentamente, stesa fra i lunghi veli… �� Dalle selve lontane s'odono grida di caccia.
Son più di mille anni che la triste Ofelia passa, bianco fantasma, sul lungo fiume nero. Son più di mille anni che la sua dolce follia mormora una romanza alla brezza della sera.
Il vento bacia i suoi seni e dischiude a corolla i grandi veli cullati mollemente dalle acque; i salici frusciando piangono sulla sua spalla, sull'ampia fronte sognante si chinano le canne.
Le ninfee sfiorate le sospirano intorno; ella risveglia a volte, nel sonno di un ontano, un nido da cui sfugge un piccolo fremer d'ali: – un canto misterioso scende dagli astri d'oro.
II
O pallida Ofelia, bella come la neve! Tu moristi fanciulla, da un fiume rapita! – I venti che precipitano dai monti di Norvegia ti avevano parlato dell'aspra libertà;
e un soffio, sconvolgendo le tue folte chiome, all'animo sognante portava strani fruscii; il tuo cuore ascoltava il canto della Natura nei gemiti delle fronde, nei sospiri delle notti;
l'urlo dei mari in furia, come un immenso rantolo, spezzava il tuo seno acerbo, troppo dolce ed umano; ed un mattin d'aprile, un bel cavaliere pallido, un povero folle, si sedette muto ai tuoi ginocchi!
Cielo! Amore! Libertà! Qual sogno, mia povera folle! Tu ti scioglievi a lui come la neve al sole: le tue grandi visioni ti strozzavan la parola – e l'Infinito tremendo smarrì il tuo sguardo azzurro!
III
– Ed il poeta dice che ai raggi delle stelle vieni a cercar, di notte, i fiori che cogliesti; e d'aver visto sull'acqua, distesa fra i lunghi veli, la bianca Ofelia ondeggiare come un gran giglio.
I
Sur l'onde calme et noire où dorment les étoiles La blanche Ophélie flotte comme un grand lys, Flotte très lentement, couchée en ses longs voiles… – On entend dans les bois lointains des hallalis.
Voici plus de mille ans2 que la triste Ophélie Passe, fantôme blanc, sur le long fleuve noir. Voici plus de mille ans que sa douce folie Murmure sa romance à la brise du soir.
Le vent baise ses seins et déploie en corolle Ses grands voiles bercés mollement par les eaux; Les saules frissonnants pleurent sur son épaule, Sur son grand front rêveur s'inclinent les roseaux.
Les nénuphars froissés soupirent autour d'elle; Elle éveille parfois; dans un aune qui dort, Quelque nid, d'où s'échappe un petit frisson d'aile: – Un chant mystérieux tombe des astres d'or.
II
Ô pâle Ophélie! belle comme la neige! Oui, tu mourus, enfant, par un fleuve emporté! – C'est que les vents tombant des grands monts de Norwège T'avaient parlé tout bas de l'âpre liberté;
C'est qu'un souffle, tordant ta grande chevelure, À ton esprit rêveur portait d'étranges bruits; Que ton cœur écoutait le chant de la Nature Dans les plaintes de l'arbre et les soupirs des nuits;
C'est que la voix des mers folles, immense râle, Brisait ton sein d'enfant, trop humain et trop doux; C'est qu'un matin d'avril, un beau cavalier pâle, Un pauvre fou, s'assit muet à tes genoux!
Ciel! Amour! Liberté! Quel rêve, ô pauvre Folle! Tu te fondais à lui comme une neige au feu: Tes grandes visions étranglaient ta parole – Et l'Infini terrible effara ton œil bleu!
III
– Et le Poète dit qu'aux rayons des étoiles Tu viens chercher, la nuit, les fleurs que tu cueillis; Et qu'il a vu sur l'eau, couchée en ses longs voiles, La blanche Ophélie flotter, comme un grand lys.
In ambito cinematografico, Lars Von Trier cita più volte Ofelia nel film Melancholia, del 2011. Kristen Dunst, nella scena iniziale, si lascia trasportare malinconica dalla corrente di un fiume, tra le mani dei fiori, le vesti zuppe dell’acqua che la accoglie. La stessa bocca socchiusa, lo stesso sguardo privo di paura.
→ QUADRI E FILM
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Lorenzo Calogero:
(1) …Bene ha fatto col ricordarmi che i motori coordinatori del mio canto dovrò cercarli nella ragione che lega cosa a cosa e non accostando le cose per quel che di estremamente istintivo esse contengono.
(2) …Come io intenda la manifestazione espressiva in rapporto alla verità essa può essere semplice numero (matematiche), formule di indagine scientifica propriamente detta (scienze fisiche) o come nel caso del presente libretto semplicemente immagini.
(3) Anche il pensiero deve venire inteso e traspare come un modo della tecnica… Le sole cose che per me più valgono di uno scrittore sono gli estremi attraverso cui si muove il suo pensiero… I suoi estremi sono quelli che potrebbero chiamarsi più infinito meno infinito, gli stessi elementi che prende il calcolo differenziato per determinare le sue leggi e le sue scoperte teoriche…
… La pagina, l’immagine, la parola, il suono, la pausa le quasi possono studiarsi come elementi della tecnica, una volta che si sia penetrati dentro gli estremi entro cui si muovono, è ben altra cosa. Il calcolo infinitesimale… si muove tra un più o meno infinito che differiscono di volta in volta per una particella puramente quantitativa. Gli estremi di una parola sono condizionati da estremi di un sentimento a volta a volta diversissimo e che sono quelle entro cui avviene il discorso.
…Nessun realismo o neorealismo o altro del genere è possibile, in termini veramente poetici, senza l’immaginarietà originaria della parola. Se al realismo negli ordini più pratici della vita … non si può negare valore, tuttavia esso è la più specifica conseguenza della parola, la quale, rispetto a tutto il rimanente tessuto della vita, rimane sempre come un numero immaginario.
…Viene spontaneo pensare che poesia tende ad essere sempre più pensiero puro.
…Ove notava che quando tendo a realizzare un’immagine, ne distolgo quasi apposta il lettore con altro verso in altra direzione, ammesso com’Ella dice nell’ “Avvertimento”, che l’operazione che tento praticamente ha l’indeterminatezza di certe analisi portate sulle qualità sfuggenti, potrei giustificarmi che importa meno la direzione dei contenuti obbiettivi delle immagini, quanto che l’indeterminatezza si muova sempre con minor attriti. Se l’indeterminatezza avvenisse attraverso passaggi talmente graduali, da essere quasi del tutto impercettibili, molto maggior numero… di direzioni diverse potrebbero entrare in qualsiasi composizione poetica.
(4) …quella che sarebbe potuto essere la migliore delle mie poesie, e che in nessun caso avrei potuto trascrivere, mi è venuta in sogno in un’epoca in cui avevo 24 o 25 anni…
Ritmo e pensiero sebbene avessero un’autonomia assoluta, perché si trattava di effettiva poesia…seguivano una misura fisica: la diversa lunghezza dei versi; si compenetravano in un’unica onda che si svolgeva per trapassi così insensibili che ne era impossibile il ricordo da svegli.
(5) …La maggiore specializzazione del linguaggio, più forte in poesia che in filosofia, specializzazione che contiene sottintesi e tacitamente tutti i nessi logici attraverso cui si realizza un discorso…
…Aver messo in chiaro e in evidenza l’elemento che proviene dalla suggestività e che si attua con modi che mettono la suggestione in primo piano, con mezzo di coscienza e conoscenza.
…(Bisognerebbe risalire ad una lingua del tutto originaria o quanto più possibile originaria per potere avere un nesso evidente fra segno e contesto del discorso)…
(5)bis …Una poesia che procedesse da parole, insignificanti fra loro nel discorso del tutto suggestivo e procedente per suggestioni extralogiche. Che ciò, poi, potrebbe essere origine di una nuova logica (non conosco nulla della logica simbolica ma credo che non potrebbe trattare di questa) agente tutta per suggestioni, credo che non sarebbe un’ipotesi del tutto azzardata…
…Convinto, come sono, che gli oggetti della poesia non appartengono mai al già pensato.
(6) Io escludo che dentro i termini del linguaggio o di ciò che si realizza come linguaggio possano esserci cose sicuramente ed effettivamente opposte.
…Sinisgalli?… le sue idee, in cui la poesia paragonava ad un numero puramente immaginario, cui si legava (mi sembra) un numero reale.
Per la poesia non valgono certamente le parole del Vangelo: chi non è con me è contro di me. Si può pertanto immaginare anche una poesia completamente neutrale, o quasi, di fronte agli scopi che la vita si prefigge.
…Una nuova scienza, una scienza ultra matematica, una matematica della matematica che sarebbe null’altro che la poesia.
…Sono pochi i versi in cui la vita viene ad essere costretta dentro un nesso di parole che non permette facilmente variazioni.
n.d.r. (tematica dei contenuti filosofici)
(7) …Non credere in alcuna filosofia sia pure la più ragionata (e per me la più coerente)
…Si ricorderà che in altra mia Le dicevo che tutte le scienze fisiche e persino le scienze matematiche sono null’altro che costruzioni poetiche.
(8) …Non posso dare alcun valore sicuro e significativo ad alcuna filosofia della pratica o che, voglia tendere alla prassi, perché comunque la parola si muova il suo unico possibile campo di azione e di sviluppo è uno che se non rappresenta una vera teoria a questa certamente tende. Non so proprio immaginare altro uso ed impiego della parola.
(9) …Penso che la conoscenza che si avvicina alla pura contemplatività sia per se stessa una conoscenza di maggior valore e di grado più raffinato e più perfetto…, e pure è la conoscenza che solo raramente, e sempre in maniera più difficile riesce ad esprimersi palesemente, e ciò, forse perché essa è legata per la sua stessa natura ad una deficienza dei mezzi espressivi e di condizioni che ne permettano l’estrinsecazione compresa perfino la memoria.
…Versi che mi sembra rendano sia l’elemento straordinariamente individuale che quello appartenente ad una collettività anonima ed antichissima…
(9)bis …Per chiarire i nessi che legano l’essere al fenomeno di esso che chiamiamo coscienza dire, per prendere i due casi più caratteristici, che maggiore è la distanza che lega il fenomeno amoroso alla coscienza che non quella che lega la medesima alla pura speculatività.
(10) …Un mondo poetico fondamentale dell’uomo, il cui requisito fondamentale non sarebbe altro che il rispetto del sentimento umano, a partire, almeno, già da quanto c’insegna il mondo giuridico e le necessarie e fondamentali possibilità etiche.
…Vocazione letteraria…quanto agiva ed agisce quasi incosciamente, il che, ridurrebbe l’attività del letterato a quel che più vale di lui ad una zona più o meno mistica.
…Vocazione poetica potrei definire ciò che mi spinge a dare forma pura e concretezza (questa ultima potrebbe anche definirsi contenuto)… coincide più o meno direttamente con ciò che sentiamo di potere definire oggetto poetico vero e proprio… sarebbe null’altro, principalmente, che un oggetto puramente etico ed impregnato dai requisiti dell’eticità, la quale non sarebbe altro che reciprocità pura…
Non credo… che sarebbe un’ipotesi assurda pensare che, dentro rapporti sempre più tesi l’eticità che si mette in evidenza, attraverso la conoscenza di zone sempre più vaste di zone cosmiche, diminuirebbe…
…L’elemento etico è per se stesso indecifrabile e avvolto in zona e forma mistica…, e variamente rappresentabile ed esprimibile attraverso… la suggestività, la quale, se massimamente presente ed evidente in poesia, è costante, sebbene molte volte del tutto latente, in ogni forma di speculatività.
…Uno degli oggetti della mia vera vocazione poetica: l’ammissione costante sebbene… tacitamente sottintesa di un’idea etica e poi di un oggetto etico e poi di una zona mistica in relazione costante sebbene preliminare, con tutti gli abbozzi di idee eticamente possibili e quindi, in un certo senso, oltreché con le loro possibilità contrarie con un circuito di possibilità mistiche, perché, almeno, non appartenenti alle possibilità puramente logiche dell’uomo se non nel senso di ciò che nettamente le precede … su quello che riguarda il prodotto di quello che promana dall’irradiazione mistica.
Le dirò… che non ammetto che esista un pensiero che non si attui attraverso la tecnica che pertanto possa considerarsi non tecnico, compreso, s’intende, quello che entra nel tessuto della poesia, e che la poesia nient’altro è che una speciale tecnica dell’attività pensante, perché l’oggetto etico e l’irradiazione mistica rimangono in questo nascoste nel profondo della coscienza, ma vivi ed effettivamente operanti…
Il misticismo di cui parlo… e null’altro che un misticismo relativo che senza essere la pura e semplice contemplatività la sfiora semplicemente…
La poesia… è quasi del tutto immediatezza e quasi del tutto assenza di lavoro.
E la fase preparatoria a questa immediatezza come sarebbe? Forse lavoro più di quanto ne richieda la scienza per attuarsi… Comunque il poeta precedentemente al poetico che darebbe una qualsiasi ragione a quel quasi notato precedentemente quando non azzarda e gioca col caso sarebbe un quasi puro religioso. E ciò che costituisce il substrato di ogni religione, cioè Dio, sarebbe quanto di più lontano esista per l’uomo ed a cui come è pericoloso pensare di avvicinarsi per le pessime suggestioni che da questo tentativo possono provenire, così diventerebbe il più faticoso dei lavori.
(11) … So anche che costa meno la verità che la menzogna o la quasi menzogna.
… Se per filosofia intendiamo, qualcosa che sia pure un’immagine (e che cosa potrebbe essere che non sia un’immagine?)…
Ti dirò, del resto, che ciò che più mi sgomenta dei Vangeli è ciò che può chiamarsi la fatalità del male, fatalità, questa, che metterebbe sempre in più serio imbarazzo la possibilità di conoscere se stesso.
E’ certo, secondo me, che il poeta non conclude quasi mai nulla e che solo qualche volta conclude qualcosa, e sempre ben poco… Tuttavia dirò una cosa, che credo della massima importanza per la poesia in genere, e cioè, che il problema della poesia non risiede tanto e solamente in quello che possiamo chiamare poesia scritta, quanto, e massimamente, nei problemi più urgenti per una sempre più equa giustizia sociale. Che cosa ha da fare, si potrebbe domandare, la poesia con la giustizia e con il senso della giustizia?
Non intendo proprio riferirmi a quella che si può chiamare “poesia populista” che molto raramente, forse, riesce ad essere vera ed effettiva poesia o a suggerire qualcosa che sia come la sostanza ed il midollo della giustizia e del senso della giustizia.
Il mistero della giustizia, potremmo dire, secondo il principio evangelico.
Fra letteratura, filosofia e politica, la politica mi sembrerebbe la cosa più interessante e più degna di rilievo, non fosse altro perché si occupa del maggior bene collettivo (intendo dire in senso economico), accessibile e comprensibile alla maggior parte degli uomini… Se dovessi fare una confessione circa le mie tendenze politiche dovrei, intanto, dire che mi sento dall’estrema destra orientato verso l’estrema sinistra…
Che voglio concludere con ciò che sono giusto? Credo, a tal riguardo che uno possa sentirsi tale a patto di non pensarci. Che voglio fare come si dice nei salmi: Chi si salverà, o Signore, dalla tua giustizia? …Comunque è molto difficile salvarsi dalla giustizia di chiunque. Subito dopo mi dice che ridurre la vita a verità è il compito più inquietante, già direi che la vita non si può ridurre mai completamente a verità.
…Quali che siano le comodità materiali di cui si possa godere, per quel che riguarda la felicità sarebbe di somma importanza la libertà e la buona educazione. Ma chi dà o è disposto a dare simili cose? Naturalmente chi le ha. Ma oggi, come oggi, chi le ha? O io, e con me anche gli altri, dobbiamo dare credito di impartitrice di libertà e di buona educazione a chi sistematicamente non si è dimostrato all’altezza di questo compito, o chi per sistema crede di poter agire in questo senso?
La letteratura, per quanto riesco a immaginare, è condizionata dal fatto che dà come contenuto obbiettivo ciò che anche è vissuto come massimo senso etico interno…
Escluso i religiosi, su cui credo di non potermi pronunziare in alcun modo, i veri maestri e ammaestratori dei popoli sono e sono stati principalmente i poeti.
La scienza misteriosa, a questo riguardo per quanto possa essere effettivamente utile, potrebbe valere molto di meno.
Le mie poesie poi, può darsi che siano prive della più elementare importanza come della più comune ed elementare analisi logica e grammaticale, comunque questa analisi logica e grammaticale possono essere intese in un senso del tutto personale.
n.d.r. (tematiche biografiche dell’autore)
(12) …Sebbene nella mia poesia niente sia di confessato.
(13) …La mia vita? Questa mi appare quanto mai sempre più complicata e che via va complicandosi sempre più. Mi pare, talvolta, che essa si realizzi per via di simboli del tutto enigmatici che, per me, prima non esistevano o mi sfuggivano completamente…
… Sebbene non mi sia dedicato tutta la vita a scrivere versi e per molti, quasi moltissimi anni direi, mi sono occupato a fare il medico, son vissuto, dentro la mia professione, quasi interamente, come se scrivessi versi. Ove mi si proponesse di essere felice collettivamente, credimi, non avrei nulla a che fare con tale felicità e sono sicuro che rifiuterei. Se dovessi essere mai felice, vorrei ciò avvenisse in modo del tutto individuale a patto che la collettività fosse quasi del tutto nominalistica, non si dovesse sentire il peso della collettività come tale che come tale s’imponesse.
D’altronde so che… gli altri uomini o, semplicemente essere umani, poiché possono essere compresi anche le donne, partecipano, poco o molto che sia di certi segreti (non sono semplicemente modi di vita) che a me rimangono del tutto sconosciuti… Che anche il rapporto amoroso, fra uomo e donna, oggi come oggi… non so considerarlo altrimenti che come un rapporto puramente angelico… Del resto un certo angelismo credo che debba esistere e sia esistito sempre in qualsiasi rapporto o relazione effettivamente, amorosa.
In me è esistito, sempre un difetto della facoltà analitica che avrebbe dovuto mettermi sull’avviso di tante cose nella vita. Ma quella era impegnata in moltissime altre cose che, non dirò mi sembravano importanti, ma erano effettivamente importanti, per condurre una vita, sia pure, ai margini ed ai margini effettivamente, estremi o no, era.
Intanto io so che sono e sono stato da sempre uno schizofobico, un psicastenico, ed un pauroso per eccellenza.
…Quanto nella vita ho perduto. Ma c’e stato qualcheduno mai che nella vita ha guadagnato? Si potrebbe dire forse che nella vita ha guadagnato solo chi ha avuto. Ma questo ha avuto, non ha guadagnato. Si potrebbe ritornare a ripetere che può apparire di aver guadagnato solo perché ha avuto. Credimi che se un vero e perfetto disgraziato mi appaio io spesso, altri disgraziati mi appaiono tanti altri, i quali o non se ne accorgono o non lo dicono.
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image 1: Federica wears her SPILLE
image 2: Federica goes in the bosco
QA between Contemporary Attitude and Federica
Nel primo manifesto da noi lanciato l’8 marzo 1910 dalla ribalta del Politeama Chiarella di Torino, esprimemmo le nostre profonde nausee, i nostri fieri disprezzi, le nostre allegre ribellioni contro la volgarità, contro il mediocrismo, contro il culto fanatico e snobistico dell’antico, che soffocano l’Arte nel nostro Paese.
Noi ci occupavamo allora delle relazioni che esistono fra noi e la società. Oggi invece, con questo secondo manifesto, ci stacchiamo risolutamente da ogni considerazione relativa e assurgiamo alle piú alte espressioni dell’assoluto pittorico.
La nostra brama di verità non può piú essere appagata dalla Forma ne dal Colore tradizionali!
Il gesto per noi, non sarà piú un momento fermato del dinamismo universale: sarà, decisamente, la sensazione dinamica eternata come tale.
Tutto si muove, tutto corre, tutto volge rapido.
Una figura non è mai stabile davanti a noi ma appare e scompare incessantemente. Per la persistenza della immagine nella retina, le cose in movimento si moltiplicano, si deformano, susseguendosi, come vibrazioni, nello spazio che percorrono. Così un cavallo in corsa non ha quattro gambe: ne ha venti e i loro movimenti sono triangolari. [p. 28 modifica]Tutto in arte è convenzione, e le verità di ieri sono oggi, per noi, pure menzogne.
Affermiamo ancora una volta che il ritratto, per essere un’opera d’arte, non può né deve assomigliare al suo modello, e che il pittore ha in sè i paesaggi che vuol produrre. Per dipingere una figura non bisogna farla: bisogna farne l’atmosfera.
Lo spazio non esiste piú: una strada bagnata dalla pioggia e illuminata da globi elettrici s’inabissa fino al centro della terra. Il Sole dista da noi migliaia di chilometri; ma la casa che ci sta davanti non ci appare forse incastonata dal disco solare ? Chi può credere ancora all’opacità dei corpi, mentre la nostra acuìta e moltiplicata sensibilità ci fa intuire le oscure manifestazioni dei fenomeni medianici? Perchè si deve continuare a creare senza tener conto della nostra potenza visiva che può dare risultati analoghi a quelli dei raggi X?
Innumerevoli sono gli esempi che danno una sanzione positiva alle nostre affermazioni.
Le sedici persone che avete intorno a voi in un tram che corre sono una, dieci, quattro, tre; stanno ferme e si muovono; vanno e vengono, rimbalzano sulla strada, divorate da una zona di sole, indi tornano a sedersi, simboli persistenti della vibrazione universale. E, talvolta sulla guancia della persona con cui parliamo nella via noi vediamo il cavallo che passa lontano. I nostri corpi entrano nei divani su cui ci sediamo, e i divani entrano in noi, così come il tram che passa entra nelle case, le quali alla loro volta si scaraventano sul tram e con esso si amalgamano.
La costruzione dei quadri è stupidamente tradizionale. I pittori ci hanno sempre mostrato cose e persone poste davanti a noi. Noi porremo lo spettatore nel centro del quadro.
Come in tutti i campi del pensiero umano alle immobili oscurità del dogma è subentrata la illuminata ricerca individuale, così bisogna che nell’arte nostra sia sostituita alla tradizione accademica una vivificante corrente di libertà individuale. [p. 29 modifica]Noi vogliamo rientrare nella vita. La scienza d’oggi, negando il suo passato, risponde ai bisogni materiali del nostro tempo; ugualmente, l’arte, negando il suo passato, deve rispondere ai bisogni intellettuali del nostro tempo.
La nostra nuova coscienza non ci fa più considerare l’uomo come centro della vita universale. Il dolore di un uomo è interessante, per noi, quanto quello di una lampada elettrica, che soffre, e spasima, e grida con le più strazianti espressioni di dolore; e la musicalità della linea e delle pieghe di un vestito moderno ha per noi una potenza emotiva e simbolica uguale a quella che il nudo ebbe per gli antichi.
Per concepire e comprendere le bellezze nuove di un quadro moderno bisogna che l’anima ridiventi pura; che l’occhio si liberi dal velo di cui l’hanno coperto l’atavismo e la cultura e consideri come solo controllo la Natura, non già il Museo!
Allora, tutti si accorgeranno che sotto la nostra epidermide non serpeggia il bruno, ma che vi splende il giallo, che il rosso vi fiammeggia, e che il verde, l’azzurro e il violetto vi danzano, voluttuosi e carezzevoli!
Come si può ancora veder roseo un volto umano, mentre la nostra vita si è innegabilmente sdoppiata nel nottambulismo? Il volto umano è giallo, è rosso, e verde, è azzurro, è violetto. Il pallore di una donna che guarda la vetrina di un gioielliere è più iridescente di tutti i prismi dei gioielli che l’affascinano.
Le nostre sensazioni pittoriche non possono essere mormorate. Noi le facciamo cantare e urlare nelle nostre tele che squillano fanfare assordanti e trionfali.
I vostri occhi abituati alla penombra si apriranno alle più radiose visioni di luce. Le ombre che dipingeremo saranno più luminose delle luci dei nostri predecessori, e i nostri quadri, a confronto di quelli immagazzinati nei musei, saranno il giorno più fulgido contrapposto alla notte più cupa.
Questo naturalmente ci porta a concludere che non può sussistere pittura senza divisionismo. Il [p. 30 modifica]divisionismo, tuttavia, non è nel nostro concetto un mezzo tecnico che si possa metodicamente imparare ed applicare.
Il divisionismo, nel pittore moderno, deve essere un COMPLEMENTARISMO CONGENITO, da noi giudicato essenziale e fatale.
E in fine respingiamo fin d’ora la facile accusa di barocchismo con la quale ci si vorrà colpire. Le idee che abbiamo esposte qui derivano unicamente dalla nostra sensibilità acuìta. Mentre barocchismo significa artificio, virtuosismo maniaco e smidollato, l’Arte, che noi preconizziamo è tutta di spontaneità e di potenza.
NOI PROCLAMIAMO:
1) CHE IL COMPLEMENTARISMO CONGENITO È UNA NECESSITÀ ASSOLUTA NELLA PITTURA, COME IL VERSO LIBERO DELLA POESIA E COME LA POLIFONIA NELLA MUSICA; 2) CHE IL DINAMISMO UNIVERSALE DEVE ESSERE RESO COME SENSAZIONE DINAMICA; 3) CHE NELL’INTERPRETRAZIONE DELLA NATURA OCCORRONO SINCERITÀ E VERGINITÀ; 4) CHE IL MOTO E LA LUCE DISTRUGGONO LA MATERIALITÀ DEI CORPI.
NOI COMBATTIAMO:
1) CONTRO IL PATINUME E LA VELATURA DA FALSI ANTICHI; 2) CONTRO L’ARCAISMO SUPERFICIALE ED ELEMENTARE A BASE DI TINTE PIATTE [p. 31 modifica]CHE RIDUCE LA PITTURA AD UNA IMPOTENTE SINTESI INFANTILE E GROTTESCA; 3) CONTRO IL FALSO AVVENIRISMO DEI SECESSIONISTI E DEGLI INDIPENDENTI, NUOVI ACCADEMICI D’OGNI PAESE; 4) CONTRO IL NUDO IN PITTURA, ALTRETTANTO STUCCHEVOLE ED OPPRIMENTE QUANTO L’ADULTERIO NELLA LETTERATURA.
Voi ci credete pazzi. Noi siamo invece i Primitivi di una nuova sensibilità completamente trasformata.
Fuori dall’atmosfera in cui viviamo noi, non sono che tenebre. Noi Futuristi ascendiamo verso le vette più eccelse e più radiose, e ci proclamiamo Signori della Luce, poiché già beviamo alle vive fonti del Sole.
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