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Alda Merini: La Poesia che Scava nell’Anima. Un viaggio poetico nell’abisso della sofferenza e della resilienza. Recensione di Alessandria today
La poesia di Alda Merini, intitolata Il dottore agguerrito nella notte, è un’opera intrisa di forza e fragilità, che racconta con cruda bellezza il rapporto tra l’arte, la sofferenza psichica e il potere salvifico della poesia.
La poesia di Alda Merini, intitolata Il dottore agguerrito nella notte, è un’opera intrisa di forza e fragilità, che racconta con cruda bellezza il rapporto tra l’arte, la sofferenza psichica e il potere salvifico della poesia. Attraverso immagini potenti e parole che sembrano scolpite nella carne, Merini ci conduce nel suo mondo interiore, dove dolore e creatività si intrecciano in una danza…
#Alda Merini#Alda Merini biografia#Alda Merini e Milano#Alessandria today#arte e follia#Cultura italiana#dolore e arte#dolore trasformato in arte#Dolore umano#Emozioni profonde#fragilità e forza#Google News#Il dottore agguerrito nella notte#Introspezione poetica#introspezione umana#italianewsmedia.com#lettura Alda Merini#Letture consigliate#martirio creativo#ospedali psichiatrici e poesia#Pier Carlo Lava#poesia Alda Merini#poesia contemporanea#Poesia del Dolore#poesia e martirio#poesia e sofferenza#poesia emotiva#poesia italiana#poesia psichiatria#poesia simbolica.
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“ Arrivano insieme in Pronto Soccorso come un fulmine in una notte senza nuvole. Lei, Pinuccia, mi chiede di ricoverare la figlia anoressica. Sua figlia, Giorgina, due occhi su un mucchietto d’ossa, rifiuta e mi ride in faccia. Lei, Pinuccia, insiste e mi minaccia, come fosse la prima e ultima possibilità di cura: Se non ricovera mia figlia, la denuncio alla Magistratura. Signora Pinuccia, dopo quindici anni di vuota attesa, proprio alla mezzanotte della mia guardia di Natale, bisognava decidersi a curare per forza questa figlia?
Giorgina urla: se lei mi ricovera mi suicido! Di rimando, la madre urla: se non la ricovera io la denuncio!
Signore, calma: è la notte di Natale. La cosa piú semplice è che torniate a casa e riprendiate il solito tran tran. Se poi vi piace, potete tornare a fare questa sceneggiata la mezzanotte di Capodanno. Però prenotate il biglietto, perché c’è la coda delle persone che vogliono cambiare, quella notte, la loro vita. “
Paolo Milone, L’arte di legare le persone, Einaudi (collana Super ET), 2021¹; pp. 127-128.
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"Bisogna, di tanto in tanto, saper chiedere scusa."
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Haiku
Ubriachiamoci e spogliamoci di tutti i nostri i silenzi.
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“Canto delle donne” di Alda Merini
Io canto le donne prevaricate dai bruti
la loro sana bellezza, la loro “non follia”
il canto di Giulia io canto riversa su un letto
la cantilena dei salmi, delle anime “mangiate”
il canto di Giulia aperto portava anime pesanti
la folgore di un codice umano disapprovato da Dio,
Canto quei pugni orrendi dati sui bianchi cristalli
il livido delle cosce, pugni in età adolescente
la pudicizia del grembo nudato per bramosia,
Canto la stalla ignuda entro cui è nato il “delitto”
la sfera di cristallo per una bocca “magata”.
Canto il seno di Bianca ormai reso vizzo dall’uomo
canto le sue gambe esigue divaricate sul letto
simile ad un corpo d’uomo era il suo corpo salino
ma gravido d’amore come in qualsiasi donna.
Canto Vita Bello che veniva aggredita dai bruti
buttata su un letticciolo, battuta con ferri pesanti
e tempeste d’insulti, io canto la sua non stagione
di donna vissuta all’ombra di questo grande sinistro
la sua patita misura, il caldo del suo grembo schiuso
canto la sua deflorazione su un letto di psichiatra,
canto il giovane imberbe che mi voleva salvare.
Canto i pungoli rostri di quegli spettrali infermieri
dove la mano dell’uomo fatta villosa e canina
sfiorava impunita le gote di delicate fanciulle
e le velate grazie toccate da mani villane.
Canto l’assurda violenza dell’ospedale del mare
dove la psichiatria giaceva in ceppi battuti
di tribunali di sogno, di tribunali sospetti.
Canto il sinistro ordine che ci imbrigliava la lingua
e un faro di marina che non conduceva al porto.
Canto il letto aderente che aveva lenzuola di garza
e il simbolo-dottore perennemente offeso
e il naso camuso e violento degli infermieri bastardi.
Canto la malagrazia del vento traverso una sbarra
canto la mia dimensione di donna strappata al suo unico amore
che impazzisce su un letto di verde fogliame di ortiche
canto la soluzione del tutto traverso un’unica strada
io canto il miserere di una straziante avventura
dove la mano scudiscio cercava gli inguini dolci.
Io canto l’impudicizia di quegli uomini rotti
alla lussuria del vento che violentava le donne.
Io canto i mille coltelli sul grembo di Vita Bello
calati da oscuri tendoni alla mercé di Caino
e canto il mio dolore d’esser fuggita al dolore
per la menzogna di vita
per via della poesia.
Alda Merini
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Io canto le Donne prevaricate dai bruti
la loro sana bellezza, la loro 'non follia'
il canto di Giulia io canto riversa su un letto
la cantilena dei Salmi, delle anime 'mangiate'
il canto di Giulia aperto portava catene pesanti
la folgore di un codice umano disapprovato da Dio. Canto quei pugni orrendi dati su bianchi cristalli
il liquido delle cosce, pugni in età adolescente
la pudicizia del grembo nudato per bramosia.
Canto la stalla ignuda entro cui è nato il 'delitto'
la sfera di cristallo per una bocca 'magata'.
Canto il seno di Bianca ormai reso vizzo dall'uomo canto le sue gambe esigue divaricate sul letto
simile a un corpo d'uomo era il suo corpo salino
ma gravido di amore come in qualsiasi donna.
Canto Vita Bello che veniva aggredita dai bruti
buttata su un letticciolo, battuta con ferri pesanti
e tempeste di insulti, io canto la sua non stagione
di donna vissuta all'ombra di questo grande sinistro
la sua patita misura, il caldo del suo grembo schiuso canto la sua deflorazione su un letto di psichiatria, canto il giovane imberbe che mi voleva salvare.
Canto i pungoli rostri di quegli spettrali infermieri
dove la mano dell'uomo fatta villosa e canina
sfiorava impunita le gote di delicate fanciulle
e le velate grazie toccate da mani villane.
Canto l'assurda violenza dell'ospedale del mare
dove la psichiatria giaceva in ceppi battuti
di tribunali di sogno, di tribunali sospetti.
Canto il sinistro ordine che ci imbrigliava la lingua
e un faro di marina che non conduceva ad un porto. Canto il letto aderente che aveva lenzuola di garza
e il simbolo-dottore perennemente offeso
e il naso camuso e violento degli infermieri bastardi. Canto la malagrazia del vento traverso una sbarra canto la mia dimensione di donna strappata al suo unico amore
che impazzisce su un letto di verde fogliame di ortiche canto la soluzione del tutto traverso un'unica strada
io canto il miserere di una straziante avventura
dove la mano scudiscio cercava gli inguini dolci.
Io canto l'impudicizia di quegli uomini rotti
alla lussuria del vento che violentava le donne.
Io canto i mille coltelli sul grembo di Vita Bello
calati da oscuri tendoni alla mercé di Caino
e canto il mio dolore d'esser fuggita al dolore
per la menzogna di vita
per via della poesia.
#aforisma#aforismi#aforismos#alda merini#citation#citazioni#frasi sulla vita#lirica#merini#personaggi
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Dott. Herman Hernandez TESTIMONIANZA DI UN MEDICO SPIRITUALE
von Witold Wieslster, Dienstag, 24. November 2015 um 18:13
Il nome con il quale mi conoscete è molto simile a quello della mia ultima incarnazione, avvenuta in Argentina nella seconda metà del secolo scorso e terminata all'epoca della prima guerra mondiale, quando avevo 51 anni.
Il cognome, naturalmente, è quello che mio padre portò come una bandiera dalla natia Spagna, quando ne fuggì spinto dal suo animo poetico e avventuroso di rampollo di buona famiglia. Famiglia ricca ed opprimente, dalla quale potè evadere grazie anche alla mancanza di qualsiasi difficoltà di ordine pratico. Lo dicevo sempre a mio padre quando, avviato alla pratica psichiatrica, mi divertivo ad analizzarlo facendolo irritare e ribellare alle mie analisi e conclusioni: "Non è stato poi così difficile per te, padre mio, seguire il tuo spirito d'avventura, divenire il paladino degli oppressi, il portavoce dell'epica popolare che esprimi nella tua poesia "gauchesca". La tua poesia, popolare per definizione, esprime lo spirito del gaucho, ma non può condividerne le grame avventure da una comoda, confortevole casa cittadina! La tua cultura ti fa comprendere il linguaggio dell'uomo della campagna, apprezzarne lo spirito, ma non ti rende come lui".
Erano lotte affettuose ed ironiche; mio padre non demordeva; lui era un vero avventuroso, era, malgrado i privilegi, il colonizzatore liberale e democratico, convinto della necessità di mutare le strutture politiche, economiche e sociali del suo Paese d'adozione. E lo tentò anche, e con lui molti del suo ceto e della sua generazione.
A partire dalla fine dell'800, nel mio Paese si verificò un notevole sviluppo economico, anche a seguito della larga immigrazione europea; l'aumentata prosperità non mutò tuttavia le condizioni in cui vivevano le masse popolari.
Più tardi il regime di Peron attuò alcune riforme in favore dei "descamisados" cui si appoggiava, ma l'Argentina, pur avendo le risorse umane e materiali per divenire un Paese moderno, è purtroppo ancora oggi un Paese dalle basi economiche e sociali arretrate.
Ma torniamo al mio nome: ci tengo, e qualcuno più di me, a spiegarvi che l'imposizione del nome Herman al suo figlio primogenito, fu la piccola vittoria di mia madre, alsaziana, sulla prepotenza tutta spagnola del marito.
Mia madre, cresciuta nel periodo in cui in Alsazia non era ancora attiva l'opera di germanizzazione, era e si sentiva francese, ma, essendo di madre tedesca, era legata, malgrado lo negasse, anche ad antiche tradizioni e vicende culturali prettamente tedesche, cosa che irritava sommamente mio padre, il quale non poteva però negare come fosse stato il deciso spirito germanico a convincere una ragazza dell' 800 a fuggire al di là del mare, condividendo l'avventura di uno spagnolo ribelle ed anticonformista.
Quando io nacqui, le acque fra la coppia fuggitiva e le famiglie di origine si erano placate. Le nozze, celebrate nella bellissima chiesa di Santa Fé nella più stretta tradizione cattolica spagnola, seguite dalla tipica festa folcloristica argentina, frutto dell'incontro fra le tradizioni, i miti ed i canti degli indios e il patrimonio culturale e folcloristico spagnolo, avevano riconciliato con i fuggitivi e fra di loro le altere famiglie d'origine, che avevano varcato compatte il mare per assistere al rientro nelle regole delle loro pecorelle smarrite.
Alla mia nascita seguirono quelle di altri tre figli che mia madre allevò con ferrea disciplina germanica, alleviata da ampi sprazzi di ironia francese che ci plasmò più della paterna impronta spagnola, indulgente e dispersiva.
Chiedo scusa, se mi sono un po' dilungato nel racconto del contesto socio-familiare in cui sono cresciuto, ma l'ho fatto per cercare di far comprendere perché quando, dopo gli studi superiori, si trattò di decidere la scelta universitaria non ebbi dubbi: sarei diventato medico e mi sarei specializzato in neurologia e psichiatria.
C'erano state, già negli anni precedenti, avvisaglie di questa importante decisione.
Di fare il medico l'avevo deciso fin da bambino e non avevo mai cambiato idea, ma fare "il medico dei matti!", come diceva mia madre, questa era un 'idea ben strana!
Intuiva che questa mia decisione di essere dottore era in parte la contrapposizione di un aiuto tangibile, pratico, immediato all'aiuto di parole e idee che mio padre dava al suo prossimo più sfortunato; ma perché, insisteva mia madre, occuparsi di una medicina fatta di parole?
A quell'epoca essere neuropsichiatra, specialmente in Sud America, voleva dire essere guardato dai benpensanti con un po' di sospetto e le capacità di medico venivano un po' sminuite dal fatto di voler studiare e conoscere ciò che non si vede.
Verso il 1880, il mondo occidentale subiva l'influsso del positivismo e le tendenze predominanti erano, oltre ai resti della vecchia filosofia illuministica, le nuove filosofie materialistiche e meccanicistiche.
Tuttavia, qualche anno più tardi, per tutta l'Europa si potè scorgere una nuova svolta culturale, un marcato cambiamento degli orientamenti. Il fenomeno toccò molti aspetti della cultura e la nascita di una nuova psichiatria dinamica può essere compresa soltanto in questo contesto.
In quegli anni mi trovavo in Europa per compiere i miei studi universitari. Ero ospite di un fratello di mia madre che da Strasburgo, quando la città venne annessa alla Germania, si era trasferito a Nancy, in Lorena, dove era sorta una nuova università.
Qui conobbi Hippolite Bernheim, imparentato con mio zio, che ebbe una determinante influenza sulla mia formazione professionale.
Nel periodo universitario conobbi abbastanza bene alcuni Paesi dell'Europa, fra i quali l'Italia. Visitai Torino, dove conobbi Enrico Morselli, e Napoli, dove passai una meravigliosa vacanza.
In Inghilterra mi recai appositamente per conoscere Myers che aveva compiuto importanti studi sull'ipnosi.
In Europa, infatti, in quegli anni si andava largamente manifestando un profondo interesse, oltre che per i problemi delle malattie mentali e delle nevrosi, anche per l'ipnosi. Ed era un campo che mi interessava molto e che non abbandonai più.
Il mio modello e maestro divenne, a quel tempo, Pierre Janet con il quale, tornato in Argentina, intrecciai una fitta corrispondenza e che rividi per l'ultima volta a Londra al Congresso Internazionale di Medicina del 1913 . Veramente, lo rividi e sentii ancora qualche anno dopo, in occasione del suo viaggio in Sud America, ma lui non poteva vedere né sentire me!
Al tempo di Janet molti autori ammettevano l'esistenza di una ipotetica energia nervosa o mentale la cui insufficienza provocava disturbi nevrastenici. Ma taluni fatti li rendevano perplessi come, ad esempio, il fatto che un individuo, che appariva completamente esaurito, improvvisamente riuscisse, sotto certe stimolazioni, a trovare la forza necessaria per compiere azioni difficili. Janet superò queste apparenti contraddizioni elaborando un sistema nel quale l'energia psicologica è caratterizzata da due parametri: la forza e la tensione.
La forza psicologica è la quantità di energia psichica elementare. La tensione psicologica è la capacità di un individuo di utilizzare la propria energia psichica.
La relazione fra forza e tensione psicologica viene dimostrata da vari fenomeni.
Si verificano agitazioni quando la quantità di forza è mantenuta, mentre la tensione psicologica è abbassata.
La crisi epilettica non sarebbe altro che un improvviso collasso della tensione psicologica sotto forma di scarica di energia.
Dovrebbe esserci equilibrio tra forza e tensione, ma tale equilibrio è spesso difficile da mantenere.
Con l'aiuto di questi concetti, che io ho riassunto e ridotto all'essenziale, Janet fu in grado di costruire un nuovo modello teorico connesso con le condizioni nevrotiche e con la psicoterapia.
Una volta tornato in Argentina ed iniziata ad esercitare la professione, mi dedicai all'attività di neuropsichiatra per il ceto più elevato che faceva parte del mio ambiente nella mia città. Questo era scontato, perché la mia famiglia placasse i suoi dubbi sulla serietà della mia profesionne.
Ma i miei studi e le mie forze si orientarono soprattutto nell'indagine e nell'aiuto per le persone ammalate di nevrosi non per moda o per noia, ma per effettivi squilibri di origine neurovegetativa.
Andai nei villaggi, tra i figli della Pampa, partecipai alle feste propiziatorie e alle processioni di ringraziamento, osservai il comportamento delle donne, degli uomini, dei vecchi e dei giovani, le contraddizioni e i timori dei loro modi di esprimersi e di vivere.
Li raffrontai con il comportamento dei miei ricchi clienti di Buenos Aires e visualizzai sempre di più la ripetitività, in contesti economici e sociali diversi, delle risorse e delle debolezze della psiche umana, dei meccanismi che scatenano l'emotività, delle difficoltà di incanalare e superare quest'emotività, scatenata da motivi diversi, identica nel manifestarsi e gestire l'animo umano.
E' in grado l'uomo, mi chiedevo sempre più spesso, di utilizzare sottili risorse quali la volontà, l'energia psichica, i meccanismi mentali, per raggiungere l' equilibrio?
E se sì, questi attributi che sono insiti nell'uomo stesso, come farli emergere ed entrare in azione? Dando più spazio a un analizzare o a un sentire?
Erano le mie prime intuizioni sull'esistenza di uno spirito, uno spirito incarnato, quindi compresso e soffocato, e non lo sapevo. Ma questo spirito lo incontravo continuamente, in chi soprattutto riuscivo ad aiutare almeno un poco, e prepotente emergeva dentro di me.
L'episodio decisivo per me fu l'incontro con la ragazza che doveva diventare mia moglie ed aiutarmi per tutta la vita con coraggio ed entusiasmo nel mio lavoro nei villaggi, fra la gente che conosceva così bene perché era la sua gente.
Hilaria, unica figlia di un indio, mio paziente e amico, e di una spagnola che vivevano in un villaggio presso Santa Fé, era una giovane dai nerissimi capelli, con occhi pure neri e vivaci, intelligentissima e dolce; amava la sua gente e il suo Paese e con immenso sacrificio dei genitori aveva studiato per diventare infermiera e lavorare in ospedale.
Quando la conobbi aveva appena terminato l'internato e si apprestava a fare il suo tirocinio nel reparto psichiatrico dell'ospedale di Santa Fé.
Ero affascinato dalla dolcezza e nello stesso tempo dalla tranquilla sicurezza con cui si rivolgeva alle persone; cominciai a prestarle libri di psicologia e dispense che le traducevo dal francese, chiedendo poi il suo parere.
Un giorno la sentii parlare con una vecchissima donna india del villaggio, amica dei suoi, e chiederle di darle un consiglio facendo parlare lo spirito.
"Di quale spirito parlavi, Hilaria?" le chiesi gentilmente più tardi, con scettica curiosità.
"Del suo - mi rispose semplicemente - Florida è saggia, perché sa far parlare il suo spirito. Lei non è prevalente!"
La guardai allibito, che cosa veniva a raccontarmi? Che cosa intendeva con "prevalente"?
E io davo retta a una ragazzina esaltata, io che avevo dieci anni più di lei, ero un medico e avevo girato il mondo!
Hilaria mi guardava con dolcezza, ma anche con un pizzico di sfida.
"Vedi Herman, secondo me la maggior parte di noi si affanna a ricercare un proprio equilibrio sia fisico che psichico, prima che in se stesso, al di fuori, ignorando forze naturali che rimangono sconosciute o vengono svisate.
Se lo spirito che è dentro di noi è in equilibrio anche il corpo è in equilibrio e viceversa.
Quella che voi medici della mente chiamate "psiche" fa parte dello spirito, ma è a volte così condizionata dal corpo da integrarsi in esso, da essere soffocata dalla mente che diventa "prevalente". La mente di Florida non è "prevalente", non comprime e soffoca l'attività energetica del suo spirito! Con buona pace del tuo adorato Janet."
Mi prendeva in giro e io mi lasciavo prendere in giro?!
No, Hilaria era convinta di quanto affermava e io potevo imparare da lei a considerare da un altro punto di vista l'oggetto dei miei studi e delle mie ricerche.
E così fu per il resto della vita che trascorremmo insieme, dalla vostra parte.
Non fu un periodo lunghissimo: vent'anni; Hilaria restò sola presto ad allevare nostra figlia, ad aiutare la gente dei villaggi a far emergere la parte migliore di sé, a ricercare dentro di sé le risorse naturali sconosciute che aveva intravisto e io, da questa parte, continuai ad aiutarla proseguendo i miei studi e constatando, con il vantaggio di una visione più completa, la realtà di certi meccanismi e leggi naturali che avevo con il suo aiuto intuitivamente percepito e intravisto.
Non è molto che Hilaria mi ha raggiunto; al contrario della mia, la sua ultima incarnazione è stata lunghissima ed è una esperienza che ha arricchito il suo spirito con la semplicità del suo essere portato a sentire e non soltanto o prevalentemente analizzare.
I nostri studi, le nostre osservazioni e verifiche ora continuano nel gruppo costituitosi unitamente a Vita Nuova, al movimento che, nelle due dimensioni parallele, vuole portare avanti la ricerca e lo studio della personalità spirituale: partendo dalla condizione meno favorevole di spirito incarnato e quindi compresso, se l'uomo non viene aiutato a comprendere certi meccanismi regolati da leggi naturali ancora per la maggior parte sconosciute o misconosciute.
La nostra vita continua ora, unita nelle due dimensioni a coloro che hanno il nostro stesso ideale, il nostro stesso scopo: formare degli spiriti liberi sia incarnati che disincarnati, consapevoli di lavorare insieme per costituire una salda "piattaforma" di base nella quale "sempre" si verifichino le condizioni necessarie ad aprire e mantenere aperto un canale di comunicazione e quindi di scambio e aiuto fra cielo e terra. Un'isola pilota, dove regni l'amore e l'unione d'intenti, ma anche la consapevolezza che soltanto l'indagine sistematica e costante di tutto ciò che è constatabile e tangibile, il confronto e il collegamento con gli studi di altre discipline scientifiche, la ricerca continua e obiettiva di dati precisi e ripetibili, potranno fare della scienza spiritica una scienza esatta, fonte sicura di vera conoscenza.
So che molti fra voi si chiedono come si svolga la vita, come trascorra il tempo in quell'ipotetico "al di là" dal quale, in definitiva, nessuno è ritornato con una testimonianza eclatante e obiettivamente constatabile.
So che anche chi è convinto nel più profondo del suo essere dell'esistenza reale di questo mondo, spesso si domanda, con un fondo di scetticismo, quali siano il significato e lo scopo di questo nostro voler studiare, approfondire e comunicare, a chi lo desidera, risultati pur sempre opinabili e spesso difficilmente verificabili.
Vorrei quindi cercare di ampliare un poco la visuale che l'uomo, in quanto spirito incarnato, non può da solo captare e completamente constatare a meno che non acconsenta a liberare volontariamente se stesso da legami vincolanti, ma non per questo sempre strettamente costrittivi.
Comincerò con una descrizione che completi quella che Agliva, la mia "assistente", ha già fornito quanto vi ha portato la sua testimonianza.
Contrariamente a quanto è avvenuto per lei, il mio primo impatto con il mondo spirituale non è stato portatore di grosse sorprese.
Il trapasso è stato per me meno violento anche se improvviso, perché causato da una malattia fulminante e per la quale ancora non erano stati trovati farmaci debellanti.
Certo non mi aspettavo di dover morire, ma il corso preso dalla febbre e i sintomi non potevano ingannare la mia pur non eccelsa capacità diagnostica.
Inoltre in fondo sapevo, seppur confusamente, di aver predisposto con il mio modo di vivere il terreno adatto all'instaurarsi della malattia che mi aggrediva e i cui segnali premonitori non erano mancati. Ero sempre stato fin da ragazzo, un accanito fumatore e i miei polmoni non avevano più difese.
L'organismo umano ha la capacità, attraverso il sistema immunitario e la buona gestione dei vari organi e soprattutto delle reti elettrica ed energetica legate al sistema nervoso, di mantenere un equilibrio ottimale.
I presupposti perché questo avvenga, però, sono basati, oltre che sulla conoscenza di precisi meccanismi, sulla capacità individuale di esercitare la volontà, facoltà innegabilmente spirituale.
Affermo questo ora che ho approfondito e verificato certe teorie, ma allora ...
Allora ero portato a considerare la volontà come una capacità che la mia impulsività e tendenza a perdere la calma a volte poteva indebolire malgrado l'innegabile conoscenza di me stesso che la mia professione comportava.
Ora so che non è così, che chi non è "prevalente", chi è in armonia con il proprio spirito può far emergere l'energia calma e potente della volontà.
Ma torniamo al mio arrivo nel piano spirituale.
Dicevo che non ebbi grosse sorprese.
Le convinzioni, i discorsi semplici e sereni di Hilaria avevano inconsapevolmente toccato la parte di me che voleva credere, malgrado la ragione si opponesse, che la vita continua, che non può esserci data soltanto la possibilità dell'arco di una vita, a volte brevissima, per poter fare esperienza, agire, conoscere. E malgrado razionalmente, a parole, negassi ogni possibile sopravvivenza, curiosità e speranza convivevano con la mia ferrea logica che mi portava a escludere ipotesi intuitive e per questo considerate assurde.
Non mi meravigliai quindi nel trovarmi, consapevole di aver esalato proprio l'ultimo respiro, nel buio tunnel in fondo al quale vedevo la luce.
Vuoi vedere Herman, mi dissi, che ti sei sbagliato?! Che non è un'allucinazione tutto questo?! Sono sicuro che non mi hanno somministrato nulla; anche se avevo la febbre altissima ero lucido e gliel'ho proibito!
Il sorriso dolce di nonna Virginia e di Florida mi accolsero nella luce fattasi improvvisamente più viva, radiosa ... inimmaginabile.
Era il mondo descritto da Florida, la favola per la quale deridevo Hilaria! Ma ciò che non avevo mai immaginato e che attirò subito la mia attenzione era il mondo, che potrei definire, per rendere l'idea, sottostante o circostante: il mondo dei trapassati che non vedevano, non volevano vedere la luce, e come ciechi erravano nel buio con lo spirito ancora attirato e rivolto alla materia.
Erano forse gli spiriti malvagi ai quali a volte accennava Florida? Ne dubitavo.
Questo proprio non me lo aspettavo.
Un piano parallelo a quello umano, ma che umano non era più e credeva di esserlo o voleva esserlo!
Nessuna possibilità di comunicazione tra coloro che ignari si muovevano nel secondo e coloro che nel primo cercavano di attirarne l'attenzione macerandosi nella sofferenza e nell'ira. E nessuna comunicazione tra coloro che si trovavano in tale stadio. Solitudine e dolore, questo mi colpiva ancora di più. Da chi avrei potuto avere spiegazioni?
Ero disorientato e confuso, ma il desiderio di conoscere prevalse, dovrei dire il pensiero prevalse e fu captato.
Fu captato da qualcuno che mi si avvicinò e del quale percepii la decisione, la sicurezza nel manifestare il suo pensiero. Non ebbi dubbi: avevo già incontrato quel personaggio, ma quando, dove?
La sua spiegazione fu questa: "Quando ricorderai la vita che abbiamo trascorso insieme, comprenderai anche i motivi per cui il compito che ti viene proposto ora riguarda gli spiriti che tanto ti colpiscono in questo momento e la loro condizione.
Nel piano spirituale vengono a trovarsi trapassati che non accettano o non concepiscono il cambiamento di stato che la morte fisica ha loro imposto. Le reazioni a questa situazione sono innumerevoli e portano alle più svariate condizioni sulle quali naturalmente influisce ciò che la persona era da incarnata. La maggior parte di questa popolazione eterogenea, che può a volte dare l'impressione di essere malvagia o vendicativa, è soltanto sofferente e smarrita, incapace di richiedere o cercare aiuto. Vuoi occuparti di loro? Tu sei stato più fortunato, Hilaria, il tuo intuito, i tuoi studi, la tua professione e altri fattori ti hanno indirizzato e aiutato per tempo.
Sulla terra hai aiutato i tuoi simili agendo sulla loro psiche, sorretto dalla tua conoscenza, ma anche dal tuo istinto.
Ora puoi proseguire, se vuoi. Addentrandoti, con spirito attento ed aperto in questo mondo, acquisirai nuove conoscenze, osserverai meccanismi naturali che ancora non hai avuto modo di conoscere. Se chiederai aiuto e illuminazione li otterrai; se vorrai progredire ne avrai la possibilità.
Basta che tutto questo sia obiettivo della tua volontà.
Se avrai bisogno di me ci sarò, ma ora ti affido a chi potrà darti i suggerimenti più immediati e necessari."
L'idea di essere, per così dire, inquadrato non mi attirava molto, ma tutto il resto sì e d'altronde non avevo molta scelta!
Non sapevo allora che nel mondo dello spirito non si viene mai inquadrati, soltanto orientati e che si è assolutamente liberi.
Lo constatai nel tempo, negli anni che dedicai agli spiriti sofferenti, cercando di orientarli, nella libera scelta dell'essere consapevoli e del migliorare la propria condizione.
Spiriti che erano stati uomini arroganti e prepotenti dovevano scegliere ed imparare l'umiltà, altri nei quali avevano prevalso l'egoismo e la chiusura in se stessi, dovevano scegliere ed imparare l'altruismo e la disponibilità, e così via, in un cammino lento e faticoso che a volte scoraggiava anche noi che ci eravamo assunti il compito di aiutarli.
Quando Hilaria mi raggiunse, si avvicinava l'anno 1970, chiesi con lei di assumermi un altro compito. Quello di far conoscere o per lo meno di tentare di far conoscere almeno in parte ad altri spiriti spesso sofferenti, gli spiriti incarnati, le leggi che regolano molti meccanismi naturali che ancora gli uomini non conoscono.
Fra questi la possibilità di comunicazione e scambio fra il mondo terreno e il mondo spirituale.
Hilaria ed io ci avvicinammo al nostro Paese per cercare persone che avessero nel cuore il desiderio di conoscere, perché tale desiderio è spesso la spinta ad essere tramite degli spiriti di missione e di chi è loro vicino.
Trovammo alcuni uomini e donne con buone vibrazioni e in particolare un uomo con il quale io potevo entrare in buona sintonia. Per alcuni anni ci dedicammo alla sua formazione spirituale, spingendolo ad appoggiarsi anche a persone adatte ad aiutarlo nella sua formazione a livello psico-fisico. Un buon medium infatti non è mai solamente spontaneo. E' necessariaanche una severa preparazione, perché possa evitare i pericoli e le false illusioni che gli possono venire dalla sua posizione di apertura e disponibilità.
Questa formazione è un lavoro duro anche per noi spiriti che dobbiamo agire sui due piani e superare per realizzarla innumerevoli ostacoli umani e non.
Quando il lavoro sembrava a buon punto il mio mezzo si trasferì dal Sud America all 'Europa, in un Paese che io amavo molto, l'Italia.
Il lavoro, che andava anche adattato al contesto sociale ed economico del nuovo Paese, subì un arresto.
Da parte nostra individuammo ben presto la necessità di trovare un sostegno umano formato da un gruppo in cui il nostro tramite andava inserito, ma non trovammo da parte sua rispondenza alcuna.
Il fatto di provenire dal Sud America (dove si ritiene che il mondo degli spiriti sia più vicino!) sembrava autorizzare il mio uomo e chi lo circondava a ritenersi, per suo merito, speciale.
Non era questo il nostro scopo. Noi avevamo bisogno di persone disponibili a uno scambio d'amore. Persone certamente un po' speciali nel senso che noi chiedevamo la loro fiducia, direi in anticipo, sullo scambio; ma persone disposte a lavorare e esplicare le loro capacità in un lavoro comune, non in cerca di gloria!
Con dispiacere, ma necessariamente, dovemmo ricominciare la nostra ricerca e decidemmo di farlo nel Paese che ci aveva senza colpa tolto il frutto di un lungo lavoro.
Avevamo già individuato il gruppo che, anche se in via di costituzione, ci faceva ben sperare. Gli spiriti che già si dedicavano all'orientamento e alla formazione di questo gruppo, avevano gli stessi nostri obiettivi e condividevano il nostro modo di procedere.
Unimmo le nostre forze e formammo un unico movimento, lo stesso cui ho accennato più sopra.
Nel movimento Vita Nuova trovai altri medici che come me volevano approfondire ed ampliare le conoscenze acquisite nell'ultima o in precedenti incarnazioni, avvalendosi del nuovo stato e delle relative possibilità, dell'aiuto di altri spiriti più avanzati ed evoluti, dello scambio e aiuto con chi, pur essendo ancora incarnato, desidera conoscere una nuova realtà, intraprendere lo studio di una nuova scienza: lo spiritismo.
Stiamo lavorando, con pazienza, con determinazione, spesso con fatica, ma senza mai scoraggiarci nonostante gli inevitabili cedimenti e ripensamenti da parte dei nostri amici. Amici incarnati e per questo più influenzati da debolezze e timori prettamente della condizione umana. Timori di non farcela, di perdere la fiducia, di combattere una battaglia perduta in partenza, perché non soggetta alle leggi conosciute della logica, della sperimentazione, della realtà.
Sono innumerevoli le componenti psicologiche che possono frenare il loro entusiasmo! Ma noi siamo al loro fianco, pronti a proteggerli e a sostenerli e a nostra volta abbiamo al fianco coloro che, forti di maggiore conoscenza, sanno guidarci e proteggerei.
In particolare noi medici che operiamo per Vita Nuova, teniamo a consolidare al più presto possibile questo piccolo nucleo per poter, tramite le persone adatte e disponibili, intervenire per alleviare le innumerevoli sofferenze che vediamo ogni giorno nel pur piccolo contesto che ruota intorno a Vita Nuova e che è destinato ad aumentare notevolmente. Da parte mia ho trovato un'altra persona vibratoriamente adatta al tipo di lavoro che desidero portare avanti unitamente agli altri.
Stiamo lavorando perché ciò diventi fattivo al più presto e senza le delusioni del passato.
Ciò che ci fa ben sperare è la coesione del gruppo. Infatti perché uno o più spiriti disincarnati possano lavorare tramite un buon medium occorre, oltre alla disponibilità e preparazione del mezzo stesso, la disponibilità, preparazione, unione armonica delle persone che lo circondano per aiutarlo, sostenerlo, difenderlo; le persone che costituiscono la cosiddetta catena medianica, elemento indispensabile e insostituibile nel lavoro medianico. A Vita Nuova lavoriamo tutti uniti a questo scopo: formare e consolidare la piattaforma costituita da spiriti incarnati sui quali altri spiriti, disincarnati, possano veramente contare.
Anna Fumagalli - Vita Nuova
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Unpopular opinion
Hegel, Freud e Bukowsi sono assai sopravvalutati 🙊
#Unpopular opinion#Opinione impopolare#Opinione#Opinioni#Hegel#georg wilhelm friedrich hegel#gwf hegel#Freud#sigmund freud#Bukowski#charles bukowski#Letteratura#Arte#Filosofia#Psicologia#Psicoanalisi#Psicanalisi#Psichiatria#Poesia
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“Essere voluti dal destino. E nient’altro. Dentro una foresta di farfalle”: il racconto a puntate di Giorgio Anelli, “Mirabilia Dei!
PSICHIATRIA. 5
Sul letto della mia stanza, con la chitarra suono i Doors. Un ragazzo si avvicina, mi osanna. Tira urla opache contro se stesso. Occhi stralunati, occhiaie novizie. Le mie o sue ‒ a seconda dell’occasione ‒ guardie del corpo, lo allontanano. Ha i capelli neri, e ricci. Chissà perché è qui anche lui? La stanza del refettorio è enorme. Mangio all’inverosimile. In un angolo di un’altra stanza, un’esile infermiera dai capelli bianchi taglia le unghie dei piedi a un paziente non certo giovane. Quella stessa infermiera che un giorno, in un battibaleno, mi ha portato nella chiesetta dell’ospedale e mi ha detto di salutare la madonnina. Ho saputo che, prima di trasportarmi sull’ambulanza, ho composto con le sigarette la parola ‘Maria’, davanti alla statua della Madonna, nel cortile del parroco. La sera, invece, gioco per il corridoio a tirare calci con una pallina di carta insieme a Laura. Laura è giovane, ed è bella. Ha la pelle del mare. Ed è la sera mundial. Sta giocando l’Italia. Gli infermieri sono incollati alla tv. Laura vuole scoparmi. Me lo fa capire con lo sguardo, mentre smorfie maliziose le piegano il viso. La sua voglia malata è anche mia. Voglio che mi prenda la nerchia e se la strofini in bocca. Interviene l’infermiere. La festa è finita.
*
Sono stato fortunato. Dopo il licenziamento da quella ditta, stavo giù parecchio. C, mi ha rivoluto in cooperativa. Perché c’era del lavoro da svolgere. E io, in passato, quel lavoro l’avevo svolto veramente bene. Mi ha chiamato. Ha cercato proprio me. Pur sapendo, che di lì a breve avrebbe lasciato la cooperativa. G, nemmeno di lei si scorderà.
Ero fortemente depresso, ma non feci un giorno di assenza. Ero abbattuto. Lavoravo accanto a quel dirigibile di collega, il quale non faceva altro che sparare cavolate tutto il giorno. Non mi assentai mai. Quel lavoro, fu la mia salvezza. Lì ho capito che quel luogo e quelle persone, nonostante qualsiasi fatica o antipatia avversa, a poco a poco mi stavano facendo sentire come a casa.
*
Avere un disturbo bipolare dell’umore, è come ricevere una sorpresa inaspettata da scartare lentamente negli anni. In uno dei miei deliri bevevo la notte scura, dallo scorrere di una fontana di montagna, in pieno inverno a milleottocento metri di altezza. Quella fonte fu il mio argento. Rendermi immortale nella vita fustigata dal reale, era il compito inconscio quanto precipuo. Tutto quello che toccavo, corrompevo. Il mio corpo, si disfaceva in mille costumi. Amori malati. Umori, presunti. Lune infuocate. Dove siete?, ripetevo a me stesso. Io non ho donne, ho solo incanti.
*
In un altro dei miei deliri, invocavo il tuo nome, Dio mio… Non so come ho fatto a resistere. A guidare come un matto a tutta velocità, rimanendo vivo. A urlare per quella valle ghiacciata, notti e notti intere, senza essere arrestato. A Milano con Chiara ‒ eh, Chiara… ‒ ci andò bene. Guidavo di sera con gli occhiali da sole. Un’auto ci ha leggermente toccato dentro. Chiara ha gridato, come quando una zingara si accorge che le stanno portando via il figlio. Andavo in giro per la città, sputando contro le serrande e le vetrine dei negozi. Non ero più io. Eppure, ero pur io. Straniato. Estraniato.
Sembra facile non lavorare quando ci si trova in una situazione del genere. Certo, certo! Invece, è l’unica condizione possibile per poter guarire. Il tempo dilatato, che ha bisogno di tempo, affinché tu possa ritornare padrone del tempo. E dentro quel tempo, lotti. La depressione o l’eccitamento, hanno tempi dispari. Sembra di stare in un’altra dimensione, di vedere tutto sotto un’altra ottica, che spesso è quella del timore, della sonnolenza, dell’inedia. Altrimenti, fai cose assurde. Non legittimate o giustificate, certo. Però le fai! Sono entrato in un cinema. Durante la proiezione, ogni tanto mi muovevo nella sala buia. Meno male che eravamo in quattro gatti. Poi, ho iniziato a masturbarmi. E la donna in ultima fila, dannazione, si è accorta eccome. Sono riuscito a scamparla per un pelo.
*
Quindi, nonostante tutto, sarei una meraviglia. E di Dio, per giunta! Che cos’è una meraviglia? Di meraviglioso conosco solo la poesia. Non ho mai pensato a me, in tal modo. Dio, poi… Con Nostro Signore ho sempre avuto un rapporto sinusoidale. Sono un uomo di grande fede, al punto tale che sono arrivato fino a bestemmiare. Aveva ragione don Ugo, a milleottocento metri, nel dirmi, sorridendo, che non è nient’altro che una giaculatoria. Dovrei imparare a lamentarmi un po’ meno. Comunque sia ‒ tempo, medicine, famiglia, amori, amici, lavoro, cura, passioni, destino ‒ aiutano eccome. La cosa più importante però è il destino. Voglio dire: vivere il tuo destino secondo destino. Essere voluti dal destino. E nient’altro. Poi, c’è lei. Lei, chi? La mia voce silenziosa. Perché, silenziosa? Perché la sento solo io. E non è che la sento sempre. Ogni tanto bussa, e mi parla. Per esempio, arriva all’improvviso come adesso e mi dice: ‒ Che fai, G?
Chi sei?
‒ Come, chi sono? Lo sai chi sono, G.
Dimmelo tu.
‒ Sono venuta a ricordarti che sei mio. Non ti sbarazzi di me.
E così com’è venuta, svanisce. Che sia la malattia, la mia ombra, o persino la coscienza, non saprei dire. Però c’è, e a volte mi fa compagnia. Anzi. So cos’è! È la voce di tutte le persone care che ho perso. A turno bussano, inaspettatamente. E io, follemente, ascolto la loro voce. Come una foresta di farfalle danza nel grido siderale della cascata.
Giorgio Anelli
*In copertina: Luca Longhi, “La dama e l’unicorno” (possibile ritratto di Giulia Farnese)
L'articolo “Essere voluti dal destino. E nient’altro. Dentro una foresta di farfalle”: il racconto a puntate di Giorgio Anelli, “Mirabilia Dei! proviene da Pangea.
from pangea.news http://bit.ly/2UXTHSS
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leggo molti generi diversi quindi consigliami qualsiasi libro
Mi aggiro per la libreria e scrivo:
Una stanza piena di gente, mix tra psichiatria e giurisprudenza, uno dei miei libri del cuore, parla della storia di Billy Milligan (caso mediatico statunitense).
Che tu sia per me il coltello, che letteralmente è stato una coltellata al cuore. Commovente, delicato e violento, composto, lirico a tratti.
Questo immenso non sapere, di cui condivido ogni parola, letteralmente, penso che sia un libro che dovremmo leggere tutti. Per imparare l'arte della delicatezza (ed amo il suo modo di scrivere).
L'amore molesto e più in generale i testi della Ferrante, invidio la sua penna, e poi ha un modo vivido di delineare le immagini, diviene facile figurarsi le scene davanti agli occhi.
Le ricette della signora Tokue, se vuoi un libro leggero e tocca cuore, come la scrittura giapponese può essere.
Atti osceni in luogo privato, romanzo di formazione di un personaggio maschile, di cui si ha modo di vedere tutto, anche gli aspetti più criticabili.
Mon Histoire, perchè insomma, sono i pensieri di Monet, che te lo dico a fare.
L'arte di legare le persone, poesia e psichiatria che si incontrano, e tutto ciò che si evince sono l'enorme delicatezza ed umanità non giudicante dell'autore (psichiatra).
Cosmetica del nemico, dialogo serrato tra due personaggi, e chi è il nemico? Rapido, con un climax di tensione, forte riflessione dietro.
Follia, ma tanto si è capito che l'ambito psicologico/psichiatrico mi piace.
Anche qualcosa di Starnone, ma non so quale scegliere. Però ecco, se hai richieste un pochetto più specifica vai pure.
Recensione dei libri che consiglio da amica:
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«Poetico è il mal d’amore, il rimpianto, il lutto,
poetico è il dolore tragico che trova ragione, vendetta, riscatto,
impoetico è questo dolore, monotono, lento, insaziabile, sequestratore.
Poetica è la nostalgia, impoetica la depressione.
Poetica è la fantasia, impoetico il delirio.
Poetico è il timore, impoetica l’ansia.
Poetico il desiderio, impoetica la dipendenza.
La poesia non frequenta la Psichiatria, si ferma sulla soglia». - L'arte di legare !e persone - Paolo Milone
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“Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso sei un granello di colpa anche agli occhi di Dio malgrado le tue sante guerre per l'emancipazione. Spaccarono la tua bellezza e rimane uno scheletro d'amore che però grida ancora vendetta e soltanto tu riesci ancora a piangere, poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli, poi ti volti e non sai ancora dire e taci meravigliata e allora diventi grande come la terra.” (Alda Merini) #8marzo2019 #giornatadelledonne #festadelladonna #womenday8march #nonunadimeno #womanpower #equality #poesia #aldamerini #atutteledonne #psichiatra #psicoterapeuta #psichiatria #psicoterapia #psychiatry #psychotherapy #psychiatrist #psychotherapist #psichiatriapsicodinamica #psicoterapiabionomica #trainingautogeno #centrohyle #cagliari #psico_taccuino https://www.instagram.com/p/BuxKsyvFfDS/?utm_source=ig_tumblr_share&igshid=vuyd1t8tnviq
#8marzo2019#giornatadelledonne#festadelladonna#womenday8march#nonunadimeno#womanpower#equality#poesia#aldamerini#atutteledonne#psichiatra#psicoterapeuta#psichiatria#psicoterapia#psychiatry#psychotherapy#psychiatrist#psychotherapist#psichiatriapsicodinamica#psicoterapiabionomica#trainingautogeno#centrohyle#cagliari#psico_taccuino
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Prosa, poesia e fiori di plastica.
#prosa#poesia#scrivere#scrittura#personal#fiori#flowers#malattie mentali#psichiatria#writer#writing#depressione#ansia#diagnosi#pensieri#aesthetic#aesthetics#pretty#sad#mine#prose#poetry#work#philosopher#logos
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Umberto Galimberti ---- Scoprire Il dolore dell'anima Perché la psichiatria organicista, quella che impiega i farmaci per intenderci, utilissimi, anzi in alcuni casi indispensabili per alleviare le condizioni di chi soffre, non ascolta con una certa continuità e frequenza le parole che sgorgano dalla sofferenza e che riproducono in modo drammatico le condizioni d'esistenza di ciascuno di noi, e in modo vertiginoso alcuni abissi che solo l'arte, la poesia, la musica, la mistica fanno dischiudere, chiedendo spesso il sacrificio dell'artista, del poeta, del musicista, del mistico? Solo la psichiatria fenomenologica, che in Italia non si insegna in nessuna scuola di specializzazione, si presta a questo ascolto, per andare incontro alla speranza di chi soffre, sciogliere i vissuti di colpa che incatenano, perforare i muri della solitudine quando nessuna parola la raggiunge, nessun gesto la incrina, fino a quel taedium vitae che tutti, per brevi attimi, avvertiamo come nausea dell'esistenza. Perché non avviene un'integrazione di questi due orientamenti psichiatrici? Perché la pratica farmacologica sopprime l'ascolto, disumanizza l'uomo, riducendolo ad un "caso" da rubricare in quei quadri nosologici, dove e' l'efficacia del farmaco a decidere la diagnosi, mettendo a tacere tutte le parole del dolore che la follia urla e le nostre anime sussurrano. E così disimpariamo il vocabolario emozionale, anche se sappiamo che tutte le parole dimenticate diventano opachi silenzi del cuore, che aprono quei percorsi bui e insospettati di cui ci accorgiamo solo quando approdano a gesti tragici. Perché la follia sta diventando solo una faccenda medica e non più un evento umano? Perché la categoria della "malattia" deve occupare tutto lo spazio, fino a oscurare la profonda parentela che esiste tra l'eccesso dell'anima e la sua normale condizione? Perché subito un medico o un farmaco quando la malinconia di un adolescente o la sua angoscia, almeno all'inizio, stanno implorando solo un po' di ascolto? Davvero non abbiamo più fiducia in uno sguardo comprensivo, in una parola che sa corrispondere all'abisso della disperazione? Davvero non abbiamo più tempo in quest'epoca che ci vuole tutti insensatamente gioiosi, e se non riusciamo, almeno mascherati da quella fredda razionalità che non lascia trasparire nessun moto d'anima? E allora se proprio nessuno ci ascolta, se noi stessi, complici di questa mancata comunicazione, imbocchiamo quella strada che ci porta a tacitare l'anima, per poi offrirci, disarmati, alle sue profonde perturbazioni che neppure sappiamo più riconoscere e tanto meno nominare, se il silenzio intorno a noi e dentro di noi s'e' fatto cupo e buio, apriamo un luogo di conoscenza, una terra amica, dove possiamo constatare che le "malattie dell'anima", prima che una faccenda medica o farmacologica, sono condizioni comuni dell'esistenza umana, che i poeti, prima e meglio degli psichiatri, sanno descrivere in tutta la loro abissalità. Perché i poeti, come ci ricorda Heidegger, sono "i più arrischianti", i più vicini, quando non i più inoltrati negli scenari della follia, dove la condizione umana e' descritta fino a quei limiti dove può estendersi e implorare ascolto, accoglienza, riconoscenza. A partire da queste considerazioni propongo agli psichiatri (perché non racchiudano subito la follia nelle mura spesse e opache della malattia) e a tutti noi (per non cancellare fino a dimenticare del tutto le parole dell'anima) due importanti contributi della psichiatria fenomenologica. Uno di Eugenio Borgna, Come in uno specchio oscuramente, l'altro di Bruno Callieri, Corpo, esistenze, mondi. Si tratta dei due maggiori psicopatologi italiani che dall'alto della loro biografia e pratica clinica si espongono in questi libri, raccontando per la prima volta i loro incontri con l'esperienza psicotica a cui si sono offerti, come ospiti ad un tempo stranieri e insieme compartecipi, a quei mondi che oscillano tra realtà e delirio, in uno spazio coartato dall'angoscia o dilatato nel buio senza confine e senza fondo della depressione malinconica, alla ricerca di un senso, dove anche le forme più sgangherate di follia, riflettono le aree tematiche raggiunte dai vertici della poesia, o segretate nelle pieghe della nostra anima di cui non abbiamo più cura. Seguendo l'intuizione di Brentano, Eugenio Borgna legge la follia come "la sorella sfortunata della poesia". E perciò le esperienze di vita e di morte nelle considerazioni filosofiche di Simon Weil, la malinconia sfibrata e oscura di Emily Dickinson e di Ingeborg Bachmann che si fa musica in Franz Schubert, l'angoscia che soffoca e però trova parola in Georg Trakl ed espressione in Francis Bacon, il destino di dolore e lo scacco esistenziale di _*Van Gogh, nelle cui esperienze artistiche trova espressione l'angoscia psicotica, sono quello specchio dove, talvolta oscuramente, talvolta con toni abbaglianti, la condizione esistenziale di noi tutti trova un suo riflesso, una sua descrizione, che la psichiatria organicista trascura, mentre la psichiatria fenomenologica raccoglie per offrirla a chiunque voglia conoscere quanto e' segretato nella propria anima, ma mai, per fortuna, definitivamente sepolto*. C'e' infatti una creatività sempre incistata nella follia, c'e' un bisogno di esprimere mondi altri da quello che abitualmente abitiamo, c'e' un desiderio di espandere orizzonti fino alla vertigine del senza-confine, c'e' la perla della conchiglia, come vuole l'immagine di _Jaspers là dove scrive che "_Lo spirito creativo dell'artista, pur condizionato dall'evolversi di una malattia, e' al di là dell'opposizione tra normale e anormale e può essere metaforicamente rappresentato come la perla che nasce dalla malattia della conchiglia. Come non si pensa alla malattia della conchiglia ammirandone la perla, così di fronte alla forza vitale dell'opera non pensiamo alla schizofrenia che forse era la condizione della sua nascita". Proprio perché ascolta, invece di tacitare immediatamente il linguaggio della follia con il farmaco, _Eugenio Borgna riesce a individuare e a descrivere nel suo libro le differenze tra le connotazioni maschili e femminili dell'anoressia nella sua immersione in un presente divorato dal desiderio narcisistico di un corpo "altro" da quello che si ha, i diversi modi maschili e femminili di vivere la tristezza vitale della depressione e di immaginare la morte volontaria come ultimo orizzonte di una speranza divenuta impossibile. E ancora, riconoscere i volti dell'angoscia nelle differenti risonanze maschili e femminili di vivere gli sconvolgimenti emozionali e le metamorfosi relazionali, dove, come in uno specchio, e' dato cogliere, oscuramente, quel che e' in ciascuno di noi, perché ciascuno di noi, anche se non si accorge, e' quotidianamente impegnato ad armonizzare le dissonanze tra il mondo della ragione e il mondo della follia che ci abita. E a proposito di "mondi" Bruno Callieri descrive con la sensibilità del fenomenologo, da cui si tiene distante la psichiatria organicista, il mondo della vita che ha per soggetto l'esistenza con i suoi vissuti e non l'organismo a cui la pratica medica ha ridotto la nozione di "corpo". Infatti, quando in gioco è la sofferenza dell'esistenza, rapportarsi a un "apparato organico" come fa la medicina o a un "apparato psichico" come fa la psicologia e' diverso dal rapportarsi fenomeno-logicamente a un corpo vivente che dispone di una sua esperienza e di un suo mondo. Organicamente mi appariranno tensioni nervose e contrazioni muscolari, psicologicamente le dinamiche di quell'energia che Freud ha chiamato libido, in nessuno dei due casi mi apparirà una successione di esperienze, perché sia l'apparato organico, sia l'apparato psichico sono senza mondo e senza quell'intenzionalità' che si dispiega nel desiderio, nel timore, nella speranza e nella disperazione per le cose del mondo. A questo punto, pensare di comprendere meglio l'esperienza di un corpo vivente che abita un mondo, scindendolo nell'impersonalità dei due sistemi, uno organico e uno psichico, che per definizione non hanno un mondo, perché sono costruiti sui modelli concettuali ricavati dalla fisica e dalla biologia, significa non rendersi conto di quanto sia assurdo tentare di comprendere persone con procedimenti di spersonalizzazione. Se infatti la follia, come ci ricorda Bruno Callieri , e' la scissione nell'uomo, la sua lontananza dagli altri, la sua estraneità al mondo, come si può pensare di guarire applicando una dottrina i cui principi sono l'esatta riproduzione delle componenti della follia? Come si può pensare di condurre all'unita' dell'esistenza un uomo "a pezzi", servendosi di una dottrina che non ha mai conosciuto l'unita', ma sempre e solo la giustapposizione dei "pezzi"? Se e' vero, come dice Heidegger che "il linguaggio parla", termini come psico-fisico, psicosomatico, bio-psico-logico, psico-pato-logico, psico-sociale dicono che la psicologia non ha mai conosciuto l'unita' dell'esistenza, ma solo la composizione delle parti che la scienza ha già consegnato ai vari sistemi. Il suo sforzo di ricostruzione, come ci ricorda Laing, assomiglia "allo sforzo disperato dello schizofrenico per ricomporre il suo io e il suo mondo disgregati". Quando la psichiatria organicista presterà ascolto alla psichiatria fenomenologica e imparerà a conoscere le diverse modalità della sofferenza esistenziale che non ha organi specifici di riferimento? E soprattutto quando noi, tutti noi, presteremo attenzione all'urlo straziante del folle o al suo muto silenzio, dal momento che non possiamo ignorare che la sua disperazione solo per intensità e frequenza differisce dalla nostra? "Noi siamo un colloquio" diceva Hoelderlin dall'abisso della sua follia, e allora incominciamo a parlare e ad ascoltare prima di tacitare o mentre attenuiamo l'urlo o il silenzio con un farmaco. Del resto già Kafka annotava che "_scrivere una ricetta è facile, ma ascoltare la sofferenza è molto, molto più difficile".
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Io canto le donne di Alda Merini
Io canto le donne prevaricate dai bruti
la loro sana bellezza, la loro “non follia”
il canto di Giulia io canto riversa su un letto
la cantilena dei salmi, delle anime “mangiate”
il canto di Giulia aperto portava anime pesanti
la folgore di un codice umano disapprovato da Dio.
Canto quei pugni orrendi dati sui bianchi cristalli
il livido delle cosce, pugni in età adolescente
la pudicizia del grembo nudato per bramosia.
Canto la stalla ignuda entro cui è nato il “delitto”
la sfera di cristallo per una bocca “magata”.
Canto il seno di Bianca ormai reso vizzo dall’uomo
canto le sue gambe esigue divaricate sul letto
simile ad un corpo d’uomo era il suo corpo salino
ma gravido d’amore come in qualsiasi donna.
Canto Vita Bello che veniva aggredita dai bruti
buttata su un letticciolo, battuta con ferri pesanti
e tempeste d’insulti, io canto la sua non stagione
di donna vissuta all’ombra di questo grande sinistro
la sua patita misura, il caldo del suo grembo schiuso
canto la sua deflorazione su un letto di psichiatra,
canto il giovane imberbe che mi voleva salvare.
Canto i pungoli rostri di quegli spettrali infermieri
dove la mano dell’uomo fatta villosa e canina
sfiorava impunita le gote di delicate fanciulle
e le velate grazie toccate da mani villane.
Canto l’assurda violenza dell’ospedale del mare
dove la psichiatria giaceva in ceppi battuti
di tribunali di sogno, di tribunali sospetti.
Canto il sinistro ordine che ci imbrigliava la lingua
e un faro di marina che non conduceva al porto.
Canto il letto aderente che aveva lenzuola di garza
e il simbolo-dottore perennemente offeso
e il naso camuso e violento degli infermieri bastardi.
Canto la malagrazia del vento traverso una sbarra
canto la mia dimensione di donna strappata al suo unico amore
che impazzisce su un letto di verde fogliame di ortiche
canto la soluzione del tutto traverso un’unica strada
io canto il miserere di una straziante avventura
dove la mano scudiscio cercava gli inguini dolci.
Io canto l’impudicizia di quegli uomini rotti
alla lussuria del vento che violentava le donne.
Io canto i mille coltelli sul grembo di Vita Bello
calati da oscuri tendoni alla mercé di Caino
e canto il mio dolore d’esser fuggita al dolore
per la menzogna di vita
per via della poesia.
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Canto alle donne
Io canto le donne prevaricate dai bruti
la loro sana bellezza, la loro “non follia”
il canto di Giulia io canto riversa su un letto
la cantilena dei salmi, delle anime “mangiate”
il canto di Giulia aperto portava anime pesanti
la folgore di un codice umano disapprovato da Dio.
Canto quei pugni orrendi dati sui bianchi cristalli
il livido delle cosce, pugni in età adolescente
la pudicizia del grembo nudato per bramosia,
Canto la stalla ignuda entro cui è nato il “delitto”
la sfera di cristallo per una bocca “magata”.
Canto il seno di Bianca ormai reso vizzo dall’uomo
canto le sue gambe esigue divaricate sul letto
simile ad un corpo d’uomo era il suo corpo salino
ma gravido d’amore come in qualsiasi donna.
Canto Vita Bello che veniva aggredita dai bruti
buttata su un letticciolo, battuta con ferri pesanti
e tempeste d’insulti, io canto la sua non stagione
di donna vissuta all’ombra di questo grande sinistro
la sua patita misura, il caldo del suo grembo schiuso
canto la sua deflorazione su un letto di psichiatra,
canto il giovane imberbe che mi voleva salvare.
Canto i pungoli rostri di quegli spettrali infermieri
dove la mano dell’uomo fatta villosa e canina
sfiorava impunita le gote di delicate fanciulle
e le velate grazie toccate da mani villane.
Canto l’assurda violenza dell’ospedale del mare
dove la psichiatria giaceva in ceppi battuti
di tribunali di sogno, di tribunali sospetti.
Canto il sinistro ordine che ci imbrigliava la lingua
e un faro di marina che non conduceva al porto.
Canto il letto aderente che aveva lenzuola di garza
e il simbolo-dottore perennemente offeso
e il naso camuso e violento degli infermieri bastardi.
Canto la malagrazia del vento traverso una sbarra
canto la mia dimensione di donna strappata al suo unico amore che impazzisce su un letto di verde fogliame di ortiche canto la soluzione del tutto traverso un’unica strada
io canto il miserere di una straziante avventura
dove la mano scudiscio cercava gli inguini dolci.
Io canto l’impudicizia di quegli uomini rotti
alla lussuria del vento che violentava le donne.
Io canto i mille coltelli sul grembo di Vita Bello
calati da oscuri tendoni alla mercé di Caino
e canto il mio dolore d’esser fuggita al dolore
per la menzogna di vita per via della poesia.
Alda Merini 🖋♡
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