#poesia e meditazione
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In bilico nel vuoto – Il viaggio poetico di Rosetta Sacchi tra introspezione e riflessione sull’esistenza. Recensione di Alessandria today
Una poesia che esplora il vuoto e l’illusione del tempo, in cui Rosetta Sacchi ci guida attraverso le pieghe dell’animo umano.
Una poesia che esplora il vuoto e l’illusione del tempo, in cui Rosetta Sacchi ci guida attraverso le pieghe dell’animo umano. Recensione:“In bilico nel vuoto” è una poesia intensa e profondamente meditativa di Rosetta Sacchi. Il testo invita il lettore a fermarsi, a riflettere sulla natura del tempo e sulla propria percezione dell’esistenza. L’autrice esplora il tema del vuoto, che diventa…
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DECALOGO DEL 7 SETTEMBRE
1.
Non vivere di lato al tuo destino, ma dentro, sempre più dentro, qualunque sia.
2.
Sentire qualcuno che dice tutto e lo dice subito. Qualcuno che si espone ma poi ti sa parlare di Leopardi, di Spinoza, di Platone.
3.
Gli incontri belli si svolgono nelle zone di confine tra l'intimità e la distanza. Sono i luoghi dove vive la lingua, dove cerca le cose, le nomina, prova a portarle a casa.
4.
Non fidarsi troppo delle proprie incertezze, spesso sono più grandi quelle degli altri. Abbiamo mancato tutti tanti momenti che potevano essere belli per colpa delle nostre incertezze, per la paura di non piacere abbastanza.
5.
Alcuni viaggiano nel mondo sotto il peso delle delusioni che hanno avuto. Le delusioni che abbiamo dato sono puntualmente ignorate.
6.
Gli organi non sono gelosi, un seno non si spiace che stai toccando la schiena.
7.
I paesaggi belli ti danno un piacere di pochi secondi, solo gli esseri umani mettono in movimento il buio che abbiamo dentro, lo spaccano, fanno di nuovo salire una luce da sotto.
8.
Una bella poesia, una grande meditazione filosofica, ma poi serve il corpo, serve il profumo del corpo come fissante, altrimenti si resta nella peste delle parole senza desiderio, nel vuoto esercizio dell'intelligenza.
9.
I dialoghi belli sono pieni di pendenze, si scivola da ogni parte, in un bacio, nella foga della lotta, nel mistero della morte.
10.
Tu pensi: ma questo mi poteva trattare meglio, poteva essere più chiaro, più attento. Prendere piccoli sgarbi e amplificarli, stenderli sulla tavola della giornata fino a occuparla tutta. È facile cadere in questa tentazione. Forse metà della nostra vita si consuma così per colpa della disattenzione. Non esiste l'inferno, esiste la disattenzione.
Franco Arminio
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L’eredità del nostro tempo
La meditazione sulla storia e la tradizione che Hannah Arendt pubblica nel 1954 porta il titolo, certo non casuale, Tra passato e futuro. Si trattava, per la filosofa ebreo-tedesca da un quindicennio rifugiata a New York, di interrogarsi sul vuoto tra passato e futuro che si era prodotto nella cultura dell’Occidente, cioè sulla rottura ormai irrevocabile della continuità di ogni tradizione. È per questo che la prefazione al libro si apre con l’aforisma di René Char Notre héritage n’est précédé d’aucun testament. In questione era, cioè, il problema storico cruciale della ricezione di un’eredità che non è più in alcun modo possibile trasmettere.
Circa venti anni prima, Ernst Bloch in esilio a Zurigo aveva pubblicato col titolo L’eredità del nostro tempo una riflessione sull’eredità che egli cercava di recuperare frugando nei sotterranei e nei depositi nella cultura borghese ormai in disfacimento («l’epoca è in putrefazione e al tempo stesso ha le doglie» è l’insegna che apre la prefazione al libro). È possibile che il problema di un’eredità inaccessibile o praticabile solo per vie scabrose e spiragli seminascosti che i due autori, ciascuno a suo modo, sollevano non sia per nulla obsoleto e ci riguardi, anzi, da vicino – così intimamente che a volte sembriamo dimenticarcene. Anche noi facciamo esperienza di un vuoto e di una rottura fra passato e futuro, anche noi in una cultura in agonia dobbiamo cercare se non una doglia del parto, almeno qualcosa come una parcella di bene sopravvissuta allo sfacelo.
Un’indagine preliminare su questo concetto squisitamente giuridico – l’eredità – che, come spesso avviene nella nostra cultura, si espande al di là dei suoi limiti disciplinari fino a coinvolgere il destino stesso dell’Occidente, non sarà pertanto inutile. Come gli studi di un grande storico del diritto – Yan Thomas – mostrano con chiarezza, la funzione dell’eredità è quella di assicurare la continuatio dominii, cioè la continuità della proprietà dei beni che passano dal morto al vivo. Tutti i dispositivi che il diritto escogita per sopperire al vuoto che rischia di prodursi alla morte del proprietario non hanno altro scopo che garantire senza interruzioni la successione nella proprietà.
Eredità non è forse allora il termine adatto per pensare il problema che tanto Arendt che Bloch avevano in mente. Dal momento che nella tradizione spirituale di un popolo qualcosa come una proprietà non ha semplicemente senso, in questo ambito un’eredità come continuatio dominii non esiste né può in alcun modo interessarci. Accedere al passato, conversare coi morti è anzi possibile solo spezzando la continuità della proprietà ed è nell’intervallo fra passato e futuro che ogni singolo deve necessariamente situarsi. Non siamo eredi di nulla e da nessuna parte abbiamo eredi ed è solo a questo patto che possiamo riallacciare la conversazione col passato e coi morti. Il bene è, infatti, per definizione adespota e inappropriabile e l’ostinato tentativo di accaparrarsi la proprietà della tradizione definisce il potere che rifiutiamo in ogni ambito, nella politica come nella poesia, nella filosofia come nella religione, nelle scuole come nei templi e nei tribunali.
31 luglio 2023
Giorgio Agamben
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Mille e uno frammenti
Benvenuti in questo spazio di espressione. Questo post vuole essere una breve descrizione introduttiva e, in quanto tale, si evolverà con me. Indi per cui, se mai rileggendo queste righe le troverete cambiate, non dubitate di voi stessi, perché saranno effettivamente diverse. Cresceranno insieme a me.
Scrivere è da sempre la mia naturale forma di comunicazione, con me stessa e con gli altri. A volte le parole mi giungono in rima, sin da piccola sperimento la poesia. Nell'infanzia scrivevo per tutti, poi impaginavo quei piccoli versi, li ornavo di una cornice colorata e la consegnavo alla persona di interesse. A pensarci oggi, provo molto tenerezza per questa dolce parte di me, verso cui a volte sono stata negligente.
Negli anni dell'adolescenza purtroppo persi la mia capacità di mostrarmi vulnerabile agli altri, a volte persi persino le parole. Proprio in quel periodo iniziai a nominare le poche rime che riuscivo a comporre come frammenti, pezzi che si strappavano da me e cadevano lungo la via. Forse affinché un domani potessi guardare indietro e ritrovare la strada, come Gretel.
Negli ultimi tempi ho iniziato a collezionare tutti i miei scritti ed ho cercato di riconnettermi con la piccola Gaia cominciando a scrivere un diario o Journal. Trovo l'inglese molto più efficace per quanto riguarda gli studi di genetica e psicologia, per volta anche per esprimere meglio termini legati alla crescita personale, alla meditazione e alla spiritualità.
Come la collezione di caramelle mille gusti più uno, assemblo i miei preziosi milleeunoframmenti. Sì, sono anche io una inguaribile potterhead.
Da sempre dicono che le mie riflessioni possano smuovere forti sgomenti interiori. Io credo che se anche una sola delle mie parole può aiutare qualcuno a processare e unire i propri di frammenti, allora il mio dharma è compiuto. Credo profondamente che ognuno di noi possa dare forma al mondo e che quindi bisogna assumersi responsabilità dei propri pensieri e delle proprie azioni. Sfortunatamente non sono dotata dell'autostima necessaria per espormi pubblicamente sui temi che mi stanno a cuore. Però, in questa pagina, io prover�� a dare il mio contributo. Condividerò non solo le mie riflessioni, ma anche i libri e gli eventi quotidiani e/o di cronaca che mi portano ad un profondo dialogo interiore.
Se anche solo uno di voi lettori troverà conforto nelle miei parole o uno stimolo per soffermarsi a migliorare sé stessi, semplicemente ne sarò felice.
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DECALOGO DEL 7 SETTEMBRE
1. Non vivere di lato al tuo destino, ma dentro, sempre più dentro, qualunque sia.
2. Sentire qualcuno che dice tutto e lo dice subito. Qualcuno che si espone ma poi ti sa parlare di Leopardi, di Spinoza, di Platone.
3. Gli incontri belli si svolgono nelle zone di confine tra l'intimità e la distanza. Sono i luoghi dove vive la lingua, dove cerca le cose, le nomina, prova a portarle a casa.
4. Non fidarsi troppo delle proprie incertezze, spesso sono più grandi quelle degli altri. Abbiamo mancato tutti tanti momenti che potevano essere belli per colpa delle nostre incertezze, per la paura di non piacere abbastanza.
5. Alcuni viaggiano nel mondo sotto il peso delle delusioni che hanno avuto. Le delusioni che abbiamo dato sono puntualmente ignorate.
6. Gli organi non sono gelosi, un seno non si spiace che stai toccando la schiena.
7. I paesaggi belli ti danno un piacere di pochi secondi, solo gli esseri umani mettono in movimento il buio che abbiamo dentro, lo spaccano, fanno di nuovo salire una luce da sotto.
8. Una bella poesia, una grande meditazione filosofica, ma poi serve il corpo, serve il profumo del corpo come fissante, altrimenti si resta nella peste delle parole senza desiderio, nel vuoto esercizio dell'intelligenza.
9. I dialoghi belli sono pieni di pendenze, si scivola da ogni parte, in un bacio, nella foga della lotta, nel mistero della morte.
10. Tu pensi: ma questo mi poteva trattare meglio, poteva essere più chiaro, più attento. Prendere piccoli sgarbi e amplificarli, stenderli sulla tavola della giornata fino a occuparla tutta. È facile cadere in questa tentazione. Forse metà della nostra vita si consuma così per colpa della disattenzione. Non esiste l'inferno, esiste la disattenzione.
Franco Arminio
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NOVARA JAZZ 2023 DIARY: VEYRAN WESTON, PULTZ-MELBY, JOE MCPHEE, MILITELLU AVERY FLATEN TRIO, CHICAGO SAO PAULO UNDERGROUND E BUCUC
La Chiesa di San Giovanni Decollato ad Fontes ha ospitato il primo concerto nell’ultima giornata di Novara Jazz. Si tratta del concerto di Veryan Weston sull’organo Biroldi, recentemente restaurato, con una composizione appositamente creata per il Festival: si tratta di “Tessellation V for Tracker Action Organ - The Sacred Geometry of Sound.” Ed è subito incanto quando le canne dell’organo cominciano a veicolare l’aria. Una composizione assai articolata, basata sulle scale pentatoniche e molto variegata, che restituisce sonorità non proprio consuete per un organo chiesastico. Il secondo concerto della giornata è il “solo” di Adam Pultz-Melby all’interno della Galleria Giannoni e, “comme d’habitude” dinnanzi al quadro di Filiberto Minozzi, “Sinfonia del mare” del 1909. Un assolo che definire molto particolare sarebbe dire l’ovvio. Adam Pultz-Melby, danese che vive e lavora a Berlino, dall’aspetto ascetico stupisce subito il foltissimo pubblico con una meditazione yoga pre-concerto. Ma quando le corde del contrabbasso cominciano a vibrare lo stupore è ancora maggiore: poche note dalla durata infinita, ripetute è leggermente variate. Si potrebbe definire una struggente ripetizione che sembra non avere fine. Corde fatte vibrare fino ad esaurirne ogni possibilità. Poi si passa al primo concerto del pomeriggio che è un altro “solo” quello di Joe McPhee, nella Chiesa del Carmine nel cuore di Novara. Prima però la consegna della “Chiave d’oro” di Novara Jazz al grande sassofonista applauditissimo dal pubblico. C’è poco da dire, quando Joe prende tra le mani il sax la magia prende corpo. Per dire la verità prima di suonare Joe McPhee fa il predicatore (nel miglior senso della parola) toccando temi che vanno dalla libertà al “climate change”, ma poi quando è il sax a “parlare” la poesia diventa palpabile. Si dirà che l’unica musica adatta ad una chiesa sia la musica sacra, ma in realtà qualsiasi musica, ad alto tasso di spiritualità, potrebbe essere accolta in un luogo di preghiera e il free jazz ha in sé un alto tasso di spiritualità con Joe McPhee che ne è stato e ne è ancora uno dei massimi interpreti. Ritmo infernale quello di Novara Jazz, dopo neanche un’ora da Joe McPhee, ecco “Mitelli Avery Flaten Trio” nel giardino della soprintendenza di Novara. Qui siamo nel campo della sperimentazione stretta con un rumorismo elettronico diffuso e che dialoga magnificamente con gli strumenti: il contrabbasso di Ingebrigt Håker Flaten, la batteria di Mikel Patrick Avery e la tromba e la cornetta di Gabriele Mitelli ( oltre l’elettronica appunto). Da come è stipato il pubblico si comprende che il Festival ormai ha una platea che travalica l’ambito locale. É lo stesso pubblico, ma ancora più numeroso che si ritrova nel magnifico Chiostro della Canonica del Duomo per i “Chicago/Sao Paulo Underground” con ancora una volta Rob Mazurek alla tromba elettronica e sonagli vari, Chad Taylor, alla batteria e Mauricio Takara alle percussioni. Roboante e intenso, come sempre, il loro sound dove la batteria propone ritmi massicci e la incomparabile voce di Rob lancia nello spazio del chiostro urla liberatorie e/o propiziatorie di religioni sconosciute. Tutto prelude ad un finale fatto di ritmi indemoniati e nello stesso modo possono essere definiti quelli di BCUC ovvero “Bantu Continua Uhuru Consciousness” da Soweto, South Africa. Basta vedere le gigantesche congas e le due grancasse posizionate sul palco del Broletto per immaginare di che morte dobbiamo morire, anzi forse di che esplosioni di vita ci tocca vivere. Il pubblico resiste al primo pezzo, ma al secondo è già scatenato in danze (pseudo tribali), mentre Zithulele ‘Jovi’ Zabani Nikosi urla la sua vitalità dal palco nei più disparati dialetti parlati in Sudafrica. Energia, tutta e pura energia. Si chiude così in maniera, per così dire dionisiaca, l’edizione del ventennale del Novara Jazz Festival che ha messo in campo tutta la potenza di fuoco di cui era capace. Ma siamo pronti l’anno prossimo a stupirci ancora…
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Guardavo questo foglio bianco e non trovavo davvero nulla da scrivere questa sera, ho lasciato tutto: “al dopo”. Importante il dopo – il- dopo ci sentiamo, dopo ci vediamo, dopo andiamo al mare. Ho saltato già la mia seconda giornata di meditazione, direi che inizio proprio bene, ma questo foglio bianco era troppo sporco di pensieri. Insistono che io debba aprirmi con la gente, ma parliamoci chiaro, perché? Quando mai qualcuno ha avuto bisogno di me? No certo, voglio dire che priorità mi vuoi dare se proprio devo starti accanto?. Ecco queste sono le domande che ogni tanto bisogna porsi. Sotto il ritmo di nuove canzoni dedico qualche poesia, la pioggia culla il rumore sulle finestre. Domani incontro con la nutrizionista, paura, tanta paura ma al tempo stesso mi trovo davvero bene, ti mette a suo agio in ogni situazione anche la più critica, anche se arrivi li piangendo. Ho imparato che nella vita, servono persone positive, che ti stimolano, che ti fanno credere che ci sia un domani più tranquillo. Questo tipo di tranquillità la riesco a trovare in palestra, anche se la maggior parte delle volte vengo preso in giro, per le tante ore di palestra che faccio, ma in quel momento sei tu e tu, il tuo specchio, manubri e attrezzi. È vero ci sono tantissime persone, molte davvero imbarazzanti, ma nel tempo stesso ognuno che fa qualcosa per sé, la vedo più come una sfida personale per ognuno. Non importa se poi il giorno dopo il pacco dei biscotti è sempre li, una lunga sfida personale, un passo per volta, una caduta che sa di vittoria.
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La spiaggia, Cesare Pavese
"La notte, quando rientravo, mi mettevo alla finestra a fumare. Uno s'illude di favorire in questo modo la meditazione, ma la verità è che fumando disperde i pensieri come nebbia, e tutt'al più fantastica, cosa molto diversa dal pensare. Le trovate, le scoperte, vengono invece inaspettate: a tavola, nuotando in mare, discorrendo di tutt'altro".
Pavese , come per i grandi autori e le grandi autrici, è senza mezze misure: una volta letto, o lo si ama alla follia, o lo si evita. Nel mio caso, posso dire che sia stato un amore a prima vista della mia prima gioventù, nato attraverso la lettura, tra le lacrime, prima delle sue poesie, poi, in età adulta, della prosa — di molte penne mi sono innamorata così, passando prima per la poesia che per la prosa. Non mi sono mai trovata d'accordo, infatti, con il buon Pasolini, che in una famosa intervista afferma come Pavese, per lui, non sia altro che uno scrittore mediocre. Mediocre ovviamente se si concepisce la scrittura come finalizzata all'impegno. Non che Pavese non lo faccia, al contrario: fine conoscitore dell'animo umano e delle sue passioni, tra le righe della sua scrittura, anche nei punti apparentemente più leggeri o frivoli, aleggia un costante senso di inadeguatezza; ai tempi, ma anche e soprattutto nei confronti delle persone. “L'esule in patria”, qualcuno l'ha definito: mai completamente parte di un tutto, troppo costretto nel tutto di quei rapporti umani deturpati da ipocrisia e perbenismo. Per questo è scappato, soprattutto dalla vita — e non solo dal Belpaese per inseguire, prima dei tempi, un istrionico sogno americano. Anche se, onestamente, nessuno possa dire cosa spinge una mente a lasciare la vita. Ce lo avrebbe dovuto dire lui. Quello che possiamo fare è provare a cercare risposte tra le pagine dei suoi libri, delle sue memorie, dei suoi schizzi poetici.
Per quanto sia a tutti gli effetti un bozzetto che sembra ricalcare le atmosfere de La bella estate , La spiaggia contiene, in piccolo, tutto questo. In piccolo perché si tratta di un racconto lungo che avrebbe potuto arricchire la raccolta, appunto, de La bella estate o di Feria d'agosto . Proprio per questo, la storia è semplice e assente di uno sviluppo o di qualche colpo di scena: un quadretto estivo che ritrae la villeggiatura del protagonista, professore di italiano in un liceo torinese, del quale non sappiamo il nome; Doro , suo amico d'infanzia, e Clelia, la moglie di quest'ultimo. Sullo sfondo, si alternano bagni al tramonto, quando la spiaggia è ormai quasi vuota e gli ombrelloni ormai quasi tutti chiusi, e cene con gli amici di una vita tra risate, ricordi delle stupidaggini commesse in giovinezza e pettegolezzi. Una fiera delle vanità versione riviera ligure. Lo sciabordio della risacca sembra nascondere le confidenze oggetto delle conversazioni tra i bagnanti che individuano il protagonista, un uomo pragmatico che sembra nascondere, dietro un certo distacco, un bisogno profondo di caloreumano. Per quanto sempre parte delle conversazioni o partecipe di ogni situazione mondana, se ne taglia sempre fuori con quell'occhio vigile “alla Pavese”, ovvero lo sguardo di chi coglie più i non detti e le parole sparse, che le parole retoriche e vuote. È quello che fa osservando Clelia e Doro. Coppia di novelli sposi, per lui non sembrano amarsi. Non ricorda, infatti, che tra loro ci sia mai stato l'amore vero. I due sembrano animati da una profonda individualità , dalla quale però sembrano non poter scappare. O non voler scappare. Con la schiettezza più semplice, il protagonista lo chiede, a Clelia, se siano innamorati, se abbiano litigato. Clelia lo guarda e sembra non capire. È la sorte degli animi sensibili, non essere compresi.
Quello tra i due, il protagonista e Clelia, è un rapporto che, nella sua semplicità , sembra essere autentico e non intaccato dall'ipocrisia sociale che tiene in piedi tutti gli altri rapporti di contorno di questa vacanza. A dirla tutta, il tempo sembra quasi cristallizzarsi , nei loro discorsi. È ciò che Pavese fa in ogni sua scrittura: cristallizza l'affetto per preservarlo ed evitare che si assottigli a mera cordialità. Sotto ogni loro dialogo si nasconde — e nenche troppo — un'arguta, e al contempo aspra, critica sociale: il matrimonio visto come la tomba di ogni passione, le donne come frivole e prive di spirito critico, i corteggiamenti come ragazzate.
Lo sa Berti , uno studente del protagonista, anche lui in villeggiatura in riviera ligure e invaghito di Clelia. Questo interesse rimarrà tale, non avrà un seguito, anche se sembra non spengersi, neanche a seguito di un evento che cambierà per sempre la vita dei due coniugi. È un romanzo piano , e ciò che colpisce non sono i dialoghi o la storia, ma ciò che rende, a mio modesto parere, Pavese un grande, ovvero la sua capacità di ritirare in ballo una sorta di romanticismo decadente , vale a dire una natura , quella del mare, in grado di farsi espressione del pensiero intimo dei suoi attori. Qui il mare è cosa ben diversa dalla spiaggia, perché la spiaggia non è altro che il palcoscenico della mondanità, dove si mettono in scena i giochi della socialità dei prossimi anni '50, il mare è, come si suol dire, la cosa giusta al momento giusto, l'unica entità , quasi dotata di pensiero anch'esso, dove i protagonisti si spogliano delle loro maschere e riescono ad essere liberi dalle convenzioni.
Lo dice anche Clelia: il mare è l'unico posto suo, dove si sente libera, dove vuole essere libera.
Dove può esserlo.
#cesare pavese#la spiaggia#bookstagram#books and reading#italian literature#classicidellaletteratura
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SHISEIDO - GINZA INTENSE - Eau de Parfum Intense - Novità 2023 - Petali rossi e daishō di samurai. Cuore di Passione. Stilla di Emozione. Passa tutto da qui, ogni volta, la prima volta. Forse basterebbe un Haiku per riassumere la tensione olfattiva della nuova creazione Shiseido - Ginza Intense - poesia dell'anima che cita un frammento di vita, la magia del quotidiano trasformata in un verso (solo 17 sillabe in metrica 5-7-5) protratto all'infinito, parole che richiamano emozioni dell'umano sentire tra natura e stagioni, un lento, raffinato esercizio di stile, sintesi, meditazione. Qui l'IA nulla potrà sul bizzarro estro della fantasia. Mai. È che non voglio scrivere cose intelligenti. Voglio scrivere cose emozionanti. Riferire sogni, dialogare per immagini, sondare col cuore, vedere traboccare quei pensieri sparsi tra sensazioni a picco e in volo. Osservare sguardi profumati, occhi serrati dal piacere, abissi di emozioni come dentro specchi trasparenti e scorgere un puntino lontanissimo, lampo nel buio, la conquista di una nuova luce, di consapevolezza interiore, nella ricchezza della conoscenza. Ispirata alle antiche arti giapponesi Ikebana (la disposizione dei fiori recisi) e Kōdō (il rito dell'incenso), Ginza Intense, elabora un penetrante accordo floreale ambrato. Provocante e passionale svetta questa rosa damascena, carezza di velluto e sospiri di spezie, tanto più audace nel fraseggio fruttato piccante con ribes nero. Come lama liquida affonda nella profondità aromatica dell'accordo boisè, caldo e seducente, di patchouli e vaniglia, a saturare di energia il suo sillage. Il rosso le si addice, potente, sensuale, come un'emozione inarrestabile che esplode spontanea.
Creata da Karine Dubreuil-Sereni e Maïa Lernout. Eau de Parfum Intense 30, 50, 90 ml. ©thebeautycove @igbeautycove
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La stanza è spazio entro il quale la mia vita è un confine, oltre il quale intravedo il buio da un punto statico del mio letto, come trovandomi sull'orlo di un precipizio, oltre il quale è solo mistero o certezza di fine, come trovandomi l'esiguo corpo al pari della foglia autunnale pronta a staccarsi dal ramo. Tutto sembra fermo di notte nel silenzio, quasi irreale, come un non sapere, un evitare il dolore, lasciando alla vita il giusto traghetto per la morte verso lo sconosciuto destino. Non è duro andarsene, visto l'inutilità della vita al cospetto del male imponente del vivere, a cui nolenti siamo trascinati in una autentica guerra psichica di sopravvivenza. Vivere per me è stato il bisogno di un'oasi, di un riparo, di un voler men soffrire tra gli strazi quotidiani dove la verità ci è tolta e quantomeno raccontata con abili bugie. Per me vivere ha una valenza introspettiva dove,attraverso la meditazione, evito gli spigoli del vivere e della mente. Non ho alcuna ricerca se non interiore . Non mi serve viaggiare per il mondo, conoscere, innamorarmi, quando alla fine è un cercare che non ha senso. Tutto si riconduce ad un dolore, ad un legame più forte che aumenta il dolore. Ogni felicità nasconde nel tempo il doppio dell'infelicità. Io sono colui che non sceglie, che non cade nel tranello dell'innamoramento involontario delle affinità. Vorrei incontrare colei che ho sempre amato tra tutti gli amori della mia vita e dissolvere assieme a lei quel legame che ho sempre sentito. Deve esserci un modo per liberarci da queste catene con cui nel vivere ci imprigionamo in dipendenze. Di molte me ne sono liberato e mi accorgo che le ultime sembrano troppo salde per venirne fuori. Odio ogni vincolo. Per questo anche amando follemente mi preoccupavo di lasciare porte aperte ai dubbi come se fossero uscite di sicurezza, maniglie anti panico. Dovremmo avere tutti almeno passaggi sotterranei per uscire da dove per istinto e desiserio involontariamente, in nome di un amore, ci vediamo coinvolti. Deve essere un fatto caratteriale. Io non voglio legami e non ne ho mai sentita l'importanza. Forse sono proprio i poeti ad abdicare la vita, quelli che la sentono più profondamente e ne acquisiscono consapevolezza. Non importa se non vengono compresi. Provo una gran simpatia verso tutti coloro che non hanno cercato fama di gran poeti, ma gli è bastato vivere con poesia. Provo un gran rispetto per chi la poesia l'ha resa semplice e non con parole complicate, con inutili estetismi in cui specchiarsi. Ed anche se chi mi conosce mi dice poeta, mi sento di più colui che saggio riflette la vita.
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È possibile essere davvero coerenti in un mondo così contraddittorio? Mi chiedo spesso come conciliare il desiderio di vivere in modo etico con le esigenze della vita quotidiana.
L’idealismo che perseguo fino a quando le mie azioni riguardano solo me stessa entra in contrasto con i momenti in cui mi trovo a interagire con il mondo esterno, con la società, con le sue regole, e devo fare i conti con l'inevitabile. Ma non dimentico che i miei benefici, spesso, derivano da sofferenze altrui. Non posso ignorare le ingiustizie del mondo, le guerre, lo sfruttamento. Mi sento male quando mi rendo conto di essere complice, anche solo in minima parte.
Credo che ognuno di noi debba trovare il proprio equilibrio bilanciando obblighi e scelte consapevoli. So che posso controllare i miei consumi, ad esempio. Posso non sprecare. Posso non dare per scontato quelle risorse che crediamo illimitate e invece scarseggiano sempre più. Posso scegliere il “cosa” e il “quanto”, ogni volta che non posso scegliere il “come”. Non è un compito gravoso. Lo faccio con gioia, è un arricchimento. Non un’imposizione. È un modo per prendermi cura di me stessa e degli altri. Si tratta di libertà di scelta consapevole, di cura, di attenzione. Si tratta di Amore.
Ad esempio, nel mio caso, la scelta di diventare vegana è stata il frutto di un incontro casuale con una persona. Il suo racconto mi ha ispirata e mi ha fatto riflettere sul mio stile di vita. A poco a poco, anche la mia coinquilina e poi mio padre sono stati contagiati da questa nuova visione, iniziando a sperimentare un'alimentazione più sostenibile. È stato bellissimo vedere come un piccolo gesto, come condividere un pasto diverso, potesse innescare un cambiamento così profondo.
E questa esperienza mi ha convinto ancora di più di quanto sia importante lo scambio di pensieri, il confronto diretto, la condivisione collettiva. Per molto tempo ho lavorato sui rapporti uno a uno, cercando di coinvolgere le persone che mi circondano. Ora, con questo blog, sento il bisogno di allargare i miei orizzonti, di creare una comunità. Voglio dimostrare che anche un solo individuo può fare molto. Voglio che le persone capiscano che non siamo impotenti di fronte alle ingiustizie.
Non c'è una ricetta magica per vivere in modo etico. Ognuno di noi deve trovare la propria strada. L'importante è non fermarsi mai, è continuare a cercare di migliorare sé stessi e il mondo che ci circonda. Perché, in fondo, è questo il senso della vita: lasciare il mondo un po' migliore di come l'abbiamo trovato.
Questo blog è il mio piccolo angolo creativo. Ogni parola e ogni immagine presente in questo post è frutto della mia immaginazione. Se ti piace qualcosa, condividi il link, non copiare.
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Restiamo presso il lago di Antonia Pozzi: Una poesia di amore e quiete interiore. Recensione di Pier Carlo Lava
Un’immersione nei sentimenti pacifici e nelle immagini naturali che ispirano pace e amore.
Un’immersione nei sentimenti pacifici e nelle immagini naturali che ispirano pace e amore. Recensione: La poesia Restiamo presso il lago di Antonia Pozzi è un’ode alla quiete, alla connessione profonda tra due anime e alla bellezza della natura. Scritta nell’agosto del 1930 a Silvaplana, un luogo amato dalla poetessa per la sua serenità e bellezza naturale, questa poesia si distingue per…
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Domenica mattina, dopo l’evento di Roma del 25 marzo,
mentre mi incamminavo per prendere
i mezzi per tornare a casa,
ho visto un uomo nel piazzale esterno dell’Ateneo Salesiano
che faceva una foto ad un ciliegio in fiore.
"Che bello vedere un essere umano
capace di meravigliarsi
di fronte alla bellezza della vita!”- ho pensato dentro di me.
È stata come una sintesi di quello che stiamo tentando
di fare, di tutto il percorso intrapreso
in questi anni,
e di questo nuovo ciclo che si sta aprendo.
In fondo sto vedendo che abbiamo bisogno di cose semplici
ma essenziali. Soffriamo spesso, nella vita di tutti i giorni,
non per mancanza di qualcosa di “straordinario”
o di “eccezionale”, come vuole farci
credere la pubblicità.
Soffriamo perché non veniamo ascoltati dalla persona
che abbiamo affianco, o perché magari
non abbiamo qualcuno
al nostro fianco che ci ascolti.
Soffriamo perchè sembra che conti solo sopravvivere
economicamente, e avere successo nell’arena sociale.
Soffriamo spesso perché le nostre città, in nostri quartieri,
le nostre relazioni, i nostri lavori
sono costruiti in modo BRUTTO, caotico e disordinato.
Soffriamo perchè sembra non contare nulla
il nostro essere, le nostre emozioni, il nostro sentire,
e ci viene chiesto solo di funzionare,
di performare al meglio,
per corrispondere alle richieste di un Mercato Globale
senza direzione né scopo ulteriore
rispetto a quello del profitto e dell’interesse particolare.
Ecco perché SENTIRE LA BELLEZZA,
RESTARE COMMOSSI dalla festa di colori della primavera,
dalla pulsazione vitale di questa energia intelligente
che siamo e che ci attraversa,
é RIVOLUZIONARIO.
È rivoluzionario, in questa fase della storia,
imparare a ridere nella verità,
a sciogliere il proprio ghiaccio e abitare il contatto
autentico,
è rivoluzionario imparare a contemplare,
a fare silenzio, a leggere e a parlare senza urlare
e senza arrabbiarsi.
Poi però tutto questo processo di liberazione e di guarigione
è chiamato a calarsi nelle difficoltà quotidiane,
nelle problematiche concrete
dei nostri ambienti familiari e di lavoro;
questo processo è chiamato a scontrarsi e a scendere
nelle istituzioni scolastiche, nelle accademie,
nei parlamenti, nei ministeri,
nei quartieri e nelle periferie delle nostre città.
Come dice un maestro Zen
“bisogna andare nel mondo contaminato nascondendo
il proprio splendore. Con la faccia impregnata
di sudore e la testa coperta di polvere
bisogna vivere e agire nelle strade affannate e affollate.
Un uomo Zen di vera realizzazione e abilità è chi ha gettato
via le tracce sante del satori. Se hai un satori qualsiasi,
getta via ogni parte di esso!
Ecco perché bisogna dare origine a comportamenti umili
e azioni compassionevoli. Parlare di una vita Zen
come questa può essere facile, ma vivere
nella realtà secondo essa
non lo è per nulla”.
Ecco perché è proprio portando a terra queste intuizioni,
integrando meditazione, poesia e azione rivoluzionaria
che la Nuova Umanità può venire alla luce.
È in questo umile lavoro che i ciliegi sono in fiore.
È in questo umile lavoro che ognuno di noi
impara a fiorire.
FRANCESCO MARABOTTI
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Su Marirò Savoia: Prefigurazione e ripercorrimento di un viaggio dell’anima tra poesia e meditazione
di Anna Stomeo Il modo di rivelare ciò che resta altro malgrado la sua rivelazionenon è il pensiero, ma il linguaggio della poesia.(E. Lévinas, Blanchot/Lo sguardo del poeta, 1956) Per chi, come me, ha avuto il piacere di leggere e di recensire la prima raccolta poetica di Marirò Savoia (M. Savoia, D’Autunno le Parole. Poesie, Lecce, Milella 2020)*, avere, oggi, il privilegio di approcciare, in…
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Giuseppe Binetti ritorna con la composizione di un nuovo brano: “La notte di più”!
Il brano del cantautore sugli stores digitali e dal 24 giugno nelle radio
“La notte di più” è il nuovo singolo dell’artista e cantautore Giuseppe Binetti, sui principali stores digitali e dal 24 giugno nelle radio italiane in promozione nazionale.
La notte generalmente è rifugio dell’anima, dove il cuore custodisce segreti, malinconie, dolori, speranze e amori. Ed è proprio nella notte, dove Giuseppe cerca respiro e trova riposo da giornate ricche di impegni familiari, sportivi, musicali e lavorativi. La “notte” è il momento in cui si concentrano i nostri pensieri, i nostri sogni ed è anche quel momento dove nasce la creatività, come una poesia o come nel caso del nostro cantautore di un nuovo brano musicale: “La notte di più… un’ombra che lo avvolge, dove si sente al sicuro e al riparo e un’alba che lo aspetta con una nuova luce”. Il nostro Giuseppe scrive: “Tra i segreti della notte, trovo la verità. Nel buio scorgo la via, verso un’altra realtà”. È proprio durante la notte, che mi isolo, cerco una meditazione più intensa, prendo la mia chitarra e scrivo sensazioni, pensieri ed emozioni che mi travolgono dentro, e grazie alla nuova collaborazione di Luciano Valente, autore, compositore, arrangiatore, oltre che compagno di palco con il tributo dei RADIO VASCO, a distanza di pochi mesi nasce questo nuovo brano per l'estate, dove la direzione artistica, è affidata a Mauro Dalsogno di Radionorba. Avendo raggiunto ben 3 brani oltre i 100.000 ascolti con “Proprio quella notte”, "La libertà", "Dentro l'anima", è stato siglato anche un accordo con il colosso svedese Spotify, dove mensilmente vengono scelti dei brani e proposti nella nuova ricerca degli ascoltatori... Che dire: la sua timbrica vocale rende originale ogni canzone ed orecchiabile già al primo ascolto.
Di F. Adornetto
Ascolta il brano
YouTube: https://www.youtube.com/@giuseppebinetti
Web Site: https://giuseppebinetti.it/
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Suoni ASMR rilassanti per un sonno profondo e intenso. Dunque, lo scenario del mondo ASMR si riempie di suoni rilassanti. La piacevolezza e il formicolio non hanno confini. Però, quali sono i suoni ASMR rilassanti? Un'immersione profonda nel mondo dei trigger.
L'ASMR (Autonomous Sensory Meridian Response) è una sensazione di formicolio piacevole e rilassante che si scatena in risposta a determinati stimoli visivi o uditivi. Questi stimoli, noti come trigger ASMR, possono variare da persona a persona, ma alcuni dei suoni più comunemente apprezzati includono:
Sussurri e suoni vocali:
Sussurri delicati e a bassa voce: Immaginate una voce che vi parla piano all'orecchio, raccontandovi una storia o semplicemente sussurrando parole rassicuranti. Questo è un trigger ASMR molto diffuso, che può indurre un senso di calma e intimità.
Parlare a bassa voce: Anche il semplice parlare a bassa voce, senza sussurrare, può attivare la risposta ASMR in alcune persone. La cadenza monotona e il tono rilassante della voce possono avere un effetto ipnotico, favorendo il rilassamento.
Rumori di masticazione Il suono di qualcuno che mastica cibo in modo lento e delicato può risultare sorprendentemente rilassante per molte persone. Questo trigger ASMR è spesso associato a ricordi di infanzia e al senso di cura e accudimento.
Lettura ad alta voce: Ascoltare qualcuno che legge ad alta voce, sia un libro, una poesia o anche un semplice articolo, può essere un modo efficace per rilassarsi e ridurre lo stress. La combinazione del suono della voce e del ritmo della lettura crea un'atmosfera tranquilla e favorisce il sonno.
Suoni di baci: Baci leggeri, soffi d'aria sul viso o altri suoni simili possono attivare la risposta ASMR in alcune persone. Questi trigger sono spesso associati a intimità e affetto, e possono evocare sensazioni di piacere e relax.
Fischiare: Il suono del fischio, se prodotto in modo delicato e melodico, può essere un trigger ASMR molto efficace per alcune persone. Il suono acuto e prolungato può avere un effetto calmante e ipnotico.
Suoni tattili:
Toccare delicatamente la pelle: Sfioramenti leggeri e ripetuti su diverse parti del corpo, come il cuoio capelluto, il viso o le braccia, possono indurre una piacevole sensazione di formicolio e relax.
Graffiare oggetti: Il suono di unghie o oggetti che graffiano su superfici diverse, come carta, legno o metallo, può essere un trigger ASMR molto efficace per alcune persone. Il suono irregolare e leggermente fastidioso può creare una sensazione di eccitazione e formicolio.
Fruscio di carta: Il suono del fruscio di carta, come quello di una rivista che viene sfogliata o di un pacchetto che viene aperto, può risultare rilassante per molte persone. Il suono croccante e ASMR è spesso associato a novità e scoperta, e può stimolare la curiosità e il relax.
Picchiettare su superfici: Picchiettare delicatamente su superfici dure con le dita o con oggetti come penne o matite può indurre una sensazione di ritmo e relax. Il suono regolare e ripetitivo può avere un effetto ipnotico, favorendo la concentrazione e la calma.
Suoni di scrittura: Il suono di una penna che scivola sul foglio di carta o di una tastiera che viene digitata può essere un trigger ASMR molto efficace per alcune persone. Il suono ritmico e regolare può creare una sensazione di focus e produttività, oltre a favorire il relax.
Suoni quotidiani:
Rumore della pioggia: Il suono della pioggia che cade sulle foglie, sul tetto o sul davanzale della finestra può essere incredibilmente rilassante per molte persone. Il suono monotono e il ritmo costante della pioggia creano un'atmosfera tranquilla e favoriscono il sonno.
Fruscio delle foglie: Il fruscio delle foglie mosse dal vento può essere un trigger ASMR molto efficace per alcune persone. Il suono delicato e sussurrante delle foglie crea una sensazione di pace e tranquillità, favorendo il relax e la meditazione.
Scorrimento dell'acqua: Il suono dell'acqua che scorre, come quello di un ruscello, di un fiume o di una cascata, può essere molto rilassante per molte persone. Il suono costante e monotono dell'acqua ha un effetto calmante e può aiutare a ridurre lo stress e l'ansia.
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