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#la spiaggia
qualbuonvento · 8 months
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La notte, quando rientravo, mi mettevo alla finestra a fumare. Uno s’illude di favorire in questo modo la meditazione, ma la verità è che fumando disperde i pensieri come nebbia, e tutt’al più fantastica, cosa molto diversa dal pensare. […] Da non molti giorni ero al mare, e mi pareva un secolo. Pure non era accaduto nulla. Ma la notte, rientrando, avevo il senso che tutta la giornata trascorsa – la banale giornata di spiaggia – attendesse da me chi sa quale sforzo di chiarezza perché mi ci potessi raccapezzare.
Cesare Pavese,
La Spiaggia
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La spiaggia, Cesare Pavese
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"La notte, quando rientravo, mi mettevo alla finestra a fumare. Uno s'illude di favorire in questo modo la meditazione, ma la verità è che fumando disperde i pensieri come nebbia, e tutt'al più fantastica, cosa molto diversa dal pensare. Le trovate, le scoperte, vengono invece inaspettate: a tavola, nuotando in mare, discorrendo di tutt'altro".
Pavese , come per i grandi autori e le grandi autrici, è senza mezze misure: una volta letto, o lo si ama alla follia, o lo si evita. Nel mio caso, posso dire che sia stato un amore a prima vista della mia prima gioventù, nato attraverso la lettura, tra le lacrime, prima delle sue poesie, poi, in età adulta, della prosa — di molte penne mi sono innamorata così, passando prima per la poesia che per la prosa. Non mi sono mai trovata d'accordo, infatti, con il buon Pasolini, che in una famosa intervista afferma come Pavese, per lui, non sia altro che uno scrittore mediocre. Mediocre ovviamente se si concepisce la scrittura come finalizzata all'impegno. Non che Pavese non lo faccia, al contrario: fine conoscitore dell'animo umano e delle sue passioni, tra le righe della sua scrittura, anche nei punti apparentemente più leggeri o frivoli, aleggia un costante senso di inadeguatezza; ai tempi, ma anche e soprattutto nei confronti delle persone. “L'esule in patria”, qualcuno l'ha definito: mai completamente parte di un tutto, troppo costretto nel tutto di quei rapporti umani deturpati da ipocrisia e perbenismo. Per questo è scappato, soprattutto dalla vita — e non solo dal Belpaese per inseguire, prima dei tempi, un istrionico sogno americano. Anche se, onestamente, nessuno possa dire cosa spinge una mente a lasciare la vita. Ce lo avrebbe dovuto dire lui. Quello che possiamo fare è provare a cercare risposte tra le pagine dei suoi libri, delle sue memorie, dei suoi schizzi poetici.
Per quanto sia a tutti gli effetti un bozzetto che sembra ricalcare le atmosfere de La bella estate , La spiaggia contiene, in piccolo, tutto questo. In piccolo perché si tratta di un racconto lungo che avrebbe potuto arricchire la raccolta, appunto, de La bella estate o di Feria d'agosto . Proprio per questo, la storia è semplice e assente di uno sviluppo o di qualche colpo di scena: un quadretto estivo che ritrae la villeggiatura del protagonista, professore di italiano in un liceo torinese, del quale non sappiamo il nome; Doro , suo amico d'infanzia, e Clelia, la moglie di quest'ultimo. Sullo sfondo, si alternano bagni al tramonto, quando la spiaggia è ormai quasi vuota e gli ombrelloni ormai quasi tutti chiusi, e cene con gli amici di una vita tra risate, ricordi delle stupidaggini commesse in giovinezza e pettegolezzi. Una fiera delle vanità versione riviera ligure. Lo sciabordio della risacca sembra nascondere le confidenze oggetto delle conversazioni tra i bagnanti che individuano il protagonista, un uomo pragmatico che sembra nascondere, dietro un certo distacco, un bisogno profondo di caloreumano. Per quanto sempre parte delle conversazioni o partecipe di ogni situazione mondana, se ne taglia sempre fuori con quell'occhio vigile “alla Pavese”, ovvero lo sguardo di chi coglie più i non detti e le parole sparse, che le parole retoriche e vuote. È quello che fa osservando Clelia e Doro. Coppia di novelli sposi, per lui non sembrano amarsi. Non ricorda, infatti, che tra loro ci sia mai stato l'amore vero. I due sembrano animati da una profonda individualità , dalla quale però sembrano non poter scappare. O non voler scappare. Con la schiettezza più semplice, il protagonista lo chiede, a Clelia, se siano innamorati, se abbiano litigato. Clelia lo guarda e sembra non capire. È la sorte degli animi sensibili, non essere compresi.
Quello tra i due, il protagonista e Clelia, è un rapporto che, nella sua semplicità , sembra essere autentico e non intaccato dall'ipocrisia sociale che tiene in piedi tutti gli altri rapporti di contorno di questa vacanza. A dirla tutta, il tempo sembra quasi cristallizzarsi , nei loro discorsi. È ciò che Pavese fa in ogni sua scrittura: cristallizza l'affetto per preservarlo ed evitare che si assottigli a mera cordialità. Sotto ogni loro dialogo si nasconde — e nenche troppo — un'arguta, e al contempo aspra, critica sociale: il matrimonio visto come la tomba di ogni passione, le donne come frivole e prive di spirito critico, i corteggiamenti come ragazzate.
Lo sa Berti , uno studente del protagonista, anche lui in villeggiatura in riviera ligure e invaghito di Clelia. Questo interesse rimarrà tale, non avrà un seguito, anche se sembra non spengersi, neanche a seguito di un evento che cambierà per sempre la vita dei due coniugi. È un romanzo piano , e ciò che colpisce non sono i dialoghi o la storia, ma ciò che rende, a mio modesto parere, Pavese un grande, ovvero la sua capacità di ritirare in ballo una sorta di romanticismo decadente , vale a dire una natura , quella del mare, in grado di farsi espressione del pensiero intimo dei suoi attori. Qui il mare è cosa ben diversa dalla spiaggia, perché la spiaggia non è altro che il palcoscenico della mondanità, dove si mettono in scena i giochi della socialità dei prossimi anni '50, il mare è, come si suol dire, la cosa giusta al momento giusto, l'unica entità , quasi dotata di pensiero anch'esso, dove i protagonisti si spogliano delle loro maschere e riescono ad essere liberi dalle convenzioni.
Lo dice anche Clelia: il mare è l'unico posto suo, dove si sente libera, dove vuole essere libera.
Dove può esserlo.
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princessofmistake · 2 months
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Niente è più inabitabile di un posto dove siamo stati felici
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theladyorlando · 1 year
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La spiaggia - Cesare Pavese
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Io non amo le spiagge. La nudità parziale dei corpi al mare mi offende. Il mio stesso corpo mi offende, tanto che lo percepisco per la maggior parte del tempo come completamente nudo, altro che seminudo. Mi sembra un' imperdonabile leggerezza di fronte alle cose vere della vita, concentrare le aspettative e le speranze di un intero anno solare in una sola settimana di carni denudate, troppo spesso indecentemente. Provo in una parola vergogna, per me e per gli altri: per le trippe flaccide come per i culi sodi. Provo vergogna per le intenzioni che restano troppo in superficie, che mancano di immergersi oltre le apparenze. Ma con Pavese ci sarei andata eccome al mare. Anzi, ci sono proprio stata, e mi è piaciuto: è stato facile, un aggettivo che considero l'esatto contrario della parola spiaggia nella vita reale. Secondo lui invece "la spiaggia" non è che un esercizio, una franca ricerca di stile. Se ne vergognerebbe, se valesse la pena, dice. Scopro forse che anche Pavese prova vergogna al mare? La vergogna de "la spiaggia" per lui deriva da quel suo non essere "scheggia del monolito": un romanzetto, definibile solo in base a ciò che non è: non è proletario, non è brutale, non è americano. Io ci sono arrivata per caso subito dopo "la bella estate": nel romanzo che ha assicurato la vittoria dello Strega al "giovane scrittore piemontese" ho faticato a trovare la voce di Pavese; ho faticato a sentirla dietro alle parole di Ginia, la sua insolita protagonista, donna e, neanche a dirlo, stupida. Io e mio padre abbiamo letto il libro insieme, dividendoci i capitoli equamente, e nel gesto di chiuderlo sull'ultima pagina ci siamo scambiati lo sguardo muto e imbarazzato del "che avrà voluto dire?". È rimasta nell'aria, quella domanda, appesa durante settimane di digiuno da Pavese, quando finalmente, dopo il primo ineluttabile giro in piscina che ha sancito l'avvio della stagione estiva, ho deciso che valeva la pena di ritentare. Spezzare il digiuno. Senza impegno, visto il panorama, tanto me la aveva già presentata Lajolo nella sua biografia di Pavese come uno svago umano, "la spiaggia". E allora, siccome la stagione delle distrazioni è ufficialmente inaugurata, andiamo a vederla, questa spiaggia. Apro il romanzetto e mi viene subito da sorridere: lo sento di nuovo, lo scontroso Pavese. Sento chiara la sua voce e stavolta, anche se nelle primissime pagine ci prova a portarmi in collina, mi porta al mare, e no, non è la Calabria del confino. Stiamo proprio andando in villeggiatura, a casa del suo amico Doro e della sua giovane moglie Clelia. Doro è l'amico di Pavese, l'amico che quando lo senti parlare quasi ti si fa carne sotto agli occhi: fascinoso, basso, piacente. E inquieto, infatti non è un Nuto, eppure lo vedo così bene, Pavese lo disegna magistralmente con poche pennellate. È un amico di cui essere gelosi, un amico che vorresti sapere tuo quando lo leggi sulla pagina, per esserne un po' geloso anche tu. E Clelia è una donna che si comporta bene, che addirittura si merita la stima di Pavese: è Doro quello donnesco su questa spiaggia, lui quello sfuggente, lui che sorride ambiguo, prima come un adolescente e poi come un uomo fatto, amareggiato da chissà quale realizzazione sopraggiunta con l'età adulta. È lui che al primo appuntamento si presenta abbronzato.
Com'è che si comporta Pavese in villeggiatura invece? È una goduria vederlo sulla spiaggia, non offeso dalla vergogna della parziale nudità, piuttosto incuriosito da come quella sappia provocare nei bagnanti una strana cautela, esigere da loro parole di una certa ambiguità. Pavese non prova vergogna verso la nudità dei corpi. Il suo riserbo sta tutto nella quotidiana dose di solitudine che reclama come suo inalienabile diritto, anche quando sta in vacanza con gli amici. Ogni sera infatti il narratore si ritira nella sua camera d'albergo, e lì, affacciato alla finestra, perde i suoi pensieri dietro al fumo della pipa. Pavese al mare è come l'albero di ulivo che si vede salendo le scale di quella stanza di villeggiatura: è un mistero come riesca a trovare acqua buona così vicino alla spiaggia, ma tant'è, eccolo lì, "un blocco argenteo di foglioline secche accartocciate". E difatti si comporta bene in vacanza perché in cambio di questa giornaliera pipata di solitudine, Pavese accetta quasi di buon grado la compagnia leggera e intermittente dei villeggianti. Si scambiano parole veloci, che sembrano di circostanza, forse superficiali, giusto quelle poche che il caldo insopportabile permette loro di tirar fuori dalla bocca. E invece, dietro la maschera distratta dei villeggianti, Pavese e i suoi amici si parlano "col cuore in mano". La voce di Pavese si sente distinta, facile, mi è sembrato davvero di sentirlo parlare tutto il tempo: il timbro di Pavese. Ed è una voce che si camuffa bene da chiacchiera sotto l'ombrellone, quando invece non lo è affatto. Sono i trent'anni suonati, suoi e dei suoi amici, il matrimonio degli altri, i figli che verrano, le amanti improbabili, gli alunni difficili: l'ultima estate da ragazza di Clelia. È meglio far finta che siano soltanto chiacchiere sotto l'ombrellone, queste, che sia un romanzetto, che non sia americano, che non sia brutale, e che non sia proletario. E invece è un po' proletario anche se in Riviera; è brutale, anche se non ci muore nessuno tra le pagine; e forse è anche un po' Americano: la coppia di sposi, la curiosità del narratore intruso, c'è persino la macchina, e invece di scapparci il morto qui è Mara che si storce una caviglia e torna in città in automobile. Questo insomma è il piccolo Gatsby di Varigotti. Questa è l'ultima costa italiana prima della East Coast Americana, Pavese lo sa bene: è non c'è un porto qui, non siamo mica a Genova. Questa spiaggia non è un trampolino, è solo un confine: forse un confino. Qui non c'è un gran che da fare, a parte cuocersi al sole, ballare nei localetti, e parlarsi col cuore in mano facendo finta che siano solo chiacchiere. Ma quella invece è la voce di Pavese e non vale la pena che se ne vergogni, secondo me.
Mi sembra significativo che tra le foto di Pavese ce ne sia una di lui al mare, adagiato su una sdraio proprio sotto all'ombrellone. Ha un'aria insolitamente compiaciuta: si vede che non prova vergogna per le nudità parziali che lo circondano e sulle labbra si affaccia quasi un sorriso condiscendente, come a perdonare a sé stesso, il villeggiante, la superficiale intermittenza dei bagnanti, delle loro intenzioni, delle loro vanità, delle loro trippe e dei loro culi. Del loro mancato immergersi, o della sua stessa paura di risalire. La paura del monolito. Forse Pavese avrebbe dovuto portarsi un po' di quel suo sorriso condiscendente fuori dalla spiaggia, come io dovrei portarmene un pochino sotto al mio ombrellone.
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spettriedemoni · 5 months
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Il mare di maggio ha colori intensi, luci delicate e brezze dolci.
Il mare di maggio si sveglia presto anche se è domenica mattina.
Il mare di maggio nella mia città porta tante persone a camminare sulla spiaggia, a correre, a passeggiare in bici, a prendere il sole.
Oppure ti puoi mettere semplicemente lì sulla battigia a guardare l’orizzonte e a respirare a pieni polmoni.
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canterai · 2 years
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Edvard Munch
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eleonoramartis · 1 year
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Un’altra spiaggia che ho visitato in questo periodo dell’anno è 𝐋𝐚 𝐂𝐢𝐧𝐭𝐚. 🐬
🐠 Da molti definita 𝓊𝓃𝒶 𝒹𝑒𝓁𝓁𝑒 𝓈𝓅𝒾𝒶𝑔𝑔𝑒 𝓅𝒾ù 𝒷𝑒𝓁𝓁𝑒 𝒹𝑒𝓁𝓁𝒶 𝒮𝒶𝓇𝒹𝑒𝑔𝓃𝒶 è sicuramente una meta che mi sento di consigliare se pensate di visitare 𝓁𝒶 𝒢𝒶𝓁𝓁𝓊𝓇𝒶.
🪼 Una di quelle spiagge dai colori e paesaggio mozzafiato raggiungibile a piedi dal centro di 𝒮𝒶𝓃 𝒯𝑒𝑜𝒹𝑜𝓇𝑜.
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nocturnalpicnic · 1 year
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Spiaggia Libera La Palombara. water color 2023 michael pontieri. 30 minute or so walk from Castellammare di Stabia train stop. Three swims in between sketching/ painting met a swimmer who caught two polpi and I saw many different fish.
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parolerandagie · 1 year
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...foto brutta di un momento bello, ovvero la risoluzione dei rebus de La Settimana Enigmistica in spiaggia, un rito estivo che si rinnova ogni Giovedì passato in riva al mare.
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omarfor-orchestra · 11 months
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Buongiorno -6 ma in realtà -4
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leonmarchon · 1 year
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Per il futuro sviluppo di Monet, l'amicizia con il pittore Eugène Boudin, specializzato in paesaggi dai colori pastello sfumato, svolse un ruolo molto importante: porta con se Monet nelle sue escursioni al mare e lo introduce alla nuova tecnica di pittura en plain air.
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deathshallbenomore · 2 years
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stai a vedere che per i più grandi traguardi raggiunti finora non devo ringraziare me stessa, la mia famiglia, i miei professori, la signora del bar dell’università, o tutte quelle persone che ostinatamente vengono incluse nei ringraziamenti alla fine della tesi. no, principalmente debbo dire grazie alla mia crisi esistenziale di metà-fine 2020, poiché è proprio grazie a lei che si sono innescati incastri incredibili che mi hanno portata sin qui. il mio consiglio a grande richiesta di nessuno è pertanto di imparare a surfare l’onda della crisi, invece che rimanere sulla spiaggia ad aspettare il mare calmo. lol
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princessofmistake · 4 months
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Dioniso e io ci sposammo sulla nostra spiaggia al tramonto, circondati da menadi con fiori intrecciati nei capelli. In seguito, ricco vino rosso fu versato al posto del nettare di ambrosia e la cerimonia fu illuminata dal chiarore soffuso del calar del sole, invece che dall’abbacinante lampo delle saette. Quella sera arrostimmo il pesce che brulicava nei mari attorno a Nasso sotto la luce argentea della luna, e non dedicammo mai un pensiero a nessuno e a niente che non fosse la nostra isola paradisiaca.
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phjlavtia · 1 year
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come fa la gente ad andare a mykonos o ibiza
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