#pioggia e natura
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Recensione di “Pioggia” di Giovanni Pascoli: Un Affresco Poetico della Natura e dei Suoi Contrasti. A cura di Alessandria today
Giovanni Pascoli ci regala una visione unica della pioggia, intrecciando emozioni e immagini vibranti di vita e natura in ogni verso.
Giovanni Pascoli ci regala una visione unica della pioggia, intrecciando emozioni e immagini vibranti di vita e natura in ogni verso. La poesia “Pioggia” di Giovanni Pascoli rappresenta un capolavoro di descrizione naturalistica, in cui il poeta riesce a cogliere l’essenza della pioggia e i suoi effetti sulla campagna e sugli animali. Pascoli, conosciuto per la sua visione della natura intima e…
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🗝️ Si vive per gli arcobaleni, unione di pioggia e luce. 🌈
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“ Il mondo di un bambino è fresco, nuovo e bellissimo, pieno di meraviglia ed eccitazione. È davvero una sfortuna che per la maggior parte di noi questa visione limpida, questo istinto autentico per ciò che è bello e ispira incanto, si oscuri fino a perdersi ancor prima di raggiungere l’età adulta. Se avessi un qualche influsso sulla fata buona che veglia sul battesimo di tutti i piccoli, chiederei che il suo dono per ogni bimbo del mondo fosse un senso di meraviglia così indistruttibile da durare tutta la vita, come antidoto infallibile contro la noia e il disincanto degli anni futuri, la sterile preoccupazione per cose che sono artificiali, l’alienazione dalle sorgenti della nostra forza. Se vogliamo che un bambino mantenga vivo questo senso innato di meraviglia – senza aspettarci un dono dalle fate – sarà necessaria la compagnia di almeno un adulto che possa condividerlo e riscoprire insieme a lui la gioia, l’eccitazione e il mistero del mondo in cui viviamo.
I genitori spesso provano un senso di inadeguatezza quando si trovano di fronte alla mente impaziente, sensibile, di un bambino da un lato, e dall’altro a un mondo dalla natura fisica tanto complessa, abitato da una vita così varia e strana che sembra impossibile sottometterla all’ordine e alla conoscenza. Abbattuti, esclamano: “Come posso insegnare a mio figlio qualcosa sulla natura? Non so neppure distinguere un uccello dall’altro!”. Credo sinceramente che per il bambino, e per il genitore che cerchi di guidarlo, conoscere non sia neanche lontanamente importante quanto sentire. Se le nozioni sono i semi che più avanti producono conoscenza e saggezza, le emozioni e le impressioni dei sensi sono il terreno fertile in cui quei semi devono crescere. Gli anni della prima infanzia sono il momento adatto per preparare il terreno. Quando le emozioni saranno state risvegliate – un senso di bellezza, l’eccitazione per ciò che è nuovo e sconosciuto, un sentimento di partecipazione, compassione, ammirazione o amore – allora sì che desidereremo conoscere l’oggetto della nostra risposta emotiva. Una volta trovato, il suo significato durerà per sempre. È più importante preparare il terreno perché il bambino abbia voglia di conoscere anziché nutrirlo di nozioni che non è ancora pronto ad assimilare. “
Rachel L. Carson, Brevi lezioni di meraviglia. Elogio della natura per genitori e figli, traduzione di Miriam Falconetti.
NOTA: La citazione è tratta da un articolo apparso per la prima volta nel 1956 sulla rivista “Woman’s Home Companion” con il titolo Help Your Child to Wonder e poi pubblicato in volume da Harper nel 1965 (col titolo The Sense of Wonder). È il racconto intimo delle escursioni fatte in compagnia di Roger, il piccolo nipote di tre anni che in un’estate degli anni ‘50 le aveva fatto visita nella sua casa in riva all’oceano nel Maine.
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Mi sembra di percepire il respiro della natura stessa. La silhouette degli alberi protendono verso il cielo, mentre le nuvole si avvicinano lentamente portando con sé il profumo della pioggia imminente. È come se ogni elemento fosse in sintonia, in attesa del momento in cui il cielo si tingerà di grigio. È un momento di transizione. 2023. Instax Wide manipolata durante lo sviluppo, immersa nell’acqua per diversi giorni e infine esposta alla fiamma dell’accendino sulla pellicola.
Photo by ©️ Marco Gagnoni
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Cose che curano il cuore e l'anima:
- Le risate dei bambini
- L'arcobaleno dopo una giornata di pioggia
- Rivedere vecchi amici
- Il mare
- I girasoli
- Un complimento inaspettato
- Un abbraccio
- Gli animali
- La natura
- Le conchiglie in riva al mare
- L'aria fresca
- L'odore del basilico
-
[lista da continuare]
[aggiungere qualcosa se vi va 🤍]
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Forse tutti avete visto la foto che ritrae l’allineamento della Luna con la Basilica di Superga e il Monviso. È una foto perfetta che racconta di un’attesa lunga sei anni. Io però voglio raccontarvi un’altra storia, quella del fotografo che l’ha scattata. Una storia di pazienza, di tenacia e di coraggio. Coraggio di cambiare radicalmente strada nel momento più difficile della propria vita.
Voglio iniziare però proprio da quello scatto, e da una domanda: si possono aspettare sei anni per scattare una #fotografia? Alla fine del 2017 Valerio aveva segnato sul calendario tutte le date delle fasi lunari, in particolare quelle in cui la luna tramontava in un determinato punto. Ogni sera “giusta” partiva per provare a portare a casa l’immagine che aveva sognato, ma c’era sempre un problema: le nuvole, la pioggia, la nebbia, la foschia… Così per sei volte, all’inizio di ogni anno, ha compilato il calendario e non ha mai sprecato una data possibile, ma senza successo. Alla fine, alle 18:52 del 15 dicembre 2023, la lunga attesa è stata premiata e la sua vita è cambiata.
All’inizio l’idea era quella di allineare la Basilica di #Superga e il #Monviso per fotografarli insieme. Valerio si era fatto aiutare dal mappamondo di Google Earth e aveva individuato quattro possibili punti. Il punto ideale lo aveva trovato a nord-est di Torino, sopra Castagneto Po, a 380 metri d’altezza. La prima volta che c’è salito si è reso conto che in quell’istantanea che aveva immaginato poteva entrare anche un terzo soggetto: la luna. Da quel momento si è messo a studiarne le fasi per scoprire che ci sarebbe stato soltanto un giorno perfetto in tutto l’anno.
E al sesto tentativo, dieci giorni prima di Natale, ha capito che forse ce l’avrebbe fatta: il cielo era limpido e l’aria asciutta. Così si è messo ad aspettare e quando tutto si è allineato e ha visto la sagoma del Monviso disegnata sulla Luna ha scattato. La mattina dopo, soddisfatto del risultato, ha spedito il file alla #Nasa, per partecipare al concorso “Astronomy Picture of the Day”, la risposta non si è fatta attendere: per l’ente spaziale americano la sua è stata la foto del giorno di Natale.
«È come se questa foto avesse sbloccato qualcosa, migliaia di persone hanno condiviso quell’immagine e hanno scoperto le mie foto che sono uscite dal Piemonte e sono andate in giro in tutto il mondo».
Conosco Valerio Minato pH da più di dieci anni, da quando ho notato il suo banco sotto i portici di Piazza Vittorio a Torino. Non vendeva libri, borse di cuoio, gioiellini, ma le sue fotografie, stampate su un supporto rigido e a prezzi accessibili a tutti. Ricordo che mi avevano colpito i soggetti ricorrenti: il Monviso, la Mole Antonelliana, il Po, le vecchie vetture del tram, ritratti però con prospettive originali.
Lo vedevo ogni fine settimana, con qualsiasi tempo, dietro il suo banco dalla mattina alla sera. Ho cominciato a fermarmi a chiacchierare e siamo diventati amici. Valerio è nato nel 1981 a Biella e nella sua vita la fotografia è arrivata dopo i trent’anni. Si era diplomato perito chimico tintore, aveva trovato subito un lavoro in un’industria tessile, poi era passato in una fabbrica chimica del settore gomma: «A 24 anni, dopo cinque passati in fabbrica, ho avuto un bruttissimo incidente sul lavoro: ho quasi perso un braccio, risucchiato da una macchina. Sono stato un mese e mezzo in ospedale, ho subito cinque interventi chirurgici, e tra un’operazione e l’altra ho deciso di cambiare tutto».
Così ha lasciato Biella e si è iscritto all’università a #Torino: Scienze forestali e ambientali. «Volevo una vita nuova, stare in un mondo completamente diverso. Volevo la natura e l’aria aperta».
All’ultimo anno di università compra una macchina fotografica e per gioco inizia a scattare, dopo la laurea trova lavoro in un’azienda, ma la passione per l’immagine occupa sempre più spazio dentro di lui. «Quando mi hanno offerto un contratto a tempo indeterminato ho deciso di dire di no, di fare una scelta ancora più totale di libertà. Ispirato dai banchi sotto i portici di Via Po mi sono iscritto all’albo degli “Operatori del Proprio Ingegno” e ho aperto il punto vendita delle mie foto».
Mario Calabresi
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Credi davvero che...
... comprendere la natura di un Uomo sia così scontato? Credi davvero che il tuo corpo sia quella chiave capace di aprire la sua Anima? Ma soprattutto ti sei chiesta cosa sia l'Anima del tuo Uomo? Sono lacrime di un fiore che non appassisce perché mai dischiuso, pagine bianche di un libro che si riempiono di profondità solo se il tuo Uomo lo senti scorrere dentro, ricordi che come naufraghi solcano i mari della gioia e del dolore sotto il cielo della memoria, un temporale in cui si è perso ed è servito a camuffare le lacrime con la pioggia, una lavagna nera, pulita, sulla quale scrivere una sola parola sola: "TUA". L'Anima di un Uomo è un posto troppo piccolo per colei che non sa camminare in punta di piedi, per colei che sa toccare ma non accarezzare, per colei che sa solo sopire ma non risvegliare, per colei che è abituata a chiudere ma non aprire, per colei che vuole vederci solo luce ma non sa camminare al buio, perché camminare al buio nell'Anima del tuo Uomo è chiudere gli occhi e vedere la luce mentre attraversi un posto al quale appartieni.
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BLACKLOTUS
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Avrei un mondo da scrivere. Un fiume di parole, una punteggiatura che darebbe senso a questo impetuoso fiume inutile che scorre nelle mie vene. Avrei indistintamente gioia e felicità oppure disperazione e impotenza. Potrei trovare tratteggi e andare a cercare parole più sofisticate e meno semplici, potrei dare sfoggio di intelligenza e cultura oppure sedermi serena sulla mia semplicità. Ma mentre questa pioggia incessante scorre per fare in modo che sotto alla terra possano vivere e rinascere i fiori che presto traboccheranno primavera , sento il silenzio farsi spazio e divorarmi viva. Un silenzio che è come un drappeggio funebre o una finestra spalancata di sole e orizzonti, ho mari e ancora azzurri che mi stringono la gola. Ho semi di fiori che fanno fatica a sbocciarmi e tengo stretti nel mio ventre sterile. Ho nervature dolorose come la corteccia di un albero che reclama ossigeno. Ho tutto compresso in una scatola cinese che mi scolora e nel contempo mi dipinge di un rosso che non ha sfumature , è soltanto rosso e la liberazione mia intima è che ognuno può dipingermi o vedere questo rosso come vorrà. Finalmente la mia natura mi fa sentire che a nulla vale intingere il pennello e darsi forma: tutto avviene attraverso la traduzione degli altri e mai nostra. Noi probabilmente dobbiamo essere solo il silenzio che ci ripara. Tatiana Andena 2019
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Mi piace andare a concerti di artisti che non conosco, in posti piccoli dove non c'è calca. Da qualche anno qui ne organizzano all'aperto, in alto, in mezzo ai boschi. Ho sempre un po' di riguardo, nella mia testa, per gli abitanti delle foreste: perché disturbarli, penso, perché non lasciarli nella pace del vento ma coinvolgerli nelle nostre strane abitudini? Diodato. Mai ascoltato. Spesso non sopportato. Andiamo, ho sentito Renato Zero dire che è in gamba. C'è da camminare un'oretta sotto la pioggia, poi lassù il sereno a ore 16:00: perfetto. Birra, panino, gente tranquilla in attesa, piccolo palco coperto dai gazebo...erano in dubbio, con il tempo non si sa mai. Ai concerti mi piace incontrare gente senza essermi messa d'accordo, andare, sapere che non sei solo mai. Ieri ho visto sorrisi di cui in fabbrica non avevo mai potuto godere. Donne rinate stese sull'erba, appoggiate ai compagni, abbandonate ad occhi chiusi su melodie leggere. Cantano gli uomini, ballano, altri ascoltano soltanto. Chitarra elettrica, chitarra classica, basso, batteria, tastiera e Godano al violino. Sono bravi, alcuni pezzi sono molto belli, altri no. M'interrogo su quando un pezzo diventi canzone, come si fa, cosa succede, tecnica cuore mestiere, pazienza, lavoro artigianale, sapienza, talento. Alcuni pezzi non lo sono diventati "canzone"; rimasti parole lanciate al vento con un po' di musica attorno, ecco, queste non le sopporto, ma vengono suonate e cantate comunque. Diodato ha un bisogno immenso di sentirsi parte di un tutto, di noi, scende dal palco, cammina in mezzo alla gente, fa due parole. Apprezza la natura, parla di Taranto martoriata, del male che facciamo alla terra del cuore che duole nell'assistere al massacro e della necessità d'agire per salvare, salvare, salvarci. Parla d'incontro. La sua voce arriva, chiara, netta, si sente bene ogni singola nota, faccio i complimenti ai tecnici, non succede spesso, dico. Ridono di getto. Sinceramente. Dietro una risata mille pensieri, parole taciute. Esperienza. E'chiaro, ormai, che ho un rapporto particolare con i concerti, forse lo sesso che ho nella vita, ci sono e non ci sono. Sono coinvolta ma solo parzialmente, osservo, ascolto, un piccolo drone curioso e silenzioso; a vote mi perdo ma deve esserci tanta musica a poco canto. Quelle volte vedo forme, colori, storie aliene, figure bellissime. Vedo cose che poi dimentico di annotare. Ieri no. Alla fine mi dispiaceva per lui che doveva scendere dal palco, andarsene, perché funziona così. Mestiere ingrato ho pensato. Come quando ero piccola e guardando il festival dicevo, fra me e me...ma come, un cantate che fa? "Solo" una canzone e poi via? Nel camerino? Mi faceva pietà. Ieri la stessa cosa. Sentivo che voleva restare. Voleva amare. Voleva volare. Si voleva mischiare. Chissà, forse ho solo sentito quella parte di me che non lo sa fare. Fosse così, fosse davvero che ho sentito il mio lato oscuro per un attimo, che Diodato sia, imperfetto, incompleto, immaturo. Che Diodato sia. Amen.
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Leo e la foglia di basilico
Leo, il gatto rosso dal pelo lucido e dagli occhi color oro penetranti, questa mattina approfittando del sole per ha deciso di addormentarsi sotto i raggi di esso. Trovando calore.
Di solito Leo sul terrazzo è solito trascorrere le sue giornate sonnecchiando al sole, osservando gli uccelli e inseguendo qualche mosca indiscreta.
Questa mattina, da una vicina pianta di basilico, qualcosa di leggero sì è posato sul suo pelo. Era una foglia di basilico, piccina, evidentemente strappata da un suo movimento brusco dalla vicina pianticella.
La foglia a un certo punto si rivolse a Leo dicendogli: "Ciao Leo! Che bello stare qui con te, al sole. Ammiro la tua tranquillità."
Leo socchiudendo un occhio e guardandola con curiosità gli rispose: "Miao. Non capita spesso di avere una conversazione con una foglia."
Foglia: "Perché no? Siamo tutti parte della stessa natura, non credi? Anche se io sono nata dalla terra, osservo la lentezza della vita che da essa germoglia. Osservo la crescita dei rametti, il zampettare di formiche e il volo degli insetti. Mentre tu, invece, sei libero di esplorare il mondo, di saltare e giocare. Osservi i ben più veloci uccelli, animali e uomini che si muovono veloci. Però entrambi osserviamo lo stesso cielo, le stesse nuvole e lo stesso sole."
Leo: "È vero, ma io sono un gatto. Il mio mondo è fatto di caccia, di coccole e di sonnellini. Tu, invece, sei destinata a crescere e poi inesorabilmente seccare."
Foglia: "E tu a invecchiare. Ma anche se la mia vita è breve, ho vissuto intensamente. Ho assorbito la luce del sole, ho sentito la pioggia sulla mia superficie. E ora, qui con te, sto vivendo un momento di serenità."
Leo: "Serenità? Ma tu non hai pensieri, non provi emozioni."
Foglia: "Forse non come te, ma sento. Sento il calore del sole, la brezza del vento, la tua morbidezza. E questo, per me, è tutto ed è molto importante. Perché so che solo questo potrò provare."
Leo, riflettendo sulle parole della foglia, gli rispose: "Forse hai ragione. Anche se siamo diversi, proviamo tutti delle sensazioni. Forse la felicità non sta solo nell'azione, ma anche nel semplice essere. Anzi nel comprendere che esistere, a volte, può essere tutto e bisogna apprezzarlo fino in fondo."
Nella foto Leo e la minuscola foglia di basilico, si lo so sembra una cimice a prima vista. Ma è basilico. Ok, va bene metto anche una foto ingrandita della fogliolina sul pelo di Leo. Contenti?
Nelle orecchie le fusa di Leo che dorme su una mia spalla.
P.s. la pianta di basilico sta bene, grazie, fornirà altre foglie per la mia pizza.
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Amare per sempre
Questi giorni convulsi e ventosi hanno rischiato di mandare nuovamente in subbuglio i miei fragili equilibri faticosamente conquistati. "Non sei una donna da amare per sempre", sussurrò l'altro ieri una voce maligna e menzognera dalle ferite ancora fresche, inerpicandosi come un'edera velenosa e infestante sulle pareti della mia mente agitata. "È già la terza volta che un uomo, sia in amore che in amicizia, conquista la tua fiducia, dimostra di volerti bene e poi, dal nulla, senza spiegazioni logiche, cambia natura, ti umilia, ti allontana. Fossi in te, mi farei qualche domanda; tu spaventi: leggi le anime altrui con estrema naturalezza e facilità, mettendo in luce elementi che loro non avevano notato, o meglio, non volevano far emergere; sei terribilmente scomoda, una spina nel fianco, soprattutto perché quella instancabile attività di introspezione la metti in opera innanzitutto in te stessa, poi in ogni situazione che ti circonda, diventando praticamente insostenibile. Inoltre, non potendo fare affidamento su una bellezza estetica impattante, tu seduci con la mente e con l'anima, ma con un'intensità tale da atterrire e assopire ogni desiderio virile. Insomma, non sei una donna da amare per sempre: gli uomini ti stimano, ti ammirano, al massimo ti scelgono come amica fidata, ma alla fine ti lasciano sola e corrono sempre tra le braccia di un'altra, evidentemente più semplice da tollerare." Rimasi in silenzio, osservando il vento che strattonava la mia chioma e quelle dei tigli e delle betulle dinanzi a me: "È incredibile come il male riesca a mentire pur mostrandoti la verità", sussurrai flebilmente. Improvvisamente, scossi il capo, come se mi fossi destata da un sortilegio; osservai il cielo annuvolato e m'inondai d'avorio, gli occhi bacini di lacrime ricolme di gratitudine. "Sì, Dio mi ha creata insostenibile, come il peso delle montagne; eppure, anche se solo Lui è in grado di sollevarle e alleggerirle, tra gli uomini c'è sempre chi è capace di amarle e scalarle!" Esclamai, squarciando con la lama i rami soffocanti del funesto rampicante; poi mi misi a correre controvento, ridendo come una menade in preda alla follia, pensando ai miei affetti più cari, che ogni giorno scelgono di starmi accanto e condividono il cammino, rendendo speciale ogni passo, alla cagnolina della vicina disposta a prendersi la pioggia pur di coccolarmi appena giunta a casa, alle civette impavide ululanti sopra i tetti prima che sopraggiungano le tenebre, ma soprattutto al fatto che sono una donna che ama per sempre, e questo mi basta.
#pensieri#amare per sempre#gratitudine#c'era lo zampino di berlicche#ma dio salva sempre#giorni ventosi#la prima foto è mia
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I tre grandi suoni elementari in natura sono: il rumore della pioggia, il rumore del vento ed il suono del mare che si frange sugli scogli.
Di tutte queste tre voci elementari, quella del mare è la più incredibile, bella e varia.
Cit.
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Cinque sono le cose che un uomo
impara dalla natura,
i modi in cui il bosco ti guarisce:
Dagli alberi ho imparato che la
solitudine non mi era nemica
e che il silenzio è un’arte,
che per crescere ci vuole pazienza,
che dalle nostre radici
traiamo forza.
Ma che dobbiamo anche avere
il coraggio di slanciarci verso
il cielo con i nostri rami
e di coltivare i nostri sogni,
perché non di solo terra e
non di solo pane vive l’uomo.
Dai fiori che hanno appena una
manciata di mesi per assaporare
il tepore della primavera,
il fulgore dell’estate,
ho imparato che essere fragili
è una forza, ed essere mortali
non deve essere un freno.
Ho capito che non voglio più sprecare
il mio tempo dando ascolto
a quelli che «pretendono
di sapere tutto ed è l’unica cosa
che sanno».
Non voglio più lasciarmi vivere
e sopraffare dall'abitudine,
invece «di amare come i poeti,
invece di conoscere
come gli scienziati».
Dalla pioggia ho imparato
a distinguere ciò che è superfluo
da ciò che è essenziale.
Corteccia, rami, foglie, tutti gli
abbellimenti che ornano la vita,
il lavoro, la casa, l’auto, i vestiti,
la pioggia li spazza via, ciò che resta,
ciò che resiste sono la famiglia,
gli amici, i figli.
Le cose che abbiamo amato
e ci hanno fatto diventare
ciò che siamo.
Le fondamenta.
Dalla terra ho imparato a onorare
il passato.
La terra è memoria,
perché nella terra riposano i nostri
morti.
E la memoria ti nutre,
perché come puoi essere qualcuno,
se non ricordi chi eri o non sai
da dove vieni?
Infine quando il vento sussurra
e ti sembra di sentire ogni singola
foglia staccarsi e volteggiare
nell'aria, come un rimbombo
che divora ogni cosa,
ti senti leggero, tanto leggero
da poter vagare nel cielo
inseguendo le nubi
che si rincorrono nell'aria.
Dal vento ho imparato la cosa
più preziosa: a lasciar
andare il rimorso, i rimpianti,
e i rimproveri che muovevo
alla mia anima
“di non essere stata all'altezza”,
la rabbia e le delusioni che il tempo
ti fa accumulare, perché un giorno
non avrà importanza chi aveva torto
o chi aveva ragione,
ma rimpiangeremo soprattutto i
“ti amo” che non abbiamo detto,
gli abbracci che non abbiamo dato.
G.Middei
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E' un toccasana prendersi una pausa lavorativa di una decina di minuti soltanto per uscire fuori e sentire i suoni della natura, come il canto degli uccelli o il rumore della pioggia (nel caso in cui ci sia maltempo come oggi).
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Non piangere sulla mia tomba non sono qui.
Non sto dormendo. Io sono mille venti che soffiano.
Sono lo scintillìo del diamante sulla neve.
Sono il sole che brilla sul grano maturo.
Sono la pioggia lieve d’autunno.
Sono il rapido fruscìo degli uccelli che volano in cerchio.
Sono la tenera stella che brilla nella notte.
Non piangere sulla mia tomba io non sono lì.
Canto degli indiani Navajo
Popolo di grande saggezza e di vita in armonia con la natura e il sacro. Ho sempre tanto amato gli indiani sin dall'infanzia.
cywo
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“Pioggia” di Giovanni Pascoli: Un Affresco Poetico della Natura e dei Suoi Contrasti. A cura di Alessandria today (Grazie Google news)
Poesia. “Pioggia” di Giovanni Pascoli.
Cantava al buio d’aia in aia il gallo.
E gracidò nel bosco la cornacchia:
il sole si mostrava a finestrelle.
Il sol dorò la nebbia della macchia,
poi si nascose; e piovve a catinelle.
Poi tra il cantare delle raganelle
guizzò sui campi un raggio lungo e giallo.
Stupìano i rondinotti dell’estate
di quel sottile scendere di spille:
era un brusìo con languide sorsate
e chiazze larghe e picchi a mille a mille;
poi singhiozzi, e gocciar rado di stille:
di stille d’oro in coppe di cristallo.
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