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PRIMA PAGINA La Sicilia di Oggi lunedì, 16 dicembre 2024
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(via Studio Rijsel – a f a s i a)
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PEPERONI ROSSI E FRITTI A COLAZIONE
L’amore a cuccia dentro sbiaditi gnocchi di lana, occhi marroni come legni di zattera, salvezza in mezzo ai campi azzurri dei pescecani. E intorno ulivi, grecale, muretti a secco, anime a zonzo, incarnazione, reincarnazione. Alla sera, poi, si torna a casa, tutti a casa come dopo la guerra, la guerra del fascio, la guerra del covone, la guerra del bottone. Un sottotitolo, una didascalia, un pugno…
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Contemporary Patio in Milan Front yard patio kitchen idea with a pergola and a large, modern patio kitchen
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Oggi piove.
Sono uscita dopo il lavoro e sotto la pensilina dell'autobus, ho visto un uomo ed una donna abbracciati, in un angolo.
Lei lo guardava, stretta a lui.
Per un attimo ho pensato che il mondo fosse un bel posto..
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Un sabato sera dai minuti contati questo.
Raggiunta casa di mia madre, entro in silenzio e come immaginavo lei è già a letto. Le chiudo la porta della camera per non disturbarla, mentre sistemo la spesa che le ho fatto, controllo nel frigorifero le confezioni di alimenti scadute. Le rimuovo buttando il contenuto negli organici.
Lei puntigliosa su queste cose, ora non le riesce più di controllarle.
Un rapido riassetto alla casa, ma non le metto a posto tutto. So quanto ci tenga a dimostrare di saperci ancora fare con le pulizie, diciamo che pulisco dove c'è da spostare o alzare qualcosa di pesante.
Mi giunge la telefonata di figlio 2 "Papà ci sono le pizze da infornare, sai che dopo devo uscire".
Mi avvio a casa, dopo aver avuto cura di sistemare le medicine dentro il porta pillole settimanale, in modo che mia madre non sbagli.
La frase di mio figlio "...sai che dopo devo uscire" era incompleta.
La verità è che lo dovrò accompagnare io. In auto raccogliendo tre suoi amici.
Le pizze sono uscite molto buone questa sera, forse la pioggia che insiste me le farebbe gustare meglio se Gabriele non uscisse. Se ancora per un sabato sera fosse il mio scricciolo a casa. Ma non sarebbe giusto per lui.
Appuntamento sotto lo stadio cittadino, poi seconda stella a destra, questo è il cammino, e poi dritto fino al mattino, poi la strada la trovi da te, porta a una pensilina dove c'è un altro amico per voi tre. Anzi quattro, maledetta rima.
Li ascolto parlare, mi fanno sorridere e anche ridere. Non hanno nulla che non vada bene. Sono ventenni con la voglia di vivere e divertirsi. Lo ero anche io. Forse non sentendomi mai amico al pari degli altri.
Tipo strano "il Rino", sempre assorto e spesso assente.
Li lascio alla pensilina concordata dove il quinto amico li aspetta, e si fanno i nomi di altri che arriveranno più tardi. Forse.
Li saluto, Gabriele inaspettatamente mi saluta baciandomi. "Non ti preoccupare pa' sarò bravo e starò attento, come vuoi tu".
Non ho nulla da obiettare, riparto. Alla prima rotatoria inverto il senso di marcia, un'ultima occhiata a qui sorrisi, a quella complicità di amici che legano le proprie vite in un patto di sangue, di quelli indissolubili che se ben curate, come relazioni, potrebbero durare davvero a lungo.
Nel mio ritorno solitario penso alle mie amicizie perse, al fatto che mi sento solo ed estraneo anche in mezzo ad altre persone.
Ho sempre pensato che la mia vita non avesse un senso, ma un senso l'ho trovato. Sono i sorrisi dei miei figli, la gioia dei loro successi, gli occhi innamorati di chi sceglieranno come persone con cui condividere la vita.
Questo non me lo voglio perdere. Mi madre e mio padre queste cose non le hanno mai viste. Mai. Io le voglio assaporare.
E mentre alla radio passa il brano "I love my life" di Robbie Williams, le sue parole:
I love my life
I am wonderful
I am magical
I am me
I love my life
Mi squarciano il cuore, e la pioggia è come se battesse direttamente sui miei occhi, e non sul parabrezza.
Sono solo, ovvero mi sento solo, ma dovrò aspettare. Aspetterò i successi e le gioie dei miei figli, prima di mollare.
Piove, vedo centinaia di ragazzi che si avviano alla discoteca.
Poco dopo incontro le ragazze sfruttate per dare del sesso a pagamento sui bordi delle strade.
Vorrei fermarmi, dare loro una coperta che le ripari, qualcosa di caldo da bere e la possibilità di dire loro: vai, sei libera. Puoi fare altro nella tua vita, perché hai forza di volontà da vendere.
Solo durante questi pensieri mi accorgo che in radio passa Sweet Disposition un pezzo che trovo meraviglioso dei The Temper Trap
A moment, a love
A dream, aloud
A kiss, a cry
Our rights, our wrongs
A moment, a love
A dream, aloud
A moment, a love
A dream, aloud
Stay there
'Cause I'll be coming over
And while our blood's still young
It's so young, it runs
Won't stop 'til it's over
Won't stop to surrender
Avere la forza, di superare, di aspettare chi è un passo indietro.
Mi sento maledettamente solo, anche se non lo sono. Sto male.
Ma in questo sabato sera i miei figli, chi in un modo e chi nell'altro, si divertiranno. Questo conta. Ne basta uno anomalo in famiglia. E quello sono io.
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" Dopo tre anni di pontificato mediocre papa Carlo rimase vittima di un attentato: dalla pensilina della tettoia di un autobus cadde del marcio che colpì papa Carlo sulla papalina. Carlo era cosciente ma la papalina iniziò a grondare sangue e tutti intorno a Carlo e tutti a preoccuparsi della papalina che veniva ricoverata d’urgenza mentre papa Carlo rimaneva tramortito sotto la pensilina. La papalina respirava a fatica, il cuore batteva fioco fioco, migliaia di medici erano al suo capezzano, annaspavano, sforzavano: all'improvviso un uomo di non più di alcuni anni si diresse, pistola alla mano, verso il letto dove la papalina era ricoverata, sfondò il posto di blocco, e svuotò mezzo caricatore contro la papalina che spirò morta. L’uomo venne arrestato mentre papa Carlo faceva ritorno a piedi in Vaticano. Entrò Carlo e venne bloccato e dai a spiegare che lui era papa, e vai a parlare dell'attentato, di quella cascata di marcio che lo aveva colpito rendendolo in fin di papalina, e dai a mostrare i documenti con scritto “Professione Papa”. Venne cacciato da Roma e si trasferì per un po’ di tempo a Istanbul dove cercò di riunificare le tre chiese. "
Antonio Rezza, Non cogito ergo digito (romanzo a più pretese), La nave di Teseo (collana i Delfini, n° 62), 2019; prima edizione: Bompiani, 1998. [ Libro elettronico ]
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Ma di tutte le strade che avrei immaginato da ragazzina,quella in cui resto infreddolita e svuotata sotto la pensilina di un autobus per correre da un lavoro all’altro non l’avevo messa in conto.
📚🚏
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2 agosto 1980 strage alla stazione di Bologna - Osservatorio Repressione
Il 2 Agosto del 1980 alla stazione del capoluogo emiliano l’esplosione di una bomba fece 85 vittime e 200 feriti. Tre terroristi neofascisti, Mambro, Fioravanti e Ciavardini, sono stati condannati come esecutori materiali. Ma non si conosce ancora chi c’è dietro l’eccidio.
Una strage senza mandanti. E con due degli esecutori materiali della strage condannati in via definitiva, i terroristi neofascisti (appartenenti ai Nar) Valerio Fioravanti e Francesca Mambro
Era il 2 agosto 1980, quando, alle 10.35, esplose alla stazione di Bologna una valigia carica di tritolo. Ottantacinque furono i morti, 200 i feriti, per una delle pagine più buie della storia della Repubblica. E ancora mai del tutto chiarita. Uno schiaffo ai parenti delle vittime dell’attentato, il peggiore per numero di vittime nel nostro Paese.
Lo scoppio, violento, causò il crollo delle strutture sovrastanti le sale d’aspetto di prima e seconda classe dove si trovavano gli uffici dell’azienda di ristorazione Cigar e di circa 30 metri di pensilina. E l’esplosione investì anche il treno Ancona-Chiasso in sosta al primo binario. Un eccidio senza precedenti, con i corpi delle vittime portati in ospedale con gli autobus della linea 37.
All’attentato la città di Bologna rispose trasformandosi in una grande macchina di soccorso e assistenza per le vittime, sopravvissuti e parenti.
Tra le vittime, 77 erano italiane, tre erano di origine tedesca, più due inglesi, uno spagnolo, un francese e un giapponese. Persero la vita anche diversi bambini: la vittima più piccola aveva soltanto tre anni.
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Ancora una volta alla Geo Barents è stato assegnato il porto di La Spezia, la mia città.
Ancora una volta la ormeggera' mio marito.
La prima volta, con l'infinito coraggio e la schiettezza che lo contraddistinguono, disse apertamente al comandante delle operazioni che con tutti i soldi spesi per navi d'appoggio, polizia a frotte, elicotteri nei cieli, a controllare questo pugno di uomini, donne e bambini disperati,u avremmo potuti far venire tutti quanti comodamente in aereo, rispettandone la dignità.
Ecco quella volta, appena sbarcati, giusto il tempo di una prima accoglienza, furono rimandati tutti in pullman a Bari.
Operazione direi di una logica disarmante.
Poi penso a mia figlia, che da mesi sta cercando un volo conveniente per Santo Domingo e scarta sistematicamente quelli con scalo più lungo di tre ore.
Prospettive di vita.
La fortuna di nascere dalla parte giusta del mondo.
Di giustizia sociale e morale neanche l'ombra.
L'unica ombra che sappiamo offrire è quella di un tendone per le visite mediche e quella di una pensilina in attesa di imbarco per tornare al sud.
L'unica ombra che sappiamo offrire è quella dei pregiudizi o nel miglior caso del menefreghismo.
E cerchiamo voli senza scali.
La comodità prima di tutto, quando si va in vacanza.
Irene Renei
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I sassi della stazione sono di ruggine nera
Sto sotto la pensilina dove sventola adagio una bandiera
In un campo una donna si china su due agnelli appena nati
Striscia il vento nudo sopra il fuoco, il fuoco violento dei prati
Un uccello, isolato, raccoglie sopra un vagone abbandonato
Il cielo grande di ottobre e gli strappa il fianco bianco e gelato
Intorno, dopo la notte, ci sono tronchi sporchi di mosto
E mille macchine in fila, laggiù, in un deposito nascosto
Apro il giornale e provo a leggere per nascondermi un poco
Mentre lei parla ad un uomo e io riconosco il suo suono un poco roco
Chiudo il giornale, la guardo, lei è voltata, non mi vede
I capelli sono biondi e sono tinti, dunque lei alla vita non cede
Vuoi guardarmi? Occhio della mente, occhio della memoria
Una donna è vecchia quando non ha più giovinezza
Ascolto la marea del cuore perché siamo vicini
L'ho ritrovata per caso, ma non è più una ragazza
Vorrei chiamarla, dirle, le volpi con le code incendiate
Non parlano, ma gridano pazze fra gli alberi per il dolore
Sediamoci per terra oppure là, sopra panchine imbiancate
Sediamoci sopra un letto di foglie secche e ascoltiamo il nostro cuore
Ci siamo scordati e perduti, ti ritrovo adesso all'improvviso
Dentro una piccola stazione, in un giorno grigio d'ottobre
Tu non mi guardi neppure, io solo ho l'inferno nel cuore
Perché la vita è una goccia che scava la pietra del viso
Ogni mattina, ogni sera, io parto e ritorno da solo
Come il ragazzo che ero, non posso più bruciare in un volo
Il treno arriva, si ferma, la mia ombra sale, parte, scompare
Io ti vedo giovane ancora, come in un sogno dileguare
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Oggi, mentre Mattarella stringeva la mano a Zelensky promettendogli massimo sostegno da parte dell’Italia, ripetendo il vergognoso e ipocrita ritornello sulla “pace giusta” (ossia alle sole condizioni di una delle parti) i militari ucraini hanno nuovamente colpito la periferia di Donetsk. Una delle case centrate dai razzi è stata distrutta dalle fiamme mentre all’interno si trovavano una donna ed il figlio di tre anni. Per loro non c’è stato nulla da fare.
Qui purtroppo fa parte della quotidianità. Ieri ho raggiunto il quartiere alle spalle della stazione ferroviaria di Donetsk. Accanto ad una fermata dell’autobus c’erano molte persone, tra cui molti giovani, che commentavano un cratere a pochi passi di distanza, risultato dell’esplosione di un colpo di artiglieria caduto una ventina di minuti prima, distruggendo il cancello della casa accanto, al cui interno si trovavano una donna e il nipote 12enne, fortunatamente illesi.
Sulla pensilina dell’autobus trafitta dalle schegge c’erano due disegni realizzati dai bambini del villaggio, incollati ancor prima di queste bombe. Accanto ad un impreciso simbolo della pace e ad un fiore si leggeva: “la pace vincerà” e “no alla guerra, noi abbiamo bisogno di pace”.
Chi vive da quelle parti sa benissimo cosa sia la guerra, in quei posti gli abitanti più piccoli non hanno mai conosciuto il significato della parola pace.
La pace è il sogno più grande di tutti, eppure è ancora lontana. Quante bombe dovranno ancora cadere, prima di poter camminare con spensieratezza lungo quelle strade? Purtroppo le risposte a queste domande vanno cercate lontano da Donetsk, dove questa “pace” assume significati incomprensibili per chi vive in prima persona gli effetti di questa follia. Cosa penserebbe questa gente del concetto di pace di Mattarella, ossia di quella pace pensata da qualcuno che non ha mai dimostrato interesse ad ascoltare le voci ed i desideri delle semplici persone che stanno dall’altra parte del fronte, ritenuta a prescindere “sbagliata”?
🖌️ RangeloniNews
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Auto in fiamme al casello autostradale di Prato ovest: traffico in tilt
[[{“value”:” Un grave incendio si è verificato questa mattina al casello autostradale di Prato ovest, lungo la A11, causando danni significativi e disagi alla circolazione. Le fiamme hanno completamente distrutto la vettura coinvolta, che si trovava ferma al varco, oltre a provocare danni alla pensilina e alla cabina per il pagamento autostradale. Fortunatamente, il conducente è riuscito ad…
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Sarà il desiderio, il motore.
Perchè all'inizio non avevo avuto dubbi.
Dovrei averne avuti, ed invece.
Un delizioso attico irrorato da un abbacinante sole.
Questa la mia prima - salda - percezione.
A sinistra lo spazioso balcone.
Dietro il centrale muro - quello non a tutta altezza - forse, doccia.
Aggettante, una pensilina.
Ma incosciente, l'architetto.
Perchè non ha collocato ringhiere, ed anzi ha fatto digradare il davanzale sino a propiziare cadute nel vuoto.
Ennò, non è così.
Non è quello che ha fotografato Pinho Carolina.
Pinho ha fotografato un cortile.
Unica aria, lì, lo spezzone di cielo in alto, sopra la pianta.
E quello che credevo cielo, bianco muro.
A mirabile inquadratura - l'immagine di Pinho è una composizione pregna di fine sensibilità grafica e talento per la pesatura di parti e dosatura di toni - corrisponde - in me - dolce inganno.
Mosso da desiderio, dicevo.
Desiderio di cielo; desiderio d'altezza.
Cielo che non è quello che pensavo, la vasta bianca area sulla destra.
Altezza che lambisce il suolo, mica il confine con il cielo istesso.
Del resto, lo sapete:
il cervello tende vedere ciò che s'aspetta, vedere.
Chi voglia rivestire panni altrui può camuffarsi anche in maniera approssimativa, purché si mostri in un tempo ed in una situazione ove i suoi osservatori siano familiari con la persona per cui ci si vuole essere scambiati.
Ma qui non vi è approssimazione.
Pinho orchestra una immagine tanto potente nella sua icasticità che vola verso l'astrazione.
E l'astrazione è al servizio dei desideri di chi guarda.
Voglia di cielo; voglia d'altezza, per me.
All rights reserved Claudio Trezzani
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