#patologie femminili
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pier-carlo-universe · 3 months ago
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(H)-Open Day Menopausa: Visite Gratuite per la Salute della Donna il 18 Ottobre ad Alessandria
Un doppio appuntamento per la prevenzione e la cura durante la menopausa, con screening ginecologici e visite reumatologiche presso l’AOU di Alessandria.
Un doppio appuntamento per la prevenzione e la cura durante la menopausa, con screening ginecologici e visite reumatologiche presso l’AOU di Alessandria. Il prossimo 18 ottobre, l’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Alessandria parteciperà all'(H)-Open Day Menopausa, un evento promosso dalla Fondazione Onda ETS per sensibilizzare le donne sull’importanza della salute durante la menopausa.…
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falcemartello · 5 months ago
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Appena letto su LInkedIn postato da un funzionario di Polizia: il migliore che io abbia letto in queste ore e che SPIEGA SCIENTIFICAMENTE che l'algerina NON si può considerare DONNA:
Commento da parte di un “bioeticista medico”
Da bioeticista medico rispondo a bioeticista non medico.
Leggo l'intervista del Corriere della Sera fatta alla professoressa Silvia Camporesi che gira sui social. La tesi della professoressa è che l'atleta pugile Imane Khelif è una donna perché semplicemente affetta da un iperandogenismo assimilato alla sindrome dell'ovaio policistico.
In premessa si deve dire che le opinioni espresse derivano da una conoscenza de relato derivante dai media.
È riferito che l'atleta algerino è portatore di un assetto cromosomico maschile XY. Ciò ha fatto decidere alla federazione pugilistica mondiale l'estromissione dalle competizioni femminili. Non così ha deciso il comitato olimpico che avrebbe giudicato in base ai livelli ormonali nel sangue.
Nella sindrome dell'ovaio policistico si ha però un assetto genetico femminile, XX. Peraltro non tutte le donne affette da policistosi ovarica presentano l'iperandogenismo. Dunque l'assimilazione è impropria.
Quando abbiamo un assetto genetico maschile, al raggiungimento della pubertà (in assenza di patologie che lo impediscono) l'ambiente ormonale androgenico determina modificazioni corporee così marcate e stabili, che un successivo abbassamento dei livelli androgenici non riesce a farle regredire (questo è proprio uno dei presupposti teorici del blocco puberale per i prepuberi con disforia di genere). I livelli di androgeni nel range femminile non rendono un maschio una donna, ma piuttosto consentono di descriverlo come un maschio con ipoandrogenismo affetto da sintomi e segni che ne sono la conseguenza.
Di converso, l'iperandogenismo che affligge le femmine affette da sindrome dell'ovaio policistico, può causare sintomi di virilizzazione più o meno accentuati, ma non fa di queste donne dei maschi.
Nel campo dello sport, la riduzione androgenica dopo lo sviluppo puberale, non atrofizza la massa ossea e muscolare a livelli femminili.
Salvo dunque miglior giudizio reso tale da informazioni che non sono al momento disponibili, l'atleta italiana è stata costretta a combattere contro un atleta maschio con una struttura neurologica, ossea e muscolare di ordine maschile. Presentarla come femmina è incoerente con il normale approccio medico-scientifico con cui capiamo quella costellazione di alterazioni patologiche comprese nel termine "Variazioni delle caratteristiche del sesso".
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Chiudiamo qui ogni ulteriore discussione.
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precisazioni · 1 year ago
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mentre ero ancora a letto, la mattina dopo il club to club ho pensato allo scienziato cinese che aveva modificato il genoma delle sue figlie per renderle resistenti all'hiv e a come, con le dovute normative e precauzioni, io sarei del tutto favorevole a modificare il dna degli esseri umani per migliorarli o renderli immuni a qualcosa - e tra le cose che modificherei ci sono, oltre alle ovvietà quali resistenza al cancro o all'ahlzeimer, l'immunità all'alopecia o la riduzione dei problemi relegati alla menopausa. da lì mi sono chiesto: ma gli animali vanno in menopausa? quindi ho scoperto che quasi tutto il regno animale può fare figli fino alla morte, e tra le specie esenti ci sono l'orca assassina, che tra parentesi è una società matriarcale, e gli scimpanzè. pochi giorni dopo ho letto su internazionale un articolo che si interrogava sul perché della menopausa, che ad oggi risulta ancora un mistero (triste come le patologie femminili siano così poco studiate) e che negli scimpanzè non trova alcuna logica: se infatti per le orche esiste la cosiddetta teoria della nonna, la cui figura serve a insegnare alla figlia come fare da madre, le femmine di scimpanzè una volta avuta la prole vanno via dal nido famigliare, non necessitando dunque di alcuna figura. ma soprattutto, quanto poco era probabile che io, dopo che al club to club penso ai mammiferi che vanno in menopausa, due giorni dopo trovo, senza volerlo, un articolo su questo argomento?
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cinquecolonnemagazine · 1 year ago
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Race for the Cure Napoli: prevenzione e arte
Race for the Cure, l'evento simbolo della Komen Italia, continua il suo tour nelle città italiane e approda a Napoli. Dopo Brescia, Bologna e Matera, la manifestazione per la lotta al tumore al seno in Italia e nel mondo, arriva domani, 15 ottobre, nel capoluogo partenopeo dove attraverserà le bellezze del capoluogo partenopeo unendo due grandi temi: prevenzione e arte. Protagoniste saranno, come sempre, le donne che stanno affrontando o che hanno affrontato il tumore al seno per dare un cenno di speranza alle circa 56.000 donne che ogni hanno si trovano a fronteggiare la malattia. Race for the Cure Napoli: l'iniziativa L'appuntamento è per domani, 15 ottobre, alle 9.30 in Piazza del Plebiscito per la tradizionale corsa di 5 chilometri o la passeggiata di 2 chilometri aperta a tutti. Parallelamente alla corsa si svolgerà un'altra iniziativa: la Carovana della Prevenzione, il programma nazionale itinerante di Promozione della Salute femminile di Komen Italia. Oggi, dalle 9.00 alle 16.30, e domani dalle 9.30 alle 13.00 nei quartieri di Pianura e Scampia saranno presenti unità mobili attrezzate con macchinari di ultima generazione e personale medico ospedaliero. Grazie all'accordo stipulato dal Comitato Regionale Campano di Komen Italia e l'Asl Na1 Centro, sarà possibile partecipare a titolo gratuito ad attività di prevenzione e screening per le principali patologie femminili, soprattutto alle donne che vivono in situazioni di fragilità sociale ed economica. Prevenzione sì, ma anche arte. Un protocollo d'intesa stipulato con il ministero della Cultura prevede che oggi e domani tutti gli iscritti alla corsa possono godere dell'ingresso gratuito ad alcuni monumenti della città. Mostrando la ricevuta di iscrizione o la maglietta di Race for the Cure, si potrà entrare gratuitamente a Palazzo Reale di Napoli, al Mann-Museo Archeologico Nazionale di Napoli, e all'Anfiteatro Campano di Santa Maria Capua Vetere, al Tesoro di San Gennaro. Per l'occasione, oggi il Mann si tingerà di rosa. I prossimi appuntamenti in Campania con le corse e la Carovana della Prevenzione sono Mercogliano (Avellino) e la Reggia di Caserta il 21-22 ottobre, Salerno il 26, 27, 28 e 29 ottobre e Capua (Caserta) il 28 e il 29 ottobre. Il cancro più diagnosticato alle donne Il carcinoma mammario è la neoplasia più diagnosticata alle donne. Il dato è fornito dal Ministero della Salute su I numeri del cancro in Italia 2022. Secondo I numeri del cancro 2020, un tumore maligno su tre (il 30%) è un tumore mammario. Nel 2022 ci sono state circa 55.700 nuove diagnosi di tumore nelle donne, con un incremento dello 0,5% rispetto al 2020. Nel 2021 la mortalità si è attestata in 12.500 decessi. Di contro la sopravvivenza netta a 5 anni dalla diagnosi è pari all'88% e la probabilità di vivere ulteriori 4 anni è del 91% condizionata all'aver superato il primo anno dopo la diagnosi. Nel 2018, secondo i dati Istat, il carcinoma mammario ha rappresentato la prima causa di morte per tumore nelle donne con ben 13.076 decessi. Parola d'ordine: prevenzione A partire dalla fine degli anni Novanta si registra una costante diminuzione della mortalità per carcinoma mammario dello 0,8% all'anno. Merito non solo dei progressi fatti nel campo delle cure ma anche a una maggiore prevenzione grazie alla diffusione di programmi di diagnosi precoce. Ai fini di una corretta prevenzione, lo screening da effettuare, secondo il Ministero della Salute, è la mammografia. Per le donne dai 50 ai 69 anni è consigliata ogni due anni. L'importanza di questo esame radiologico sta nella capacità di scorgere i noduli più piccoli, anche quelli che non sono ancora percepibili al tatto. Se l'esame da un esito sospetto si procede con altri esami: - ecografia mammaria - agoaspirato per esame citologico o biopsia - risonanza magnetica - visita senologica In copertina foto di Elías Alarcón da Pixabay Read the full article
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lamilanomagazine · 2 years ago
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Sabato sera all'interno delle mura di Verona si corre l'URBAN TRAIL
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Sabato sera all'interno delle mura di Verona si corre l'URBAN TRAIL. Una corsa dedicata a tutti, ai professionisti ma anche a chi vuole fare una passeggiata attraverso i più bei scorci della città vista da sera. Due i percorsi, da 10 e 20 chilometri, con partenza e arrivo al Bastione San Bernardino. Quest’anno parteciperanno anche le Pink Ambassador della Fondazione Veronesi, per informare e sensibilizzare sulla prevenzione dei tumori femminili. Le medaglie sono realizzate in legno di pioppo, con il nastro confezionato dalle volontarie della Fondazione Fevoss Santa Toscana. Solidarietà, corsa, benessere ma anche valorizzazione del territorio, amore per la natura, passione per lo sport, condivisione, spirito di squadra e altruismo. Tutto questo è AgsmAim Mura Urban Trail, la corsa in notturna aperta a tutti che si svolgerà dopodomani, sabato 17 giugno alle 21, evento inserito nel calendario degli appuntamenti del Mura Festival 2023. L’iniziativa è promossa dal Comune Di Verona - Assessorato Unesco - e realizzata da Studioventisette e Verona Run Events con anche la partecipazione straordinaria delle Pink Ambassador di Fondazione Umberto Veronesi. “Ringrazio gli organizzatori del Mura Festival per questa opportunità. Una delle tante in programma a Verona. Sappiamo quanto sia importante poter vivere i luoghi della città anche facendo sport o camminate. In particolare, dal 2021 è stato ideato questo evento per fare attività motoria sulle nostre Mura, valorizzandone anche la conoscenza a residenti e non solo, un modo assolutamente positivo di vivere la città” ha detto l’assessore alla Salute Elisa La Paglia. I percorsi: sono due, rispettivamente di 10 e 20 chilometri con partenza dal Bastione San Bernardino in circonvallazione Maroncelli. Gli atleti seguiranno l’Adige fino alla chiesa di San Giorgio, per poi salire sulle Torricelle e scendere dalle scalette di Castel San Pietro, passando poi per il centro città in vie poco frequentate e facendo ritorno nel quartiere di San Zeno per l’arrivo. Si può scegliera tra la 10k Monumental D+ 150, gara libera non competitiva aperta e adatta a tutti, un tracciato semplice, veloce e suggestivo che alterna asfalto e strada sterrata, facendo assaporare l’ebrezza del trail all’interno delle antiche mura cittadine, o la 20k Wild D+ 650, gara competitiva con la prima parte veloce sull’asfalto urbano per salire poi rapidamente lungo sentieri e sterrati. Le medaglie: sono realizzate a forma di M, a significare Mura Urban Trail ma anche Madre Terra, per valorizzare e celebrare la Natura attraverso lo sport. Sono create artigianalmente con legno italiano di pioppo chiaro e pregiato, mentre i nastri sono stati confezionati dalle volontarie della Fondazione Fevoss Santa Toscana. Le Pink Ambassador: sono donne operate di tumore al seno, utero o ovaio reclutate da Fondazione Umberto Veronesi e che si allenano per correre una gara podistica competitiva fino a fine percorso, con l’obiettivo di sensibilizzare le donne a non rimandare mai gli appuntamenti di routine, quei controlli che possono evitare l’insorgere di patologie gravi, dimostrando che, dopo aver lottato contro la malattia, sono tornate alla vita più forti di prima. Per informazioni: https://muraurbantrail.it/. L’evento è stato presentato questa mattina in Sala Arazzi, sono intervenuti l’assessora alla Salute Elisa La Paglia, la presidente Studioventisette Alessandra Biti, il Project Manager Mura Urban Trail Piernicola Fazzini, il presidente Gaac 2007 Veronamarathon Stefano Stanzial, Erica Diani di Pink Ambassador, Maria Teresa Alberti di Fevoss e la consigliera regionale Fidal Veneto Daniela Malusa. “Se c’è l’Urban Trail, è grazie all’ideazione del Mura Festival. Sarà un momento di festa, denso di appuntamenti dedicati alla prevenzione così come al lato tecnico della corsa”  ha affermato la presidente Alessandra Biti.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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livingwomen · 5 years ago
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TROPPE OPHELIA: Endemotriosi e Pregiudizio
TROPPE OPHELIA: Endemotriosi e Pregiudizio
La modernità così complessa del personaggio di Ophelia sta anche nell’aver rappresentato la tragedia di una condizione totalmente aliena, perché relegata  a una dimensione non integrabile col suo tempo, del femminile.
Ophelia non viene accettata, il suo dolore non viene compreso e sicuramente non è accessibile a chi la circonda.
Questa sua esclusione, questa sparizione metaforica, diventa…
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sciscianonotizie · 3 years ago
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(H)-Open Week sulla Salute della Donna, da domani mercoledì 20 a martedì 26 a Villa Fiorita di Capua visite e consulenze gratuite per la prevenzione, la diagnosi e la cura delle principali malattie femminili
Consulenze per la diagnosi di fibromatosi uterina, visite, ecografie e prelievo CA125 per prevenzione del cancro ovarico e webinar su “Alimentazione: prevenzione e salute”
Porte aperte alla prevenzione, alla diagnosi e alla cura delle malattie femminili più diffuse a Villa Fiorita di Capua da domani, mercoledì 20, e fino a martedì 26 aprile.
Nell’ambito della H-OPEN WEEK 2022, giunta quest’anno alla settima edizione e promossa da Onda – Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere – in occasione della Giornata nazionale della Salute della Donna, che si celebra il 22 aprile, la Casa di Cura capuana che, per il terzo biennio consecutivo, è stata insignita dei 2 Bollini Rosa, effettuerà visite e consulenze gratuite per il gentil sesso, a cominciare da domani, mercoledì 20 aprile, con la ginecologa Rosalba Gallo che garantirà una consulenza ginecologica per la diagnosi della fibromatosi uterina.
Nelle giornate di giovedì 21, venerdì 22 e sabato 23, invece, alle donne ricomprese nella fascia d’età 16-26 anni, saranno garantite visite, ecografie e prelievo CA125 per la prevenzione del cancro ovarico, a cura dei medici specialisti Marcello Costabile, Leonardo De Rosa e Antonietta Esposito.
L’ultimo appuntamento è previsto per martedì 26 aprile, con inizio alle ore 17, quando l’esperta Teresa Guardascione terrà un webinair sul tema “Alimentazione: Prevenzione e Salute”.
Per poter partecipare alle iniziative in calendario, bisognerà prenotarsi al n. 349.1636197, attivo dal lunedì al venerdì, dalle ore 10.00 alle ore 15.00, anche per chiedere informazioni utili.
“La nostra clinica ha inteso da subito aderire alla VII edizione dell’(H) Open Week con l’obiettivo di promuovere l’informazione sulle principali malattie che affliggono le donne, sensibilizzare sull’importanza della prevenzione e favorire la cura delle patologie che colpiscono maggiormente l’universo femminile. Per una settimana, offriremo alle nostre utenti servizi diagnostici, terapeutici, attività informative, webinair e altro ancora per avvicinare la popolazione femminile a diagnosi sempre più precoci e a percorsi di cura personalizzati”, dichiara la presidente del Cda di Villa Fiorita, Raffaella Sibillo..
“Con questa settima edizione di Open week che vanta il patrocinio di 18 società scientifiche, Fondazione Onda rinnova il suo impegno nei confronti della salute della donna iniziato quando l’allora Ministro della Salute Beatrice Lorenzin istituì la giornata dedicata alla salute femminile. Il post COVID mette in evidenza l’entusiasmo dei nostri Bollini Rosa nel riprendere tutte le attività forzatamente lasciate in secondo piano in questi ultimi due anni di pandemia”, commenta Francesca Merzagora, presidente Fondazione Onda.
source https://www.ilmonito.it/h-open-week-sulla-salute-della-donna-da-domani-mercoledi-20-a-martedi-26-a-villa-fiorita-di-capua-visite-e-consulenze-gratuite-per-la-prevenzione-la-diagnosi-e-la-cura-delle-principali-malattie/
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costanico01-blog · 6 years ago
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Non sto tanto bene, credo.
Post mattutino (che è strano) tanto breve e veloce quanto inutile.
Mi sono reso conto che, una volta passati i 30 anni, si viene affetti da parecchie patologie che, ahimè, non sono presenti nei libri di medicina anche se dovrebbero entrarci di diritto.
Così come, buona parte dell’umanità, è affetta dalla sindrome di trovarsi lividi sul corpo senza saperne la provenienza e dalla incapacità di ricordare cosa si deve fare una volta entrati in una stanza della casa (patologie che colpiscono fino dalla tenera età, almeno nel mio caso), mi sono accorto che, col passare degli anni affiorano delle problematiche che mai avrei pensato di sperimentare.
La prima io la chiamo “sindrome del bambolotto”.
Non è una cosa grave, anzi, in certi casi è piuttosto piacevole, soprattutto per soggetti come il sottoscritto che, per tutta l’adolescenza e la fase successiva ha sofferto della malattia inversa.
In cosa consiste? Così come le bambole, i cicciobello e affini, appena vengono messi in orizzontale, appoggiati sulla schiena, questi chiudono gli occhi. Così, il trentenne moderno, appena si passano le 22.30 e si trova in posizione prona o supina, sarà costretto a cadere in un sonno profondo che Aurora, o Rosaspina (reminiscenza disney)  levati.
La seconda è la sindrome delle sorelle di cenerentola. (sempre dinsey docet).
Questa è più facile è diretta: l’incapacità di infilarsi le scarpe. La motivazione? quel poco di pancetta causa ettolitri di birra ingurgitati negli anni e l’abbandono della palestra, popolata da giovani statue maschili e femminili che a 20 anni dimostrano fisici scultorei.
E’ difficile passare i 30
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firewalker · 3 years ago
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Ho cominciato una piccola serie di video sull'alimentazione e alcune patologie femminili, quindi questo slitta, ma è una cosa MOLTO INTERESSANTE.
In due parole: se sei obeso e con lo sport consumi 300 kcal, il tuo corpo fa in modo di risparmiarne 150, dimezzando l'efficacia dello sport.
Ancora una volta ribadisco: non si dimagrisce con lo sport.
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sproloquifemministi-blog · 5 years ago
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PARLIAMO DI CICLO MESTRUALE
Questo post, come alcuni altri che scriverò sono tratti da delle storie instagram che ho fatto sul mio profilo personale (@mrtngsp) a novembre.
In Italia, a differenza di molti paesi europei, vi è una tassazione molto alta sui prodotti igienici femminili, al 22% di IVA (Imposta sul valore aggiunto). Quindi gli assorbenti sono tassati come se fossero beni di lusso. Più volte dei nostri deputati hanno provato a presentare una proposta di legge per l'abbassamento della tassa al 4%, ma ogni volta, nel bilancio sembra non esserci spazio, ma la verità è che a nessuno interessa effettivamente.
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E tutto ciò è frutto di una profonda ignoranza sul tema, ecco qui una carrellata di commenti non richiesti sulle mestruazioni:
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Non è un caso che tutti questi siano commenti di uomini, che sono molto ignoranti su cosa siano le mestruazioni e probabilmente, se non sicuramente, ne ignorano il funzionamento. Inoltre gli uomini pensano ancora di poter ancora dettare legge sul nostro corpo, ci vogliono venire ad insegnare come si deve avere il ciclo mestruale e cosa fare a riguardo o a dirci che oggetto dobbiamo utilizzare per assorbire il nostro flusso mestruale.
E inoltre, proprio per dimostrare che allo Stato non interessa nulla:
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Questa è una grandissima presa in giro da parte di chi ci governa. La tassa al 5% sugli assorbenti biodegradabili, che di norma costano il doppio rispetto ad assorbenti normali, se non il triplo a volte. E quindi sarebbe il questo il favore che farebbero a noi donne? Far costare gli assorbenti biodegradabili come gli assorbenti tradizionali? Quindi, che risparmio c’è per noi donne?
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E vedete? Non è così difficile. La Scozia sarà il primo paese in tutto il mondo a togliere la tassa sugli assorbenti, dove tra le altre cose erano già gratuiti per le studentesse.
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Si possono tassare molte cose che non sono di prima necessità, ma dobbiamo fare un dibattito inutile, tirando fuori commenti non richiesto, stime non richieste sull’utilizzo di un pacchetto di assorbenti da persone che non hanno mai avuto le mestruazioni e mai le avranno. Però dato che una donna ha il ciclo mestruale per una media di circa di 40 anni una volta al mese, effettivamente, quanti assorbenti usiamo? E soprattutto, quando spediamo?
Ecco qui alcuni calcoli approssimativi:
Un pacco di assorbenti costa in media dai 2€ ai 6€, il prezzo dipende da molte cose. Però prediamo una media di 4€ per fare il nostro calcolo e considerando che di norma un pacco di assorbenti contiene dai 10 ai 20 assorbenti, anche qui dipende, spesso una scatola non basta per una sola mestruazione, che dura tra i tre e i dieci giorni. Prendiamo 5 giorni come riferimento e considerando di utilizzare 4 assorbenti al giorno, ci serviranno due pacchi per una mestruazione.
2x4=8€, per un solo mese
8x12=96€, per un anno intero
Ovviamente è un calcolo molto approssimativo, in cui va aggiunto il prezzo di altri prodotti collaterali per le mestruazione, come ad esempio, salvaslip, antidolorifici, integratori e altro. 
E abbiamo già detto che una donna ha le mestruazioni per una media di 40 anni, quindi...
96x40=3840€
Il risultato, si commentano da soli.
Ma vogliamo andare ancora più in fondo? Parliamo anche di contraccettivi femminili.
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Anche la contraccezione, parte fondamentale nella salute umana, ma con una serie di prodotti pensati appositamente per le donne. Anche questi sono prodotti tassati al 22%.
Qui spesso torna anche il dibattito se tutto ciò sia necessario o meno. La risposta è ovviamente SI. Anche i contraccettivi vanno detassati. E questo per più motivi, per rendere la contraccezione a portata di tutti, anche dei più giovani. Ma ricordiamoci che molte donne soffrono di condizioni o patologie per cui necessitano l’utilizzo di contraccettivi, ad esempio:
Amenorrea: mestruazioni scarse o assenti, spesso sintomo di uno squilibrio ormonale
Ipermenorrea:  aumento della quantità e della durata dei flussi, tale da comportare una cospicua perdita di sangue ed una anemia più o meno spiccata.
Disamorrea: mestruazioni dolorose. Compisce tra i 60% e 90% delle donne in età fertile
Ovaio Policistico: la  PCOS, causa importanti effetti sulla salute della donna di tipo estetico, metabolico e riproduttivo. È caratterizzata dall'ingrossamento delle ovaie, dalla presenza di cisti ovariche multiple e da alterazioni endocrinologiche e metaboliche (iperandrogenismo, resistenza all’insulina e conseguente iperinsulinemia).
Endometriosi: L’Endometriosi è una malattia femminile, determinata dall’accumulo anomalo di cellule endometriali fuori dall’utero. Solitamente le cellule endometriali dovrebbero trovarsi all’interno di esso. Questa anomalia determina nel corpo infiammazione cronica dannosa per l’apparato femminile, che si manifesta tramite forti dolori.
E ovviamente, non solo.
Il costo varia a seconda dei diversi dispositivi contraccettivi, che sono diversi:
Anello anticoncezionale, tipo nuvaring costa: 19.45€ al mese
Pillole anticoncezionali, di diverso tipo: dai 15€ e i 25€ al mese
Spugne, cerotti ecc...: dai 7€ ai 15€
Impianto sottocutaneo, spirale: dai 195€ circa da cambiare dai 3 ai 5 anni
Calcolando una media di 20€ al mese, in una anno, una donna spende quindi:
20€x12=240€
Anche qui, i risultati si commentano da soli.
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Sono anni che noi donne lamentiamo quest problemi, ma la maggior parte della classe politica è composta da maschi, spesso adulti molto grandi, a loro non interessa nulla delle donne, dei nostri diritti e bisogni, ma noi abbiamo il diritto di farci ascoltare, e non smetteremo di farci ascoltare per un no da parte delle istituzioni.
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thetasteofthesoul · 7 years ago
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La pillola ha cambiato e cambia le voglie femminili. Non saprei definirla un vantaggio perché ha sfasato tutto e creato problemi difficilmente risolvibili. Ormai la distanza uomo-donna è non più ridimensionandole. Tutti soli/e qui su Tumblr o social vari a sparlare gli uni delle altre. Mah!
Caro anon, io non so che esperienze tu abbia avuto, ma comunque mi dispiace. La pillola ha avuto il potere di liberare la donna e darle la possibilità di scegliere, affrancandosi finalmente dall'idea catto-maschilista che le donne siano fatte SOLO per procreare. Detto questo, ricordiamo che è anche e soprattutto un medicinale, il quale cura patologie legato all' apparato femminile a volte molto gravi. Se c'è stato un allontanamento tra la sfera femminile e quella maschile non è per certo colpa della pillola, ma il discorso è molto più complesso (e ora non ho voglia di sfociare nell'analisi sociologica delle dinamiche uomo-donna). Che qui su Tumblr siano tutti soli, è una visione un po' semplicistica, sinceramente. Che poi, chi non è solo a questo mondo? Ah, io non ho mai parlato male di nessuno qui, e nessuno lo ha fatto con me. Consiglio: cambia compagnie, fidati.
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cinquecolonnemagazine · 2 years ago
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Bonus genitori 2023: quali opportunità
Bonus genitori 2023: quali incentivi spettano alle famiglie italiane per quest'anno? Le misure approvate sono diverse: alcune sono novità altre sono proroghe di misure approvate già lo scorso anno. Ricapitoliamo tutti i bonus disponibili quest'anno a favore delle famiglie Bonus genitori: le agevolazioni per i figli fino a 3 anni Le misure rivolte ai genitori di figli di età compresa tra 0 e 3 anni sono diverse. L'assegno maternità dello Stato è un contributo una tantum riconosciuto dall'Inps. Può essere richiesto da uno dei due genitori se lavoratori atipici o discontinui alla nascita del figlio, ma anche in caso di adozione e affidamento. Un contributo analogo può essere richiesto dalle mamme al Comune di residenza che non hanno alcuna copertura previdenziale, con ISEE basso (le soglie sono stabilite dai Comuni), per la nascita del loro figlio, per l'adozione o l'affido. Il bonus asilo che eroga un contributo utile per sostenere i costi di un asilo nido o di servizi di assistenza domiciliare ai bambini con patologie. L'importo del contributo dipende dall'ISEE e può arrivare fino a un massimo di 3.000 euro l'anno. Le famiglie con figli fino a 3 anni possono inoltre usufruire di uno sconto sul prezzo di pannolini grazie al taglio dell'iva al 5% effettuato su questo prodotto e sugli assorbenti femminili. Quanto alle misure di welfare per le famiglie, la Legge di Bilancio 2023 prevede la possibilità per i genitori lavoratori dipendenti di usufruire di un ulteriore mese di congedo parentale facoltativo. Nello specifico i mesi di astensione facoltativa dal lavoro potranno essere 9, invece dei precedenti 8, retribuiti al 30% (i primi 8) e all'80% (il nono). Bonus per chi ha figli di oltre 3 anni L'assegno unico universale è il cuore delle misure a sostegno delle famiglie con figli. Spetta a tutte le famiglie con importi diversi in base al reddito. La misura, ideata dal governo Draghi per il 2022, nel 2023 è stata confermata e adeguata all'8,1%. E' percepibile dai genitori di figli dai 0 ai 21 anni di età. Confermato per il 2023 anche il Bonus Cultura pur con qualche modifica. La misura, infatti, si scinde in due: la prima, Carta Cultura, è destinata ai diciottenni (nati 2005) appartenenti a famiglie con ISEE sotto il 35.000 euro; la seconda, Carta Merito, è rivolta agli studenti che si sono diplomati con il massimo dei voti. Carta Cultura e Carta Merito hanno ciascuna un importo di 500 euro e sono cumulabili. Le altre misure per le famiglie Per le famiglie in particolare difficoltà economica sono previste altre misure di sostegno. La prima è la Carta risparmio spesa rivolta alle famiglie con redditi fino a 15.000 euro l'anno. E' utilizzabile per l'acquisto di generi alimentari e altri beni di prima necessità. Resta confermato per il 2023 anche il Bonus sociale per le utenze gas e luce con qualche variazione. La soglia ISEE per accedere a questa agevolazione nata per contrastare il caro energia è stata abbassata, per il 2023, a 12.000 euro l'anno contro i 15.000 euro previsti nel 2022. In copertina foto di Mario Renteria da Pixabay Read the full article
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lamilanomagazine · 2 years ago
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Milano: Inaugurati la pediatria infettivologica e il centro PMA dell’Ospedale Sacco
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Milano: Inaugurati la pediatria infettivologica e il centro PMA dell’Ospedale Sacco. Questa mattina, martedì 28 febbraio, è avvenuta l’inaugurazione della pediatria infettivologica e del centro di procreazione medicalmente assistita dell'Ospedale Sacco di Milano. "Il risultato odierno testimonia, una volta di più, l'impegno di Regione Lombardia a favore dei nostri ospedali. Investimenti e un'attenzione costante affinché ospedali come il Sacco possano realizzare sempre più iniziative in ambiti particolarmente specialistici, così da soddisfare le esigenze dei cittadini" – ha affermato il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana. La realizzazione della nuova Pediatria a indirizzo infettivologico si inserisce nel Padiglione 2 al 1°piano nel quale è stata disposta un'area comprensiva di 5 posti letto di degenza dotati di switch pressori all'interno del reparto attrezzato con 15 posti letto. Sono identificabili un'area ambulatoriale ed una di degenza diurna, che verranno realizzate in una zona attigua agli attuali edifici che ospitano le attività di Malattie Infettive. L'obiettivo che ha guidato la progettazione è stato quello di realizzare uno spazio a misura di bambino in cui possano trovare accoglienza e risposta i piccoli pazienti senza interrompere le relazioni con la famiglia. In questo nuovo contesto si inserisce la professionalità di 11 medici, 11 infermieri e 6 Operatori Sociosanitari. Il Centro PMA-Procreazione medicalmente assistita, è stato completamente rinnovato. La PMA del Sacco è un centro di eccellenza e riferimento a livello nazionale di assistenza riproduttiva di coppie sia infertili che con infezioni virali; infatti, vengono assistite persone con infezioni sia maschili sia femminili con i virus dell'HIV, dell'epatite C e dell'epatite B. Il servizio può contare su personale sanitario qualificato composto da 3 dirigenti medici, 3 dirigenti biologi e 1 ostetrica. Il Centro è l'unica struttura pubblica in Italia ad occuparsi di coppie che sono portatrici di patologie virali e negli anni è diventato, per casistica e ricerca, un punto di riferimento nazionale per la riproduzione assistita in presenza di patologie infettive virali, ricevendo coppie da tutta Italia e spesso anche da altri Paesi europei. "Con l'inaugurazione di questi due reparti si conferma la vocazione all'eccellenza medico scientifica dell'Ospedale Sacco, avanguardia nel trattamento delle malattie infettive e nell'assistenza ai percorsi di procreazione e trattamento dell'infertilità. Il Sacco è stato un punto di riferimento a livello nazionale e internazionale durante la lotta alla pandemia e non solo: le scoperte e le iniziative attuate in questo ospedale sono state utilizzate a livello europeo. Credo che presto il Sacco diventerà anche la sede del nuovo centro sulla ricerca contro le malattie infettive, completando un percorso di grande qualificazione". Ha proseguito il presidente Fontana: "Siamo orgogliosi dell'Ospedale Sacco e di come affronta la sua 'mission', interpretando i capisaldi che abbiamo voluto confermare nella legge di riforma della sanità, nei piani organizzativi aziendali e nel programma di governo per i prossimi 5 anni di legislatura. Continueremo a lavorare - ha concluso il governatore lombardo - sia per rafforzare le aree di eccellenza, come il Sacco, sia per assicurare capillarità e qualità dell'offerta in tutti i territori". All'evento hanno partecipato, tra gli altri, anche il direttore generale ASST Fatebenefratelli Sacco Alessandro Visconti, il presidente Comitato di Direzione Facoltà di Medicina e Chirurgia - Prorettore Università degli Studi di Milano Gian Vincenzo Zuccotti, il responsabile Salute Eni Filippo Uberti.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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margiehasson · 5 years ago
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I charm in limited editon di Rosato sostengono il progetto Pink is Good
Il brand di gioielli Rosato sostiene ancora una volta Pink is Good, il progetto di ricerca sui tumori femminili svolto dalla Fondazione Umberto Veronesi. Potrete contribuire anche voi acquistando uno dei cinque charm in argento placcato oro e, in regalo, riceverete una collana in argento. Ogni ciondolo, a forma di elefante portafortuna, rappresenta le diverse caratteristiche della donna: il coraggio di combattere una battaglia impegnativa, la forza di reagire, la protezione delle persone care, l’amore che dà senso ad ogni singolo attimo di vita, la creatività nel sapersi reinventare per ricominciare a sperare. L’iniziativa sarà attiva sull’e-store, in selezionate gioiellerie aderenti e nelle boutique di Roma, Milano e Forte dei Marmi. Per ogni charm in limited edition venduto, del valore di 49 euro, parte del ricavato sosterrà 42 ricercatori impegnati nello studio delle patologie al seno, all’utero e all’ovaio.
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cherophobicdream · 6 years ago
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Rape'd by Life, in love with Pain. ❤️
Alcuni di voi sanno che sono parafiliaca, cherofobica, disforica, bipolare e borderline. Questo significa solo che provo un'innata attrazione per i problemi ed il dolore. Ho paura della felicità, sono fender fluid, ho più personalità ben formate e distinte, cambio umore estremamente in fretta e sono molto impulsiva. Questo nido di Disagio, è adornato da ansie, paure, insonnia che definire gravissima è un eufemismo. Ho fatto questa introduzione perché oggi vorrei parlare di cosa faccio nel mio tempo libero. Gestisco da agosto 2018 un servizio di HelpDesk di consulenza (nei casi gravi consigliando sempre uno specialista che possa seguire l'assistito di persona e con eventuali cure necessarie), inizialmente era diviso in vari account dedicate alle problematiche generali/adolescenziali/femminili/suicidotendenti; da gennaio è disponibile solo un unico canale per ogni tipo di richiesta. Non ho il tempo e i soldi materiali per iscrivermi a medicina, per studiare psichiatria farmacologica, quindi mi limito allo studio autodidsttico, che rende veramente bene i suoi frutti, se condotto con abbastanza tempo, costanza ed impegno. A volte mi è stato chiesto “Come” riesco a fare ciò che faccio, cercherò di spiegarlo in modo semplice: la mia metodologia é un po’ particolare, nata unendo principi e fondamenti di psicologia basilare, pedagogica, comportamentale, educazione dell'adulto, sessuologia, teorema di J.N, uniti all’ esperienza personale riportata dal trattamento psicoterapeutico delle tendenze suicide con conseguenti studi approfonditi al riguardo, ho dedicato decine di centinaia di ore alla comprensione delle applicazioni di principi attivi farmaceutici studiandone l'effetto sulle varie patologie e problematiche, imparando a conoscere effetti collaterali e tolleranze psico/fisiche. Apprendendo il funzionamento del bilanciamento chimico-cerebrale, riguardante i livelli di serotonina, dopamina, cortisolo, adrenalina, oltre che a vari ormoni sessuali ed altre componenti fisiopresenti, ho avuto modo di interpretare con buona probabilità, se una terapia andrebbe iniziata/mantenuta od interrotta/cambiata, ricordandone perfettamente gli effetti sulle varie personalità legate o no alla sfera comportamentale disturbata. Tutto questo è fornito insieme ad un'ampia, ed intensamente sviluppata empatia, quindi insieme al conoscere 3 lingue, essere molto sociale, saper sentire cosa provano le persone, ed avendo alle spalle anni di esperienze 3 studi teologici, trovo semplice e piacevole, aiutare il prossimo. Se invece la domanda è “Perché” lo faccio la risposta diviene molto semplice. Ho smesso di illudermi sul riuscire a salvare me stessa. Ho rinunciato a farlo, però essendo in grado di farlo, è giusto fregarmene del resto dell'umanità? Non credo. Non dal punto di vista etico, né sociale, né spirituale, né morale; e certo non porta soddisfazione, felicità od amore, il guardare altrove, lontano dai problemi del prossimo. Ad oggi ho aiutato più di 250 persone conteggiando i vecchi account, unendoli alle 150 dell'account definitivo, ho superato la quota di 400 assistiti, di cui più di 30 con complesse, gravose e pratiche tendenze suicide, che ora stanno Bene, od almeno combattono per vivere e cercare la serenità. Prima o poi pubblicherò il mio nome, e avrò così tante persone vive grazie a me, che non importa se sono morta io, (senza neanche raggiungere Lei, quindi fallendo anche in questo), almeno qualcun'altro godrà una felicità che io rifiuto per me stessa. Ponendo una conclusione a questo riassunto, la cosa che più le persone  non capiscono è che per me non è un passatempo, non è piacevole sentire il dolore altrui continuamente ed unirli al proprio, restando in vita, ma veder splendere di nuovo la vita negli occhi altrui, mi porta a voler respirare un momento in più. NN.
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pangeanews · 4 years ago
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“Ora siamo qua, in un’epoca tremenda per i malati dell’anima. E sai perché? Perché son pazzi tutti, tutti!”. Dialogo con Caterina Cavina. Un viaggio delicato e feroce nel disagio psichico
Arianna è albina. Ha “pelle di marmo e occhi rosati”. È bianca di pelle e di capelli, molto magra, piena di cicatrici, è bella e brutta insieme. Vive sola in una vecchia casa piena di gatti. Nel passato Emilia, una madre anaffettiva, paranoica, che vedeva in lei la causa di tutti i suoi fallimenti. Nel presente David, un uomo violento, che non riesce a lasciare perché “in certe vite, per un istante decente si può ammazzare, o farsi ammazzare”. Arianna, la protagonista del romanzo Le radici dei fiori, di Caterina Cavina, edito da Pendragon, ha una dipendenza dall’alcol, una tristezza profonda che non riesce a definire, e il vago ricordo di una vita quasi normale, in cui usciva, mangiava il giusto, dormiva regolarmente e aveva iniziato a studiare medicina. Ora c’è solo l’anziano Wogler, vecchio amico di sua nonna, a occuparsi ogni tanto di lei, a costo di svegliarla con un secchio d’acqua gelata. Ma Arianna non ha rinunciato a vivere, così a un certo punto entra, per sua decisione, in una clinica psichiatrica, Villa Glicine, detta Villa Triste. Qui incontrerà una serie di personaggi, perlopiù “definiti dalla loro diagnosi”, che amano, litigano, competono, combattono, diventano amici, si tradiscono e non sono poi tanto diversi da quelli che stanno fuori. Con loro Arianna inizierà il percorso per uscire dal suo labirinto. Un romanzo duro e delicato, feroce e poetico, ricco di quell’ironia che smaschera e conforta, svela la realtà e al tempo stesso dalla realtà ci salva. Ne parliamo con l’autrice.
La prima domanda è il prezzo da pagare, quello che chiunque, anche chi scrive un libro sui serial killer dal punto di vista del serial killer, si sentirà porre. Quanto c’è di autobiografico nei personaggi di questa storia, e in particolare nella protagonista, Arianna?
È autobiografico, ma non nel senso convenzionale del termine, io non sono Arianna, non le assomiglio per aspetto, carattere e indole, abbiamo solo alcuni tratti in comune. Ma sono stata ricoverata più volte in clinica psichiatrica per problemi simili e quasi tutti i personaggi del libro sono veri, esistono e hanno nome e cognome (che ovviamente ho cambiato) o sono comunque un mix dei vari tipi di persone che ho incontrato durante i ricoveri. Devi sapere che nelle cliniche c’è un po’ di tutto, un miscuglio di personalità, patologie e dipendenze. Dall’ex carcerato che deve togliersi la dipendenza da metadone, passando per il fighetto da discoteca dipendente dalla cocaina, alla signora “bene” che soffre da anni di depressione maggiore. C’era anche una signora anziana dipendente dai lassativi, ricordo, molto simpatica, faceva dei lavori a maglia stupendi, mentre magari nel tavolo accanto uno ti raccontava di quando aveva ucciso su commissione o come si taglia la “roba”.
Il tuo romanzo è ambientato per la maggior parte in una casa di cura per malati psichici e dipendenze patologiche. I tuoi personaggi sembrano vivere le stesse identiche pulsioni dei “normali”, ma in una dimensione altra e alterata, a volte portata all’estremo della drammaticità, altre volte attutita, come anestetizzata. Dove sta secondo te il confine tra i normali scossoni della vita e la patologia vera e propria? E la medicina oggi riesce a identificare questo confine in modo oggettivo?
Basaglia diceva che “nessuno visto da vicino è normale”, postulato in cui credo fermamente. Innanzitutto, la “normalità” non esiste e ognuno di noi ha delle “patologie” in fieri che situazioni sfavorevoli, genetica, destino (usiamo pure questo termine), possono slatentizzare. Pensa solo all’effetto lockdown, i dati statistici parlano di un aumento di depressioni, attacchi di panico e ansia sociale. Molti miei amici farmacisti vendono molti più psicofarmaci di prima (non che prima ne vendessero pochi). Non tutti reagiamo allo stesso modo ai drammi della vita, c’è chi riesce a mantenere comportamenti autoconservativi e chi no. Non è nemmeno una questione di “forza di carattere” o “forza di volontà”, la “forza” è considerata spesso come concetto assoluto, mentre ho notato che è una caratteristica relativa, spesso determinata dalle condizioni ambientali e dalla consapevolezza dei propri limiti. Se uno arriva a conoscere se stesso (lavoro che dura tutta una vita), ad accettare i propri limiti, diventerà all’istante una persona più forte per il semplice fatto che si metterà meno in pericolo, in una situazione “fragile”. Non dico di rimanere stipati nella “comfort zone”, ma di affrontare la vita, “sani” o “malati” che si sia, con consapevolezza. A parte che in psichiatria non c’è una netta demarcazione tra “sano” e “malato”; si dice in genere “funzionale” o “disfunzionale”. Che vuol dire? Vivi abbastanza bene? Sei soddisfatto? Riesci a provvedere a te stesso e magari agli altri? Riesci ad avere relazioni significative con il prossimo? Non dico di tirare fuori la piramide dei bisogni primari di Maslow, un po’ troppo schematica, ma a volte basta dare un’occhiata a quella per capire se siamo in una fase patologica o meno.
Cosa pensi dell’utilizzo di farmaci? Molte persone non affrontano i propri problemi psicologici proprio perché temono di diventarne dipendenti, di vedersi modificata la personalità in modo artificiale.
I farmaci aiutano e molto, e c’è uno stigma sbagliato su di loro. Ho sentito persone inveire contro la “chimica” che cambia il cervello mentre magari fumavano o bevevano vino. Non è chimica anche quella? Non è tossica? Gli psicofarmaci dovrebbero essere considerati come tutte le altre medicine. Hai la febbre alta? Prendi il paracetamolo. Sei depresso? Prendi un antidepressivo. Certo, la diagnosi psichiatrica è più difficile da fare di una febbre alta, ma non impossibile. Gli psicofarmaci non sono più invalidanti come una volta, non trasformano tutti in vegetali, conosco schizofrenici perfettamente lucidi, consapevoli delle loro visioni e persino delle “voci” che sentono, le hanno accettate e ci convivono. Sono casi rari, ma esistono.
Oggi è sempre più difficile parlare di malattia senza venire messi al muro dai nuovi dettami del linguaggio, quelli del politicamente corretto. Da un lato è un bene che aumenti il rispetto verso ogni forma di diversità o disagio, dall’altro diventa sempre più difficile chiamare le cose con il loro nome. Si insiste ad esempio sul fatto che la disforia di genere non è una malattia ma una condizione, e contemporaneamente si insiste nel dire che la depressione è una malattia e non uno stato d’animo. Sembra di stare in bilico tra negazione della malattia e necessità di cura. Andare dall’analista è diventato di moda, da Woody Allen in poi, ma solo se non se ne ha davvero bisogno, mentre il disagio psichico reale è ancora fonte di emarginazione tra le più feroci. Come vedi questo dualismo?
Sulla non conformità di genere il discorso è complesso. L’Oms l’ha tolta dall’elenco delle malattie e l’ha inserita nei “disordini mentali”. Per semplificare la cosa, il ragionamento fatto in anni di studi è questo: mentre la depressione maggiore ha cause spesso endogene, interne (poi esiste anche quella “reattiva” a episodi esterni), si pensa che i disagi procurati dalla non conformità di genere, soprattutto negli adolescenti, avvengano a causa della reazione sociale al loro comportamento, alla non accettazione sociale, insomma siano esogene. Quindi non è una malattia vera e propria dell’individuo. Permettere la transizione di genere evita il suicidio di molti adolescenti transgender durante l’età dello sviluppo (infatti vengono assunti ormoni per bloccare la crescita dei caratteri sessuali secondari) e dà loro il tempo di capire bene cosa vogliono essere. Credo che l’accesso a questo tipo di percorso sia importante, proprio per salvaguardare la loro sanità mentale. Se guardiamo la storia delle culture più antiche, scopriamo che il genere è sì una realtà biologica imprescindibile, ma ha anche una forte componente culturale. Per quanto riguarda il discorso della malattia mentale come “moda”, si nota sempre più sui social usare parole “sono bipolare”, “sono border”, “paranoico”, quasi fosse una cosa figa e glamour, peccato che poi quando la malattia si presenta nella vita reale, di tutti i giorni, lo stigma riappare. La malattia mentale fa paura perché, come dicevo prima, è in fieri in tutti noi.
Il tuo libro non parla solo di anime, ma anche e soprattutto di corpi. Corpi quasi sempre troppo magri o troppo grassi, spesso abusati, feriti, cicatrizzati. Ricorre molto il tema degli odori, della sporcizia e della pulizia, elemento primario di socialità, di incontro con l’altro, primo spartiacque tra inserimento ed esclusione sociale. Alzarsi dal letto e lavarsi, il primo passo per vivere. È una metafora o qualcosa di più?
Non è una metafora, è la realtà. Se sei depresso smetti di lavarti. Ho incontrato molti idrofobici nel corso delle mie esperienze che urlavano come matti al solo contatto con l’acqua. Ma senza arrivare a questi estremi è proprio una rinuncia a tutto, il voler dimenticare tutto, l’acqua sul corpo ti dà coscienza di te, il toccarti per lavarti ti dà coscienza di te, il solo vestirti e stare seduto richiede uno stato di coscienza che spesso si rifiuta. È un effetto della ricerca dell’oblio che molte persone in difficoltà hanno. Lo stesso dicasi per le dipendenze. Arriva un momento in cui si diventa idrofobici e si inizia pure a odiare la luce del sole. Si vuole semplicemente scomparire, ma il corpo c’è, resiste, e puzza.
Un altro tema ricorrente è l’amore per sé stessi, così difficile da provare, specie per chi fin dall’infanzia è stato abusato o comunque non ha vissuto una crescita equilibrata. Specie nei personaggi femminili, ricorre il colpevolizzarsi anche quando si è vittime, il chiedere amore a chi non può darlo. In questo senso, mi ha ricordato alcuni passi del saggio Donne che amano troppo, di Robin Norwood. Mi viene in mente anche Franca Leosini, che di recente è stata accusata di maschilismo per aver detto che una donna, al primo schiaffo del compagno, se ne deve andare. La complicità nelle violenze subite è in realtà un tema importante, da non censurare. Secondo te come possiamo evitare l’auto colpevolizzazione ma anche la negazione di certe forme di complicità con i carnefici? E se questo meccanismo riguarda più le donne che gli uomini, secondo te perché? Sempre e solo l’educazione patriarcale o c’è qualcosa di innato?
Io sono stata vittima di violenza domestica e avevo appena scritto un libro sul femminicidio (La Merla), comico, vero? Anch’io ho preso il primo schiaffo e non me ne sono andata. Perché non te ne vai? Perché ti senti in colpa, perché credi di essertela cercata, perché speri che sia un episodio singolo che non si ripeterà, che potrai contenere magari modificando il tuo comportamento. Fai dei patti con te stessa “dai resisto un altro giorno”, “speriamo che oggi sia una giornata buona per lui”, “se mi comporto così non lo farà più”, spostando l’asticella della violenza tollerata sempre più avanti. Vivi dei ricordi dei primi tempi (in genere queste persone si rivelano dopo un periodo dove sono dei veri “principi azzurri”, il love bombing che crea dipendenza), sperando che sia solo una fase. E sopporti. Poi c’è la vergogna, la paura di dire: “Mi picchiano”. Ricevevo pure io reazioni negative, anche dai parenti: “Ma come tu, proprio tu, colta, femminista, hai potuto portarti un individuo simile in casa?”. Fare sentire in colpa le donne perché non scappano non è la soluzione. Riconoscere che si è vittime, ma anche responsabili di se stesse lo è. Sviluppare abbastanza amor proprio, autostima, minor bisogno di dipendenza affettiva da saper lasciare chi ci fa del male, anche “solo” psicologicamente, è una strada lunga e tortuosa. Quante amiche infelici abbiamo che comunque rimangono in una relazione tossica pur di non stare sole? Che incorrono sempre nello stesso modello di compagno (o compagna) narcisista? Vampiro emotivo? Ce ne sono tante e il meccanismo che sta sotto è il medesimo. Prendersi la responsabilità di se stessi e della propria salute, chiedendo aiuto, denunciando, non è facile, perché lo stigma di vittima non piace a nessuno. Completando la risposta, più che innato c’è qualcosa di antropologico nel masochismo femminile, il sopportare tutto pur di avere un tetto sulla testa, del cibo e una posizione sociale. Ora in Occidente non abbiamo più queste catene “materialistiche” legate alla sopravvivenza, ma esistono ancora quelle psicologiche.
All’interno della clinica nascono relazioni, sentimentali e sessuali, e a un certo punto anche l’amore, tra un infermiere e una paziente. I tuoi personaggi sembrano chiedere di essere accettati come sono, con amore incondizionato, ma l’amore incondizionato è spesso a sua volta parente stretto dell’abuso, del poco rispetto per sé. È possibile amare in modo sano qualcuno che vive un disagio psichico, e a che prezzo? Potrà mai essere un rapporto paritario?
Certo che ci si può innamorare di un malato psichiatrico. Un bipolare compensato farmacologicamente, per esempio, può avere delle relazioni anche equilibrate (ma esistono relazioni equilibrate?). Certo, ci sono delle attitudini, persone più empatiche che trovano soddisfazione nel prendersi cura del prossimo e persone più bisognose di attenzioni, sono gli incastri di un rapporto, codipendenze le chiamano e io credo che il 90% dei rapporti anche cosiddetti “normali” sia una codipendenza. Vedo poche persone libere che stanno con un’altra persona non per bisogno ma per reale e consapevole scelta. Se un uomo s’innamora di una malata psichiatrica che non si cura (ma anche viceversa), evidentemente anche lui ha delle carenze, dei bisogni di riconoscimento, che non ha avuto. Un desiderio di sentirsi utile, un bisogno d’identità che riconosce solo nel prestare cure, bassa autostima, ed è spesso lui vittima di violenze psicologiche. Anche una comodità: “Ho la moglie matta quindi posso fare quello che mi pare (tradotto: tradirla)”. Sono rapporti complessi dove il ruolo di vittima e carnefice, di malato e infermiere, spesso si rovesciano. “Se non mi ami io non ti curo, se non mi ami io mi ammalo”. Sono ricatti affettivi che possono avvenire all’interno della stessa coppia a fasi alterne. In genere il malato di mente è solo un sintomo della famiglia disfunzionale, tutta la famiglia è malata. Lo stesso vale per le coppie.
I tuoi personaggi sono malati psichici, ma a tratti parlano con grande equilibrio e saggezza. È un espediente letterario o l’hai riscontrato dal vero? Da dove proviene secondo te questa curiosa forma di sapienza folle? È un luogo comune o c’è del vero, nel detto che solo da pazzi si è davvero liberi?
Molti insegnamenti li ho avuti dai “matti”. Nei loro momenti di lucidità possono esprimere concetti profondi o dare importanti lezioni di vita. E poi non sono tutti “non presenti a se stessi”, molti sono coscienti della loro malattia e ne parlano con padronanza e profonda umanità e persino compassione. Altri invece continuano a lamentarsi delle violenze subite da bambini, dei torti, delle sfortune, delle disgrazie, in un loop che racconta sempre la stessa tragica storia e non riescono a uscirne. Nemmeno quella è una colpa. C’è una cosa che dicono spesso gli psicologi: “Chi riconosce di avere un problema e chiede aiuto è già molto più sano di tanta gente che non lo fa, che si ritiene “normale””. Non posso che confermare. Ho conosciuto più “matti” fuori dalle cliniche che dentro.
Un altro elemento ricorrente nel tuo romanzo è l’umorismo. Penso ad esempio a “Orlando, l’uomo che non picchiava le donne con cattiveria”, e a numerosi dialoghi tra le pazienti, di comicità stralunata e tagliente.  Al di là del fatto che è a mio parere uno degli aspetti più riusciti del romanzo, quanto l’umorismo può aiutare a sopravvivere, anche in situazioni difficili come queste? E può diventare anche qualcosa dietro cui nascondersi?
No, l’umorismo è fondamentale, sempre. Salva la vita.
Il tuo romanzo d’esordio, Le ciccione lo fanno meglio, è un best seller. In un certo senso ha precorso i tempi, poiché parlava di fat shaming e di body positive quando non erano ancora termini di moda. Viviamo in un mondo che pretende il bell’aspetto anche per mestieri non d’immagine, e che continua perlopiù a far coincidere la bellezza con la magrezza. Oggi un po’ si eccede pure dall’altra parte, passando dalla schiavitù della taglia 42 (se non di meno) a improbabili elogi dell’obesità, nonostante i problemi oggettivi di salute che porta con sé. In quest’ennesima dualità dei nostri tempi, dov’è a tuo parere il punto di equilibrio in cui collocarsi?
La cura è una scelta (la salute meno perché se ti ammali di tumore al cervello di certo non lo hai scelto). Auguro sempre a me stessa di essere la versione più sana possibile, ma anche che se non ci riesco ciò non deve intaccare la mia capacità di essere felice e di godere della vita. In generale non apprezzo tutta l’attenzione dei media al corpo della donna, sia che sia magro, sia che sia grasso. Hanno un po’ tutti rotto le palle. Lavorerei più sulla formazione dell’identità, sul chi sono io, cosa voglio e come ottenerlo, che sulla taglia che porto. L’obesità è una malattia anche mortale, ci si può convivere ma anche no. Sono, ripeto, scelte. Il movimento delle modelle XXL gnocche, penso alla bellissima Tess Munster, è un po’ ipocrita secondo me. Non tanto per quello che rappresentano queste ragazze, ma per il semplice fatto che non è libertà nemmeno quella, è sempre soggetta a un mercato, a un apprezzamento o non apprezzamento del corpo femminile, insomma siamo sempre lì.
Una curiosità letteraria: da dove viene il mantra che Arianna ripete a sé stessa nei momenti più difficili, “io sono io sono io sono”? Ho letto nei ringraziamenti finali Sylvia Plath, ho pensato alla sua poesia Io sono verticale, che rimanda anche in qualche modo ai fiori del titolo. Ho visto giusto?
Quasi, la citazione viene dal suo romanzo autobiografico La campana di vetro ambientato in parte in clinica psichiatrica.
È passato molto tempo tra il tuo penultimo romanzo, La merla, un noir gotico rurale molto interessante, poi vi è stato il seguito di “Ciccione”, e questo nuovo libro. È stata lunga la gestazione artistica o la storia editoriale, o entrambe? Oggi si parla molto delle difficoltà dell’ambiente letterario, della difficoltà di emergere a prescindere dal merito. La tua penna è, almeno a mio parere, una delle migliori in Italia, e questo ultimo è forse il tuo romanzo più bello. Eppure esordisti con un grande editore, Baldini&Castoldi, e oggi esci con uno piccolo, Pendragon. È stata una scelta o un obbligo? Che cosa è cambiato da allora?
Sono cambiate molte cose. Il pubblico è calato, i lettori sono sempre meno e l’editoria è sempre più in crisi. Le cifre di vendita che ho realizzato con i miei primi romanzi oggi sono considerate esorbitanti. Spesso gli editori stessi le gonfiano per non ammettere che si vende pochissimo. Per quanto riguarda Le radici dei fiori, la gestazione è stata lunga di per sé, perché non è stato un romanzo semplice da scrivere. Poi ho ricevuto il rifiuto di alcuni agenti ed editori. Mi dicevano: “È molto bello, ma la malattia mentale non vende”. Ora si cercano soluzioni facili. Vedo fin troppi scrittori seguire delle “ricette preconfezionate”, quasi dei vademecum per il “romanzo che vende”, e fare prodotti seriali senza alcun coraggio, invenzione e spesso non lasciano niente al lettore che li dimentica dopo poco. Se non scrivi letteratura di genere poi non sanno come definirti. Le case editrici piccole possono anche garantire una buona distribuzione, ma purtroppo è la visibilità sui mezzi di comunicazione che viene spesso a mancare e deve fare tutto o quasi lo scrittore. Organizzarsi presentazioni, trasferte, ecc. Ai tempi della Baldini (oltre dieci anni fa) mi venivano pagati viaggi (anche in aereo), pernottamenti, cene, tutto. Le televisioni e i giornali si occupavano di più di libri. Ora per noi scrittori poco conosciuti è tutto più duro e dispendioso.
Come ultima domanda, ti faccio la stessa che i medici della clinica “Villa Triste” fanno ai loro pazienti: quando è stata l’ultima vota che sei stata assertiva, secondo la splendida definizione di assertività espressa nel libro da uno dei pazienti, e che subito ho fatto mia: “è quando se mi rompono le palle non mi incazzo, faccio valere con calma le mie ragioni”?
Diciamo che tento sempre di essere assertiva, perché l’assertività va allenata giorno dopo giorno. Vediamo… oggi un uomo mi importunava mentre stavo parlando con un mio amico, chiedendomi: “Ma è tuo fratello?”. E io: “No, è mio marito”. Forse più che assertiva sono stata manipolatrice, non so, ma fa lo stesso, è il risultato che conta!
Viviana Viviani
Editing di Luisa Baron
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Un estratto da Le radici dei fiori (Pendragon, 2020)
“Se fossimo nate ricche e nell’Ottocento saremmo state sempre distese su materassi di crine e lenzuola di seta, agitando il fazzoletto con una mano, aspettando la cameriera con i sali… di litio ovviamente. Purtroppo è passata la moda delle languide sfaccendate. Ora siamo qua, in un’epoca tremenda per i malati dell’anima. E sai perché? Perché son pazzi tutti, tutti! Anche quelli che ci curano, quindi come facciamo noi a guarire?”
L'articolo “Ora siamo qua, in un’epoca tremenda per i malati dell’anima. E sai perché? Perché son pazzi tutti, tutti!”. Dialogo con Caterina Cavina. Un viaggio delicato e feroce nel disagio psichico proviene da Pangea.
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