#ora hanno cambiato tutti i personaggi quindi si vede meno
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omarfor-orchestra · 11 months ago
Note
No dico in generale su tante cose, ogni volta si fa sempre il confronto. Oggettivamente non ha senso
Non lo so, dipende da come decidi di sviluppare la serie. Se prendi solo alcune cose che in teoria si collegherebbero ad altre scene che però tu hai dato ad altri personaggi facendo un minestrone poi non si capisce niente.
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sandnerd · 4 years ago
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L’attacco dei giganti - Ep 66 - Assalto
IN ITALIA L’ANIME E’ DISPONIBILE GRATUITAMENTE SULLA PIATTAFORMA VVVVID! SUPPORTIAMOLA! ---->  https://www.vvvvid.it/show/1414/l-attacco-dei-giganti-la-stagione-finale/1538/693879/assalto
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Okay, pronti tutti che questa puntata mi faceva venire l'acquolina in bocca già dalle anticipazioni. Datemi il mio Ackermann preferito che volteggia e gliene da di santa ragione a tutti, compresa quella cocuzza di Eren. Siccome gli autori sanno che ci hanno caricato abbestia con la fine dello scorso episodio, ci ripropongono lo sbigottimento di Porko davanti a questi demoni che con una tranquillità invidiabile puntano a ucciderlo. Le fazioni si schierano, da una parte Eren, protetto da Mikasa, per lei non è cambiato niente da 4 stagioni a questa parte, e tutta la guarnigione di ricerca con in testa Levi, capace di caricare i soldati anche solo respirando. Dall'altra abbiamo il gigante carro, Pieck, padrona della situazione, ha perso dieci minuti per andare a prendere le mitragliatrici perchè aveva previsto che sarebbero state utilissime contro il dispositivo di manovra tridimensionale, quando dico che lei è una dei pochi che ragiona non lo dico a caso; poi abbiamo il gigante mascella, una cocuzza pure lui sostanzialmente, e Zeke, che bello tranquillo passeggia finchè non arriva alla piazza. 
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Falco riemerge da delle mani giganti che lo hanno protetto e si ritrova a guardare dal basso la scena della piazza. La bestemmia contro Eren Yaeger non gliela toglie nessuno, e lo capisco onestamente, ma la sua preoccupazione è Reiner, che sembra impossibilitato a muoversi. La rigenerazione non sembra che stia funzionando, e questo perchè il portatore deve volere vivere, ma Reiner già dalla scorsa puntata aveva implorato Eren di ucciderlo quindi non ha più voglia di continuare ora che vede la speranza della morte così vicina. Sono una manciata di secondi ma sono talmente carichi di commozione che ti ritrovi a piangere senza motivo, Reiner è capace di questo, se un personaggio che prima ti stava sulle scatole ora ti commuove è testimonianza forte di quanto sia scritto bene. Mentre io mi asciugo gli occhi andiamo avanti. 
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Il piano basilare è permettere ad Eren di divorare il gigante martello, impresa non facile perchè a mettere i bastoni tra le ruote ci sono Pieck e Porko, nonchè il cristallo con cui Lara si sta proteggendo e contro cui Eren sta sfracellando i denti, ma la pazienza non ci manca visto che Lara non ha più energia e punta tutto su quel cristallo difensivo. Salutiamo morto uno, due e tre che tentano di uccidere il gigante carro ma vengono uccisi dal gigante mascella. La situazione sembra bloccata, e Pieck calma Porko perchè figurati, staranno finendo i rifornimenti di gas e armi, qui a Marley non hanno depositi nè punti sicuri, finirà che non sapranno più dove rifugiarsi quindi non perdere la testa, la loro priorità è proteggere Zeke, che in battaglia ha il potenziale più alto. Beh ha ragione, è vero che non hanno rifornimenti o rinforzi...non ancora almeno. Zeke qui si sbilancia, afferma che il suo avversario non è Eren bensì Levi. E Pieck mi è sembrata perplessa, lei la testa la usa e le parole di Zeke non la lasciano tranquilla (e fa bene). Ma evitiamo insinuazioni, Levi si sta effettivamente nascondendo e guarda l'orologio, porca miseria avrà mancato il tè delle 5? nascondetevi tutti se è così. 
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Falco e Gabi si ritrovano e Magath è esasperato perchè questi mi usano il campo di battaglia come prato dell'asilo, ma Falco dice a Magath che Reiner si trova dietro la piazza e che ha bisogno di aiuto. Ci spostiamo al porto, la flotta di rinforzo marleyana sta arrivando ma fra loro si insinua una barchetta con una figura incappucciata. Il capitano di una delle navi gli dice di andarsene che non è ora di pescare, ma la figura incappucciata si toglie il cappuccio e salutiamo il più intelligente di tutti, Armin! Che si trasforma generando un’esplosione tale da prosciugare le acque lì vicino e distoglie l'attenzione di tutti quelli che sono in piazza. Orchestrazione perfetta direbbe qualcuno, perchè Levi sfrutta questa distrazione per mettere k.o. il gigante bestia, così si toglie di torno questa seccatura. E non hanno più fatto vedere Zeke, sarà morto? MAGARI. Armin fa qualche passo ma poi esce dal gigante, e guardando la distruzione e le vittime che ha causato non fa a meno di pensare a Berthold e con le lacrime agli occhi chiede se era questo che lui vedeva. Anche qui la lacrimuccia scappa perchè ti rendi conto di quanto un animo gentile come quello di Armin si possa sentire impotente davanti alla crudeltà degli uomini, marleyani ed eldiani, la cattiveria che trasuda dalle azioni di entrambi non risparmia la sofferenza a chi non c'entra niente come i bambini o le famiglie che vorrebbero solo vivere in pace. 
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Intanto nella piazza Sono riusciti ad atterrare il gigante carro dopo che Sasha ha fatto sfoggio della sua immancabile mira, e stanno per dargli il colpo di grazia quando Falco si mette in mezzo per difenderla e fa mancare il bersaglio a Jean, che ha ancora un cuore e non ammazza a sangue freddo un bambino in lacrime. Falco e Gabi portano in salvo Pieck, e Porko si avventa su Eren che si para dai suoi artigli con l'uovo di cristallo che tiene in mano da due puntate, e scopre che il gigante mascella è l'unico in grado di rompere quel cristallo. Eren è una cocuzza ma a volte sa ragionare, e capisce cosa fare. Ancora la situazione in stallo, ma che aspettano quelli della guarnigione per attaccare? La risposta arriva subito dal cielo, perchè le entrate ad effetto le sanno fare, e spunta una fallica macchina volante lunga più o meno 720 chilometri, con a bordo Hange e gli altri, insieme ad Armin, raccattato dalla testa del colossale. I fari fissati sulle case servivano da pista per questo velivolo, avranno una sola opportunità per recuperare tutti e tornarsene a casa, ed Armin lo ripete, dopotutto è stato lui ad ideare il piano, come sempre. 
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Porko tenta di distruggere il dirigibile ma Mikasa gli taglia le gambe e lo scaraventa per terra. Da lì Eren lo prende e gli stacca prima un braccio e poi l'altro, con una lentezza ed una accuratezza dei dettagli orripilante, ma il peggio sta arrivando. Eren ficca in mezzo alle fauci del gigante mascella l'uovo di cristallo, e lo usa come schiaccianoci, finchè l'uovo esplode e il sangue di Lara Tybur finisce tutto in gola ad Eren. Questa scena è quanto di più tremendo possa esistere, ti ritrovi a vedere Porko sconvolto ed impotente che implora di non farlo, Mikasa che guarda la scena in modo triste, rimpiangendo il mostro che Eren è diventato ma che non può far niente per fermare, il suono del sangue che viene inghiottito nel silenzio generale assordante, la crudeltà di Eren che non si ferma davanti a niente e sa bene anche lui che è diventato cattivo ma non per questo cambia il proprio obiettivo...Non so nemmeno descrivere tutte queste sensazioni, è devastante, ti senti svuotato perchè è come se stessi assistendo ad una guerra (ed alla fine è così) a cui non c'è rimedio perchè le parti in gioco ormai sono troppo marce e malate per rendersi conto che se la smettessero arriverebbero molto più facilmente alla soluzione, è una matassa che non fa che ingarbugliarsi perchè a nessuno viene in mente di fare la cosa più semplice: tagliare i fili. 
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Mentre Eren sbatte a terra il gigante mascella per divorare anche lui nel silenzio assoluto Gabi e Falco cominciano ad urlare a squarciagola e a chiamare Reiner per salvarli da questa situazione. E Reiner, che stava finalmente abbracciando felice la morte come una compagna tanto attesa dopo aver sofferto tutta la vita, si rialza alle spalle di Eren e chiede con rabbia perchè non vogliono lasciarlo morire in santa pace. Ed anche qui ti ritrovi a compatire ed empatizzare con Reiner, perchè lui non ha mai voluto tutto questo, lui, così come tutti i bambini eldiani di Marley, è sempre stato plagiato dalla fesseria dei demoni, ha sulla coscienza la morte di Marcel, ha stretto amicizia con tante persone a Paradis, le ha viste morire per colpa sua, ha perfino sviluppato una sindrome schizofrenica per questo...Se c'è un personaggio che merita rispetto è lui, ha una sfilza interminabile di sbagli alle spalle, è un codardo, ma nessuno in Aot è più pentito di lui, e per questo merita tanta stima in mezzo ad innumerevoli personaggi che salgono sui piedistalli e non si passano la mano sulla coscienza nemmeno per sbaglio. Finisce l'episodio, e io piango già per il seguito, ma ciò non mi impedisce di fare ancora una volta l'applauso allo studio MAPPA, che ci porta una puntata fantastica, ogni piano sequenza è strabiliante, le musiche, l'atmosfera, i primi piani dei personaggi, le emozioni che sono letteralmente disegnate...Tutto perfetto. Appuntamento quindi al prossimo episodio, qualcuno mi dia una fornitura infinita di fazzoletti! -sand-  
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perfettamentechic · 5 years ago
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André Courrèges, nato in Francia il 9 marzo del ’23, è stato uno stilista francese. Si laurea in ingegneria civile. Partecipa alla seconda guerra mondiale come pilota di aerei. Tornato dalla guerra, comincia a progettare ponti, e come hobby gioca a rugby e fa scalate in montagna.
Courrèges a differenza di molti stilisti suoi contemporanei non studiò moda ma si laureò in ingegneria civile. Nel 1949 la passione per il design lo porta a farsi assumere come tagliatore dallo spagnolo Cristóbal Balenciaga, che ha l’atelier a Parigi. Nel 1963 apre un salone di alta moda, con la moglie Coqueline Barrière. Le prime presentazioni hanno subito riscosso il successo, ma il vero riconoscimento pubblico arriverà subito dopo l’arrivo dei piccoli stivali bianchi.
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Nel 1965, la casa si trasferisce in 40 rue François 1er a Parigi, dove si trova ancora. Emmanuel Ungaro lavora con lui come assistente. Si fa apprezzare da personaggi celebri (per l’Italia, Gianni e Marella Agnelli), che apprezzano in lui la purezza delle linee e la semplicità dei tagli. “Un design tipicamente automobilistico” dirà qualche sarto. Coco Chanel affonda la lama, suggerendo
che Courrèges toglie sensualità alle donne, per infagottarle in bianchi capi in lana che starebbero meglio indosso alle bambinette di 2 o 3 anni.
In risposta Courrèges rispondeva
che la sua moda ringiovaniva le signore, senza farle ricorrere al bisturi.
Nel gennaio del 1965, la collezione Courrèges rivoluzionò la creazione con le sue linee geometriche, i suoi abiti “trapezio”, i suoi toni acidi, contribuendo al successo della nuovissima minigonna , tagliando “un palmo sopra il ginocchio”. Courrèges accorcia ulteriormente le lunghezze, gioca con materiali e forme. Questa presentazione è un manifesto per i giovani, che promuove un nuovo stile di vita.
Lo stile di Courrèges era considerato futuristico, perché disegnava abiti fatti con materiali all’epoca innovativi e inusuali, come il Pvc e la pelle in vernice. Sceglieva colori molto vivaci, come il rosso e l’arancione, e linee semplici e dritte che cambiarono la tradizionale visione della silhouette femminile, che prima esaltava le curve delle donne.
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Il suo stile incontra il favore del pubblico, e per un decennio sarà uno dei capifila dell’alta moda francese. André Courrèges rende il bianco sacro, quindi moltiplica le variazioni di colore e nuovi materiali come il vinile o il plexi.
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Courrèges fu innovativo anche nel modo in cui presentava le sue creazioni. All’epoca infatti gli stilisti lo facevano con defilé nei propri atelier, mentre Courrèges iniziò a servirsi di filmati girati in luoghi famosi di Parigi o in scenari ispirati a film, come “2001: Odissea nello Spazio”.
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Tra i suoi clienti più famosi c’era Audrey Hepburn, per la quale Courrèges disegnò gli abiti del film Due per la strada, in cui la vestì con uno stile molto diverso da quello bon ton a cui tutti erano abituati.
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Courrèges si ispirò spesso a figure extraterrestri e a paesaggi lunari, tanto che nel 1964 fece uscire la “Moon Girl Collection”, una collezione ispirata alla luna, con abiti e gonne a trapezio, giacchini squadrati e i famosi go-go boots, gli stivaletti bianchi dal tacco basso che da qualche anno sono tornati di moda, rilanciati da altri stilisti.
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Il suo stile rappresentava il mito del futuro e della conquista dello spazio, per questo disegnava spesso sui vestiti lune e stelle stilizzate, oppure oblò che si aprivano sui mini abiti.
La giornalista di moda Alice Pfeiffer racconta in un articolo su Le Monde
i nuovi capi e accessori che Courrèges introdusse nel guardaroba femminile, a partire dalla minigonna: si racconta che venne inventata dalla stilista inglese Mary Quant ma che divenne famosa grazie a Courrèges che la introdusse nelle sfilate di haute couture.
Courrèges è anche l’inventore dei fuseaux, una via dimezzo tra i collant e i pantaloni, portati come una seconda pelle.
Nel 1965 lanciò le famose Lunettes Eskimo, occhiali da sole con lenti molto grandi e una fessura sottile al centro a ricordare una palpebra socchiusa.
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Uno dei suoi capi più distintivi è la “petite robe blanche”, ovvero il mini abito bianco, che propose in molte collezioni e che divenne comunissimo tra le donne negli anni Settanta.
Dagli anni settanta firma anche occhiali, ombrelli, gioielli, profumi, vestiario per l’infanzia e vestiti da sposa.
Negli anni ’70, il marchio aveva 180 punti vendita. Il marchio ha lanciato il suo primo profumo Empreinte. Al momento diventerà uno dei tre profumi più venduti in Francia. La sua linea di abbigliamento sportivo Hyperbole è commercializzata in successione.
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Appassionato di sport, Courrèges ha creato le dieci linee di abbigliamento ufficiali per lo staff delle Olimpiadi estive del 1972. Una collezione per uomo, con abiti larghi e flessibili, fu lanciata nel 1973 con il marchio Courrèges Homme. Un profumo chiamato FH77 è nato nel 1977. Courrèges aprì una boutique a New York, sulla 57th Street 28, poi commercializzò Eau de Courrèges, che sarebbe diventata una fragranza femminile di grande successo. Nel 1979, Courrèges si diversificò in numerosi prodotti e commercializzò una nuova fragranza per donna, America, seguita da In blue nel 1983. Nel 1981 fu venduta una tavola da windsurf, oltre a una gamma di abbigliamento isolante adatto per questo sport.
Nel 1983, il gruppo giapponese Itokin, uno dei due licenziatari del marchio Courrèges in Giappone, acquisto il 50% della maison appartenente a L’Oréal (nel 1964 aveva acquisito delle quote di Courrèges). La casa, che ha cambiato proprietà più volte, tornerà ad André e Coqueline pochi anni dopo.
Nel gennaio 1986, la società Courrèges ha commercializzato una linea Courrèges Men appositamente per il mercato americano. Il designer, che vuole dedicare più tempo al suo dipartimento di Courrèges Design, reclutò nel 1993 Jean-Charles de Castelbajac per disegnare, sotto il suo impulso, due collezioni visionari.
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La fragranza Sweet è apparsa nel 1993, poi Niagara, per gli uomini due anni dopo. L’anno seguente, Generation ha prodotto un profumo per donna, seguito rapidamente dal 2020.
A metà degli anni 1990, il marchio, che sembra essere inattivo, è scomparso dai media per diversi anni. Fu acquistato dal un gruppo giapponese e Coqueline assunse la direzione artistica fino al 2000, mentre sua figlia Marie aprì un caffè, il Café Blanc proprio accanto alla boutique parigina.
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Nel 1997, la maison assunse Paul Deneve come direttore generale per cinque anni e riorienta le varie attività di Courrèges.
Courrèges ha avuto un grande successo per circa venti anni prima di essere più discreta dagli anni ’80. Tre decenni dopo, è rinato grazie all’impulso di due imprenditori che hanno acquistato il marchio, ma anche il patrimonio culturale di esso.
Nel 2010 venne acquistata dai soci Jacques Bungert e Frédéric Torloting, copresidenti dell’agenzia pubblicitaria Young & Rubicam, che ora sono entrambi copresidenti dell’azienda.
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Non conoscevamo questo ambiente, ma la moda, come l’ambiente da cui proveniamo, è un territorio creativo
Nel 2011, in occasione del 50 ° anniversario di Courrèges, hanno rilanciato il marchio, con ristampe di abiti trapezio, giacche in vinile, minigonne e borse colorate; oltre che un negozio online, il digitale è una parte importante della strategia aziendale. Il marchio ha archivi di 25.000 pezzi. Hanno cercato di rilanciare il marchio collaborando con il brand di accessori Eastpak, con l’azienda di acqua Evian e con quella di cosmetici Estée Lauder, attraverso collezioni disegnate da un team creativo interno alla maison.
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Un nuovo profumo, Blanc de Courrèges, viene commercializzato e due vecchi, Eau de Courrèges ed Empreinte, vengono riproposti.
Nel 2013, i designer dell’azienda hanno firmato una capsule collection per il catalogo La Redoute e la sua collezione autunno-inverno 2013-2014.
Nel maggio 2015 Bungert e Torloting hanno affidato la direzione artistica al duo di stilisti Sebastien Meyer, per lo styling,  e Arnaud Vaillant, per lo spot; a settembre hanno presentato la loro prima collezione, quella per la primavera/estate 2016, caratterizzata da body attillati e giubbini in pelle che nei colori e nelle forme rievocavano lo stile di Courrèges.
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Meyer e Vaillant avevano in precedenza fondato l’azienda Coperni, che hanno poi messo da parte per dedicarsi totalmente al nuovo lavoro. Jacques Bungert ha spiegato al giornale di moda Women’s Wear Daily di averli scelti perché
sono incredibilmente talentuosi. Hanno lanciato la propria azienda, il che significa che considerano sia gli aspetti creativi che quelli commerciali nelle cose che fanno, come la vestibilità di ciò che creano. Dal loro lavoro si vede che sono molto appassionati di tessuti e questo è importante per noi, perché da Courrèges il tessuto è il re.
La notte del 7 gennaio del 2016 muore lo stilista André Courrèges, aveva 92 anni ed era malato di Parkinson, come hanno scritto, in un comunicato stampa, la casa di moda Courrèges.
Nel 2017, Courrèges ha lanciato la fragranza Eau Hyper Fraiche, e nel 2018 Mini Jupe, un cenno alle origini del marchio.
Jacques Bungert e Frédéric Torloting hanno lasciato l’azienda all’inizio del 2018. Con una prima collezione fresca e contemporanea, il duo aveva sedotto il pubblico. Però, passato il primo entusiasmo, il marchio transalpino non è mai riuscito a decollare, in particolare all’estero, dove il suo nome è meno conosciuto. A settembre dello stesso anno, Artemis, la holding della famiglia Pinault, che già possedeva il 40% della casa francese Courrèges, assunse il controllo del 100% della maison Courrèges, che era in difficoltà finanziaria.
La Maison Courrèges annuncia la nomina di Yolanda Zobel come sua nuova direttrice artistica.
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La stilista di origine tedesca per parte di padre (un designer di gioielli) e francese da parte di madre, specializzata nel prêt-à-porter donna, sarà operativa per la  collezione primavera-estate 2019. 
Gennaio 2020: Yolanda Zobel lascia la maison. Secondo una comunicazione ufficiale del brand del 3 gennaio 2020:
decisione comune
Tuttavia, arriva dopo alcune sfilate che non hanno ricevuto un’accoglienza buona, dove erano state presentate, nella Collezione primavera/estate 2020, un nuovo vinile a base di alghe; un materiale eco-responsabile che dovrebbe sostituire l’iconico materiale plastico di Courrèges.
youtube
aggiornato al 5 gennaio 2020
Autore: Lynda Di Natale Fonte: courreges.com, ilpost.it, fashionnetwork.com, wikipedia.org, web
André Courrèges - Maison Courrèges #AndréCourrèges #Courrèges #creatordellostile #creatoridellamoda #perfettamentechic #felicementechic #lynda André Courrèges, nato in Francia il 9 marzo del '23, è stato uno stilista francese. Si laurea in ingegneria civile.
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sillyvale · 6 years ago
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Intervista tradotta: We're Hooked on Potter baddie
Sabato 24 novembre 2018
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Di Simon Rothstein, pubblicata nel 2003. Non riuscendo a trovarne traccia online, riportiamo il testo originale dopo la traduzione. Ci limitiamo a tradurre il testo per facilitare il pubblico italiano. Tutti i diritti appartengono ai rispettivi proprietari. Siamo disponibili a rimuovere questa nota qualora gli aventi diritto la ritengano lesiva.
Quando si tratta di cattivi inglesi ad Hollywood, non puoi trovare niente di peggio di Jason Isaacs. Non solo ha tentato di uccidere Peter Pan ed Harry Potter, ma l’attore nato a Liverpool ha anche interpretato un capo ribelle dell’IRA, un ganster gay e un ufficiale dell’esercito inglese sadico, infanticida e che va in giro a incendiare chiese. Ma in un’intervista esclusiva Jason ci racconta che nella vita reale non è altro che un pappamolle al quale ai fan, delusi, passerà la voglia di chiedere un autografo. La star ha anche avuto esperienza del lato oscuro della celebrità, e ci racconta della stalker che ha reso la sua vita un inferno negli ultimi otto anni. E rivela di non essere ancora sposato con la sua partner da 17 anni Emma Hewitt, che lui chiama sua moglie, e che la loro figlia di due anni Lily ha rovinato la sua vita da star. Quindi andate avanti a leggere per scoprire tutto sull’uomo dentro il costume da Capitan Uncino e Lucius Malfoy, incluso il motivo per cui non ne ha mai abbastanza dei baci cinematografici. 
  Cos’è che rende i ruoli da cattivo così allettanti per te?
I ruoli migliori nei film di Hollywood sono sempre quelli da bad guy, mentre gli eroi sono abbastanza insulsi. Quando leggi il copione l’eroe non ha niente di particolare, a parte il fatto che tutte le donne che guardano il film vorrebbero andare a letto con lui. Normalmente non hanno molto da recitare. Sono solo l’irremovibile sex-bomb al centro della storia, mentre i cattivi in genere hanno carattere e creano situazioni estreme. Io non prendo la recitazione troppo sul serio, e la puoi prendere ancora meno seriamente quando ti stai leccando le tue labbra genocidarie... Inoltre non ho scelta riguardo ai ruoli che interpreto, e non penso che le donne guardino i miei film morendo dalla voglia di strapparmi via i pantaloni! Semmai la gente mi vorrebbe vedere gettato in una buca piena di serpenti. Però ho recitato in alcuni ruoli all’estremo opposto – in genere preti o soldati con grande senso della morale.
Sappiamo tutti quanto diabolico tu sia sullo schermo, ma come appari nella vita reale?
Sono un vero sfigato, un pappamolle. Penso che quella roba forte sullo schermo rimarrà solo un sogno irraggiungibile. C’era un tizio che faceva un lavoro di muratura a casa mia, una volta. Telefonai a sua moglie per saldare il conto e lei disse: “Le ha chiesto un autografo?” Fui piuttosto shockato dato che non avevo realizzato che lui sapesse che ero un attore, ma lei disse: “È un suo grande fan. Ha tutta la sua roba su video e foto di lei sul muro.” Dissi: “È strano, perché non ha accennato alla cosa?” E lei rispose: “Oh, beh, probabilmente è perché… oh, non dovrei dirlo.” Dopo che le dissi che non avrebbe urtato i miei sentimenti, rispose: “Beh, è perché è rimasto deluso nell’incontrarla e vedere che era un po’ un mollaccione.” 
Ora ci puoi assicurare che è vero che tutte le ragazze amano il bad boy, specie quelli con accento inglese?
Ho ricevuto diversi strani feedback, mi sono arrivate un sacco di bizzarre fotografie oscene. La gente fantastica sui personaggi cattivi in maniera incredibile. Mi ricordo che girai un episodio dello show per la tv Civvies dove picchiavo mia moglie, e ricevetti lettere da donne che dicevano “Non avrebbe mai dovuto parlarti in quel modo. Amo gli uomini che sanno essere risoluti.” Risposi con il numero di telefono dell’assistenza per le vittime di violenze. Ma le donne che amano i cattivi ragazzi rimangono molto deluse quando mi rivelo essere premuroso e riguardoso, in carne ed ossa – sperano che stia per trascinarle per i capelli in una caverna.
Come hai conosciuto Emma, da quanto siete insieme e che cosa fa lei?
Emma faceva dei documentari, ma ora ha orgogliosamente annunciato che non intende più lavorare finché campa quindi farei meglio a darmi da fare per darle una vita dignitosa. Ci siamo conosciuti alla scuola di arte drammatica, e stiamo insieme da 17 anni. Attualmente non siamo ancora sposati, benché ci chiamiamo l’un l’altra marito e moglie altrimenti la gente lo troverebbe strano. È piuttosto bizzarro chiamare una “la mia ragazza” quando avete un bambino. Io le ho fatto la proposta e, stranamente, Emma ha accettato, ma tutte le volte che cominciamo a pensare di organizzare il matrimonio mi danno una parte. Quindi ci sposeremo un giorno, probabilmente quando Lily tornerà da scuola e dirà: “Voi due dovete sposarvi, mi state davvero mettendo in imbarazzo”.
Come ti ha cambiato il diventare padre?
Vorrei aver creato una famiglia prima, è la cosa migliore che abbia mai fatto. Non so che c**** stessi facendo nei miei trent’anni – ero sempre a cercare il party migliore, un ristorante più stravagante o un percorso più lungo sul campo di golf. Ma ora che ho Lily non esco, sono l’opposto di un vampiro perché mi si vede solo durante il giorno.
Hai passato un periodo davvero difficile con una stalker. Ci puoi raccontare cosa successe?
Ho avuto una stalker negli ultimi otto anni, e l’ho portata in tribunale un sacco di volte per rafforzare l’ordinanza restrittiva. Quando questa scadeva, lei ricominciava a mettersi in contatto con me immediatamente, minacciosamente, ossessivamente e costantemente. Gli amici mi prendono in giro per questo, ma poi spiego com’è avere qualcuno che sta davanti alla tua porta a bussare nelle prime ore del mattino e subito il gelo cala sulla stanza. Non è tutto questo divertimento avere una stalker. È un grosso disturbo per noi e spero che riceva dell’aiuto psichiatrico, l’ultima volta mi sembra ne avesse l’intenzione. Il miglior consiglio che ti può dare la polizia è “muoversi tra varie case, cambiare tutti i tuoi numeri di telefono e cambiare lavoro”. Ma nessuna di queste cose si applica ad un attore. Avevo considerato l’idea di fare teatro, ma poi lei è semplicemente venuta in teatro. Sono stato in America e in Australia per un anno e mezzo e quando ho lasciato l’Inghilterra lei era sotto un’altra ordinanza restrittiva. Ma non so quello che succederà in futuro. È un bel po’ di strada per lei adesso, allora eravamo solo a due ore di treno da dove abitava prima in Inghilterra. Quello che era davvero strano è che stavo via di casa per sei mesi o un anno a girare film e poi ricominciava tutto di nuovo il giorno stesso in cui tornavo. Ho pensato: “Wow, se ne sta tutti giorni a guardare nella mia strada?” Non sapevamo chi fosse i primi anni, prima che la polizia la rintracciasse. Ora fa un certo effetto sapere il suo nome, indirizzo e storia personale. Cominci a pensare, “Magari potrei cominciare a perseguitare TE”. Ma in quel momento cominci a diventare matto come loro. 
È strano andare su Internet e vedere centinai di siti dedicati a te?
Assolutamente. Se avessi tanto successo quanto suggerisce la mia presenza su Internet sarei un incrocio tra Tom Cruise e Marilyn Monroe. Si trova perfino un pupazzetto di me nei panni del travestito di Sweet November. Ricevo le lettere di fan più carine che si possa immaginare. E quando sono in lista per un premio, tutti i miei fan votano on-line e poi si vantano tra di loro di quante migliaia di volte hanno cliccato il mio nome. Le loro dita staranno sanguinando! I miei fan sono davvero fantastici. Fanno dei lavori a maglia per me e mandano regali per Emma e Lily. Mi sento in colpa perché non m’impegno seriamente a rispondere alla posta dei miei fan o a fare qualcosa di più che mandare solo fotografie, specialmente da quando è successo il fatto della stalker. Non sono disposto a spedire risposte personali perché se uno su 10'000 dà di matto allora è meglio non rispondere del tutto. È un vero peccato perché gli altri 9'999 sono persone veramente adorabili. Negli USA un sacco di star non rispondono alla posta dei fan come politica personale proprio per questa ragione. Ma quando ogni tot anni trovo qualcuno che mi aiuti a sbrigare gli arretrati, la maggior parte della gente che riceve una risposta o ha completamente dimenticato chi sono o sta in una casa di riposo. 
Peter Pan ha avuto un enorme successo al botteghino e sembra destinato ad averlo anche in DVD. Perché pensi che sia una storia così longeva?
Perché tutti sono spaventati dall’idea di invecchiare. Quando sei un bambino, da una parte non vedi l’ora di diventare grande, ma dall’altra questo ti terrorizza. Poi quando cresci non sei del tutto sicuro di come comportarti, dato che non ti senti davvero maturo, in quel momento. Penso che la storia funzioni perché non tratta i bambini in maniera paternalista, fu scritta in un’epoca in cui si pensava che non si dovesse per forza essere gentili con loro. Quindi è abbastanza brutale e dark e i bambini della storia sono egoisti e cattivi. Lo stesso Peter Pan è un personaggio piuttosto perfido, infatti quando il libro fu scrito per la prima volta non c’era nessun Capitan Uncino – Peter Pan era sia il buono che il cattivo. In più la storia ha sempre funzionato per ogni fascia d’età. Quando ho visto il film con un gruppo di altre persone, ai bambini di 3-4 anni sono piaciute la bella fotografia e le fate, quelli di 7 anni hanno apprezzato le scene di combattimento con le spade e i 12enni erano completamente assorbiti dalla storia romantica tra Peter e Wendy. Poi c’erano gli adulti che stavano piangendo dalla nostalgia per la loro perduta giovinezza – e i ragazzini non riuscivano a capire che diavolo prendesse ai loro genitori! 
Ti è piaciuto lavorare con Jeremy Sumpter – il giovane attore che interpreta Peter?
Sì, è stato grande, finché non mi ha quasi ucciso. Stava sempre a chiedere di usare spade di metallo, che sono molto più leggere delle spade di sicurezza avvolte in gomma che io insistevo per usare. Avevo vinto la discussione, e un istante dopo ci fu un terribile incidente, in cui se avessimo usato spade vere uno di noi sarebbe rimasto decapitato o accecato. Jeremy è un ragazzo molto dolce e fu davvero affranto… fino alla mattina dopo. Allora fu come se niente fosse successo e ricominciò a chiedere di usare le spade vere. Una volta mi colpì di brutto! Fece una doppia piroetta e un doppio rovescio con la spada e mi prese dritto in faccia. I miei piedi si staccarono dal suolo, volai all’indietro dall’altra parte della nave e la mia testa si gonfiò immediatamente come una zucca. Non potemmo riprendere per tutto il resto della giornata, e il povero ragazzo era emotivamente addolorato più di quanto io lo fossi fisicamente. Non era colpa sua – certe volte le cose vanno male nelle coreografie di combattimento – ma si sentiva incredibilmente colpevole. Poi la mattina dopo dovemmo riprendere da dove avevamo lasciato e lui ricominciò immediatamente con il solito “Dai, usiamo le spade vere!”
È stato difficile lavorare con un cast di bambini? È stata dura tenerli su di giri?
Le cose si fanno molto lunghe con i bambini se questi non hanno tutti la stessa capacità di recitare, ma quando prendono il ritmo sono assolutamente fantastici. Una delle cose complicate di Peter Pan fu la legge sul lavoro che imponeva che i bambini potessero girare solo per un numero limitato di ore. Quando si arrivò a dover volare – che è davvero doloroso – ero lassù in aria che dondolavo in giro quando Jeremy volle fare una pausa e fu rimpiazzato dalla sua controfigura. Così io me ne stavo lassù tutti i giorni sospeso per le mutande in un enorme spartichiappe, mentre Jeremy era fuori a giocare a basket. Quand’ero alla scuola di Arte Drammatica facevo abitualmente l’intrattenitore alla feste per i bambini, e di questo ho fatto buon uso sul set. È un’impresa piuttosto ardua fare un grande film come questo e si può creare della tensione, così sentii che era mia responsabilità accertarmi che i bambini si divertissero. Diventai il clown del set. Ogni volta che potevo cadere, cadevo e chiunque potesse essere preso in giro, lo prendevo in giro. Specialmente le persone più serie, per le quali inventai soprannomi osceni. C’era un pirata enorme e davvero spaventoso, grosso come Arnold Schwarzenegger, che rinominai “tette da maschio”. Ho cercato e trovato un modo diverso per dire “seno” in ogni singola frase, che dicevo forte sperando che lui non lo notasse, mentre i bambini piangevano dal ridere. Non l’ha mai scoperto. Se chiedesse qualcosa io non ve ne ho mai parlato, ok?
Sei preoccupato che i bambini più piccoli ti odino ora che hai tentato di uccidere Peter Pan e Harry Potter? E se potessi sceglierne uno, quale uccideresti?
No, i bambini amano il cattivo, è quello che vorrebbero essere. Vogliono il costume di Capitan Uncino per mascherarsi da pirata. E poi ho interpretato anche il dolce padre di Wendy, Mr Darling – e somiglio molto di più a lui che ad Uncino. Se potessi scegliere ucciderei Harry Potter, perché Lucius Malfoy non vede l’ora di vederlo morto. Capitan Uncino non vuole veramente uccidere Peter Pan, perché non ha la minima idea di quello che farebbe dopo. Si alimentano l’uno con l’altro. Dovete porvi questa domanda – come si chiamava prima che perdesse la mano? Inviate la risposta su una cartolina, grazie.
Com’è Capitan Uncino rispetto ad altri cattivi cinematografici? Quali sono i tuoi cattivi preferiti in assoluto?
Capitan Uncino non è realmente così malvagio, mi dispiace per lui – è solo un perdente! Prima ancora che la storia cominci ha già perso la mano, quindi è chiaro che non è proprio un asso della scherma. E i soli che riesce ad ammazzare sono i suoi stessi pirati. Sono stato davvero fortunato a poter interpretare questi grandi cattivi. Quello che mi spaventava di più quando ero bambino era il Child Catcher di Chitty Chitty Bang Bang. È per questo che ho cercato di dare a Lucius Malfoy un tono lamentoso, perché la sua voce ha risuonato per tutta la mia infanzia. Ero spaventato anche dalla Strega Malvagia dell’Ovest, ma adesso mia figlia di due anni guarda Il Mago di Oz e le è completamente indifferente, pensa che sia divertente. Così ora mia figlia sa che razza di pappamolle sono.
Lily ha già visto qualcuno dei tuoi film? È spaventata da te?
Eravamo in un centro commerciale quando aveva circa 19 mesi e stavano dando Peter Pan. Vedemmo la scena in cui i bambini stanno volando e a lei piacque e cominciò ad urlare, “Guarda – bambini e bambine che volano in cielo!” Poi comparve Capitan Uncino, ed io pensai “Sarà meglio che esca, potrebbe agitarsi”. Ma si intravide per un secondo e lei urlò, “Guarda – papà mascherato!” Non sono preoccupato che Lily sia spaventata da me, ma che lei ed Emma prima o poi realizzino che sono patetico e siano imbarazzate dal mio (piuttosto stupido) lavoro.
Il ruolo che ti ha fatto scoprire in America è stato quello dell’ufficiale britannico ne Il Patriota con Mel Gibson, dove hai ucciso bambini e incendiato chiese. Non ti sei mai preoccupato di dare una brutta reputazione di noi inglesi?
Diavolo, no. Era piuttosto strano per me il fatto che quando ho cominciato a rilasciare interviste per il film in America la gente mi facesse sempre la stessa domanda, “Pensi che questo ti farà diventare impopolare in Gran Bretagna?” Sul momento pensai “non diciamo stupidaggini”, non è mai stato un reato bruciare la bandiera in Inghilterra, conosciamo benissimo molte delle cose che ha fatto il nostro impero e penso che molta gente se ne vergogni abbastanza. E in un film sulla guerra di Indipendenza chi saranno i cattivi, se non gli Inglesi? Non è una storia sui trafficanti di droga colombiani! Ma mi sbagliavo e mi piovve addosso un sacco di m**** quando tornai. È stato bizzarro anche perché il personaggio che interpretavo era vagamente ispirato su un soldato inglese realmente esistito il cui soprannome era “Il Macellaio”, e che divenne famoso per il fatto di massacrare tutti i suoi prigionieri. Quindi non è che stessi interpretando Gandhi mentre facevo tutte quelle cose. 
Eri già un fan dei libri di Harry Potter prima che ti dessero la parte di Lucius Malfoy?
No, infatti pensai che fosse un po’ strano. Ancora non riuscivo a capire perché così tanti adulti leggessero libri per bambini. In realtà lo feci per Lily e i miei figliocci. Lily non sapeva neanche parlare, era ancora nella pancia di Emma, ma i miei sette figliocci mi spronarono molto. Stavo pensando di non accettare il ruolo, ma appena lo seppero mi telefonarono tutti insieme assolutamente furiosi, sputando sangue. La minaccia che usarono contro di me fu “Lily non ti perdonerà mai quando crescerà”. Così lessi i primi quattro libri, e sono fenomenali. Sono stato sveglio per due notti di seguito e li ho letti tutti dall’inizio alla fine. È stato come mangiare quattro enormi tavolette di cioccolato e poi abbassare lo sguardo sugli incarti e pensare, “ma che diavolo è successo?” Ora tutte le volte che esce un nuovo libro nessuno di noi attori riesce ad aspettare un minuto prima di metterci le mani sopra. Fingiamo che sia perché vogliamo vedere come procede la storia ma quello che stiamo veramente pensando è “ma io ci sono”?
Il tuo personaggio non c’è in Harry Potter e il prigioniero di Azkaban. Ritornerai per il quarto o il quinto film?
Faccio una piccola apparizione nel quarto film, per ricordare alla gente che esisto ancora, ed ho un po’ più da fare nel quinto film. Per essere onesto avevo pensato che non volevo esserci del tutto nel quarto film, ma sarà carino tirare fuori la parrucca dalla naftalina ed iniziare il lento riscaldamento per il quinto film dove ho un po’ di roba abbastanza piccante e interessante. Sto aspettando con ansia di girarlo, sempre che tutti gli altri siano d’accordo nel farlo. Per quel che ne so i ragazzi potrebbero essere sposati e con figli loro. 
C’è stata della competizione sul set di Harry Potter tra te e Alan Rickman su chi dei due sia il più cattivo?
Oh no, mi chinerò sempre a baciare la suola dei suoi stivali. Penso che sia assolutamente sensazionale. Ma il Professor Piton non è tanto cattivo quanto Malfoy.
Tu, Alan e gli altri attori inglesi passate del tempo insieme quando siete ad Hollywood?
No, non proprio. L’ultima cosa che vuoi fare quando arrivi ad Hollywood è appiccicarti a qualcuno che ti chiami per una birra calda e per guardare il campionato di calcio alle quattro del mattino. Non sono più andato a trovare i miei amici – siamo sparsi per tutto il mondo a fare cose diverse – quindi grazie, Dio, per Internet e i messaggi istantanei.
Secondo uno dei tuoi fan site, sei morto sullo schermo 14 volte, inclusa la doppietta nello show per la TV Taggart. Hai una morte preferita?
Mi piace Event Horizon (Punto di non Ritorno), tutte le volte che ho lavorato con il regista Paul Anderson lui ha sempre trovato un bel modo di uccidermi. Essere completamente sventrato e avere i tuoi organi strappati fuori – come mi succede in Event Horizon – è davvero meraglioso. Ne fecero anche delle inquadrature più macabre in primo piano che non furono incluse nel film, perché la gente ammutoliva mentre le guardava al test screening ed era così disgustata che restava distratta per il resto del film. Ho una morte grandiosa anche in una serie tv britannica chiamata Dangerous Lady. È una storia di gangster nella quale io interpreto un criminale gay e Susan Lynch interpreta mia sorella. Sono morto con lei che piangeva su di me e le sue lacrime che si infrangevano sul mio viso quando ho esalato l’ultimo respiro. La sua performance fu così fantastica che tira le quoia fu quasi bello. L’episodio di Taggart fu un grande punto di svolta nella mia carriera perché dovevo interpretare due gemelli identici, uno buono e uno cattivo, e prima avevo interpretato solo dei buoni.
Hai fatto il pieno anche di baci cinematografici, qual è il tuo preferito?
Oh, santo cielo! Sono tutti baci gratuiti, e per un uomo che ha una relazione di 17 anni, sono stupendi! Mi piacciono tutti, anche il bacio appassionato con Daniel Craig nello spettacolo teatrale Angels in America fu un bacio gratuito. Ho appena girato alcuni episodi di The West Wing nel quale Donna mi considera un bel pezzo di figo – così ho baciato appassionatamente Janel Moloney. Lo show è sensazionale, è il miglior programma della tv americana. Nello show Donna e Josh sono la coppia della grande storia d’amore impossibile, ma improvvisamente io ci metto il dito. Potrebbe diventare il mio ruolo più impopolare! Persino mentre la stavo baciando potevo immaginare me stesso che guardavo la scena urlando “noooo!”
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Articolo originale:
We're Hooked on Potter baddie
  By SIMON ROTHSTEIN (2003)
  When it comes to British villains in Hollywood you don't get much badder than Jason Isaacs. Not only has he tried to kill Peter Pan and Harry Potter, but the Liverpool born actor has also played an IRA warlord, a gay gangster and a sadistic baby-killing church-burning army officer. But in an exclusive interview Jason told us he is such a wimp in real-life that disappointed fans won't even ask for an autograph. The star has also experienced the darker side of fame, telling us about the stalker who has made his life hell for the last eight years. And he revealed why he's still not married to his partner of 17 years Emma Hewitt, who he calls his wife, and how their two-year-old daughter Lily has ruined his celebrity lifestyle. So read on to find out all about the man inside Captain Hook and Lucius Malfoy's costumes, including why he can't get enough of on-screen kisses.
What makes villainous roles so appealing for you?
The best roles in Hollywood movies are always the bad guy, as heroes are pretty bland characters. When you read a script the hero doesn't have anything about him other than the fact that all the women watching the film should want to sleep with him. They don't normally get to do much acting. They're just the rock steady sex-bomb at the heart of the story, whereas the bad guys usually have extreme characters and situations. I don't take acting very seriously, and you can take it even less seriously when you're licking your genocidal lips. Also I don't have a choice about the roles I play, as I don't think women watch my films desperate to rip my clothes off! People would rather see me thrown into a pit full of snakes. I have played a few roles at the very opposite end of the spectrum though – usually priests or very moral soldiers.
We all know how evil you are on screen, but what are you like in real life?
I'm a real pushover and a wimp. I think the tough stuff on screen is just wishful thinking. I had a guy doing building work at my house once and I phoned his wife to settle the bill and she said: "Did he ask you for an autograph?" I was rather shocked as I didn't realise he even knew I was an actor, but she said: "He's a big fan of yours. He's got all your stuff on video and pictures of you on the wall." I said: "That's weird, why wouldn't he mention it?" And she replied: "Oh well, it's probably because… I better not say." After I said it wouldn't hurt my feelings she told me: "Well it's because he was disappointed meeting you, as you were a bit of a wimp." 
Have you found it's true that every girl loves the bad boy – especially those with British accents?
I do get some strange responses, I've been sent lots of bizarre obscene photographs. People fantasise about bad characters to an amazing degree. I remember doing an episode of the TV show Civvies where I beat my wife, and I got letters from women saying, "she should never have spoken to you like that. I love a man who is firm". I wrote back with the phone numbers of battered women's charities. But the women that love bad boys are very disappointed when I turn out to be caring and considerate in the flesh - they hope that I'm going to drag them by their hair into a cave.
How did you meet Emma, how long have you been together and what does she do?
Emma was a documentary maker, but she's now proudly announced that she's never going to work again as long as she lives so I better make a decent living. We met at drama school, and have been together for 17 years. We're not actually married, although we call each other husband and wife otherwise people get rather peculiar. It seems a bit weird to call someone your girlfriend when you have a child. I have proposed and, bizarrely, Emma accepted, but every time we think about arranging a wedding I get a job. So we will get married one day, probably when Lily comes back from school and says: "You two have to get married, you're really embarrassing me."
How has fatherhood changed you?
I wish I'd started a family earlier, it's the best thing I've ever done by far. I don't know what the f*** I was doing in my 30s - I was always chasing a better party, a more extravagant restaurant or a longer drive on the golf course. But now I've got Lily I don't go out, I'm the opposite of a vampire because I'm only seen during the day. 
You've had a very difficult time with an obsessive female fan? Can you tell us what happened?
I've had a stalker for the last eight years, and I've had her taken to court a number of times to enforce restraining orders. When they wear off, she starts getting in contact again immediately, threateningly, obsessively and constantly. Friends make jokes about it, but then I explain what it is like having someone standing outside your door banging in the early hours of the morning and suddenly a chill goes over the room. It's not that much fun having a stalker. It's very disturbing for us and I hope she gets some psychiatric help, but she was meant to have that last time. The best advice the police can give is "move houses, change all your phone numbers and switch jobs". But none of that applies to an actor. I toyed with the idea of doing theatre, but then she'd just come to the theatre. I've been in America and Australia for a year and a half and when I left England she had another restraining order put on her. But quite what will happen in the long run I don't know. It's a long way for her to come, but then we were a two-hour train ride from where she lived in England before. What was really strange was I'd be away from home for six months or a year filming and then it would start again the day I got back. So I thought: "Wow, is she just standing in my street every day watching?" We didn't know who she was for the first few years, until the police caught her. Now it's weird knowing her name, address and life story. You begin to think, "maybe I should start stalking you". But then you start becoming as mad as they are.
Is it strange going on the Internet and seeing hundreds of fan sites dedicated to you?
Definitely. If I was as successful as my presence on the Internet suggests then I'd be a cross between Tom Cruise and Marilyn Monroe. There is even a doll available of me in drag in the film Sweet November. I get some of the nicest fan mail you could imagine. Also when I'm up for an award, my fans all vote online and then they'll boast to each other about how many thousands of times they've clicked my name. Their thumbs must be bleeding! My fans really are fantastic. They knit things for me and send presents to Emma and Lily. I feel guilty because I don't get around to answering fan mail or do more than just send photographs, especially since the stalking thing happened. I'm loath to send personalised replies because if one in 10,000 turns into a loony then you're better off not answering at all. It's such a shame because the other 9,999 are really lovely people. In America a lot of stars don't answer any fan mail ever as a matter of policy for that reason. But once every few years I get somebody in to help me clear the backlog, so most of the people who get a reply have either completely forgotten who I am or are in geriatric homes.
Peter Pan was a huge box office hit and looks set to be a smash on DVD too. Why do you think it is such an enduring story?
Because everybody is scared of getting old. When you're a kid, on the one hand you're desperate to be older, but on the other you're terrified of it. Then when you do get older you aren't really sure how to behave, because you don't actually feel old. I think the story works because it doesn't patronise kids, it was written in an era when they didn't think that you should be gentle with them. So it's really quite vicious and dark and the children in it are selfish and villainous. Peter Pan himself is quite a mischievous character, in fact when the book was first written there was no Captain Hook – Peter Pan was the bad guy and the good guy. Also the story has always worked for every age group. When I saw the movie with a group of people, the three and four-year-olds loved the pretty pictures and the fairies, the seven-year-olds really liked the sword-fighting and the flying and the 12-year-olds were completely into the romance between Peter and Wendy. Then there were the grown-ups who were crying with nostalgia and loss of youth – and the kids didn't know what the hell was going on with their parents!
Did you enjoy working with Jeremy Sumpter – the young actor who played Peter Pan?
Yes, he's great although he did nearly kill me. He would always ask to use metal swords, as they were much lighter than the 'safe' swords wrapped in rubber I insisted on using. I would win the day, then instantly afterwards there would be some terrible accident where if we'd used metal swords one of us would have ended up decapitated or blinded. Jeremy is a very sweet boy and he'd be really distraught and apologetic… until the next morning. Then it would be as if it never happened and he'd want to use metal swords again. One time he knocked me out cold! He did a double-pirouette and a double-backhand with the sword and hit me right in the face. My feet left the ground, I flew backwards towards the other side of the ship and my face immediately blew up like a pumpkin. We couldn't film for the rest of the day, and the poor kid was in worse emotional pain than I was physical pain. It wasn't his fault – things go wrong in fights all the time – but he felt so incredibly guilty. Then the next morning we had to continue where we left off and he immediately went into his "come-on, let's use metal swords" routine.
Was it difficult working with a cast of children? Was it down to you to keep them entertained?
Things take a lot longer with children as they don't have the same skills at faking it, but it means when they get it right they're absolutely fantastic. One of the tricky things on Peter Pan was that labour laws meant the children could only work for limited hours. When it came to flying – which is really painful – I was up in the air hanging around while Jeremy would take a break and be replaced by his double. So I'd be up there all day suspended by my undies with a giant wedgie, while Jeremy was off playing basketball. When I was at drama school I used to be an entertainer at children's parties, and I put that to good use on set. It's a pretty serious endeavour making a giant movie like this and things can get tense, so I felt it was my responsibility to make sure the kids had a really good time. I became the set clown. Anything I could fall over, I fell over and anybody that could be made fun of I made fun of. Especially the more serious people, who I made up obscene nicknames for. There was a huge very scary pirate, built like Arnold Schwarzenegger, who I called "man breasts". I'd try and find a way to fit a different word for breasts into every single sentence I said out loud hoping he wouldn't notice, while the kids cried with laughter. He never found out, I wouldn't be talking to you if he had!
Do you worry young kids hate you now you've tried to kill Peter Pan and Harry Potter? And if you could take one of them out who would it be?
No, kids love the bad guy, that's who they want to be. They want the Captain Hook costume and to dress up as pirates. Also I played Wendy's sweet dad Mr Darling - and I look more like him than Hook. If I had the choice I think I'd kill Harry Potter, because Lucius Malfoy is desperate to see the end of him. Captain Hook doesn't really want to kill Peter Pan, because he doesn't have a clue what would happen to him. They live and feed off each other. You have to ask yourself this question – what was his name before he lost his hand? Answers on a postcard please.
How does Captain Hook compare to film's other famous baddies? Who are your all-time favourite villains?
Captain Hook really isn't that evil, I feel sorry for him - he's such a loser! Before the story even begins he's already lost his hand, so he's clearly not that much cop in the sword-fighting stakes. And the only people he manages to kill are his own pirates. I've been really lucky to play some great bad guys. The one that scared me most when I was a kid was the Child Catcher in Chitty Chitty Bang Bang. That's why I tried to give Lucius Malfoy a whining tone, because that voice resonated throughout my childhood. I was also scared of The Wicked Witch Of The West, but now my two-year-old daughter watches The Wizard Of Oz and is completely unperturbed by her, she thinks she's funny. So now my daughter knows how much of a wimp I am. 
Has Lily seen any of your films yet? Is she scared of you?
We were in a shopping centre when she was about 19 months and Peter Pan was playing. We saw the scene where the kids were flying and she loved it and started shouting, "look – boys and girls flying in the air!" Then Captain Hook came on, and I thought "I better get out as this will be scary for her". But it came on for a second and she shouted, "look – daddy dressed up!"I'm not worried that Lily will be scared of me, but that her and Emma will think I'm pathetic and be embarrassed of my rather stupid job. 
Your breakthrough role in America was as a British officer in Mel Gibson's The Patriot where you killed babies and burned down churches. Did you ever worry about giving us Brits a bad name?
Oh hell no. It was rather weird for me as when I started doing interviews for the film in America people asked me the same question, "do you think this is going to make you unpopular in Britain?" At the time I thought "don't be silly", as it's never been an offence to burn the flag in England and we know full well some of the things our Empire did and I think a lot of people are rather ashamed of it. And in a film about the American War Of Independence who are going to be the bad guys, if it's not the Brits? It's not a story about Columbian drug lords! But I was wrong and I hit a complete sh**-storm when I came back. It was more bizarre as the character I was playing was loosely based on a real-life English soldier whose nickname was The Butcher and became famous for slaughtering all of his prisoners. So it's not like I was playing Ghandi and doing all those things.
Were you a fan of the Harry Potter books before you took on the role of Malfoy?
No, in fact I thought it was rather weird. I couldn't really understand why so many adults seemed to be reading children's books. I actually did the role for Lily and my godchildren. Lily wasn't quite speaking at that time, she was still in Emma's tummy, but my seven godchildren pushed me into it. I was thinking of not doing the role, but when word got out they all phoned me up absolutely furious and spitting blood. The threat they used against me was, "Lily will never forgive you when she grows up". So I read the first four books and they are phenomenal. I stayed up for two nights running and read them all from cover to cover. It was like eating four enormous bars of chocolate and then looking down at the wrappers and thinking, "how the hell did that happen?" Now each time a new book comes out we all can't wait to get our hands on it. We pretend it's because we want to see where the story is going but what we're really thinking is "am I in it?"
Your character isn't in Harry Potter And The Prisoner Of Azkaban, but are you coming back for the fourth or fifth films?
I make a tiny cameo appearance in the fourth film, to remind people that I still exist as I have a bit more to do in the fifth one. To be honest I thought I wouldn't get to be in the fourth film at all, but it will be nice to get the wig out of mothballs and start the slow warm-up for number five where I have some rather juicy and lovely stuff. I'm looking forward to it, as long as everyone else agrees to do it. For all I know the kids could be married with children by then.
Was there any competition between you and Alan Rickman on the set of Harry Potter over who is the most evil?
Oh no, I would always lie down and lick the bottom of his boots. I think he's absolutely sensational. But Professor Snape is not as evil as Malfoy is.
Do you, Alan and all the other British actors stick together in Hollywood?
No, not really. The last thing you want to do when you arrive in Hollywood is hook up with someone who takes you for a warm beer and to watch Premiership football at four in the morning. I never get to see my best friends anymore – we're spread all over the world doing different things - so thank god for the Internet and instant messaging.
According to one of your fan sites you've died on-screen 14 times including twice in the TV show Taggart. Do you have a favourite death?
I liked Event Horizon, every time I worked with the director Paul Anderson he'd always try and find a great way to kill me. To be completely gutted and have your organs pulled out – as happened to me in Event Horizon – is rather marvellous. They did much more gruesome close-up shots of it that weren't included in the film, because people gagged watching them at the test screening and were so revolted by it they were distracted for the rest of the movie. I also had a great death in a British TV series called Dangerous Lady. It was a gangster show where I played a gay crime lord and Susan Lynch played my sister. I died with her crying over me and her tears splashing down on my face as I exhaled my last breath. Her performance was so fantastic it made dying almost beautiful. That Taggart episode was a big turning point in my career as I got to play identical twins, one good and one bad, and before then I'd only played good guys.
You've had plenty of on-screen kisses too, what's your favourite?
Oh blimey! They're all free kisses and for a man who has been in a relationship for 17 years they're marvellous! I love them all, even snogging Daniel Craig in the play Angels In America was a free kiss! I've just filmed some episodes of The West Wing, where I'm a little bit of totty for Donna – so I've been snogging Janel Moloney. The show is sensational, it's the best programme on American telly. In the show Donna and Josh are the great unconsummated love story, but I suddenly stick my oar in. It could be my most unpopular role yet! Even when I was kissing her I could imagine myself watching it screaming "noooo!"
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pangeanews · 5 years ago
Text
“Non amo comandare, non mi prendo sul serio, disprezzo i narcisisti, adoro Gaber, la politica mi sta sui cogl@@@@ e resto sempre un disgraziato di provincia”: Vittorio Feltri si confessa a Matteo Fais
C’è sempre una buona scusa per intervistare Vittorio Feltri: un suo libro, una dichiarazione, una lezione di stile. E anche quando non c’è, vale la pena inventarsela. Ascoltarlo è un’esperienza. Ogni intervista è, in prima istanza, uno spettacolo che allestisco, con la sua complicità, per me stesso. Certo, poi, penso anche a portare a casa qualcosa per i lettori. Prima di tutto, però, desidero divertirmi e non si può certo dire che lui mi neghi questo piacere. Questa volta il pretesto è la recente uscita di L’irriverente. Memorie di un cronista (Mondadori, 2019), in cui l’ultimo grande giornalista italiano continua a raccontare, come era stato anche con il precedente Il borghese, di personaggi e situazioni che hanno segnato la sua esistenza umana e professionale. Naturalmente, come sempre capita con una mente vulcanica, si parte con l’idea di attenersi a un tema, ma la genialità non si fa contenere e si ribella a qualsiasi richiesta stringente che voglia limitarla. Una cosa, comunque, è certa: anche questa volta, Vittorio Feltri è stato superlativo.
Direttore, il suo testo si intitola L’irriverente eppure, anche rispetto ai precedenti, lei sembra essere diventato, come dire, più sentimentale. Dalle sue righe, soprattutto quando racconta certi periodi dell’infanzia, di sua madre e suo padre, dei suoi gatti, traspare quasi un senso di dolcezza. È lei a essere cambiato, oppure anche il suo sentimento è irriverente?
Questo non lo so. Io sono una persona normale, ma senza inibizioni, che scrive ciò che ha in testa. Non mi faccio tante domande. Sentimentale non lo sono mai stato granché, però è chiaro che se evochi certe situazioni… Io, comunque, non cerco mai di mettermi al centro della scena. Mi basta trasmettere qualche emozione al lettore.
Mi ha colpito molto l’incontro che descrive nel libro con il Direttore Maurizio Belpietro – allora un semplice giornalista –, alla redazione di “Bergamo Oggi”. Mi piacerebbe che fosse lei stesso a raccontarcelo.
L’incontro fu divertente. Mi ricordo che entrai in un giornale disadorno e sull’orlo del fallimento, con un animo non particolarmente entusiastico. I giornalisti erano pochi e tutti tristi, convinti di dover celebrare a breve il loro funerale. Tra questi c’era un signore con degli occhiali molto spessi, un miope incredibile – successivamente si sottopose a un intervento chirurgico e ora ci vede benissimo, beato lui. Mi incuriosiva questo soggetto vestito in un modo diciamo un po’ particolare – perché è vero che l’abito non fa il monaco, però è la prima cosa che noti di una persona. Dopo qualche giorno capii che era assolutamente uno affidabile e cominciai a esaminarlo, ad affidargli qualche compito più importante che lui eseguì ogni volta in modo brillante. Da lì in poi divenne uno dei miei uomini di fiducia e lo portai con me quando diventai direttore di “L’Europeo”, poi a “L’indipendente” e infine a “Il Giornale” di Montanelli. Naturalmente, Belpietro maturò, diventò un bravo giornalista e mi sembra che lo sia tutt’ora.
Ma cosa la colpì, in prima istanza, del giovane Belpietro?
Mi colpì il fatto che fosse abbastanza taciturno e che trascorresse i pomeriggi chino sulla scrivania, senza rompere i coglioni – il che è una dote rara. Eseguiva il suo lavoro in modo egregio. Perciò, da quel momento, gli riservai una particolare attenzione. Credo di non aver sbagliato nella valutazione.
Meglio dirigere un giornale, o trovarsi in uno dei vari ruoli che ha ricoperto al “Corriere”?
Il lavoro che ho fatto più volentieri è stato quello dell’inviato, perché godevo della fiducia della Direzione e perciò facevo come preferivo. Presentavo delle proposte, tre alla settimana di solito. Due venivano bocciate, la terza approvata. Mi dedicavo a questa con grande passione e impegno. Credo che ciò si notasse dalla qualità del prodotto finale. Ancora oggi, quando vado a vedere i pezzi che facevo allora e che ogni tanto ripubblico su “Libero”, mi dico “cazzo, non sono più capace di scrivere così”.
Ho letto, a tal proposito, proprio un’intervista che lei fece a suo tempo a Montanelli e che ha ripubblicato di recente. Mi ha fatto venire in mente la nostra prima conversazione, I barocchismi mi rompono i coglioni. Credo che in essa venga fuori la vera essenza di Vittorio Feltri, come in quella che lei fece a Montanelli traspariva molto bene l’anima del grande giornalista… Ovviamente, sia detto questo considerando le dovute proporzioni.
Ma non esistono proporzioni. Le proporzioni dei coglioni sono più o meno uguali per tutti (ridiamo).
Tornerebbe mai in un grande giornale senza un ruolo di leadership?
A me della leadership non me ne frega un cazzo, onestamente. Non ho mai amato comandare, perché mi dà fastidio il rapporto con le persone. Solo che in ultimo non ho fatto altro nella vita, ma non per mia scelta. Quando mi hanno offerto la prima direzione, l’ho accettata con poco entusiasmo, attratto unicamente dallo stipendio. Quello di un giornalista qualsiasi può anche essere buono – io, al “Corriere”, guadagnavo decentemente –, però come direttore prendevo cinque volte tanto. Sì, sono stato indotto da quello più che dal lavoro, perché preferivo il ruolo di inviato. Oggi, sia chiaro, non sarei più in grado di farlo, perché bisogna viaggiare tanto. Io detesto gli aerei – se solo devo andare a Roma, bestemmio per venti minuti. Allora lo facevo e riuscivo a sopportare la nevrosi. Così ho girato il mondo. Ho fatto servizi ovunque: Cina, Messico, Corea, Africa. Ma, cosa vuoi, arrivato a quest’età, dell’Africa non me ne frega più un cazzo. Un tempo ero curioso, adesso preferisco stare nel mio ufficio e fare le mie cose. L’ufficio è come una sorta di corazza che ti dà la forza per continuare a vivere. Ho settantasei anni, però lavoro come quando ne avevo trenta, ma lo faccio da seduto, senza più andare a zonzo per il mondo. Quando scrivevo i pezzi al “Corriere” avevo tempo un giorno o due, quindi ci lavoravo molto e con maggiore impegno. Oggi, invece, per intenderci, ho scritto un fondo per “Tuttosport” in quattordici minuti. Capisci che in così poco tempo è difficile fare un capolavoro. Prima che mi chiamassi, ho preparato un pezzo sull’Ilva e ci ho messo un po’ di più, circa venti minuti. Poi lo rileggerò e, se ho scritto delle puttanate, correggo.
Leggendo dei suoi vari successi – penso, per esempio, al caso Enzo Tortora – e degli scontri avuti nelle redazioni di grandi quotidiani nazionali, mi sono chiesto quando si sia reso conto di essere diventato Vittorio Feltri, un caposaldo del giornalismo italiano. 
Forse domani, perché fino a oggi non mi sono reso conto proprio di un bel niente. Non riesco a darmi delle arie. Ho bisogno di tutto l’ossigeno possibile, perciò non me ne avanza per darmi delle arie. In tutta onestà, comunque, non so quando ho svoltato. Forse quando il “Corriere” mi ha fatto fare l’inviato, perché da lì è nata l’ipotesi di dirigere “L’Europeo”. Nessuno altrimenti si sarebbe accorto di me, eppure avevo già lavorato sei o sette anni come caposervizio della politica, pur odiandola. Ti dirò di più, se c’è una cosa che mi sta sui coglioni è la politica – sempre la stessa cosa, le stesse formule. Mi hanno messo lì e l’ho fatto. Ho imparato molto sulla titolazione, sulla fattura del giornale. La scuola del “Corriere” mi è servita, devo riconoscerlo. Mi ha consentito di aprire gli orizzonti, ma senza cambiare la mia natura che è sempre stata quella di un disgraziato di provincia. Io vengo da Bergamo, non da New York… A ogni modo, la cosa che ho fatto meglio nella vita è stata guadagnare soldi. A fare i contratti mi insegnò Enzo Biagi, un maestro in tal senso – i suoi erano micidiali e mi chiedevo come cazzo facesse. Poi ho scoperto il segreto e da allora ne ho sempre ottenuti di buoni anche io. E mi meravigliavo di quello che incassavo, che mi consentiva di dare alla mia famiglia un agio di cui poi non ho realmente mai approfittato. Io vivo qui dentro tutto il giorno, per cui non ho molto tempo per spendere e spandere. Anche se bisogna dire che avere del denaro ti mette una quiete nell’animo che altrimenti non avresti. Poi che cazzo me ne faccio dei soldi? Niente! Anzi mi secca, perché non vorrei lasciare una sega ai miei figli. Gli ho già dato una casa a testa. Cazzo vogliono ancora da me?! Cercherò con mia moglie di sperperare un po’ di denaro negli ultimi anni. Non so come fare, ma se mi impegno sono certo che ci riuscirò.
Sia il precedente testo, Il Borghese, che l’ultimo uscito raccontano personaggi e incontri che hanno segnato la sua vita sul piano umano e professionale… 
Non ho scritto questi racconti per mettere me stesso al centro di tutto. Non apprezzo il narcisismo e l’ostentazione mi infastidisce. Il fatto è che, per ogni personaggio che ho incontrato, ho citato degli aneddoti che credo siano inediti e possano interessare il pubblico. Io, poi, non pensavo neppure di fare il direttore, come ti dicevo, e invece ho iniziato da giovane, perché me lo hanno chiesto e allettato dal denaro ho accettato. Avevo anche un minimo di predisposizione per la fattura del giornale, ma quando devo parlare con qualcuno, dicendogli cosa fare, mi rompo le palle in modo incredibile. Non mi piace nemmeno dire alla mia segretaria di portami un caffè, perché me lo so fare da solo. Io non amo comandare. Anche in casa non ho mai fatto il ducetto. Non mi viene, è contro la mia natura.
Scusi, non vorrei aver capito male leggendo il libro, ma lei ha davvero suggerito un verso di Destra-Sinistra a Giorgio Gaber?
Non è che gliel’abbia suggerito, ma eravamo amici e ogni tanto ci trovavamo per fare quattro chiacchiere. Una sera mi scappa la pipì e gli dico “Scusa, Giorgio, devo assentarmi un attimo per andare al cesso che, come sai, è sempre in fondo a destra”. Lui, in quel momento, mi stava spiegando le differenze tra la destra e la sinistra. Gli è piaciuta la mia frase e l’ha inserita nel testo della canzone. Poi è vero che il bagno è sempre in fondo a destra, anche se non ho mai capito perché. Ma la cosa più divertente con Gaber è stata quando mi disse di sentirsi limitato, perché era un semplice ragioniere. Avrebbe voluto essere laureato in Filosofia e si iscrisse alla Statale. Ma faceva una fatica della Madonna, perché lavorava, e dare gli esami, a una certa età, diciamoci la verità, ti rompe anche i coglioni. Io, in modo molto amichevole, gli feci notare che la laurea non conta una sega. Tant’è che i premi Nobel italiani della Letteratura, a parte Pirandello, non erano laureati: né Montale, né Quasimodo, né la Deledda. Cazzo, lui si è impressionato. Non lo sapeva che anche Montale era ragioniere. Ha fatto delle ricerche, perché non mi credeva, e poi mi ha telefonato, dicendomi: “Ti ringrazio, perché mi hai liberato dall’ossessione di questa università di merda” (ridiamo).
(Sempre ridendo) Lei è il mio mito. Mi fa morire…
Mamma mia, mi fai arrossire, malgrado io il rosso non lo ami molto…
Come nella canzone di Gaber, Non arrossire…
(Feltri canta “Non arrossire”). Le so tutte. Io amavo Gaber. Mi divertivo con lui. Era uno di poche parole. Ci siamo conosciuti a una Festa dell’Unità, alla fine del suo spettacolo. Io avevo diciotto anni, lui ventuno. Dopo sette-otto anni, ci siamo incontrati nuovamente e siamo diventati amici. Andavamo nelle trattorie, per intenderci, mica in questi ristoranti stellati del cazzo.
Non posso fare a meno di notare, nei suoi libri come negli articoli, che, tra i vari momenti di humor e cinismo, torna sempre con una certa regolarità la questione della morte. È un Feltri molto umano e sensibile quello che fa i conti con la fine. Non le chiedo tanto della sua eventuale dipartita, ma dell’effetto che le fa vedere che la vita perde pezzi e che chi ha segnato la sua esistenza se ne va per l’eternità.
Nel futuro di tutti c’è una tomba. Non è che mi piaccia, ma bisogna ricordarselo sempre. È normale. Di fronte alla morte si prova uno strazio tremendo che uno cerca di amministrare in modo dignitoso, ma il dolore ti rimane dentro. Poi passa, per fortuna. Però, ogni tanto, il ricordo punge l’animo e il corpo, prende proprio allo stomaco.
Io, che la seguo costantemente su “Libero”, noto che con triste regolarità ripropone la questione della sua prima moglie…
Non è stata una esperienza gaia…
Ma scrivere serve a esorcizzare, o no?
Sì. Quando scrivi, essendo in intimità con te stesso, viene fuori quello che pensi e che provi.
Come si è sentito la prima volta che ha visto il suo nome su un giornale e come si sente adesso, dopo mezzo secolo di attività?
Adesso non sento più niente, anche se sono sempre curioso di vedere come va il mio pezzo. Le mie prime esperienze le ho avute a diciannove anni, scrivendo di cinema, arte di cui non capisco un cazzo, su “L’eco di Bergamo”. Ero estasiato dall’idea di poter scrivere, perché ho sempre pensato che sia come vivere due volte. Sai, un eccesso di vita mi fa bene. Anche adesso è così. C’è l’esistenza se vogliamo banale e rutinaria e poi quella che è la descrizione della realtà, quel surplus di vita. C’è poco da fare, tutti quelli che scrivono vivono due volte. Lo facciamo per questo, perché ci manca qualcosa e scrivendo ce lo prendiamo, con la nostra voglia di partecipare, di dire agli altri, con il desiderio di comunicare, di gridare al mondo che ci siamo.
Mi colpisce sempre una cosa: a differenza di come vogliono farla apparire in televisione, lei è molto più profondo.
Ma in tv, se sei profondo, rompi il cazzo a tutti. Meglio dire quattro cazzate, farli divertire, e finita lì (ridiamo).
Anche questo mi piace di lei, come riesce ad alternare il senso del tragico all’ironia. È una delle sue caratteristiche migliori…
Questa mattina ero ad Agorà e la conduttrice mi ha detto: “Ho visto che nel libro parla di suo padre e di sua madre. Suo padre è morto quando lei aveva sei anni. Avrà sofferto”. Le ho risposto che non ho sofferto, anzi sono stato contento. Di solito si hanno due genitori che rompono i coglioni, io ne ho avuto uno solo. Non mi piace mettermi lì a fare la retorica dell’orfano.
Nel libro scrive: “Ai miei giornalisti qualche volta rammento che scrivere non è come pisciare, ma devo ammettere che alcuni scrivono come se pisciassero. E lo fanno controvento”. Come non essere d’accordo… 
È così. Quando si scrive bisogna pensare a quello che si sta facendo, non è che ti viene così come la pipì. Montanelli mi diceva sempre che non è importante avere un’idea per scrivere un pezzo, ma almeno mezza ci vuole.
C’è un erede, un nuovo Feltri a cui vorrebbe passare il testimone un giorno?
Secondo me ce ne sono tanti, però bisogna avere il temperamento per liberarsi dai pregiudizi, dalle manie che abbiamo noi che vogliamo sembrare sempre i primi della classe, quando invece eravamo i penultimi. Bisogna cercare di essere quelli che si è. Poi, se gli altri ti criticano, che vadano a fare in culo. Io, comunque, non mi sono mai preoccupato di avere un erede, perché quando finisco io che cazzo me ne frega di cosa succede a questo mondo.
(Scoppiamo a ridere) Non mi vedo la Fallaci sghignazzare in questo modo, mentre faceva le sue famose interviste con la storia.
Lei era di una bravura incredibile, ma si prendeva molto sul serio. Io non riesco a prendermi sul serio nemmeno quando mi pettino.
Direttore, ma lei non ci pensa proprio a mollare la presa e andare in pensione? Si sente di avere ancora molte cose da dire?
Io sono andato in pensione a cinquantacinque anni e ho fatto sempre dei contratti sui diritti d’autore. Voglio morire dietro la scrivania, così evito anche la permanenza in ospedale con le flebo e tutte quelle altre cose orribili. Adesso, scusami, ma mi fanno cenno di tagliare. Mi aspettano in televisione per un intervento. Sai, la solita stronzata. Ci risentiamo quando vuoi…
Matteo Fais
  L'articolo “Non amo comandare, non mi prendo sul serio, disprezzo i narcisisti, adoro Gaber, la politica mi sta sui cogl@@@@ e resto sempre un disgraziato di provincia”: Vittorio Feltri si confessa a Matteo Fais proviene da Pangea.
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renatagorreri · 8 years ago
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Mia Le Journal è una rivista a diffusione internazionale che si occupa di moda, di arte, di fotografia, di cinema, di musica. Si tratta di un progetto scaturito dalla creatività di un gruppo di artisti all’avanguardia  e alla ricerca di tutto ciò che è bello.
http://www.mia-lejournal.com
Ho avuto la splendida opportunità di intervistare una delle loro modelle durante uno shooting fotografico. Leggete e vedrete che non si tratta di una modella come le altre.
“Non è così semplice impostare un’intervista ad una ragazza come lei. Una millenial giovane, bella, studiosa, ambiziosa e proveniente da un’importante e antica famiglia romana, égérie di Ferragamo per la campagna “Fiamma”. Ospite fissa alle sfilate di Chanel. Stiamo parlando di Mathilde Mélusine dei Principi Ruspoli. Si rischia di fare una serie di domande scontate, ma d’altra parte la famiglia di Mélusine affonda le sue origini nel XIII secolo e fa parte dell’aristocrazia “nera”, cioè riconosciuta dal Vaticano.
In particolare il padre Alessandro (Dado) è stato un uomo di particolare vitalità e intelligenza. Fu tra i protagonisti della Dolce Vita romana, tanto da ispirare Fellini per il suo omonimo film.
Ha annoverato tra le sue amicizie personaggi del calibro di Salvador Dalì, Jane Fonda, i Rolling Stones, Jean Cocteau, Picasso, Brigitte Bardot. Un uomo eclettico che ha spaziato in tutti i settori artistici, sperimentando anche la carriera cinematografica e di teatrale.
Grande viaggiatore, elegante, raffinato e curioso, ha sicuramente trasmesso tutte queste doti straordinarie ai suoi figli ed in particolare a Mélusine, l’unica figlia femmina che lui adorava.
Domanda: Oltre alla moda (come la mamma, Theresa Patricia Genest ex modella), ti interessi anche al cinema e al teatro come tuo fratello Tao – musicista, fotografo e produttore, o come tuo padre?
Risposta: In realtà fin da quando sono piccola, ho pensato ad una carriera come attrice. Sono arrivata nel mondo della moda in modo un po’ casuale; la moda mi piace, ma non ne sono ossessionata. Per adesso ho iniziato questo percorso, ma ora che vivo a Parigi stavo pensando di frequentare dei corsi di teatro perché vorrei esplorare questo mondo. Inoltre ho potuto collaborare con la Maison Chanel e loro si circondano molto di attrici e anche ora che sto lavorando da Azzedine Alaïa ho la possibilità di incontrare molti artisti e attori. Tutto questo mi arricchisce ulteriormente. Inoltre la recitazione rappresenta anche una forma di liberazione a livello psicologico.
D: La mamma ti segue e ti consiglia nella tua carriera attuale nel campo della moda?
R: No, per niente, è tutto il contrario. Mia madre mi ha sempre lasciato molta libertà e quindi ho sempre preso le mie decisioni da sola. Mi sono gestita a modo mio e per ora sono felice di quello che sto facendo.
D: Un incontro, una frase, che ti hanno fatto pensare: perché no, potrei farlo.
R: Mi è capitato molte volte e mi capita ancora spesso per lavoro, di essere a contatto con artisti, con persone del mondo dello spettacolo, attori, produttori. Alcuni frequentavano e frequentano la famiglia. Proprio questi incontri mi fanno pensare che potrei avvicinarmi al mondo del cinema. Molte persone mi hanno già detto che sono molto sensibile e penso che questa mia caratteristica potrebbe aiutarmi in questo settore. Nutro un interesse speciale anche per la fotografia e mio fratello Tao mi dice sempre che dovrei fare la fotografa. Sono tanti i dettagli che spingono in direzione della cinematografia.
D: Frequenti abitualmente la palestra, o preferisci gli sport all’aria aperta?
R: Mi sono appena trasferita a Parigi per lavoro e purtroppo ora non ho molto tempo. Tuttavia appena posso mi piace andare in palestra, o a correre. Preferisco però la palestra perché mi concentro di più. Mi serve molto per sgombrare la mente dai pensieri e quindi mi scarica molto, mi libera la mente.
(Sicuramente oggi durante lo shooting fotografico ha fatto tanto esercizio: elastici, parallele, pose plastiche in sala Yoga Wall: un vero allenamento! N.d.r.)
D: Un profumo, una fragranza che ti accompagna sempre e ti fa sentire bene.
R: Il profumo che mi rappresenta è Miss Dior Chérie. Lo uso da quando ho 13 anni e non l’ho mai cambiato. Ormai fa parte della mia personalità e anche i miei amici, quando sentono questo profumo dicono: “mi ricorda Mélusine!”. Ormai fa un po’ parte di me.
D: Un ricordo di infanzia speciale, qualcosa che il papà ti raccontava spesso
R: Mio padre si divertiva molto a fare il mago quando ero piccola. Mi raccontava tantissime storie di personaggi magici. Lui aveva viaggiato molto in oriente, si è sempre interessato di spiritualità e quindi aveva sempre qualcosa di speciale da raccontare e inventava tante belle storie. Ci faceva sempre sognare. Sono proprio cresciuta nel sogno e questo mi ha sempre tenuta in contatto anche con il mio lato spirituale
D: In che rapporti sei con i tuoi fratelli?
R: Siamo molto uniti e in particolare vado molto d’accordo con Théodore, il più giovane. Anche se non viviamo vicini (Théodore studia in Spagna) ci sentiamo spesso e sappiamo di poter contare l’una sull’altro per qualsiasi cosa. Anche con gli altri fratelli ci sentiamo spesso e tutti gli anni, in estate, loro vengono in Italia (vivono negli USA) per passare le vacanze tutti insieme.
D: La tua è una famiglia molto importante, fortemente legata alla Storia italiana, fa parte dell’aristocrazia “nera”, molto vicina al Vaticano. C’è ancora un legame più o meno formale con il Vaticano o con le sue gerarchie?
R: Il fratello di mio padre è molto religioso e frequenta assiduamente la Chiesa e il Vaticano. Tutti gli anni il giorno di Natale fa dire messa a casa sua e poi organizza un pranzo e ospita anche diverse personalità della gerarchia ecclesiastica. Io sono credente, ma ho ricevuto un’educazione un po’meno formale, anche se comunque molto spirituale.
D: Come vivi il tuo titolo nobiliare, convivi sempre bene o ogni tanto ti sembra un po’ ingombrante. A volte ti sembra un filtro e fai fatica a mostrare la vera Mélusine?
R: In effetti lo sento un po’ come una responsabilità. Sono consapevole di appartenere ad una famiglia importante e quindi devo portare avanti certi valori. Un albero genealogico di 1000 anni non è cosa da poco. A volte alcune persone mi trattano in modo un po’ troppo formale, ma alla fine vivo normalmente e so che devo farmi strada da sola. Però è bello avere delle radici molto forti. A Vignanello abbiamo la rappresentazione del nostro albero genealogico dipinta sul muro ed ogni volta che lo vedo mi meraviglio perché vedo tutta la storia che c’è stata prima di me. Mi dà anche tanta forza.
D: Hai tempo per leggere? Libro cartaceo o e-book?
R: Leggere mi piace, ma ora col lavoro faccio un po’ fatica. Mi piace leggere in francese, perché ho fatto il liceo francese a Roma e quindi sono abituata a leggere in questa lingua. Mi piace il libro cartaceo, la sensazione di tenerlo tra le mani e il profumo della carta. Certo è innegabile che scaricare un libro sul telefono abbia tanti vantaggi pratici e permette di avere tanti titoli sempre a disposizione.
D: Riesci ad avere un po’ di tempo libero?
R: Bisogna trovarlo! Mi piace molto passarlo con gli amici e stare in loro compagnia.
Termino l’intervista con l’immagine di una ragazza giovane, simpatica, ma già matura e professionale. Nel servizio non si vede tanto, ma vi assicuro che il suo sorriso è bello, fresco e radioso. Come lei.”
Intervista a Mélusine Ruspoli Mia Le Journal è una rivista a diffusione internazionale che si occupa di moda, di arte, di fotografia, di cinema, di musica.
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sandnerd · 6 years ago
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Dakaretai Otoko 1-i ni Odosarete Imasu - Ep 12
Cosa potere dire in questo episodio dove abbiamo assistito al ricongiungimento finale delle due nostre simpatiche canaglie? Sicuramente che ce lo aspettavamo, anche senza le anticipazioni della scorsa puntata era molto prevedibile che succedesse, e per chi come me si era spoilerata la cosa leggendo il manga ancor di più. Ma andiamo con ordine. Takato contempla il cielo e vorrebbe che la smettesse di piovere. E certo, ora pure il mago della pioggia vuole fare. Il destino gli fa una pernacchia in faccia perchè proprio di fronte al grattacielo dove si trova c'è un gigantesco cartellone con la pubblicità dell'acqua minerale, sponzorizzata da niente popò di meno che da Junta. Chiara Ferragni con la tua Elvian da 8 euro non sei nessuno, in Giappone hanno gli attoroni fichi a pubblicizzare l'acqua. Takato si trova dove si trova perchè è venuto a rinnovare un contratto, oltre che a scusarsi del fatto che sia stato colto in flagrante a farsi scattare una foto mentre cadeva dalle scale e veniva preso al volo da qualcuno, ma vedi che volgare, doveva sfracellarsi per terra e rompersi qualche osso, dove andremo a finire. Ad ogni modo il tizio a cui ha chiesto scusa, che è il direttore di una pubblicità in cui ha partecipato Takato, gli dice di non preoccuparsi di questo, bravo, io sarei preoccupata di regalargli un bastone se non sa manco scendere delle scale. Sasaki, il manager di Takato, vedendolo così abbacchiato, lo invita a casa sua a cena, perchè si sa, il rimedio per le pene d'amore è il cibo. A casa di Sasaki conosciamo Nana, sua figlia, che è sostanzialmente una palletta, e che fa uscire il lato tenero di Takato, ma che allo stesso tempo, con un intuito inusuale per una bimba di tipo 3 anni, vede negli occhi di Takato quanto si senta solo in questo momento. La scenetta del "Caro, l'assaggi tu che io non so farlo?" tra Sasaki e la moglie fa tornare in mente a Takato che anche lui con Junta faceva ste cose, e diventa ancora più triste. La marmocchia si addormenta, e Takato chiede alla moglie di Sasaki con quali sentimenti lei indossi la sua fede, che è grigia, boh forse in Giappone si usa così. Lei gli risponde che indossando la fede quella che prevale è la determinazione ad essere felice insieme al marito, e getta ancora di più nello sconforto il nostro cuccioletto. Arriva Sasaki e manda via la moglie dato che sta facendo già troppi danni, e Takato senza alcuna domanda di Sasaki gli confessa che lui non era preparato a perdere Junta, che stava davvero male ad averlo lasciato e che davvero si sentiva cambiato da lui ma che allo stesso tempo era stato costretto a comportarsi così perchè voleva proteggerlo a tutti i costi. Ma parlarne e risolvere la problematica insieme?no meglio compiangersi addosso, che fa scherziamo. Sasaki gli conferma che da quando Takato sta con Junta è in effetti diventato più affascinante, ah l'amore, e lo fa ragionare un minimo, operazione complessa per Takato, dicendogli che così come ha deciso di lasciarlo, può decidere di tornare sui propri passi, mica muore qualcuno. Il giorno dopo Takato è davanti l'ascensore, non si capisce dove, forse nel luogo di lavoro di entrambi, che contempla ancora quella bambola voodoo inquietantissima, quando le porte si aprono e si ritrova davanti gli allegri piccioncini, ovvero Junta e Yurie, che flirtano come se fossero liceali. Yurie esce ed entra Takato, augurandole buona giornata con un tono che di buono ha ben poco. I due protagonisti insieme in un ascensore da soli, in quali altri 689754653 anime/film/serie tv ho già visto questa scena?non ricordo bene. Segue dialogo del tipo "ma che stai facendo?" "e tu?" "te l'ho chiesto prima io, baka!". Takato fa vedere come un cretino che teneva in mano quella cosa e Junta quasi vuole prenderlo a morsi dato che non lo tocca da diverso tempo, ma il ding dell'ascensore, come da copione, ferma tutto e Junta scende, lasciando Takato nel casino più totale sia interno che esterno. Nel frattempo The witch's drop, il dramma nel quale Yurie e Junta recitano, è terminato, ed i due festeggiano gettando nel fango il Tobun rivelando che il giorno in cui era stato lanciato lo scoop di loro due insieme in realtà era con tutta la troupe che erano usciti a mangiare. Ogni articolo del Tobun quindi viene messo in discussione, soprattutto quello di quando Takato è caduto dalle scale. Ma Junta se ne frega e riaccende la situazione dicendo alla stampa che era lui quello che ha evitato che il moro si rompesse il collo, dicendo anche che l'irreprensibile Takato è in realtà è un maldestro pazzesco, cade di continuo e sbatte la testa dappertutto; roba che io lo accuserei per diffamazione; e non contento dice pure che presto loro due andranno a vivere insieme. Perchè vuole imparare dal suo senpai tutto quello che può, il cucciolone assatanato, è per imparare, certo ci crediamo, però per sicurezza chiama qualcuno per imbottire le pareti della camera da letto, non vorrei che il passaggio di questa sapienza attoriale desse fastidio ai vicini. Takato, che aveva ascoltato la conferenza stampa insieme a Sasaki in macchina, deve fermarsi urgentemente in un negozio, mentre è diventato rosso fino alle orecchie, di certo non deve comprare lo shampo. Detto questo passiamo ai finti piccioncini Junta e Yurie, che si congratulano a vicenda per aver fregato il Tobun, ma Yurie tieni a posto quelle mani artigliate di rosso e ritirati l'anello che arriva la cavalleria, cioè Takato, che, udite udite, afferra la mano a Junta e gli infila un altro anello, Yurie tiè. I due corrono a casa e dopo aver cominciato i preliminari sulla soglia di casa, perchè la soglia di casa è molto più comoda del letto, si prendono a parole perchè Junta ha fatto stare male Takato con la storia che si era messo con Yurie, però pure tu Takato, un'idea migliore la potevi avere invece di lasciare Junta solo perchè vuoi difendere il suo talento. Seguono varie dichiarazioni d'amore da parte dei due e vai così. Dopo averlo fatto Takato si mette il suo anello, mandando in visibilio Junta, era da parecchio che non lo vedevamo con le ali, che però gli prende un momento l'anello e va nell'altra stanza dove tiene un ufficio da gioielliere, dopodichè torna con l'anello nel quale ha inciso "tesoro mio" in spagnolo, vorrei capire perchè proprio in spagnolo, se volevi essere romantico lo scrivevi in francese, boh vabbe. Ah, le meravigliose doti di Junta, che passa dal saper incidere l’oro al far trovare al fotografo stalker (che ha lasciato quel lavoro per cercarne uno migliore senza contare che il capo che ha perso la rivista ha fatto meno grinze di lui perchè vuole dedicarsi alla cucina) foto che lo inquadrano nella vita di tutti i giorni, fa tenerezza Junta, davvero. Chiama Usaka, chiede di vederli, e davanti ad un bicchiere dice loro che per il momento è meglio lasciare perdere il seguito del drama che avevano già fatto insieme data tutta questa confusione, e iniziare qualcosa di nuovo, cioè uno spettacolo teatrale con loro due come protagonisti. Si perchè no, tanto siamo liberi. E vai così. Usaka uscendo viene preso per i capelli da un incappucciato con lecca lecca in bocca, e quando lo vede lo chiama senpai...mmh e chi sarà mai? Ed anche questo episodio si conclude coi due che promettono di fare del loro meglio. Onestamente nessuno dubitava del riappacificamento della coppia, forse però c'è stato un calo nella qualità dei disegni, li ho visti meno accurati e grossolani, ma forse è sempre stato così, dopotutto non è un anime che punta sulla qualità dei disegni ma sulla trama e sui protagonisti pucciosi e teneri. Devo dire che in questo ci è riuscito, poi io per carattere mi affeziono ai personaggi, quindi passo sopra a errori di proporzione e simili. Credo che col prossimo episodio terminerà l'anime, ma ha tutta l'aria di essere un episodio d'epilogo perchè la storia ha avuto il lieto fine in questo episodio, quindi vedremo! -sand-
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