#olio nuovo
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raccontidialiantis · 2 months ago
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Il padrone della mia mente e del mio corpo
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Cerco continuamente di catturare la tua attenzione. Voglio tentarti, riuscire a eccitarti ancora un'ennesima volta col mio corpo. Devo riuscirci: sono settimane ormai che non mi guardi, non mi tocchi e non mi dai un pizzico o uno schiaffo sul culo. Che non violi la mia fica infilando improvvisamente una mano nelle mie mutandine. Che non mi metti il medio nel solco del culo, per poi scivolare in basso frugando rapido nel mio ano perché il mio odore “ti porta bene” e poi scappi via senza neppure lavarti le mani! Lurido porco. Quanto ti voglio. E a letto la sera ormai semplicemente "buonanotte."
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Ti volti e dormi, cafone: sai bene quanto mi piace sentirmi profondamente donna, femmina desiderata, con te! Fino a qualche tempo fa non potevi starmi vicino senza ficcarmi le mani ovunque. Anche in pubblico. Mi sembravi una piovra, o la Dea Kali! Da un po’ invece, senza alcuna ragione apparente o broncio tra noi, non onori più la mia passera. Non me la cerchi, non me la lecchi più. Eppure era il tuo dopocena preferito: “l’ammazzacaffè” la chiamavi. E io te la servivo in abbondanza, quando e quanta ne volevi. Non mi fai più gesti volgari ma inequivocabili quando siamo a cena con qualcuno e magari ti stai annoiando, che io poi divento sempre viola ma mi viene da ridere.
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E intanto gongolo dentro, pregustando il piacere che verrà a breve, felice del fatto che mi vuoi. Non ti piaccio proprio più? Che c'è amore mio? Hai un'altra forse? Sai, a volte mi sembra di sentire sui tuoi vestiti un profumo da donna che non è il mio. E quando sei sotto la doccia, rosa dalla rabbia e dalla gelosia annuso il tuo intimo. A volte mi sembra di percepire, oltre al tuo che ben conosco, l'odore di una fregna che decisamente non è la mia! Ho forse un’illusione olfattiva? Non penso… È una tua collega? Forse sto impazzendo per l’astinenza da te? Sono solo stupide coincidenze, deliri olfattivi di una pazza? Insomma: hai una nuova donna o no?
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Dimmelo, cazzo… saprò perdonarti. Forse… Non sostieni più il mio sguardo se chiacchieriamo. Quando mi parli, ultimamente sei sbrigativo, nervoso, insofferente. E io ci soffro. Tantissimo. Non scherzi e ridi più con me. Si: penso proprio che tu dedichi tutte le tue brame e attenzioni a un'altra. Adesso mi apro totalmente: sai che adoro quando mi maltratti. Quando a letto mi brutalizzi, mi costringi bruscamente a sottostarti, io raggiungo le vette del piacere dell’anima: ti sento mio.
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È che quando scopiamo, realizzo proprio allora di essere il tuo giocattolo preferito, il centro della tua concentrazione di maschio che cerca il piacere: ci sono solo io nel tuo mirino. Non esiste altro. Amo moltissimo succhiarti il cazzo a lungo, farti sentire un re. Soffrire per te se occorre, ma certo non per gelosia: non la reggo. È un ospite sgradito che mi uccide da dentro. Esisto solo per te.
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Stasera sarà decisiva: mi farò trovare da te natiche all'aria e completamente aperta. Con l'ano ben lubrificato di olio profumato alle mandorle: adori quando lo faccio! Impazzisci, adori il mio culo: non puoi resistergli, se mi vedi così; non ragioni più e mi salti letteralmente addosso. Sopporto fino a che posso, ma poi mi fai male e urlo. Tu non vedi l’ora che io strilli per la tua inculata violenta, cattiva. Solo allora esplodi dentro le mie viscere! Ti senti padrone. Lo adoro.
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Mi troverai quindi bella pronta da usare, senza più alcuna difesa, vergogna o pudore a difendere il mio corpo. Che comunque ti pretende dentro. Semplicemente, voglio sentire il tuo uccello guizzare libero dentro e fuori dal mio culo. A sfondarmi. Sarò per te un'affascinante leonessa, profumata e invitante. Appassionata. Dimmi: lei è più bella, più disinibita di me? O forse è probabilmente un qualche suo aspetto pseudo-virginale ciò che ti attrae, che ti fa sangue: magari il gusto del nuovo, di quella puttanella, una che magari è ancora una studentessa di liceo?
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Chi è, dimmelo che le cavo gli occhi. È una troia più giovane, quindi? È più sensuale di me? Te le fa le cose che ti faccio io? Ti lascia campo completamente libero sul suo corpo come ti permetto, anzi: ti imploro di fare col mio? È capace quella stronza di ingoiarti senza fare un fiato o un cenno di strozzamento come so fare io, che ti conosco bene e so perfettamente quello che ti piace? Gusta tutto il tuo seme golosa, con passione? Ti pulisce bene con la lingua fino all'ultima goccia? Sa fartele, queste cose?
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O invece ti dice, con la puzza sotto il naso: “no, questa cosa proprio no!” e questo diniego quindi se da una parte ti frustra, dall'altra un po’ ti sfida, ti arrapa e infine stuzzica il tuo istinto di maschio conquistatore? Probabilmente la novellina ignora che fare sesso è soprattutto durezza, fatica, sforzo. E anche ingoiare sapori acidi e fluidi senza schifarsene. Poi esiste anche la parte dello scoprire, sentire e adorare gli odori personali più nascosti di chi stai scopando. È percepire e amare il sangue che pulsa in entrambi e che a volte da uno dei due sgorga. Dolore dell'uno per il piacere dell'altro.
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E poi un confondersi, mischiarsi di sfinteri, bocche, lingue e gole; che resistono e adattandosi provocano sofferenza pura e nobile. Perché è dolore sacro, quello sopportato per amore, solo per amore. Spesso fare sesso è infatti godere del dolore dell'altro; del potere esercitato fisicamente su un altro corpo. Con dichiarata sopraffazione e umiliazione. Cattiveria, forse. Quindi amore mio, coraggio: stasera sfondami ancora, godi di me come sai fare tu, umiliami. Vieni, svuotati dentro il mio culo o nella mia fica; come e quanto vorrai.
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Fai ciò che vuoi, con me. Ricoprimi di sborra tutto il corpo. Qualsiasi cosa mi farai sarà meglio della tua totale assenza di attenzioni per me di questi ultimi giorni. Ti voglio: alle mie labbra avide e alla mia gola manca il tuo uccello. Alla mia nuca serve sentire la tua mano forte. Quella che mi blocca e mi tiene ferma mentre vieni e io ti devo ingoiare, felicissima di essere il tuo sfogatoio sessuale.
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Fammi sentire che sei il mio unico padrone. Ordinami di cucinarti una cenetta deliziosa che ti piaccia molto e dimmi che mentre mangi con indosso solo la maglietta hai bisogno che sotto il tavolo, accucciata in mezzo alle tue gambe, io ti lecchi l'asta, le palle e pure l'ano, se ci riesco. E mentre a fine pasto berrai un po’ di cherry o di porto, d'un tratto mi comanderai di farti venire e io intensificherò il tiraggio per obbedirti. Felice di servirti. Questa è sempre stata una delle nostre recite preferite.
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Le carezze, le frasi romantiche e i bacetti lasciamoli ai fidanzatini: io e te siamo sempre stati una cosa sola e abbiamo sempre avuto un forte desiderio sessuale reciproco, condiviso ed esplorato in tutte le più intime, nostre ed esclusive sfumature. Abbiamo sempre fatto di tutto. Non ho mai avuto neppure il coraggio di confessarle al prete, ultimamente, tanto siamo andati oltre! Sarei comunque scappata vergognandomi, se mi avesse chiesto i dettagli.
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Ed è anche successo, in passato: ognuno cerca sempre di spiare nelle mutande altrui!!! Tu intanto comandami ancora di succhiarti l’anima dal membro e di farti godere, stasera. Lo desidero tanto. Regalami ancora il privilegio di toccarti l’inguine con la punta del naso mentre ti pompo! Ormai ci riesco benissimo. Sono diventata una bravissima puttana, lo sai. E quando il mio naso tocca l'inguine addirittura ultimamente tiro fuori la lingua e ti lecco le palle. Sì, andrà proprio così. Sarò sempre io la tua schiava fedele. Dove la trovi un’altra come me…
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RDA
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sciatu · 6 months ago
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Aveva fame. Non una fame banale, quel languore che prende chi non fa niente e che si risolve in un antipastino o un aperitivo. Lui aveva molta fame, di quella che per soddisfarla bisognava cuocere almeno un “quaddaruni” di pasta, equivalente a circa duecento, duecentocinquanta grammi di pasta, magari con il sugo di maiale o una marea di cozze, di quelle grandi e carnose. Ma in quel momento avrebbe mangiato la qualsiasi: gnocchi, tortellini al burro o con il ragù bolognese, la pasta “cuccuruzzu” con il bollito di castrato, i maccheroni fatti in casa con il sugo di coniglio, i maltagliati con le “poverelle”, le pappardelle con il ragù di cinghiale, una bella carbonara, un cacio e pepe o le lasagne con i funghi porcini appena colti. Apri la dispensa: vuota. Guardò in frigo: vuoto.  Neanche un uovo , una crosta di formaggio, il barattolo semivuoto di pesto alla Genovese o alla Trapanese. La fame aumentò. Cercò delle patate ma nel cesto dove le conservava c’erano solo dell’aglio e due peperoncini rossi, raggrinziti e tristi. “Ci siamo – si disse – una bella : aglio, olio e peperoncino”. Mise su l’acqua e quando bolli verso dentro duecento grammi di pasta perché si disse che aveva fame. In una padella mise un dito d’olio e tutto l’aglio che aveva. (Cosa lo lasciava a fare?). Tagliuzzo il peperoncino e lo versò nell’olio caldo. Per la cucina si propagò un odore intenso, forte, che già da solo avrebbe fatto sturare il naso a chi aveva il raffreddore. Quando la pasta fu pronta la versò direttamente nella padella aggiungendo quella che rimaneva di una vaschetta di pecorino pepato che emanava un odore di ovino intenso e stordente. Mischiò il tutto e versò nel piatto la montagna di spaghetti e lo osservò con devozione e amore. Era consapevole che il pecorino era un di più, ma voleva sapori forti e poi, aveva fame. La prima forchettata sparì come se non vi fosse mai stata. La seconda gli regolò il gusto del pecorino, alla terza si accorse che stava sudando. Forse il peperoncino era troppo, perché la pasta pizzicava, la fronte si era imperlata di gocce di sudore ed il naso si era sturato ed ora respirava come un bambino. Continuò imperterrito, come che più che un nutrirsi, la sua era una prova di virilità, una ordalia in onore della buona tavola.  Continuò forchettata dopo forchettata, mentre sentiva il calore dentro di se aumentava tanto che si sentiva quasi un forno che emanava calore su calore come quando si doveva mettere la carne di castrato e bisognava fare andare il fuoco nel forno un ora per ogni capra stivata li dentro. Apri una bottiglia di birra e la bevve di un fiato, complimentandosi con se stesso con un enorme rutto. Attaccò di nuovo il piatto, che ormai era quasi mezzo vuoto. Continuò forchettata dopo forchetta, ma visto che il calore era insopportabile, ogni due forchettate si scolava una bottiglia di birra e si incoraggiava con un altro rutto che faceva tintinnare la raccolta di bomboniere posta nella credenza della cucina. Quando fini, con la pancia che fuoriusciva abbondantemente dal pantalone dove la cintura era già stata slacciata verso la quinta o sesta forchettata. Prese una crosta di pane semidura e la fece girare nel piatto per ammorbidirla e raccogliere con l’olio i pezzi di peperoncino rimasti. Si congratulò con se stesso e finì l’ultima bottiglia di birra, ormai rosso come un pomodoro per il calore del peperoncino e con alito all’aglio che faceva appassire anche le tende della camera. Tra una russata e l’altra sgassava la pancia emettendo terrificanti scoregge. Quando sua moglie entro nella camera da letto sentì un odore così terribile che svenne. Ma lui continuò a dormire felice della mangiata..
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susieporta · 1 month ago
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⚔️Lo PsicoPunto del Perdono e del lasciar andare chi ti ha ferito
LU.7 – Lieque (Sequenza Spezzata)
Hai mai sentito il bisogno di liberarti da emozioni soffocanti? Di trovare il coraggio di lasciar andare ciò che ti trattiene e respirare profondamente la vita? Oggi ti parlo di un punto speciale: LU.7, conosciuto come “Sequenza Spezzata”.
📍 Localizzazione:
LU.7 si trova circa 1,5 cun sopra il polso, lungo il bordo radiale dell’avambraccio, vicino all’osso del radio. È come una porta che si apre sul flusso vitale, aiutandoti a liberare ciò che il corpo e l’anima non riescono più a trattenere.
✨ Funzione:
LU.7 è un punto chiave del meridiano del Polmone, legato al respiro e alla capacità di lasciare andare il passato. Lavora per:
• Liberarti dal senso di oppressione emotiva legata al passato.
• Migliorare il flusso energetico e il respiro.
• Aiutarti a elaborare il lutto o la perdita.
• Favorire un’apertura verso il nuovo.
🌌 Psicosomatica Evolutiva:
Il Polmone è l’organo dell’accettazione e del rilascio. LU.7 diventa il punto di chi fatica a lasciar andare ciò che non serve più: vecchie relazioni, abitudini nocive, emozioni stagnanti. Quando è bloccato, potresti sentirti oppresso, come se un peso invisibile gravasse sul petto, impedendoti di respirare liberamente.
🌀 Come lavorare su LU.7:
1️⃣ Meditazione del Respiro: Chiudi gli occhi, posa delicatamente le dita su LU.7 e visualizza un flusso di aria fresca che entra nei tuoi polmoni, spazzando via la pesantezza.
2️⃣ Massaggio: Stimola LU.7 con un tocco leggero e circolare, magari usando un olio essenziale di eucalipto o lavanda per potenziare il rilascio.
3️⃣ Introspezione: Domandati: “Cosa sto trattenendo che non mi serve più? Cosa sono pronto a lasciare andare per accogliere il nuovo?”
💬 Aforisma dello PsicoPunto:
“Lascia andare il peso del passato e il vento del presente ti porterà verso la libertà.”
📖 Scopri di più:
LU.7 è solo uno dei 57 PsicoPunti descritti nel manuale PsicoPunti Svelati, una guida che unisce tecniche pratiche e riflessioni psicosomatiche per il tuo viaggio evolutivo.
Respira. Lascia andare. Vivi pienamente.
Fb Lo shiatsu per cambiare
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giovaneanziano · 1 year ago
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Irama nuovo testimonial di Olio Cuore. Lo ha tutto in testa
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aitan · 5 months ago
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La scuola è ormai ricominciata e tra qualche giorno finisce un'altra estate anche per il calendario.
Davanti a noi un nuovo anno col suo carico di impegni, soddisfazioni e frustrazioni.
Io, dal canto mio, cercherò come sempre di fare in modo che il tempo che passerò con i miei alunni possa risultare significativo e memorabile tanto per loro quanto per me.
E mi auguro che riusciremo anche a divertirci ed emozionarci, ogni tanto, magari pure spesso, ma senza mai perdere di vista l'acquisizione di fatti, nozioni e strumenti per capire e cambiare noi stessi e il mondo di cui siamo parte integrante e osservatori esterni.
Per come stanno andando le cose, c'è molto da fare. E bisogna arrivarci preparati e capaci di lavorare insieme.
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L'illustrazione che ho scelto quest'anno è un olio su tavola del 1927 di Felice Casorati.
Si chiama "Gli scolari" ed è conservato nella Galleria Civica d'Arte Moderna di Palermo.
L'ho scelto per la sua aria rarefatta e un po' misteriosa e per la sua sospensione tra antico e contemporaneo, che ci fa interrogare su come sarà questo nuovo anno di formazione scolastica in un mondo che cambia in fretta.
E poi mi piace molto quel ragazzino in primo piano che ci fissa negli occhi, la ragazza con le trecce concentrata in un suo pensiero e l'insegnante che li osserva di sbieco come colta di sorpresa da una foto scattata prima di quanto lei si aspettasse.
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giuliavaldi · 3 months ago
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Rimedi per l’arrivo del freddo:
- copriti il collo con una sciarpa, possibilmente non sintetica e che porti ancora un profumo o almeno un ricordo
- tieni le mani al caldo, i piedi, pancia e reni con calzini e maglioni di lana
- accendi condizionatori e termosifoni solo se due coperte non bastano
- raccogli un fiore da portare in casa quando piove, altrimenti fermati a guardarli
- prepara zuppe calde di verdura
- impasta il pane
- prendi una decisione
- fai una tana con accesso singolo e privato con quello che ti pare e dove ti piace
- annusa spesso olio di lavanda, di rosmarino e limone
- piangi se necessario
- ridi, quando capita
- bacia, se puoi
- stai a letto con la coperta sopra gli occhi a inventare favole, poi falle diventare neve e vere
- cammina
- consola il mare
- costruisci un aquilone e aspetta il vento
- appoggia la testa sulla spalla dei nonni e se non ci sono, sulla corteccia di un albero
- rifai il letto tutte le mattine e una vita ogni giorno
- dì la verità
- scrivi lettere e consegnale
- leggi libri per bambini
- trova una canzone per colazione, pranzo, merenda e cena
- bevi
- accompagna il prato
- semplifica
- semplificati
- dimentica
- ama quello che c’è, quello che non c’è non c’è
- svela i segreti
- spogliati di tutte le foglie e trema
- inginocchiati dove senti
- metti le mani dentro alle maniche lunghe e sventola le braccia
- siediti su uno scalino e guarda chi passa
- respira.
Francesca Pachetti, La Raccontadina
dal nuovo libro Autunno
https://www.animamundiedizioni.com/
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t-annhauser · 10 days ago
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menù presidenziali
Leggo sull'autorevole Sole24Ore che anche Tim Cook, capomastro di Apple, ha donato un milione di dollari (un milione di dollari, cioè le due euro che si danno come questua al frate cercotto) per il ricevimento di Donald Trump. Segue a ruota il riposizionamento di Zuckerberg e l'immancabile sostegno di Jeff Bezos, tutta gente che "o Franza o Spagna purché se magna". Sui broccoli gratinati c'era scritto: Gentilmente offerti da Apple Inc., Baci, Tim. Davvero c'erano i broccoli, e anche le cime di rape, se non ci credete leggete qui: 
AGI - Presentato il menù del pranzo inaugurale al Campidoglio, in onore del nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump: polpette di granchio di Chesapeake; bistecca di angus con carote, broccoli e patate gratinate; terrina di mele del Minnesota con gelato alla panna e caramello. La prima portata sarà accompagnata da tartare di pomodoro, salsa di alloro, verdure sottaceto, romanesco, aneto e olio di erba cipollina accompagnato da uno Chardonnay 'Riserva' delle cantine Veritas di Monticello, in Virginia. La seconda portata sarà accompagnata da carote Thumbelina, cime di rapa, salsa alle erbe con cime di carote, sugo al tartufo e vino rosso e gratin di patate. Il vino sarà un Cabernet Sauvignon delle cantine Mount Veeder della Napa Valley, in California. Il dolce, servito con gelato alla panna acida e caramello salato, sarà accompagnato da uno champagne Korbel della Russian River Valley nella contea di Sonoma, in California.
Un milione di euro per farsi servire broccoli e cime di rape. Il meraviglioso mondo dei miliardari.
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ginogirolimoni · 12 days ago
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Fascisti di ieri e di oggi.
Fa persino tenerezza vedere come i fascisti di oggi da un lato cercano di rendere visibile la loro “camicia nera” con gesti e con parole, per mandare cripto messaggi agli amici e forse anche ai nemici, mentre dall’altro, quando scoppia la polemica, cercano di nascondere la mano con cui hanno lanciato il sasso.
“Non sono antifascista!” risponde Vannacci a chi gli chiede se è fascista. Il busto di Mussolini in casa La Russa è solo un vecchio cimelio in soffitta, per altro a casa di sua sorella, non a casa sua. Romano La Russa, fratello di Ignazio, sorpreso a fare il saluto romano per dare l’estremo saluto ad un camerata defunto, dice che aveva alzato il braccio per chiedere ai camerati di evitare di fare quel saluto.
Vannacci gioca sull’equivoco di tracciare una X-Mas sul suo simbolo elettorale, si certo, e magari recatevi alle urne indossando l’accappatoio a fiorellini come il generale durante un’esibizione balneare.
Alla Meloni non estirperete mai nemmeno con le tenaglie una dichiarazione antifascista, ma non vi dirà mai che il fascismo è la sua vera grande fede, più di Tolkien.
Il viceministro Bignami indossa un costume nazista con tanto di svastica e viene soccorso subito dal suo sodale Donzelli, che minimizza, era carnevale ed io ero vestito da Minnie.
Elon Musk alza anche lui il braccetto destro in alto, ma quando scoppia la polemica mondiale, attacca i media lasciando intendere che hanno creato una fake news … neanche il coraggio delle proprie azioni.
Gira voce che Gianfranco Fini abbia abiurato qualche decennio fa la sua fede fascista, che a Gerusalemme, in visita ufficiale, con la kippah sulla capa, abbia detto che il fascismo fu un male assoluto e che abbia preteso in seguito che i suoi colonnelli e tutto il partito lo seguissero dopo nel fare i conti col loro passato lavando l’onta del fascismo con le acque di Fiuggi.
In realtà Fini disse solo che la “leggi razziali” furono il male assoluto e a Fiuggi i suoi colonnelli erano molto recalcitranti nel seguirlo sulla via del liberalismo moderato, benché fosse chiaro a tutti che si trattava di una semplice farsa, una vernice di nuovo perché il loro capo ambiva a sostituire un Berlusconi appesantito dai problemi giudiziari e da un incipiente marasma senile con lampi di satirismo.
I fascisti di ieri invece avrebbero detto: “Me ne frego!” e avrebbero molto più sbrigativamente usato olio di ricino e manganello contro chi osava pensare e chiedere loro qualcosa.
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mezzopieno-news · 9 months ago
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OPERATIVI I PRIMI TRENI ALIMENTATI CON OLIO DA CUCINA
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In arrivo un nuovo treno alimentato a olio da cucina. Lineas, operatore privato di trasporto ferroviario di merci in Europa, ha infatti avviato la sperimentazione della locomotiva che utilizza il biocombustibile Fame con l’obiettivo di sostituire nel più breve tempo possibile i treni a diesel con nuovi alimentati proprio da olio da cucina.
Il Fame (acronimo per fatty acid methyl ester, estere metilico di acidi grassi) è uno speciale biodiesel ottenuto da acidi grassi di olio vegetale fatti reagire in eccesso di alcool metilico. Benché il biocombustibile Fame sia già utilizzato nei motori marini e nei sistemi di combustione semplici, non era ancora stato testato per il trasporto ferroviario. I test proseguiranno fino a giugno e riguardano il porto commerciale di Gand in Belgio. Lineas è ottimista dal momento che fino ad ora la sperimentazione è stata un successo. “I test attualmente condotti con Fame evidenziano i nostri sforzi per implementare soluzioni di trasporto sostenibili”, afferma Bernard Gustin, Presidente esecutivo di Lineas. “Ci impegniamo a ridurre il nostro impatto ambientale garantendo al contempo l’efficienza e l’affidabilità dei nostri servizi.” Lineas infatti punta a ridurre le proprie emissioni del 42% entro il 2030 sottolineando però che c’è un gran bisogno di un ulteriore sviluppo delle infrastrutture per consentire un uso diffuso di questi combustibili. Attualmente infatti non esiste alcuna infrastruttura di rifornimento per la fornitura di biocarburanti, il che ne ostacola la diffusione immediata. Il progetto sperimentale è reso possibile grazie alla collaborazione con Cargill, gruppo agro-industriale che ha deciso di scommettere sulla particolare soluzione e proprio la cooperazione con varie realtà produttive è ciò che Lineas auspica per accelerare la transizione verso carburanti per trasporti sostenibili.
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Fonte: Lineas
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vecchiorovere · 4 months ago
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Rubens Santoro, In gondola.
Olio su tela, 1890 circa. Collezione privata
Venezia e il Cal Grande, furono una fonte di ispirazione per molti suoi quadri.
Santoro è stato uno dei pittori più prolifici della scuola napoletana, visse a cavallo dei due secoli scorsi, operando in varie città italiane e all'estero senza mai tradire le origini calabresi.
A Venezia soggiornò per diversi anni, dove sul finire del 1885 avvia un filone pittorico nuovo, che si muoverà in parallelo a quello delle vedute meridionali.
Figlio di uno scultore di professione, Santoro nacque a Mongrassano in provincia di Cosenza nel 1859.
La resa quasi fotografica delle sue vedute meravigliò la critica del tempo.
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saveriopepe · 3 months ago
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Itinerario dei sapori dalla fascia olivata umbra
Quattro tappe per un viaggio nel gusto. Olio nuovo, zafferano, produzioni norcine, lenticchia di Castelluccio, alla scoperta del legame profondo tra i territori e i loro prodotti di eccellenza. L’itinerario ha inizio dalla Fascia Olivata, che si estende lungo le colline tra Assisi e Spoleto e include anche i comuni di Spello, Foligno, Trevi e Campello. L’olio EVO DOP, prodotto dagli uliveti…
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raccontidialiantis · 2 months ago
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Io mi ricordo, quando t’ho vista la prima volta
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Eri giovanissima, infagottata dentro una tuta da benzinaia, con dei guanti di pelle a dita scoperte e un cappellaccio di lana calato sulla fronte. Soffrivi il freddo, ma il tuo sorriso riscaldava tutto, nel raggio di due metri. Ero arrivato in paese da poco, per il mio nuovo lavoro nella vicina città e stavo ricreando la mia piccola rete di conoscenze e posti utili. Quella routine che man mano poi chiamiamo “casa” lontani da casa.
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Ho preso a servirmi da te. Eri la tuttofare di quella piccola pompa di benzina, che gestivi assieme a tuo padre. Un uomo saggio e sereno, con cui parlavamo di calcio e imprecavamo contro il governo. Mettevo solo dieci euro di benzina, per passare di nuovo da te al più presto. L’avevi capito e mi sorridevi, complice. Noi uomini siamo furbi stupidi. Eri lusingata, da questo fatto.
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E regolarmente ridendo mi chiedevi: “ma perché non metti trenta euro?"  E io: “perché così la macchina è più leggera e consuma di meno: ma tu che lavori con le macchine, non guardi la formula uno?” così mi guadagnavo il ”ma vattene, va'!” quotidiano, detto con un sorriso che avrebbe fermato un esercito. Poi papà è morto e tu sei rimasta sola: facevi di tutto, con competenza, pazienza e stringendo i denti.
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Olio, acqua, pressione, rabbocchi. Ma un sorriso l’avevi per tutti. E tutti t’adoravano. Il fruttivendolo lì vicino, vecchio amico di papà, uno che t’ha vista crescere, ogni mattina ti portava il caffè. Rigorosamente fatto nel suo retrobottega con la napoletana.
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La panettiera, tua amica, solo di qualche anno più grande di te, alle dieci ti portava un bel trancio di pizza e t’aggiornava sui pettegolezzi. Servizio completo: due euro. Prezzo quasi simbolico. Tutto in pace, fino a quando le nuove norme, il piano regolatore e la sopraggiunta illegalità delle piccole pompe in città non t’hanno costretta a chiudere l’esercizio. Un lunedì sono venuto a far benzina e... semplicemente non c’eri più!
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Ero sinceramente disperato e mi sarei preso a schiaffi, per non aver avuto mai il coraggio di chiederti di uscire con me. Mi mancavano da morire lo scambio di battute quotidiano, la barzelletta che ti raccontavo, che tu ascoltavi con gli occhi attentissimi e la tua esplosione di gioia finale genuina, la risata fragorosa e il solito congedo finale: “quanto sei scemo!” che per me equivaleva a una carezza sul cuore. 
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Quando ormai m’ero rassegnato, pur non smettendo di pensare a te ogni giorno, t’ho ritrovata per caso dal dentista: su una rivista di moda! Bella come il sole, agghindata solo con intimo e accessori. Eri tu! Eri proprio tu! Non ci potevo credere! Sono rimasto imbambolato a guardarti, a bocca aperta. Una vera dea. Senza troppe speranze, ho scritto un’e-mail alla redazione del giornale, vantando una parentela inesistente e chiedendo che in qualche modo te la girassero. Se non a te, almeno all’agenzia o al fotografo degli scatti, al produttore dell’intimo.
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Era un vero e proprio biglietto della lotteria. Un messaggio in bottiglia. Poi dice che i miracoli non succedono: dopo una settimana circa m’hai scritto! Mi hai detto che eri contentissima di avermi ritrovato, che un po’ avevi addirittura nostalgia del vecchio lavoro, soprattutto per i contatti umani e che tenevi particolarmente a me. Perché anche se, da bravo tricheco imbranato, non t’avevo mai confessato il mio sincero interesse per te, tu l’avevi capito da subito e non aspettavi altro che ti invitassi. Mi sarei preso a schiaffi appena letta l’e-mail!
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Non ho perso tempo: t’ho chiesto il numero di telefono, ci siamo sentiti e con piacere ho constatato che il tuo dialetto è bello vivo. Anzi: forse proprio per non rompere con le tue radici, con me usi più il dialetto che l’italiano! Mi hai parlato a lungo delle difficoltà economiche dopo la perdita dell’unica fonte di introito, della solitudine in casa, delle preghiere a Dio perché ti facesse trovare un lavoro, delle foto che già avevi inviato, nei mesi che precedevano la chiusura della pompa, a varie agenzie, su suggerimento e presentazione di una tua ex compagna di scuola, ora fotografa professionista.
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Della fiducia incrollabile che da sempre hai in te stessa, del fatto che eri sicurissima che qualcuno t’avrebbe offerto un’occasione. Poi mi hai parlato della gioia nell’aver trovato questo lavoro, dove tutti ti vogliono bene, anche se parlare di denaro... è volgare e vivete in quattro in un miniappartamento che sembra un campo di battaglia! E per quanto mi riguarda... adesso eccomi qua: sono su un volo Palermo-Milano, con l’unico obiettivo di aspettarti puntuale stasera alle sette, sotto l’agenzia dove lavori, per portarti a cena e gustarmi le stupende fossette sulle guance, acchiappabaci che ti si formano quando ridi.
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Per farti morire di risate allora ho preparato una ventina di barzellette e aneddoti locali vari. T’aggiornerò sui pettegolezzi del quartiere, farò per te le imitazioni dei soggetti che ben conosci in paese. E poi, se Dio m’aiuterà, voglio vedere e adorare finalmente il resto del tuo corpo stupendo. Il viso e il tuo carattere meraviglioso, solare, positivo e bello li conosco già molto bene: sono la cosa che amo di più, di te. M’hai catturato. Scema che non sei altro!
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RDA
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gregor-samsung · 11 months ago
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“ Ahmad aveva la febbre. Strofinare preparati a base di erbe sul suo corpo in fiamme non sortiva alcun effetto. A quel punto, Salima era andata a chiedere aiuto a suo zio Shaykh Sa‘id. Era invecchiato, certo, ma non abbastanza da lasciare che il suo cuore si sciogliesse davanti alle suppliche della nipote. Lo aveva implorato, gli aveva ricordato che era la figlia di suo fratello Shaykh Mas‘ud, l’aveva pregato di avere compassione, di dimostrare la sua fede, la sua signorilità, la sua generosità, magnanimità e saggezza. Si era appellata a tutto quello cui si può appellare una madre con il figlio dilaniato dalla febbre. Ma la risposta dello shaykh non era cambiata: “La Range Rover non lascerà mai ‘Awafi senza di me.” Il giorno dopo, la febbre di Ahmad era aumentata, il bambino aveva cominciato a delirare. Salima era tornata dallo zio accompagnata dal marito. ‘Azzan si era trattenuto a lungo con il vecchio, gli aveva spiegato che suo figlio peggiorava e che l’unico ad avere una macchina con cui portarlo all’ospedale al-Sa‘ada di Maskade era lui, Shaykh Sa‘id. Se ci fossero andati a dorso d’asino, ci avrebbero messo quattro o cinque giorni e non sarebbero riusciti a salvare il bambino. Gli disse che avrebbe pagato qualsiasi cifra gli avesse chiesto, compreso il salario dell’autista. “Non ho altro da dire,” aveva replicato Shaykh Sa‘id. “La Range Rover non esce da ‘Awafi. Tuo figlio guarirà anche senza dottori. Che sarà mai, tutti i bambini hanno la febbre e poi guariscono.”
‘Azzan e Salima erano usciti da casa dello shaykh cercando di non guardare il fuoristrada verde parcheggiato vicino al portone. Quando Shaykh Sa‘id l’aveva comprato, due anni prima, e l’autista l’aveva portato in paese, erano tutti usciti in strada per vederlo. Persino l’anziana madre dello shaykh si era avventurata fuori facendosi sostenere dalle sue schiave ma poi, quando aveva sentito il rombo del motore e visto le ruote nere che giravano velocissime, si era spaventata e gli aveva tirato una pietra urlando ai quattro venti che quella era opera del diavolo. La pietra aveva rotto un finestrino e Shaykh Sa‘id aveva ordinato alle schiave di riportare dentro la madre minacciando di frustarle sotto il sole se solo l’avessero fatta uscire di nuovo. Da quel giorno la Range Rover si era mossa solo quando lo shaykh sedeva al posto del passeggero. E se con lui c’era una delle sue mogli, i finestrini venivano oscurati con delle lenzuola. Salima aveva pianto per tutta la strada fino a casa e, da quel momento, ‘Azzan aveva nutrito un unico sogno: possedere una macchina. Aveva giurato che avrebbe chiesto al Sultano il permesso di comprarne una, esattamente come aveva fatto Shaykh Sa‘id, e poco importava se avesse dovuto vendere i campi ereditati dal padre. Ma Ahmad non aveva aspettato che ‘Azzan mantenesse fede al suo giuramento, la febbre era stata più veloce e lo aveva ucciso. Gli avevano tolto vestiti e amuleti e predisposto la rituale pedana di rami di palma in mezzo al cortile. I vicini avevano portato secchi d’acqua dal canale per lavarlo, l’avevano cosparso di incenso e di olio di oud, lo avevano avvolto in un sudario candido e avevano portato il feretro al cimitero a ovest del paese. Il giudice Yusuf aveva detto ad ‘Azzan: “Tuo figlio adesso è in paradiso, e quando verrà la tua ora ti porterà dell’acqua fresca per spegnere la tua sete.” ‘Azzan era stato zitto, non aveva detto che lui aveva sperato che suo figlio l’acqua gliela portasse lì, sulla terra, negli anni della sua vecchiaia. Si era mostrato fermo e paziente come si conviene e aveva stretto la mano di chi gli porgeva le condoglianze. Le aveva strette tutte, persino quella di Shaykh Sa‘id. “
Jokha Alharthi, Corpi celesti, traduzione dall'arabo di Giacomo Longhi, Bompiani (collana Narratori Stranieri), 2022¹; pp. 122-124.
[Edizione originale: سيدات القمر (Sayyidat el-Qamar; Le signore della luna), editore Dār al-Ādāb, Beirut, Libano, 2010]
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carolagostini · 7 months ago
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Wine&Siena 2023: Un Successo Straordinario
Di Carol Agostini
Dal 27 al 30 gennaio 2023, Wine&Siena ha accolto oltre 2500 persone, tra visitatori, giornalisti, operatori e partner. La tre giorni è iniziata venerdì 27 gennaio con un convegno promosso da Banca Monte dei Paschi di Siena, focalizzato su Vino e Futuro, seguito dal taglio del nastro nel pomeriggio. Importanti sono state anche le donazioni per la "bottiglia della solidarietà" all’Associazione Quavio di Siena. Così si è conclusa l’8ª edizione di Wine&Siena, tenutasi nelle prestigiose sale del Santa Maria della Scala.
Un Evento Internazionale
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Dalla Sicilia alla Francia
Le cantine presenti provenivano da tutta Italia, incluse regioni come Sicilia, Campania, Puglia, Sardegna, Lombardia, Alto Adige, Friuli, Toscana, Piemonte, Veneto, Abruzzo, Emilia Romagna e Lazio. Anche la Francia ha avuto una rappresentanza. Più di 600 etichette di vini selezionati da The WineHunter erano presenti nel percorso del gusto al Santa Maria della Scala, insieme a circa 60 prodotti gastronomici tra cioccolati, formaggi, olio, carni e salumi, birra, pasta, riso, cereali, grappe e liquori, provenienti da varie regioni italiane.
Helmuth Koecher: The WineHunter
L'Esperienza del Santa Maria della Scala
Helmuth Koecher, The WineHunter e patron del Merano Wine Festival, ha elogiato l’evento, sottolineando come assaggiare vino tra le mura affrescate del Santa Maria della Scala sia un'emozione unica. Ha ribadito l'importanza di Siena come fulcro del vino a livello nazionale, con una grande affluenza di visitatori, in particolare nella giornata di sabato. Koecher ha ringraziato la città, il Comune e Confcommercio per l'ospitalità e ha annunciato la proiezione già verso il 2024.
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Progetti Futuri
Abruzzo Sostenibile e Nuovi Eventi
Durante l’evento, è stato presentato il progetto Abruzzo Sostenibile, un nuovo modello di sostenibilità sviluppato in collaborazione tra The WineHunter e la Regione Abruzzo. Altri eventi futuri includono il Farm Food Festival, che valorizzerà le specialità altoatesine il 25 marzo 2023 al Kurhaus di Merano, e TastingMoreTime, che si terrà il 27 e 28 maggio 2023 alla Reggia Reale di Monza, rafforzando la collaborazione con la Regione Lombardia.
Villa Reale di Monza: Una Nuova Sede
Una Manifestazione Enogastronomica Unica
La Villa Reale di Monza ospiterà il 27-28 maggio una manifestazione enogastronomica in collaborazione con Merano WineFestival e 5-Hats. L'evento includerà prodotti selezionati attraverso i The WineHunter Award, garantendo l’eccellenza di vini, food, birre e spirits. Il “Padiglione Lombardia” sarà il cuore della rassegna. Questo evento offrirà anche l’opportunità di scoprire la storia della Villa Reale di Monza, residenza estiva costruita tra il 1777 e il 1780 su volere dell’Imperatrice Maria Teresa d’Austria.
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L'annuncio della collaborazione tra Merano WineFestival, 5-Hats e il Consorzio Villa Reale e Parco di Monza è stato fatto durante la presentazione del Progetto all’Hotel de la Ville di Monza e alla conferenza stampa tenutasi al Wine&Siena, con la partecipazione delle istituzioni del territorio. Helmuth Köcher ha dichiarato che la Villa Reale di Monza offre uno scenario unico per realizzare un evento enogastronomico di grande richiamo internazionale, aumentando il potenziale del Merano WineFestival e creando un ponte tra Lombardia e Alto Adige.
Un Evento Tutto da Scoprire!
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edo1948 · 10 months ago
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"Crocifissione" - Renato Guttuso - 1941, olio su tela
dimensioni 200 × 200 cm. "Galleria Nazionale d'Arte Moderna", Roma
Guttuso, nella realizzazione dell'opera, cercò di discostarsi dalla precedente tradizione iconografica pensando addirittura di ambientare la scena in un interno, come in un lavoro di Pablo Picasso. Scelse poi come ambientazione il Golgota tuttavia utilizzò uno schema spaziale del tutto nuovo con la disposizione delle tre croci non una di fianco all'altra ma in diagonale una dietro l'altra secondo uno schema simile a quello seguito da Rembrandt nel disegno 'Cristo in croce tra i due ladroni'. La prospettiva ricorda certamente quella di Tintoretto utilizzata, ad esempio, nell'Ultima Cena, ma appare in questo caso volutamente irreale per creare così un senso di straniamento ancora maggiore nell'osservatore. Il volto di Cristo è nascosto dalla croce di uno dei due ladroni e possiamo solo immaginarne la smorfia di dolore. La pennellata presenta il tratto spesso e deciso tipico di Guttuso che unitamente ai colori accesi e dalle tinte pastello danno una forte carica espressiva ai corpi dei personaggi e all'opera stessa. La spigolosità delle figure, seppure tipica di Guttuso ricorda con forza quella del Rosso Fiorentino.
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libroazzurro · 1 year ago
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È PIÙ SACRO VEDERE CHE CREDERE - IL GIORNO DELLA BATTAGLIA
“Questa lunga attesa, le notti prolungate ad arte mordendosi e graffiandosi l’un l’altra, il sonno improvviso, come improvviso è il risveglio, questo sentimento che fa tremare di infinitezza, la fatica per ricordare i sogni, e il piacere esangue e vizioso di interpretarli, lavarsi con cura, lentamente, cercando di impiegare più tempo possibile, scegliere il profumo giusto, metterci ore e ore per vestirsi, nulla, nulla può davvero, con rigore, manifestare la bellezza di cui ho bisogno, che bramo e mi brucia dentro, e mi fa impazzire, e poi di nuovo la notte, e di nuovo l’amore, e così per giorni, e giorni, e giorni, ma infine arriva quello della battaglia”, disse Marte con gli occhi di uno che sogna, “e io affondo la lama nella carne del nemico, ed è lui ad affondarla nella mia”. Venere sorrise, e disse: “sì, questo è lo splendore”.
Nell’immagine “Marte, Venere e Cupido” olio su tela di Tiziano Vecellio, realizzato intorno al 1550, conservatao a Vienna, presso il Kunsthistorisches Museum (Foto © KHM-Museumsverband, licenza CC BY-NC-SA 4.0).
Testo di Pier Paolo Di Mino.
Ricerca iconografica a cura di Veronica Leffe.
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