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PRIMA PAGINA Il Manifesto di Oggi martedì, 29 ottobre 2024
#PrimaPagina#ilmanifesto quotidiano#giornale#primepagine#frontpage#nazionali#internazionali#news#inedicola#oggi culture#dentro#america#paese#realta#visione#dele#vietato#rito#continuare#perdere#andrea#infatti#abbattuta#tutti#fatto#gestione#crisi#scatenato#stire#presidente
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Dentro di te ci sono due lupi.
Uno è contento della maggior rappresentazione delle minoranze dei media.
Uno vorrebbe che suddetti media smettessero di applicare standard di diversità americani a storie che americane non sono.
Tumblr toglierà qualsiasi tipo di nuance da questo argomento e ti chiamerà razzista.
#Questo post è stato motivato da una ragazza greca#Che lamentava che nessuno dei personaggi di Hades sembra effettivamente greco#Ed è stata accusata di essere nazionalista#'è importante che Hermes sia asiatico così i bambini asiatici che giocano ad Hades potranno rispecchiarsi in lui e sentirsi rappresentati!'#Okay ma allora tutti i bambini Greci che perdono la loro rappresentazione?#Che vedono la loro cultura venir modificata per essere più appetibile al grande pubblico? Beh loro sticazzi lol#'eh ma l'area Mediterranea è multiculturale!!! L' impero greco/romano era incredibilmente diverso!'#Si ma non puoi aspettarti che ogni singola città sia come New York oggi#Non tutte le culture convivevano nello stesso luogo nello stesso momento SEMPRE#Gli USA sono un melting pot assurdo ma loro sono un'eccezione e si aspettano che il resto del mondo sia uguale#Vabbè basta prima che dicano che sono razzista pure io#Anyway KAOS è tipo l'ultimo esempio di questo tipo di problema#Di media americani che reinventano storie e miti (antichissimi!) senza passione e senza mostrare rispetto per la cultura originale#bookmark'd
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Brescia 💙
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-βenolΔβlog-
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Vi ricordate questi versi: «Cantami, o diva, del Pelide Achille l’ira funesta?» Ecco, a quanto pare Omero è il capostipite della «mascolinità tossica» e un esempio di «patriarcato» a detta dei progressisti della cancel culture e va bandito dalle scuole.
«Sono molto orgogliosa di dire che quest’anno abbiamo rimosso l’Iliade e l’Odissea dai nostri programmi», dichiara Heather Levine, che insegna alla Lawrence High School. Negli Stati Uniti non hanno gradito che gli eroi omerici siano guerrieri «forti e dai capelli biondi», e hanno pensato bene di impedire ai ragazzi di leggerlo in classe.
Ma di cosa parla l’Iliade? Dell’onore, di gelosia, amicizia, tradimenti, di uomini assetati di potere che vorrebbero dominare il mondo e di innocenti che muoiono in modo tragico a causa di una guerra voluta dai potenti. Vi suona familiare? Ma soprattutto parla dell’amore: dell’amore verso la propria patria, l’amore fraterno e dell’amore di un padre nei confronti del figlio.
Vi ricordate di quando il vecchio Priamo supplica Achille di restituirgli il corpo di Ettore? Io mi ricordo che quando lo lessi per la prima volta mi commossi del dolore di questo padre che avanza nella notte vestito come un mendicante e si mette in ginocchio davanti all’assassinio di suo figlio. E vi ricordate la scena in cui Ettore dice addio alla moglie e al figlioletto? Ecco, in quei momento la guerra non è più gloriosa, non è più eroica, ed Omero ve lo mostra!
Secondo voi è tossico tutto questo? E sì l’Iliade parla di uno scontro tra due civiltà, esattamente come le guerre di oggi, ed esattamente come le guerre di oggi nasce da un pretesto, il tradimento di Elena nei confronti del marito Menelao che un uomo assetato di potere, Agamennone, fratello di Menelao, sfrutta per dare inizio alla guerra. Per distruggere i suoi nemici. E alla gente «racconta» la favoletta del tradimento di Elena.
Perché forse il vero motivo per bandire i classici non è perché sono politicamente scorretti e non stanno al passo con i tempi ma perché lo sono fin troppo! Non sia mai che i ragazzi leggendoli, incomincino a fare una cosa pericolosissima per tutti i governi, i politici e gli Agamennone di oggi: pensare!
Guendalina Middei
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Hello! Bi-Yuan and Bi-Huǒ are really interesting ^^ Would you like to share a little more about them? You don't have to do it if you don't want to.
I love your art! 🧚♀️
Oh my, thank you! I never thought a person would interested in my delulu OC children! Sorry if this bit too long. So Bi-Yuan is the firstborn of Bi-Han and my OC Aila. Just like his father, as a firstborn son, he was already saddled with the obligation of being his father's successor to become the future Grandmaster since he was still young. Unfortunately, while having similar facial features to Bi-Han, he did not get his Cryomancer power, but rather my OC's power, Heliokinesis. This has an impact on their relationship as he grows older. However, he is a calm individual despite the power he has. Like his uncle, Kuai Liang (no-no don't get me wrong, He is 100% Bi-Han's biological son :v) Bi-Huǒ is the second son who unexpectedly inherited Bi-Han's power while his appearance shows the opposite. Fun fact. When he was born, Bi-Han expected him to inherit the same power as his mother or his brother. So he named him Huǒ (fire) bc of the bright red hair he has. But turns out that when Bi-Huǒ grew older, his ice power showed up and made his name ironic. Unlike Bi-Yuan, he was the one who was a bit rebellious, grumpy, and stubborn. I imagine Bi-Han's copy but he is ginger. Although Bi-Huǒ is a cryomancer, he never had the ambition to desire his older brother's position as the future Lin Kuei Grandmaster. Instead, he has his own dreams and gets his own position in his mother's clan. Bi-Huǒ is the tallest in the family. Bi-Huǒ also has another name, Bjorn. Because he inherited stronger features from his mom's side who is from a Viking descendant clan. Bjorn was the name that was inspired by their grandfather's pet name (my OC's dad) when they were both still kids. He always called them ''My little Bjornar". Yeah, the type of grandparents who spoiled their grandchildren rotten lol.
So yeah they were both born amongst two different clans and cultures. Half-blooded.
But don't worry. Bi-Han has vowed to himself that both of his sons would never end up like him, with the help of his wife. He tried so hard to be the best role model and gave them what he didn't get with his own father. He is still strict, cold, and harsh, yes but he never forgets his duty to not make his sons uncomfortable by his ruthless demeanor. My OC balanced them with warmth and love. Both of them have goofy sides from their mother. So they do not always look serious all the time just like Bi-Han. They support and love each other But also sometimes there is sibling rivalry between them. I imagine their brotherhood like Gumball and Darwin or Oggy and Jack lmao.
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Siamo orfani della nostra civiltà contadina, quella era un’altra cultura. Era la cultura contadina, montanara, di gente che aveva la 5 elementare ma che conservava conoscenza. Ho trovato una lettera di una mia zia che aveva la terza elementare: una sintassi impeccabile. Gente che oggi sembra non esistere più. Perché? Colpa della bestia nera, della televisione, di questa tv vuota che guida le coscienze. Io invece ricordo una classe popolare aveva una propria cultura, una cultura contadina che si è frantumata, sostituita da contenuti televisivi spesso vuoti. Chi aveva anche solo la terza elementare una volta però possedeva la sua cultura, la cultura parallela, la cultura contadina. Ne parlava lo stesso Gramsci che indicava due culture: quella egemone, accademica, e la cultura contadina dei poveri, che era una grande cultura […]».
Riportiamo questa bella intervista di Francesco Guccini, perché anche lui, come noi e come Carlo Petrini, riconosce nella cultura contadina e nei saperi tradizionali valori che dovrebbero guidare le nostre scelte e invece siamo perdendo, tanto che dobbiamo organizzare una giornata nazionale, anzi, mondiale per la prevenzione dello spreco alimentare, quando quella civiltà ci ha insegnato che il cibo è sacro e non si può sprecare.
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QUALCOSA STA CAMBIANDO, PICCOLI SEGNALI
Sopra la foto di Hannah Neeleman, 33 anni, proclamata MrsAmerica a LasVegas.
NON E' UNA TRANS. MADRE DI SETTE FIGLI, vive con loro e il marito in una fattoria dello Utah dopo aver vissuto anche fuori Usa (non è una all american tutta wow e patate). Oggi fa la madre, la ranchera e l'imprenditrice: ha fondato "Ballerina Farm" brand che vende i prodotti del suo ranch in tutti gli Usa.
Ex Ballerina professionista a NYC dove si è diplomata con lode, è stata Miss New York City, poi Mrs. Utah in 2021. Ha 6,1 milioni di follower su Instagram, TikTok e YouTube.
"LA PACE NEL MONDO" - Alla domanda, "when you have felt the most empowered" qual è stato il momento in cui ti sei sentita PIU REALIZZATA nella tua vita, lei ballerina di successo e imprenditrice ha risposto:
" Quando ho stretto i miei neonati tra le braccia per la prima volta, il senso di maternità è stata la sensazione più forte che io abbia mai provato. Per sette volte". IMPUNEMENTE !
.... STA CAMBIANDO ...
via https://www.sportskeeda.com/pop-culture/news-who-hannah-neeleman-all-south-dakota-mrs-american-2023-pro-life-response-wins-hearts
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LA VARA DI MESSINA - PRIMA PARTE: LA DANZA DELLE VARETTE - Pitrè, l’etnologo che studiò la cultura siciliana nei suoi vari aspetti, fu uno dei primi ad identificare le Feste Religiose come uno degli elementi più importanti dell’identità culturale siciliana. Nel suo libro “Feste Religiose in Sicilia”, Pitrè racconta in dettaglio la storia e i particolari della Vara di Messina ma, da quando il libro usci ad oggi, molte cose nelle tante feste siciliane sono cambiate. La Vara è una parola siciliana che letteralmente vuol dire “bara” in quanto molte delle feste religiose nascevano ai tempi degli spagnoli per celebrare il Cristo morto chiuso in una bara di vetro. Vi sono infatti molte similitudini tra alcune feste siciliane e le processioni di Valenza, Malaga, Siviglia ed altre città della Spagna dove si ricordano il Cristo morto e la sua Passione. La parola Vara, divenne presto il sinonimo di tutti quelle strutture utilizzate nelle processioni religiose per portare reliquie, oggetti sacri o su cui effettuare rappresentazioni sacre. La Vara di Messina è una struttura piramidale che descrive l’assunzione al cielo di Maria la cui statua è posta nel punto più alto della struttura stessa. Sotto di essa i sette cieli popolati da figure di cherubini e serafini in movimento. Il carro su cui la Vara è montata non ha ruote ed è tirato a mano per circa due chilometri e mezzo da una folla di devoti di ogni sesso, età e stato sociale. A causa del peso la Vara è tirata a mano grazie a due gomene lunghe centocinquanta metri. Molta terminologia usata nella vara è mutuata dalla storia marinara di Messina, per cui, oltre le gomene, vi sono i Timonieri, il Capotimoniere e i vogatori, tutti deputati al movimento coordinato della Vara e alla sua virata di circa ottanta gradi, da via Garibaldi al piazza Duomo, virata che rappresenta la parte più difficile e pericolosa del suo cammino. Nel suo andare da piazza Castronuovo a piazza Duomo, la Vara è preceduta dalle Varette, portate a spalla dai “devoti” che le muovono o facendole danzare o in modo rigido e formale. Nel filmato il primo tamburino richiama i devoti delle Varette e quindi dà il via alla loro processione.
THE VARA OF MESSINA - PART ONE: THE DANCE OF THE VARETTE - Pitrè, the ethnologist who studied Sicilian culture in its various aspects, was one of the first to identify Religious Festivals as one of the most important elements of Sicilian cultural identity. In his book “Religious Festivals in Sicily”, Pitrè tells in detail the history and particulars of the Vara of Messina but, since the book was published until today, many things in the many Sicilian festivals have changed. The Vara is a Sicilian word that literally means “coffin” as many of the religious festivals were born in the time of the Spanish to celebrate the dead Christ closed in a glass coffin. There are in fact many similarities between some Sicilian festivals and the processions of Valencia, Malaga, Seville and other cities in Spain where the dead Christ and his Passion are remembered. The word Vara soon became synonymous with all those structures used in religious processions to carry relics, sacred objects or on which to perform sacred representations. The Vara of Messina is a pyramidal structure that depicts the Assumption of Mary into Heaven, whose statue is placed at the highest point of the structure itself. Below it are the seven heavens populated by figures of cherubs and seraphim in motion. The cart on which the Vara is mounted has no wheels and is pulled by hand for about two and a half kilometers by a crowd of devotees of all sexes, ages and social classes. Because of its weight, the Vara is pulled by hand thanks to two one hundred and fifty meter long ropes. Much of the terminology used in the Vara is borrowed from the maritime history of Messina, so, in addition to the ropes, there are the Helmsmen, the Chief Helmsman and the rowers, all responsible for the coordinated movement of the Vara and its turn of about eighty degrees, from Via Garibaldi to Piazza Duomo, a turn that represents the most difficult and dangerous part of its journey. In its journey from Piazza Castronuovo to Piazza Duomo, the Vara is preceded by the Varette, carried on the shoulders of the “devotees” who move them either by making them dance or in a rigid and formal way. In the film, the first drummer calls the devotees of the varette and then starts their procession.
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Non c'è nessun «dopoguerra». Gli stolti chiamavano «pace» il semplice allontanarsi del fronte. Gli stolti difendevano la pace sostenendo il braccio armato del denaro. Oltre la prima duna gli scontri proseguivano. Zanne di animali chimerici affondate nelle carni, il Cielo pieno d'acciaio e fumi, intere culture estirpate dalla Terra. Gli stolti combattevano i nemici di oggi foraggiando quelli di domani. Gli stolti gonfiavano il petto, parlavano di «libertà», «democrazia», «qui da noi», mangiando i frutti di razzie e saccheggi. Difendevano la civiltà da ombre cinesi di dinosauri. Difendevano il pianeta da simulacri di asteroidi. Difendevano l'ombra cinese di una civiltà. Difendevano un simulacro di pianeta.
Wu Ming - 54
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Simone Weil nasceva oggi, 3 febbraio, centoquindici anni fa. Simone la visionaria, il genio poetico, la digiunante, la mai stata baciata. Nata ebrea ma poi divenuta cristiana senza sacramenti, senza battesimo, senza gerarchia. Simone che "la Croce da sola mi basta".
Eri professoressa di liceo ma sei voluta andare a lavorare in fabbrica, nonostante la tua salute già compromessa, per sentire fin dentro la carne la condizione operaia, e poi sei andata a fare la rivoluzione in Spagna, e infine ti sei lasciata morire, sul quel letto a Londra, rifiutando il cibo, per mettere in atto, davvero e non solo a parole, il nucleo centrale del tuo pensiero, ovvero l'idea di decreazione.
Dio per farci esistere s'è ritratto, cercare Dio è asportarsi dal mondo. Creare quel vuoto che lui, lei, ləi ha voluto affinché il nostro essere avesse lo spazio per apparire. Cercare Dio è disfare la creazione, farci a pezzi ovvero farci mangiare. Un'idea né propriamente cristiana né propriamente ebraica. Un'idea sovrannaturale, radicale e piena di grazia, che ci turba e commuove, come ogni cosa in te.
Simone, che non ha mai conosciuto l'amore dei corpi ma i cui scritti vibrano d'un trasporto erotico teso e perfetto, Simone, che amavi la Grecia, il suo pensiero e i suoi miti, ma che amavi soprattutto le civiltà sconfitte, quelle cancellate dalla faccia della terra, tutte le comunità e le culture annientate dalla Bestia sociale, dall'Impero, dal regno della forza.
Simone non convertita ma sempre sulla soglia, luogo di possibilità più che di adesione o appartenenza, il luogo di chi non viene ammesso. Simone, che ci hai insegnato a pensare senza dimenticare la vita, e le sue contraddizioni, dolorose e liberatorie, dal cui attrito, qui e là, sa prodursi la scintilla del senso. Simone, esteta feroce e senza misura, sacerdotessa alla ricerca del tempio perduto, autentica figlia di Urano e Nettuno, tutta né cuore né testa, ma spirito, Simone tutta spirito, facoltà che diffida da ogni identificazione ovvero catena.
Ai genitori poco prima di morire affidasti alcune parole, saluto ed eredità, lascito di tutta una vocazione: “Non siate ingrati verso le cose belle. Godete di esse, sentendo che durante ogni secondo in cui godete di loro, io sono con voi. Dovunque c’è una cosa bella, ditevi che ci sono anch’io“.
Jonathan Bazzi
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Tatuaggio
Storie dal Mediterraneo
a cura di Luisa Gnecchi Ruscone, Guido Guerzoni con la collaborazione di Jurate Francesca Piacenti
24Ore Cultura, Milano 2024, 176 pagine, 17x27,5cm, ISBN 978-88-6648-770-8
euro 29,00
email if you want to buy [email protected]
Catalogo della mostra in programmazione al Mudec (Museo delle Culture di Milano) dal 28 marzo al 28 luglio 2024
Cos’è il tatuaggio? Perché oggi ci si tatua? Sono scelte personali dettate da istanze profonde o decisioni prese a cuor leggero, perché “oggi lo fanno tutti”? E, soprattutto, quali storie si nascondono dietro un segno, per sempre “nostro”?
Un tatuaggio può essere un messaggio da mostrare agli occhi del mondo, un ornamento che ci persuade o illude di essere unici e uniche, un voto mantenuto o un giocoso souvenir, un simbolo d’appartenenza o una dichiarazione d’indipendenza, una prova d’amore o l’elaborazione di un lutto.
Da queste considerazioni di carattere sociale oltre che culturale nasce l’interesse del museo, che ha voluto approfondire la conoscenza di pratiche, ritualità, forme ed espressioni che si ritrovano in qualsiasi epoca e in ogni angolo della terra – dall’antichità ad oggi – attraverso un progetto espositivo che affronta il tatuaggio dal punto di vista storico, antropologico e culturale, partendo dai luoghi in cui sono state rinvenute le sue prime inconfutabili testimonianze: il bacino del Mediterraneo.
22/05/24
#tatuaggio#exhibition catalogue#Mudec Milano 20124#Luisa Gnecchi Ruscone#Guido Guerzoni#fashionbooksmilano
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l'inutile scuola delle "persone"
Né rossi, né neri… Una volta almeno c’erano i liberi pensieri. Oggi, invece, abbiamo un sottoprodotto de-ideologizzato di scuola, dove gli studenti devono vivere come in un centro di rieducazione, scontando non si sa quale “peccato originale” legato al sesso, individualizzati e separati da quella comunità-branco tanto odiata dal mainstream ed osteggiata dalla politica istituzionale.
Valditara vuole mettere al centro la “persona���. Nella storia mai termine fu più generico per qualificare un individuo: si è passati dall’oplite greco al cittadino romano, per arrivare dopo secoli alla “persona”. Un termine neutro che non qualifica alcun progetto dietro le apparenze: nessuna personalità giuridica, sociale, nazionale. La persona altro non è che un oggetto costruito a tavolino, rieducato alle varie culture del pensiero dominante antifascista, fuori dalla storia.
La Scuola Fascista è una scuola al “servizio dello Stato” nel senso in cui Stato non è un apparato burocratico elefantiaco ma espressione di una volontà e di un progetto comunitario. All’individuo astratto, non-cittadino – come fa un individuo così formato a percepire le sue responsabilità rispetto alla Res Publica? – e indebolito dalla “scuola costituzionale” e “rieducativa” che vorrebbe Valditara, il Fascismo oppone una visione di uomo/donna non solo come espressione economica, ma totale: popolare, sociale, associazionistica, comunitaria, solidale, nazionale, eroica.
Il pensiero debole di questi soggetti è il peggior antifascismo, perché costruisce nella Scuola una diga tra le nuove generazioni e la costruzione di una Patria italiana ed europea forte, coesa, non dipendente da nessuna “Carta” che non sia prima da essi scritta. È la scuola della subordinazione alla sconfitta, dell’abdicazione alla volontà, dell’abbandono di ogni progetto di grande politica. È la scuola globalizzata e precarizzante.
Ecco: avremmo preferito un commissario sovietico a Viale Trastevere piuttosto che questo deboluccio funzionario della fine della storia.
-Sergio Filacchioni (Kulturaeuropa)
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IL PARADOSSO DEL TOTALITARISMO
di Andrea Zhok
Da tempo la strategia narrativa neoliberale, di matrice angloamericana, passa attraverso due mosse:
1) il tentativo di definire il mondo liberale come l’unico mondo possibile, per cui, nel lungo periodo non c’è alternativa (da Fukuyama alla Thatcher), e 2) il tentativo di sussumere tutte le forme di vita, tutte le organizzazioni politiche e tutti gli impianti culturali che pretendono di non ridursi al paradigma liberale come “illiberali-e-dunque-totalitari”.
Finiscono così nel calderone degli “illiberali-e-dunque-totalitari” ogni religione che pretenda di essere più che fatto privato (es.: l’Islam), tutti i paesi che pretendono di mantenere sovranità senza genuflettersi all’impero americano (Cina, Russia, Iran, Corea del Nord ma poi anche, a seconda di come girano i governi, Cuba, Venezuela, Bielorussia, Ungheria, Serbia, Sudafrica, ecc.), e poi tutte le ideologie che hanno storicamente rigettato l’impianto liberale (socialismo/comunismo in primis, conservatorismi pre-liberali dove esistono, e nella modesta misura in cui hanno elaborato una teoria, i fascismi tra le due guerre).
Naturalmente gli elementi che compaiono in questo calderone presentano, a chi voglia prendersi la briga di guardarli da vicino, una miriade di soluzioni politiche, istituzionali e culturali diverse, ma questo per la narrazione neoliberale è irrilevante: su di essi ricade la scomunica dell’“illiberalità-e-dunque-totalitarismo”.
Ci si ritrova così con il seguente quadro, altamente ironico, per cui il liberalismo, l’unica ideologia che si pretende l’ultima e definitiva verità della storia, da estendersi in forma planetaria, denuncia tutte le altre culture e soluzioni politiche della storia come “totalitarie”.
✅In sostanza l’unica cultura che oggi ha pretese realisticamente totalitarie denuncia tutti gli altri come totalitari.
E siccome in una visione totalitaria, ciò che appartiene alla propria ortodossia è per definizione il Bene, le società liberali (oggi neoliberali) riescono con perfetta serenità e buona coscienza a prodursi in spettacolari doppiopesismi, in un profluvio di doppi standard, perché i nostri delitti sono errori contingenti, i vostri ignobili abiezioni, i nostri massacri sono danni collaterali, i vostri espressione di malvagità innata, le nostre proteste interne sono tafferugli di minoranze ingrate, le vostre sono manifestazione popolare di un anelito alla libertà, ecc. ecc.
La denuncia neoliberale di “tutti i totalitarismi” è la perfetta esemplificazione del proverbiale bue che dà del cornuto all’asino.
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AUMENTANO GLI HABITAT PROTETTI IN NORDAMERICA
Il 2 maggio 2024 il presidente degli Stati Uniti d’America Biden ha ampliato l’area del San Gabriel Mountains National Monument: 105mila acri in più per proteggerne la storia culturale, le caratteristiche geologiche e la diversità ecologica. San Gabriel Mountains è infatti stato designato monumento nel 2014 dall’allora Presidente Obama per preservarne l’ecosistema minacciato dal turismo di massa. L’espansione proteggerà Bear Divide, un canyon su una cresta in California che viene utilizzato dagli uccelli migratori mentre si dirigono dall’America Centrale verso l’Artico. Preserverà l’habitat per gli orsi neri, i leoni di montagna, i coyote e i cervi muli, insieme a specie rare e in via di estinzione, tra cui la pecora bighorn di Nelson, le rane di montagna dalle zampe gialle.
Negli Stati Uniti i Monumenti nazionali vengono istituiti direttamente dal presidente degli Stati Uniti d’America; il primo monumento nazionale dichiarato fu la Torre del Diavolo per opera di Theodore Roosevelt nel 1906 attraverso l’Antiquities Act, la legge che fornisce una protezione giuridica per le risorse culturali e naturali di interesse storico o scientifico sui terreni federali. L’area di San Gabriel Mountain non è solo importante dal punto di vista della biodiversità ma è anche patria di diverse culture indigene. Per migliaia di anni popoli come i Kizh, i Tongva, i Chumash Kitanemuk, Serrano e i Tataviam hanno vissuto in questa zona. Oggi i loro discendenti continuano a utilizzare l’area per scopi cerimoniali e per la raccolta di piante tradizionali importanti per la lavorazione del vimini, il cibo e la medicina.
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Fonte: US Forest Service; foto di Pexels
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Text
Pier Paolo Pasolini on the cover of Guerin Sportivo following his death on the 2nd of November 1975.
Eulogy and interview transcribed below the cut:
Italian:
Di Pier Paolo Pasolini ricordo la straordinaria disponibilità al dialogo sportivo. Poteva sembrare un non senso in un uomo di cultura, poteva anche passare per civetteria poliedrica, ma in lui lo sport era uno dei momenti essenziali. E lo scrittore vi teneva fede non solo quando ribadiva la validità del binomio arte e gioco, ma lo faceva in prima persona. Diceva: «Lo sanno tutti che mi piace giocare al calcio, e per questo c'è sempre qualcuno che mi chiama. Io vado soltanto a giocare. Per me l'arte è gioco ed anche il gioco, in qualche modo, è arte». Così era l'uomo-Pasolini, sincero anche nel paradossale: le sue prestazioni calcistiche raramente hanno registrato una vittoria, anzi le sconfitte avevano punteggi da pallottoliere. Ma lui era tenace, martedì scorso avrebbe dovuto giocare a Palermo con altri attori, tanto per riassaporare quel gusto di libertà « che soltanto una partita tra amici - sono sempre parole sue - sapeva fargli ritrovare perchè soltanto così lo sport usciva dalla dimensione di bene di consumo ». Per questo forse trovava il «Guerin Sportivo» dissacrante nel modo giusto. Specie quando usciva dai canoni tradizionali e si lanciava in crociate senza nessun avallo all'inizio, ma che in seguito si rivelavano giuste e facevan proseliti. «Bisogna aver coraggio mi diceva qualche giorno fa, durante la sua ultima intervista sul calcio e i suoi protagonisti il coraggio di uscire dalla mercificazione e dai commenti falsamente vivaci. Non c'è dubbio che Brera sa scrivere, anche Ghirelli. Tutti gli altri, invece, sono un casuale ammasso di luoghi comuni ». Gli proponemmo di commentare per noi gli avvenimenti più importanti, meglio ancora se sconfinavano dai limiti sportivi per entrare in quelli del costume. « Aver coraggio - mi rispose - vuol dire fare cose anche come questa. Magari riuscissi a trovare il tempo per farle, chissà! Parliamone, forse riesco a farlo davvero ». Incontrarlo era un'avventura. Nella sua casa dell'Eur non c'era quasi mai. Al telefono mi rispondeva la vecchia madre oppure Graziella Chiercossi, docente di lettere al- l'Università, sua cugina di secondo grado. Era sempre in giro, ma lasciava diligentemente nota dei suoi spostamenti, magari cambiandoli cinque minuti dopo. La sua ultima intervista è nata nell'intervallo di una conferenza all'Università di Bologna. (« Meno male mi disse - parliamo di sport. Mi serve per rilassarmi prima di tornare là dentro!»), si è poi completata in un secondo incontro. Pier Paolo Pasolini, però, pur nel suo correre era di parola: « Vedi un po' se basta, che del contenuto ne rispondo io. Anzi, appena a Roma, mando qualche appunto per ampliare alcuni concetti ». É puntuale, qualche giorno fa è arrivata in redazione una sua caratteristica busta arancione. Ecco, questo è stato l'iter della sua ultima discussione sul calcio. « Peccato - disse nel salu- tarmi che tutti mi considerino solo un uomo di cultura. Vogliono da me unicamente giustificazioni culturali forse perché oggi la cultura è un ottimo alibi. Mai che mi invitino a tenere una conferenza sul calcio, eppure sono ferratissimo. Vedi, gli sportivi sono poco colti e gli uomini colti sono poco sportivi. Ma io sono un'eccezione >>. Ecco, Pier Paolo Pasolini era tutto questo. «< Lo sport, si legge nell'intervista, è diventato la religione del nostro tempo». Di sicuro, lo era del suo.
English:
I remember Pier Paolo Pasolini's extraordinary willingness to engage in sports dialogue. It might have seemed nonsensical in a man of culture, it might even have passed for multifaceted coquetry, but for him sport was one of the essential moments. And the writer remained faithful to it not only when he reaffirmed the validity of the binomial art and play, but he did it in the first person. He said: "Everyone knows that I like playing football, and for this reason there is always someone who calls me. I just go and play. For me art is play and play, in some way, is art". This was Pasolini the man, sincere even in the paradoxical: his football performances rarely recorded a victory, indeed the defeats had scores like an abacus. But he was tenacious, last Tuesday he should have played in Palermo with other actors, just to savor that taste of freedom «that only a game between friends - his words - could make him find again because only in this way did sport emerge from the dimension of a consumer good». Perhaps this is why he found «Guerin Sportivo» irreverent in the right way. Especially when it went beyond traditional canons and launched into crusades without any endorsement at the beginning, but which later turned out to be right and made converts. "You have to have courage - he told me a few days ago, during his last interview on football and its protagonists - the courage to escape from commodification and falsely lively comments. There is no doubt that Brera knows how to write, even Ghirelli. All the others, on the other hand, are a casual mass of clichés." We suggested that he comment on the most important events for us, even better if they went beyond the limits of sport to enter those of custom. "Having courage," he replied, "means doing things like this too. I wish I could find the time to do them, who knows! Let's talk about it, maybe I can actually do it." Meeting him was an adventure. He was almost never in his house in EUR. His old mother would answer the phone, or Graziella Chiercossi, a literature professor at the University, his second cousin. He was always out and about, but he diligently left notes of his movements, sometimes changing them five minutes later. His last interview was during the break in a conference at the University of Bologna. ("Luckily, he told me, 'Let's talk about sports. I need it to relax before going back in there!'") and was then completed in a second meeting. Pier Paolo Pasolini, however, even in his rush, was true to his word: "You'll see if it's enough, because I'll answer for the content. In fact, as soon as I get to Rome, I'll send a few notes to expand on some concepts." He is punctual, a few days ago his characteristic orange envelope arrived in the editorial office. Here, this was the process of his last discussion on football. "Too bad - he said when greeting me - that everyone considers me only a man of culture. They only want cultural justifications from me, perhaps because today culture is an excellent alibi. They never invite me to give a conference on football, and yet I am very knowledgeable. You see, athletes are not very cultured and cultured men are not very sporty. But I am an exception". Here, Pier Paolo Pasolini was all this. "Sport, we read in the interview, has become the religion of our time". Certainly, it was of his.
Italian:
Un documento eccezionale: l'ultima intervista di Pier Paolo Pasolini. Sono domande che vertono su argomenti sportivi o che comunque nello sport trovano la loro matrice e Pasolini ha risposto in due cartelle dattiloscritte, correggendo e ampliando il concetto (dove ve ne fosse bisogno ad una seconda lettura) con la sua scrittura minuta e fitta. Perché, ci si chiede ora, argomenti sportivi ad un poeta, ad un intellettuale come lui? Perché Pasolini, scrittore e regista, era anche uomo di sport. Amava il calcio in particolare; spesso partecipava a partite tra amici, ma sempre con il massimo impegno com'era nel suo carattere. « Per me sport e cultura non sono in antitesi aveva detto in un nostro precedente colloquio - anzi, si integrano, lo sport fa parte del bagaglio culturale di ogni uomo libero ». Per questo, ora, pubblicare la sua testimonianza sportiva ci pare per noi che di sport viviamo la maniera migliore di ricordarlo.
English:
An exceptional document: Pier Paolo Pasolini's last interview. These are questions that focus on sports topics or that in any case find their origin in sports and Pasolini answered in two typewritten pages, correcting and expanding the concept (where necessary on a second reading) with his minute and dense writing. Why, one wonders now, sports arguments to a poet, to an intellectual like him? Because Pasolini, writer and director, was also a man of sport. He loved football in particular; he often took part in matches with friends, but always with the maximum commitment as was his character. "For me, sport and culture are not in antithesis, he had said in a previous conversation - on the contrary, they complement each other, sport is part of the cultural baggage of every free man". For this reason, now, publishing his sporting testimony seems to us, for those of us who live by sport, the best way to remember him.
Italian:
Q. Si dice calciatore e si va subito al successo, al guadagno. La regola del gioco, tuttavia, può esse- re troppo dura: in fondo, il giovane che diventa un idolo si trova in un contesto innaturale in cui non sempre il dare e l'avere risultano in pareggio a fine carriera. Qualcuno ha detto che un calciatore è come un clown: spogliato dei suoi abiti sgargianti è una persona tristissima. A. Trovo un po' sentimentale questo problema. Potremmo proporlo come tema di una canzonetta. Del resto non mi pare che questi giovanotti trovino così traumatizzante il successo. Anzi sembrano trovarlo molto naturale e quasi dovuto. Direi che lo tecnicizzano subito. E ciò li rende impenetrabili. L'alato Antognoni è una sfinge. Chi si "scopre" sono di solito o i genitori o gli amici o i padroni dei bar.
English:
Q. You say you're a footballer and you immediately go to success, to earnings. The rules of the game, however, can be too harsh: after all, the young man who becomes an idol finds himself in an unnatural context in which giving and taking do not always result in a draw at the end of his career. Someone said that a footballer is like a clown: stripped of his flashy clothes he is a very sad person. A. I find this problem a bit sentimental. We could propose it as the theme of a song. Besides, it doesn't seem to me that these young men find success so traumatic. On the contrary, they seem to find it very natural and almost due. I would say that they immediately technicalize it. And this makes them impenetrable. The winged Antognoni is a sphinx. Those who "discover" themselves are usually either their parents or their friends or the owners of the bars.
Italian:
Q. Riva e Rivera: due campioni, due personaggi, due uomini profondamente differenti. Riva è taciturno e riesce quasi sempre antipatico. E per di più è innamorato di una donna sposata con un altro. Fa simpatia solamente nella sventura. Rivera, invece, viene coccolato, preso ad esempio, è il tipico self-made man italiano. Parla con l'erre francese e non bestemmia. Riva e Rivera, dunque, come le due facce del nostro calcio. A. Riva è un uomo molto simpatico. Lo capisco dalla rabbia che mi fa: che è la rabbia che fanno gli amici. Parlo della rabbia dovuta alla sua rinuncia, alla sua fuga, alla sua assenza. Io penso che ci si debba spendere fino all'ultimo, e che quindi si debba anche sbagliare. Ma Riva è un "naturale" amico: e perciò dico questo cercando di capire le sue ragioni, soprattutto quelle più inconsapevoli, con cui è inutile discutere se non per passione. Di Rivera non capisco nulla, l'ho sempre considerato un grande giocatore, ma quando ho visto a Mantova la partita Milan-Cagliari mi sono reso conto che, al contrario di Riva, ha fatto benissimo a ritirarsi. Adesso, però, vuol tornare in campo e in Consiglio. Metta in pratica la seconda ipotesi. Penso che or- mai possa fare solo il Presidente.
English:
Q. Riva and Rivera: two champions, two characters, two profoundly different men. Riva is taciturn and almost always comes across as unpleasant. And what's more, he's in love with a woman married to someone else. He's only sympathetic in misfortune. Rivera, on the other hand, is pampered, taken as an example, he's the typical Italian self-made man. He speaks with the French "r" and doesn't swear. Riva and Rivera, therefore, like the two faces of our football. A. Riva is a very nice man. I understand it from the anger he makes me feel: which is the anger that friends make [you feel]. I'm talking about the anger due to his renunciation, his escape, his absence. I think that one should give oneself up to the last, and therefore one should also make mistakes. But Riva is a "natural" friend: and that's why I say this trying to understand his reasons, especially the most unconscious ones, with whom it's useless to argue if not out of passion. I don't understand anything about Rivera, I've always considered him a great player, but when I saw the Milan-Cagliari match in Mantua I realized that, unlike Riva, he did well to retire. Now, however, he wants to return to the field and to the Council. Put the second hypothesis into practice. I think that now he can only be President.
Italian:
Q. Padre Eligio: ovvero, la Chiesa batte nuove strade. Il suo è un personaggio per molti versi inconcepibile. Di lui si dice che non esiste cosa che non abbia fatto. Adesso ha preso Rivera sotto la sua tonaca protettrice e gli cura le pubbliche relazioni. Ecco, può coesistere il binomio padre Eligio-calcio? A. Padre Eligio (almeno pubblicamente) è un uo- mo così volgare che mi riesce impossibile parlare di lui.
English:
Q. Father Eligio: that is, the Church is breaking new ground. His is a character that is in many ways inconceivable. It is said of him that there is nothing he hasn't done. Now he has taken Rivera under his protective cassock and takes care of his public relations. So, can the Father Eligio-football duo coexist? A. Father Eligio (at least publicly) is such a vulgar man that it is impossible for me to talk about him.
Italian:
Q. La Nazionale, Bernardini e Bearzot: le critiche si sono sprecate. Bernardini chiede tempo e pace, i tifosi vogliono risultati e subito. La Finlandia non fa testo, la Polonia invece ha dato il via ad una polemica feroce fatta di falso ottimismo, Facchetti (prima di Varsavia) ha detto che una Nazionale decente in questi anni la si è vista contro l'URSS. Per il resto, tutto da rifare. A. Ha ragione Facchetti: la partita contro l'URSS è stata la migliore che la Nazionle italiana abbia giocato in trasferta in questi anni. Meglio anche di Varsavia. Le mancava solo l'ultimo passaggio verti- cale verso la porta avversaria. O perlomeno le man- cava chi fosse così autorevole da farselo fare. Savol- di era la prima volta che giocava: i suoi compagni non sapevano che bisogna passargli palloni in pro- fondità a mezza altezza da girare, piegati, di testa; oppure ciabattate sempre in profondità su cui entra- re un po' pazzescamente in scivolata. Ci ha prova- to ultimamente Pulici, ma ha fatto cilecca. Non gli sono arrivati neanche dei palloni casuali che egli po- tesse raggiungere, con le spalle alla porta avversaria, da girare alla cieca, secondo il suo particolare, enig- matico opportunismo. Chinaglia in quella Nazionale era perfettamente inutile: una mezza punta goffa e delirante, che in tal ruolo non vale neanche un deci- mo di quello che vale il delizioso, lampeggiante Bettega. E per di più Chinaglia non fa altro che mettere il malumore agli altri: e tutti sanno che si gioca bene solo quando si è di buon umore. Mi vie- ne il sospetto che Bernardini facesse giocare China- glia per ragioni non sportive. Speravo molto che Chinaglia se lo prendesse il Cosmos (e magari Cosa Nostra).
(contd)
L'altro punto nero è Graziani, che, come Pulici, è bravissimo a fare dei gollacci a delle squadre di media o bassa classifica, come si dice, del campionato italiano. Ma oltre a tale bravura non va. Tuttavia una frase di Bernardini, riportata, spero fedelmente, da un giornale mi ha illuminato: "Auguro al mio successore di trovare un nuovo Riva". E' infatti proprio un nuovo Riva che manca. alla Nazionale: ossia, manca la possibilità di giocare verticalmente (perché non dico "Riva" ma un "nuovo Riva"). Non è colpa di Bernardini (o di Bearzot?) se questo "nuovo Riva" effettivamente non c'è. Per tutto il resto mi sembra che Bernardini abbia fatto un ottimo lavoro. La partita contro la Finlandia non significa nulla. E' stata una trappola, un vicolo cieco. E' riuscito a giocar male anche Rocca, che ha fatto fughe da oratorio. Si è comunque salvato (proprio per questa sua naturalezza), ma si è bruciato un altro bravissimo giocatore come Gentile. Ripropo- sto a Varsavia, ha risentito di questa mancata fiducia ed è risultato forse il peggiore degli italiani. E' difficilissimo dire perché la partita con la Finlandia non può avere rilevanza. E non mi avventuro in un' analisi retorica. Però è così. I "piedi buoni" restano "piedi buoni" malgrado la Finlandia. E Cordova contro la Polonia (a Roma ovviamente) ha avuto dei piedi deliziosi, sia ben chiaro. In conclusione devo ammettere che ci sono delle buone ragioni per non avere sfiducia in Bernardini. Egli ha dato alla Nazionale una velocità doppia a quella della Nazionale precedente (anche se non raggiunge certo neppu- re quella della Finlandia…) e, soprattutto, ci ha fatto tornare vincitori (o quasi) da una trasferta in casa di Lato, Deyna e Gadocha. E con i tempi che corrono, questo pareggio è un exploit mondiale. Questa velocità ha creato, un nuovo, grande giocatore: Capello. Quando, secondo il mito del gioco all'italiana Meazza - Rivera, Capello andava al trotto o al piccolo trotto, era un buon giocatore e basta. Adesso che è costretto a corre- re, e anche tanto, è diventato appunto un grande. Perché egli sa fare rifiniture in velocità (mentre un tempo le rifiniture erano naturaliter blande). Il segreto del gioco moderno, sul piano individuale, è l'esattezza massima alla massima velocità: correre come pazzi ed essere nello stesso tempo stilisti. Ciò e successo a Capello: e poteva succedergli solo nel contesto bernardiniano.
English:
Q. The National team, Bernardini and Bearzot: the criticisms have been wasted. Bernardini asks for time and peace, the fans want results and now. Finland is not a good example, Poland instead has started a fierce controversy made of false optimism, Facchetti (before Warsaw) said that a decent National team in recent years was seen against the USSR. For the rest, everything needs to be redone. A. Facchetti is right: the match against the USSR was the best that the Italian National team has played away in recent years. Even better than Warsaw. All that was missing was the final vertical pass towards the opponent's goal. Or at least it was missing someone authoritative enough to have it done. It was Savoldi's first time playing: his teammates didn't know that you have to pass him balls in depth at half height to turn, bent, with your head; or slips always in depth on which you can slide a bit crazy. Pulici tried recently, but he failed. He didn't even get random balls that he could reach, with his back to the opponent's goal, to pass blindly, according to his particular, enigmatic opportunism. Chinaglia was completely useless in that national team: a clumsy and delirious half-forward, who in that role isn't even worth a tenth of what the delightful, flashing Bettega is worth. And what's more, Chinaglia does nothing but put the others in a bad mood: and everyone knows that you only play well when you're in a good mood. I suspect that Bernardini played Chinaglia for non-sporting reasons. I really hoped that the Cosmos (and maybe Cosa Nostra) would take Chinaglia.
(contd)
The other black spot is Graziani, who, like Pulici, is very good at scoring goals against teams in the middle or lower ranks, as they say, of the Italian championship. But beyond that he doesn't go. However, a phrase by Bernardini, reported, I hope faithfully, by a newspaper enlightened me: "I hope my successor finds a new Riva". It is in fact a new Riva that the National team lacks: that is, it lacks the ability to play vertically (because I don't say "Riva" but a "new Riva"). It is not Bernardini's fault (or Bearzot's?) if this "new Riva" is effectively missing. For everything else it seems to me that Bernardini did an excellent job. The match against Finland means nothing. It was a trap, a dead end. Rocca also managed to play badly, making oratory-like escapes. He was saved anyway (precisely because of his naturalness), but he burned another very good player like Gentile. Re-proposed in Warsaw, he suffered from this lack of confidence and was perhaps the worst of the Italians. It is very difficult to say why the match with Finland cannot be relevant. And I will not venture into a rhetorical analysis. But it is so. The "good feet" remain "good feet" despite Finland. And Cordova against Poland (in Rome obviously) had delicious feet, let's be clear. In conclusion I must admit that there are good reasons not to have no confidence in Bernardini. He has given the national team a speed double that of the previous national team (even if he certainly does not reach that of Finland…) and, above all, he has made us return victorious (or almost) from an away game at the home of Lato, Deyna and Gadocha. And in the current times, this draw is a world-class exploit. This speed has created a new, great player: Capello. When, according to the myth of the Italian game Meazza - Rivera, Capello went at a trot or a slow trot, he was a good player and that was it. Now that he is forced to run, and a lot, he has become a great player. Because he knows how to do finishing touches at speed (whereas once the finishing touches were naturally bland). The secret of the modern game, on an individual level, is maximum precision at maximum speed: running like crazy and being a stylist at the same time. This happened to Capello: and it could only have happened to him in the Bernardine context.
Italian:
Q. Il pallone come sedativo antidolorifico: ovvero, con una partita passa tutto. Succede nell'America Latina, succede anche da noi. In fondo, al povero basta poco e un pallone è l'ideale per sognare. A. Che lo sport (i "circenses") sia "oppio del popolo", si sa. Perché ripeterlo se non c'è alternativa? D'altra parte tale oppio è anche terapeutico. Non credo ci sia psicanalista che lo sconsiglierebbe. Le due ore di tifo (aggressività e fraternità) allo, stadio, sono liberatorie: anche se rispetto a una morale politica, o a una politica moralistica, sono qualunquistiche ed evasive.
English:
Q. Football as a painkiller: that is, with a match everything goes away. It happens in Latin America, it happens here too. After all, the poor don't need much and a football is ideal for dreaming. A. That sport (the "circuses") is the "opium of the people", is known. Why repeat it if there is no alternative? On the other hand, this opium is also therapeutic. I don't think there is a psychoanalyst who would advise against it. The two hours of cheering (aggression and brotherhood) at the stadium are liberating: even if with respect to a political morality, or a moralistic politics, they are indiscriminate and evasive.
Italian:
Q. Dopo la donna-madre, la donna-amante, la donna-mille usi, adesso la donna gioca pure al pallone. E giura che non è finita. Allora? A. Che le donne giochino a pallone è uno sgradevole mimetismo un po' scimmiesco. Esse sono negate al calcio come Benvenuti o Monzon.
English:
Q. After the woman-mother, the woman-lover, the woman-a thousand uses, now the woman also plays football. And she swears that it's not over. So? A. That women play football is an unpleasant mimicry a bit ape-like. They are as unsuited to football as Benvenuti or Monzon.
(source)
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