#neurodivergenza
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È triste scoprire di essere autistici, ma è una cosa felice.
Triste perché capisci che sei stata malissimo per niente, che hai odiato la gente per niente, perso energie e tempo, felice perché ora cambierò e non mi sento più sola, siamo tantissimi.
Io ho un altissimo mascheramento per fittare nella società, ma uno dei miei tratti della personalità è quello evitante: non mi fido delle persone perché mi hanno fatta soffrire, il mio autismo le ha associate a traumi e cose negative, la conseguenza è che io evito qualsiasi tipo di contatto con gli altri, non mi fido al punto di non chiedere informazioni, ma non chiedere nemmeno aiuto perché sono tutti bugiardi e mi nascondono qualcosa.
È triste, ma ora che so che è la mia testa, posso chiedere informazioni, ma anche aiuto, perché ho imparato che solo le persone che mi hanno fatta soffrire sono “teste di cazzo”, e le altre per quanto possibile dovrei affidarmici… anche se è difficile perché sono molto abile a leggere le persone e risconoscere pattern delle cose.. riesco subito a vedere gli atteggiamenti negativi e valuto a fatica i positivi (noto prima i negativi perché devo capire se sei cattivo per difendermi)
Dio ma non potevi farmi come nel meme, l’autistico che fa 5 cose contemporaneamente e le esegue tutte benissimo?
Però ti ringrazio di avermi dato l’alto funzionamento: se non avessi potuto studiare, vestirmi, nutrirmi non so come sarei stata, o come sarebbe stato per i miei.
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Come Essere una (Vera) Lady – In Viaggio pt. 1
(oppure un Compendio sul Viaggiare Senza Farsi Notare)
‼️Questo blog ha lo scopo di riportare le avventure di unǝ autore profondamente neurodivergente ed introversǝ che ha deciso di usare un masking femminile, in quanto she/them, per sopravvivere alle normali e quotidiane disgrazie della vita ‼️
Premessa: perché Lady e non “Signorina”?
Perché Signorina ha una connotazione intrinseca che include diversi stereotipi di genere: presuppone che la persona sia una ragazza, che sia in età giovanile, che non sia sposata e ha un generale senso paternalistico del termine, dove invece Lady ricopre l’intera età adulta, senza discriminazioni di orientamento di genere (questo blog è gender neutral, nonostante l’autrice abbia deciso di ricoprire un’identità femminile, tutto ciò che viene scritto può essere facilmente intercambiato con altri vestiti/oggetti, poiché non è quello il punto di essere una Lady, un Monsieur or a Majesty), sessuali, religiosi o culturali.
Ma incominciamo: se vi dovesse capitare la disgrazia di dover fronteggiare la prospettiva di un viaggio e tutto ciò che lo circonda, questo è il post(o) che fa per voi 🌸
Non è infatti cosa desueta o sconosciuta ai più che le affollate metropolitane, autobus, treni, aerei e (il cielo non voglia) barche, mostruosi scempi di arroganza umana (nota: chi scrive, soffre tremendamente il mal di mare), quando già Monsieur Douglas Adams magistralmente appellava che non esiste lingua che contenga al suo interno la frase “bello come un aeroporto”, suscitino una normale fonte di stress.
La gente che poco prima amavate con giovialità ora diviene una folla imperscrutabile che si frappone tra voi e la meta. Solo il tempo e il fato decideranno la vostra sorte. Siete, insomma, in mano ai mezzi pubblici.
Ecco, quindi, una piccola serie di trucchi che lǝ vostrǝ adoratǝ ha trovato utile per fluttuare in questo formicaio di viavai frenetico 💅✨
Intanto, una Lady non si avvicinerebbe mai a nessuna stazione con i mezzi pubblici. Ella discende da un’auto privata (che costa meno del taxi), essendo assolutamente proibitivo attraversare la stazione a piedi, sulla quale è stata di cortese compagnia all’autista, oppure in dignitoso silenzio (se l’ansia è eccessiva) a lavorare sul suo telefono.
Scendendo dalla macchina, sfilerà fuori, in ampio (ma non troppo, una mezz’ora basta e avanza) anticipo, fermandosi un soltanto per concedersi l’ultima sigaretta prima del viaggio (meglio se elettronica e dal profumo forte) come a lanciare un ultimo sguardo da turista a quella che è la sua stessa città.
Una Lady è impassibile davanti al caldo, poiché si è ampiamente bagnata nel profumo poco prima di uscire: il suo vestito scende fino alle gambe (il che risparmia una noiosa depilazione, in caso serva) e concede giusto un paio di scarpe comode, o eleganti, a vostra discrezione. L’autore, inseparabile dalle sue converse nonostante l’età, le metterà ostinatamente sotto qualunque cosa, in quanto nere.
Il vestito è “adeguato”: elegante, certo, che spicchi, senza essere eccessivamente appariscente: un evidente compromesso tra la comodità e le nobili inglesi (ne potete rintracciare uno per 20€ in qualunque bancarella/negozietto).
Una (Vera) Lady si è preparata in anticipo: ha scelto con cura una delle due braccia, solitamente quella con cui scrive, su cui sviluppare una serie di muscoli sconosciuti alla maggior parte della popolazione umana, capaci di una forza straordinaria. Ovviamente, ciò non è deducibile dall’occhio esterno, poiché una Lady sa sempre come ben celare questa sua abilità sovrumana sotto frappe e pieghe del vestito, ma che ha evoluto con uno scopo preciso: mantenere in perfetto equilibrio una borsa petite, di capienza pressoché nulla ma rinforzata in metallo, e la borsa da viaggio, il cui peso e volume sono assolutamente indecifrabili, a parte essere completamente proporzionati alla sua figura.
La borsa non deve mai poggiare sulla spalla, un grossolano errore da principianti, ma delicatamente sostenuta dalla piega del gomito, mentre discende la scala mobile con estrema classe e tuttavia senza mancare di non distogliere mai lo sguardo dal telefono.
Una Lady è sempre impegnata (anche se è scrollare facebook/IG)
Com’è noto, cuffie e zaini, di alcun genere, sono assolutamente vietati: poiché suggeriscono un mondo di cui Lei non fa parte, come una creatura discesa per un mero momento, abbassandosi ad usare i mezzi pubblici come i comuni mortali. Dunque, la (Vera) Lady indossa sempre AirPods, se (Vera) saranno naturalmente Apple.
Altrimenti, inutile fingere: la copia è peggio dell’originale, quindi avrà optato per una marca che, cinguetterà, è parimenti sofisticata (irl, non lo è, ma ha un miglior rapporto qualità/prezzo, ricordiamoci sempre che è una performance).
È chiaro che le sedie situate per i passeggeri siano fuori questione, in quanto simbolo di povertà economica o stanchezza fisica, nessuna delle quali rientra nel Suo panorama (ma assolutamente in quello di chi scrive e che agogna un attimo di riposo).
Dunque, una Lady sbufferà indignata, diverse volte, roteando visibilmente gli occhi al cielo mentre rimane composta in fila alla cassa del bar in prenderà un caffè, (rigorosamente) dell’insalata di frutta e una bottiglietta d’acqua: il tutto, ovviamente, rincarato, ma a Lei non importa (lǝ vostrǝ scrittorǝ invece ha sentito il cuore sprofondare alla vista dello scontrino e per un secondo ha tentennato in questa avventura). E invece.
La fauna di una Stazione ad Alta Velocità non differisce in alcun modo, anche se potrebbe suggerire diversamente, dal resto di una normale stazione, ad eccezzione d'un'abbondanza di Ragazzi Europei o US in Viaggio Per l’Europa e Coppie Sopra i 40.
Per i primi, la presenza della Lady creerà una certa confusione: nel momento in cui gli chiederà in prestito una sedia parlando inglese, dopo aver trovato uno squallido tavolino, ma il più pulito della sua fila (a questo punto, perché non fingersi turista fino in fondo?).
La seconda categoria è più ostica da aggirare, in quanto la figura della Giovane Donna sembra essere per loro un fastidioso pensiero intrusivo, il ricordo di quello che avrebbe potuto essere e il sogno di una ragazza che, nel suo sbocciare, sembra essere così arrivata. Già arrivata.
Poco sanno di chi vi sta scrivendo e dunque non può che sfuggire un sorriso ironico, che li infastidirà ulteriormente.
Una (Vera) Lady, sempre nella sua avventura di poter bere il suo caffè, è sempre accorta che nulla dei suoi possessi tocchi nulla, ma se proprio deve scegliere, il pavimento è il più grande nemico. Sarà quindi sempre puntualmente attenta che il vestito, seppur lungo, non sfiori mai il suolo, dando l’impressione che una volta giunta a destinazione, brucerà quelle scarpe immonde.
[fine parte 1]
#travel#neurodivergent#neurodiversity#tips and tricks#masking#queer writers#ladylike#aestethic#first post#cheap#satirical#antropología#satira#scrittoreitaliano#neurodivergenza#consiglio
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[Volevo fare l'astronauta][Benedetta Lo Zito]
"Volevo fare l'astronauta" di Benedetta Lo Zito parla di indipendenza femminile, diritti LGBTQIA+, anticapitalismo e lotta politica. E il filo comune che lega tutto questo è proprio l’amore
Benedetta è sempre stata un’attivista per i diritti umani; eppure, a 34 anni, ha capito di dover fare un ulteriore coming out: come lesbica, come persona neurodivergente, come anticapitalista una volta per tutte. Qui, ci parla di come è passata dal sogno delle navicelle spaziali a quello delle società di cura. Un indizio: c’entra l’amore. Perché questo libro parla di indipendenza femminile,…
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#2023#adhd#Benedetta Lo Zito#Coming out#Italia#LGBT#LGBTQ#Narrativa#narrativa italiana#neurodivergenza#New-Book#New-Book Edizioni#Volevo fare l&039;astronauta
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Più passa il tempo e più sono abbastanza convinta di rientrare, almeno sotto alcuni aspetti, in qualche tipo di neurodivergenza. Preambolo necessario per spiegare -in minima parte- la calma che deriva dall'aver finalmente messo nero su bianco i bimbi che devo richiamare e aver fatto tabelle varie per capire chi devo riprendere prima e quali siano gli appuntamenti disponibili. Questo basta a togliere l'ansia? Assolutamente no, perchè per colpa dei venti giorni di assenza post intervento mi si sono accavallati i cicli di trattamento, quindi per qualche settimana avrò molte più sedute di quelle che di norma dovrei fare e questo mi fa uscire: pazza. Però comunque: che bello organizzare e pianificare cose.
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Le cicatrici dell'anima
Mi guardo allo specchio. L’immagine riflessa è quella di un uomo senza età ma stanco, con gli occhi spenti e la consapevolezza che nella vita si è legato a sogni o legami che ha perso. Allontanandosi da essi, venendo allontanato.
Le cicatrici, quelle visibili sulla pelle, non sono molte e neanche un granché. L'unica che chiunque possa notare è quella sotto l'occhio destro. Un monito, un promemoria di come sarebbe potuta andare peggio. Pensandoci non tutti la notano, solo chi ha avuto davvero attenzione per me.
Ma le cicatrici più profonde, quelle dell’anima, sono invisibili agli occhi degli altri. Anche queste notate da pochi, solo da coloro che hanno scrutato nella mia anima. E non parlo di quelli a pagamento.
Mi siedo sul bordo della vasca da bagno, accarezzo la pelle screpolata delle mani. Non mi sono mai voluto bene e questo lo si vede anche fisicamente. Un'esistenza priva di piaceri personali, come a punirmi e per non piacere agli altri. Un modo per sentirmi vivo solo in me stesso, con la fottuta paura dell'abbandono. Ma ora, avvolto nel silenzio degli anni passati, mi sento più solo che mai anche se in mezzo ad altri.
Ricordo l’infanzia, un tempo in cui il mondo era un luogo pieno di meraviglia e di possibilità. Di una madre che mi sorrideva a cui stavo sempre attaccato. Ma la vita, con la sua crudele ironia, mi ha costretto a non crescere in fretta. Per proteggermi da delle responsabilità che poi sono arrivate come uno tsunami.
Ho imparato a indossare una maschera, a nascondere le mie emozioni per paura di essere giudicato. Questa mattina proprio mia madre, in preda alla demenza senile mi ha maledetto. Sentendosi tradita, anche se non l'ho mai fatto e chi lo ha fatto davvero si è goduto i suoi anni migliori; lasciando a me una persona consumata dalla rabbia e dalla delusione.
Domani se ne sarà dimenticata e come sempre dirà che sono l'unica "cosa" che ha, non "figlio" ma una "cosa".
Mi sento come un re di un regno decadente, circondato dalle rovine del mio passato. I miei pensieri sono complessi, come tessere di un puzzle che vanno completati. La neurodivergenza mi porta ad avere un cervello senza interruttore, che macina chilometri su chilometri come una vecchia locomotiva nel Far West.
Ho sempre avuto l'ansia di deludere le persone che ho amato, di far loro del male. Eppure, nonostante i miei sforzi, ho commesso degli errori facendomi fraintendere e perdendo chi ho desiderato più della mia stessa vita.
“Cosa sono diventato?”, mi chiedo spesso. Una vittima? Un impostore? Un semplice spettatore della mia vita?
Chiudo spesso i miei occhi, anche ora, cercando di immaginare un futuro diverso, un luogo lontano da tutto questo dolore. Un luogo dove poter ricominciare da capo, dove poter essere me stesso senza paura. Ma una notifica mi riporta con i piedi per terra.
Ci sono momenti, però, in cui capisco che la serenità non è una meta da raggiungere, ma un percorso da intraprendere. Che devo imparare ad accettare me stesso, con i miei difetti e le mie fragilità. Dovo perdonare me stesso per i miei errori, prima che quelli degli altri, solo così posso ambire a un futuro migliore. Per quanto mi rimane.
Mi alzo dal bordo vasca e mi avvicino alla finestra. Osservo il cielo pieno di nuvole cariche di acqua, sento il rumore della pioggia che come sempre mi crea una sensazione di pace.
Forse è proprio da queste piccole cose che si inizia a guarire, ora mi metterò della crema sulle mani screpolate. Devo guarire dai dolori che mantengo perché mi legano ancora a qualcuno che non ho rinunciato ad amare. Un dolore che mi porto dentro.
Perché nulla dev'essere per sempre, neanche il dolore.
Immagine: “La Riproduzione Vietata” di René Magritte Nei miei auricolari: Johnny Cash - Hurt 🎶
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post su reddit sul qi e, parafrasando, su come sia fuffa. a prova di ciò scrivo: vero, io ho x eppure sono stato bocciato, mai terminato gli studi, mi interesso di dieci argomenti contemporaneamente ma poi a a lezione il cervello mi va in overflow, non capisco nulla e sbadiglio. rispondono: dovresti valutare l'idea di una neurodivergenza. penso: in realtà più passa il tempo e più me ne convinco ma, per quanto voglia e per quanto mi aiuterebbe ad avere un punto di partenza, i test per l'autismo in età adulta hanno un costo. dovrei mettere l'apparecchio e non me la sento di uscire quei soldi, figuriamoci un test diagnostico
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Unpopular opinion: ieri ho visto Zlatan, il film biografico sull’infanzia e adolescenza di Zlatan Ibrahimovic e ho notato certi comportamenti, come la difficoltà a mantenere la concentrazione e la sua iperattività e trattenere certi comportamenti impulsivi e quindi ho pensato fossero segni di ADHD.
Per esempio nella scena in cui non presta attenzione alla maestra o al suo allenatore, o quando non riesce ad aspettare per oltre 10 minuti l’arrivo della ragazza all’appuntamento.
Io non sono una psicologa o psichiatra ma conosco molte persone con questo tipo di neurodivergenza ditemi se mi sbaglio.
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Comincio a sospettare fortemente di avere una neurodivergenza (spettro dell autismo ad alto funzionamento) e che tutti i casini successivi, sostanze comprese, possano essere almeno in parte legati a quello (darebbe un senso a molte cose), ma forse è solo l ennesima casella in cui cerco di inserirmi senza adattarmici..
Sono la sheldon cooper degli sballati, anche se mi sento più che altro così (concetto di masking):
#neurodivergenze#spettroautistico#autismo#asperger#dipendenze#salute mentale#tossicodipendenza#droga#droghe#psicologia#psichiatria
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#CamdenClub#cinemaindie#cinemaitaliano#EventiLondra#filminitaliano#Flaminia#GiorgiaCecconi#MichelaGiraud#networkingcinematografico#TheChiswickCinema#WestLondonFilmFestival
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Spettro autistico e corretta informazione: se ne parla alla Federico II
Proseguono alla Federico II gli incontri sul tema dello spettro autistico, neurodivergenza sempre più presente nella nostra società ma assolutamente poco conosciuta che comporta disagi relazionali e sociali e che, ancora, viene individuata come un disturbo psichico. Spettro autistico e i gruppi di lavoro dell'Ateneo Organizzati da un gruppo di lavoro multidisciplinare dell'Ateneo federiciano che coinvolge esperti per competenza e per esperienza, gli incontri vogliono promuovere sul territorio una rinnovata comprensione del fenomeno e avviare un dialogo con le istituzioni per stimolare una riflessione che permetta di mettere in luce quanto ancora deficitaria sia l'informazione sullo spettro autistico e ipotizzare, in maniera sinergica, un cammino di crescita e confronto per formulare proposte concrete di inclusione "possibile". Il secondo appuntamento dei quattro in calendario, dal titolo 'Spettro autistico e corretta informazione' è in programma nell'aula Pessina del Dipartimento di Giurisprudenza (in corso Umberto I, 40). Dopo gli indirizzi di saluto di Matteo Lorito, Rettore dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, Sandro Staiano, Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza, Michelangelo Russo, Direttore del Dipartimento di Architettura, Antonio Pescapè, Delegato del Rettore all'Innovazione e alla Terza Missione, Marella Santangelo, Delegato alla Terza Missione del Dipartimento di Architettura, Carmine Foreste, Presidente Ordine Avvocati Napoli,e di Ottavio Lucarelli, Presidente dellʼOrdine dei Giornalisti della Campania, introdotti e coordinati da Maria Esposito, Responsabile dei rapporti con la Stampa del Rettorato della Federico II, si terranno gli interventi di Erminia Attaianese, del Dipartimento di Architettura, su ‘Comunicare e rappresentare lo spettro', di Francesca M. Dovetto, del Dipartimento di studi Umanistici, su ‘Autismo, comunicazione e linguaggio' e infine di Marilù Musto, Portavoce del Presidente del Consiglio Regionale, ‘L’autismo spiegato con un fumetto, stop alle parole che "fanno male"'. Dibattito Seguiranno il dibattito e le conclusioni a cura di Carmela Bravaccio, del Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali, e Roberta Alfano, del Dipartimento di Giurisprudenza. La partecipazione all'evento dà diritto a 6 crediti formativi dall'Ordine dei Giornalisti di Napoli, a crediti formativi dall'Ordine degli Avvocati di Napoli, a 1 CFU per gli studenti immatricolati fino all'a.a. 2019/2020 al corso LMG/01. Per immatricolati dall'a.a. 2020/2021 la partecipazione ai 4 eventi consente l'acquisizione di n.4 CFU. Foto di Sarah Salles da Pixabay Read the full article
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#2aprile: per alcuni forse questa data non significherà niente, ma per molte famiglie (anche per quelle che vogliono mostrarsi forti, anche quando forti non lo sono sempre) è una sorta di spartiacque tra il far finta che le persone #autistiche non esistano (o che siano un disturbo) e la voglia, da parte di chi è dotato di un briciolo di empatia, di conoscere meglio un mondo variegato, ma bellissimo.
Nessun autistico è uguale all'altro. E non si parla solo di entità della neurodivergenza. Ecco perché sarebbe essenziale aggiornarsi, informarsi, mettere da parte il buonismo politicamente corretto e sostenere veramente le famiglie, aiutandole in un percorso irto di ostacoli, ma per questo straordinario.
Grazie alla straordinaria umanità di @giuliogolia , da sempre in prima linea nel raccontare la vita non solo dei ragazzi e dei bimbi con #autismo, ma anche e soprattutto dei loro genitori, spesso costretti a scontrarsi con un muro di gomma fatto di finta pietà e vera, triste indifferenza.
#leiene #giornataperlaconsapevolezzasullautismo
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'Bari diversa', nel week-end il Festival del Pensare Queer
Una due giorni dedicata alla diversità in tutte le sue forme: ‘lectio, speech, dibattiti, spettacoli e reading sul corpo, l’intersezione, l’immaginario, l’autocoscienza, l’arte, la neurodivergenza, la pedagogia di genere’. Si svolgerà sabato 2 e domenica 3 marzo al teatro Piccinni di Bari l’evento ‘Bari diversa – Festival del Pensare Queer’, curato daTlon (progetto di divulgazione culturale…
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Una professoressa della bocconi ci ha contattati perchè curiosa della correlazione fra transessualità e neurodivergenza
Sono un sacco felice
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Dott. Xavier: di tutti i mutanti che potevo attirare nella Stanza del Pericolo proprio LEI mi doveva capitare...
In realtà mi aspettavo @nusta o @fattilinguistici con un reblog che che mi avrebbe fatto lussare l'indice a forza di scrollare ma mi fa più paura la sinteticità aggressivo-latente della tua domanda @heresiae <3
Dunque, io nasco e cresco umanista, nel senso che la scienza mi piace ma per ciò che cerco ha dei limiti che non riesco a superare (miei, non della scienza).
La mia affermazione ha un senso più ampio de 'il corsivo oramai è inutile' e conosco perfettamente gli studi che ne promuovono l'importanza dal punto di vista grafo-motorio e della produzione sintattica, semantica e del cognitivo.
Però.
Siamo sicuri che sia l'unico modo?
Diciamo che è il modo più usato per ADDESTRARE i bambini a essere fluenti nella trasposizione del pensiero in forma scritta (corsivo -> cursus -> che corre) ma per esperienza diretta con le mie figlie e con i loro compagni e le loro compagne mi sono reso conto che l'insegnamento forzato e obbligatorio di questa modalità di scrittura crea una sacco di problemi a bambini non neurotipici e se approfondite l'argomento (o meglio, lo conoscete) vi renderete conto che la neurodivergenza è molto più diffusa dello stereotipo del bambino 'speciale' che ha bisogno dell'insegnante di sostegno.
Qualcuno potrebbe dire 'allora aiutiamo loro e non penalizziamo gli altri bambini'.
Perché penalizzare?
Valutando i costi/benefici abbiamo da una parte una scrittura che in effetti è più veloce e dà benefici dal punti di vista del 'cognitivo' (racchiudo il senso in una sola parola) dall'altra, però, la forte impressione che in fondo si stia perpetrando un addestramento per abitudine, molto simile a quello degli anni '50-'60 che era la BELLA GRAFIA (con tanto di voto in pagella).
Non so... al netto di tutto mi pare, ribadisco, un'abitudine a un qualcosa che ci è stato inculcato e che a nostra volta ne pensiamo impossibile la non obbligatorietà, come se i bambini che non sapessero scrivere in corsivo mancassero di qualcosa.
Cosa, di grazia?
La scrittura è un modo, non un fine.
La scrittura è il contenitore delle idee.
Mi volete forse dire che senza il corsivo il bambino avrebbe meno strumenti per pensare e trasporre il suo pensiero per iscritto?
Io non credo e qua non stiamo a parlare dei bambini col tablet che non sanno più scrivere (quello è un discorso da affrontare a parte) e quindi concludo ribadendo che molta della polemica non credo riguardi la mancata produzione sintattica e neuro-motoria ma si riduca ai piagnistei di chi vedeva sostituire penna e calamaio dalle bic.
Abitudine.
Accompagnata da quel sottile sadismo del 'se l'ho fatto io, allora lo fai anche tu'.
P.S.
Io ho smesso di scrivere corsivo appena laureato e adesso tutti capiscono quello che prescrivo.
QUESTO POST È DOTATO DI SPECIALI PARETI IN ADAMANTIO CON PIASTRE DEFLETTENTI DI CORINDONE NONCHÉ DI CAMPI ELETTROMAGNETICI CHE POSSONO CONTENERE QUALSIASI EMISSIONE DELLO SPETTRO ENERGETICO A QUALSIASI LIVELLO E A QUALSIASI INTENSITÀ. CHIUNQUE ENTRI DEVE ESSERE CONSAPEVOLE DEL PERICOLO CHE CORRE E CHE QUALORA QUEST'ULTIMO DOVESSE ESSERE TALE DA COSTITUIRE RISCHIO PER LA PROPRIA VITA, BASTERÀ SCANDIRE A VOCE ALTA LA PAROLA 'RESPAWN' E SI VERRÀ TELEPORTATI AL DI FUORI DI TALE DISCUSSIONE IN TUTTA SICUREZZA, OVVIAMENTE SENZA POTER PIU' ESIGERNE UN NUOVO ACCESSO.
Sono assolutamente d'accordo che non venga più insegnato il corsivo nelle scuole.
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sto seguendo un workshop di musica e cinema in cui, lavorando in coppia con un altro studente, dobbiamo realizzare colonna sonora e sound design per un corto d'animazione. le premesse sono ottime, anche più del conservatorio che ultimamente ho seguito meno; non posso notare però come questi incontri mi sfianchino la difficoltà non è tanto nella loro durata, quanto la facoltà di comprendere la comunicazione altrui, capire come mostrarmi e soprattutto codificare quel che avviene intorno: mi trovo in un luogo estraneo, con persone a me sconosciute, intento a trovare un mio spazio. la naturalezza con cui si presentano si contrappone alla mia difficoltà nel capirli
con il passare del tempo ritengo sempre più plausibile che questi ostacoli non siano relegati ad ansia sociale o introversione, ma che associati a pecularità percettive possano farmi rientrare nello spettro delle neurodivergenze. banalmente, il masking per gestire l'intero approccio - dalla posa adottata al tono di voce, passando poi per una didascalica analisi del perché quel che dico possa creare inimicizie: a inizio giornata il collega con cui devo lavorare sembrava più contento di parlarmi. impegnarmi a essere gentile non è sufficiente: il rischio è di dire cose che, negli stadi iniziali, non è opportuno chiedere o dire; nulla di imbarazzante ma sufficiente per farmi apparire un po' weirdo
quello della neurodivergenza è un fatto che penso da quasi vent'anni e che avevo abbandonato solo nel periodo in cui, isolato dal resto, non avevo confronti col mondo. un primo segno è riscontrabile nelle precoci capacità linguistiche o nell'interesse che a quattro anni avevo per l'astronomia; a quattordici, prendendo il bus, talvolta rivolgevo la parola a persone sconosciute solo perché mi facevano simpatia: poi, ovviamente, fingevano di dover scendere per allontanarmi. oppure: a vent'anni cercavo sul web dei pdf per capire il linguaggio del corpo, per me grande incognita. tralalscio poi l'approccio che ho per le mie passioni, alla percezione che ho del tempo o alla spiccata preferenza nel passare le giornate tra i miei interessi piuttosto che fra le persone
nei luoghi affollati fatico a capire quel che mi dicono: ascolto più il rumore di fondo che le voci; l'overflow sensoriale mi porta a sentirmi confuso o a sbadigliare: somatizzo il sovraccarico non riuscendo a pensare o agire. credo di sapere un minimo mascherare gli aspetti grossolani: non sono bravo a immedesimarmi ma basta qualche parola di rito per soddisfare l'ego altrui; d'altro canto, sono sovrastato dalle emozioni di chi mi sta vicino: se un amico è nervoso lo divento anch'io. finché vivo nella mia bolla mi sento tutto sommato normale, anche se questo vuol dire avere una vita più reclusa da quella di molti
è comunque noioso per me scrivere queste righe perché il rischio che se ne possa dare una connotazione di 'speciale' è labile. non mi sento particolare in nessun modo: piuttosto, mi pare che le altre persone abbiano un automobile di ultima generazione e io un catorcio da dover sistemare di continuo. vado al workshop, situazione nuova, persone che non conosco; mi ritrovo ad avere piccoli stimming, vado in bagno, mi lavo il viso e premo gli occhi per provare a rilassarmi. provo a socializzare con il collega con cui devo collaborare: all'inizio mi parla con un sorriso, a fine giornata sembra volermi evitare
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