#negoziazioni internazionali
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pier-carlo-universe · 2 days ago
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Lo Scambio di Prigionieri fra Hamas e Israele: Una Vicenda di Speranza e Controversie. Le possibili mosse future di Israele
In un evento che cattura l'attenzione internazionale, è attualmente in corso uno scambio di prigionieri tra Israele e Hamas. Da un lato, le quattro soldatesse israeliane prigioniere da 15 mesi sono state liberate, dall’altro, 200 detenuti legati a Hamas h
Liberate quattro soldatesse israeliane e 200 prigionieri di Hamas. In un evento che cattura l’attenzione internazionale, è attualmente in corso uno scambio di prigionieri tra Israele e Hamas. Da un lato, le quattro soldatesse israeliane prigioniere da 15 mesi sono state liberate, dall’altro, 200 detenuti legati a Hamas hanno ottenuto la libertà. Questo scambio mette in luce complesse dinamiche…
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scienza-magia · 1 year ago
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Ai Act per deepfakes e riconoscimento facciale o biometrico 
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AI ACT, ecco il testo definitivo: gli impatti. Abbiamo il testo definitivo dell’AI Act. E’ il momento quindi di analizzare quali scenari si aprono adesso, con alcuni punti fermi che possiamo fissare. Per aziende e diritti C’è il testo definitivo dell’AI Act. Eccolo, approvato dal Consiglio UE. Sì, il testo ora dovrà passare il voto del Parlamento europeo a fine aprile 2024. Ma modifiche ormai non sono più considerate possibili. E’ il momento quindi di analizzare quali scenari si aprono adesso, con alcuni punti fermi che possiamo fissare. L’approvazione da parte del Consiglio europeo non era scontata ma, ciò nonostante, è arrivata puntuale in un momento in cui l’Unione europea è nell’occhio del ciclone per il conflitto russo-ucraino e per le proteste degli agricoltori in tutta l’Unione. La decisione di “portare a casa” questo risultato normativo ha un grande valore politico per l’attuale Presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen, che ne aveva fatto una delle bandiere della sua presidenza a Bruxelles. Data la pressione che viene esercitata su tutti i fronti, gli Stati membri hanno deciso di chiudere una partita importante in prospettiva, dato che il mercato dei servizi connessi all’intelligenza artificiale è un macro trend epocale, come è stato evidenziato anche all’ultimo vertice di Davos del World Economic Forum. Il braccio di ferro in UE Germania e Francia, nel corso delle negoziazioni per l’AI Act, erano particolarmente interessate a proteggere le proprie startup dell’IA, per evitare che le regole bloccassero i futuri “campioni europei dell’IA”. Per rispondere alle loro preoccupazioni, a fine gennaio l’UE ha lanciato un pacchetto di misure a favore dell’innovazione per sostenere le startup europee nello sviluppo dell’IA. Alla fine si è trovato il giusto compromesso. Il ministro dell’Economia della Germania Robert Habeck ha dichiarato che Berlino si concentrerà sulla “facilità di innovazione, sulla chiarezza giuridica per le imprese e sulle necessarie strutture leggere e non burocratiche” nell’attuazione della legge. Il ministro tedesco per il Digitale Volker Wissing si è congratulato all’inizio della settimana per i “miglioramenti” apportati al testo “per le piccole e medie imprese” che “eviteranno requisiti sproporzionati e ci garantiranno di rimanere competitivi a livello internazionale”. Anche la Francia ha espresso preoccupazioni in merito al copyright e all’IA generativa, ma un diplomatico dell’UE ha dichiarato all’AFP che il testo ha raggiunto il giusto “equilibrio tra la protezione del copyright e dei segreti commerciali”. Tutela e innovazione Con l’approvazione dell’AI Act, quindi, l’Unione europea è prima al mondo a porre limiti all’utilizzo dell’intelligenza artificiale e a scrivere un diritto forte di tutele per i cittadini, anche se vaste aree di impiego restano escluse dal Regolamento: su tutte, l’industria militare; tutto questo cercando al tempo stesso di tutelare l’innovazione europea. Un passo storico del Regolamento: la definizione legislativa di intelligenza artificiale Di certo la definizione di “Intelligenza artificiale” contenuta all’articolo 3 è notevole, perché costituisce la prima definizione legislativa al mondo in materia: “Il sistema di intelligenza artificiale è un sistema basato su macchine progettato per funzionare con diversi livelli di autonomia e che può mostrare adattività dopo l’implementazione e che, per obiettivi espliciti o impliciti, deduce, dall’input che riceve, come generare output quali previsioni, contenuti, raccomandazioni o decisioni che possono influenzare ambienti fisici o virtuali”. Tre le parole chiave: autonomia, adattamento, capacità di influenzare l’ambiente. Si legge nel testo dell’AI Act che la definizione di sistema di intelligenza artificiale di cui all’articolo 3, paragrafo 1, “è stata modificata per allinearla maggiormente al lavoro delle organizzazioni internazionali che si occupano di intelligenza artificiale, in particolare l’OCSE. Inoltre, il corrispondente considerando 6 dettaglia ulteriormente le caratteristiche principali della definizione e chiarisce che essa non è destinata a coprire i sistemi software tradizionali più semplici o gli approcci di programmazione, che si basano su regole definite esclusivamente da persone fisiche per eseguire automaticamente operazioni. Inoltre, la Commissione è stata incaricata di elaborare linee guida sull’applicazione della definizione di sistema di intelligenza artificiale”. La definizione di intelligenza artificiale è stata e sarà oggetto di discussione, tanto da essere stata inserita tra gli elementi più rilevanti del “compromesso” (Main elements of the Compromise) e il tema saliente è che “la definizione non intende coprire i semplicemente sistemi software tradizionali o gli approcci di programmazione più semplici, che si basano su regole definite esclusivamente da persone fisiche per eseguire automaticamente operazioni”. La Commissione europea potrà “colorare” questa definizione tramite organismi che emaneranno linee guida, secondo lo spirito del Considerando 5 del Regolamento (che consta di tre pagine e mezzo di indicazioni). I diritti civili del futuro sono già presente: riconoscimento facciale e biometria Tra i temi più impattanti e discussi dell’AI Act c’è l’impiego dell’intelligenza artificiale per il riconoscimento facciale e per la lettura biometrica in generale. Oltre alle pratiche vietate dall’articolo 5, su cui a lungo si è discusso e si discuterà, c’è l’uso dell’AI per fini di giustizia, regolata dall’articolo 29. In questo caso assisteremo ad un procedimento simile a quello già conosciuto per le intercettazioni telefoniche, che prevede una richiesta effettuata dall’autorità giudiziaria ed un vaglio da parte di un’autorità terza, giurisdizionale o indipendente, a seconda del diritto dello Stato membro. Anche su questo già molto si è scritto, e molto si scriverà. L’AI Act, inoltre, vieta il social scoring, ossia il sistema che attribuisce diritti – o li toglie – in base al comportamento del cittadino: questa pratica, adottata massivamente e largamente accettata in Cina, non farà ingresso nell’Unione europea; da notare che senza l’IA questo modello di società non sarebbe concretamente realizzabile. Gli impatti per le aziende, per i lavoratori e per i professionisti Il lato business è quello, forse, più interessato dal Regolamento, perché determina perimetri chiari e delinea responsabilità precise per chi impiega software di AI. Com’è ormai noto, la legge dell’UE regolamenta i sistemi di IA sulla base di valutazioni del rischio dei modelli software coinvolti, che dovranno essere effettuate dalle aziende stesse. Più alto è il rischio identificato per i diritti o la salute delle persone, ad esempio, maggiori saranno gli obblighi dei sistemi. L’automazione non è certo una novità, ma da quando ChatGPT è diventata una app alla portata di chiunque,  l’intelligenza artificiale ha iniziato a spaventare gli operatori di quasi tutti i settori, dai dipendenti ai professionisti. Secondo Davide Cuttini, Ceo di OVR, l’avvento dell’AI “Professionalmente sicuramente sarà come una nuova rivoluzione industriale: il progresso va avanti e task ripetitivi e di basso livello saranno i primi ad essere rimpiazzati come è successo con le macchine a vapore”. “Modelli linguistici generativi possono ovviamente toccare in maniera trasversale diversi ambiti lavorativi: questa trasversalità spaventa perché è difficile di misurare il potenziale impatto nel breve periodo”, continua Cuttini. Proprio perché l’impatto nel breve non è misurabile e nel medio periodo è difficilmente valutabile, la normativa sull’impiego dell’IA e sui relativi divieti crea un alveo applicativo cui le aziende potranno e dovranno adeguarsi sia per non incorrere in sanzioni gravissime, sia per non restare escluse dai macro-trend economici del momento. Un passo storico, ecco perché Il passo storico, decisivo, verso l’attuazione di alcune leggi della robotica è stato fatto, anche se come detto manca l’approvazione formale del Parlamento europeo. Con tutti i distinguo del caso, l’AI Act è, dio gran lunga, la normativa più avanzata al mondo in materia di intelligenza artificiale e, anche se dispiegherà pienamente i propri effetti tra circa due anni, non si può negare che verrà applicato, in concreto, da subito. Non è pensabile, ad esempio, che un Comune possa installare telecamere con tecnologia a riconoscimento facciale senza essere sanzionato pesantemente dall’Autorità Garante per il trattamento dei dati personali. E, infatti, prima ci si muoveva in un contesto di aspettativa e di quasi vuoto normativo, ora siamo in pieno ed esplicito divieto di diritto, anche se non ancora vigente. Idem per le pratiche di webscraping e per i deepfake senza esplicita indicazione della manipolazione tramite AI: i controlli e le contromisure saranno immediati, anche se non saranno le soluzioni definitive. In questo senso, era necessario, per la Commissione europea, dare un segnale forte in vista delle elezioni europee del 2024, quando l’AI Act sarà stato approvato ma non sarà ancora in vigore. Read the full article
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e-o-t-w · 1 year ago
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Eyes on the world #173
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Edizione natalizia delle news, dando nel frattempo il benvenuto anche all’inverno.
Questa settimana sono diversi gli ambiti da coprire, dalla guerra tra Israele e Hamas che non accenna a fermarsi alle ultime sull’Italia, fino al gravissimo attentato a Praga e alla sentenza che potrebbe rivoluzionare – sulla carta – il mondo del calcio.
Inforcate il vostro cappellino natalizio più bello e cominciamo 👇
🇮🇱 ISRAELE-HAMAS: RIAPERTO IL VARCO DI KEREM SHALOM, NUOVE NEGOZIAZIONI, L’INCHIESTA DEL NYT
(1) La guerra tra #Israele e #Hamas taglia quasi il traguardo dei 3 mesi e dalla Striscia di #Gaza arriva qualche novità degna di nota. Intanto è stato riaperto il varco di Kerem Shalom, nel sud-est, al fine di consentire ai camion con aiuti umanitari destinati alla popolazione palestinese di entrare. Il varco è rimasto chiuso dal 7 ottobre scorso, lasciando quello di #Rafah come unico accesso disponibile. In questo modo, secondo le prime stime, potranno essere raddoppiati i quantitativi di cibo e medicinali da destinare ai civili all’interno della Striscia. Continua nel frattempo la scarsità di carburante e, per riscaldarsi e cucinare, la popolazione della Striscia ha iniziato a tagliare pressoché ogni albero presente in zona. C’è chi usa persino la spazzatura, mettendo a rischio la propria salute per via dell’inalazione di gas tossici. Intanto l’esercito israeliano continua a setacciare i tunnel sotterranei usati da Hamas; in settimana ne è stato trovato uno di ingenti dimensioni, dentro il quale sarebbe potuta passare addirittura una macchina. Lo stesso esercito è coinvolto insieme ad Hamas e alle delegazioni di Egitto e Qatar nella negoziazione di una nuova tregua, con l’obiettivo di liberare nuovi ostaggi. Hamas chiede in cambio la sospensione di tutte le operazioni militari a Gaza, oltre all’arrivo di nuovi aiuti umanitari a Gaza. Il penultimo punto sembra essere quello più discusso e meno negoziabile da parte del governo israeliano di Benjamin #Netanyahu, che punta dritto alla distruzione totale di Hamas prima di un ipotetico cessate il fuoco. Anche nelle #NazioniUnite si sta provando a trovare nuovi compromessi, coinvolgendo i governi di tutto il mondo. A questo proposito, ieri il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approvato una nuova risoluzione per l’ingresso di aiuti umanitari, ma senza alcuna menzione di una conclusione delle ostilità (salvo solo la richiesta di “creare le condizioni” per ottenerla). Nessuno ha messo il veto su tale decisione, che è quindi stata approvata. In chiusura, il conflitto vero e proprio – purtroppo – prosegue. Il New York Times ha riportato i risultati di un’inchiesta secondo cui l’esercito israeliano avrebbe bombardato zone definite da lui stesso sicure e dove aveva consigliato ai civili palestinesi di rifugiarsi. Sono state usate immagini satellitari per analizzare alcuni crateri particolarmente grandi generati da uno specifico modello di bomba (Mk 84). Dopo aver scremato tutto il materiale antecedente alla guerra degli ultimi mesi, è stato stimato che oltre 200 di queste bombe sono state lanciate in tali zone. L’esercito ha giustificato l’utilizzo di questi armamenti parlando dell’intenzione di voler eliminare Hamas a qualunque costo e che l’uso fatto delle bombe verrà valutato in un secondo momento. Inutile dire come tali dichiarazioni abbiano incontrato il disaccordo di diversi osservatori internazionali, compreso il governo degli Stati Uniti (tra i principali finanziatori di Israele e da qualche settimana contrario ad alcune azioni intraprese dal governo locale e dall’esercito).
🇮🇹 LEGGE DI BILANCIO, PATTO DI STABILITÀ, MES: LE ULTIME DALL’ITALIA SUL TEMA RIFORME, MA NON SOLO
(2) Iniziamo dallo scorso weekend, quando un importante voto alla commissione #Bilancio del #Senato ha sbloccato il disegno di legge omonimo con l’approvazione di 4 emendamenti molto sentiti. Innanzitutto è stato cancellato un taglio alle #pensioni del personale sanitario e di alcune classi di insegnanti, misura parecchio discussa per alleggerire il sistema pensionistico, ed è stato anche rimodulato quanto lo Stato deve stanziare per finanziare il #Ponte sullo Stretto (la famosa querelle che ha indispettito la Sicilia, costretta a mettere più di quanto previsto). Sono state inoltre aggiunte risorse per gli stipendi delle forze dell’ordine e fondi per gli enti locali. Il testo ha ottenuto solo ieri la fiducia al Senato, mentre l’ok definitivo dalla Camera dovrebbe arrivare il 29 dicembre. Non è arrivato in tempo per essere inserito in legge di bilancio il rinnovo del #Superbonus, sul quale il governo è ancora spaccato. Parliamo dell’agevolazione fiscale dedicata a interventi di ristrutturazione edilizia per migliorare l’efficienza energetica di condomini e case in generale. In tutto ciò, va segnalato un grosso attacco informatico che ha colpito #Westpole, tra le principali aziende fornitrici di servizi informatici in Italia. Questo ha provocato enormi problemi a #PADigitale, la società che fornisce software alla pubblica amministrazione (parliamo di 540 comuni e più di 700 enti e aziende pubbliche). I server sono stati bloccati dal gruppo Lockbit, che per rimuovere il blocco ha chiesto un riscatto. Al momento non è noto quanto sia stato chiesto, a quanto ammonti il danno effettivo, né quanto ci vorrà per ritornare alla situazione di partenza. Nel frattempo, è stato anche trovato un accordo all’unanimità per la riforma del Patto di stabilità. I 27 paesi membri dell’UE hanno approvato il nuovo pacchetto di regole fiscali alle quali saranno sottoposti, dopo che l’Italia aveva minacciato di porre il veto per via di misure definite troppo stringenti e irrealistiche pur di non aumentare in modo esponenziale il ricorso al debito. Il ministro dell’Economia Giorgetti ha poi fatto marcia indietro dopo l’ammorbidimento di alcuni obiettivi. Prima di entrare in vigore le norme vanno comunque discusse e approvate dal Parlamento Europeo e in ogni caso non interesseranno le misure previste per il 2024. Ultima, ma non per importanza, la questione #MES, l’istituzione creata per aiutare i paesi dell’Eurozona in crisi economica. L’Italia è l’unico paese degli interessati a non aver ancora approvato la riforma internamente e questa settimana non sono stati fatti passi avanti, anzi. Si è votato proprio per la sua ratifica, ma i maggiori partiti di governo (tranne Forza Italia, astenuta come l’Alleanza Verdi e Sinistra) e il Movimento 5 Stelle hanno votato contro. PD, Italia Viva e Azione hanno invece votato a favore. Di fatto, la mancata ratifica blocca l’intero meccanismo per tutti i paesi che fanno parte del MES (20). È probabile che un nuovo voto venga rinviato all’estate del 2024 (dopo le elezioni europee in programma a giugno), dal momento che non è possibile discutere una proposta di legge analoga a una bocciata prima di sei mesi.
🇨🇿 PRAGA: UNO 24ENNE UCCIDE 14 PERSONE NELL’UNIVERSITÀ DI PRAGA, POI SI SUICIDA. IGNOTE LE CAUSE
(3) Andiamo momentaneamente in #RepubblicaCeca per un gravissimo attentato che ha coinvolto l’università di #Praga. Giovedì un uomo di 24 anni ha aperto il fuoco uccidendo 14 persone e ferendone più di 20, prima di togliersi la vita. Ieri mattina la polizia ha reso noto che l’uomo ha deciso di suicidarsi dopo essere stato circondato dagli agenti. È emerso anche che si trattasse di uno degli indagati per l’omicidio di un uomo e della propria figlia avvenuto la scorsa settimana, ma per la conferma saranno necessari ulteriori esami. Il 24enne aveva la licenza per utilizzare ben 8 armi, tra le quali 2 fucili, ma non è stato reso noto quale sia stata quella usata per l’attentato all’università. Ad attacco iniziato, diversi studenti e docenti hanno documentato sui social l’essersi barricati all’interno delle classi, e persino sui tetti (spaventose, a questo proposito, diverse immagini circolate nelle ultime ore). L’uomo è stato identificato con il nome di David K, studente dell’università di Praga (non è chiaro ancora di quale facoltà). La polizia ha trovato morto anche il padre dell’assassino nella propria abitazione, e le prime ricostruzioni fanno pensare sia stato il figlio stesso a ucciderlo. Sulle cause degli omicidi sono ancora in corso le indagini.
⚽ CALCIO: APPROVATA LA CREAZIONE DELLA SUPER LEGA. SVANITO IL MONOPOLIO DI UEFA E FIFA?
(4) In settimana una sentenza molto attesa ha gettato le basi per una imminente rivoluzione nel mondo del #calcio che conosciamo. Si è tornato infatti a parlare della tanto osteggiata #SuperLega, il progetto di un torneo calcistico europeo indipendente dalla #UEFA, ovvero la confederazione che gestisce il calcio nel nostro continente. È stata direttamente la Corte di Giustizia dell’Unione Europea a emettere il giudizio sul ricorso fatto nel 2021 dai promotori del nuovo torneo, al quale la UEFA si è opposta su tutta la linea, facendo emergere sospetti su una possibile violazione del diritto alla concorrenza nel mercato interno. A questo proposito, secondo i difensori della Super Lega, la UEFA avrebbe quindi in questo modo esercitato una specie di monopolio sul calcio professionistico europeo. L’organo si è a sua volta difeso rivendicando il potere che possiede da statuto sui club che aderiscono alle federazioni che lo compongono. La società promotrice della Super Lega ha accolto con ovvio entusiasmo la sentenza, promettendo a tutti i tifosi di mostrare le future partite del torneo in chiaro e rivendicando la liberazione dal suddetto monopolio della UEFA. Quest’ultima, quando il progetto naufragò nel settembre del 2021, aveva dapprima promesso di punire i team maggiormente coinvolti nel progetto (Juventus, Real Madrid e Barcellona), salvo poi fare marcia indietro in seguito all’intervento del Dipartimento federale di giustizia svizzero (la sede dell’UEFA si trova proprio in Svizzera, a Nyon). Tornando alla sentenza, vale la pena sottolineare due aspetti della faccenda: in primo luogo, la Corte di Giustizia non si è espressa sulla Super Lega in sé o sulla sua organizzazione, bensì solo sul ruolo dell’UEFA e della #FIFA (l’organo che racchiude tutte le federazioni continentali, anch’esso accusato di avere regole tali da restringere la concorrenza), mentre in secondo luogo è importante sottolineare come molti club non siano a loro volta inclini ad accettare eventuali inviti da parte della Super Lega. Infatti – senza citare l’ovvia approvazione di Real Madrid, Barcellona e Juventus (già d’accordo con il progetto originale) – altri importanti team europei come Bayern Monaco, Atletico Madrid, PSG, Manchester United, Roma e Inter, per citarne alcuni, si sono dichiarati contrari alla formazione di un nuovo ipotetico torneo calcistico, seguite a ruota dalle federazioni calcistiche di Italia e Inghilterra. Saranno comunque mesi molto importanti per il futuro del calcio, che potrebbe non essere più lo stesso dopo la sentenza di giovedì.
Alla prossima e buon Natale 👋🎄
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paoloxl · 5 years ago
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Il 31 luglio la Casa Migrante de Saltillo, un rifugio per migranti al nord del Messico, ha denunciato su Twitter [1] l’uccisione di un migrante salvadoregno nelle mani della polizia messicana. Durante una retata portata avanti dalle forze dell’ordine, elementi della Fiscalia del Estado de Coahuila hanno provato a fermare un gruppo di circa dieci migranti che cercavano di salire su un treno di merci diretto negli USA.
Molti hanno provato a scappare e la polizia ha sparato contro di loro. Un uomo ha cercato di proteggere la propria figlia di otto anni, ma è stato raggiunto dai proiettili della polizia ed è morto davanti agli occhi della bambina.
Questa tragedia si inserisce nel contesto del rafforzamento dei controlli e dei posti di blocco effettuata dal governo Messicano dopo le trattative con il governo Trump a inizio giugno 2019.
Trump aveva minacciato con l’imposizione di dazi del 5% tutte le importazioni provenienti dal Messicose il governo messicano non fosse riuscito a fermare i flussi migratori provenienti dal centroamerica.
I dazi sarebbero aumentati in un 5% ogni mese, fino ad arrivare al 25% ad ottobre 2019 [2].
L’economia messicana dipende per un 75% dalle esportazioni, di cui l’81,5% è destinato agli Stati Uniti [3] e le conseguenze sarebbero state disastrose per il paese: il segretario di Affari Esteri Marcelo Ebrard si è recato negli USA per avviare delle trattative, riuscendo ad evitare una guerra commerciale ma promettendo misure più severe per contenere la migrazione.
Da allora si sono schierati un totale di 21 mila militari [4] nei confini sud e nord del Messico, in netto contrasto con quanto era stato promesso dal governo: l’attuale presidente Andrés Manuel López Obrador (AMLO) è salito al potere a dicembre 2018 con la promessa di tutelare i diritti dei circa 500 mila migranti centroamericani che annualmente transitano per il Messico, rompendo il paradigma di contenimento della migrazione portato avanti dalle precedenti amministrazioni.
Insieme alla Commissione Economica per l’America Latina (CEPAL) aveva annunciato una politica migratoria incentrata sul concetto di sicurezza umana e sul diritto allo sviluppo nel luogo di origine e, nei primi tre mesi della sua amministrazione, ha avviato un programma senza precedenti di regolarizzazione migratoria per i membri delle Carovane Migranti. Ma tutti i buoni propositi sembrano essere svaniti davanti alla minaccia di Trump di imporre sanzioni commerciali.
Cinque giorni dopo la tragedia di Saltillo, il mondo è stato sconvolto dalla sparatoria a El Paso, Texas, dove hanno perso la vita 22 persone, di cui 8 di cittadinanza messicana. Il crimine per motivi di odio ha spinto il segretario di Affari Esteri Ebrard a chiedere al governo degli Stati Uniti di “proteggere la comunità messicana negli Stati Uniti” [5], denunciando la strage come “terrorismo contro i messicani”, per cui l’autore potrebbe essere espatriato in Messico per affrontare un giudizio penale [6].
Le contraddizioni di un governo che da un lato chiede protezione e sicurezza per i suoi connazionali negli Stati Uniti, ma che allo stesso tempo non è riuscito a tutelare i diritti dei migranti centroamericani che attraversano il proprio territorio sono palesi.
Negli ultimi anni il Messico ha subito una trasformazione da un paese di partenza dei migranti a uno di transito e arrivo. I flussi provenienti dal Triangolo Nord del Centro America (Honduras, El Salvador e Guatemala) sono in aumento, come hanno dimostrato le Carovane Migranti del 2018 e del 2019 e hanno messo a dura prova il sistema di accoglienza dei migranti del governo messicano. In effetti, le richieste di asilo sono aumentate del 865% negli ultimi tre anni e 9 su 10 richiedenti provengono dal Triangolo Nord [7].
È necessario che i diritti dei migranti centroamericani in territorio messicano siano tutelati, e che il concetto di sicurezza sia essere spostato dai confini alle persone.
Nonostante il governo di AMLO sia salito al potere promettendo demilitarizzare i confini, pochi mesi dopo l’inizio della sua amministrazione si è dovuto confrontare con l’amministrazione Trump, la quale ha basato tutta la sua campagna elettorale sull’odio contro i migranti e sulla chiusura dei confini.
L’enorme dipendenza economica del Messico nei confronti degli Stati Uniti lascia poco margine di manovra alle negoziazioni che avverranno in futuro, e metteranno a dura prova la capacità del governo di AMLO di attenersi alle promesse in materia di migrazione fatte all’inizio del suo governo. Il processo attraverso il quale il Messico riuscirà a implementare una politica migratoria autonoma e in conformità con il Global Compact - di cui è stato uno dei primi sostenitori - dovrà svilupparsi inevitabilmente attraverso una strategia di indipendenza economica dal suo grande vicino settentrionale.
* Laureata in Scienze Internazionali all’Università di Torino. Ha scritto la tesi magistrale sulle Carovane Migranti centroamericane che hanno attraversato il Messico nel 2018 e nei primi mesi del 2019.
Note
[1] https://twitter.com/nSaltillo/status/1156808642332508163
[2] Redacción (31/05/19) Trump anuncia aranceles de un 5% para todas las importaciones desde México "hasta que se resuelva el problema de la inmigración ilegal" in BBC News, Inghilterra
https://www.bbc.com/mundo/noticias-america-latina-48455073
[3] Converti, Lucia (18/11/16) Dependencia Económica: Una TRUMP para los Mexicanos, in CELAG, Messico.
[4] Arista, Lidia (20/07/19) Guardia Nacional ha desplegado 21,000 elementos para contener la migración a Estados Unidos in El Economista, Messico. 
https://www.eleconomista.com.mx/politica/Guardia-Nacional-ha-desplegado-21000-elementos-para-contener-la-migracion-a-Estados-Unidos-20190720-0018.html
[5] Vera, Amir (04/08/19) México explora acciones legales contra Estados Unidos luego del tiroteo en El Paso in CNN Español. https://cnnespanol.cnn.com/2019/08/04/tiroteo-elp-paso-mexico-estados-unidos-acciones-legales-explora
[6] Idem
[7] Comisión Nacional para Prevenir la Discriminación (CONAPRED). Ficha Temática: Personas Refugiadas. https://www.conapred.org.mx/userfiles/files/FichaTematica_PRefugiadas.pdf
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albaniaenergymarket-lg · 6 years ago
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Prospetto di un'offerta vincente per il parco solare da 50 MW Lorenc Gordani
Prospetto di un'offerta vincente per il parco solare da 50 MW
Autore: Dr. Lorenc Gordani Consulente legale su questioni energetiche
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In questo analisi si cercherà d’offrire una panoramica sul lavoro da fare per ottenere un risultato utile all’asta per il parco solare da 50 MW. Anche se le problematiche sono complesse e necessitano d’approfondite considerazioni, il mantenere al più possibile conciso a questi passi, offrirà non solo il ravvicinarsi alla possibilità di un'offerta vincente ma soprattutto assicurerà la possibilità che il progetto sia finanziato e realizzato con successo.
Il nuovo quadro politico e legale
La nuova strategia del settore energetico fino il 2030 si basa su due pilastri principali: lo sviluppo di riforme per favorire la liberalizzazione del mercato nell'ambito dell'integrazione regionale e lo sviluppo sostenibile guidato dalla partecipazione alla Comunità dell'energia. A tale riguardo il rinnovato piano d'azione fino al 2020 ha quasi triplicato il target per il fotovoltaico passando da 50 MW a 120 MW, e più che raddoppiato quello del eolico fino a 70 MW. Come, in base alla nuova legge sulle fonti energetiche rinnovabili (RES) approvata nel 2017, viene definito il quadro generale dei progetti rinnovabili per il meccanismo dell'asta c.d. Contracts for Difference (CfDs). A tale riguardo, considerato che dal 2003 fino al 2017, l'Albania ha visto un sostanziale aumento nell'implementazione di centrali elettriche esclusivamente in idroelettrico, è stato pensato un cambiamento del paradigma delle rinnovabili. Considerata la completa dipendenza dell'Albania per la produzione di energia dall'idrologia, la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERS) si è mobilitato ad aiutare il paese a diversificare le fonti di generazione con il solare e il vento, considerati come prioritarie da sviluppare a breve termine. In pratica, all’inizio del maggio 2017, la BERS e il ministero delle Infrastrutture e dell'energia albanese (MIE) hanno firmato un Memorandum d'Intesa (MoU), seguito da un ulteriore tra la BERS e il segretariato dell'energia a Vienna, sulla cooperazione per il quadro normativo e il successivo sviluppo di progetti di energia solare, attraverso l'implementazione di processi competitivi per sostenere le energie rinnovabili alternative. A tale riguardo, un primo passo ha visto la possibilità aperta di scambio sul posto fino a 500kV e l'approvazione delle tariffe feed-in da 100 Eur/MWh per impianti fino a 2MW. Ultimamente, mentre sono state avviate le implementazioni in pratica del primo piano del fotovoltaico da 20 MW, MIE ha aperto la procedura di offerta per la selezione dell'offerente per la costruzione dell'impianto fotovoltaico da 50 MW. La notizia di PvPP nelle terre salate di Akerni (Vlora) è stata accolta con favore dagli investitori internazionali. Essa rappresenta un'innovazione su vasta scala per i vantaggi e le opportunità offerte, facendo che nulla sarà lo stesso come prima per l'intero settore energetico in Albania. Il risultato positivo del quale è pensato per essere utilizzato come una trampolino per vedere di sostituire anche il resto dei previsti 600 MW in idroelettrico entro il 2020.
Le principali caratteristiche del progetto di Akerni
Per quanto sopra, il nuovo approccio perseguita ad una gara d'appalto per le capacità, diversamente da quegli per gli impianti PV da 2 MW, risolverà alla radice i molti problemi complessi, come quello di connessione alla rete, concessione di permessi e soprattutto del proprietà di suolo. Tuttavia, il fatto che il tutto sia da considerarsi in pacchetto, rendendo necessario il possesso di un complesso know-how, con una panoramica completa sugli aspetti normativi, legali e tecnici sullo sviluppo di una proposta di successo rispetto ai concorrenti, e che sia anche coerente per raggiungere all’applicazione del progetto, ottenimento del finanziamento, l'approvvigionamento, la costruzione e il collaudo, come la gestione con successo per almeno 30 anni. Nonostante tutto il vantaggio di questo primo progetto su vasta scala è indiscutibile riferendosi al luogo selezionato con una delle più alte radiazioni solari in Europa, per un potenziale di oltre 1600 kWh/m2. Secondo un rapporto dell'UNDP del 2013, se si utilizza a pieno il potenziale del fotovoltaico, c'è la possibilità di assicurare fino a 10 volte il fabbisogno energetico del paese. Tuttavia, non tutto il Paese può essere riempito di pannelli, e questo è il posto più soleggiato (quindi tecnicamente il migliore). Inoltre, considerare la necessità di energia nell'area si evitano le attuali perdite di rete. Tutto ciò ha fatto ad essere considerato da molte istituzioni che sostengono il settore come la BERS, il Segreteria dell'Energia, l’IRENA ecc. come la migliore tecnologia per diversificare la produzione futura. Ad ogni casa, fondamentale è la comprensione dell'oggetto in discussione e le sue novità rispetto al fine qui richieste non proposte. La selezione del progetto per la costruzione dell'impianto fotovoltaico avverrà attraverso una gara internazionale aperta. Tra i quali per la generazione di energia elettrica ci saranno il supporto delle tariffe di Feed in Premium (FiP) per una capacità installata di 50 MW. In più, l'oggetto dell'offerta nella zona di Akerni vede la costruzione di una capacità aggiunta che non sarà parte delle misure di supporto tra il 20 a 50 MW. Ciò significa che lo sviluppatore deve considerare l'ingresso al mercato nazionale e internazionale - aspetto che rende necessarie valutazione ben ponderate rispetto al fino qui progetti sviluppati. In relazione all’entrare nel mercato, l'impianto fotovoltaico sarà collegato con la rete di trasmissione da 110 kV. Questa rete è stata già rinforzata o costruita molto di recentemente, come studiata la sua capacità di vettorizzare l’energia nell'area regionale (includendo il lucrativo mercato della Grecia, che apre verso quello italiano). Quindi, l'impianto sarà collegato direttamente a una delle "autostrade" del sistema energetico albanese, rendendolo molto pratico per l'esportazione in tutta la regione (a riguardo OST è già in stato di procuramene dalla piattaforma per la borsa di energia). In base a quanto divulgato finora, l'amministrazione aggiudicatrice non ha preparato un progetto tecnico generale del sito per identificare la posizione delle sottostazioni, la connessione alla rete e la strada di accesso, lasciando la via libertà alla proposta avanzata dallo sviluppatore. Come quanto sopra significa che molte questioni restano aperte a considerazioni dei negoziazioni in particolare agli sbilanciamenti.
Criteri di valutazione delle offerte
Secondo quanto divulgato, i criteri di valutazione delle offerte comprenderanno l'adempimento dei criteri legali e l'affidabilità degli offerenti. La massima importanza per la scelta dei vincitori sarà data alle capacità tecniche e finanziarie dell'azienda, valutata con 70 punti. Tuttavia, l'offerta finanziaria non è sottostimata, dando ben 30 punti. Ciò include la quotazione dell'offerente per una commissione fissa di 15 anni in Euro/MWh come parte delle misure di sostegno e l'impegno a costruire capacità aggiuntive da 20 MW a 50 MW, che non faranno parte delle misure di sostegno. Poi, a parte dei questioni del mercato, è necessario conoscere i costi dove soprattutto quelli fiscali sono i più difficili e che potrebbe essere parte della negoziazione. Come di questioni importanti rimangono anche con quelli di costruzione e manutenzione. Quindi gli obiettivi principali di un incarico per la preparazione di studi tecnici devono rivedere le disposizioni legali e normative esistenti in Albania, tenendo conto delle riforme in corso e quelle pianificate, in particolare per quanto riguarda gli sbilanciamenti, gli standard di costruzione da applicare, e il regime fiscale. Cosi, lo sviluppatore degli studi tecnici deve attuare i necessari analisi sensibili a lungo termine con le raccomandazioni relative a tutte le future modifiche del diritto derivato e delle norme regolamentari. A quanto sopra, è anche necessario valutare in relazione all'ulteriore adeguamento in conformità alle linee guida elaborate dalla BERS in merito alla progettazione e all'attuazione di processi competitivi a sostegno delle energie rinnovabili, tenendo conto anche delle disposizioni attuali, dei piani esistenti e della contesto di mercato. Come il condurre una valutazione delle opzioni tecniche sul sviluppo del fotovoltaico conforme alle raccomandazioni tecniche fornite. Un processo da completare con una valutazione attenta ambientale e sociale a livello di sito correlata al piano di divulgazione e coinvolgimento in modo da evitare eventuali stop o ritardo dei lavori.
I principali rischi che rimangono per gli investitori
Normalmente in un progetto complesso i rischi possono essere multipli e devono essere previsti con analisi sensibili per i periodi 15, 30 o anche più anni. Quando tutti gli scenari sono stati costruiti, è necessario attenuarli i rischi sviluppando strumenti di garanzia su misura (quegli fiscali preferibili da realizzare con il supporto di IFI). I risultati di questo lavoro saranno le raccomandazioni dettagliate per il progetto di proposta, la progettazione e l'attuazione, che devono essere effettuati per l'allocazione dei rischi in modo che agli investitori rimangono solo il rischio di costruire e operare del progetto fotovoltaico. In tutti i casi, lo sviluppatore dovrebbe assicurarsi che gli studi standard e tecnici portino a un quadro di supporto bancabile ma anche a interessi di prestito convenienti.
Negoziazione e firma del contratto di progetto
Le questioni difficili sembrano essere il completamento del processo, visto che l'amministrazione aggiudicatrice negozierà e firmerà il contratto con l'offerente che ha presentato la proposta valutata migliore e competa. Tuttavia, è necessario prestare maggiore attenzione durante i negoziati, perché questa sarà la legge tra le parti per tutta la durata del contratto. Le revisioni posteriori sono sempre possibili ma più difficili e costose da raggiungere. Stesso vale per l’accordo di acquisto di energia firmato per il capacità da 50 MW per un periodo di 15 anni. Tuttavia, da ricordare è che l'analisi tecnica è il supporto e la base per eventuali controversie sulla soddisfazione degli obblighi reciproci tra le parti. La durata del contratto di progetto è di 30 anni, con diritto di rinnovo, che è un lungo periodo e i problemi sono invitabili. Pertanto fondamentale è prevedere il più possibile dei rischi futuri. Il tutto da fare in breve tempo visto che il termine ultimo per la presentazione delle offerte è il 17 settembre 2018. E dopo la tempistica per l'esecuzione dei lavori è di 18 mesi dalla data effettiva, che è la data della firma del contratto di progetto. Ovviamente, anche il processo di offerta ha il suo valore di costo rilevante a 200.000 Euro, che rendono necessario il lavoro preventivo, prevedendo di evitare anche ogni ritardo per colpa dell’investitore.
Problemi legati alla costruzione e operare
Proprio per tutti questi gli aspetti di qui sopra, molta attenzione dovrebbe essere rivolta non solo alla gara in sé, ma anche alla fase successiva, alla supervisione e al monitoraggio di molte questioni innovative che dovranno essere risolte nella pratica per la prima volta. Ciò renderà necessario attivare in breve tempo molti meccanismi di garanzia di una lunga catena normalmente offerti da società specializzate e che alla fine riducono anche i costi dei prestiti da fondi di sviluppo per un range di progetto tra 50 milioni di euro (nota: questo è un stima personale del progetto calcolata da 70MW). L'Albania è nelle prime fasi dello sviluppo del tecnologie fotovoltaiche. Ciò fa che il rischio di fallimento dovuto alla manza di standard ed esperienza come mancanza di garanzie della qualità (QA) sia alto. L'implementazione di un quadro di garanzia della qualità completa richiede un'infrastruttura fisica e istituzionale, nota come infrastrutture di qualità (QI). La QI richiede un approccio olistico, che include non solo l'attrezzatura, ma anche l'intero sistema, compresi i servizi di progettazione, installazione, funzionamento e manutenzione. L'attuazione di adeguati schemi di qualità, nonché l'integrazione di pratiche internazionali e la consultazione delle parti interessate possono avere un impatto positivo su ciascuna delle fasi del ciclo di vita della tecnologia. Le infrastrutture di qualità comprendono l'intera rete istituzionale e il quadro giuridico necessario per regolamentare, formulare, modificare e implementare standard per l'uso comune e ripetuto di prodotti e servizi. Il che include anche la fornitura di prove chiare sulla sua realizzazione, test, certificazione, metrologia e accreditamento.
Per saperne di più sul progetto PV Akerni
Il tutto sopra rende necessario esplorare il più possibile del progetto. Gli offerenti che desiderano partecipare alla procedura di offerta devono pagare la quota di partecipazione nella procedura di offerta. La commissione per la partecipazione da versare sul conto del Ministero delle Infrastrutture e dell'Energia è di Euro 2.000. Solo dopo i potenziali offerenti possono inviare domande sui documenti della procedura di offerta via e-mail alla persona di contatto designata, entro il 24 agosto 2018. L'amministrazione aggiudicatrice organizzerà una riunione pre-offerta e una visita in loco per tutti gli offerenti che hanno pagato la quota di partecipazione per il procedura di offerta. Il calendario e il luogo dell'incontro di pre-offerta si terranno il 27 agosto 2018 presso il Ministero delle infrastrutture e dell'energia. Nota: I diritti e l’opinione espresse in questo articolo appartengono al suo autore. Nonostante tutti gli sforzi compiuti per garantire l’accuratezza di questa pubblicazione, quanto qui non intende fornire consulenza legale in quanto le singole situazioni possono differire e dovrebbero essere discusse con un esperto. Per qualsiasi consulenza tecnica o legale specifica sulle informazioni fornite e argomenti correlati, si può contattare attraverso l’indirizzo e-mail “[email protected]”. Most Read Publications Most Visit Section Read the full article
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notizieoggi24-blog · 5 years ago
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I migranti della Ocean Viking sbarcheranno a Malta in accordo Ue
È stato trovato l'accordo tra Malta ed i paesi europei per la redistribuzione dei migranti, con la nave Ocean Viking che era al 14esimo giorno in mare ed oggi aveva lanciato l'allarme sulle scorte di cibo. Il premier maltese Muscat ha fatto sapere che nessun migrante rimarrà a Malta, ma saranno tutti suddivisi in vari paesi europei. Malta invierà navi militari in acque internazionali per far trasbordare i migranti, per poi procedere allo sbarco degli stessi. In totale sono 356 persone a bordo, che saranno poi redistribuiti in Francia, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Portogallo e Romania. La Francia ne accoglierà 150, insieme alla Germania, comunica la Commissione Ue, ha permesso la chiusura dell'accordo. L'Ong Msf ha criticato la modalità operativa con la quale si suddividono i migranti, definendo "meschino" il tentativo di decidere caso per caso. "Msf è sollevata per la risoluzione della questione, ma i governi europei devono porre fine a stalli prolungati e negoziazioni caso per caso", queste le parole dell'Ong francese. Read the full article
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atomheartmagazine · 7 years ago
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PS4 – Sony presenta Playlink: ecco cos'è e come goderne a pieno
#PalylinkPS4 è un’esperienza multigiocatore in grado di coinvolgere fino a 8 utenti. Come? Trasformando semplicemente il nostro smartphone/tablet in un controller interattivo per la PlayStation 4!
Cos’è Playlink?
Playlink è una tecnologia in grado di trasformare uno smartphone o un tablet in un controller interattivo per la PlayStation 4. Questo permetterà all’utente di vivere un’esperienza multigiocatore – in base ai giochi, può supportare fino a 8 utenti – senza utilizzare il classico controller DualShock.
Come funziona Playlink?
Il funzionamento di Playlink è facile e intuitivo. Sarà necessario semplicemente scaricare l’app del gioco desiderato sul vostro smartphone o sul vostro tablet, connettere il dispositivo in questione alla PS4 e iniziare a giocare. Sarete liberi dai tasti del classico pad e potrete pensare solo ed esclusivamente a divertirvi insieme ai vostri amici!
Utilizzare un dispositivo mobile al posto del DualShock vi permetterà di vivere un’esperienza unica e versatile, tenendo soprattutto conto che potrete utilizzare tutte le funzionalità del vostro dispositivo per giocare. Touch screen, fotocamera, microfono e messaggistica saranno a vostra disposizione per toccare, trascinare, inclinare, ruotare, scattare foto e disegnare. Il tutto, chiaramente, sarà possibile utilizzarlo a seconda del gioco.
Playlink, un’esperienza multigiocatore divertente e dinamica
Playlink è perfetto per divertirsi in compagnia. È adatto a tutti. Potrete sfidarvi tra amici e familiari di ogni età e livello di abilità. Non occorre essere un gamer professionista per utilizzarlo, basterà solo aver voglia di divertirsi e provare esperienze per ogni gusto. Dai giochi di quiz al canto ai thriller interattivi.
Quali giochi sono disponibili per Playlink?
Hidden Agenda: un gioco con la trama da film, sarete tu e i tuoi amici a decidere la storia del gioco in base alle scelte che farete.
Frantics: non potevano mancare i party game, formato da 16 mini giochi in cui sfidare familiari e amici tra negoziazioni, strategie e testi di riflessi per riuscire a resistere alle macchinazioni di una furba volpe.
SingStar Celebration: il party game per eccellenza! Se ti piace cantare non potrai farne a meno: utilizza lo smartphone come microfono e canta le tue canzoni preferite. Una vasta selezione di titoli italiani e internazionali con cui sfidare i tuoi amici in un testa a testa, oppure da cantare insieme.
Sapere e Potere: il quiz game in cui non ti basteranno semplicemente le tue conoscenze, ma dovrai anche saper interpretare i tuoi avversari per riuscire a batterli! Mettiti alla prova, sabota gli altri giocatori e ottieni la vittoria.
Dimmi chi Sei!: un divertentissimo social game in cui tu e fino a cinque giocatori scoprirete cosa pensate gli uni degli altri! Conoscere a fondo gli altri giocatori sarà fondamentale per ottenere un punteggio maggiore.
Quale gioco vi consigliamo in assoluto di provare?
Hidden Agenda! Senza dubbio! È stato sviluppato dagli autori di Until Dawn, e già questo parla per sé! Vi ritroverete nei panni di un poliziotto e grazie alle vostre scelte dovrete riuscire a far chiarezza nelle indagini per riuscire a catturare Trapper! Potrete giocarci insieme ad altri cinque amici. Ognuno avrà un obiettivo da raggiungere e non è detto che sia lo stesso vostro. Alcuni vi saranno d’aiuto, altri vi giocheranno contro. Vi ritroverete in un’atmosfera pazzesca, resa grazie al sapiente mix della trama da cinema con gli elementi tipici dei videogames, e non saprete di chi fidarvi. Scoprirete, però, quanto e cosa siete disposti a rischiare pur di raggiungere il vostro obiettivo. Gioco promosso a pieni voti.
Titoli Playlink in esclusiva per Playstation 4
Tutti i giochi citati sopra sono realizzati in esclusiva per la PlayStation 4, i titoli Playlink sono progettati per essere giocati in gruppo e trasformare il momento di gioco in un’esperienza divertente e dinamica. Vi basterà semplicemente uno smartphone o un tablet, agganciate la PS4 alla TV e godetevi in pieno l’esperienza offerta da #PlaylinkPS4!
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scienza-magia · 2 years ago
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L'ONU vota la creazione di aree protette per il 30% degli Oceani
C’è un nuovo trattato internazionale per la protezione degli oceani. I paesi membri dell'ONU si impegneranno affinché il 30 per cento delle acque in mare aperto diventino aree protette entro il 2030. Dopo oltre dieci anni di negoziazioni, sabato sera gli stati membri dell’ONU hanno trovato un accordo internazionale per la protezione degli oceani. Il nuovo accordo è considerato particolarmente importante perché negli ultimi decenni gli animali e le piante marine sono diventati sempre più vulnerabili non solo a causa degli effetti del cambiamento climatico, ma anche per via della pesca eccessiva, del traffico navale e dell’inquinamento. Il suo obiettivo è che il 30 per cento delle acque internazionali in mare aperto – quelle cioè in cui tutti i paesi hanno diritto a pescare, navigare e fare ricerche – diventino aree protette entro il 2030.
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L’accordo (qui c’è una bozza) punta a tutelare e favorire il risanamento delle specie marine a rischio attraverso una serie di politiche e iniziative. In particolare, prevede che nelle aree protette stabilite dal nuovo accordo vengano fissati limiti alla pesca, alle zone in cui possono transitare le navi e alle attività di esplorazione che vi si possono svolgere, come l’estrazione dei minerali dai fondali oceanici. Prevede anche l’istituzione di una conferenza (COP) che si riunirà periodicamente per discutere delle questioni pertinenti. Le negoziazioni per il nuovo trattato erano cominciate il 20 febbraio e sono durate due settimane, dopo che le ultime si erano concluse lo scorso agosto senza alcun risultato. L’accordo è stato raggiunto soprattutto grazie alla mediazione di Unione europea, Stati Uniti, Regno Unito e Cina, che si sono impegnate per trovare compromessi con i paesi che nel tempo avevano sollevato dubbi sia per quanto riguardava i diritti di pesca che su come ottenere i fondi necessari per implementare le proposte. Uno dei principali punti di discussione riguardava lo sfruttamento del materiale genetico di piante e animali marini che vivono in mare aperto, che può essere utile per la produzione di farmaci e cibo, ma anche per alcuni processi industriali. Mentre i paesi più ricchi hanno le risorse per esplorare le acque oceaniche e i fondali marini anche per questi scopi, quelli con le economie più deboli no: alcuni chiedevano pertanto rassicurazioni sul fatto che tutti potessero beneficiare in maniera equa degli accordi. I paesi aderenti dovranno comunque riunirsi di nuovo per adottare formalmente il testo e decidere le modalità per implementarlo. Intanto, l’Unione europea si è impegnata a investire 40 milioni di euro affinché l’accordo venga ratificato e applicato dai paesi aderenti in tempi brevi. Il più recente accordo internazionale relativo alla protezione degli oceani e ad altri temi collegati era la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, che risale al 1982, più di quarant’anni fa. Il nuovo trattato servirà anche per rispettare gli obiettivi dell’accordo raggiunto lo scorso dicembre alla COP15 sulla biodiversità, secondo cui entro il 2030 dovrà diventare protetto il 30 per cento di tutte le aree terrestri e marine (oggi sono il 17 per cento di quelle terrestri e il 10 per cento di quelle marine). Read the full article
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purpleavenuecupcake · 4 years ago
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Le motivazioni del ritiro americano dall'Afghanistan spiegate dal generale Preziosa
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Visita a sorpresa ieri a Kabul del segretario di Stato americano Antony Blinken, il giorno dopo l'annuncio di Joe Biden del ritiro delle truppe Usa dall'Afghanistan entro l'11 settembre. Una decisione inevitabile per il presidente americano, ma probabilmente presa non senza qualche mal di pancia all'interno della sua amministrazione. Secondo alcune fonti vicine alla Casa Bianca, non tutti i consiglieri e i piu' stretti collaboratori di Biden sarebbero stati d'accordo, col parere contrario espresso da una parte dei vertici del Pentagono e del Dipartimento di stato. Tra i piu' decisi ad opporsi all'ordine del ritiro, riporta la Cnn, sarebbero stati il capo di stato maggiore Mark Milley e il leader dello Us Central Command Frank McKenzie. I talebani intanto cantano vittoria: "Abbiamo sconfitto l'America", esultano, mentre Blinken ha incontrato il presidente afghano Ashraf Ghani e alti funzionari statunitensi a Kabul per rassicurarli sul futuro. Ma anche per ribadire la necessita' di porre fine a quella che e' tornato a definire "una guerra eterna", iniziata dopo gli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001. "Volevo dimostrare con la mia visita che l'impegno degli Stati Uniti nei confronti della Repubblica islamica e del popolo afghano continua", ha affermato quindi il capo della diplomazia Usa: "Cambia il tipo di partnership, ma l'alleanza durera' nel tempo". Intanto l'Unione europea prende atto delle decisioni degli Stati Uniti e della Nato di ritirare le loro truppe dall'Afghanistan a partire dal primo maggio": "Alla luce di queste decisioni - ha detto Nabila Massrali, portavoce del servizio di azione esterna della Ue - sara' fondamentale un impegno fermo e costruttivo nei negoziati di pace da tutte le parti. E l'Ue continuera' a lavorare con i partner internazionali per incoraggiare una soluzione negoziata politicamente attraverso continui colloqui diretti tra le parti e proseguira' negli appelli a porre fine alla violenza". Il capo della Farnesina, Luigi Di Maio ha spiegato come i ministeri degli Esteri, della Difesa e lo Stato Maggiore, congiuntamente a Palazzo Chigi, elaboreranno una road map per il ritiro delle truppe italiane. Le motivazioni del ritiro spiegate dal generale Pasquale Preziosa Un paio di anni fa il generale Pasquale Preziosa, già capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare fino al 2016 ed oggi presidente dell'Osservatorio sulla Sicurezza di Eurispes, aveva ampiamente studiato e analizzato, e per certi versi predetto, il ritiro degli Stati Uniti dal territorio afghano. All'epoca secondo alcuni analisti americani la Sicurezza Nazionale dell’Afghanistan era peggiorata da quando la NATO, nel 2014, aveva ridotto  la sua presenza sul terreno e non aveva consentito alle forze di sicurezza afgane di raggiungere i livelli di addestramento previsti dai piani USA. Preziosa riteneva al riguardo: "Non è così, questo è solo un modo poco “sopraffine” per allontanare la responsabilità da chi ne detiene l’autorità". Le ragioni, quelle vere,  vanno ricercate attraverso l’analisi storica di tutti gli eventi e le decisioni strategiche che hanno interessato quel martoriato Paese, precisava il generale. Il livello di Sicurezza Nazionale dell’Afghanistan non è mai dipeso dai livelli di presenza della NATO in quel teatro sia perché la componente militare NATO è stata sempre, di dimensioni di molto ridotte, sia in quanto le scelte strategiche e i punti di caduta di tale strategia sono state elaborate dagli USA e illustrate agli alleati per la condivisione delle parti sostenibili sotto il profilo politico, economico e legale. Trump in quel periodo aveva già affermato, in un discorso, che l’Afghanistan doveva prendere più responsabilità per la guerra e per il suo futuro. Nello stesso discorso il presidente americano aveva anche sottolineato che l’India sarebbe stato il Paese partner degli USA nell’Asia del Sud. I discorsi ufficiali vanno epurati dalla consueta retorica per esaminare gli aspetti salienti geopolitici d’interesse, evidenziava il generale Preziosa. Il primo aspetto che emergeva dall’esame del discorso del presidente è l’indicazione di chi deve essere responsabile della conflittualità in Afghanistan e non della risoluzione della conflittualità, lasciando così intravedere un probabile allontanamento del supporto militare della coalizione all’attuale governo di quel Paese. Con queste premesse, sono continuati i colloqui di Doha con i Talebani, dove lo Special Assistent per l’Asia Meridionale, l’ambasciatore statunitense Zalmay Khalilzad, stava negoziando le condizioni per il passaggio del Paese nelle mani talebane. Le negoziazioni hanno previsto i seguenti punti: attenersi alla Costituzione vigente nel Paese, non concedere basi di addestramento per terroristi e combattere le formazioni ISIS presenti. Ricordiamo che nel 2011 vi erano 100.000 soldati USA, 10.000 britannici e 30.000 soldati NATO oltre ai contractor americani, tali forze non furono sufficienti, per sconfiggere i Talebani e Al Qaeda. Negli anni successivi, con le truppe occidentali sul terreno ridotte al lumicino, la possibilità che fossero le forze afghane da noi addestrate a sconfiggere i Talebani era pura fantasia, anzi c’era da chiedersi con quale spirito i soldati afghani avrebbero potuto combattere i Talebani se, nel breve periodo, gli americani e alleati avrebbero poi lasciato l’Afghanistan nelle loro mani, ”Afghanistan under the Taliban had been a brutal theocracy” aveva affermato il gen. Tommy Franks (Centcom Commander fino al 2003). Ancora una volta il piano strategico per l’Afghanistan era nelle mani USA e non nelle decisioni della NATO, così come è naturale che sia. 20 anni in Afghanistan Esaminiamo ora, qualche data importante di questi 20 anni trascorsi dalla coalizione in Afghanistan, per verificare l’esistenza di falle strategiche nella conduzione delle operazioni. Quando le truppe USA sono intervenute nel 2001 in Afghanistan, vi erano i Talebani che governavano il Paese, che avevano dato ospitalità al terrorismo di Al Qaeda di Osama bin Laden e l’Afghanistan era il primo produttore mondiale di Marihuana. Gli obiettivi all’epoca stabiliti furono: eliminazione sia dei Talebani sia dell’organizzazione di Al Qaeda, eradicare le coltivazioni di oppio, liberare le donne, rinnovare il paese in senso democratico, in modo tale che non potesse più costituire pericolo per l’umanità. Gli USA proclamarono, così, la “Global war on terrorism”. I livelli di ambizione stabiliti per l’Afghanistan, sull’onda dell’emozione dell’11 Settembre furono molto elevati, come pure gli stanziamenti di bilancio per i finanziamenti sia del Paese sia delle operazioni militari. Anche la partecipazione delle singole nazioni per il supporto alle operazioni USA raggiunse il considerevole numero di 53 Paesi, e la NATO per la prima volta nella sua storia, in seguito all’atto terroristico dell’11 Settembre, invocò il 2 Ott. 2001 l’Articolo V del Patto Atlantico, che statuisce che un attacco armato contro uno o più membri dell’Alleanza deve essere considerato come un attacco contro tutti i paesi dell’Alleanza stessa. Nel 2003 gli USA ridussero, di molto, le truppe in Afghanistan per poter invadere l’Irak, senza attendere il completamento dell’opera iniziata in Afghanistan: Bush già nel 2002 parlò di asse del male e Stati canaglia, quali Irak, Iran e Corea del Nord. L’apertura di due fronti di guerra, purtroppo con le stesse quantità di forze USA presenti in quell’area operativa, comportò la necessità di alimentare l’Irak non con nuove forze militari (170.000 unità), ma a scapito delle unità combattenti in Afghanistan. L’assenza di sufficienti forze militari sul terreno afghano, già dal 2003, consentì ai talebani di risorgere e di iniziare la riconquista graduale del territorio perduto. I pochi rinforzi USA poi inviati dal 2009, dopo 6 anni di assenza, poco hanno potuto fare per conquistare quanto riguadagnato dai talebani, I nuovi rinforzi del 2011, conseguenti al nuovo cambio di focus USA dall’Iraq all’Afghanistan, con ritiro delle truppe dall’Iraq e riposizionamento in Afghanistan, sono risultati inefficaci per eliminare tutte le metastasi terroristiche e criminali sviluppatesi a partire dal 2003 con il primo cambio di focus operativo(strabismo strategico) USA dall’Afghanistan all’Iraq. La situazione terroristica si è ulteriormente complicata col ritiro delle truppe USA dall’IRAQ, che ha visto la gemmazione di una ulteriore organizzazione terroristica: l’ISIS che ha interessato anche l’Afghanistan, aggravando il già critico livello di sicurezza del Paese. Pertanto, i problemi attuali di insicurezza dell’Afghanistan sono solo la conseguenza delle decisioni prese nel lontano 2003 dagli USA, che decisero la rilevante riduzione delle forze militari sul terreno, che non seppero consolidare e stabilizzare i risultati raggiunti con la vittoria raggiunta con l’invasione iniziata il 7 ottobre 2001. L'America e i suoi interessi verso l'India Non ci sono molti approfondimenti strategici da fare su questo argomento: la scelta dell’India da parte USA, automaticamente fa decadere il supporto strategico e operativo del Pakistan per le operazioni in Afghanistan, spinge il Pakistan nell’orbita cinese, russa, e per certi versi anche iraniana. Secondo l'amministrazione Trump l’Afghanistan e il terrorismo, ridimensionati nelle loro aspirazioni rivoluzionarie, avrebbero avuto una minore priorità nel nuovo ciclo geopolitico, rispetto all’elemento nuovo che era all’orizzonte ma ora si è consolidato, la Cina. Gli USA e di conseguenza la Cina, hanno già individuato i nuovi paesi alleati per i prossimi confronti geostrategici. Stiamo infatti assistendo ai giorni nostri il consolidamento di questo confronto tra l’ulteriore espansionismo economico e commerciale cinese e la risposta USA, legata sia alla “Trade War with the world”, sia alla politica di contenimento dell’espansionismo cinese. Questo nuovo confronto nasce nell’era digitale ed è caratterizzato dal nuovo dominio nella dimensione cyber con il “commercio di informazioni”. Secondo alcuni studiosi, il dominio del cyberspazio è il fattore chiave per acquisire potere. L’Afghanistan di oggi, quindi, è immerso in un quadro geopolitico differente rispetto a quello di 20 anni fa per tre ordini di ragioni: la fine del ciclo terroristico legato alle religioni, l’interesse della Cina alla stabilizzazione dell’Afghanistan per convenienza nazionale e la raggiunta “dominance” degli USA nel campo energetico grazie alle grandi riserve di “shale oil” individuate sul proprio territorio. David Rapoport, nei suoi studi sulle ondate terroristiche che hanno caratterizzato la nostra storia (quattro), ha previsto il termine o meglio l’attenuazione di questo ciclo, iniziato nel 1979, nel non lontano 2025, con la nascita di un nuovo ciclo di diversa tipologia e non in Afghanistan. La Cina affermatasi come grande potenza, ha interesse, oggi più di ieri, alla stabilizzazione dell’Afghanistan per ragioni economiche, strategiche e di sicurezza interna (Limes); nello Xinjiang “è in corso una dura campagna antiterrorismo per arginare le frange estremiste di etnia uigura, minoranza musulmana e turcofona.” Inoltre, la tutela dei progetti infrastrutturali lungo la rotta della nuova via della seta, richiede un Afghanistan più stabile. Infine, l’Afghanistan pur non avendo petrolio, è importante per il trasporto del petrolio del Mar Caspio verso i mari caldi pakistani attraverso il passo di montagna obbligato del Khyber, parte della vecchia via della seta, punto di passaggio tra l’Asia Centrale e Meridionale: l’interesse USA per il passaggio delle risorse energetiche attraverso l’Afghanistan si è affievolito per il raggiungimento dello status di “dominance” nel settore energetico grazie allo “shale oil and gas” scoperto nel proprio territorio. Gli USA quindi, hanno valutato, non conveniente rimanere nell’area afghana, che oggi presenta un rischio terroristico più basso rispetto al 2001, in un quadro di priorizzazione delle risorse (Resource Triangle). Sotto il profilo geostrategico, ”Pechino vuole stringere a sé Kabul per erodere la sfera d’influenza dell’India” (Limes). L’Afghanistan, col ritiro degli USA, si prepara ad entrare in una possibile orbita cinese col supporto del Pakistan, acerrima nemica dell’India che a sua volta non è buona amica della Cina. Con buona pace degli analisti USA, la NATO ha operato come alleato di valore al fianco degli USA sopportando costi e pagando con vite umane il proprio contributo, come pure l’Italia (33 deceduti), senza però alcuna influenza sulle decisioni geostrategiche che sono state operate in autonomia dagli USA e senza grandi onori riconosciuti. Qualche volta nei conti dei costi di partecipazione all’Alleanza, aggiungiamo una riga in più, per considerare quanto fatto e pagato nei 20 anni dagli Alleati e dall’Italia come contributo nazionale per la nostra sicurezza collettiva ed evitiamo di addossare ad altri le proprie responsabilità. Read the full article
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albaniaenergymarket-lg · 6 years ago
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Albania verso la transizione energetica da Lorenc Gordani
Albania verso la transizione energetica
Analisi da Dr. Lorenc Gordani Consulente legale su questioni energetiche
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L'Albania è in un processo di forte ristrutturazione del quadro normativo nel settore energetico. Gli sforzi di riforma avviati già nel lontano 2006, con l'adesione alla Comunità dell'energia, sono stati portati ormai a termine con l'adozione di una nuova legge sul settore dell'elettricità nel 2015. Mentre la riforma è rallentata un po’ negli ultimi due anni, il Consiglio dei ministri e le principali parti interessate, negli ultimi mesi, hanno trovato nuovo slancio, sotto l'impulso del processo d’integrazione europea, per proseguire con la riforma settoriale. Un processo concretizzato con l'approvazione del piano strategico per la riforma del settore energetico al chiusura del 2018. Un intervento che mira a creare un nuovo quadro giuridico per poter affrontare un'ampia gamma di questioni, tra cui le riforme istituzionali, promozione e maggiore efficienza di generazione di energia rinnovabili, l'istituzione di nuove tariffe elettriche, integrazione nel mercato interno dell'elettricità dell'UE, ecc. Quindi, ormai il paese è stato già avviato ad attuare le fasi delle riforme, che riguardano, tra l'altro, lo sviluppo di un mercato organizzato dell'energia elettrica (APEX), la completa separazione di OSHEE, e la graduale apertura del mercato al dettaglio insieme alla creazione di una mercato concorrente all'interno del più ampio sistema regionale di elettricità. La liberalizzazione del mercato all'ingrosso che accanto agli scambi bilaterali (OTC) e alle negoziazioni a termine, comprenderà i mercati giornalieri e intra-giornalieri, come il mercato del bilanciamento, in cui si prevede che la formazione dei prezzi si formerà liberamente sulla base di segnali di scarsità, concorrenza e esigenze d’investimento. Per quanto sopra essenziale è la menzione che il documento strategico è venuto come parte dello strumento basato sul prestiti della politiche di riforma (Political Based Loan - PBL). Il che significa che i fondi di istituzioni finanziarie internazionali sono prestati sulla base dell'attuazione delle specifiche riforme politiche elencate nel piano strategico dell'energia (Planning Reform of Energy - PRE). Come inoltre va notato che il piano strategico esamina e attua gli impegni internazionali dell'Albania, in particolare per quanto riguarda il processo di adesione nella Comunità dell'energia e nell'UE. Piano strategico che comprende una serie completa di misure e rappresenta un'importante riforma per il settore energetico con obiettivi multipli, dove in particolare primeggiano quegli strutturali, operativi e finanziari. In sostanza della quale il PRE mira a creare un mercato organizzato basato sul modello UE, che è guidato dai principi di trasparenza, non discriminazione e sostenibilità a lungo periodo, basato sulla formazione dei liberi prezzi attraverso la concorrenza. Gli contenuti chiavi della quale possono essere riassunti come la creazione di accesso e tariffe trasparenti e non discriminatorie, un rafforzamento del ruolo indipendente del regolatore, prezzi competitivi e trasparenti, sistemi di sostegno equi con rischi minimi per le categorie vulnerabili, trasparenza e regime di sostegno non discriminatorio per le società produttrici di energia rinnovabile, ecc. A tale riguardo si prevede che i benefici di questo cambiamento radicale portino ad creazione di un mercato che produce, trasmette e consuma elettricità in modo efficiente, nonché un ambiente che offre possibilità di investire con la massima redditività. Nonostante, che in breve, il principale vantaggio della riforma è la creazione di un valore aggiunto a base di mercato per le risorse energetiche e il denaro pubblico, è anche molto importante il riconoscimento e l'indirizzare per tempo di tutti i rischi associati al non pienamente attuazione di questa riforma strategica. Nota: L’opinione espresse in questo articolo appartengono al suo autore. Nonostante tutti gli sforzi compiuti per garantire l’accuratezza di questa pubblicazione, quanto qui non intende fornire consulenza legale in quanto le singole situazioni possono differire e dovrebbero essere discusse con un esperto. Per qualsiasi consulenza tecnica o legale specifica sulle informazioni fornite e argomenti correlati, si può contattare attraverso l’indirizzo e-mail “[email protected]”. Most Read Publications Most Visit Section Read the full article
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purpleavenuecupcake · 7 years ago
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Difesa, Italia sempre più protagonista della cooperazione Nato-Ue, il parere degli addetti al settore della politica, della Difesa e dell'Industria
Secondo quanto riportato da Nova l'Italia ha giocato un ruolo cruciale per il rilancio dell'Europa della Difesa e svolge una parte altrettanto importante nella cooperazione Nato-Ue attraverso, il cosiddetto "hub meridionale" dell'Alleanza inaugurato a Napoli: la vera sfida, adesso, è rappresentata dalle opportunità offerte all'industria dal Fondo europeo per la difesa e dall'aumento delle spese militari per avvicinarsi alla soglia del 2% del prodotto interno lordo.E' quanto emerge dal convegno promosso dalla delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare della Nato (Apce) e dall'Istituto affari internazionali (Iai) nella sala capitolare al Chiostro del convento di Santa Maria sopra Minerva a Roma. Evento più che mai attuale e che si è svolto in contemporanea con la riunione dei ministri degli Esteri della Nato a Bruxelles. Sulla difesa comune europea, dopo la firma della Cooperazione strutturata permanente (Pesco), "ci sono passi in avanti importanti. Si tratta di diversi tavoli di lavoro perchè, oltre alla Pesco, ci sono progetti industriali e progetti che riguardano anche capacità operative.  Il parere degli esperti e addetti ai lavori  Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti. “L’attenzione, per quanto riguarda la cooperazione sulla difesa, adesso, è rivolta al Consiglio europeo di dicembre con i capi di governo: "In quella sede - ha spiegato Pinotti - verrà formalizzata la decisione e, credo, rilanciata per il futuro". Nel suo intervento al convegno, il ministro ha chiamato in causa il generale Claudio Graziano, capo di stato maggiore della Difesa, recentemente nominato a presidente Comitato militare dell'Unione Europea. “Il fatto che il generale Graziano sia stato scelto con ampissimo consenso, non usuale in una votazione di questo tipo, in Europa è molto significativo. Credo che questo diventerà un punto di riferimento fondamentale”.   Il Capo di Stato Maggiore della Difesa Gen. Claudio Graziano, da parte sua, ha sottolineato che è necessario "superare gli egoismi nazionali" per creare una "capacità di comando e controllo europeo" che possa operare, per quanto possibile, "in sinergia con la Nato". In questo contesto, il progetto di "hub per il Mediterraneo" rappresenta un "elemento pratico di grande importanza" per riunire le iniziative europee e della Nato "sotto un unico ombrello", guadagnando in termini "economici e di efficacia", ha detto il generale. "Stiamo assistendo a una difficoltà  sia interna che esterna di impiego della Nato in determinate aree", ha detto ancora il capo di stato maggiore della Difesa, ricordando come ad esempio la missione in Iraq sia guidata da una "coalizione di volenterosi" e non dall'Alleanza atlantica. In questo contesto  essenziale, ha aggiunto Graziano, "il capacity building" inteso come "preparazione delle forze operative" per stabilizzare paesi in crisi come Tunisia e Libia. Ma il processo di generazione delle forze Nato "richiede tempi di pianificazione e di sviluppo prolungati", mentre il meccanismo europeo  in grado di muoversi "con maggiore rapidità", ha aggiunto Graziano. Un altro tema posto dal capo di stato maggiore della Difesa - ma non solo -  l'uscita della Regno Unito dall'Ue. La Brexit, "apre nuovi interrogativi" per esempio per quanto riguarda la guida della missione europea in Bosnia (Althea) sotto guida Nato. "Questo porterà a lunghe negoziazioni, ma non è così assodato che il Regno Unito sarà fuori dalle operazioni europee e che non ci sarà accordo", ha concluso. Generale di Squadra Aerea Carlo Magrassi, segretario generale della Difesa:”l'Italia deve "fare sistema" di fronte alla sfide e alle opportunità del progetto di difesa comune europea e dell'avvicinamento fra Alleanza atlantica e Unione europea, altrimenti rischia di diventare "terra di conquista" di paesi stranieri. La frammentazione non ci aiuta. Il libro bianco della Difesa è il tentativo di deframmentare e creare efficienza, un documento che manterrà la sua attualità per lungo tempo", ha detto. "Leonardo ha bisogno di un grande progetto federativo, ma è il paese che deve avviarlo. Non è vero che non abbiamo risorse. Bisogna cambiare mentalità. Dobbiamo assumere un atteggiamento sul modello della Commissione europea, che investe 1 e ha come ritorno 10", ha detto Magrassi. "Dobbiamo dare alle nostre industrie oggi progetti importanti, altrimenti gli altri paesi ci vedranno come terra di conquista", ha detto ancora il segretario generale Il segretario generale del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Elisabetta Belloni, ha evidenziato che l'Italia ha lavorato molto per favorire una "svolta della Nato verso sud" e per adottare un approccio "pragmatico" al tema della difesa comune europea. Sono stati fatti "alcuni passi in avanti", ha detto Belloni, rispetto alle nuove sfide non convenzionali e asimmetriche che provengono soprattutto dal Mediterraneo. Tuttavia, ha aggiunto il segretario generale, permangono ancora resistenze su questo tema. "L'Ue deve guardare più a sud lungo la direttrice Mediterraneo-Africa:  qui che si gioca il suo futuro e la sua sicurezza", ha detto Belloni, sottolineando come il vertice tra Unione africana e Unione europea tenuto ad Abidjan, in Costa d'Avorio, abbia "messo bene in luce la posta in gioco nel rapporto tra il Vecchio Ampio spazio stato dedicato, ovviamente, al comparto dell'industria della difesa. Secondo Giuseppe Bono, amministratore delegato di Fincantieri, la distinzione di ruoli tra industria e Forze armate è stata a svantaggio di queste ultime. "Siamo tutti convinti di aver speso bene le risorse in questi anni? Di aver fatto le scelte giuste. Se fossero state fatte alcune scelte strategiche noi a quest'ora avremmo messo in sicurezza l'Europa", ha detto Bono, invitando a riflettere sul "futuro": "La difesa comune - ha sottolineato - comporterà per l'Europa delle scelte da fare", in primis se essere una potenza globale, interventista o una potenza con funzioni da deterrente. Secondo l'ad di Fincantieri, infatti, serve affrontare questo tema: "Non ne discutiamo e poi ce la prendiamo con il paese che non capisce. La legge navale -  l'esempio che fa Bono - l'abbiamo fatta passare con il consenso di tutti i partiti politici perchè abbiamo spiegato che serviva al paese". L'amministratore delegato di Fincantieri ha rimarcato, quindi, la necessità di un salto di qualità culturale. Non senza sottolineare come "l'Italia abbia abdicato ad avere un'industria della difesa autonoma". Proprio rispetto al paese, Bono si  interrogato su quale ruolo avrà. Dopo aver spiegato come "nel mondo i programmi più importanti sono solo quelli navali, programmi di miliardi e miliardi di euro, e non dei 4 miliardi della legge navale, ma al tempo stesso nel mondo c'è il boom delle navi crociera (navi da carico invece sono ferme)", insiste anche su prospettive e priorità industriali: "L'industria fa prodotti. Noi vogliamo risorse per poterli fare perchè la sperimentazione va fatta sui prodotti. Giovanni Soccodato, responsabile strategie, fusioni e acquisizioni di Leonardo, ha accolto con favore il fatto che "finalmente" è  stato avviato un percorso di Cooperazione strutturata permanente a livello europeo (Pesco), ma il vero problema riguarda le tempistiche: l'evoluzione tecnologico-industriale è talmente rapida che il percorso di consolidamento europeo rischia di non essere adeguato. "Dobbiamo creare in Europa una capacità industriale in grado di confrontarsi alla pari e di vincere sui mercati internazionali", ha detto Soccodato, aprendo anche alla possibilità di presentare candidature congiunte con i partner statunitensi "sulla base di un rapporto equilibrato e bilanciato". L'Italia, da parte sua, deve svolgere un ruolo forte "come paese e come industria" a livello europeo, e in questo ambito può aiutare la recente nomina del capo di Stato maggiore della Difesa, Claudio Graziano, a presidente del Comitato militare dell'Ue. "Dobbiamo rafforzarci qui in casa nostra per portare le nostre competenze in Europa", ha aggiunto il dirigente di Leonardo. Da questo punto di vista è importante "mettere in campo risorse adeguate" a partire dal settore, spesso dimenticato, della ricerca e sviluppo, ha detto Guido Crosetto, presidente della Federazione Aziende italiane per l'aerospazio, la difesa e la sicurezza (Aiad), ha detto ad "Agenzia Nova" che sulla difesa comune europea il discorso è in evoluzione, "il dialogo  aperto ma ogni giorno assistiamo a uno scontro tra nazioni perchè alcune, Francia e Germania, hanno un obiettivo preciso mentre le altre arrancano. Il nostro tentativo  quello di ritagliare uno spazio all'industria italiana, di riuscire a delineare una presenza significativa del nostro paese". Crosetto, quindi, ha aggiunto: "Si tratta di una battaglia molto difficile. Ce la facciamo - ha rimarcato - solo se tutti insieme ci coordiniamo come sistema paese, facendo alleanze col resto dei paesi d'Europa per non venire spazzati via". Sul fronte della cooperazione Nato-Ue, infine, il numero uno dell'Aiad l'ha definita "necessaria": "Nessuno può pensare che con la crescita dell'Europa si smantelli la Nato. Ci deve essere, invece, una crescita contestuale e un'integrazione. Non penso, infatti - ha concluso - che nè all'Italia nè all'Ue convenga intraprendere un percorso di distacco. Andrea Manciulli, presidente della delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare Nato. Rispondendo ad una domanda sulla necessità di una stretta cooperazione tra Alleanza atlantica e Unione Europea, Manciulli ha osservato: "Il tempo ci costringerà a farla. Prima di essere costretti da contingenze, poi, è sempre meglio agire sulla base di una nostra precisa volontà". Il deputato ha aggiunto: "d'altronde è evidente che nessun paese europeo, per conto suo, possa fronteggiare le sfide che abbiamo di fronte. Come è altrettanto evidente un altro tema e cioè il rilancio dello spirito dell'Occidente". Per Nicola Latorre, presidente della commissione Difesa di palazzo Madama, il ruolo dell'Italia è innanzitutto "quello di saper coniugare l'interesse nazionale con la dimensione sovranazionale" entro cui si colloca il progetto di cooperazione Nato-Ue. "Questa è la grande sfida in un momento in cui il multilateralismo è esposto a una difficile prosecuzione". Latorre non ne fa un problema di risorse, un fronte che non vede l'Italia molto competitiva rispetto ad altri paesi Ue. Sulla cooperazione Nato-Ue, invece, il presidente della commissione Difesa del Senato ha affermato: "Ci sono tutte le condizioni perché questo rapporto possa svilupparsi con il supporto reciproco di entrambi i protagonisti. E' un processo che si è avviato e che, naturalmente, implica una più concreta e determinata iniziativa verso la costruzione di un sistema europeo di difesa". Prima di aggiungere: "Le prime mosse, con la strategia globale e con la definizione dell'accordo Pesco, che sarà confermato l'11 dicembre dal Consiglio europeo, sono importanti passi in avanti a cui bisogna aggiungere, per, una più netta e chiara definizione di una comune strategia. Alli, presidente dell'Assemblea parlamentare della Nato: “il progetto del sistema di difesa integrato comune a livello europeo è "la via maestra per arrivare all'Europa politica". "La condivisione delle spese richiede da parte dei paesi europei, non solo Nato, di spendere di più ma anche di spendere meglio. L'idea di difesa comune europea può dare un contributo. Fu una grande intuizione, purtroppo non realizzata, di Alcide De Gasperi, e può essere la via maestra per arrivare all'Europa politica. Siamo ancora lontani da questo, ma siamo avviati sulla strada giusta", ha detto ancora Alli. "L'Ue  attesa da sfide interne importanti, come l'unione politica e la sfida migratoria, ma anche sul fronte esterno nel confronto con i grandi blocchi: la Cina, l'India, il radicale mutamento della politica estera degli Usa. In un contesto così complesso il tema della sicurezza assume un'importanza primaria anche nella percezione dei cittadini", ha spiegato Alli. Difesa e sicurezza sono due capitoli decisivi della nostra agenda, "beni comuni primari. E da questa consapevolezza dovrebbero scaturire risorse e politiche conseguenti. Bisogna rompere il cortocircuito che tiene separato il piano della sicurezza, e quindi della pace, e quello delle spese militari che restano un argomento difficile da sostenere, tanto più in campagna elettorale. E tuttavia questa è la prima scommessa da fare". Questo, invece, è quanto ha detto Francesco Saverio Garofani, presidente della commissione Difesa della Camera. Garofani ha rimarcato anche la necessità di ricalibrare il rapporto "tra industria della difesa e Forze armate": "Questo rapporto - evidenzia il deputato Pd – è stato squilibrato, più funzionale a ciò che serviva alla prima rispetto a quanto occorreva alle seconde. Bisogna riequilibrare tale rapporto, considerando che l'industria di settore italiana è importante per il fatturato e per gli investimenti in ricerca ma questo è solo una parte del ragionamento". Il numero uno della commissione Difesa a Montecitorio, nel corso della sua analisi, sottolinea pure come la questione della difesa europea sia diventata "spesso un mantra, anche nella discussione politica, non privo di ambiguità. Talvolta si affronta questa tema come una via di fuga, un'alternativa all'assunzione di responsabilità, un tentativo di delegare ad altri ciò che non possiamo fare. Credo - afferma - che non siamo riusciti, nonostante il periodo che stiamo vivendo, a far comprendere all'opinione pubblica che produrre sicurezza sia una priorità". Per Fabrizio Cicchitto, presidente della commissione Esteri della Camera, il retroterra su cui hanno fatto affidamento sia la Nato che l'Unione europea è "il ruolo di mediazione e stabilizzazione del mondo svolto dagli Stati uniti, che è in crisi oggi. E questo potrebbe, uso il periodo ipotetico, determinare un ruolo dell'Europa". Cicchitto, quindi, nella sua analisi ha fatto un quadro delle realtà esterne, a partire dalla Cina col suo "imperialismo economico ma anche politico", passando per la Russia e l'Iran e si sofferma sugli errori degli Stati uniti da Bush junior a Obama, rispettivamente in Iraq e Siria. Errori di sistema che, secondo il deputato di Alternativa Popolare, non avevano fatto venir meno "la dimensione multipolare degli Stati Uniti. Oggi, con Trump la crisi riguarda anche questa dimensione. Trump sta facendo con Israele un gioco politico tragico, mettendo in discussione un punto d'equilibrio  “Gerusalemme stessa". Per il presidente della commissione Esteri della Camera, quindi, "in una situazione di profonda crisi di comportamento americana, oggi l'Europa punta a coprire in parte questi squilibri, con una dimensione che dovrebbe riguardare la difesa". Il nodo, secondo Cicchitto, però, è se davvero la Nato, sia rispetto all'Europa del nord e sia rispetto al Mediterraneo, sarà in grado di ristabilire i fili, i collegamenti dell'establishment americano, "non stiamo ragionando in termini di aggiustamenti". Ecco perchè per il presidente della commissione Esteri, è necessario andare al fondo di tali questioni, "i rapporti tra Nato e Unione europea si devono misurare con il quadro di oggi.   Read the full article
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purpleavenuecupcake · 7 years ago
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Difesa, Italia sempre più protagonista della cooperazione Nato-Ue, il parere degli addetti al settore della politica, della Difesa e dell'Industria
L'Italia ha giocato un ruolo cruciale per il rilancio dell'Europa della Difesa e svolge una parte altrettanto importante nella cooperazione Nato-Ue attraverso, il cosiddetto "hub meridionale" dell'Alleanza inaugurato a Napoli. La sfida, adesso, è rappresentata dalle opportunità offerte all'industria dal Fondo europeo per la difesa e dall'aumento delle spese militari per avvicinarsi alla soglia del 2% del prodotto interno lordo. E' quanto emerge dal convegno promosso dalla delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare della Nato (Apce) e dall'Istituto affari internazionali (Iai) nella sala capitolare al Chiostro del convento di Santa Maria sopra Minerva a Roma. Evento più che mai attuale e che si è svolto in contemporanea con la riunione dei ministri degli Esteri della Nato a Bruxelles. Sulla difesa comune europea, dopo la firma della Cooperazione strutturata permanente (Pesco), "ci sono passi in avanti importanti. Si tratta di diversi tavoli di lavoro perchè, oltre alla Pesco, ci sono progetti industriali e progetti che riguardano anche capacità operative. Il parere degli esperti del mondo politico, militare ed industriale Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti. “L’attenzione, per quanto riguarda la cooperazione sulla difesa, adesso, è rivolta al Consiglio europeo di dicembre con i capi di governo: "In quella sede - ha spiegato Pinotti - verrà formalizzata la decisione e, credo, rilanciata per il futuro". Nel suo intervento al convegno, il ministro ha chiamato in causa il generale Claudio Graziano, capo di stato maggiore della Difesa, recentemente nominato a presidente Comitato militare dell'Unione Europea. “Il fatto che il generale Graziano sia stato scelto con ampissimo consenso, non usuale in una votazione di questo tipo, in Europa è molto significativo. Credo che questo diventerà un punto di riferimento fondamentale”. Il Capo di Stato Maggiore della Difesa Gen. Claudio Graziano, da parte sua, ha sottolineato che è necessario "superare gli egoismi nazionali" per creare una "capacità di comando e controllo europeo" che possa operare, per quanto possibile, "in sinergia con la Nato". In questo contesto, il progetto di "hub per il Mediterraneo" rappresenta un "elemento pratico di grande importanza" per riunire le iniziative europee e della Nato "sotto un unico ombrello", guadagnando in termini "economici e di efficacia", ha detto il generale. "Stiamo assistendo a una difficoltà  sia interna che esterna di impiego della Nato in determinate aree", ha detto ancora il capo di stato maggiore della Difesa, ricordando come ad esempio la missione in Iraq sia guidata da una "coalizione di volenterosi" e non dall'Alleanza atlantica. In questo contesto  essenziale, ha aggiunto Graziano, "il capacity building" inteso come "preparazione delle forze operative" per stabilizzare paesi in crisi come Tunisia e Libia. Ma il processo di generazione delle forze Nato "richiede tempi di pianificazione e di sviluppo prolungati", mentre il meccanismo europeo  in grado di muoversi "con maggiore rapidità", ha aggiunto Graziano. Un altro tema posto dal capo di stato maggiore della Difesa - ma non solo -  l'uscita della Regno Unito dall'Ue. La Brexit, "apre nuovi interrogativi" per esempio per quanto riguarda la guida della missione europea in Bosnia (Althea) sotto guida Nato. "Questo porterà a lunghe negoziazioni, ma non è così assodato che il Regno Unito sarà fuori dalle operazioni europee e che non ci sarà accordo", ha concluso. Generale di Squadra Aerea Carlo Magrassi, segretario generale della Difesa:”l'Italia deve "fare sistema" di fronte alla sfide e alle opportunità del progetto di difesa comune europea e dell'avvicinamento fra Alleanza atlantica e Unione europea, altrimenti rischia di diventare "terra di conquista" di paesi stranieri. La frammentazione non ci aiuta. Il libro bianco della Difesa è il tentativo di deframmentare e creare efficienza, un documento che manterrà la sua attualità per lungo tempo", ha detto. "Leonardo ha bisogno di un grande progetto federativo, ma è il paese che deve avviarlo. Non è vero che non abbiamo risorse. Bisogna cambiare mentalità. Dobbiamo assumere un atteggiamento sul modello della Commissione europea, che investe 1 e ha come ritorno 10", ha detto Magrassi. "Dobbiamo dare alle nostre industrie oggi progetti importanti, altrimenti gli altri paesi ci vedranno come terra di conquista", ha detto ancora il segretario generale Il segretario generale del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Elisabetta Belloni, ha evidenziato che l'Italia ha lavorato molto per favorire una "svolta della Nato verso sud" e per adottare un approccio "pragmatico" al tema della difesa comune europea. Sono stati fatti "alcuni passi in avanti", ha detto Belloni, rispetto alle nuove sfide non convenzionali e asimmetriche che provengono soprattutto dal Mediterraneo. Tuttavia, ha aggiunto il segretario generale, permangono ancora resistenze su questo tema. "L'Ue deve guardare più a sud lungo la direttrice Mediterraneo-Africa:  qui che si gioca il suo futuro e la sua sicurezza", ha detto Belloni, sottolineando come il vertice tra Unione africana e Unione europea tenuto ad Abidjan, in Costa d'Avorio, abbia "messo bene in luce la posta in gioco. Secondo Giuseppe Bono, amministratore delegato di Fincantieri, la distinzione di ruoli tra industria e Forze armate è stata a svantaggio di queste ultime. "Siamo tutti convinti di aver speso bene le risorse in questi anni? Di aver fatto le scelte giuste. Se fossero state fatte alcune scelte strategiche noi a quest'ora avremmo messo in sicurezza l'Europa", ha detto Bono, invitando a riflettere sul "futuro": "La difesa comune - ha sottolineato - comporterà per l'Europa delle scelte da fare", in primis se essere una potenza globale, interventista o una potenza con funzioni da deterrente. Secondo l'ad di Fincantieri, infatti, serve affrontare questo tema: "Non ne discutiamo e poi ce la prendiamo con il paese che non capisce. La legge navale -  l'esempio che fa Bono - l'abbiamo fatta passare con il consenso di tutti i partiti politici perchè abbiamo spiegato che serviva al paese". L'amministratore delegato di Fincantieri ha rimarcato, quindi, la necessità di un salto di qualità culturale. Non senza sottolineare come "l'Italia abbia abdicato ad avere un'industria della difesa autonoma". Proprio rispetto al paese, Bono si è interrogato su quale ruolo avrà. Dopo aver spiegato come "nel mondo i programmi più importanti sono solo quelli navali, programmi di miliardi e miliardi di euro, e non dei 4 miliardi della legge navale, ma al tempo stesso nel mondo c'è il boom delle navi crociera (navi da carico invece sono ferme)", insiste anche su prospettive e priorità industriali: "L'industria fa prodotti. Noi vogliamo risorse per poterli fare perchè la sperimentazione va fatta sui prodotti. Giovanni Soccodato, responsabile strategie, fusioni e acquisizioni di Leonardo, ha accolto con favore il fatto che "finalmente" è  stato avviato un percorso di Cooperazione strutturata permanente a livello europeo (Pesco), ma il vero problema riguarda le tempistiche: l'evoluzione tecnologico-industriale è talmente rapida che il percorso di consolidamento europeo rischia di non essere adeguato. "Dobbiamo creare in Europa una capacità industriale in grado di confrontarsi alla pari e di vincere sui mercati internazionali", ha detto Soccodato, aprendo anche alla possibilità di presentare candidature congiunte con i partner statunitensi "sulla base di un rapporto equilibrato e bilanciato". L'Italia, da parte sua, deve svolgere un ruolo forte "come paese e come industria" a livello europeo, e in questo ambito può aiutare la recente nomina del capo di Stato maggiore della Difesa, Claudio Graziano, a presidente del Comitato militare dell'Ue. "Dobbiamo rafforzarci qui in casa nostra per portare le nostre competenze in Europa", ha aggiunto il dirigente di Leonardo. Da questo punto di vista è importante "mettere in campo risorse adeguate" a partire dal settore, spesso dimenticato, della ricerca e sviluppo, ha detto Guido Crosetto, presidente della Federazione Aziende italiane per l'aerospazio, la difesa e la sicurezza (Aiad). Sulla difesa comune europea il discorso è in evoluzione, "il dialogo e’ aperto ma ogni giorno assistiamo a uno scontro tra nazioni perchè alcune, Francia e Germania, hanno un obiettivo preciso mentre le altre arrancano. Il nostro tentativo  e’ quello di ritagliare uno spazio all'industria italiana, di riuscire a delineare una presenza significativa del nostro paese". Crosetto, quindi, ha aggiunto: "Si tratta di una battaglia molto difficile. Ce la facciamo - ha rimarcato - solo se tutti insieme ci coordiniamo come sistema paese, facendo alleanze col resto dei paesi d'Europa per non venire spazzati via". Sul fronte della cooperazione Nato-Ue, infine, il numero uno dell'Aiad l'ha definita "necessaria": "Nessuno può pensare che con la crescita dell'Europa si smantelli la Nato. Ci deve essere, invece, una crescita contestuale e un'integrazione. Non penso, infatti - ha concluso - che nè all'Italia nè all'Ue convenga intraprendere un percorso di distacco. Andrea Manciulli, presidente della delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare Nato. Rispondendo ad una domanda sulla necessità di una stretta cooperazione tra Alleanza atlantica e Unione Europea, Manciulli ha osservato: "Il tempo ci costringerà a farla. Prima di essere costretti da contingenze, poi, è sempre meglio agire sulla base di una nostra precisa volontà". Il deputato ha aggiunto: "d'altronde è evidente che nessun paese europeo, per conto suo, possa fronteggiare le sfide che abbiamo di fronte. Come è altrettanto evidente un altro tema e cioè il rilancio dello spirito dell'Occidente". Per Nicola Latorre, presidente della commissione Difesa di palazzo Madama, il ruolo dell'Italia è innanzitutto "quello di saper coniugare l'interesse nazionale con la dimensione sovranazionale" entro cui si colloca il progetto di cooperazione Nato-Ue. "Questa è la grande sfida in un momento in cui il multilateralismo è esposto a una difficile prosecuzione". Latorre non ne fa un problema di risorse, un fronte che non vede l'Italia molto competitiva rispetto ad altri paesi Ue. Sulla cooperazione Nato-Ue, invece, il presidente della commissione Difesa del Senato ha affermato: "Ci sono tutte le condizioni perché questo rapporto possa svilupparsi con il supporto reciproco di entrambi i protagonisti. E' un processo che si è avviato e che, naturalmente, implica una più concreta e determinata iniziativa verso la costruzione di un sistema europeo di difesa". Prima di aggiungere: "Le prime mosse, con la strategia globale e con la definizione dell'accordo Pesco, che sarà confermato l'11 dicembre dal Consiglio europeo, sono importanti passi in avanti a cui bisogna aggiungere una più netta e chiara definizione di una comune strategia. Alli, presidente dell'Assemblea parlamentare della Nato: “il progetto del sistema di difesa integrato comune a livello europeo è "la via maestra per arrivare all'Europa politica". "La condivisione delle spese richiede da parte dei paesi europei, non solo Nato, di spendere di più ma anche di spendere meglio. L'idea di difesa comune europea può dare un contributo. Fu una grande intuizione, purtroppo non realizzata, di Alcide De Gasperi, e può essere la via maestra per arrivare all'Europa politica. Siamo ancora lontani da questo, ma siamo avviati sulla strada giusta", ha detto ancora Alli. "L'Ue  attesa da sfide interne importanti, come l'unione politica e la sfida migratoria, ma anche sul fronte esterno nel confronto con i grandi blocchi: la Cina, l'India, il radicale mutamento della politica estera degli Usa. In un contesto così complesso il tema della sicurezza assume un'importanza primaria anche nella percezione dei cittadini", ha spiegato Alli. Difesa e sicurezza sono due capitoli decisivi della nostra agenda, "beni comuni primari”. E da questa consapevolezza dovrebbero scaturire risorse e politiche conseguenti. Bisogna rompere il cortocircuito che tiene separato il piano della sicurezza, e quindi della pace, e quello delle spese militari che restano un argomento difficile da sostenere, tanto più in campagna elettorale. E tuttavia questa è la prima scommessa da fare". Questo, invece, è quanto ha detto Francesco Saverio Garofani, presidente della commissione Difesa della Camera. Garofani ha rimarcato anche la necessità di ricalibrare il rapporto "tra industria della difesa e Forze armate": "Questo rapporto - evidenzia il deputato Pd – è stato squilibrato, più funzionale a ciò che serviva alla prima rispetto a quanto occorreva alle seconde. Bisogna riequilibrare tale rapporto, considerando che l'industria di settore italiana è importante per il fatturato e per gli investimenti in ricerca ma questo è solo una parte del ragionamento". Il numero uno della commissione Difesa a Montecitorio, nel corso della sua analisi, sottolinea pure come la questione della difesa europea sia diventata "spesso un mantra, anche nella discussione politica, non privo di ambiguità. Talvolta si affronta questa tema come una via di fuga, un'alternativa all'assunzione di responsabilità, un tentativo di delegare ad altri ciò che non possiamo fare. Credo - afferma - che non siamo riusciti, nonostante il periodo che stiamo vivendo, a far comprendere all'opinione pubblica che produrre sicurezza sia una priorità". Per Fabrizio Cicchitto, presidente della commissione Esteri della Camera, il retroterra su cui hanno fatto affidamento sia la Nato che l'Unione europea è "il ruolo di mediazione e stabilizzazione del mondo svolto dagli Stati uniti, che è in crisi oggi. E questo potrebbe, uso il periodo ipotetico, determinare un ruolo dell'Europa". Cicchitto, quindi, nella sua analisi ha fatto un quadro delle realtà esterne, a partire dalla Cina col suo "imperialismo economico ma anche politico", passando per la Russia e l'Iran e si sofferma sugli errori degli Stati uniti da Bush junior a Obama, rispettivamente in Iraq e Siria. Errori di sistema che, secondo il deputato di Alternativa Popolare, non avevano fatto venir meno "la dimensione multipolare degli Stati Uniti. Oggi, con Trump la crisi riguarda anche questa dimensione. Trump sta facendo con Israele un gioco politico tragico, mettendo in discussione un punto d'equilibrio  “Gerusalemme stessa". Per il presidente della commissione Esteri della Camera, quindi, "in una situazione di profonda crisi di comportamento americana, oggi l'Europa punta a coprire in parte questi squilibri, con una dimensione che dovrebbe riguardare la difesa". Il nodo, secondo Cicchitto, però, è se davvero la Nato, sia rispetto all'Europa del nord e sia rispetto al Mediterraneo, sarà in grado di ristabilire i fili, i collegamenti dell'establishment americano, "non stiamo ragionando in termini di aggiustamenti". Ecco perchè per il presidente della commissione Esteri,  afferma che  e’ necessario andare al fondo di tali questioni, "i rapporti tra Nato e Unione europea si devono misurare con il quadro geopolitico di oggi. fonte: Nova Read the full article
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purpleavenuecupcake · 7 years ago
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Difesa, Italia sempre più protagonista della cooperazione Nato-Ue, il parere degli addetti al settore della politica, della Difesa e dell'Industria
Secondo quanto riportato da Nova l'Italia ha giocato un ruolo cruciale per il rilancio dell'Europa della Difesa e svolge una parte altrettanto importante nella cooperazione Nato-Ue attraverso, il cosiddetto "hub meridionale" dell'Alleanza inaugurato a Napoli: la vera sfida, adesso, è rappresentata dalle opportunità offerte all'industria dal Fondo europeo per la difesa e dall'aumento delle spese militari per avvicinarsi alla soglia del 2% del prodotto interno lordo.E' quanto emerge dal convegno promosso dalla delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare della Nato (Apce) e dall'Istituto affari internazionali (Iai) nella sala capitolare al Chiostro del convento di Santa Maria sopra Minerva a Roma. Evento più che mai attuale e che si è svolto in contemporanea con la riunione dei ministri degli Esteri della Nato a Bruxelles. Sulla difesa comune europea, dopo la firma della Cooperazione strutturata permanente (Pesco), "ci sono passi in avanti importanti. Si tratta di diversi tavoli di lavoro perchè, oltre alla Pesco, ci sono progetti industriali e progetti che riguardano anche capacità operative.  Il parere degli esperti e addetti ai lavori  Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti. “L’attenzione, per quanto riguarda la cooperazione sulla difesa, adesso, è rivolta al Consiglio europeo di dicembre con i capi di governo: "In quella sede - ha spiegato Pinotti - verrà formalizzata la decisione e, credo, rilanciata per il futuro". Nel suo intervento al convegno, il ministro ha chiamato in causa il generale Claudio Graziano, capo di stato maggiore della Difesa, recentemente nominato a presidente Comitato militare dell'Unione Europea. “Il fatto che il generale Graziano sia stato scelto con ampissimo consenso, non usuale in una votazione di questo tipo, in Europa è molto significativo. Credo che questo diventerà un punto di riferimento fondamentale”.   Il Capo di Stato Maggiore della Difesa Gen. Claudio Graziano, da parte sua, ha sottolineato che è necessario "superare gli egoismi nazionali" per creare una "capacità di comando e controllo europeo" che possa operare, per quanto possibile, "in sinergia con la Nato". In questo contesto, il progetto di "hub per il Mediterraneo" rappresenta un "elemento pratico di grande importanza" per riunire le iniziative europee e della Nato "sotto un unico ombrello", guadagnando in termini "economici e di efficacia", ha detto il generale. "Stiamo assistendo a una difficoltà  sia interna che esterna di impiego della Nato in determinate aree", ha detto ancora il capo di stato maggiore della Difesa, ricordando come ad esempio la missione in Iraq sia guidata da una "coalizione di volenterosi" e non dall'Alleanza atlantica. In questo contesto  essenziale, ha aggiunto Graziano, "il capacity building" inteso come "preparazione delle forze operative" per stabilizzare paesi in crisi come Tunisia e Libia. Ma il processo di generazione delle forze Nato "richiede tempi di pianificazione e di sviluppo prolungati", mentre il meccanismo europeo  in grado di muoversi "con maggiore rapidità", ha aggiunto Graziano. Un altro tema posto dal capo di stato maggiore della Difesa - ma non solo -  l'uscita della Regno Unito dall'Ue. La Brexit, "apre nuovi interrogativi" per esempio per quanto riguarda la guida della missione europea in Bosnia (Althea) sotto guida Nato. "Questo porterà a lunghe negoziazioni, ma non è così assodato che il Regno Unito sarà fuori dalle operazioni europee e che non ci sarà accordo", ha concluso. Generale di Squadra Aerea Carlo Magrassi, segretario generale della Difesa:”l'Italia deve "fare sistema" di fronte alla sfide e alle opportunità del progetto di difesa comune europea e dell'avvicinamento fra Alleanza atlantica e Unione europea, altrimenti rischia di diventare "terra di conquista" di paesi stranieri. La frammentazione non ci aiuta. Il libro bianco della Difesa è il tentativo di deframmentare e creare efficienza, un documento che manterrà la sua attualità per lungo tempo", ha detto. "Leonardo ha bisogno di un grande progetto federativo, ma è il paese che deve avviarlo. Non è vero che non abbiamo risorse. Bisogna cambiare mentalità. Dobbiamo assumere un atteggiamento sul modello della Commissione europea, che investe 1 e ha come ritorno 10", ha detto Magrassi. "Dobbiamo dare alle nostre industrie oggi progetti importanti, altrimenti gli altri paesi ci vedranno come terra di conquista", ha detto ancora il segretario generale Il segretario generale del ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Elisabetta Belloni, ha evidenziato che l'Italia ha lavorato molto per favorire una "svolta della Nato verso sud" e per adottare un approccio "pragmatico" al tema della difesa comune europea. Sono stati fatti "alcuni passi in avanti", ha detto Belloni, rispetto alle nuove sfide non convenzionali e asimmetriche che provengono soprattutto dal Mediterraneo. Tuttavia, ha aggiunto il segretario generale, permangono ancora resistenze su questo tema. "L'Ue deve guardare più a sud lungo la direttrice Mediterraneo-Africa:  qui che si gioca il suo futuro e la sua sicurezza", ha detto Belloni, sottolineando come il vertice tra Unione africana e Unione europea tenuto ad Abidjan, in Costa d'Avorio, abbia "messo bene in luce la posta in gioco nel rapporto tra il Vecchio Ampio spazio stato dedicato, ovviamente, al comparto dell'industria della difesa. Secondo Giuseppe Bono, amministratore delegato di Fincantieri, la distinzione di ruoli tra industria e Forze armate è stata a svantaggio di queste ultime. "Siamo tutti convinti di aver speso bene le risorse in questi anni? Di aver fatto le scelte giuste. Se fossero state fatte alcune scelte strategiche noi a quest'ora avremmo messo in sicurezza l'Europa", ha detto Bono, invitando a riflettere sul "futuro": "La difesa comune - ha sottolineato - comporterà per l'Europa delle scelte da fare", in primis se essere una potenza globale, interventista o una potenza con funzioni da deterrente. Secondo l'ad di Fincantieri, infatti, serve affrontare questo tema: "Non ne discutiamo e poi ce la prendiamo con il paese che non capisce. La legge navale -  l'esempio che fa Bono - l'abbiamo fatta passare con il consenso di tutti i partiti politici perchè abbiamo spiegato che serviva al paese". L'amministratore delegato di Fincantieri ha rimarcato, quindi, la necessità di un salto di qualità culturale. Non senza sottolineare come "l'Italia abbia abdicato ad avere un'industria della difesa autonoma". Proprio rispetto al paese, Bono si  interrogato su quale ruolo avrà. Dopo aver spiegato come "nel mondo i programmi più importanti sono solo quelli navali, programmi di miliardi e miliardi di euro, e non dei 4 miliardi della legge navale, ma al tempo stesso nel mondo c'è il boom delle navi crociera (navi da carico invece sono ferme)", insiste anche su prospettive e priorità industriali: "L'industria fa prodotti. Noi vogliamo risorse per poterli fare perchè la sperimentazione va fatta sui prodotti. Giovanni Soccodato, responsabile strategie, fusioni e acquisizioni di Leonardo, ha accolto con favore il fatto che "finalmente" è  stato avviato un percorso di Cooperazione strutturata permanente a livello europeo (Pesco), ma il vero problema riguarda le tempistiche: l'evoluzione tecnologico-industriale è talmente rapida che il percorso di consolidamento europeo rischia di non essere adeguato. "Dobbiamo creare in Europa una capacità industriale in grado di confrontarsi alla pari e di vincere sui mercati internazionali", ha detto Soccodato, aprendo anche alla possibilità di presentare candidature congiunte con i partner statunitensi "sulla base di un rapporto equilibrato e bilanciato". L'Italia, da parte sua, deve svolgere un ruolo forte "come paese e come industria" a livello europeo, e in questo ambito può aiutare la recente nomina del capo di Stato maggiore della Difesa, Claudio Graziano, a presidente del Comitato militare dell'Ue. "Dobbiamo rafforzarci qui in casa nostra per portare le nostre competenze in Europa", ha aggiunto il dirigente di Leonardo. Da questo punto di vista è importante "mettere in campo risorse adeguate" a partire dal settore, spesso dimenticato, della ricerca e sviluppo, ha detto Guido Crosetto, presidente della Federazione Aziende italiane per l'aerospazio, la difesa e la sicurezza (Aiad), ha detto ad "Agenzia Nova" che sulla difesa comune europea il discorso è in evoluzione, "il dialogo  aperto ma ogni giorno assistiamo a uno scontro tra nazioni perchè alcune, Francia e Germania, hanno un obiettivo preciso mentre le altre arrancano. Il nostro tentativo  quello di ritagliare uno spazio all'industria italiana, di riuscire a delineare una presenza significativa del nostro paese". Crosetto, quindi, ha aggiunto: "Si tratta di una battaglia molto difficile. Ce la facciamo - ha rimarcato - solo se tutti insieme ci coordiniamo come sistema paese, facendo alleanze col resto dei paesi d'Europa per non venire spazzati via". Sul fronte della cooperazione Nato-Ue, infine, il numero uno dell'Aiad l'ha definita "necessaria": "Nessuno può pensare che con la crescita dell'Europa si smantelli la Nato. Ci deve essere, invece, una crescita contestuale e un'integrazione. Non penso, infatti - ha concluso - che nè all'Italia nè all'Ue convenga intraprendere un percorso di distacco. Andrea Manciulli, presidente della delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare Nato. Rispondendo ad una domanda sulla necessità di una stretta cooperazione tra Alleanza atlantica e Unione Europea, Manciulli ha osservato: "Il tempo ci costringerà a farla. Prima di essere costretti da contingenze, poi, è sempre meglio agire sulla base di una nostra precisa volontà". Il deputato ha aggiunto: "d'altronde è evidente che nessun paese europeo, per conto suo, possa fronteggiare le sfide che abbiamo di fronte. Come è altrettanto evidente un altro tema e cioè il rilancio dello spirito dell'Occidente". Per Nicola Latorre, presidente della commissione Difesa di palazzo Madama, il ruolo dell'Italia è innanzitutto "quello di saper coniugare l'interesse nazionale con la dimensione sovranazionale" entro cui si colloca il progetto di cooperazione Nato-Ue. "Questa è la grande sfida in un momento in cui il multilateralismo è esposto a una difficile prosecuzione". Latorre non ne fa un problema di risorse, un fronte che non vede l'Italia molto competitiva rispetto ad altri paesi Ue. Sulla cooperazione Nato-Ue, invece, il presidente della commissione Difesa del Senato ha affermato: "Ci sono tutte le condizioni perché questo rapporto possa svilupparsi con il supporto reciproco di entrambi i protagonisti. E' un processo che si è avviato e che, naturalmente, implica una più concreta e determinata iniziativa verso la costruzione di un sistema europeo di difesa". Prima di aggiungere: "Le prime mosse, con la strategia globale e con la definizione dell'accordo Pesco, che sarà confermato l'11 dicembre dal Consiglio europeo, sono importanti passi in avanti a cui bisogna aggiungere, per, una più netta e chiara definizione di una comune strategia. Alli, presidente dell'Assemblea parlamentare della Nato: “il progetto del sistema di difesa integrato comune a livello europeo è "la via maestra per arrivare all'Europa politica". "La condivisione delle spese richiede da parte dei paesi europei, non solo Nato, di spendere di più ma anche di spendere meglio. L'idea di difesa comune europea può dare un contributo. Fu una grande intuizione, purtroppo non realizzata, di Alcide De Gasperi, e può essere la via maestra per arrivare all'Europa politica. Siamo ancora lontani da questo, ma siamo avviati sulla strada giusta", ha detto ancora Alli. "L'Ue  attesa da sfide interne importanti, come l'unione politica e la sfida migratoria, ma anche sul fronte esterno nel confronto con i grandi blocchi: la Cina, l'India, il radicale mutamento della politica estera degli Usa. In un contesto così complesso il tema della sicurezza assume un'importanza primaria anche nella percezione dei cittadini", ha spiegato Alli. Difesa e sicurezza sono due capitoli decisivi della nostra agenda, "beni comuni primari. E da questa consapevolezza dovrebbero scaturire risorse e politiche conseguenti. Bisogna rompere il cortocircuito che tiene separato il piano della sicurezza, e quindi della pace, e quello delle spese militari che restano un argomento difficile da sostenere, tanto più in campagna elettorale. E tuttavia questa è la prima scommessa da fare". Questo, invece, è quanto ha detto Francesco Saverio Garofani, presidente della commissione Difesa della Camera. Garofani ha rimarcato anche la necessità di ricalibrare il rapporto "tra industria della difesa e Forze armate": "Questo rapporto - evidenzia il deputato Pd – è stato squilibrato, più funzionale a ciò che serviva alla prima rispetto a quanto occorreva alle seconde. Bisogna riequilibrare tale rapporto, considerando che l'industria di settore italiana è importante per il fatturato e per gli investimenti in ricerca ma questo è solo una parte del ragionamento". Il numero uno della commissione Difesa a Montecitorio, nel corso della sua analisi, sottolinea pure come la questione della difesa europea sia diventata "spesso un mantra, anche nella discussione politica, non privo di ambiguità. Talvolta si affronta questa tema come una via di fuga, un'alternativa all'assunzione di responsabilità, un tentativo di delegare ad altri ciò che non possiamo fare. Credo - afferma - che non siamo riusciti, nonostante il periodo che stiamo vivendo, a far comprendere all'opinione pubblica che produrre sicurezza sia una priorità". Per Fabrizio Cicchitto, presidente della commissione Esteri della Camera, il retroterra su cui hanno fatto affidamento sia la Nato che l'Unione europea è "il ruolo di mediazione e stabilizzazione del mondo svolto dagli Stati uniti, che è in crisi oggi. E questo potrebbe, uso il periodo ipotetico, determinare un ruolo dell'Europa". Cicchitto, quindi, nella sua analisi ha fatto un quadro delle realtà esterne, a partire dalla Cina col suo "imperialismo economico ma anche politico", passando per la Russia e l'Iran e si sofferma sugli errori degli Stati uniti da Bush junior a Obama, rispettivamente in Iraq e Siria. Errori di sistema che, secondo il deputato di Alternativa Popolare, non avevano fatto venir meno "la dimensione multipolare degli Stati Uniti. Oggi, con Trump la crisi riguarda anche questa dimensione. Trump sta facendo con Israele un gioco politico tragico, mettendo in discussione un punto d'equilibrio  “Gerusalemme stessa". Per il presidente della commissione Esteri della Camera, quindi, "in una situazione di profonda crisi di comportamento americana, oggi l'Europa punta a coprire in parte questi squilibri, con una dimensione che dovrebbe riguardare la difesa". Il nodo, secondo Cicchitto, però, è se davvero la Nato, sia rispetto all'Europa del nord e sia rispetto al Mediterraneo, sarà in grado di ristabilire i fili, i collegamenti dell'establishment americano, "non stiamo ragionando in termini di aggiustamenti". Ecco perchè per il presidente della commissione Esteri, è necessario andare al fondo di tali questioni, "i rapporti tra Nato e Unione europea si devono misurare con il quadro di oggi.   Read the full article
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purpleavenuecupcake · 8 years ago
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Fincantieri - I Cda approva i risultati al 30 giugno 2017
Il Consiglio di Amministrazione di FINCANTIERI S.p.A. (“Fincantieri” o la “Società”), riunitosi sotto la presidenza di Giampiero Massolo, ha esaminato e approvato la Relazione finanziaria semestrale al 30 giugno 2017, redatta in conformità ai principi contabili internazionali (IFRS). A margine della riunione del Consiglio Giuseppe Bono, Amministratore Delegato di Fincantieri, ha commentato: “I risultati operativi e finanziari conseguiti nel primo semestre del 2017 confermano la straordinaria capacità di esecuzione dell’azienda e rafforzano la nostra posizione nel raggiungimento degli obiettivi del piano. Proseguono le negoziazioni con lo Stato francese per la definizione di una struttura di governance soddisfacente in STX France; siamo fiduciosi che si concluderanno nel rispetto della condizione, per noi imprescindibile, che la combinazione delle due società possa creare ulteriormente valore. L’impegno di Fincantieri a perseguire i target di crescita si palesa anche nell’incremento del personale impiegato nei cantieri italiani, con l’assunzione di più di 300 risorse nel semestre e di un totale di 1200 nell’ultimo triennio. Prosegue, inoltre, l’internalizzazione delle attività a maggior valore aggiunto, sia attraverso la costituzione, anche con imprenditori privati, di società a controllo Fincantieri, sia sperimentando nuove formule di collaborazione con i principali fornitori, tanto da creare accanto ai siti industriali della società un vero e proprio “retro-cantiere”, ovvero un sistema fidelizzato di indotto, capace di innovare e di creare valore per il Gruppo e per i territori in cui siamo basati. Nella seconda parte dell’anno, ci aspettiamo ricavi in crescita rispetto al primo semestre, anche grazie all’avanzamento della costruzione di navi a maggior valore aggiunto, i cui ordini sono stati acquisiti dopo la crisi, e la piena entrata in produzione dei programmi militari acquisiti negli anni recenti” Bono ha poi concluso: “Sottolineiamo con particolare soddisfazione che la società, dal momento della quotazione ad oggi, ha dato un rendimento cumulato agli azionisti pari al 34,6%, rispetto al 9,1% di rendimento cumulato dell’indice principale di Borsa, FTSE MIB” Click to Post
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