#conflitto internazionale.
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pier-carlo-universe · 2 days ago
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Lo Scambio di Prigionieri fra Hamas e Israele: Una Vicenda di Speranza e Controversie. Le possibili mosse future di Israele
In un evento che cattura l'attenzione internazionale, è attualmente in corso uno scambio di prigionieri tra Israele e Hamas. Da un lato, le quattro soldatesse israeliane prigioniere da 15 mesi sono state liberate, dall’altro, 200 detenuti legati a Hamas h
Liberate quattro soldatesse israeliane e 200 prigionieri di Hamas. In un evento che cattura l’attenzione internazionale, è attualmente in corso uno scambio di prigionieri tra Israele e Hamas. Da un lato, le quattro soldatesse israeliane prigioniere da 15 mesi sono state liberate, dall’altro, 200 detenuti legati a Hamas hanno ottenuto la libertà. Questo scambio mette in luce complesse dinamiche…
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gregor-samsung · 1 year ago
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"Nel 1996, nel bel mezzo del processo di pace di Oslo, Israele promise all’amministrazione USA che avrebbe smesso di costruire nuove colonie nei Territori Occupati. Ma mentre il governo israeliano stava conducendo i negoziati con i palestinesi, stava anche incoraggiando 50.000 cittadini ebrei a trasferirsi da Israele in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Contemporaneamente, il governo israeliano stava aiutando concretamente il movimento dei coloni a creare una molteplicità di “avamposti illegali” – fuori dai confini delle colonie esistenti – fornendo a questi insediamenti energia elettrica e acqua e costruendo la rete stradale per raggiungerli.* Entro il 2001, cinque anni dopo il divieto da parte degli Stati Uniti di costruire nuovi insediamenti, i coloni avevano creato piú di sessanta nuovi “avamposti illegali” su terreni espropriati ai palestinesi. Il governo israeliano dipingeva spesso i coloni ebrei come dei cittadini sprezzanti e indisciplinati, nonostante avesse stanziato milioni di dollari a favore della loro “insubordinazione”, principalmente perché ciò permetteva allo Stato – quando criticato – di rivendicare il fatto di essere una democrazia con una società civile vitale e pluralista. Durante l’impennata dell’edificazione dei cosiddetti avamposti, la polizia e l’esercito israeliani intrapresero solo sporadicamente azioni simboliche per far rispettare la legge, evacuando coloni dai nuovi avamposti. In parallelo a questo processo di espansione degli insediamenti e di rara applicazione della legge – spesso coincidente con periodi in cui aumentavano le pressioni internazionali a riprendere il processo di pace –, l’esercito israeliano eseguiva invece demolizioni di case palestinesi su larga scala, una pratica sulla quale le ONG israeliane e palestinesi concentrarono la loro attività. È stato in questo scenario legale e politico di espropriazione di terre palestinesi da parte dei coloni e di demolizioni di case palestinesi da parte del governo che Yesha for Human Rights ha iniziato la propria attività. Era la prima volta che i coloni creavano una ONG per difendere i propri diritti umani – il diritto umano di non essere evacuati dagli insediamenti e di continuare a colonizzare la terra palestinese."
  * In realtà, gli avamposti sono nuovi insediamenti. Oggi ci sono piú di cento avamposti in Cisgiordania. Circa cinquanta sono stati creati dopo il marzo del 2001. Analogamente ad altri insediamenti, questi avamposti sono stati costruiti con l’obiettivo di dare una continuità territoriale alla presenza israeliana occupando piú terra palestinese possibile e creando una barriera tra i vari centri abitati palestinesi. Cfr. Peace Now, “Settlements and Outposts”, http://peacenow.org.il/eng/content/settlements-and-outposts (consultato il 01/05/2014); vedi anche Talia Sasson, Report on Unauthorized Outposts: Submitted to the Prime Minister, Prime Minister’s Office, Jerusalem 2005.
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Nicola Perugini, Neve Gordon, Il diritto umano di dominare, traduzione di Andrea Aureli, edizioni nottetempo (collana conache), 2016¹; pp. 166-167.
[Edizione originale: The Human Right to Dominate, Oxford University Press, 2015]
P.S.: Ringrazio @dentroilcerchio per avermi consigliato la lettura di questo saggio che esamina e denuncia l’uso strumentale dei diritti umani da parte dei gruppi dominanti.
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divulgatoriseriali · 8 months ago
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Tra storia e speranza: analisi approfondita della questione Palestinese e il cammino verso la pace
La questione della Palestina è uno dei conflitti più complessi e dibattuti nel panorama geopolitico mondiale. Le radici di questo conflitto affondano profondamente nella storia, con cause che risalgono a decenni, se non secoli, fa. Esplorare le cause e il passato di questa controversia richiede un’analisi approfondita delle dinamiche storiche, politiche, sociali e culturali che hanno plasmato la…
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unita2org · 10 months ago
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TERRORISMO E GUERRA MONDIALE, CON ELENA BASILE
OttolinaTv https://ottolinatv.it/2024/03/24/terrorismo-e-guerra-mondiale-ft-elena-basile/ L’ambasciatrice Elena Basile commenta a caldo l’atroce attentato a Mosca, al Crocus City Hall del 22 marzo. Quanto sono coinvolti i servizi segreti ucraini e occidentali? E che conseguenze avrà sulla guerra mondiale a pezzi cui stiamo assistendo?
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dansideglobe · 1 year ago
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Una breve riflessione sul comportamento degli USA in questa ennesima guerra in Medio Oriente.
Gli USA stanno facendo quello che viene definito "gioco a due livelli", il perché è molto intuitivo. Se ad un primo livello continuano a cercare di coprire le spalle a Israele e supportarlo (e.g. i veti nel consiglio di sicurezza ONU), comportandosi quindi come sempre; ad un secondo livello invece fanno pressioni su Israele affinché o finisca velocemente questa carneficina oppure la smetta definitivamente. Questo gioco a due livelli permette che Israele non si senta complemento isolata e quindi vada in "berserker" e serve anche come deterrente contro le milizie come Herzbolla per evitare un ingrandimento del conflitto. Questo guardando al primo livello, mentre per quanto riguarda il secondo livello lo si vede nei viaggi e nella postura di Blinken che ha interloquito più con i paese islamici (Qatar in testa) per cercare una soluzione pacifica che con gli alleati come l'Europa o la NATO per fornire supporto a Israele.
Ma in questi giorni stiamo arrivando alla rottura definitiva di questo gioco a due livelli perché la pressione internazionale è così elevata che ora il primo livello del gioco sta vendendo meno e lo si è visto con il botta e risposta tra Biden e Netanyahu (tra ricordiamocelo bene non scorre per niente buon sangue visto che l'ultimo dei ha sempre sostenuto Trump). Questo è rilevante perché Netanyahu e la sua colazione di estrema destra non ha alcuna intenzione di fermarsi ora e sta cercando di addossare la colpa del suo fallimento a Biden, così quanto la pressione internazionale, finalmente, avrà la meglio su Israele e questi si fermerà Netanyahu potrà dire che non ha raggiunto il suo obiettivo per colpa di Biden e non per colpa della sua totale incapacità.
Tutto questo per dire che:
1. Il comportamento di Israele in questa guerra non è degno di una democrazia, ma d'altronde la maggioranza governativa ci ha ben abituati a questo genere di azioni totalmente illegali (penso ai coloni);
2. Gli USA stanno percorrendo un sentiero molto sottile che serve per il mantenere il conflitto geograficamente limitato a Gaza, ma al contempo stanno perdendo sia il consenso internazionale che interno (questo costerà caro a Biden nella prossime elezioni? Può essere). Ma una condanna diretta degli USA contro Israele sarebbe controproducente. Ciò non toglie che dovrebbero fare più pressione sul governo israeliano per arrivare a un cessate il fuoco (magari anche ritardando la vendita di determinati armamenti);
3. A livello di politica interna Netanyahu è praticamente morto e sta cercando di prepararsi a gestire una difficile transizione verso le nuove elezioni (appena finita la guerra) cercando di addossare la colpa del fallimento di questa invasione a Biden;
4. Il piano internazionale di arrivare a una soluzione due popoli due stati sta vendendo minato sia da Netanyahu stesso che non vuole unire Gaza al resto della Palestina sia dalla mancanza di un interlocutore forte in Palestina dove Hamas è quello che è (terroristi) e l'OLP totalmente screditato agli occhi dei palestinesi stessi;
Io sono sempre più convinto che l'unica soluzione non posso che venire dalla società civile israeliana e palestinese e non da qualche consesso internazionale. Serve più supporto ad associazioni come Break the Silence o Standing Together
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deathshallbenomore · 1 year ago
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amadeus proprio una eris contemporanea che lancia la mela della discordia causando un conflitto tra attori di fama internazionale con ripercussioni sino alle americhe e all’oceania. così, perché gli hanno offeso il suo festival e le gags del suo amico. che masterclass nella sapiente arte della reazione passiva-aggressiva, sciapò
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fatticurare · 10 months ago
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NUOVO DIRITTO INTERNAZIONALE ED ATTENTATO IN. RUSSIA
Sulla base del nuovo diritto internazionale codificato dagli USA dopo l'attacco alle "Twin Towers" e da Israele nel conflitto con i palestinesi, la Russia ,a seguito dell'attentato subito, ha la facoltà di :
1) attaccarre militarmente ed occupare l'intero paese che ha organizzato,anzi solo ispirato, l'attentato ;
2) uccidere tutti i cittadini del Paese degli attentatori.
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crazy-so-na-sega · 1 year ago
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Un’escalation in Israele potrebbe innescare una reazione a catena. I palestinesi non hanno alcuna possibilità in una guerra del genere, perché non possono distruggere Israele o infliggergli una sconfitta militare significativa, ma anche Israele non ha nulla per cui combattere. La Palestina è tecnicamente territorio israeliano, che non controlla e non può controllare in nessuna circostanza. È altrettanto impossibile distruggere fisicamente tutti i palestinesi. Se fossimo in una situazione internazionale diversa, i palestinesi potrebbero contare sulla compassione della sinistra internazionale, ma gli Stati Uniti sono guidati da neoconservatori e globalisti. Certamente non si preoccupano dei palestinesi, anche se non sono nemmeno troppo vicini alle politiche nazionaliste di Israele. Ma è la reazione a catena – e soprattutto il comportamento degli Stati islamici (in primis Iran, Turchia, Arabia Saudita, altri Stati del Golfo e l’Egitto) – questa potrebbe essere la logica continuazione. O almeno, questo è ciò che gli strateghi di Hamas potrebbero aver avuto in mente quando hanno deciso di iniziare il conflitto. Il multipolarismo si sta rafforzando, l’intensità dell’egemonia occidentale nel collettivo non occidentale si sta indebolendo. Gli alleati dell'Occidente nel mondo islamico – in particolare la Turchia e i sauditi – non seguono automaticamente ogni ordine di Washington. È questa la situazione in cui sarà messo alla prova il polo islamico, che recentemente ha provocatoriamente aderito ai BRICS. Naturalmente, il conflitto potrebbe estendersi ad altri territori. Non si può escludere il coinvolgimento dell’Iran e di Hezbollah, il che significa il potenziale trasferimento delle ostilità nei territori del Libano e della Siria. Nello stesso Israele ci sono abbastanza palestinesi che odiano ferocemente gli ebrei. Tutto ciò potrebbe avere conseguenze imprevedibili. A mio avviso, gli Stati Uniti e i globalisti cercheranno di chiudere tutto adesso, poiché non otterranno nulla di buono da un’ulteriore escalation. Ancora una cosa: le analogie tra separatismo, irredentismo, ecc. nelle diverse regioni del mondo non sono più valide. L’Occidente riconosce sia l’unità territoriale sia il diritto dei popoli alla secessione quando ne trae beneficio e non li riconosce quando non sono vantaggiosi. Non ci sono regole. In effetti, dovremmo trattare la questione allo stesso modo (e in effetti lo facciamo). Ciò che ci è favorevole è giusto. Nel conflitto israelo-palestinese è difficile, almeno per ora, che la Russia scelga da che parte stare. Ci sono pro e contro in ogni configurazione. I legami con i palestinesi sono antichi e, ovviamente, vittime, ma il fianco destro di Israele cerca anche di perseguire una politica neutrale e amichevole nei confronti della Russia e, così facendo, si discosta dalla selvaggia e inequivocabile russofobia dell’Occidente collettivo. Molto ora dipenderà da come si svolgeranno gli eventi in futuro. Sì, e naturalmente non dobbiamo perdere di vista la dimensione escatologica degli eventi. I palestinesi hanno chiamato la loro operazione 'Al-Aqsa Storm', cioè la tensione intorno a Gerusalemme e l'orizzonte messianico (per Israele) della costruzione del Terzo Tempio sulla Spianata del Tempio (impossibile senza demolire la Moschea di Al-Aqsa, importante santuario musulmano ) è tornato a crescere. I palestinesi stanno cercando di accendere la sensibilità escatologica dei musulmani – sia sciiti, sempre più sensibili a questo tema, sia sunniti (dopo tutto, non sono estranei alle ragioni della fine del mondo e della battaglia finale). Israele e il sionismo sono il Dajjal per i musulmani. Quanto questo sia grave lo vedremo presto, ma in ogni caso è chiaro che chi ignora l'escatologia non capirà nulla della grande politica moderna. E non solo in Medio Oriente, anche se lì è più evidente.
-Alexander Dugin
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chi ignora l'escatologia s'attacchi.
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curiositasmundi · 4 months ago
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Elena Basile
Vorrei che i cantori della propaganda occidentale, coloro che affermano che “la guerra in Ucraina l’ha creata Putin”, che inneggiano all’Occidente perché da sempre in grado di “aiutare i Paesi a combattere per la libertà”, che recitano il catechismo neoliberale senza mostrare alcun ripensamento: tutti questi vorrei fossero deportati a Gaza o in Cisgiordania o in Ucraina a combattere al fronte e rimanessero lì inermi ad osservare la realtà del massacro, vorrei che vedessero i corpi dilaniati o bruciati dei bimbi palestinesi, che assaporassero la verità alla quale sono tanto indifferenti. Ho un‘impronta cristiana e come ho imparato sui libri di Dostoevskij, c’è una umanità che ci accomuna, una pietas che trionfa. I Giuda odierni, dinnanzi all’orrore della guerra, cadrebbero in ginocchio e finalmente smetterebbero di fare sviolinature all’Occidente bellicista: una macchina mostruosa di abusi e di crimini impuniti. Ascolterebbero l’urlo delle vittime e cadrebbero in ginocchio di fronte ai bambini palestinesi, iracheni, afghani, libici, libanesi, di fronte alle vittime dei bombardamenti di Belgrado, di fronte ai diciottenni ucraini sterminati o mutilati.
Usciamo dal moralismo e dai commoventi miti cristiani. Torniamo alla politica internazionale. Le Nazioni Unite sono state distrutte dall’Occidente. Le risoluzioni relative ai soprusi israeliani avrebbero potuto essere imposte da una mediazione tra i membri del Consiglio di Sicurezza se gli Stati Uniti non avessero voluto assicurare l’impunità a Israele. Oggi il Segretario di Stato Blinken ha la faccia tosta di affermare in pubblico che le alture del Golan (terre considerate occupate dall’ONU) possono essere utilizzate per la difesa di Israele. Il Governo criminale di Netanyahu spinge per un conflitto allargato contro Libano e Iran, e con l’esplosione di “cerca persone” semina morte tra civili e non solo tra miliziani. Il conflitto non è ancora scoppiato in virtù della saggezza diplomatica iraniana, ma i titoli dei giornali più letti si limitano a descrivere l’escalation tra Hezbollah e Israele come se fosse un evento voluto dalla provvidenza e non determinato dai comportamenti concreti di uno Stato terrorista.
I Dem Usa non hanno  voglia di farsi trascinare nel conflitto a due mesi dalle elezioni. Sono impotenti di fronte alla lobby di Israele che decide di fatto la politica statunitense, molte volte contro gli interessi americani e del popolo di Israele.
In Ucraina la superiorità russa sul campo militare è un fatto che non sarà sovvertito dall’utilizzo degli Storm Shadow. Zelenski, l’ex comico assassino del suo popolo e distruttore del suo Paese, chiamato dai giornali mainstream, eroico, intrepido e via dicendo, tenta di portare la NATO in guerra. Con un gioco delle parti e una divisione dei compiti il Parlamento europeo, guidato da donne senza cultura e senza memoria del dolore, dichiara nei fatti guerra alla Russia autorizzando l’uso di armi letali, manovrabili soltanto da militari NATO, per un attacco in profondità nel territorio russo. Washington rimane dietro le quinte e prepara la destabilizzazione nel Pacifico. BlackRock e gli altri fondi speculativi che detengono l’80% della ricchezza mondiale attendono le nuove avventure, in vista di ingenti profitti futuri.
La guerra in Ucraina non è iniziata con l’attacco russo del 2022. I signori dei maggiori giornali oscurano le voci del dissenso e strombazzano slogan senza fondamento. Signor Ezio Mauro, possibile che non conosca la Storia, che voglia distruggere i libri e la cultura? Perché non racconta ai suoi elettori della dicotomia OSCE NATO? Della strategia USA iniziata nel lontano 1997 che provocò le accorate parole di G. Kennan? Perché non racconta della guerra civile in Ucraina e della mancata applicazione degli accordi di Minsk? Perché non afferma che il principio caro all’OSCE e all’ONU di “non ingerenza negli affari interni di un altro Paese” è stato violato infinite volte da Washington e dagli Stati colonialisti europei? Possibile che sia così strabico da vedere solo l’aggressione russa, pure da considerare secondo diversi studiosi alla stregua, quella sì, di guerra preventiva (“preemptive”), per impedire l’ennesima spedizione punitiva contro le popolazioni russofone e l’assalto al Donbass da parte di un esercito che aveva incluso tra le sue fila il famigerato battaglione neonazista AZOV? Come mai a suo avviso sui giornali di maggiore impatto non vi sono voci radicali di dissenso che possano informare i lettori su una narrativa alternativa basata sui fatti documentati e non su slogan ideologici? Condivide anche lei il trionfalismo col quale Molinari ha celebrato l’assassinio di civili libanesi grazie all’esplosione dei “cerca persona”, un atto terroristico considerato dal giornalista un avanzamento tecnologico in grado di rafforzare Tel Aviv?
Mentre poniamo queste domande, i cantori dell’Occidente alla Mauro, alla Mieli, e persino alla Quirico, tanto per indicare i nomi più autorevoli, restano silenti. Alimentando nel cittadino più consapevole la percezione che esista un “quarto potere” sempre più separato, complice e autoreferenziale.
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ilblogdellestorie · 10 months ago
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Hibatullah Akhundzada ha annunciato che i talebani inizieranno a far rispettare la loro interpretazione della sharia in Afghanistan. Reintroducendo, quindi, anche la fustigazione pubblica e la lapidazione delle donne per adulterio.
«Potresti definirla una violazione dei diritti delle donne quando le lapidiamo o le fustighiamo pubblicamente per aver commesso adulterio perché sono in conflitto con i tuoi principi democratici, [Ma] io rappresento Allah, e tu rappresenti Satana», ha detto il Akhundzada in una trasmissione sulla Radio Television Afghanistan controllata dai talebani, rivolgendosi agli occidentali: «L’opera dei talebani non è finita con la presa di Kabul, è appena iniziata».
Le organizzazioni per i diritti umani denunciano come il silenzio della comunità internazionale stia permettendo la definitiva deteriorazione dei diritti delle donne.
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pier-carlo-universe · 24 days ago
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"Silenzio e onore" di Danielle Steel: un amore proibito sullo sfondo della Seconda Guerra Mondiale. Recesnione di Alessandria today
Una giovane giapponese in America: tra amore, guerra e pregiudizi
Una giovane giapponese in America: tra amore, guerra e pregiudizi Biografia dell’autrice Danielle Steel, nata il 14 agosto 1947 a New York, è una delle autrici più prolifiche e amate al mondo. Con oltre 190 libri pubblicati, le sue opere spaziano dal romanzo rosa al dramma familiare, affrontando tematiche universali come l’amore, la perdita e la resilienza. Tradotta in più di 40 lingue, ha…
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gregor-samsung · 4 months ago
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"Didier Fassin ha dimostrato come, durante la seconda Intifada, le organizzazioni per i diritti umani che svolgevano la loro attività a favore dei palestinesi, cominciarono a invocare il discorso clinico del trauma. Tale discorso, e le tecniche con cui Medici Senza Frontiere e gli operatori umanitari locali cercarono di produrre le prove delle violazioni commesse da Israele, hanno riformulato la questione palestinese all’interno di un nuovo quadro interpretativo egemonico a livello internazionale: quello del trauma psicologico, il cui effetto principale è stato di ridurre la lunga storia di violenza coloniale a una serie di cicatrici e sintomi psicologici, presi in carico da operatori umanitari e psicologi. Questo processo, che negli anni successivi ha portato alla proliferazione dei servizi di salute mentale nei Territori palestinesi, ha contribuito a normalizzare la dominazione, curando i sintomi psichici prodotti, come in una routine medica, e oscurandone spesso le cause politiche di fondo, trasformando una questione di giustizia collettiva in esperienze e casi individuali di sofferenza mentale e di violazione dei diritti umani*. In questo modo, i diritti umani hanno contribuito a normalizzare i rapporti di dominazione. Col termine “normalizzazione” non intendiamo solamente la normalizzazione dei rapporti tra colonizzatori e colonizzati, ma facciamo riferimento alla nostra affermazione che, se da un lato l’attivismo per i diritti umani ha sviluppato nuovi strumenti per il loro monitoraggio e la loro difesa, dall’altro ha spesso nascosto i meccanismi fondamentali della dominazione che producono quelle stesse azioni denunciate e classificate come violazioni dei diritti umani."
*Didier Fassin, “The Humanitarian Politics of Testimony: Subjectification through Trauma in the Israeli-Palestinian Conflict”, in Cultural Anthropology, vol. 23, n° 3, 2008, pp. 531-558.
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Nicola Perugini, Neve Gordon, Il diritto umano di dominare, traduzione di Andrea Aureli, edizioni nottetempo (collana cronache), 2016¹; pp. 77-78.
[Edizione originale: The Human Right to Dominate, Oxford University Press, 2015]
P.S.: Ringrazio @dentroilcerchio per avermi consigliato la lettura di questo saggio che esamina e denuncia l’uso strumentale dei diritti umani da parte dei gruppi dominanti.
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armandoandrea2 · 6 months ago
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È la fotografia di guerra più celebre nella storia del fotogiornalismo, ancor più degli scatti che testimoniano lo Sbarco in Normandia: è l’immagine de Il miliziano colpito a morte (The Falling Soldier), versione contemporanea della fucilazione del 3 maggio 1808 di Goya; fotografia che ferma nel tempo l’istante esatto in cui un uomo viene raggiunto da un proiettile mortale.
Pubblicata prima sulla rivista VU e poi su Life nello stesso 1936 in cui venne realizzata, la fotografia scattata durante la Guerra Civile Spagnola è – allo stesso modo – sia quella che ha procurato a Robert Capa la fama internazionale, sia l’oggetto delle maggiori critiche a lui indirizzate.
A partire dagli anni Settanta, infatti, studi e ricerche hanno avanzato diversi dubbi sull’autenticità dello scatto. Che, alternativamente, non sarebbe stato scattato a Cerro Muriano – in Andalusia – o riprenderebbe una “finta” battaglia, ovvero un conflitto inscenato a bella posta per l’obiettivo.
Un’intervista radiofonica realizzata da Capa nel 1947 – ma riscoperta solo in anni recenti – ha in effetti chiarito che quel giorno a Cerro Muriano non si tenne un combattimento, ma i miliziani antifascisti con cui viaggiava il fotografo si imbatterono in una mitragliatrice del nemico e uscirono in campo aperto per andare alla sua conquista. Durante questa operazione, Capa sollevò la macchina fotografica al di sopra della sua testa, restando riparato all’interno della trincea, e casualmente riuscì a scattare questa tragica immagine.
Come ha ammesso lo stesso fotografo, Capa inviò al giornale le pellicole senza averle ancora sviluppate, motivo per cui scoprì di essere diventato un reporter famoso solo dopo aver abbandonato il fronte ed essere tornato in territorio di pace.
Può essere allora che i rullini di Capa e quelli di Gerda Taro – sua compagna e anch’ella fotografa, che viaggiava con lui in Andalusia – si siano mischiati tra loro? Possibile che lo scatto attribuito a Robert Capa fosse stato invece scattato dalla fidanzata?
È quanto viene da supporre alla luce dell’ultima dichiarazione che mette in dubbio, ancora una volta, il ruolo svolto dal reporter in quel fatidico 5 settembre 1936. In un’intervista rilasciata a Progetto Mediterranea a fine marzo, il fotografo Ara Güler sostiene che “la famosa foto del miliziano che cade colpito alla testa, ad esempio, non l’ha fatta lui [Robert Capa, ndr], ma una ragazza che era lì con lui”.
A far pesare una simile dichiarazione è il fatto che Güler – il 93enne “occhio di Istanbul”, com’è stato ribattezzato – sia egli stesso un reporter appartenente alla stessa generazione di Robert Capa ed Henri Cartier-Bresson, che anzi lo convinse a entrare a far parte di Magnum Photos. La sua versione sarebbe insomma “di prima mano”, ma purtroppo nè Gerda Taro nè Robert Capa potranno mai fornirci la loro: entrambi sono morti in due differenti scenari di guerra, nel pieno svolgimento della loro missione.
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bicheco · 18 days ago
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Osiamo
Io adesso, se fossi nell'Italia, all'iraniano incarcerato invece che liberarlo gli darei l'ergastolo così, per dispetto, senza processo. A quel punto l'Iran si incazzerebbe e farebbe qualcosa. In questo modo, passetto passetto, si potrebbe arrivare a un conflitto internazionale. Immaginate poi quante arie si darebbe la nostra Presidente del Consiglio: "Giorgia Meloni: la donna che ha fatto scoppiare la terza guerra mondiale".
È così che si entra nei libri di storia.
Daje Giò!
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raffaeleitlodeo · 11 months ago
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Mi sembra che ci sia ormai una consuetudine molto diffusa a trasformare ogni argomento di politica internazionale in un confronto a chi è dominante, uno schierarsi privo della capacità di ascolto, su ogni tema. L'incapacità di affrontare - che dico, di accettare, piuttosto - la complessità, unita alla fretta irrazionale e immotivata di prendere parte, rifugiandosi sotto l'ombrello di parole d'ordine granitiche e prive della capacità di adattamento alla realtà. Le finte scelte che vengono proposte in ogni ambito e la logica secondo la quale "il nemico del mio nemico è mio amico" stanno creando storture cognitive che affollano la dialettica politica. Il massacro che Isr4ele sta facendo nell'indifferenza del mondo dovrebbe giustificare il terrorismo di H@mas? E a ruoli invertiti il 7 ottobre spiega la strage di bambini in corso a G4za?
Ieri Francesco Mazzucotelli , docente dell'Università di Pavia, ha descritto (in un incontro intitolato "Palestina, quale pace possibile?") una situazione disperante. Le mappe di un territorio - Isr4ele è poco più grande del Piemonte se si comprendono i territori occupati, poco più piccolo senza - diviso in decine di enclave, punteggiato di decine di colonie, dove ogni cambiamento di colore è un muro o un confine presidiato da eserciti e uomini armati. Dove qualunque percorso di pochi chilometri che si pensi di intraprendere deve mettere in preventivo di potere essere interrotto o deviato per motivi di sicurezza e perché le armi stanno sparando o le minacce si fanno pressanti. L'idea che si possa costruire la pace imponendo, se mai ce ne fosse la volontà, la coesistenza di due stati su questo territorio diventa, di fronte a qualunque mappa aggiornata, palesemente inconsistente. L'esercizio di fare passare la linea di confine di un chilometro più a est o a ovest provocherebbe un conflitto per ogni colonia o villaggio che rischi di restare aldilà o aldiqua.
L'unica alternativa a un nuovo esodo imposto con le armi e la disperazione è la convivenza nel rispetto reciproco. Una nazione nella quale ogni cittadino e cittadina abbia pari dignità, sia sottopostə alle stesse leggi, possa accedere in condizione di parità alle risorse. Utopia? Come, né più né meno, la fine definitiva della guerra in Palestina. Che si realizzerà, se si realizzerà, tra molto tempo, il tempo di generazioni probabilmente, solo lavorando da ora, ciascuno nel suo ruolo, a una cultura di pace e convivenza.
Il primo passo, ovvio, urgente e necessario, è il cessate il fuoco. Già per il secondo sarà utile e necessario ascoltarsi e rispettarsi... Marco Frigerio, Facebook
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abr · 10 months ago
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L’applicativo israeliano “acchiappa topi” (terroristi) si chiama Lavender e funziona (...) incrociando dati da Internet, dalle reti di comunicazione terrestri, da video, immagini, dati vocali e così via, denominati collettivamente “surveillance data”, i quali vengono elaborati (AI?) e trattati (...) per generare i bersagli umani.
Stando alle fonti di stampa internazionale, Lavender avrebbe individuato dall’inizio del conflitto 37 mila miliziani di Hamas (...). Ufficialmente, Israele ha negato l’esistenza di questa “killing list”, preferendo parlare di un programma di database, per incrociare i dati che provengono dall’Intelligence. (...) Data la notevole entità del numero dei bersagli, (...) la decisione di colpire il bersaglio é automatica, affidata all'app. (l’intervento umano si limita a verificare che quello da abbattere sia un uomo).
(L)a cosa non è priva di problemi, visto che così facendo è la macchina a condurre la guerra, con i possibili errori del caso, valutati statisticamente al 10 per cento delle decisioni di attacco. Sotto la guida di Lavender (...) Israele lancia sui potenziali bersagli delle “Dum(b) bomb” (bombe stupide) che (...) fanno molti danni (...), come è ben visibile dal numero elevato di edifici distrutti a Gaza (...); le Db colpiscono gli alloggi dove i terroristi risiedono con le loro famiglie, con il risultato di eliminare gli uni e le altre.
Forse é stato proprio un errore di Lavender a ordinare al drone di distruggere un intero convoglio in cui hanno perso la vita sette volontari dell’aiuto umanitario a Gaza. (...).
via https://opinione.it/esteri/2024/04/11/maurizio-guaitoli-guerra-ucraina-russia-israele-hamas/
Per me "colpire largo" é scelta voluta: le famiglie dei "martiri" di hamas ricevono generose pensioni oltre che prestigio sociale, ragion per cui cala il deterrente israeliano per "bilanciare" l'incentivo ad averci terroristi in famiglia. O a sentirsi eroi della solidarietà Ong in trasferta. Della serie, nessun pasto è gratis. Come in Cisgiordania: anche lì le famiglie dei terroristi vengono compensate dall'Autorità Palestinese e da tempo scatta il controincentivo della rasatura al suolo della casa. Azione-reazione, a merda merda e mezza o, in francese, à la guerre comme à la guerre - m'han sempre fatto molto ridere per non piangere quelli che parlano di "etica" nel monnezzaio sbudellatore bipartizan di un conflitto.
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