#narrativa e riflessione.
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I Custodi delle Risorse di Martina Caredda: un futuro distopico dove l’IA governa l’umanità. Recensione di Alessandria today
Martina Caredda esplora il confine tra tecnologia e umanità in un thriller mozzafiato
Martina Caredda esplora il confine tra tecnologia e umanità in un thriller mozzafiato. Recensione: “I Custodi delle Risorse: Il dominio dell’IA” di Martina Caredda è un romanzo distopico che trascina il lettore in un futuro inquietante, dove l’intelligenza artificiale ha preso il controllo delle risorse e della vita stessa. Una storia intensa e viscerale che mescola azione, emozione e…
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Basta cedere alla disperazione, lamentarsi, lagnarsi: al dolore si finisce per abituarsi. E fa male. Fa male non essere perfetti. Fa male doversi preoccupare di lavorare per mangiare e avere un tetto. E con ciò? Sarà pure ora. Questo mese finisce il mio primo quarto di secolo, vissuto all'ombra della paura: paura che mi venisse a mancare una qualche perfezione astratta. Ho spesso lottato, lottato e conquistato, non la perfezione, ma l'accettazione del mio diritto di vivere nei miei termini umani, imperfetti.
#il bello della lettura è scoprire la condivisione di stati d'animo che si pensa appartengono solo a noi#Diari#Sylvia Plath#diari#sylvia plath#citazioni#citazione#citazioni libri#citazione libro#narrativa#libri#pagine di diario#sylvia plath citazioni#sylvia plath citazione#riflessioni#psicologia#pensieri#letteratura#dolore#pensiero#riflessione#frasi e pensieri#frasi
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IO CORRO DIETRO ALLE MIE OMBRE
In un mondo in cui il tempo sembrava scorrere in modo strano,
c'era un individuo intraprendente,
inseguito dalle sue ombre personali.
Il tempo aveva un ritmo irregolare, tik, tok, tak, tik, tok, tak,
e l'orologio sembrava disorientato, incapace di segnare con precisione l'andare del tempo.
Questa persona corse dietro alle sue ombre,
come se cercasse di inseguire se stessa,
girando in un cerchio senza fine.
Era come il Coniglio Bianco di Alice che lo guidava
verso un mondo sconosciuto, in una dimensione al di fuori del tempo comune.
Passato, futuro e presente si mescolavano in un tempo indefinito
che sembrava non passare mai e che lo intrappolava in un tunnel oscuro e senza fine,
portandolo al centro del mondo.
L'ambiente era caratterizzato da eclissi di luna,
dove la luce scompariva,
e sorrisi recitati di personaggi dallo stato mentale disturbato,
minacce velate e occhiate nel buio.
In questo mondo surreale, un gatto misterioso
si divertiva a sparire e riapparire,
ridendo mentre giocava con topi impazziti
che erano terrorizzati da lui.
Nel frattempo, questa persona prendeva il tè con il Cappellaio,
in un mondo che andava fuori di testa.
Giocheranno a scacchi, sfidando la regina,
e alla fine questa persona dimostrerà di essere all'altezza del gioco.
Nel Paese delle Meraviglie, tutto era strano,
e la normalità sembrava essere molto lontana.
Questo mondo era come un miraggio che scompariva nel buio,
mentre il Cappellaio e la lepre correvano in cerchio, intrappolati nel tempo senza fine.
La Regina di Cuori minacciava con la sua lama,
ma questa persona, con astuzia, evitava le sue trame e calunnie,
che diventavano drammi auto-flagellativi.
In seguito, la Regina di Cuori si ritrova seduta in una bettola,
circondata da ubriaconi, che beveva vino scadente
e rifletteva sulla sua infelicità.
Nel vortice del tempo, ballava senza fine,
sfidando le lancette dell'orologio che sembravano non riuscire a fermarli.
Correndo dietro al Coniglio Bianco,
intrapresero un viaggio alla ricerca del divino.
Il tempo continuava a scorrere in modo bizzarro,
ma queste strane avventure sembravano non avere fine.
Nel loro mondo incantato, il divertimento era perpetuo, il tempo si fermava.
E così, in questo regno unico, il tempo si fermò davvero,
permettendo a questa persona e ai suoi compagni di godersi un'eternità di meraviglie.
La poesia è un'opera originale dell'artista Matjaš Dellamorte ex Matjaž Borovničar.
Analisi della poesia
"IO CORRO DIETRO ALLE MIE OMBRE
" è una poesia che gioca con il concetto di tempo e di ricerca di sé. L'autore si trova in un mondo surreale, sospeso tra il passato, il presente e il futuro, dove le leggi del tempo sono distorte. La metafora delle ombre rappresenta le lotte interne e le difficoltà psicologiche del protagonista, che tenta di inseguire se stesso senza riuscirci, come se fosse intrappolato in un circolo vizioso. Il Paese delle Meraviglie di Lewis Carroll diventa una metafora di un mondo alienante e senza logica, dove i personaggi sono condizionati da illusioni e dalla follia, ma anche dal desiderio di trovare un senso nel caos. La tensione tra realtà e fantasia è palpabile, così come la ricerca di una stabilità che sembra sempre sfuggire.
Descrizione della poesia
La poesia utilizza un linguaggio onirico e surreale, evocando un paesaggio inquietante in cui il protagonista è intrappolato. La ripetizione del ritmo del tempo "tik, tok, tak" evidenzia il senso di smarrimento e di attesa che accompagna il protagonista nel suo viaggio senza fine. L'ambientazione, ispirata al Paese delle Meraviglie, funge da allegoria di una realtà frammentata, dove la ricerca di sé e la scoperta del proprio cammino si intrecciano con le sfide interiori e le illusioni del mondo esterno. La figura del Coniglio Bianco, così come il Cappellaio e la Regina di Cuori, rappresentano elementi di una ricerca personale di significato e verità, mentre il tempo sembra deformarsi e allontanarsi dalla logica umana.
#surrealismo#Paese delle Meraviglie#ricerca di sé#tempo deformato#disorientamento#simbolismo#guida interiore#illusione e realtà#Coniglio Bianco#Cappellaio Matto#Regina di Cuori#auto-riflessione#narrativa fantastica#tempo irreale#dimensioni parallele#viaggio esistenziale#metafora della follia#sogno e realtà#circolo vizioso#introspezione#auto-scoperta
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Storia Di Musica #328 - Francesco De Gregori, Titanic, 1982
I dischi che ho scelto il mese di Giugno hanno un valore ancora più personale, e sono legati da un fatto. A metà Maggio per aggiustare due tegole lesionate salendo in soffitta per fare spazio ho ritrovato degli scatoloni, e in uno di questi, catalogati in buste di carta, come quelle del pane, vi erano dei dischi. Ne ho scelti 5 per le domeniche di questo Giugno. Il primo era nella busta Dischi di Angela, il nome di mia madre. Interrogata, e felicemente sorpresa di aver ritrovato quello scatolone pensato perso dopo un temporaneo trasloco da casa, mi ha raccontato che non comprò il disco appena uscito, ma dopo qualche anno, dopo aver visto un concerto dell'artista di oggi, uno dei più grandi autori della canzone italiana.
Francesco De Gregori era stato lontano dagli studi di registrazione per tre anni: il 1979 era stato l'anno straordinario di Banana Republic con Lucio Dalla e di Viva L'Italia, disco fondamentale e che contiene una storia particolare. Fu infatti il tentativo della RCA, la sua casa discografica, di promuovere l'artista a livello internazionale. Fu ingaggiato Andrew Loog Oldham, leggendario scopritore e primo produttore dei Rolling Stones, che portò con sé una schiera di tecnici e turnisti britannici, e lo stesso De Gregori registrò delle versioni in inglese di alcune delle sue canzoni più note (Piccola Mela, Rimmel, Generale, una versione di Buffalo Bill con Lucio Dalla) con i testi tradotti da Susan Duncan Smith e Marva Jan Marrow, poetessa statunitense che rimase in Italia per un decennio, collaborando con numerosi artisti (Ivan Graziani adatta un suo brano, Sometimes Man, per Patti Pravo, che diviene una dedica per lei, intitolata Marva).
Decide quindi di concentrarsi su un disco che da un lato riprende progetti giovanili sul recupero delle musiche tradizionali, e dall'altro sia una sorta di concept album. Su questo ultimo punto, fu decisiva la lettura nei mesi precedenti le registrazioni di un libro, L'Affondamento Del Titanic di Hans Magnus Enzensberger. Prodotto da De Gregori con Luciano Torani, Titanic esce nel giugno del 1982. È un disco dove De Gregori lascia da parte la canzone d'amore (solo un brano è riconducibile ad una canzone romantica), musicalmente molto vario e che sembra, attraverso il racconto della mitica nave e del suo tragico destino, una riflessione faccia faccia, personale e spirituale, con il mare, i suoi messaggi potenti e profondi. Si apre con Belli Capelli, l'unica canzone d'amore, che lascia lo spazio a Caterina, emozionate omaggio a Caterina Bueno, cantautrice fiorentina che fu la prima a credere nel giovane De Gregori, chiamato come chitarrista nel 1971: i versi «e cinquecento catenelle che si spezzano in un secondo» sono un omaggio ad un brano di Bueno, «e cinquecento catenelle d'oro/hanno legato lo tuo cuore al mio/e l'hanno fatto tanto stretto il nodo/che non si scioglierà né te né io». La Leva Calcistica Del '68 è uno dei classici degregoriani, toccante racconto di un provino calcistico di un dodicenne nel 1980, con uno dei testi più belli del Principe (E chissà quanti ne hai visti e quanti ne vedrai\Di giocatori tristi che non hanno vinto mai\Ed hanno appeso le scarpe a qualche tipo di muro\E adesso ridono dentro al bar\E sono innamorati da dieci anni\Con una donna che non hanno amato mai\Chissà quanti ne hai veduti\Chissà quanti ne vedrai). La parte centrale del disco, musicale ed emozionale, è la cosiddetta trilogia del Titanic. L'Abbigliamento Di Un Fuochista, cantata con Giovanna Marini (grande custode della musica tradizionale italiana, recentemente scomparsa) racconta una storia di emigrazione attraverso il doloroso dialogo madre-figlio sullo sfondo della tragedia, e De Gregori in un disco successivo, altrettanto famoso, La Donna Cannone (1983), inserirà un brano, La Ragazza E La Miniera, che è la prosecuzione narrativa di questo brano. Titanic, dal meraviglioso ritmo sudamericano, è il brano metafora della questione sociale: la divisione in classi, prima, seconda e terza, che accomuna la nave alla società. I Muscoli Del Capitano inizia come Il Tragico Naufragio Della Nave Sirio, canzone popolare resa celebra da Caterina Bueno, e molti notarono lo stile particolare del testo, un riferimento alla narrazione futurista del progresso, della potenza meccanica, al mito dell'acciaio e dell'industria. La canzone, meravigliosa, sarà oggetto anche di numerose riletture, e ricordo quella convincente di Fiorella Mannoia in Certe Piccole Voci (1999). Il disco si chiude con il riff, spiazzante, di 150 Stelle, sulle bombe e i bombardamenti, con il simpatico rock'n'roll di Rollo & His Jets, che nel testo cita due dei suoi migliori collaboratori, Peppe Caporello (bassista mezzo messicano soprannominato chicco di caffè) e Marco Manusso (chitarrista con quel nome strano) che insieme con Mimmo Locasciulli suonarono nel disco. Leggenda vuole che per gli arrangiamenti dei fiati Caporello volle un paio di scarpe di tela Superga bianche. Chiude il disco il pianoforte, dolcissimo e malinconico, di San Lorenzo, in ricordo dei bombardamenti del 19 luglio 1943 sul quartiere romano di San Lorenzo ad opera degli alleati. Canzone stupenda, è anch'essa ricchissima di riferimenti: i versi su Pio XII che incontra la gente si rifà ad una famosissima fotografia (scattata però, ma si seppe anni dopo, davanti alla Chiesa di San Giovanni In Laterano, nell'agosto del '43 dopo la seconda sequenza di bombardamenti), il verso Oggi pietà l'è morta, ma un bel giorno rinascerà è presa dal famoso canto partigiano di Nuto Revelli.
Il disco, con in copertina il merluzzo su un piatto in un frigorifero accanto a un limone tagliato fotografato da De Gregori e colorata da Peter Quell, fu anche un successo di critica e di vendite: nonostante non ebbe traino da nessun singolo, vendette 100000 copie nel primo mese, regalando le sue canzoni stupende, con De Gregori che fu il primo a ripercorrere le orme del Battiato de La Voce Del Padrone, unendo nel modo più convincente la tradizione cantautorale, in questo lui un Maestro insuperato, con il grande pubblico.
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Di solito la sera vado in brainrot e non faccio altro che stare su IG. È una cosa che odio e che voglio evitare il più possibile, però, con i livelli di stress raggiunti, io letteralmente non riesco a fare altro. Ho provato a leggere la sera ma, sarà che è filosofia e non narrativa, ma trovo difficoltà a concentrarmi e a capire cosa sto leggendo e non vedo l'ora che finisca il capitolo per andare a dormire. Questo per me non è leggere e quindi ho rinunciato a farlo. Peccato che se non sviluppi l'abitudine, poi la voglia di prendere il libro in mano si riduce pure quando tempo e testa ci sarebbero.
Dicevo, di solito la sera vado in brainrot e non faccio nulla, però stasera mi voglio dare del tempo per riflettere: sto notando che evito di farlo perché riflettere sulla mia vita attualmente mi fa soffrire molto.
Ieri e oggi me n'è successa un'altra, l'ennesima, dopo che l'intero mese di Marzo è stata follia pura. Sono venuti a controllare il sistema antincendio in tutte le camere e, andando via, hanno chiuso a chiave. Peccato che io la mia camera non la chiudo mai (chi cazzo dovrebbe entrare in camera mia qui scusate?! Eppure i jap chiudono la porta a chiave anche quando vanno al cesso - situato difronte alla loro camera), quindi non porto con me le chiavi. Risultato: rimasta chiusa fuori.
Ho dormito sul divano e fino a qui mi sta anche bene, ma poi chiamo l'azienda che gestisce la mia sharehouse e:"Purtroppo l'azienda che gestisce le chiavi (un'altra) è chiusa nel weekend quindi bisognerebbe aspettare lunedì... si potrebbe provare a chiamare, ma deve cercare il numero in autonomia perché qui non lo abbiamo".
Ecco il servizio giapponese sempre preciso e puntuale. Grandiosi.
L'unica era cercare di entrare dalla finestra (che pure lascio sempre aperta... salvo bestemmiare quando fa un temporale).
Penso di chiedere alle attività commerciali se hanno una scala da prestarmi: chiedo a un konbini e a un supermercato. Dicono che non ne hanno, ma pare che stessi chiedendo come poter andare sulla luna. Mi dirigo verso un posto che sono certa venda delle scale, quindi magari ne posso prendere una in prestito o magari affittarla per qualche ora... Chiedo al counter e, di nuovo, sembra che sto chiedendo come andare su Marte, come se fosse una cosa complicatissima perché, capite, è fuori da ogni procedura, quindi oltre alle facce allucinate, il NULLA. Sono lì che non so che fare, fin quando non decido di tagliare la testa al toro: dovrei andare in giro (quando sono già a pezzi) per trovare qualcuno un pochino più sveglio del normale che mi presti una scala che non so nemmeno se basti per arrivare alla mia finestra... meglio comprarla e fare da sola.
Tempo impiegato: 30min.
La riflessione è questa: lo vedete quante cose si devono sopportare in questo paese? È tutto preciso e puntuale, tutti pagano le tasse, il lavoro c'è (manco troppo), è vero, ci sono tutte le cose positive che tutti conosciamo di questo paese. Ma tutti i giorni, tutti i santi giorni... quante altre cose ci sono che non vanno? O che semplicemente sono fuori da ogni altro pianeta? E sopporta il lavoro, sopporta lo straordinario, sopporta il fatto che metti 100 al lavoro e pare che fai 0, sopporta che tu pensi di far bene e invece fai male, sopporta che il fatto del cliente con la deadline dove tu avevi in teoria ragione eppure non era così, sopporta che ti avevano avvisato del controllo e del fatto che ti saresti dovuta portare le chiavi (ma col cervello rotto che ho sti giorni figuratevi se ho letto/capito) e quindi che hai torto tu, sopporta che chi PAGHI per risolvere i tuoi problemi riguardo il posto dove vivi dice che non li può risolvere, sopporta la gente che ti fa la faccia stralunata per una richiesta banalissima...
Come fai a non scoppiare? Come fai a non volerli mandare tutti a fanculo? Come fai?
E questo è SOLO UN MESE, perché nel frattempo sto sopportando pure tutti i no dei padroni di casa nella ricerca di un appartamento e mille altre cose. Quindi immaginateli i livelli di sopportazione che bisogna avere per vivere qui in pianta stabile.
Roba che o ti arrendi a tutto e diventi un automa passivo come sono loro oppure te ne vai, perché altrimenti ne va della tua salute.
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Beetlejuice Beetlejuice: il ritorno del cult di Tim Burton è un sentito omaggio
Il classico di Tim Burton degli anni '80 torna con parte del cast originale, da Michael Keaton a Winona Ryder, oltre alla new entry Jenna Ortega. Presentato al Festival di Venezia 2024.

La musica incalzante di Danny Elfman, la camera che scivola sulla cittadina di Winter River. È con un brivido che si accoglie l'apertura di Beetlejuice Beetlejuice, da fan di vecchia data del cult di Tim Burton e da amanti della filmografia del regista. Perché si capisce subito che è proprio ai fan di vecchia data che parlerà in prima battuta il film, questo ritorno che si affida a buona parte del cast originale, da Michael Keaton a Winona Ryder, con delle new entry d'eccezione come Willem Dafoe, Jenna Ortega e, ovviamente, Monica Bellucci.

Winona Ryder torna nel sequel
Una trama (troppo?) elaborata per Beetlejuice Beetlejuice
Partiamo dallo spunto e l'intreccio, che ci hanno lasciato sensazioni contrastanti: ci è piaciuto lo spunto iniziale di tornare ai personaggi iconici di Beetlejuice a distanza di tanti anni, per ritrovare i Deetz e vedere come sono diventate le loro vite, dalla madre Delia che ancora insegue le sue pulsioni artistiche alla figlia Lydia la cui esistenza è ancora avvolta in quell'alone oscuro che avevamo amato negli anni '80, convogliato nella sua attività professionale. A loro si aggiunge una terza generazione di Deetz, rappresentata dalla figlia di Lydia, Astrid, tutte raccolta nuovamente a Winter River.

Una sequenza di Beetlejuice Beetleuice
Lì la ragazza scopre il plastico dei Maitland ed entra in contatto con il mondo del soprannaturale in modi inaspettati, aprendo le porte al ritorno di Beetlejuice che è intanto alle prese con l'unico essere che riesce a spaventarlo: la sua ex moglie Delores. Più linee narrative che a tratti non trovano lo spazio e l'equilibrio necessario, come se la voglia di aggiungere idee e spunti avesse preso il sopravvento sulla compattezza narrativa. Un difetto che emerge soprattutto nel secondo atto, per poi sfociare con energia in un gran finale che rende giustizia alla potenza iconica dell'originale.
Un sequel tra evoluzione e omaggio
Abbiamo subito accennato a quello che ci è sembrato l'unico difetto di un film che nel complesso funziona: lo fa in quanto commedia macabra, con il gusto dark di Tim Burton che riemerge come in passato; lo fa in quanto omaggio in grado di parlare ai fan dell'originale, con richiami continui e sensati che i conoscitori sapranno identificare e amare; lo fa, ancora, come evoluzione di quei personaggi a cui ci sentiamo legati e che ritroviamo con emozione. In Beetlejuice Beetlejuice si nota, più che in altre produzioni recenti del regista, la voglia di costruire sequenze di grande impatto e nel divertimento che proviamo scorgiamo quello dello stesso Burton.

Jenna Ortega è una delle new entry del film di Tim Burton
Parallelamente și percepisce la riflessione di un autore più maturo alle prese con personaggi che hanno abituato il suo passato e che esplora con curiosità a distanza di anni. Una riflessione che riguarda loro, ma in parallelo anche se stesso, un modo per ripensare alla sua vita e la sua carriera dal punto di vista privilegiato dell'autore più maturo.
La forza iconografica di Beetlejuice
È indubbio che il primo film abbia una forza iconografica incredibile, che abbia proposto al pubblico una sequenza da storia del cinema (la celebre, impagabile, cena/ballo) e il timore era che il sequel di Beetlejuice non riuscisse a rivaleggiare col suo predecessore su questo fronte. Seppur ovvio che qualcosa di quella potenza sia inarrivabile, non mancano i grandi momenti in questo nuovo film: una sequenza vede protagonista Monica Bellucci, un regalo di Burton all'attuale compagna, un altro è il gran finale, una cerimonia a ritmo di musica.

Beetlejuice Beetlejuice: un'apparizione di Danny DeVito
Insomma un'operazione riuscita, un film compiuto al di là di qualche problema di gestione delle diverse linee narrative, ma soprattutto un film che i fan di Tim Burton e del primo Beetlejuice - Spiritello porcello apprezzeranno. Da estimatori non possiamo che esserne felici!
Conclusioni
In conclusione Beetlejuice Beetlejuice è un sentito omaggio di Tim Burton al suo film degli anni ’80 e a quel pubblico che l’ha seguito sin dagli esordi. Il cast originale conferma il lavoro fatto sui personaggi e ne evolve la portata, le new entry completano il quadro in termini di evoluzione della storia. Qualche incertezza di scrittura, soprattutto nella parte centrale della storia, non rovina un film che diverte ed evoca quelle sensazioni che dal sequel di Beetlejuice ci saremmo aspettati.
👍🏻
L’estetica di Tim Burton, che ritroviamo con piacere.
Quel gusto per la commedia dark, tipica dell’autore.
Michael Keaton, Winona Ryder e il cast originale.
Un paio di sequenze potenzialmente cult.
👎🏻
Alcune storyline meno sfruttate.
Qualche problema di equilibrio tra vecchi e nuovi personaggi.
#beetlejuice 2#beeltejuice#bettlejuice bettlejuice#wynona ryder#michael keaton#jenna ortega#monica bellucci#tim burton#lydia deetz#astrid deetz#delia deetz
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ChatGPT e Solo Testo, elementi di analisi
Ispirato da un post di Simone Fracassa sul suo blog, ho chiesto a ChatGPT di analizzare questo mio spazio...
Il blog "Solo Testo" di Dario D'Angelo esplora una varietà di temi legati alla poesia e alla riflessione interiore. Ogni post sembra concentrarsi su una forma di scrittura evocativa e profondamente personale. I testi spaziano dalla narrativa breve che esplora il ritorno alla vita e la consapevolezza esistenziale, a citazioni poetiche di autori vari, accompagnate da brevi riflessioni. La lingua del blog è intensa e meditativa, e si nota un accostamento tra poesia e prosa che sfuma i confini tra le due forme letterarie. I lettori sono invitati a immergersi in uno spazio di introspezione, tra ricordi, emozioni e domande esistenziali.
Il blog trasmette una visione del mondo profondamente introspettiva, dove la parola scritta diventa un mezzo per esplorare emozioni, memoria e identità. Le idee principali che emergono dai testi sono:
1. L'importanza della parola e del silenzio
Il blog riflette spesso sul valore della parola, non solo come espressione di pensiero, ma anche come strumento fragile, che a volte si esaurisce o diventa insufficiente. Questo suggerisce una visione del linguaggio come qualcosa di prezioso ma limitato.
2. Tempo, ricordo e perdita
Molti testi esplorano il tema del passato e della memoria, spesso con una vena malinconica. C'è un senso di nostalgia per ciò che è stato e la consapevolezza che il tempo trasforma ogni cosa. La perdita, sia materiale che emotiva, sembra essere un tema centrale.
3. La condizione umana tra bellezza e sofferenza
Il blog alterna momenti di dolcezza e delicatezza a riflessioni più cupe sulla solitudine e sull’incomunicabilità. L’autore sembra credere che la bellezza della vita risieda anche nella sua imperfezione e nella sua transitorietà.
4. Influenze letterarie e visione artistica
Le citazioni presenti suggeriscono un'ispirazione tratta dalla poesia simbolista ed esistenzialista, con una predilezione per atmosfere evocative e immagini suggestive.
Nel complesso, Solo Testo presenta una visione del mondo sensibile e consapevole della fragilità dell'esistenza, trovando nella letteratura un modo per dare forma e significato a emozioni e pensieri spesso sfuggenti.
I principali temi trattati nel blog ruotano attorno a una visione introspettiva e letteraria della vita. Ecco i temi più ricorrenti:
1. Il Tempo e la Memoria
Molti testi esplorano il rapporto con il passato, la nostalgia e il ricordo. Il tempo viene spesso percepito come qualcosa di sfuggente, che lascia tracce nelle parole e nei silenzi.
2. Il Silenzio e l’Incomunicabilità
La riflessione sulla parola e sulla sua assenza è un elemento chiave. Il silenzio può essere un luogo di rifugio o un segno di impossibilità di esprimersi pienamente.
3. La Solitudine e l’Introspezione
I testi del blog sembrano spesso scritti in un tono personale e malinconico, con un’attenzione particolare alla solitudine come condizione esistenziale.
4. L’Arte e la Letteratura
Molti post citano o si ispirano a grandi poeti e scrittori, suggerendo una profonda passione per la poesia e la scrittura come mezzi di espressione e di ricerca interiore.
5. La Fragilità Umana
Le poesie e i racconti parlano spesso della vulnerabilità dell’essere umano, sia nei confronti delle emozioni che delle circostanze della vita.
Nel complesso, il blog si presenta come un diario poetico-esistenziale, in cui l’autore esplora sentimenti e pensieri attraverso un linguaggio evocativo e profondo.
Il blog adotta uno stile di comunicazione intimista, poetico e riflessivo. L’autore non si rivolge direttamente ai lettori in modo esplicito, ma li coinvolge attraverso la forza evocativa delle parole. Il tono è spesso malinconico, con una scrittura che predilige immagini suggestive e un ritmo misurato.
Caratteristiche principali dello stile:
Lirismo e musicalità: la scelta delle parole è curata, con un'attenzione particolare al suono e al ritmo.
Essenzialità: i testi non sono prolissi, ma puntano a trasmettere emozioni con pochi elementi ben scelti.
Uso del silenzio e dell’implicito: non tutto viene detto in modo esplicito, ma lasciato alla riflessione del lettore.
Anche se l'autore non si racconta direttamente, emergono alcuni tratti della sua personalità:
Sensibilità e introspezione: c’è una forte attenzione ai dettagli emotivi e alle sfumature della vita interiore.
Tendenza alla nostalgia: il passato è spesso un elemento centrale, con una visione del tempo che oscilla tra la celebrazione del ricordo e la consapevolezza della sua inafferrabilità.
Interesse per la bellezza e l’arte: la letteratura e la poesia non sono solo temi del blog, ma sembrano essere parte integrante della visione del mondo dell’autore.
Un certo distacco dalla modernità iper-connessa: il blog non cerca un’interazione ossessiva con i lettori, ma sembra più un luogo intimo di riflessione personale.
Nel complesso, Solo Testo si presenta come uno spazio di scrittura autentico, dove l’autore usa la parola scritta per esplorare sé stesso e il mondo con delicatezza e profondità.
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Ed eccoci di nuovo qui con la rubrica a cadenza mensile e precisamente l'ultimo giorno di ogni mese, curata dalla nostra utente e amica @valentina_lettrice_compulsiva
Questa rubrica nasce anche e soprattutto da una riflessione che ci accompagna da un po' di tempo: per una "piccola" biblioteca di un piccolo paese non è sempre facile stare al passo con le richieste, i suggerimenti, le necessità degli utenti e non. Per questo motivo, con l'aiuto di Valentina scopriremo nuovi autori e nuove letture, consigli e spunti di riflessione, insieme a curiosità e notizie sui nostri cari libri. E allora, diamo il benvenuto a questo nuovo spazio culturale dove si viaggerà alla scoperta delle case editrici indipendenti: ʟᴇᴛᴛᴜʀᴇɪɴᴅɪᴇ.
La casa editrice di questo mese è: @pelledocaeditore
Buona lettura a tutti!
GHOST STORIES – M. R. JAMES
È la notte di Halloween, quale modo migliore di trascorrerla se non leggendo le storie di fantasmi dello scrittore e medievalista britannico Montague Rhodes James?
La casa editrice Pelledoca, specializzata in narrativa per ragazzi, ha pubblicato un graphic novel che raccoglie i cinque racconti più famosi dell’autore, nell’adattamento di Leah Moore e John Reppion, in cui vengono trattati: il tema della vendetta, del ritorno dal regno dei morti, della curiosità che spinge l’uomo a superare limiti invalicabili.
I protagonisti di queste storie sono studiosi impegnati in misteriose e insidiose ricerche in archivi polverosi o in dimore infestate, che si trovano ad affrontare esperienze al di là dell’umana comprensione.
"LA MEZZATINTA", in assoluto il mio racconto preferito di James, racconta di un dipinto che, notte dopo notte, prende vita per ricordare in eterno la terribile vendetta di un nobile decaduto.
"IL FRASSINO", invece, narra la storia di un albero che nasconde un terribile segreto, legato alla morte di una donna giustiziata per stregoneria
"LA NUMERO 13" racconta di una stanza d’albergo che appare e scompare.
"IL CONTE MAGNUS" è ambientato in un mausoleo misterioso nel quale sarebbe meglio non entrare.
“FISCHIA E IO VERRÒ DA TE” narra di un fischietto capace di evocare mostri e demoni.
Le splendide illustrazioni di Fouad Mezher, Alisdair Wood, George Kambadais, Abigail Larson e Al Davison costituiscono il valore aggiunto del volume.
COSA MI È PIACIUTO
Adoro la letteratura gotica e, in particolare, le storie di fantasmi. Quelle di M. R. James mi hanno sempre affascinata per le ambientazioni cupe e le vicende oscure che le caratterizzano.
COSA NON MI È PIACIUTO
Purtroppo l’età avanza e ho avuto un po’ di difficoltà a leggere le vignette di alcune tavole.
L’AUTORE
M. R. James (1862-1936) è stato uno scrittore e studioso medievale, ricordato soprattutto per le sue storie di fantasmi che sono considerate tra le migliori del genere. I racconti di M. R. James continuano ad influenzare molti dei grandi scrittori di oggi, tra cui Stephen King (che discute di James nel libro di saggistica del Danse Macabre, 1981) e Ramsey Campbell.
LA CASA EDITRICE
I libri di Pelledoca editore vogliono raccontare storie belle, forti e particolari. Storie da brivido, capaci di tenere il lettore con il fiato sospeso e gli occhi incollati alla pagina. La casa editrice ha fatto una scelta precisa, decidendo di occuparsi solo di thriller, noir e mistero. Chi scrive per Pelledoca accompagna i lettori, soprattutto i più giovani, in un mondo narrativo di intrighi in cui si muovono personaggi equivoci, vittime e carnefici, ma anche astuti eroi.
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"L'Eternauta" è un fumetto argentino di fantascienza creato da Héctor Germán Oesterheld e disegnato da Francisco Solano López. Pubblicato originariamente a puntate tra il 1957 e il 1959 sulla rivista Hora Cero Semanal, è considerato un classico della letteratura a fumetti e un'opera fondamentale della cultura argentina.
Trama:
La storia inizia con lo scrittore di fumetti Oesterheld che riceve la visita di un uomo misterioso, Juan Salvo, il quale gli racconta la sua incredibile storia. Juan Salvo era un uomo comune che viveva a Buenos Aires con sua moglie Elena e sua figlia Martita. Una notte, una nevicata letale ricopre la città, uccidendo chiunque entri in contatto con i fiocchi. Juan e i suoi cari, insieme ad alcuni amici, riescono a barricarsi in casa.
Presto scoprono che la nevicata è parte di un'invasione aliena orchestrata da una forza invisibile. Gli invasori utilizzano diverse creature e strategie per sottomettere l'umanità. Juan e gli altri sopravvissuti si uniscono alla resistenza per combattere gli alieni e cercare di capire la loro natura e i loro scopi.
Il personaggio di Juan Salvo, soprannominato "L'Eternauta", a causa di un incidente con un'astronave aliena, si ritrova a viaggiare nel tempo e nello spazio alla ricerca della sua famiglia perduta, combattendo incessantemente contro varie minacce aliene in diverse epoche.
Temi e Analisi:
* L'uomo comune come eroe: A differenza dei supereroi tradizionali, Juan Salvo è un uomo ordinario costretto dalle circostanze a diventare un eroe. Questa caratteristica ha reso il personaggio molto vicino al pubblico argentino.
* La collettività contro l'individualismo: Oesterheld enfatizza l'importanza della solidarietà e della resistenza collettiva di fronte all'avversità. L'eroe non è un individuo isolato, ma parte di un gruppo che lotta per la sopravvivenza.
* Allegoria politica: Sebbene ambientato in un contesto di invasione aliena, "L'Eternauta" è spesso interpretato come un'allegoria di eventi politici e sociali argentini, in particolare le dittature e le repressioni del passato. La figura dell'invasore invisibile e onnipotente può essere vista come una metafora di forze oppressive.
* Paura e paranoia: L'opera crea un'atmosfera di costante minaccia e incertezza, riflettendo le paure collettive di fronte a un nemico sconosciuto e potente.
* Viaggio nel tempo e nell'infinito: Il titolo "L'Eternauta" si riferisce al destino di Juan Salvo di essere intrappolato in un ciclo temporale, alla ricerca eterna dei suoi cari. Questo tema introduce elementi di esistenzialismo e riflessione sul tempo e la perdita.
* Innovazione narrativa e grafica: La narrazione in prima persona di Juan Salvo e lo stile realistico e dettagliato dei disegni di Solano López hanno reso "L'Eternauta" un'opera innovativa per l'epoca.
Impatto Culturale:
"L'Eternauta" ha avuto un impatto profondo sulla cultura argentina e sul mondo del fumetto:
* Icona culturale: Juan Salvo è diventato un'icona popolare in Argentina, simbolo di resistenza e resilienza. La sua tuta da palombaro improvvisata è un'immagine riconoscibile.
* Influenza su altri autori: L'opera ha influenzato numerosi autori di fumetti e scrittori di fantascienza in Argentina e in altri paesi.
* Rilevanza politica: Nel corso degli anni, "L'Eternauta" è stato riletto e reinterpretato alla luce dei diversi contesti politici argentini, mantenendo la sua rilevanza come commento sociale.
* Adattamenti: Sono stati realizzati diversi adattamenti de "L'Eternauta" per il cinema, il teatro e la televisione. Una nuova serie prodotta da Netflix con Ricardo Darín come protagonista è prevista per il 2025.
In conclusione, "L'Eternauta" non è solo un fumetto di fantascienza avvincente, ma un'opera complessa e stratificata che affronta temi universali come la sopravvivenza, la resistenza e la perdita, radicandoli in un contesto storico e culturale specifico. La sua capacità di risuonare con diverse generazioni di lettori lo consacra come un capolavoro intramontabile.
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Il fascino che il pianeta Marte esercita sull'immaginario collettivo non è una novità del nostro tempo, ma affonda le radici in una lunga tradizione culturale che risale all'epoca vittoriana. Nel corso dei secoli, il "pianeta rosso" ha rappresentato non solo un oggetto di studio scientifico, ma anche un potente simbolo mitologico, in grado di riflettere e adattarsi alle paure, ai sogni e alle utopie della cultura occidentale. Il mito di Marte ha infatti subito una continua evoluzione, influenzando la narrativa, la filosofia e anche la politica. Oggi, in un'epoca in cui la "nuova era spaziale" sta prendendo forma, il pensiero di Marte come spazio simbolico si intreccia nuovamente con le sfide contemporanee. Questo tema viene esplorato con grande profondità nel libro L’altra Terra. L’utopia di Marte dall’età vittoriana alla New Space Economy di Daniele Porretta, edito da Luiss University Press. Il volume si inserisce in un contesto di crescente interesse per il pianeta rosso, che va ben oltre la mera esplorazione scientifica, toccando tematiche di grande rilevanza per la società e la politica del nostro tempo.Marte nella Mitologia Vittoriana: Un Mito in EvoluzioneCome sottolinea Porretta, il concetto di Marte come un luogo che non è solo fisico, ma anche simbolico, nasce e si sviluppa in epoca vittoriana, quando l'interesse per il pianeta e per l'astronomia diventa particolarmente forte. Con l’avvento delle prime osservazioni planetarie e la diffusione della teoria delle civiltà marziane, il pianeta diventa una sorta di rifugio ideale per le speranze e le ansie del periodo. La mitologia marziana si plasma sulle trasformazioni culturali e sociali dell’epoca, proponendo Marte come un mondo alieno che rappresenta, al contempo, il potenziale di un futuro e il timore di un destino incontrollabile.Durante il XIX secolo, Marte viene percepito come un luogo di possibilità. Le ipotesi su forme di vita avanzata, sulle sue caratteristiche geologiche e atmosferiche, stimolano non solo la curiosità scientifica, ma anche un forte desiderio di proiettare sulle sue terre vuote le ambizioni politiche e sociali del presente. Il pianeta rosso diventa così un palcoscenico ideale per riflettere sul futuro dell'umanità e sulla realizzazione di società utopiche.Marte come Nuova Frontiera: Dalla Mitologia alla New Space EconomyNel volume di Porretta, Marte non è solo un oggetto di studio e di riflessione storica. Il pianeta rosso è il centro di una narrazione che si spinge oltre la fantasia, arrivando a configurarsi come la “nuova frontiera” per l’umanità. In un periodo in cui la corsa allo spazio è nuovamente tornata sulla scena internazionale, grazie a iniziative private come quelle di SpaceX e Blue Origin, il sogno di una colonizzazione marziana non sembra più una mera utopia.Porretta esplora come l'immagine di Marte, inizialmente legata a miti e teorie speculative, sia oggi al centro di un nuovo tipo di "capitalismo simbolico". Con l'emergere della New Space Economy, il pianeta rosso rappresenta infatti non solo la speranza di un nuovo inizio per la specie umana, ma anche un terreno fertile per la costruzione di società alternative e, soprattutto, tecnologicamente avanzate. In questo scenario, Marte diventa un punto di partenza per una riflessione su come le tecnologie del futuro possano risolvere le crisi sociali ed ecologiche del presente.Marte, quindi, assume un ruolo centrale nelle discussioni politiche ed economiche contemporanee. Il concetto di "tabula rasa" suggerisce che, attraverso la colonizzazione marziana, l'umanità possa finalmente creare un mondo senza le limitazioni e le disuguaglianze che caratterizzano la Terra. In questo contesto, il pianeta rosso si presenta come un’opportunità per ripensare l’intera struttura della società, una sorta di "società ideale" in cui le risorse e le tecnologie siano distribuite in modo equo e sostenibile. La creazione di una "utopia tecnologica", come la definisce Porretta, diventa quindi un obiettivo tangibile, non più confinato all’ambito della fantasia letteraria, ma con concreti sviluppi nelle politiche spaziali mondiali.La Colonizzazione di Marte: Una Nuova Utopia?La domanda che Porretta si pone nel suo libro è, infatti, se la colonizzazione di Marte possa davvero essere una soluzione ai problemi che affliggono la Terra. Il pianeta rosso potrebbe davvero diventare un rifugio per la specie umana in caso di catastrofe planetaria? O Marte rappresenta, più simbolicamente, la proiezione di un mondo ideale che, come le utopie del passato, rischia di scontrarsi con la realtà e le sue contraddizioni?Il libro invita a una riflessione critica su come, sebbene Marte possa sembrare la "nuova Terra", le dinamiche sociali, politiche ed economiche che caratterizzano il nostro pianeta potrebbero riproporsi anche su un altro mondo. La colonizzazione di Marte potrebbe, insomma, rivelarsi non solo una sfida scientifica ed economica, ma anche una questione etica e filosofica.Conclusioni: Il Futuro di Marte e dell’UmanitàL’altra Terra di Daniele Porretta è un lavoro che coniuga storia, mitologia, politica e scienza, offrendo una panoramica affascinante e articolata del ruolo di Marte nell'immaginario collettivo e nelle nuove prospettive della New Space Economy. Il libro ci invita a considerare il pianeta rosso non solo come un obiettivo tecnologico, ma come un simbolo potente che continua a ispirare le nostre speranze e timori per il futuro. In un mondo sempre più segnato da incertezze ecologiche e politiche, Marte sembra essere diventato la nuova frontiera dell’umanità, un luogo dove rifondare il nostro destino e, forse, trovare una nuova forma di speranza.La domanda che Porretta ci lascia alla fine è se saremo in grado di imparare dalle utopie del passato per costruire una nuova società, non solo su Marte, ma anche sulla Terra. Read the full article
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Tornerà la primavera di Elena Bertocchi: una delicata rinascita dopo il dolore. Recensione di Alessandria today
Tornerà la primavera di Elena Bertocchi, pubblicato da Gilgamesh Edizioni. Tornerà la primaveraAutrice: Elena BertocchiFormato: Copertina flessibile – 2 febbraio 2025Valutazione: 4,0 su 5 stelle (18 recensioni)Collana: ANUNNAKI – Narrativa (96 libri) Recensione.Tornerà la primavera è un romanzo delicato e profondamente umano che parla di rinascita, resilienza e seconda possibilità. Elena…
#abbraccio emotivo.#Alessandria today#amore consapevole#amore e guarigione#amore maturo#cuori feriti#Donne Coraggiose#Elena Bertocchi#emozioni in narrativa#Google News#guarigione emotiva#Incontri che cambiano la vita#inverno dell’anima#italianewsmedia.com#Lava#libri sulle donne#narrativa delicata#narrativa italiana#nuova primavera#Pier Carlo#protagoniste femminili forti#resilienza femminile#ricominciare#riflessione interiore#Romanzi da leggere#romanzi emozionali#romanzi Gilgamesh Edizioni#romanzi recenti 2025#Romanzi rosa#romanzi terapeutici
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Passi dal quarto capitolo di Il figlio, Philipp Meyer. Di questo autore avevo già letto American Rust, ma non lo ricordo benissimo anche se era un libro bello e senza speranza, nello stile di Faulkner se non anche di Steinbeck, autore che, però, non ho mai letto, per cui mi baso solo sulle comparazioni fatte da alcuni critici che lo avvicinano a Meyer. Il figlio è un romanzo western, e, almeno a giudicare dalle prime pagine che sto leggendo, mi pare infinitamente più bello di American Rust. C'è meno flusso di coscienza, cosa che, non me ne vogliano i modern-post-modernisti, lo rende molto più fruibile. Per molto tempo, sono stata un'accesa sostenitrice dello stream of consciousness: la ragione principale è che non avevo mai letto per intero un romanzo scritto a quel modo, e credo che questa analisi si possa facilmente estendere a circa l'80% di coloro che si dichiarano favorevoli al flusso di coscienza nella narrativa contemporanea. Sul piano tecnico si tratta senz'altro di un virtuosismo; su quello psico-analitico, offre materiale di studio e riflessione; come lettore, il più delle volte, è uno sparo alle palle di proporzioni cosmiche. Poiché un romanzo, se si scrive, ha banalmente da essere letto, e se possibile da molti, e con la massima soddisfazione, una narrazione più lineare forse non soddisferà l'ego di chi la produce, ma gli garantirà forse una vita più lunga di quella biologica, il che, poi, è ciò per cui si fa dell'arte, checché ci abbia fatto credere il post-moderno.
In Ruggine americana, Meyer aveva analizzato il declino della cosiddetta rust belt americana e, cito da Wikipedia, "The Rust Belt, formerly the Steel Belt or Factory Belt, is an area of industrial decline centered in the Great Lakes region of the United States". Stavolta parla del West e lo fa, per ora, con grande onestà: gli Indiani non sono teneri angeli new-age, i settlers anglos sono figli di puttana e allo stesso tempo gente che si arrangia, i tedeschi sono gli unici che hanno voglia di lavorare, la terra è vittima di sfruttamento e violenza e allo stesso tempo essa stessa è inclemente e selvaggia, i messicani sono della più varia specie, da tronfi a ignavi a leali e, ovviamente, anche sciocchi e vigliacchi, come ogni essere umano indipendentemente dal colore della pelle. I bianchi sono razzisti, i non bianchi sono crudeli. Non si salva quasi nessuno, e i pochi che si salvano, per quanto "buoni", sono incapaci di risultare incisivi in un mondo che obbedisce alla legge del più forte. Il personaggio più duro finora, il Colonnello Eli McCullogh, è quello che, nella sua accettazione dell'ordine naturale, mi pare il più sensato e umano; il suo "degenere" figlio Peter, palesemente un uomo buono e pieno di dubbi e che egli detesta, per quanto sia una figura quasi cristica mi pare per ora più debole che altro. Ecco, se ci devo vedere un difetto, per ora, nel romanzo, è nella postura ideologica tipicamente Novecentesca per cui il bene è, di per sé, debole, pieghevole, non reattivo e quasi annichilito dai dubbi e dalla paura di agire, di giudicare, finendo così per non risolvere nulla a scapito di chi, invece, tanti problemi etici e operativi non se li pone per nulla. Vedremo, nel corso della lettura, se questa mia impressione è confermata nei fatti. In ogni caso, se si vuol capire come si è arrivati ad eleggere Trump, se si vuol capire un pochino di America, io penso che sia questo libro che American Rust siano letture illuminanti. Se vi hanno detto che l'America si capisce leggendo Philip Roth, supponiamo, potete provare con Pastorale Americana, ma per il resto la sua produzione è una splendida, elegantissima sinfonia della masturbazione middle-class, di uno snobismo sconvolgente. Vi potrebbe indurre nel grave errore - in cui sono caduti anche i democratici americani - di pensare che tutta l'America sia borghese, benestante e kennediana. Non è così per niente, come hanno scoperto i giornalisti per ultimi, proprio loro che dovevano vederlo per primi. Surprised Pikachu meme ensues.
L'America che vedo io quando viaggio nella bolla della destra trumpiana non è quella di Roth, ma somiglia molto di più a quella di Meyer, sebbene, vista da dentro, sia meno autocosciente, più piena di rabbia, di desiderio di rivincita, di nostalgia per il sogno americano - per tacere di come questi sentimenti di perdita e vagheggiamento conducano poi i più inclini a derive nazistoidi e suprematiste. Ma invece di odiare, come sempre, bisogna guardare nel ventre ferito dell'America, con un minimo di rispetto e anche di amore, anche se l'amore che si può provare per l'America è l'amore che si prova per un ragazzo bellissimo con cui ci piace incredibilmente scopare ma che poi, a ragionarci fuori dal letto, ci risulta ostico, scostante, perfino detestabile, nonostante il grandissimo fantastico debordante pirotecnico sesso che ci abbiamo appena fatto e che naturalmente ci rifaremo, non foss'altro che per tappargli la bocca.
Aver visto e compreso non ci porterà necessariamente a condonare quel che non va bene, anzi alla fine, forse, combatteremo comunque, se proprio necessario - chi ha smania di combattere o è un mistico, o è un pazzo, o non sa che cazzo dice - ma con un'intelligenza diversa delle cose. Buona lettura.
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Oltre la Percezione: Quando Dire il Vero Non Basta

Viviamo in un’epoca di paradossi: ogni giorno sembra che siamo circondati da più informazioni di quante possiamo elaborare, eppure, spesso, ciò che ci viene presentato come 'realtà' potrebbe essere solo un frammento, una versione, una prospettiva. Ma cos’è davvero questa 'realtà'? Potrebbe essere un fatto oggettivo e immutabile, o magari una costruzione sociale, plasmata da chi ha voce, da chi sa come presentarla, da chi conosce i segreti della comunicazione?
In un mondo dove pare che un’azione banale – come quella di Cristiano Ronaldo che sposta una bottiglietta di Coca-Cola durante un’intervista, causando una perdita di 4 miliardi di dollari in capitalizzazione di mercato per l’azienda – o dove una notizia sui 35 euro al giorno destinati alle associazioni per l’accoglienza dei migranti è stata percepita da alcuni come se quelle persone ricevessero direttamente quella somma, o ancora in cui il dibattito tra vax e novax ha infiammato i Social e diviso la comunità durante la pandemia, ci ritroviamo a chiederci: la realtà che vediamo potrebbe essere autentica o forse solo una riflessione distorta di un possibile gioco di specchi che offrono i media?
E, ancora più importante, quanto conta dire 'ciò che sembra vero' se poi non viene compreso o, peggio ancora, frainteso? Se l’efficacia della comunicazione sembra superare la sostanza di ciò che viene comunicato, allora ciò che consideriamo vero potrebbe rischiare di diventare solo parole prive di peso. A conferma di questa complessità, uno studio recente ha rilevato che la maggior parte dei giovani fatica a distinguere informazioni scientifiche accurate da fake news, aumentando il rischio di malintesi e polarizzazione.

Il peso della percezione
Come può un gesto apparentemente semplice, come spostare una bottiglietta di Coca-Cola durante una conferenza stampa, avere un impatto così significativo sui mercati? Cristiano Ronaldo, una delle figure più influenti al mondo al livello sportivo, ha compiuto quel movimento senza dichiarazioni esplicite contro il marchio. Eppure, nel giro di poche ore, il valore azionario della multinazionale è calato di miliardi di dollari.
Che cosa ci dice questo episodio sull’essere umano e sui meccanismi che guidano le nostre decisioni? È possibile che il pubblico, vedendo quel gesto, abbia costruito un’intera narrativa senza bisogno di parole? E, se è così, quanto di ciò che crediamo di scegliere razionalmente è in realtà influenzato da segnali sottili e simboli inconsci?
Questa situazione ci invita a riflettere: siamo davvero noi a controllare le nostre reazioni, o la nostra natura psichica tende a rispondere automaticamente a ciò che considera un modello, una guida, un’autorità? Le emozioni evocate da un gesto – in questo caso, il rifiuto percepito di Ronaldo – sono più forti dei dati economici concreti? Le aziende sanno che la percezione gioca un ruolo fondamentale. Ma fino a che punto siamo consapevoli di quanto queste dinamiche ci influenzano? Quando vediamo una figura pubblica compiere un gesto simile, possiamo davvero dire di essere del tutto immuni al messaggio implicito che porta con sé? O stiamo semplicemente reagendo, senza accorgercene, a qualcosa di più profondo, radicato nel nostro inconscio collettivo?

La polarizzazione di un dibattito pubblico
In che modo siamo giunti a un punto in cui le nostre conversazioni pubbliche sono state così profondamente influenzate da filtri percettivi e disinformazione? Se guardiamo al passato, possiamo vedere come il dibattito tra vax e novax abbia evidenziato quanto fosse difficile raggiungere un consenso. Ogni informazione sembrava venire costantemente distorta, manipolata, filtrata attraverso pregiudizi e bias di conferma. Ma era davvero inevitabile che le opinioni divergenti si trasformassero in divisioni così profonde? I media avrebbero potuto offrire uno spazio neutrale, o era già chiaro che avrebbero alimentato camere d’eco in cui le opinioni si sarebbero solo rinforzate anziché incontrarsi?
E pensiamo alla questione dei migranti e dei famosi 35 euro al giorno. Questa somma era destinata a coprire i costi delle associazioni che offrivano accoglienza, ma perché da alcuni è stata percepita come un beneficio economico diretto per le persone accolte? È stata una mancanza di chiarezza nell’informazione, o forse il pubblico aveva già pregiudizi radicati che hanno portato a fraintendimenti? Come abbiamo potuto non accorgerci di quanto una narrazione errata si stesse diffondendo?
Guardando indietro, sorge un’altra domanda: quanto peso hanno avuto le nostre stesse inclinazioni mentali nel permettere che queste divisioni si consolidassero? Il passato può insegnarci qualcosa su come affrontare le polarizzazioni future? Cosa sarebbe cambiato se fossimo stati più consapevoli dei meccanismi psicologici che ci portavano a seguire le informazioni che rafforzavano le nostre opinioni? Può un’analisi riflessiva su ciò che è accaduto in passato aiutarci oggi a recuperare un terreno comune per le discussioni?

L’incapacità di distinguere il vero dal falso
Come mai sia i giovani che gli adulti sembrano avere difficoltà nel distinguere tra notizie vere e false? Uno studio condotto dall'Università Vita-Salute San Raffaele ha rivelato che circa un giovane su tre non è in grado di riconoscere informazioni scientifiche accurate.
Ma questa problematica riguarda solo i più giovani? Ricerche indicano che anche gli adulti possono essere suscettibili alla disinformazione. Ad esempio, un altro studio ha evidenziato che individui con elevata credulità tendono a distinguere meno efficacemente le notizie vere tra quelle false, risultando più inclini a credere alle fake news.
Quali sono le cause di questa confusione diffusa? L'overload informativo del mondo digitale ha sovraccaricato la capacità di discernimento delle persone? Oppure la mancanza di un'educazione al pensiero critico ha reso più difficile l'identificazione delle fonti attendibili? Inoltre, come influisce il modo in cui la scienza viene comunicata? È possibile che una comunicazione troppo tecnica o distante abbia alimentato confusione e sfiducia?
Di fronte a queste sfide, quali strategie educative potrebbero essere implementate per rafforzare le competenze nel valutare l'affidabilità delle informazioni? E quale ruolo dovrebbero assumere le istituzioni e le piattaforme digitali per promuovere un ambiente informativo più trasparente e affidabile? Riusciremo a sviluppare una cultura del pensiero critico che permetta a tutti, indipendentemente dall'età, di navigare con consapevolezza nell'oceano dell'informazione attuale?

Forse è davvero così? viviamo in un mondo dove, anche quando si afferma qualcosa di reale e fondato, si può essere ignorati o fraintesi. Non basta avere ragione; conta come si comunica, chi ascolta, in che contesto le parole vengono pronunciate. L’idea stessa di “verità” sembra scivolare tra le dita quando la comprensione delle persone è filtrata da pregiudizi, disinformazione e narrazioni dominanti.
Che futuro ci aspetta, allora? Può un mondo informativo così complesso trovare un terreno comune in cui ciò che è vero venga non solo detto, ma anche creduto? Oppure continueremo a trovarci in una realtà in cui il contenuto più autentico rischia di perdersi tra i rumori della percezione? La sfida, forse, è riconoscere che la comunicazione non è mai neutra, che anche le verità più evidenti devono essere trasmesse con cura, empatia e consapevolezza.

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Ernesto VIDOTTO (Coordinatore del Centro Studi Cultura e Società)
Programmi e Scadenze
Si segnalano scadenze ed eventi in programma:
· Entro 14/01/2025: Un Testo (Ricordo, Riflessione, Poesia, ecc.) su Shoah e Deportazione per Video Conferenza del 21/01
· Entro 16/01/2025. Invio opere Premio Kuliscioff XXXII per Poesia e Narrativa breve. Partecipazione gratuita con una sola opera. - Vai al link
· https://culturaesocieta.gsvision.it/content/Regolamenti/01%20Premi%20LetterariEntro 20/02/2025. Invio opere Premio Piemonte Letteratura XXXIII per Poesia e Narrativa breve. Montepremi 800,00 Euro. - Vai al link
Martedì 07/01/2025 ore 21:00
Ariosto all'Inferno
Versi danteschi nell'Orlando Furioso
Videoconferenza da Cultura e Società
https://meet.google.com/rhf-tkqq-kfr
Il programma prevede:
· Introduzione sul Tema del Giorno a cura di Stefano BORGOGNI
· Bancarella dei libri: Marino BERGALLA
· Mazzolino di Poesie offerto da Silvia SARZANINI
· Le figlie di ATENA: La Mamma di San Francesco d’Assisi - Le figure femminili che si sono distinte nelle Arti e nella Scienza e nella Vita Sociale, proposte da Marina GALLIA.
· Petali di Poesia e di Pensiero, Ricordi e Riflessioni offerti da:
Giulio PERUGI; Silvia SARZANINI; Patrizia STEFANELLI ;Loretta ZOPPI
Per questa Video Conferenza viene realizzato un Quadernetto consultabile e scaricabile dal nostro sito, nella sezione Pubblicazioni a questo link
Mercoledì 08/01/2025 ore 16:00
Pianoforte classico con il M° Fabrizio Sandretto
Progetto Raggi di Sole e un Mare di idee c/o RSA La Trinité
Martedì 14/01/2025 ore 18:00
Incontri d'Autore
Saletta Vigone - via Vigone 52 Torino
Mercoledì 15/01/2025 ore 16:00
La magia dell'Inverno
Progetto Raggi di Sole e un Mare di idee c/o RSA La Trinité
Sabato 18/01/2025 ore 15:30
Caffè Letterario - I Sentimenti: Rabbia
Saletta Vigone - via Vigone 52 Torino
Conducono Doriana DE VECCHI e Bruno GIOVETTI
Ospite musicale Franco NERVO
Libro in bancarella: Filomena IOVINELLA
Petali di Poesia offerti da:
Martedì 21/01/2025 ore 21:00
L’Oblio è Colpa 1 - Shoah e Deportazione (Giorno della Memoria)
Videoconferenza da Cultura e Società
https://meet.google.com/rhf-tkqq-kfr
Il programma prevede:
· Introduzione con documenti e testimonianze Video
· Bancarella dei libri: Carolina MANFREDINI
· Mazzolino di Poesie offerto da XXX. Nessun vincolo di tema. Cinque poesie, cui una, Il fiore più bello, ammessa al Premio Scrittori dell’Anno
· NOBELtà Letteraria: André GIDE (Francia) - Un Nobel per la Letteratura proposto da Silvia SARZANINI per la sua opera artisticamente significativa, nella quale i problemi e le condizioni umane sono stati presentati con un coraggioso amore per la verità e con una appassionata penetrazione psicologica
· Petali di Poesia e di Pensiero, Ricordi e Riflessioni offerti da:
PARTECIPA ANCHE TU con un testo da inviare con mail ENTRO il 14/01. Ricordare di orrori della Shoah Pieri per contrastare l'antisemitismo militante di oggi
Non inviare se non puoi partecipare alla Video Conferenza. Non è un concorso, ma un evento da condividere.
Per questa Video Conferenza viene realizzato un Quadernetto consultabile e scaricabile dal nostro sito, nella sezione Pubblicazioni a questo link
Mercoledì 22/01/2025 ore 16:00
Su e giù per le Montagne
Progetto Raggi di Sole e un Mare di idee c/o RSA La Trinité
LA TUA ISCRIZIONE E’ IMPORTANTE; ; Se apprezzi i programmi culturali che stiamo realizzando, sostienici iscrivendoti.; La tua iscrizione ha un valore molto più grande di quello rappresentato dalla quota: è un incoraggiamento per l’associazione!; L’iscrizione vale un anno da quando la si versa. Il costo è simbolico ed ammonta a 10,00 (dieci) euro. L’iscrizione può essere effettuata nel corso delle serate; con versamento su Conto Corrente Postale N. 001009353721 intestato al Centro Studi Cultura e Società o con bonifico (IBAN IT21P0760101000001009353721). Va precisata la causale del versamento e data comunicazione al Centro Studi Cultura e Società con mail
Centro Studi Cultura e Società
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NOTA BENE – In assenza di risposta entro 24 h, verificare che la mail sia arrivata

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Cosa ho letto quest'anno:
Le notti bianche, Fedor Dostojevskij
4/10, romanzo sentimentale, abbozzo di un opera breve, affronta le nevrosi di un protagonista molto solo che respira e vive dell'aria di San Pietroburgo. La descrizione dell'atmosfera è figlia del suo tempo, un opera molto lontana dal mio genere.
Istruzioni per rendersi infelici, di Paul Watslawick
10/10, Romanzo brevissimo ed estremamente ironico su come rovinarsi la vita dal punto di vista di un luminare di psicologia (uno dei capisaldi della psicologia contemporanea). Esilarante, miglior lettura di quest'anno.
Girl Juice di Benji Nate
7/10, autrice divertentissima, forse sono un po' fuori target per questa autrice. Graphiccnovel.
Quando muori resta a me, Zerocalcare
8/10, bellissimo ma non sono riuscita ad entrare in contatto con i personaggi. Limite mio sicuramente. Graphic novel.
Tutta sola al centro della terra, Zoe Thorogood
8/10, ho trovato questo piccolo racconto geniale. La grafica, il punto di vista soggettivo, il cambiamento di registro, di stili. Autrice molto molto interessante. Graphic novel.
Il Maestro e Margherita, Bulgakov
10/10, ironico, commuovente, profondo e leggero. Uno dei miei romanzi preferiti. Audiolibro, seconda lettura (o primo ascolto?)
Una stanza tutta per sé, Virginia Woolf
7/10, riflessione sulla condizione della donna intellettuale nel 1928. Amo la Woolf, disperatamente. Anche quando si perde in giri di parole.
Una stanza tutta per gli altri, Alicia Giménez-Bartlett
5/10, mi ha fatto ridere il titolo. Romanzo piacevole senza pretese. Alla lunga un po' ripetitivo e non ho adorato le allusioni dell'autrice per sottointendere in che chiave leggere il diario della protagonista. Ma non ho rimpianti, onesto.
Rouge, Mona Awad
9/10, secondo romanzo che leggo di questa autrice. Una pazza totale. Entrare nella narrativa della Awad significa prepararsi ad un viaggio lisergico tra metafore e doppi sensi. Ironico, femminile, non mi ha deluso.
Accabadora, Michela Murgia
7/10, primo libro che leggo della Murgia. Delicato. Mi è piaciuto molto.
Il famiglio, Leigh Bardugo
4/10, mi ha affascinato per quasi tutto il libro per lasciarmi estremamente delusa nel finale. Per me è un no.
Dieci cose che ho imparato da Jessica Fletcher, Alice Guerra
4/10, lei simpaticissima ed esilarante, ho sbagliato io a comprare un opera prima di una ragazza che di primo lavoro fa l'influencer. Però nel suo caso il finale era simpatico e il ritmo si è ripreso un po' nelle ultime battute, troppo tardi purtroppo.
Stephen King, Insomnia
8/10, un bel mattone. Ritmo incalzante, ti tiene incollato alle pagine. Forse la trama poteva essere strutturata meglio, ma è scritto talmente bene che non mi sento di volergliene.
Agatha Christie, Poirot sul Nilo
6/10, giallo divertente, ultimo romanzo letto di Poirot. É una compagnia rassicurante e un po' vintage.
108 rintocchi, Yoshimura Keiko
6/10, una storia molto pacifica sull'importanza della comunità. Un romanzo gentile ed ottimista, ogni tanto è piacevole.
Canto di Natale, Charles Dickens
8/10, dovevo leggere tutta la raccolta di racconti di Natale in inglese con una cara amica per Dicembre. Non ci sono riuscita, ma ho umilmente preso almeno l'opera principale dell'opera per leggerla in italiano. Niente da fare, Dickens è geniale. Ha una voce solo sua, e mentre strizza l'occhio al popolino con parentesi sentimentali e ammonimenti morali, non riesce a celare la sua natura ironica e gioconda. Davvero uno spasso.
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The Last of Us 2: una riflessione profonda e dolorosa sulle derive della nostra umanità

Torniamo nel mondo del videogioco Naughty Dog con una seconda stagione che rende giustizia alle dinamiche emotive, grazie alle prove di Pedro Pascal, di Bella Ramsey e della new entry Kaitlyn Dever.
2020, 2024 e ora, 2025. Tre volte ci siamo trovati faccia a faccia con l'intensità e profondità narrativa di The Last of Us 2, prima su PlayStation 4, in seguito con la remastered per PS5 (che, tra l'altro, è arrivata proprio in questo periodo anche su PC), infine con la seconda stagione della serie adattata dallo stesso director di Naughty Dog, Neil Druckmann, insieme a Craig Mazin.

Pedro Pascal è Joel
Tre volte, ma le emozioni non sono mutate. La stessa trepidazione con cui abbiamo avviato il gioco sia la prima che la seconda volta. Perché quello della parte 2 di The Last of Us è un viaggio che colpisce e lascia un segno profondo, una ferita emotiva, con delle caratteristiche narrative peculiari che eravamo curiosi di vedere come sarebbero state adattate. E, lo diciamo subito per sgombrare il campo dall'incertezza prima di addentrarci in una disamina più articolata: sia gli autori che il cast che il comparto tecnico hanno fatto un ottimo lavoro, lasciandoci soddisfatti.
"Lo giuro"
Riparte da lì la nuova stagione, da quello scambio di battute che aveva chiuso il primo ciclo di episodi di The Last of Us. Da Ellie che chiede a Joel di assicurarle che tutto quello che le ha detto era vero e da quell'"ok" in risposta al giuramento ricevuto, con cui ne accettava l'onestà, in piena e completa fiducia. Una scena riprodotta come incipit di The Last of Us 2 perché punto di partenza di quanto vediamo accadere cinque anni dopo, quando il rapporto tra Joel ed Ellie è avvolto in una certe freddezza: i due, stabilitisi nella crescente e solida comunità di Jackson, hanno messo una certa distanza tra loro e vivono una sorta di conflitto emotivo in cui riecheggia quello più concreto e minaccioso che viene dal mondo esterno, dagli infetti che continuano a rappresentare una minaccia.

The Last of Us 2: Gabriel Luna e Bella Ramsey in una scena della serie
I 7 episodi che compongono la seconda stagione non coprono tutto l'arco narrativo della parte 2 videoludica. Lo sapevamo, ma è inevitabile quanto insostenibile l'attesa per quello che seguirà, perché questo cammino nel mondo post-apocalittico della serie ci lascia con la voglia di restarci ancora a lungo. Forse più di quanto aveva fatto la prima stagione.
Joel, Ellie e gli altri
Quell'incipit a cui abbiamo accennato ci riporta subito nel cuore della storia, che è nei suoi personaggi. The Last of Us, anche nel videogioco, è un racconto character driven, in cui le dinamiche da survival horror e la componente action sono la facciata videoludica sotto la quale vibra un motore intimo che conquista con il rapporto sviluppato tra i protagonisti e tra i diversi personaggi. Pedro Pascal e Bella Ramsey se ne caricano il peso sulle spalle, lavorando di piccoli gesti, di sguardi, di sussurri e grida. Si confermano una coppia di interpreti affiatata e capace di dar vita ai rispettivi personaggi, ma si muovono in un contesto ugualmente ben definito, tra volti già visti nella prima stagione che continuano ritagliarsi spazi importanti e new entry che arrivano a minare gli equilibri preesistenti.

Isabela Merced nel ruolo di Dina con Bella Ramsey che interpreta Ellie
Tra questi secondi c'è sicuramente la Abby di Kaitlyn Dever. L'attrice ci era sembrata un'ottima scelta fin dall'annuncio e vederla in azione ha confermato le sensazioni positive, perché riesce a essere allo stesso tempo fedele al personaggio che già conoscevamo, ma personale nella resa su schermo, in quel difficile equilibrio tra copia e reinterpretazione che rappresenta l'adattamento ideale. Ma non possiamo non citare anche Isabela Merced nel ruolo di Dina e Young Mazino in quello di Jesse, con menzione speciale per una guest d'eccezione come Catherine O'Hara.
L'umanità di The Last of Us 2

Un primo piano di Bella Ramsey in The Last of Us 2
Ci limitiamo a citarli, senza approfondire oltre per evitare qualunque tipo di anticipazione non voluta, ma è bene sottolineare le prove degli attori proprio per quanto detto prima: sono i personaggi a rendere la serie (e il gioco a cui si ispira) qualcosa di diverso da altre storie ambientate in contesti post-apocalittici: se camminare tra le macerie di una città in cui la natura sta riconquistando i suoi spazi è qualcosa di già visto altrove, a rappresentare una differenza è il farlo insieme a personaggi il cui destino ci è caro, le cui motivazioni e pulsioni ci sono chiare e comprensibili. Gli autori di The Last of Us stuzzicano la nostra empatia immergendoci in un mondo che ci è ormai familiare, facendoci ritrovare personaggi a cui siamo legati, ma ampliando il contesto narrativo con delle interessanti digressioni, aggiungendo nuove dinamiche e mettendo alla prova le nostre sicurezze per riprendere e ribadire il ragionamento su cosa sia giusto o sbagliato, su chi sia buono e chi cattivo, in un mondo in cui l'umanità così come la conosciamo ha cessato di esistere.

Pedro Pascal in una scena della stagione 2
Un mondo che, dal punto di vista visivo, viene riprodotto in modo magistrale dagli elevati valori produttivi della serie, che appaiono anche superiori a quelli della prima stagione, con scenografie eccelse sia nella ricostruzione della comunità di Jackson, come si intuiva già da quel poco visto nel trailer, che per le altre location in cui si muove la storia. Un contesto narrativo mutuato dal gioco, spesso richiamato in modo fedele, che accoglie, minaccioso e spietato, lo spettatore, tra ambienti segnati dall'abbandono e dal tempo, infetti da fronteggiare e trucco.
Un adattamento difficile
Abbiamo detto da sempre quanto ci sembrasse difficile l'adattamento di The Last of Us 2, ancora più di quanto fatto nella prima stagione nel rendere il primo gioco. In parte proprio per quanto appena detto: essendo i personaggi il cuore della storia, essere in loro compagnia per le 9 ore del primo ciclo di episodi o le 7 del secondo cambia rispetto alle 20 e passa pad alla mano. Ma questo gap emotivo ci è sembrato più evidente per la prima stagione rispetto a questa seconda, che è riuscita a (ri)emozionarci guardando gli episodi tanto quanto era riuscito a fare il videogioco Naughty Dog. Questo al netto di qualche passaggio in cui ci siamo sentiti meno partecipi, in cui la nostra conoscenza della storia ci faceva scorgere le inevitabili scorciatoie narrative o ci proiettava già a quello che sarebbe arrivato rispetto a vivere il momento.

Kaitlyn Dever conferma di essere un'ottima Abby
Una sensazione che non sarà condivisa da chi invece si avvicina a questa storia per la prima volta, vedendo direttamente Pedro Pascal, Bella Ramsey, Kaitlyn Dever e tutti gli abili interpreti al posto delle loro controparti digitali. A tutti questi spettatori a digiuno del gioco invidiamo la purezza della prima volta, un'innocenza che sarà ancora una volta ferita dal mondo duro e spietato di The Last of Us.
Conclusioni
Prosegue sulla falsariga della prima stagione la storia di The Last of Us 2, cercando e trovando un equilibrio tra fedeltà al materiale di partenza e deviazioni capaci di espanderlo per proporre qualcosa di nuovo a chi è già a conoscenza della storia e dei personaggi. Se alcuni passaggi lasciano intravedere i compromessi dell'adattamento a chi già conosce, si conferma ottimo il cast nel rendere quello che è il vero cuore pulsante del mondo di The Last of Us: i personaggi. Accanto ai sempre bravi Pedro Pascal e Bella Ramsey, si ritagliano uno spazio importante le new entry, guidate ovviamente dalla Abby di Kaitlyn Dever.
👍🏻
Pedro Pascal e Bella Ramsey, capaci di trasmettere il rapporto complesso tra i rispettivi personaggi con piccoli gesti e sguardi.
Kaitlyn Dever, che conferma le nostre sensazioni positive avute sin dal casting nel ruolo di Abby.
L'equilibrio tra fedeltà e novità, tra compromessi ed espansioni del mondo di The Last of Us.
I valori produttivi generali, evidenti in particolari in un paio di sequenze da vero survival horror.
👎🏻
Chi conosce il materiale originale rischia di percepire alcuni passaggi come transitori senza viverli in prima persona giocando.
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