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Hélio Oiticica: a elevação da forma concreta
Escrito em 02/09/2023
Já faz alguns dias que a obra de Hélio Oiticica não me sai da cabeça, mesmo que já conhecia e admirava seu trabalho, nunca tinha parado pra pensar no que via, seus diferentes períodos me pareciam incoerentes. Mas ao revisitar sua arte minha visão mudou completamente: a experimentação com a forma em seus trabalhos nos anos 60 é, não só, um resultado lógico da ideia neoconcreta, mas a solução ideal no dilema modernista das funções da arte e da arquitetura.
O neoconcretismo, da onde surge as primeiras obras de Hélio (Metaesquemas), retomava no pós-guerra e inaugurava no Brasil a experimentação abstrata das vanguardas do início do século, tanto no Concretismo pioneiro de Van Doesburg, quanto no Suprematismo russo, ambos movimentos que, ao investigar as formas no espaço, propunham a ruptura com o plano da imagem de um jeito ou de outro, com seus avanços para a arquitetura e escultura. Esse movimento à tridimensionalidade teve um avanço significativo com os brasileiros (como por exemplo os Bichos da Lygia Clark), mas foi nas obras posteriores de Hélio Oiticica onde as ideias concretas atingiram sua mais alta complexidade, ao interferir no espaço real e envolver o espectador na sua forma. Para caracterizar o que digo, vou focar em duas séries que eu acho simbolizam essa transformação: os Penetráveis e os Parangolés.
Começando com os Penetráveis, as cores e formas presentes no seu trabalho em guache são transportadas para a escala humana, possibilitando literalmente a penetração do espectador nas ideias concretistas. Essas estruturas, ao encararem a proporção arquitetônica, questionam sua função e concluem a longa tentativa vanguardista de construção do espaço abstrato, resultando em construções puramente contemplativa. A obra Tropicália (1967) se apresenta como o ápice das ideias desenvolvidas na série: ao colocar suas caixas neoconcretas sobre a areia e o cascalho em forma de barracos, dialogam com a arquitetura das favelas, tocando sambas e convidando o espectador à experiência marginal.
Já os Parangolés dialogam ainda mais profundamente com a realidade, fazendo o espectador incorporar a obra de arte, vestindo e levando-a aos caminhos que deseja. Similar à Tropicália, os Parangolés são híbridos da cultura popular que o artista tinha entrado em contato desde que passou a frequentar a Mangueira com sua formação vanguardista, e ao mostrar as contradições desses dois mundos, como no episódio onde é barrado de entrar no MAM com a escola de samba na abertura da Opinião 65, propõe uma antropofagia artística com protagonismo finalmente popular.
Até o momento, o caminho de Hélio Oiticica me parece o ideal nas duas questões: o balanço da arte/arquitetura e no desenvolvimento de um intelectualismo nacional-popular, sem medo de ser expulso das instituições e servir unicamente ao povo.
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FONDAZIONE ANGELO BOZZOLA
Secondo il grande poeta francese Paul Valery la massima libertà deriva solo dal massimo rigore. Questa riflessione mi è tornata alla mente visitando la magnifica Fondazione Angelo Bozzola di Galliate, ad una manciata di chilometri da Novara, aperta per le giornate di primavera del FAI e curata da quello spirito indomito che è Giorgia Bozzola che con il fratello, non solo ha conservato il patrimonio artistico del nonno, ma lo ha reso visitabile e ne sta facendo un centro di attrazione per molte iniziative. Ma chi era Angelo Bozzola? Potremmo dire che è stato un grande poeta della forma, un artista alla ricerca dell’unicità nella ripetizione. Bozzola la cui attività ha inizio negli anni Cinquanta come artigiano del legno, si persuade dell’idea non già di trovare la forma perfetta in pittura, nel disegno e nella scultura, ma di coniugare una forma dalla irregolare lirica geometrica, come il “trapezio ovoidale” e di poterla poi variare in una combinatoria pressoché infinita, senza mutarne il presupposto geometrico. Cos’è il trapezio ovoidale? È, naturalmente, un trapezio scaleno irregolare inscritto in una sorta di ogiva, anch’essa irregolare. Questa forma, disegnata, fotografata, sbalzata, fusa, scolpita diverrà non già o non solo una cifra stilistica, ma un limite dato. Questo limite, grazie alle sue infinite variazioni, secondo Angelo Bozzola, avrebbe potuto diventare, grazie alla continua sperimentazione e ad abbinamenti seriali mutanti, bellezza “in purezza”. E così è stato, solo che Angelo Bozzola non ci ha donato il frutto finale e definitivo di questa ricerca, ma ci ha dimostrato che la bellezza (o la verità) è, un po’ hegelianamente, il movimento della bellezza (o della verità) stessa. Nell’edificio principale, su diversi piani, sono conservate le piccole sculture, i bassorilievi, i dipinti, i bozzetti, mentre all’esterno le sculture di grandi dimensioni. Angelo Bozzola fu esponente del MAC, il Movimento Arte Concreta fondato a Milano nel 1948 da Atanasio Soldati, Bruno Munari, Gianni Monnet, Gillo Dorfles e che annoverò tra le proprie fila, tra gli altri, anche architetti e designer come Ettore Sottsass, Vittoriano Viganò, Carlo Perogalli, Marco Zanuso. Influenzò i giovani artisti di allora come Carla Accardi, Piero Dorazio e tanti altri. Una magnifica opera di Angelo Bozzola è ancora esposta al Palazzo della Triennale di Milano, fucina di idee e progetti e sempre uno dei cuori pulsanti dell’architettura e del design milanese ed italiano. Ci potremmo anche fermare qui, ma mi piace sottolineare come l’Italia sia davvero il paese delle “isole del tesoro” per riprendere il titolo di un famoso volume di Allemandi scritto da Umberto Eco, Renzo Piano, Augusto Graziani e Federico Zeri. Questo piccolo gioiello che è la Fondazione Angelo Bozzola è stata ampliato e abbellito con un magnifico giardino che ospita le grandi sculture in pietra e impreziosito, spiritualmente e architettonicamente, da una microscopica cappella voluta dagli indomiti nipoti dell’artista, dove si può ammirare uno dei più bei Crocifissi dell’arte contemporanea (e non è cosa semplice trovarne di raffinati). La bellezza è spesso, molto spesso, a portata di mano, basta cercarla e volerne la sua verità.
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Luigi Veronesi
saggio critico di Luciano Caramel
Fotografie di Giovanni Ricci
Nuove Ed.Gabriele Mazzotta, Milano 1992, 94 pagine, 22 x 24 cm, ISBN 9788820210298
euro 35,00
email if you want to buy :[email protected]
copia firmata con dedica da Luigi Veronesi 1992
mostra galleria ARTE 92, Milano 26 marzo - 30 maggio 1992
Luigi Veronesi nasce a Milano nel 1908.Si iscrive all'istituto tecnico, segue un corso per disegnatore tessile e studia pittura sotto la guida del professor Violante. Mentre approfondisce le sue cognizioni matematiche e fisiche che saranno fondamentali per comprendere l'insieme della sua opera, si avvicina agli artisti che gravitano attorno alla galleria milanese Il Milione dove, appena diciassettenne, espone per la prima volta opere influenzate da Sironi e Modigliani. Si avvicina, anche grazie all'amicizia con Léger conosciuto a Parigi, all'arte non figurativa aderendo nel 1934 al gruppo "Abstraction-Création" e contemporaneamente lavora con la rivista "Campo Grafico". Evidenzia subito interessi molteplici: i lavori grafici lo porteranno a collaborare con le riviste "Casabella" e "Ferrania", la pittura astratta lo avvicina alla musica (alle sue "Quattordici variazioni di un tema pittorico" del 1939 si ispira Riccardo Malipiero con le "Quattordici variazioni di un tema musicale") mentre la fotografia comincia a emergere con tutta la sua forza espressiva. Molte sono le ricerche realizzate tra gli anni Trenta e Quaranta sia in bianco e nero che a colori sperimentando ogni genere di tecnica con una particolare attenzione ai fotogrammi. Nel 1947 entra a far parte del gruppo fotografico "La Bussola" e ne firma il manifesto programmatico, l'anno dopo del MAC ("Movimento Arte Concreta"). Negli anni Cinquanta e Sessanta riceve i primi importanti riconoscimenti (premi per le più diverse attività, partecipazioni a Biennali come quelle di Venezia e San Paolo, mostre personali in Italia e all'estero) e inizia la sua attività didattica all'Accademia di Belle Arti di Brera e poi alla Nuova Accademia di Milano. Negli anni Ottanta e Novanta al rinnovato interesse per la fotografia si accostano interventi di arti applicate con affreschi, progetti di piazze, interventi grafici in esterni. Luigi Veronesi muore a Milano il 25 febbraio 1998.
07/03/23
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Carol Rama
https://www.unadonnalgiorno.it/carol-rama/
La rabbia è la mia condizione di vita da sempre. Sono l’ira e la violenza a spingermi a dipingere.
Carol Rama, artista visionaria, tormentata e trasgressiva, che ha conquistato il plauso della critica mondiale grazie al suo inedito punto di vista. Una donna che ha cambiato il modo di fare arte.
Le sue opere sono protagoniste nelle mostre di arte contemporanea in molti paesi del mondo.
Nata a Torino il 17 aprile 1918 col nome di Olga Carolina Rama, ha avuto un’infanzia difficile dovuta alla prematura e tragica scomparsa del padre e della conseguente malattia psichiatrica che aveva colpito sua madre.Si è avvicinata all’arte da autodidatta, negli anni Trenta, rievocando il suo tormentato vissuto in acquerelli che raffigurano donne nude, amputate, in sedia a rotelle, cariche di un erotismo spinto e perverso. Soggetti accompagnati da animali, protesi e parti anatomiche del corpo come falli, piedi e lingue, rappresentazioni scabrose e inaccettabili per i suoi tempi. La sua prima personale del 1945, infatti, venne bloccata e le opere sequestrate.
Si è poi rivolta all’astrattismo e ha fatto parte del MAC – Movimento Arte Concreta. Ha partecipato alla Biennale di Venezia del 1948 e del 1950.
Le sue opere più conosciute, che l’amico Edoardo Sanguineti aveva definito Bricolage sono progetti polimaterici in cui macchie informali si combinano a denti, unghie e occhi di vetro. Utilizzando camere d’aria di bicicletta ha realizzato tele in apparenza astratte in cui compaiono riferimenti all’anatomia umana e alla sessualità (pelle, carne, budella, falli).
La sua sensibilità provocatoria ha vantato estimatori come Italo Calvino, Andy Warhol, Orson Welles e Man Ray.
Un’importante evoluzione della sua carriera è avvenuta grazie all’incontro con la critica e curatrice Lea Vergine, nel 1980, che l’ha invitata a esporre i suoi lavori nella mostra itinerante sulle più grandi artiste del Novecento, intitolata L’altra metà dell’avanguardia.
Nel 1985, sempre con la cura di Lea Vergine, ha allestito la sua prima antologica nel sagrato del Duomo di Milano.
Oltre a figure e personaggi ispirati alla sua storia personale, che raccontano anche di desideri e fantasie inespresse, tra gli anni Ottanta e Novanta il suo immaginario si è popolato di nuovi soggetti, come la Mucca Pazza, dipinti o disegnati sopra mappe catastali e disegni tecnici prescritti.
Nel 1993 ha avuto una sala personale alla Biennale di Venezia.
La sua prima personale negli Stati Uniti è stata a New York, nel 1997. Ha poi esposto nel Regno Unito, Germania, Austria, Australia, Paesi Bassi e in numerosi luoghi cardine dell’arte contemporanea del nostro paese e non solo.
Nel 2003 la Biennale di Venezia le ha conferito il Leone d’oro alla carriera.
Il 14 gennaio 2010 ha ricevuto il Premio del Presidente della Repubblica da Giorgio Napolitano, su segnalazione degli Accademici Nazionali di San Luca.
Ha lasciato la terra il 24 settembre 2015 a Torino. La sua casa studio è diventata un museo.
Carol Rama ha imposto nuovi punti di vista alla contemporaneità. Attratta da ciò che normalmente disgusta l’opinione pubblica, il suo stile trasgressivo è stato conseguenza delle sue esperienze profonde e traumatiche che ne hanno segnato l’estetica e la poetica.
Nelle sue opere ha ricercato l’inusuale e giocato con materiali poco convenzionali dando loro nuova forma e significato. Ha usato l’assemblage in maniera nuova e con esiti mai visti, in un periodo storico in cui provocazione faceva rima con volgarità e in un contesto sociale in cui una donna non poteva permettersi di essere poco elegante.
È stata trasgressiva, libera e dissacrante, ho osato come nessuna prima, cambiando inesorabilmente il corso dell’arte contemporanea.
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Atanasio Soldati was born in Parma, Italy, in 1896.
In 1920 he obtained a degree in architecture in his hometown, then moved to Milan in 1925.In 1948 he created the Movimento Arte Concreta, together with Bruno Munari, Gillo Dorfles, Augusto Garau and Gianni Monnet; the event that celebrated the official birth of the movement was the exhibition at the Salto bookshop in Milan in December of that year.
Following a serious illness, he died in his hometown in 1953.
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não é surpresa contar com a presença de DANIEL NAM no instituto de rosis esse ano! todos sabem que ele é um VENEFICU da ordem dos TELEKIS, vindo de FIJI, porque aqui as fofocas correm rápido. ouvi dizer que apesar de seus VINTE E NOVE anos, ele pode ser bastante EGOÍSTA quando está de mau humor, mas sua SERENIDADE compensa. além disso, se parece muito com uma celebridade do antigo mundo chamada SONG KANG. você não acha?
RESUMO + HEADCANONS
suas habilidades se manifestaram aos oito anos. nascido e, até então, criado em fiji, sede do coven qual se mostrou pertencer, não houve frustração ou angustia. seus pais, também telekis, sabiam como educar e instrui-lo. sua mãe, na época instrutora conseguiu mais tarde ingressar a equipe de guardas do instituto de rosis, sendo assim, é possível dizer que comparado à maioria, daniel teve a presença de sua mãe. há quase três anos, contudo, a mulher voltou para fiji como instrutora. nessa mesma época, ela perdeu o marido - daniel viu o pai morrer para proteger dois humanos em uma batalha contra monstros, no méxico. havia sido a primeira experiência real de dan, mas não foi a última.
graças ao tio por parte de mãe, veneficu parte do império sueco, teve seu nome chamado para a equipe que faria uma missão para a nação. poucas informações concretas lhe fora dado, ou melhor, o real objetivo não lhe foi informado, afinal, não iriam arriscar compartilhar com estudantes o fato de estarem roubando arte. na segunda vez que participou da equipe, contudo, danial passou a desconfiar - pegou um dos humanos da corte deslizando uma piadinha suspeita. hoje, levado à intriga, tem os herdeiros da suécia como um de seus principais alvos de cortejo.
pode-se dizer que há anos não tem férias, considerando que as usa para tarefas e missões lhes proposta por nobres. daniel até agora não recusou nenhuma, e embora tenha viva a cena de seu pai na batalha do méxico, é nesse cenário que mais se ver atuando: lutando e matando monstros. procura manter-se unido e próximo de todos os outros feiticeiros que enxergam da mesma forma, ajudando os mesmo com treinos e afins se necessário.
confrontando o daniel da prática, tem grande interesse por literatura e artes. no caso do primeiro, negaria por segurança, mas procura por livros que seriam apontado como heresia. o motivo? curiosidade e, mais uma vez, intriga. aparentemente, dan é bastante movido quando está intrigado.
é muito bem educado; sorrisos reconfortantes é possível encontrar em sua feição. . . até mesmo quando com alguém que não gosta ou ao ouvir merda. não é falsidade, mas um constante policiamento interno para que não saia da linha; para que se mantenha em seu lugar e postura. infelizmente, é péssimo em mentir, tendo muitas vezes, nesses casos, o sorriso trocado por uma carranca ou olhos fechados.
PODERES
domina a telecinese que cabe ao movimento, levitação e pressão de objetos e de outras pessoas, não conseguindo fazer o mesmo para consigo. no último ano, além de desenvolver o campo de força para além da área em que está inserido e aumentá-lo para - se sozinho - abranger o tamanho de até um carro, passou a polir a habilidade de replicação e propagação de energia cinética para até dois metros de distância. tal capacidade funciona como uma extensão de ondas - por exemplo: ao socar o que poderia ser o ar, é capaz de estender essas ondas e fazê-la alcançar mais além - e muitas vezes poupa seu físico no sentido de, por exemplo, os ossos da mão não sofrer o impacto que normalmente sofre com socos. hoje, tenta conseguir manejar tal habilidade em outras pessoas, ou seja, conseguir replicar e propagar energia cinética produzida por outras pessoas e objetos que não segura/lança.
SOBRE
vozes, o que o sonda. nascido em um dos berços de coven, mau tratos foram míseros. até os oito anos de idade, tinha a leitura como sua melhor amiga para além de outros como ele. daniel passou tempo suficiente em um mundo onde histórias, e somente histórias, dançavam por sua mente. havia se tornado o garoto que acreditava em heróis, em mocinhos, em destino e quase, quase, afogou-se na síndrome de herói. de certo, dentro daquele mundinho cuja ciência da realidade de todo venéficu é muito bem conhecida, não surpreenderia um pai ou mãe saber que tentaram proteger seu filho do futuro limitado e. . . injusto; escravo, quase. daniel ouvia a voz daqueles que amava; ouvia a voz daqueles que venciam a jornada de herói, em livros. ouvia vozes e, mesmo quando passou a descobrir a realidade dura, escolheu continuar a ouvi-las. hoje algumas delas não são tão benéficas ou acalentadoras assim.
mãe, por quem luta. a doçura cuja memória insiste em pintar as lembranças envolvendo o olhar da mulher será eterna. sua mãe era para si a imagem do equilíbrio perfeito de gentileza e exército de mil pessoas. teve sorte. pode ter sua mãe até para além do ano em que sua habilidade custou algumas porcelanas ou janelas, pois não tardou mais que dois anos para sua mãe juntar-se aos guardas da academia, na ilha. teve um pouco de azar, também, pois a presença de sua mãe fazia os treinos serem quinhentas vezes mais puxado. daniel enxergava nos olhos doces uma enorme rocha e um punhal que tentavam esconder o medo do futuro miserável reservado para o próprio filho. tal olhar pouco vê hoje em dia, considerando que voltou a ser treinadora em fiji, mas continuam vivos em toda carta trocada ou chamada atendida.
pai, quem jamais irá esquecer. contrariava a figura tradicional de pai e mãe quando era seu pai quem cuidava de seus machucados e divagava sobre amor e amar. romântico até o último segundo de vida, as últimas palavras foram aquelas três direcionadas para o filho - e para a esposa, um último recado. daniel viu o pai morrer em uma das batalhas do méxico, quando teve sua primeira experiência. haviam dançado, pai e filho; haviam sido implacáveis. . . até seu pai sair como um daqueles garotos das historinhas da sua infância. ele não podia ter feito isso; ele não podia ter escolhido a própria vida em troca de uma humana já meio acabada, mas assim o fez pois deveria. um soldado, tanto quanto a mulher que jurou amar por toda a vida e como esperava que o filho fosse.
dever, o que lhe rouba a paz de espírito. como poderia ele mudar sua realidade? acreditar na própria irrelevância o faz escolher fechar os olhos e cobri-los com os textos dos livros sobre mocinhos. era mais fácil levar a vida com menos rancor e frustração se acreditar que há nobreza em seu papel. um soldado poderia ter uma história forte; poderia estar em um daqueles livros. mas assistir um soldado morrer da forma que viu seu pai fazer, por mais bonito que fosse soar na televisão de um mundo antigo, não lhe tinha o gosto doce, pois lembrava-o constantemente do valor de sua vida - e do que lhe espera. aceitou, então, que para si há a máscara de um soldado e que matar monstros, entre outros trabalhos de falso herói, foi para o que nasceu. prazer faria disso.
futuro, aquilo que soa como um enfeite tão bonito quanto a palavra em si - e somente só. o que poderia dizer? até mesmo entre os miseráveis há privilégio e sorte. a de daniel, em um geral, havia sido os contatos. foi por seu pai que conseguiu sua primeira ação em campo, em uma de suas férias. sua segunda vez foi resultado da performance bem feito na primeira vez ganhada. foi por sua mãe que atraiu alguns dos olhares ainda dentro da academia, e ainda era por ela que sabia ainda tê-los. foi por seu tio, irmão de sua mãe, que conseguiu o primeiro trabalho como telekis que não envolvesse arrancar membros de uma criatura inumana - foi por seu tio que seu nome caiu na lista daqueles que seriam ladrões sem saber, e roubariam para a própria suécia. e fez muito bem, como um bom soldado. infelizmente, contudo, como um ainda tem muito o que melhorar. afinal, soldado assente, aceita e faz - daniel ainda pensa e reflete demais, especialmente sobre o futuro.
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O Brasil foi tomado de assalto com a chegada do técnico MARÇAL na eleição para prefeito de São Paulo, a maior cidade do país. Sem nenhum apoio político, ele capturou a atenção de todos com polêmicas e virou ele mesmo o assunto principal da eleição.
Pablo Marçal, condenado por roubo, virou um empresário de sucesso e depois um técnico milionário, misturando discursos motivacionais e o evangelho da prosperidade protestante. Ele conseguiu fazer nome na internet graças a declarações muito agressivas e polêmicas.
Marçal demonstra grande inteligência em ser demagogo e explorar questões sociais, quase sem propostas concretas para a cidade, só fala o que a direita ideológica quer ouvir.
Ao atacar violentamente a esquerda, ele se apresenta como o único candidato conservador a prefeito.
Marçal será eleito e enfrenta uma ameaça real à liderança fracassada de Bolsonaro na direita. Ambos são populistas, mas Marçal domina a arte da manipulação na comunicação, é mais carismático e, na oposição a Bolsonaro, é um campeão.
Concluindo, esta eleição para prefeito de São Paulo pode ser o fim do reinado de Bolsonaro e a consolidação do movimento populista de direita com um representante muito melhor do que o messiânico técnico (e vigarista) Marçal.
Para a democracia, a ascensão de Marçal é boa. Seus métodos são tão horríveis quanto eficazes, mas se ele falhar, e ele irá falhar, pode significar o fim do vírus populista que infectou a direita e pode levar ao nascimento de uma nova direita, madura e democrática.
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O ódio é uma coisa cansativa, não acha? Eu me pergunto que respeito próprio têm aqueles que são incapazes de respeitar a singularidade dos outros. Quem não entende, quem não respeita, quem não escuta a singularidade dos outros são pessoas azaradas porque não se permitem a liberdade de se inspirarem nos pensamentos dos outros. É uma prisão que eu não desejaria a ninguém!
Fascinado pela pintura de Vermeer, Garota com Brinco de Pérola. O que ela está pensando? Às vezes ela parece querer seduzir, às vezes parece triste. Às vezes acreditamos que ela tem treze anos e outras trinta.
Fascinado pela pintura de Pietro Antonio Rotari Garota com Livro. O que ela está pensando? Às vezes ela parece querer seduzir, às vezes parece sarcástica. Às vezes acreditamos que ela tem treze anos e outras trinta.
Mas interpretamos aquilo que estamos vivenciando e a obra de arte recebe interpretações, refletem nosso estado da alma, cada um é único, singular, cabe a todos respeitar a inspiração e expiração do outro, mesmo porque não vivemos sem respirar ou amar.
Um simples olhar pode transformar toda uma humanidade!
Singularidade.
Tempo de Leitura: 03 minutos
Tempo do Vídeo: 2 minutos e 22 segundos.
Por: Fred Borges
A fragmentação das imagens nos sonhos é o resultado de um processo de desejo repreendido e reeditado numa forma pouco confusa – se comparada à realidade concreta – mas aceitável a quem sonha (ou quem deseja) – e possível em um ambiente onírico. São os conteúdos ou pensamentos latentes.
A repreensão do pensamento (ou desejo) pode ser entendida como aquilo que não fazemos – seja pela cultura em que estamos inseridos ou por valores nossos ou mesmo medos sociais – mas faríamos se nada nos contivesse. Aí, no sonho, o desejo se descarrega, se alivia, se concretiza. De modo ameno. E a vida segue ou seguia.
Mas se existe essa repreensão é que existe o repressor e o repressor pode se dar por alteridade ou por livre arbítrio ou escolha e decisão de se reprimir ou simplesmente admitir a recusa ou distanciamento do sentir ou do pensar.
A singularidade requer coragem.Coragem de olhar olho no olho, espelho do outro ou de si próprio, de expressar o que tem que ser expresso.
Ambos os quadros refletem a alteridade dos artistas em olhar a sociedade que os reprimiu ou intimidou,possível também teria sido tê-los punido.Por essa razão o olhar é uma incógnita, é um código que a cada um cabe sua decodificação ou significação, desconstruído como um enigma, como um segredo guardado a sete chaves.
Não é uma paisagem expressada na tela, não é uma miragem, nem fantasia, é uma sintomatologia de doenças latentes, patentes ou potenciais gatilhos prontos para disparar.É a ponta de um novelo de lã a ser procurada, a ponta de um fio de um novelo de seda, onde desejo, somente o desejo, pode encontrar e se saciar ou saciar a curiosidade lançada por ambos os olhares.
O olhar revela a singularidade de traumas ou situações traumáticas, a psicanálise é constituída pelas revelações da semiótica nos ou dos sonhos.A reação do cérebro às cenas dos sonhos é a mesma de quando vemos imagens acordados. A sigla R.E.M., que utilizamos para uma das fases do sono, significa “rapid eye movement”, ou “movimento rápido dos olhos”, em tradução livre.
Vinte e quatro horas por dia é o Estado permanente ou contínuo de nossa singularidade, mas algo muito prejudicial tem acontecido, algo que tem nos levado a extremos, estamos pouco a pouco perdendo a capacidade,habilidade e competência da arte de observar ou percorrer o horizonte, de contemplar, de experimentar,admirar,de se espantar, e muito disso decorre da tela significante ou limitante do celular, da quantidade em detrimento da qualidade de dados, informações e a nossa capacidade e competência básica em se emocionar,amar, seduzir,conversar ou dialogar,de se apaixonar,entusiasmar, e assim, não é por um simples acaso que a depressão é a doença crescente,gado semovente manipulado do final do século XX e XXI.
O ódio é uma coisa cansativa, não acha?
Eu me pergunto que respeito próprio têm aqueles que são incapazes de respeitar a singularidade dos outros.
Quem não entende, quem não respeita, quem não escuta a singularidade dos outros são pessoas mal afortunadas porque não se permitem a liberdade de se inspirarem nos seus pensamentos e no dos outros.
É uma prisão que eu não desejaria a ninguém, pois se aprisionando ou aprisionando o outro e jogando as chaves da originalidade, autenticidade ou da singularidade fora ou num lugar somente revelado nos sonhos mais secretos dentro de si ou dentro do outro, ficam sem horizonte, logo em terra desertificada ou salinizada pelo ódio,pela mediocridade, mesquinhez, egoísmo, dos olhares, percepções, perspectivas, tratativas, das relações baseadas no ódio, logo naquilo que mais torna rico ao homem, sua essência,sua capacidade ou competência de se relacionar, de construir um relacionamento tolerante,de respeito,de amor e aceitação da singularidade do outro em mim e de mim no outro.
O simples exercício da singularidade pode transformar toda uma humanidade!
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Sottsass Glass Works
editor Marino Barovier, Bruno Bischofberger, Milco Carboni
Vitrum, Dublin 1998, 155 pages, 29x29cm, ISBN 1 902 535065
euro 58,00
email if you want to buy [email protected]
Catalogo pubblicato in occasione dell salone "Vitrum" presso Fieramilano, Rho (MI), 1998
Contents: Glass; by Ettore Sottsass - Glass for the 8th Triennale of Milan, 1947 - Glass for Vistosi, 1974 - Glass for Memphis (first series), 1982-83 - Glass for Memphis (second series), 1986 - "15 Lamps for Yamagiwa" Series, 1990 - "Rovine" Series, 1992 - Glass for Bischofberger Gallery, 1994 - "Big and Small Works" Series, 1995 - "27 legni per un fiore artificiale cinese" Series, 1995 Glass for Venini - "Esercizi e Capricci" Series, 1998 - Biographical notes - Museums and Galleries - List of Glass Works - List of Drawings for Glass - Bibliography.
Ettore Sottsass si laurea in architettura al Politecnico di Torino nel 1939, quindi inizia la sua attività a Milano nel 1947 dove apre uno studio di design, collaborando con Giuseppe Pagano. Nel 1949 sposa Fernanda Pivano. Fa in un primo tempo parte del Movimento Arte Concreta per aderire poi allo Spazialismo. Dal 1958 inizia la sua collaborazione, che durerà per oltre trent'anni, con la Olivetti in qualità di computer design. L'anno successivo vince il Compasso d'oro, primo di una serie di importanti riconoscimenti internazionali. Nel 1980 apre lo studio "Sottsass e associati" e nel 1981 fonda il gruppo Memphis insieme ad architetti di prestigio di tutto il mondo. Vari sono i campi artistici in cui si sperimenta, in particolare nelle arti visive. Nel 1988 esce Terrazzo, rivista da lui ideata e realizzata, e che uscirà fino al 1996. Grandi mostre internazionali e grande fama: Sottsass è stato uno dei più grandi nomi del design e uno dei maggiori architetti del secolo scorso. Morì il 31 dicembre 2007
30/06/24
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A quarta Conferência Nacional de Cultura (4ª CNC), encerrada nessa sexta-feira (8), voltou a dar destaque à participação social nas políticas públicas sobre cultura, após mais de dez anos desde a última conferência nacional, em dezembro de 2013. O resultado foi a aprovação de 30 propostas prioritárias que irão compor o documento final do encontro para dar rumo ao setor no Brasil na próxima década. O Plano Nacional de Cultura será escrito com base nas decisões da conferência e com mais debates com os conselhos de cultura nos estados e municípios. De acordo com o Ministério da Cultura (MinC), responsável pela realização da conferência, quase cinco mil pessoas estiveram no Centro de Convenções Ulysses Guimarães, em Brasília, para o evento. Brasília (DF) - A ministra da Cultura, Margareth Menezes, durante entrevista coletiva sobre a 4ª Conferência Nacional de Cultura Foto: Marcelo Camargo/Agência Brasil Após cinco dias de intensas atividades, como análises, consultas, escutas, sugestões, debates e embates e, por fim, as votações e as aprovações do que teve consenso da maioria dos votantes, as experiências vividas em Brasília, de forma geral, foram bem avaliadas pelos participantes: delegados eleitos de todas as regiões do país, representantes de governos municipais, estaduais e federal e convidados da classe artística e de variados segmentos da sociedade civil. Na abertura da plenária final, ainda na quinta-feira (7) à noite, a ministra da Cultura, Margareth Menezes, realçou o compromisso da atual gestão federal com a democracia, após dez anos de ausência de um debate nacional mais amplo e participativo. “Foi uma resistência da democracia e nós resistimos, nós merecemos essa Conferência, o setor cultural, a sociedade.” Em entrevista à Agência Brasil, a presidente da Fundação Nacional de Artes (Funarte), do MinC, Maria Marighella, defendeu o espaço democrático da 4ª CNC, que evidenciou o protagonismo dos fazedores de cultura em suas próprias histórias. “Agente fez uma vitória, primeiro a imensa vitória de reconstituir, de restituir a participação no país, numa conferência histórica maior da história do país. E o setor cultural realmente merecia e precisava do compromisso da democracia com a participação. Depois que não existe política pública sem participação e política pública se conjuga no plural e os fazedores de cultura são parte fundamental da política pública,” disse. O presidente do Instituto do Patrimônio Histórico e Artístico Nacional (Iphan), do Minc, Leandro Grass, comemorou o momento. “É um passo muito importante para consolidar a cultura como política de Estado e não só como política de governo; para fortalecer o Ministério da Cultura, as secretarias [de Cultura] e política cultural.” Grass realçou que a conferência foi histórica para o Brasil. “É um divisor de águas na história do Ministério da Cultura e que renderá frutos no curto, no médio e no longo prazo. Nosso papel é traduzir tudo isso em ações concretas, em orçamento para atender todas as necessidades que o movimento cultural.” Brasília (DF) 07/03/2024 – Presidente da Fundação Cultural Palmares, João Jorge Rodrigues dos Santos durante 4ª CNC Foto: José Cruz/Agência Brasil Outro órgão do MinC, a Fundação Cultural Palmares, foi representada pelo presidente, João Jorge Rodrigues. Ele, que também é fundador do grupo afro-percussivo Olodum, na Bahia, falou que a conferência fortalece a instituição que vem sendo reconstruída há pouco mais de um ano, no governo do presidente Luiz Inácio Lula da Silva. “A Palmares tem a missão de apoiar as ações de 102 milhões de brasileiros, os afro-brasileiros pretos e pardos, além de apoiar aqueles que não são pardos,” afirmou. “A cultura é um vestido ou um paletó com a gravata que um país veste. Se não está bem-vestido, não se apresenta bem. A cultura é isso: é o que nós somos, é o que nós seremos, é o que nós somos”, define o presidente da Fundação Cultural Palmares, João Jorge Rodrigues. O secretário Executivo do MinC, Márcio Tavares, fez um balanço positivo da conferência.
“Foram cinco dias de intenso debate. A plenária final, que é composta pela sociedade civil, pelos delegados que foram eleitos no processo das conferências estaduais e municipais, se expressa, dá sua opinião livremente e, com isso, conseguimos ter um conjunto de propostas que está muito alinhado com aquilo que o governo defende e que vai contribuir muito com as nossas diretrizes de trabalho, de reconstrução do Plano Nacional de Cultura”, afirmou. Sociedade Civil À Agência Brasil, o ator Francisco Díaz Rocha, conhecido como Chico Díaz, presente à 4ª CNC, considerou fundamental a retomada da construção da integração cultural promovida durante o encontro. E ainda defendeu os direitos dos trabalhadores da cultura. “Há que se reconhecer o terreno onde se vive as agruras do fazer cultural. Mas, há que se reconhecer o terreno que se vive primeiro. E o vasto espectro que a cultura brasileira oferece, da Amazônia a Porto Alegre, do Atlântico ao Peru, à Bolívia. Há que se reconhecer a potência criativa, a potência de como fazer sobreviver esses trabalhadores da cultura. Então, há que se diagnosticar primeiro para poder construir”, declarou o ator de TV, cinema e teatro. O ator Chico Diaz na 4ª Conferência Nacional de Cultura, por José Cruz/Agência Brasil A delegada da 4ª CNC de Pedreiras, no Maranhão, Francinete Braga, comemorou os avanços do grande encontro desta semana e fez um balanço, a partir do ponto de vista de quem contribui para escolha do que deve ser priorizado na cultura do Brasil. “Quase todas as propostas de diversos eixos que debatemos contemplam a questão da mulher negra, da mulher de terreiro. Ressalto a questão dos povos indígenas, dos ciganos, que é um povo que está um pouco visibilizado. Logo, esses segmentos, essas culturas, produtores culturais, esses fazedores de cultura, terão recursos para melhorar aquele fazer que eles já sabem tão bem”, projeta Francinete Braga. Outra delegada e representante dos povos indígenas no Conselho Nacional de Política Cultural Daiara Hori Figueroa Sampaio, do povo indígena Tukano, do Alto Rio Negro na Amazônia brasileira, informou que 60 delegados eleitos nas conferências estaduais, além de convidados que participaram dos conselhos anteriores, representantes de pontos de culturas e museus indígenas e articuladores de cultura indígena de todo o Brasil, reforçaram o diálogo sobre o setor das culturas indígenas. Brasília (DF) 07/03/2024 – 4ª Conferência Nacional de Cultura Foto: José Cruz/Agência Brasil - José Cruz/Agência Brasil Para Daiara Tukano, marcar a presença indígena em todos os eixos da conferência surtiu efeito. “Conseguimos aprovar diversos projetos que incluem os povos indígenas, com destaque ao projeto de criar um plano nacional para as culturas indígenas, levando em consideração a transversalidade de nosso setor. Afinal, estamos em todas as linguagens. Somos indígenas artistas, músicos do circo, temos patrimônio material, de patrimônio material”, disse. A professora Neide Rafael, do Distrito Federal, foi à conferência como convidada e entende que não existe cultura sem educação e vice-versa. Para ela, os desafios na afro educação ainda persistem no Brasil. “Salve toda a possibilidade de continuação de vida para a nossa juventude negra, onde o Hip-hop não será espaço de demérito, mas espaço de cultura viva e que a periferia esteja presente em todas as manifestações culturais no âmbito de respeito da cultura brasileira,” afirmou. Dentro do Hip-hop, destacado pela educadora, um dos 80 representantes do segmento nesta conferência foi Cristiano Martins de Souza, de Goiânia (GO). Nome de batismo que quase ninguém conhece. Em grupos de rappers, Cristiano é o Mc Baiano. Ele participou de todas as quatro conferências nacionais de cultura e se admira com o crescimento da categoria no evento. “Esta foi uma das melhores conferências de cultura que já participei. O Hip Hop vem aqui como movimento de inclusão social. Nós conquistamos aprovar a cadeira do Hip Hop nos municípios e nos estados. Esse era um dos nossos objetivos”, ressaltou.
A produtora da área de audiovisual e mestra de cultura negra, Ângela Maria do Vale, de São Paulo, destacou o respeito aos elementos orais da cultura, preservados pelas pessoas idosas em vários fóruns de debates da conferência. Apesar dos diferentes pontos de vista em várias questões, Ângela disse que houve sensibilidade coletiva com os guardiões da memória da cultura brasileira. “Hoje, eu vejo resgatado nessas discussões que foram feitas aqui, a questão das matrizes africanas. Houve respeito pela forma como foram colocados os saberes orais dos mestres de cultura tradicionais,” disse. A opinião sobre a valorização dos mestres da cultura foi compartilhada com Rita Santos, de Salvador (BA), que exerce o cargo de ekedi na religião Candomblé, que auxilia pai ou mãe de santo e trabalha como uma espécie de zeladora dos orixás, divindades da mitologia africana. “Nós conseguimos fazer a lei de mestres e mestras de culturas. Essa garantia é importante para todos eles. Nós temos muitos mestres que morrem à míngua em lugares distantes. Então, é uma vitória, na preservação dos valores e tradições da nossa cultura”, destacou. No encerramento da 4ª CNC, os participantes ainda tiveram a oportunidade de assistir ao show da cantora baiana Daniela Mercury, na noite dessa sexta-feira (8), no estacionamento do Centro de Convenções Ulysses Guimarães, gratuitamente. Com informações da Agência Brasil
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Com direção de Clara Carvalho, espetáculo é uma construção coreográfica e teatral inspirada no livro Das Tripas Coração, da autora pernambucana Ezter Liu Esta história lhe cortou por dentro ruidosamente. Tentou um final feliz. Mas pela janela não via paisagem. Via as manchas do vidro... Ela (a mulher que escreve) no lugar do coração usará tripas. (Ezter Liu. Das tripas coração) A Cia Mariana Muniz de Dança e Teatro investiga o universo dos contos da pernambucana Ezter Liu em Das Tripas: Sete Histórias, inspirado no livro Das Tripas Coração, que rendeu à escritora o V Prêmio Pernambuco de Literatura, em 2018. O espetáculo estreia em curta temporada na Oficina Cultural Oswald de Andrade, entre 21 e 26 de fevereiro. Com direção de Clara Carvalho e interpretação de Mariana Muniz, o espetáculo é uma construção coreográfica e teatral, na qual os movimentos e palavras dão voz e corpo ao universo poético e profundamente feminino retratado pela escrita de Liu. Em 2019, Mariana Muniz, que também é pernambucana, fez uma abertura de processo de criação em dança-teatro que envolveu a adaptação de alguns dos contos do livro, dirigida por Carvalho. A apresentação foi realizada via zoom e veiculada pelo Grupo Tapa em seu Festival de Inverno de 2021, com o título “Sete Histórias”. Agora, o que a Cia Mariana Muniz de Dança e Teatro propõe é o aprofundamento das descobertas cênicas desde essa abertura. Os contos escolhidos do livro têm em comum a temática feminina e se expandem em narrativas cênicas. Suas histórias, cheias de peripécias inusitadas e concretas, nos convidam a mergulhar no universo poético da dança-teatro. Segundo a autora, desses contos “vieram da imaginação mesmo, já outros são mais empíricos, mas nada autobiograficamente descarado”. O espetáculo ainda é a possibilidade de uma grande parcela do público jovem e amante das artes cênicas ter acesso direto às experimentações, vivências e processos de criação da Cia Mariana Muniz de Dança e Teatro. E nasce de inquietações como: Quando os movimentos e os gestos dançados são fundamentais para fazer emergir no corpo do espectador sensações e pensamentos que o coloquem em sintonia com a estrutura narrativa escolhida? Quando o texto falado, a rede de palavras se torna imprescindível para dar clareza e sentido à dramaturgia? Como constituímos uma trama de palavras e movimentos que expressam caminhos comunicantes, sem perder a conexão com o espírito de cada conto selecionado? Em sua escrita, Ezter Liu nos apresenta o "ser mulher" com uma força que se expande em múltiplas direções; são personas que coabitam e se revezam para descobrir o que faz de cada uma a protagonista da sua própria trama. A mulher que se sente deus, a mulher que escreve; a mulher que foge, a que acende fogueiras, que se torna parafuso, são algumas das várias faces do feminino que protagonizam as histórias criadas pela autora, que além de poeta é uma policial em Carpina, cidade da zona da Mata de Pernambuco. “Assim como a autora escolhe criar uma narrativa sem vírgulas, apontando para a necessidade de um contar sem pausas, nós acreditamos na força da tradução deste movimento literário em ação cênica, tirando da adversidade a sua força e atravessando os próprios limites para dizer o que precisa ser dito sobre a questão do feminino, num país onde o feminicídio é uma realidade muito cruel e que continua fazendo milhares de vítimas por minuto”, revela Mariana Muniz. Sobre Ezter Liu Ezter Liu nasceu no Recife e mora em Carpina. É graduada em Letras e destaca-se como escritora de prosa e poesia. Seus textos são publicados desde 2015 em coletâneas na região e no estado de Pernambuco. É policial e poeta e vencedora do título maior do Prêmio Pernambucano de Literatura. Das Tripas Coração é seu segundo livro publicado. “Todos os contos são sobre mulheres. Todos são em terceira pessoa. Retratos de universos femininos diferentes. Sobre amor, violência, angústias, realizações…”. Liu diz que escreve desde que se entende por gente, mas não mostrava para ninguém.
Diz que era uma escritora enrustida. A autora mantém o blog “Pancada do Vento”, mas não faz publicações constantes. Em 2018, Liu alcançou um marco em sua trajetória: tornou-se a primeira mulher a ganhar o Prêmio Pernambucano de Literatura com o livro Das Tripas Coração. Publicou depois as Breves Fogueiras (2021), e já está planejando o próximo lançamento. Ficha Técnica Coordenação Geral e intérprete: Mariana Muniz Assistente de Coordenação: Cláudio Gimenez Direção: Clara Carvalho Assistência de direção: Marcella Vicentini Iluminação: Wagner Pinto Espaço Cênico: Júlio Dojcsar Assistente de Iluminação: Gabriel Greghi e Carina Tavares Trilha Sonora: Mau Machado Figurino: Marichilene Artisevskis Assessoria de Imprensa: Pombo Correio Produção Geral: Movicena Produções Direção de Produção: Rafael Petri Produção Executiva: Jota Rafaelli Realização: Prefeitura de São Paulo – Secretaria Municipal de Cultura | Fomento à Dança Para a Cidade De São Paulo. Sinopse Das Tripas: Sete Histórias, é um espetáculo de dança-teatro livremente inspirado no livro Das Tripas Coração da escritora pernambucana Ezter Liu. O espetáculo é uma construção coreográfica e teatral, na qual os movimentos e palavras dão voz e corpo ao universo poético e profundamente feminino retratado pela escrita de Liu. Serviço Das Tripas Coração: Sete Histórias Temporada: 21 a 26 de fevereiro (exceto dia 25/2) Quarta, quinta, sexta e segunda, às 19h; sábado, às 18h Oficina Cultural Oswald de Andrade - Rua Três Rios, 363, Bom Retiro Ingressos: Gratuitos – retirar uma hora antes na bilheteria. Classificação: Livre Duração: 60 minutos Acessibilidade: rampa de acesso, banheiros acessíveis e plateia com reserva de lugares
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Como manter e alimentar a inspiração
Como manter e alimentar a inspiração? Não é fácil. Quero dizer, muita gente tenta e espera a inspiração chegar, mas ela nem sempre chega quando a gente quer. Se ficarmos esperando a inspiração pra poder trabalhar, talvez esperaremos tempo demais. E é possível que com o tempo ela demore cada vez mais pra voltar. Certa vez li uma coisa do Chico Buarque, acho que foi no livro Estorvo, onde ele diz que a inspiração é como o sono que chega. Quando você está deitado para dormir, você vai perdendo a consciência devagarinho, acontece que de repente você dorme. Se ficar prestando atenção se o sono vai chegar, você nunca dorme. A inspiração é como o sono, você não deve dar muita atenção, não deve ficar procurando-a em tudo que é canto porque talvez não vá encontrar.
Mas sim, existem alguns métodos, ou melhor, jeitos que funcionam como gatilhos pra que a inspiração aconteça.
A inspiração precisa de alimento.
Quando a gente come, a gente cresce, fica mais forte, a gente fica vivo, certo? Precisamos de comida pra crescer. Esse processo é imperceptível, mas sabemos que está acontecendo. Pois bem, a inspiração se alimenta também. Ela se alimenta de música, livros, filmes, peças de teatro e, mais além, de cheiros, visões, sons, texturas, conversas, encontros, perigos, paixões, eventos grandes ou pequenos que alimentam nossas impressões e experiências. No nosso inconsciente não estão apenas informações factuais mas também informações reativas (que são nossos movimentos de aproximação e afastamento dos eventos vividos). Essas são as coisas, os gatilhos de onde a inspiração surge.
Com o tempo esses eventos vão se tornando um arquivo pessoal ao qual podemos voltar quando quisermos.
Nenhuma pessoa vê as mesmas coisas do mesmo modo. Duas pessoas que vêem o mesmo acidente fazem interpretações diferentes com base em suas referências. Algo acontece quando a gente acessa as coisas que nos tocam. Me lembro do meu pai contando histórias da juventude dele, coisas banais como quando entrou numa briga na escola. Ele não tinha essa história ensaiada dentro dele, mas quando acessava sua memória, ele contava tocado por uma inspiração que é o que artistas procuram na hora de compor uma música.
Do jeito que acontece com todo mundo quando conta algo que lhe comoveu, quando contam sobre algo que amaram ou odiaram, e não precisa nem ser um grande acontecimento, só perguntar pra alguém aí “Aconteceu alguma coisa que te deixou irritado hoje?”
*
Durante muito tempo artistas creditavam suas obras às musas. Mas veja, a musa não é alguém de carne e osso para quem o artista dedica um poema ou alguém que se quer conquistar, não é a musa do Vinícius de Moraes, não é a Garota de Ipanema que vem e que passa. A musa do e da artista não é uma pessoa, pois não é necessariamente concreta, mas sim uma entidade que coloca o artista em um estado de espírito capaz de criar.
A concepção da musa veio, como muitas das coisas, da mitologia grega. Eram nove musas, nove filhas de Zeus e Mnemósine (que significa Memória). Havia uma Musa para cada área da criação artística e científica… Musa da Poesia, da Música, da Dança, da História, da Astronomia, etc. O templo das Musas era o Museion, termo que deu origem à palavra Museu, local de cultivo, preservação e exposição de artes. Segundo a mitologia, as musas eram jovens alegres e festivas, vieram à terra para sussurrar ideias criativas nos ouvidos dos mortais. Se esses mortais conseguissem ouvi-las, produziriam obras maravilhosas que despertavam admiração. Quem não era visitado pelas musas acabava não criando nada.
Em um dos contos que Neil Gaiman escreveu nos quadrinhos Sandman, tem a história de um escritor em crise criativa que “compra” a musa Calíope, que é a musa da Poesia Épica. Ele a mantém refém em sua casa para conseguir inspiração para escrever um romance de sucesso atrás do outro. O problema é que a musa inspiradora desperta os mais abomináveis instintos no romancista. Além de mantê-la enclausurada, ele a estupra. Ao final da história, o escritor acaba pagando caro por seus atos.
Muitos escritores já disseram que não se deve contar com a inspiração para escrever. Escrever é um trabalho como qualquer outro. Exige dedicação, prática, rotina e disciplina. Deve-se duvidar daquilo que é posto no papel como um jorro inspirado, é necessário que esse jorro de palavras descanse e seja retrabalhado para evoluir.
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As pessoas acham que as ideias vêm de fora, mas na verdade vem de dentro. Uma vez essas coisas estiveram fora, sim, claro, mas não na hora em que se senta pra escrever.
Assim como você deve escolher bem o que comer, para ficar bem nutrido, crescido, você também deveria alimentar seu inconsciente com um menu bem escolhido.
Ler poesia todos os dias da sua vida. Poesia é bom porque exercita músculos que não são utilizados sempre. Poesia expande os sentidos. Ouça música e somente isso. Não é ouvir música enquanto faz outra coisa, é colocar uma música, um disco e fechar os olhos e se deixar levar. Esteja sempre lendo um livro. Não precisa ser um clássico, não precisa ler 100 páginas por dia, mas tenha um livro como companhia, que você caminhe com ele, um livro aumenta as formas e o tamanho do mundo.
Tem mais, muito mais coisas que você pode fazer para manter e nutrir o estado de inspiração acordado e vivo. Você vai descobrindo isso, cada um tem o seu.
E isso, não é musa, não é entidade, não é uma inspiração mágica que vem, é mais como um velejador que está em alto mar observando o vento e sabe como se utilizar dele para chegar aonde quer.
Ao viver e ao observar enquanto se está vivendo, ao ler e observar enquanto lê e escreve, você alimenta seu inconsciente. A inspiração vem.
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"Dopo la staticità, finalmente il movimento, ora si passi al coordinamento" L'Italia ha necessità e bisogno di una metodologia regolata, condotta e guidata che si chiama "Sistema Italia", dove protagoniste sono tutte le peculiarità che caratterizzano e identificano le 20 Regioni. Quelli ottenuti sono risultati positivi, ma sempre contenuti se confrontati a quelli che si potrebbero ottenere con una politica di valorizzazione e di adeguata comunicazione, di tutte le peculiarità che rendono uniche le 20 Regioni d'Italia. L'errore perpetrato in molti decenni passati è accontentarsi delle briciole ottenute, nella convinzione di avere forme di pane fragrante. Dimenticando o non considerando in alcun modo che solo una piccolissima parte d’Italia è conosciuta nel mondo, se invece fossimo pienamente consapevoli della primaria necessità di censire in modo sistematico il nostro incommensurabile Patrimonio, materiale, immateriale, nella sua ampia e variegata potenzialità, saremmo la prima Nazione al mondo per offerta turistica, poiché ogni Luogo del nostro straordinario Paese ha affascinanti storie da raccontare, bellissimi posti da far, squisiti sapori da far assaggiare e coinvolgenti eventi da far vivere. Comunque va riconosciuto che per ciò che concerne l’osservazione, lo studio, l’analisi del fenomeno Turistico Italiano.non ci facciamo mancare assolutamente niente. Forse sarebbe opportuno passare dalla osservazione fine a se stessa alla fattibilità concreta, con una visione che permetta la realizzazione del "Sistema Italia" di cui abbiamo necessità e bisogno. Riccardo Rescio Presidente "Assaggia l'Italia Aps" Associazione di Promozione Sociale (no Profit) Firenze 6 marzo 2022 (presso I&f Arte Cultura Attualità) https://www.instagram.com/p/Cpcw6j0DkRG/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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Cristina Caprioli
L’arte deve disorientare, deve trasmettere una sensazione di cui non puoi appropriarti, non puoi “comprarla”, è questione di immaginazione, di accettazione, di “arrendersi”.
Cristina Caprioli è la danzatrice, coreografa, teorica sperimentale e accademica che ha vinto il Leone d’oro alla carriera della Biennale Danza 2024 come riconoscimento a chi lavora nella ricerca per salvare l’artedal consumismo.
Con un approccio artistico inclusivo e sostenibile, è autrice di lavori che scardinano le convenzioni linguistiche e percettive della danza.
La sua idea di coreografia è quella di discorso critico in continuo movimento, in cui l’atto creativo non è mai disgiunto dalla riflessione.
Figura di primo piano della scena internazionale della danza contemporanea, la sua opera è caratterizzata da precisione, complessità e forme nuove di virtuosismo fisico. Le basi filosofiche del suo canone bilanciano ricerca concettuale rigorosa ed esperienza concreta coinvolgente e altamente praticabile.
Tutte le sue produzioni sfidano le regole e le economie di scambio del settore.
È nata a Brescia il 22 ottobre 1953 da madre svedese, suo padre era il pittore Adriano Grasso Caprioli.
Ha studiato danza da quando aveva sei anni, ma la convinzione che fosse la sua strada è arrivata qualche anno più tardi, dopo aver visto Rudol’f Nureev esibirsi.
Ha lavorato come ballerina professionista in giro per il mondo prima di trasferirsi definitivamente a Stoccolma, dove, nel 1998, ha fondato ccap (cristina caprioli artificial projects), organizzazione indipendente che gestisce progetti di ricerca interdisciplinari, produce spettacoli teatrali, installazioni, video e pubblicazioni.
Mescola insieme danza, arte, letteratura, scienza e architettura.
Lavorando con persone anziane e bambini e adulti con disabilità, soprattutto cognitive, crea danze meravigliose che fuoriescono dal contratto sociale.
Ha partecipato alla Biennale di Venezia per la prima volta nel 2010 con cut-outs & trees, che ancora oggi va in giro, dal MoMa di New York a Londra.
Alla periferia di Stoccolma gestisce la Hall dove, facendosi bastare le sovvenzioni dello stato, propone soltanto spettacoli gratuiti.
In una concezione che rifiuta di comprare il diritto di consumare l’arte, la sua compagnia offre resistenza. Producono con pochissimi soldi, circa 180 spettacoli all’anno con un decimo delle risorse di cui avrebbero bisogno.
Nel 2008 è stata nominata docente di composizione coreografica presso la School of Dance and Circus (DOCH) di Stoccolma.
Ha curato e prodotto diversi festival come Talking Dancing (1997) e Movement is a Woman (2002), oltre ai progetti di ricerca t.lab (2004) e after cover (2009-2011).
È stata anche curatrice dell’antologia di danza Choreographies (2008) e ha curato e prodotto il simposio WEAVING POLITICS (2012).
Nel 2021 è stata il governo svedese l’ha premiata con l’Illis Quorum meruere labores la medaglia d’oro assegnata a coloro che apportano contributi e benefici in ambito culturale, scientifico e di pubblica utilità.
Nel 2022 il festival berlinese Tanz im August le ha dedicato una retrospettiva completa.
Due anni dopo, anche la più importante manifestazione artistica italiana ha voluto renderle omaggio con il Leone d’Oro alla carriera.
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Bruno Munari Research Paper
“A designer is planner with an aesthetic sense”. This sentence quote from Bruno Munari (Milan, 1907– Milan, 1998) who is one of the people I have been most influenced by in my design learning journey. David Reinfurt insists that "Bruno Munari is a bit too well-known in the United States for children’s books. He’s less well-known for the breadth of his work" (53). He was one of the most independent and influential figures in the history of twentieth-century international art, design, graphics, and film. Associated with the second wave of the Italian Futurist movement, and one of the founders of the Italian movement for concrete art—Movimento Arte Concreta (MAC), his multifaceted practice allowed him to contribute to all fields of the visual arts, as well as literature, poetry, and teaching. He is considered one of the protagonists of programmed and kinetic art. His works contributed fundamentals to many fields of visual arts, and much high applicability with his research on games, didactic method, movement, tactile learning, kinesthetic learning, and creativity.
Claude Lichtenstein and Alfredo Haberli depict Bruno Munari as "a life as art" (9). According to Italian Modern Art, Munari was born on 24 October 1907 in Milan, he was raised and grew up in a family with a ten year younger brother Giordano Munari. In 1913, Munari moved to Badia Polesine (Veneto), where his parents converted a small palazzo that had belonged to the dukes of Este into an inn. From the guests at the inn, this is the first time Munari has heard of futurism. He shared about this story that "and thus I began to draw, but without any knowledge, inventing" (Claude Lichtenstein & Alfredo Haberli, 274). Munari returned to Milan in 1925, his uncle found him a position as a graphic designer. Munari's career his career began budding while searching around in bookstores, he meets the futurist poet Munari meets the futurist poet Escodamé (pseudonym of Lescovich), who introduces him to Filippo Tommaso Marinetti. Munari joined the second generation of Futurists (those born around 1900, including Depero, Dottori, and Soldati, and becomes especially close to Prampolini). Munari started to display his works in many exhibitions in 1927, and then he began his endless creative journey. In 1930, he worked as a graphic designer with Riccardo Castagnedi (Ricas), and from 1938 until 1943, he worked as a graphic designer for Mondadori, as well as for two of Mondadori’s magazines, Tempo Magazine, and Grazia. It was during this period that Munari created advertising collages for magazines and created sculptures and his abstract-geometrical works, but it was also the time when he strengthen his love for writing and publishing. After World War II, Munari became disillusioned by Italian Futurism due to its Fascist tones and decided to disassociate himself from it, and in 1948, Munari, along with Gillo Dorfles, Gianni Monnet, and Atanasio Soldati founded the Movimento Arte Concreta (MAC). It is during this time, the late 1940s and 1950s, that Munari developed a strong and playful style, away from a purely futurist or constructivist influence; a truly modernist style that is skeptical about futurist ideas, an approach that explores new materials and times defies logic, and that is much more narrative. Later in his life, Munari became increasingly interested in the design and publication of children’s books, as well as in designing toys, though he had been producing books for children since the 1930s. For his books, he often used textured and tactile surfaces, and cutouts to facilitate the teaching about touch, movement, and color through kinesthetic learning.
One of typical Munari's works can be specifically mentioned in his "useless machines", which represents a completely different understanding of technology and its function in the modern age. Although associated with the Futurism movement at the time, this work went quite further and was more in line with other major trends such as Russian Constructivism or Bauhaus. These are objects hung in the style of Man Ray's famous lampshade, Munari thought that instead of drawing squares, triangles, and other geometric shapes that still give a realistic feel, why not liberate abstract forms from still paintings and hang them in the air, piecing them together so they could live in the environment with us. With "useless machines", he was interested in exploring the constant time-space, how to make the work of art could interact with the environment and change accordingly. Making art to become truly dynamic, Munari was one of the first in Europe to create kinetic art which has become a dominant trend all over the world in the '50s and '60s. What's interesting about these sculptures is that they're built with very light materials like paper, thin wooden slats, and silk thread. I agree that design is an experimental process which means we must experiment until figuring out the best way to jump into. Thus, I was inspired by Munari when he constantly experiments. He experimented with so many things that he became his own, and completely different from anything else out there.
"The designer of today re-establishes the long-lost contact between art and the public, between living people and art as a living thing", this quote from Design as Art is Munari’s 1966 book of essays bringing together his thoughts and musings on design and art. It is also one of my favorite design books and I often refer back to it for inspiration. Munari insisted that design be beautiful, functional, and accessible, and this interesting book sets out his ideas about visual, graphic, and industrial design and the role it plays in the objects we use every day. Some of the subjects to which he turns his illuminating gaze such as lamps, road signs, typography, posters, children's books, advertising, cars, and chairs. The book made me think more about how to see the world and how to make forms from many things around us. Draw A Tree is Munari's illustrated book for children which I am fond of and was inspired by Leonardo da Vinci’s centuries-old diagrammatic study of tree growth. According to Maria Popova notes that "Munari — who made some wildly inventive 'interactive' picture-books before the Internet was born and who saw graphic literacy as the bridge between living people and art as a living thing." Observing the transformation of the tree and illustrating them through drawings has opened my mind about how to observe things around me and make new things out of them.
In sum up, Bruno Munari was among the most inspirational designers of all time, described by Picasso as “the new Leonardo.” His works are ahead of their time and have high learning value. He is also the person who has inspired and influenced a lot in my design style.
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Works cited
“Bruno Munari”. Casati Gallery. https://www.casatigallery.com/designers/bruno-munari/, Accessed 15 November 2022.
“Bruno Munari: The Child Within”. Italian Modern Art. https://www.italianmodernart.org/exhibition/bruno-munari-the-child-within/, Accessed 15 November 2022.
Lichtenstein, Claude & Haberli, Alfredo. A Visual Reader on Bruno Munari. 1st ed, Lars Müller Publishers, 2001.
Munari, Bruno. Design As Art. Illustrated ed, Penguin Classics, 2019.
Popova, Maria. “Drawing a Tree: Uncommon Vintage Italian Meditation on the Existential Poetics of Diversity and Resilience Through the Art and Science of Trees”, The Marginalian. https://www.themarginalian.org/2021/11/05/drawing-a-tree-bruno-munari/, Accessed 15 November 2022.
Reinfuirt, David. A *New* Program for Graphic Design. Inventory Press/D.A.P, 2019.
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Mario Nigro
a cura di Angela Vettese con interventi di Saverio Vertone, Gianni Nigro e un’antologia di scritti di Mario Nigro
Vangelista, Milano 1994, 116 pagine
euro 40,00
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Catalogo mostra Galleria del Credito Valtellinese, Milano, marzo - aprile 1994
Dall' autoritratto del 1945 alle ultime Meditazioni, sono documentate tutte le fasi del suo lavoro, all' inizio in sintonia con le esperienze dei concretisti milanesi. Nigro continua a riflettere sui problemi costruttivi, progetta "spazi totali", studia vibrazioni cromatiche. La sua ricerca sulla linea costruita prosegue con le "strutture fisse" degli anni Settanta e più liberamente con gli "orizzonti" del decennio successivo. Chiude idealmente il percorso della mostra, curata da Angela Vettese, un foglio tracciato dopo aver saputo della malattia che lo porterà alla morte: un' "opera al nero", in cui la linea si dilata in una vasta, drammatica orma.
Fra i protagonisti dell’arte italiana del Secondo Dopoguerra, Mario Nigro (Pistoia, 1917 – Livorno, 1992) fu tra i fondatori, insieme a Voltolino Fontani e altri pittori livornesi, del Gruppo artistico moderno (G.A.M.), movimento orientato verso i grandi maestri della pittura italiana, come Sironi e De Chirico. Nel 1949 Nigro aderì al Movimento Arte Concreta (MAC) di Gillo Dorfles, seguendo la via dell’astrattismo. Lo fece in maniera molto personale, coniugando struttura e colore, rigore formale e fantasia, in una ricerca in cui la forma astratta costruita su principi geometrico-matematici incontra la tensione espressiva di linee e colori ritmati seguendo un andamento musicale.
17/12/19
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