#morte di mezza estate
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raffaeleitlodeo · 1 year ago
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Difficile trovare un luogo del mondo più isolato e desolato di una cella di un un carcere di mezza estate.
Ma questo non basta a spiegare quanto è accaduto nel carcere di Torino, dove una donna nigeriana di 43 anni, Susan John, madre di due bambini, ha cercato e trovato la morte, privandosi del cibo e dell’acqua.
Qualche mese fa si è appreso, solo dopo la loro morte, del fatto che due detenuti del carcere di Augusta erano impegnati da mesi in uno sciopero della fame. Evidentemente le autorità del carcere avevano ritenuto che la cosa fosse priva di qualsiasi interesse pubblico.
Alla stessa sorte sembra destinato Domenico Porcelli, che digiuna da oltre cinque mesi nel carcere di Bancali nei pressi di Sassari, senza che vi sia un intervento delle autorità e uno straccio di mobilitazione, destinati a salvargli la vita.
E la macabra contabilità dei suicidi non conosce sosta: aveva 28 anni e aveva commesso piccoli furti Azzurra Campari che, sempre a Torino, si è impiccata nel pomeriggio di qualche giorno fa.
La cella di un carcere di mezza estate può essere davvero il luogo più abbandonato e desolato del mondo.
Luigi Manconi, Facebook
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gcorvetti · 7 months ago
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Momenti che passano.
In questi giorni è festa, quale festa? Il giorno di mezza estate che si chiama Jani paeva, il giorno di Jani. Mi sono sempre chiesto chi cazzo è sto Jani, boh, uno, è importante perché essendo il solstizio d'estate è il giorno 50-50%, teoricamente, 50 giorno 50 notte; qua poi c'è quella cosa che fino a ieri, appunto, la notte è quasi giorno, nel senso che il sole non va molto sotto la linea dell'orizzonte quindi la notte non è proprio buia. All'iniizo era difficile perché non riuscivo a dormire, anche per il fatto che qua scuri/avvolgibili/persiane chiamatle come volete non esistono, si ci sono delle tende ma non oscurano perché in questo paese ai confini del mondo c'è poca luce e bisogna catturarne il più possibile. Avrò scritto sta cosa del giorno di mezza estate già in passato, fatto sta che sono andato alla fattoria per sto rito del falò, mentre da noi si fa a ferragosto qua si fa in sto giorno festivo, falò che viene costruito però durante l'anno, quando hai qualcosa da bruciare la metti su quel posto fino al giorno X. Cosa abbiamo fatto? Niente, seduti accampati a qualche metro da sto fuoco enorme abbiamo mangiato roba grigliata e c'è chi ha bevuto, io no, poi è arrivato il vicino con la moglie le figlie e la suocera, erano già mbriachi, poi ad un certo punto quando ero saturo ho iniziato a dire che sarebbe ora di andare via, ma in ogni caso ho dovuto aspettare un'ora perché comunque sarebbero andati tutti via. Qualche ora buttata al vento e al fuoco.
Spock mi ha chiesto e cosa avresti fatto? Oltre a suonare, naturalmente, magari avrei letto un pò di libro, cucinato qualcosa di buono e non quei wrustel del cavolo che chissà cosa ci mettono dentro, magari avrei abbozzato qualche micro opera d'arte, di sicuro non sarei stato a fissare il vuoto o un fuoco aspettando di annoiarmi a morte.
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preludioefuga-blog · 7 years ago
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Yasue raddrizzò le gambe e si appoggiò all'indietro sulle mani, guardando verso l mare. All'orizzonte ribolliva un enorme ammasso di nuvole, immenso nella sua tranquilla maestà. Sembrava che le nuvole assorbissero ogni rumore, persino quello del mare. Si era nel pieno dell'estate e i raggi del sole picchiavano rabbiosi.
Yukio Mishima, Morte di mezza estate e altri racconti
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doppisensi · 6 years ago
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Un incidente accaduto in una località sconosciuta, che non lo riguardava minimamente lo aveva isolato dal mondo.
Yukio Mishima, Morte di mezza estate e altri racconti
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exninfettina · 3 years ago
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A proposito di uni, racconto una delle cose più stronze mai fatte, ma di cui non mi pento.
Chi ha studiato a parma saprà la difficoltà nel trovare un posto libero alla biblioteca di economia. Soprattutto perché, anche se vietato, la gente aveva l'abitudine di occupare i posti con la sua roba per poi scomparire per ore. In pratica dovevo essere lì alle sette e mezza per assicurarmi un posto. Dopo era impossibile. Inoltre la biblioteca di economia era super ambita perché unica biblioteca in centro fica, con i posti singoli con divisori e con l'aria condizionata in estate. Insomma si trattava di vita o di morte. Più di una volta ho preso il posto a gente che aveva lasciato una biro e più di una volta sta gente tornava dopo tre ore con il coraggio di lamentarsi.
Beh un giorno trovo un posto per miracolo. Allo stesso tavolo c'è una tizia che ha occupato il posto in mezzo a noi con dei fogli. Passano ore. Vedo un sacco di studenti cercare un posto libero e andarsene a casa sconfitti mentre sta stronza sta in petto a Cristo. Arriva l'ora di pranzo e l'amica della stronza finalmente arriva, lascia lì il suo quaderno degli appunti e poi se ne vanno via insieme. Lì non ci ho visto più. Ho letteralmente rubato il quaderno zeppo degli appunti dell'infame e sono tornata a casa. Voglio pensare che non abbia potuto dare l'esame per quel appello. Voglio pensare di essere stata la giustiziera dei poveri cristi che non hanno potuto studiare in biblioteca per colpa di gente stronza. O forse è solo il borderline, chissà
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katharsis-998 · 3 years ago
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Quando si confida e piange mi spacco in mille pezzi. Sento il suo dolore come se fosse il mio. Intenso, crudo e violento. Non dovrei permettere accada, ma non riesco a evitarlo. Fare amicizie basate sui propri disagi mentali non porta mai a niente di buono, vero? Siamo due scappati di casa che una casa non l'hanno mai avuta.
Innocenti capelli biondi sparsi sul pavimento del bagno, occhi azzurri che annegano in un oceano di solitidine, pelle lattea attraversata da saette di sangue. Sei tanto bello, ma tanto distrutto. Vieni qui, dove nessuno ci dirà che siamo dei mostri. Qui puoi vivere senza odiare il tuo sangue. Senza odiare di essere nato.
Forse è sbagliato costruire una famiglia se non sai cosa sia. Ho sempre vissuto pensando a dover essere la migliore in tutto perché i miei genitori volevano così. Un cane addestrato che porta onore alla sua famiglia.
I miei capelli sono del colore dell'albero di quercia che ho preso a pugni qualche sera di mezza estate fa. Sotto le sue immense fronde i miei occhi gli sussurravano scusa. Sai, qualcuno trova piacevole il contrasto tra il tuo dolore vermiglio ed il suo rapido scorrere lungo la tua pelle segnata da ricordi. Sei tu quel qualcuno?
Sei su un letto d'ospedale, il mondo sta crollando, chiudi gli occhi e sprofondi con lui. Ti hanno alzato il dosaggio delle medicine, ma non sembrano funzionare. Porcherie inutili, ti ripeti.
Sono su un letto di ospedale, accanto a me c'è un anima crepuscolare che non dà requie alle proprie corde vocali. Ti prego, smettila, smettila di urlare. È tardi. Lasciami dormire.
Tu non vuoi stare lì. Mamma ti prego, torniamo a casa.
Non voglio stare qui. Morte ti prego riportarmi all'inferno.
All'improvviso si addormenta. Non urla più.
Non ho bisogno del loro aiuto.
Io ho bisogno tu ti faccia aiutare da loro.
E ti prego, non condannare te stesso con la convinzione di essere invincibile.
Nessuno lo è, nessuno.
Che il bene che ti voglio possa raggiungerti, ovunque tu sia.
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occhio-di-iside · 4 years ago
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I Sabba. Il termine Sabba deriva dalla radice della parola ebraica Shabbath, dal latino “sabbatum” e dal greco “sabbaton”. Apparí per la prima volta nelle opere di Margaret Murray che divise le festività della tradizione Wiccan in Sabba ed Esbat, queste ultime sono festività lunari.
•Samhain/ Calenda(31 ottobre, il capodanno pagano), giorno della morte del Dio, simboleggia la fine del periodo di fertilità dei campi e l'arrivo dell'inverno •Yule, il solstizio di inverno, calcolato in base alla posizione del Sole. Segna la rinascita del Dio per mediazione della Dea. Si ritiene che da questo giorno in avanti le condizioni della terra miglioreranno per tornare a essere fertile e coltivabile •Imbolc/Calendora (2 febbraio) è la festa della Dea, si festeggia la sua ripresa dopo aver partorito il Dio. È una festa di purificazione, in cui si celebra il ritorno alla fertilità della Dea. •Ostara (equinozio di primavera) calcolato nel giorno in cui il Sole attraversa l'equatore in direzione Nord. Il Dio si muove verso il suo massimo splendore e la Dea porta un nuova vita. •Beltane/ Calendimaggio (30 aprile/1 maggio) cade quando il Sole si trova nella quindicesima casa del Toro. Il potere della natura è al suo massimo. Le due divinità si uniscono concependo una nuova vita. •Litha o mezza estate (solstizio d'estate) quando il Giorno sovrasta la Notte. •Lunghnasadh (scritto anche Lunasa o lunghnasa o Lammas) cade il primo di agosto, quando il Sole si trova nella quindicesima casa del Leone. In questa data si inizia il raccolto, il Dio ormai anziano inizia la sua fase si decadenza. •Mabon o Modron (equinozio d'autunno) il Sole attraversa l'equatore in direzione Sud. Durante questo Sabba il Dio si prepara alla morte che avverrà a Samhain. Il calendario attualmente riconosciuto è quello gregoriano. Ma in generale i Sabba sono calcolati in base alla posizione del Sole rispetto alla Terra. I Sabba maggiori sono Samhain, Imbolc, Beltane, Lunghnasadh. Gli altri 4, Yule, Ostara, Litha e Mabon, sono i Sabba minori calcolati in base al Sole #sabba #wicca #wiccaitalia #streghewicca #wiccan #samhain #yule #imbolc #ostara #beltane #litha #lunghnasadh #mabon ##triplicedea #deamadre https://www.instagram.com/p/CILhGRxJOTb/?igshid=t8maixl0ux9c
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pedrop61 · 5 years ago
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IL GATTOPARDO
Giuseppe Tomasi di Lampedusa nasce a Palermo il 23 dicembre 1896. Una Palermo dove si incontravano i Florio, i Bordonaro, gli imprenditori inglesi del marsala Whitaker, gli ultimi baroni che avevano acquistato i feudi ecclesiastici dopo la secolarizzzazione del 1866 e realizzavano l’espansione edilizia lungo l’asse della via Libertà. La Palermo dei Lanza di Trabia, degli Alliata di Villafranca, dei Ventimiglia di Belmonte, tutti nobili proprietari di meravigliosi palazzi simili ai castelli della bella addormentata, un mondo incantato dal quale Giuseppe Tomasi non si sarebbe più staccato, un mondo condannato ad essere superato dalla volgarità dei tempi nuovi.
Consegue la maturità classica nel 1914 e l’anno dopo viene chiamato alle armi. Nel settembre 1917 viene inviato sull’altopiano di Asiago. Due mesi dopo viene fatto prigioniero. Nel 1918 evade, dopo un tentativo fallito, dal campo di prigionia Szombathely in Ungheria e nel novembre ritorna a Palermo.
Iscritto alla facoltà di legge prima a Palermo, poi a Genova, darà soltanto l’esame di diritto costituzionale. Tra il 1920 e il 30 viaggia per mezza Europa e nel 1932 si sposa con Licy Wolff Stomersee a Riga, in una chiesa ortodossa. La coppia si stabilisce a Palermo a palazzo Lampedusa. Nel 1934 muore suo padre e lui diviene principe di Lampedusa. Nel 1942, a causa dei bombardamenti su Palermo, si trasferisce nella villa dei suoi parenti Piccolo a Capo d’Orlando.
Nel 1957, tramite il libraio editore Flaccovio, “Il Gattopardo” viene inviato a Vittorini, direttore della collana I Gettoni della Einaudi. Una copia del romanzo viene consegnata ad Elena Croce. Il 23 luglio 1957 lo scrittore muore a causa di un carcinoma. La salma viene inumata a Palermo al cimitero dei Cappuccini. L’11 novembre 1958 il romanzo viene pubblicato da Feltrinelli a cura di Giorgio Bassani. Nel 1959 vince il Premio Strega.
Romanzo di rara bellezza, un autentico gioiello di cultura, saggezza, tristezza, consapevolezza, nostalgia di un mondo perduto. Come tutto ciò che è grande, sommo, alto, non viene compreso da molti e ancora oggi viene citato a sproposito da pessimi giornalisti e da pseudo politici da strapazzo.
“il peccato che noi Siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di “fare”. […] il sonno è ciò che i Siciliani vogliono… da quando il vostro Garibaldi ha posto piede a Marsala, troppe cose sono state fatte senza consultarci perché adesso si possa chiedere a un membro della vecchia classe dirigente di svilupparle e portarle a compimento […] ho i miei forti dubbi che il nuovo regno abbia molti regali per noi nel bagaglio… questo paesaggio che ignora le vie di mezzo fra la mollezza lasciva e l’asprezza dannata; […] questo clima che ci infligge sei mesi di febbre a quaranta gradi; […] questa nostra estate lunga e tetra quanto l’inverno russo e contro la quale si lotta con minor successo…”
Non è un semplice romanzo storico ma casomai antistorico dove non si respira l’ottimismo di una concezione storicista e teleologica ma, al contrario, spicca la dolorosa consapevolezza che la storia degli uomini non procede verso il compimento delle magnifiche sorti e progressive. Si dice in modo chiaro e netto che il diritto alla felicità è una solenne sciocchezza. L’esistenza è durissima e la natura umana e gli uomini sono gettati in un mondo di inaudita violenza. Soltanto le arti e la conoscenza possono mitigare il dolore ma l’esito è comunque terribile: più comprendi e più resti isolato. L’influenza di Stendhal è molto forte, la delusione esistenziale e la consapevolezza del fallimento e dello scacco permeano tutto il romanzo.
In questa visione il Risorgimento diventa una rumorosa e romantica commedia e la Sicilia, resta una categoria astratta, immutabile metafisica. Il fluire del tempo, la decadenza e la morte (Marcel Proust e Thomas Mann) vengono esemplificati nella morte di una classe, quella nobiliare dei Gattopardi che viene sostituita dalla scaltra borghesia senza scrupoli dei Sedara, ma che permea di sé tutta l’opera: la descrizione del ballo, la morte di don Fabrizio, la polvere del tempo che si accumula sulle sue tre figlie e sui loro beni.
Un romanzo sicuramente decadente e struggente dove il vero protagonista è la nostalgia. Non mi stupisce che Vittorini non lo abbia compreso. Ancora oggi non viene compreso da quanti, assecondando logori luoghi comuni, lo interpretano esclusivamente in chiave politica.
Non è un caso che un grande intellettuale fin de race come Luchino Visconti ne abbia afferrato lo spirito traducendolo, caso raro di grande film tratto da grande libro, in un film sontuoso e affascinante.
Scandito dalla musica di Nino Rota il lavoro di Visconti offre quadri e dialoghi di rara suggestione. Don Fabrizio, il principe Salina, è un Bart Lancaster strepitoso affiancato dal nipote Tancredi (un giovanissimo e stupendo Alain Delon), da Angelica, di nome e di fatto (meravigliosa Claudia Cardinale) e da attori di consumata esperienza e bravura quali Paolo Stoppa (Calogero Sedara), Rina Morelli e Serge Reggiani.
Alcune citazioni da Tomasi di Lampedusa:
Io penso spesso alla morte. Vedi, l’idea non mi spaventa certo. Voi giovani queste cose non le potete capire, perché per voi la morte non esiste, è qualcosa ad uso degli altri.”[… ] In Sicilia non importa far male o far bene: il peccato che noi siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di ‘fare’. Siamo vecchi, Chevalley, vecchissimi. Sono venticinque secoli almeno che portiamo sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, tutte venute da fuori, nessuna germogliata da noi stessi, nessuna a cui noi abbiamo dato il ‘la’; noi siamo dei bianchi quanto lo è lei Chevalley, e quanto la regina d’Inghilterra; eppure da duemilacinquecento anni siamo colonia. Non lo dico per lagnarmi: è colpa nostra. Ma siamo stanchi e svuotati lo stesso.”
“Il sonno, caro Chevalley, il sonno è ciò che i Siciliani vogliono, ed essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali; e, sia detto fra noi, ho i miei forti dubbi che il nuovo regno abbia molti regali per noi nel bagaglio. Tutte le manifestazioni siciliane sono manifestazioni oniriche, anche le più violente la nostra sensualità è desiderio di oblio, le schioppettate e le coltellate nostre, desiderio di morte; desiderio di immobilità voluttuosa, cioè ancora di morte, la nostra pigrizia, i nostri sorbetti di scorsonera o di cannella; il nostro aspetto meditativo è quello del nulla che volesse scrutare gli enigmi del nirvana. Da ciò proviene il prepotere da noi di certe persone, di coloro che sono semidesti; da questo il famoso ritardo di un secolo delle manifestazioni artistiche ed intellettuali siciliane le novità ci attraggono soltanto quando sono defunte, incapaci di dar luogo a correnti vitali; da ciò l’incredibile fenomeno della formazione attuale di miti che sarebbero venerabili se fossero antichi sul serio, ma che non sono altro che sinistri tentativi di rituffarsi in un passato che ci attrae soltanto perché è morto.”
Ho letto il romanzo la prima volta a 18 anni e ne sono rimasto affascinato al punto che esso ha permeato la mia vita nel bene e nel male. Ogni tanto lo rileggo e ne cavo fuori insegnamenti e riflessioni. Il Principe Salina, inconsapevolmente, è stato il mio modello (alla sua aristocrazia per nascita che mi interessa ben poco, ho tentato di sostituire l’unica forma di aristocrazia che mi convince, quella culturale ed educativa) e sino a quando mi sono attenuto ai suoi insegnamenti stoici e sensati ho vissuto con dignità, onore e, perché no, momenti di felicità. Posso essere accusato di non aver fiducia nelle umane sorti e progressive ma questo non mi ha impedito di aiutare chiunque abbia incontrato nella mia vita. Anche io ho pensato per lunghi anni di poter migliorare il mondo aiutando gli altri e l’ho fatto insegnando e col mestiere di professore e preside. Malgrado tutto continuo a pensare che l’insegnamento, la scuola seria e per tutti siano l’unica forma di crescita per un popolo. La cultura non elimina la sofferenza esistenziale ma ci consente di soffrire ad un livello più alto e di provare solidarietà leopardiana per il dolore altrui.
“Noi fummo i Gattopardi, i Leoni: chi ci sostituirà saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti, gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra.”
J.V.
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ca-la-bi-yau · 4 years ago
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Mi ricordo tutto
Mi ricordo tutto, mi ricordo tutto di due anni che hanno segnato, in un modo o nell'altro, la mia vita. Mi ricordo la prima volta che sei entrata in aula VI e quando poi mi hai detto che quel giorno ti guardai male. Mi ha sempre fatto male quando dicevi così, che ti guardavo male e mi sono sempre chiesto se eri tu a vedermi così, se ero io ad avere uno sguardo così o se in viso sono scavato e scolpito da tristezza e rabbia. Non l'ho ancora capito. Mi ricordo la prima volta che mi hai chiamato, da san lollo, di notte e io mi sentivo per la prima volta impotente, lontano, incapace di aiutarti ma anche allora mi sarei fatto mezza Roma per venire da te. Mi ricordo quant'ero impacciato, quella notte di febbraio, in cui tu per la prima volta mi cercavi ed io ero spaventato, a morte, dallo scoprire una nuova intimità. Ricordo tutto il periodo successivo, fino a giugno, in cui ci siamo cercati, continuamente, fino a quel giorno, fino a quella piazza di quel lunedì e quella sera in cui finalmente ci incontravamo e accendevamo la prima miccia della prima bomba. Ricordo la bottiglia d'olio che spaccai, io, come al solito, il solito disastro. E poi ricordo tutto, ricordo tutte le volte che ho cucinato e tu lavavi i piatti, tutte le volte che hai cucinato tu e io, canticchando lavavo i piatti. Mi ricordo le pizze, le colazioni, i pranzi e le cene ad orari sempre continuamente sballati, tra una sessione d'amore e l'altra, tra il sesso e il dolce far niente. Mi ricordo la nostra prima estate, in cui abbandonavo per un po' le ansie e i progetti per la tesi per lasciarmi andare, con te, te... Un'estate in cui imparavo ad amarti, in tutti i sensi, mi ricordo Bari e Polignano e tutti tutti i posti che abbiamo girato, il mare e le canne e casa dei tuoi e tutte le giornate passate a scopare senza mai voglia di smettere, e le canne e Stalin e Milù e tutto, tutto quanto, le birre che tua madre mi offriva per il viaggio, la cena che preparó per noi e i panzerotti in giro, le peroni a 2 o 1 euro, le prese in giro, e ancora le canne e il lungomare di notte e l'imbarazzo ma anche tanto tanto amore. Mi ricordo tutto, anche le litigate, le volte che ci siamo feriti, attraversati, accarezzati, spinti via. Ricordo le mie crisi e le tue e come abbiamo a poco a poco imparato ad avvicinarsi un po' cercando di non ferirsi. Ricordo quando mi hai preso, raccolto, sostenuto mentre mi stavo buttando via e così tornavo a terapia, a farmi aiutare. Ricordo tutte le volte che mi hai accolto, abbracciato, fatto sentire al sicuro, nonostante quel che ero. Ricordo tutte le ore di studio perse perché qualcuno dei due aveva bisogno di piangere e il freddo delle panchine della sapienza e lo stringersi, starsi vicino, asciugarsi le lacrime. Ricordo i pranzi sul pratino, le battute, il giocare continuamente, prendersi in giro, i tuoi pasti da uccellino, la mia mela nello zaino. Se ci provo, ricordo ogni bacio che mi hai dato, da quelli più forti, dominanti, come a prendersi a morsi e quelli più dolci, quelli abbandonati, quelli arrabbiati, quelli bagnati dalle lacrime. Ricordo la prima volta che ti dissi Ti amo, ricordo tutte le volte che ti ho accompagnato a casa, i notturni, i tram, le feste, i gelati, le cene improvvisate, il ramen a termini, le brutte disavventure in stazione, tutte le volte che ti ho accompagnato in stazione con valigie più grandi di te e le volte che ti ho atteso dall'altra parte fremente, in attesa di abbracciarti e baciarti forte. Non ho voglia di ricordare le cose negative. Non ne ho voglia e non ne ho la forza. Mi ricordo quando ballavamo a piedi nudi in casa su Janis Joplin e come, dopo una giornataccia, lo stesso, su note immaginarie, su Patti smith, su quella spiaggia piena di conchiglie blu. Ricordi sparsi, ricordo casa a san giovanni e il davanzale e un qualsiasi mobile su cui mi sarei seduto a fumare, ricordo le altre case, ricordo ogni particolare delle case in cui sei stata, della tua stanza, qualsiasi cosa, le coperte, il telo, le lucine, i tuoi libri e il tuo disordine che assieme al mio creavano un caos niente male, tra lubrificanti, preservativi e frammenti sparsi di vita. Ricordo con precisione la tua voce al mio orecchio e i tuoi gemiti e i miei gemiti, le tue urla e il nostro supplicare, i tuoi e i miei orgasmi. Ricordo tutto, le città che abbiamo visto insieme e tutte quelle di cui abbiamo parlato, su qualche terrazzo con qualche canna in mano, ricordo tutti i giri per Roma che abbiamo fatto, dalle prime volte alle ultime, dal Colosseo al tufello, le mostre, i biscotti a trastevere. Mi ricordo tutte le manifestazioni, le proteste organizzate insieme, i cartelli, le foto, le tue foto e ancora oggi le uniche foto che ho di me, le uniche foto che non odio sono le tue e tutte quelle che abbiamo insieme. Ricordo tante tante cose, ricordo tutto anche se non tutto mi va di ricordare e potrei andare avanti per ore a elencare i momenti stupendi passati insieme ma il cuore mi si stringe, gli occhi si bagnano e sento di non aver molto altro da scrivere.
Ricordo quando ho sentito il mio cuore spezzarsi in più punti, più volte. E ricordo anche il momento in cui ho sentito e visto scricchiolare e poi cedere il tuo. E ora, che posso fare, ora che è andata così? Avrei potuto fare molto prima. Ora sto per andare a farmi una radiografia, l'ennesimo problema di questi mesi infiniti, che non finiscono mai, mesi in cui sembra che niente, niente, niente debba andare bene. E ripenso che hai ragione, avrei potuto fare tanto altro, avrei potuto non spezzarti il cuore in quel modo, avrei potuto presentarmi da te con dei fiori in mano e tanto altro, ma non l'ho fatto. Non l'ho fatto. Anche se con i metodi più sbagliati, ferendo la persona che amavo, avevo bisogno di quella distanza, di quella solitudine, dolorosa, pesante, insostenibile a volte ma necessaria. Mi sento morire ogni volta che leggo, che sento o che mi dici che stai male e so che quanto è responsabilità mia e mi sento morire ogni volta che penso che sarebbe bastato poco per evitare tanto dolore, dolore da entrambe le parti, dolore appunto evitabile. Mi sento male ogni volta che ti leggo e capisco come ti senti. E capisco quanto sia difficile, forse impossibile, farti cambiare idea, farti capire che tu per me non hai mai smesso di essere importante, di essere così importante... E ora sei diventata anche un enorme macigno che pesa sul mio cuore. Anche il mio cuore è spezzato, si è spezzato nel momento in cui ho capito, in quell'istante in cui ho realizzato che stare con la persona che amavo non mi faceva stare bene come volevo, come pensavo sarei dovuto stare, non mi faceva provare quel che pensavo avrei dovuto provare. Non ho voglia di tirare fuori ancora la paura, la rabbia, la tristezza, tutte quelle emozioni provate e di cui in questo momento sono saturo. Non scrivo quasi mai qualcosa così di getto, da pubblicare, senza rileggerla ma se non lo facessi mi perderei nelle mie solite masturbazioni mentali e cancellerei tutto di botto. Invece mi sento di scrivere qui, sul mio blog, sul mio diario dove sei tu l'unica che mi legge, l'unica che mi conosce. E anche, in senso lato, sei ancora la persona più vicina a capire il mio io, la persona che ha compreso di più la persona che io sono, la donna che mi ha amato e per questo ha dovuto soffrire tanto, per colpa del mio ego, del mio narcisismo, del mio dolore, del mio non stare bene con me e con gli altri. Tante cose sono cambiate in questo 2020. A volte mi sento solo un po' più vuoto ed invecchiato. Anche se so che non è così, anche se so che quel vuoto che mi ha sempre accompagnato non è più come prima, è ridotto, è combattuto, per una volta. A volte mi sento solo ancora un bambino sballotatto in una vita da adulto. Mi voglio un po' più bene, mi conosco un po' di più, forse questo è il mio grande traguardo di quest'anno.
Ti devo tante cose. Ti devo un mazzo di fiori e forse altre scuse. Ti devo tante cose. Vorrei tornare indietro, asciugare ogni tua lacrima, abbracciarti ogni volta che ne senti il bisogno, vorrei tornare ad essere la persona che ti faecva sentire bene, che ti faceva sentire i tuoi diciannove anni, vorrei non essere la persona di cui hai paura, la persona che ti fa soffrire, il carnefice, l'assassino, l'heartbreaker. Vorrei tornare indietro, forse o forse no. vorrei solo fare le cose diversamente. Non scambierei i traguardi raggiunti quest'anno con niente, però continui a mancarmi, continua a mancarmi il tuo amore, continua a mancarmi il mio amare. Non baratterei i cambiamenti che ho fatto, la persona che sono diventato, avrei voluto solo farli con te, cambiare con te, evolvere con te. Era possibile ma non l'ho creduto tale. E per questi e tanti altri motivi continuo a tormentarmi e continuerò ancora, non so per quanto. Quando ci siamo visti non ho saputo darti tutte le risposte che volevi, non ho saputo risponderti come forse avresti voluto ma ti ho ascoltata, ti ho ascoltata fino in fondo, ho visto la persona che sei diventata e ho capito molto, di te, di me, di noi. Avrei voluto sapere cosa dire, avrei voluto avere tutte le risposte, avrei voluto non provocare e vedere quelle lacrime, quell'ansia, quella paura. Vederti piangere mi ha colpito al cuore, come una coltellata, un'altra volta... ma ero sempre io ad avere in mano la lama e come un pazzo continuo ad agitarla e ad affondarla, un po' a turno, dentro te e dentro me.
Avrei tante cose da dirti ma non te le dico, non so perché. Anche quando ci siamo visti non sono riuscito a dirti tutto, le cose belle e le cose brutte che ho passato e vissuto, la persona che sono diventato e quella che sto diventando. Non sono riuscito a farti cogliere, penso, tutti i cambiamenti che ho fatto, forse perché non ne ero in grado, davanti al tuo sguardo, non ero in grado di reggerlo e forse ho fatto come al solito, mi sono rifugiato in una pantomima, in una sceneggiata, ho messo su una maschera e non mi sono comportato molto diversamente da come facevo prima e di questo mi dispiace. Ancora una volta ho nascosto il mio vero io, forse perché fragile, sì, perché il mio io e la mia identità sono ancora fragili, in fase di costruzione e ricostruzione. Come umano, come persona, continuo a farmi e a disfarmi, a rifarmi, scompormi e ricompormi. Sto cercando di diventare una persona migliore di quella che sono stata con te.
Avrei tante cose da dirti ma non te le dico, continuo a scrivere, fumo e scrivo, scrivo tanto, scrivo per te, scrivo di te.
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iannozzigiuseppe · 4 years ago
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Morte di mezza estate e altri racconti - Yukio Mishima - Guanda
Morte di mezza estate e altri racconti – Yukio Mishima – Guanda
Morte di mezza estate e altri racconti Yukio Mishima Guanda Scrittore aggressivo, emblematico di una cultura elegante e basata sul rituale, Mishima uniformò il suo stile di vita ai precetti degli antichi samurai, pur rimanendo il più “occidentale” degli intellettuali giapponesi. L’intreccio di arte e di azione non basta a spiegare la tragica coerenza del personaggio, né la sua posizione di primo…
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paoloxl · 6 years ago
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E’ in corso una vera e propria offensiva di recupero del fascismo: dalla spiaggia di Chioggia, ai campi estivi neo–nazisti, ai manifesti inneggianti alla bontà di governo di Mussolini. Più in generale il clima è di allentamento al riguardo dei principi fondamentali dell’antifascismo, sulle sue ragioni profonde, sulla realtà storica dei fatti. Ha contribuito a questa sorta di rilassatezza culturale l’attacco alla Costituzione tentato nel corso die mesi scorsi e (provvisoriamente?) respinto con il voto del 4 Dicembre 2016. Per questi motivi è bene tener viva la memoria, perché senza di essa si smarrisce l’identità repubblicana dell’Italia: il profondo significato etico e politico di questa identità conquistata con la lotta. Queste le ragioni del tentativo di rinnovo del ricordo contenuto in questo intervento, partendo dalle due stragi–simbolo compiute dai nazifascisti nell’estate del 1944 a Sant’Anna di Stazzema e a Marzabotto. Intervento che si conclude con l’elenco delle 139 stragi compiute su tutto il territorio nazionale per un totale (secondo l’Atlante delle stragi nazifasciste in Italia) di circa 23.000 vittime Sant’Anna di Stazzema All’inizio dell’agosto 1944 Sant’Anna di Stazzema era stata qualificata dal comando tedesco come “zona bianca”, ossia una località adatta ad accogliere sfollati: per questo la popolazione, in quell’estate, aveva superato le mille unità. Inoltre, sempre in quei giorni, i partigiani avevano abbandonato la zona senza aver svolto operazioni militari di particolare entità contro i tedeschi. Nonostante ciò, all’alba del 12 agosto 1944, tre reparti di SS salirono a Sant’Anna, mentre un quarto chiudeva ogni via di fuga a valle sopra il paese di Valdicastello. Alle sette il paese era circondato. Quando le SS giunsero a Sant’Anna, accompagnati da fascisti collaborazionisti che fecero da guide[10], gli uomini del paese si rifugiarono nei boschi per non essere deportati, mentre donne, vecchi e bambini, sicuri che nulla sarebbe capitato loro in quanto civili inermi, restarono nelle loro case. In poco più di mezza giornata vennero uccisi centinaia di civili di cui solo 350 poterono essere in seguito identificate; tra le vittime 65 erano bambini minori di 10 anni di età. Dai documenti tedeschi peraltro non è facile ricostruire con precisione gli eventi: in data 12 agosto 1944, il comando della 14ª Armata tedesca comunicò l’effettuazione con pieno successo di una “operazione contro le bande” da parte di reparti della 16. SS-Panzergrenadier-Division Reichsführer SS nella “zona 183”, dove si trova il territorio del comune di S. Anna di Stazzema; l’ufficio informazioni del comando tedesco affermò che nell’operazione 270 “banditi” erano stati uccisi, 68 presi prigionieri e 208 “uomini sospetti” assegnati al lavoro coatto. Una successiva comunicazione dello stesso ufficio in data 13 agosto precisò che “altri 353 civili sospettati di connivenza con le bande” erano stati catturati, di cui 209 trasferiti nel campo di raccolta di Lucca I nazistifascisti rastrellarono i civili, li chiusero nelle stalle o nelle cucine delle case, li uccisero con colpi di mitra, bombe a mano, colpi di rivoltella e altre modalità di stampo terroristico. La vittima più giovane, Anna Pardini, aveva solo 20 giorni(23 luglio-12 agosto 1944). Gravemente ferita, la rinvenne agonizzante la sorella maggiore Cesira (Medaglia d’Oro al Merito Civile) miracolosamente superstite, tra le braccia della madre ormai morta. Morì pochi giorni dopo nell’ospedale di Valdicastello. Infine, incendi appiccati a più riprese causarono ulteriori danni a cose e persone. Non si trattò di rappresaglia (ovvero di un crimine compiuto in risposta a una determinata azione del nemico): come è emerso dalle indagini della procura militare di La Spezia, infatti, si trattò di un atto terroristico premeditato e curato in ogni dettaglio per annientare la volontà della popolazione, soggiogandola grazie al terrore. L’obiettivo era quello di distruggere il paese e sterminare la popolazione per rompere ogni collegamento fra i civili e le formazioni partigiane presenti nella zona. La ricostruzione degli avvenimenti, l’attribuzione delle responsabilità e le motivazioni che hanno originato l’Eccidio sono state possibili grazie al processo svoltosi al Tribunale militare della Spezia, conclusosi nel 2005 con la condanna all’ergastolo per dieci SS colpevoli del massacro; sentenza confermata in Appello nel 2006 e ratificata in Cassazione nel 2007. Nella prima fase processuale si è svolto, grazie al pubblico ministero Marco de Paolis, un imponente lavoro investigativo, cui sono seguite le testimonianze in aula di superstiti, di periti storici e persino di due SS appartenute al battaglione che massacrò centinaia di persone a Sant’Anna. Fondamentale, nel 1994, anche la scoperta avvenuta a Roma, negli scantinati di Palazzo Cesi-Gaddi, di un armadio chiuso e girato con le ante verso il muro, ribattezzato poi armadio della Vergogna, poiché nascondeva da oltre 40 anni documenti che sarebbero risultati fondamentali ai fini di una ricerca della verità storica e giudiziaria sulle stragi nazifasciste in Italia nel secondo dopoguerra. Prima dell’eccidio di Sant’Anna di Stazzema, nel giugno dello stesso anno, SS tedesche, affiancate da reparti della X MAS, massacrarono 72 persone a Forno. Il 19 agosto, varcate le Apuane, le SS si spinsero nel comune di Fivizzano (Massa Carrara), seminando la morte fra le popolazioni inermi dei villaggi di Valla, Bardine e Vinca,nel comune di Fivizzano . Nel giro di cinque giorni uccisero oltre 340 persone, mitragliate, impiccate, financo bruciate con i lanciafiamme. Nella prima metà di settembre, con il massacro di 33 civili a Pioppetti di Montemagno, in comune di Camaiore (Lucca), i reparti delle SS portarono avanti la loro opera nella provincia di Massa Carrara. Sul fiume Frigido furono fucilati 108 detenuti del campo di concentramento di Mezzano (Lucca), mentre a Bergiola i nazisti fecero 72 vittime. MARZABOTTO Dopo l’eccidio di Sant’Anna di Stazzema avvenuta il 12 agosto 1944, gli eccidi nazisti contro i civili sembravano essersi momentaneamente fermati. Ma il feldmaresciallo Albert Kesselring aveva scoperto che a Marzabotto agiva con successo la brigata Stella Rossa e voleva dare un duro colpo a questa organizzazione e ai civili che l’appoggiavano. Già in precedenza Marzabotto aveva subito delle rappresaglie, ma mai così gravi come quella dell’autunno 1944. Capo dell’operazione fu nominato il maggiore Walter Reder, comandante del 16º battaglione esplorante corazzato (Panzeraufklärungsabteilung) della 16. SS-Panzergrenadier-Division Reichsführer SS, sospettato a suo tempo di essere uno tra gli assassini del cancelliere austriaco Engelbert Dollfuss. La mattina del 29 settembre, prima di muovere all’attacco dei partigiani, quattro reparti delle truppe naziste, comprendenti sia SS che soldati della Wehrmacht, accerchiarono e rastrellarono una vasta area di territorio compresa tra le valli del Setta e del Reno, utilizzando anche armamenti pesanti. «Quindi – ricorda lo scrittore bolognese Federico Zardi – dalle frazioni di Pànico, di Vado, di Quercia, di Grizzana, di Pioppe di Salvaro e della periferia del capoluogo le truppe si mossero all’assalto delle abitazioni, delle cascine, delle scuole», e fecero terra bruciata di tutto e di tutti. Nella frazione di Casaglia di Monte Sole la popolazione atterrita si rifugiò nella chiesa di Santa Maria Assunta, raccogliendosi in preghiera. Irruppero i tedeschi, uccidendo con una raffica di mitragliatrice il sacerdote, don Ubaldo Marchioni, e tre anziani. Le altre persone, raccolte nel cimitero, furono mitragliate: 197 vittime, di 29 famiglie diverse tra le quali 52 bambini. Fu l’inizio della strage: ogni località, ogni frazione, ogni casolare fu setacciato dai soldati nazisti e non fu risparmiato nessuno. La violenza dell’eccidio fu inusitata: alla fine dell’inverno fu ritrovato sotto la neve il corpo decapitato del parroco Giovanni Fornasini. Fra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, dopo sei giorni di violenze, il numero delle vittime civili si presentava spaventoso: circa 770 morti. Le voci che immediatamente cominciarono a circolare relative all’eccidio furono negate dalle autorità fasciste della zona e dalla stampa locale (Il Resto del Carlino), indicandole come diffamatorie; solo dopo la Liberazione lentamente cominciò a delinearsi l’entità del massacro. 13 giugno, la strage di Niccioleta Il 13 giugno 1944, i reparti tedeschi e fascisti irruppero a Niccioleta per punire i suoi abitanti che, come in molte zone del grossetano, avevano disertato di presentarsi ai posti di polizia fascisti e tedeschi di Massa Marittima, in seguito ad un manifesto affisso in tutti i comuni della provincia di Grosseto, firmato da Giorgio Almirante. Sei minatori (Ettore Sergentoni, con i figli Aldo e Alizzardo, Rinaldo Baffetti, Bruno Barabissi e Antimo Ghigi) vennero fucilati subito nel piccolo cortile dietro il forno della dispensa, largo non più di tre metri. Il minatore Giovanni Gai riuscì a fuggire nella macchia, grazie ad un attimo di distrazione di un fascista di Porto Santo Stefano, Aurelio Picchianti, che si stava arrotolando una sigaretta. Altri 150 operai furono portati a Castelnuovo di Val di Cecina, e la sera del 14 giugno, 77 minatori vennero giustiziati sulla strada per Larderello, 21 deportati in Germania e gli altri liberati. In tutto perirono nella strage 83 operai di Niccioleta. Tra i cadaveri si scoprì tempo a dietro che c’erano anche i componenti della famoso gruppo partigiano la “Banda di Ariano”: Gianluca Spinola, Vittorio Vargiu, Franco Stucchi Prinetti e Francesco Piredda assassinati dai nazifascisti sempre il 14 giugno. Elenco degli eccidi e delle stragi riconosciute (da Wikipedia) A    Strage di Acerra    Eccidi dell’alto Reno B    Eccidio di Barletta    Strage della Benedicta    Eccidio di Bergiola Foscalina    Eccidio della Bettola    Strage della valle del Biois    Massacro di Biscari    Bombardamenti di Foggia del 1943    Eccidio di Borga    Strage di Borgo Ticino    Eccidio di Boves    Eccidio di Braccano    Bus de la Lum C    Eccidio di Cadè    Strage di Caluso    Strage di Campagnola    Strage del palazzo Comunale di Campi Bisenzio    Strage di Canicattì    Eccidio di Capistrello    Strage di Castello    Strage di Castiglione    Strage di Cavriglia    Eccidio del Colle del Lys    Eccidio di Cravasco    Strage di Cumiana E    Eccidi di San Ruffillo    Eccidio di Santa Giustina in Colle    Eccidio de La Storta    Eccidio dei conti Manzoni    Eccidio dei XV Martiri di Madonna della Pace    Eccidio del Castello dell’Imperatore    Eccidio del Ponte dell’Industria    Eccidio del pozzo Becca    Eccidio dell’Aldriga    Eccidio della caserma Mignone    Eccidio della famiglia Arduino    Eccidio delle Fosse Reatine    Eccidio di Argelato    Eccidio di Bari    Eccidio di Cadibona    Eccidio di Caffè del Doro    Eccidio di Cavazzoli    Eccidio di Cibeno    Eccidio di Civitella    Eccidio di Codevigo    Eccidio di Crespino sul Lamone    Eccidio di Gardena    Eccidio di Guardistallo    Eccidio di Maiano Lavacchio    Eccidio di Malga Bala    Eccidio di Massignano    Eccidio di Monte Manfrei    Eccidio di Monte Sant’Angelo    Eccidio di Pessano    Eccidio di Piavola    Eccidio di Pietralata    Eccidio di Portofino    Eccidio di Pratolungo    Eccidio di San Michele della Fossa    Eccidio di San Piero a Ponti    Eccidio di Schio    Eccidio di Trivellini    Eccidio di Valdagno    Eccidio di Vallarega    Eccidio di Vattaro    Eccidio di via Aldrovandi    Eccidio di Malga Zonta F    Strage di Falzano    Eccidio dell’aeroporto di Forlì    Strage di Forno    Strage delle Fosse del Frigido    Eccidio di Fragheto G    Bombardamento di Grosseto    Strage di Grugliasco e Collegno L    Eccidio di Salussola    Strage di Lasa    Strage di Leonessa M    Martiri di Fiesole    Martiri ottobrini    Strage di Marzabotto    Strage di Matera    Strage della cartiera di Mignagola    Strage della Missione Strassera    Strage di Monchio, Susano e Costrignano    Eccidio di Montalto    Eccidio di Montemaggio N    Eccidio di Nola O    Operazione Ginny    Operazione Piave    Operazione Wallenstein P    Eccidio di Procchio    Eccidio del Padule di Fucecchio    Strage di Pedescala    Strage di Penetola    Eccidio del Pian del Lot    Eccidio di piazza Tasso    Strage di Piazzale Loreto    Eccidio di Pietransieri    Eccidio di Ponte Cantone    Eccidio del ponte di Ruffio    Strage della Portela R    Rastrellamenti di Villa d’Ogna    Eccidio della Righetta    Strage di Rionero in Vulture    Eccidio della Romagna    Eccidio di Ronchidoso    Strage di Rovetta S    Eccidio di San Giacomo Roncole    Strage di San Polo    Eccidio di Sant’Anna di Stazzema    Eccidio di Scalvaia    Strage del collegino di Sesto Fiorentino    Strage di Solcio di Lesa    Eccidio di Soragna    Eccidio di Spino d’Adda    Strage del Duomo di San Miniato    Strage del pane    Strage della caserma di Anghiari    Strage della corriera fantasma    Strage della famiglia Einstein    Strage di Barbania    Strage di Corrubbio    Strage di Costa d’Oneglia    Strage di Gorla    Strage di Oderzo    Strage di San Benedetto del Tronto    Stragi di Ziano, Stramentizzo e Molina di Fiemme T    Eccidio di Tavolicci    Eccidio di Testico    Eccidio del Torrazzo    Strage di Treschè Conca    Triangolo della morte (Emilia)    Strage del Turchino U    Strage di Serra Partucci V    Eccidio di Valdobbiadene    Eccidio di Vercallo    Eccidio dell’ospedale psichiatrico di Vercelli    Eccidio di Vinca http://contropiano.org/news/politica-news/2017/08/12/estate-1944-le-stragi-nazifasciste-non-dimenticare-094699?fbclid=IwAR0ypcv8T_o9uUEHrRgHMUtlhFrD2q1ENyloc1n1hniBh7yoPirhaUYc4Ns
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preludioefuga-blog · 7 years ago
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Tutti i manichini divennero corpi di annegati. Se soltanto l'estate fosse finita. La semplice parola "estate" portava con sé spiacevoli pensieri di morte. E nel sole del tardo pomeriggio sentiva come un calore putrescente.
Yukio Mishima, Morte di mezza estate e altri racconti
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doppisensi · 6 years ago
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Tutti i manichini divennero corpi di annegati. Se soltanto l'estate fosse finita. La semplice parola “estate” portava con sé spiacevoli pensieri di morte. E nel sole del tardo pomeriggio sentiva come un calore putrescente.
Yukio Mishima, Morte di mezza estate e altri racconti
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sugiovepiovonodiamanti · 6 years ago
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Capitolo I
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Giuditta sa di piacere, e sa che non c’è nulla di male.
In fondo, lo sanno tutti quanto è ingiusto il mondo: ci sono persone che sono sempre state bellissime e che lo saranno fino alla vecchiaia. Non è questione di trucco o postura, è proprio il loro possesso di un’eleganza elettrica e innata, forse ereditaria.
Trovo più ragionevole vedere Giuditta come una ragazza fortunata nel suo essere così affascinante piuttosto che abbandonarmi al fatto che sia una specie di dea adolescente.
Sdraiata per terra nella sua casa sull’albero, fissa il soffitto con quello sguardo sempre lancinante al punto giusto. La canottiera extralarge del suo ragazzo le copre mezza parte delle cosce, e posso affermare con convinzione che Giuditta Moschella non è mai stata così bella come in questo momento.
Mi sembra serena. Non sorride, magari non è felice, ma è sicuramente serena. Con il braccio sollevato e la mano destra sistemata a sostegno della nuca come per simulare la presenza di un cuscino, assume una posa così regale che potrebbe apparire in una qualsiasi rivista di moda.
La sigaretta ancora spenta che le pende dalle labbra, poi, non è nulla se paragonata a quel mento leggermente pronunciato, sul quale i suoi pochi brufoli diventano quasi un abbellimento più che un difetto.
“Sono contenta di non essere l’unica che è rimasta sveglia stanotte” mi confessa a mezza bocca, mentre la sua mano sinistra comincia a tastare il pavimento circostante alla ricerca dell’accendino.
“Solitamente lo sei?” le chiedo, tenendo le mani nelle tasche dei miei jeans. Dopo essersi accesa la stizza, annuisce.
Il suo sguardo rimane fisso sul soffitto di legno, debolmente illuminato dalle luci colorate appese alle pareti.
Ho avuto l’occasione di studiare Giuditta già dai banchi di scuola delle medie. Non siamo mai stati semplici conoscenti, c’è sempre stata un’intesa molto forte tra noi due, ma non è esattamente la persona a cui confiderei i miei segreti o a cui scriverei un messaggio per chiedere consiglio. Non penso di averne mai avuto l’occasione, a dire il vero. Ormai ognuno ha i propri amici, la propria routine e i propri interessi. Inoltre, ho sempre nutrito un certo timore nel relazionarmi con lei.
Quando si passano diciannove anni della propria vita in una cittadina come Cordello, è abbastanza difficile evitare due cose: odiare i propri genitori per essersi bloccati in un posto simile, e non conoscere almeno di vista ogni coetaneo che attraversa le strade del centro paese. In fondo, il nostro liceo è uno solo, e la città vera e propria più vicina è a un’ora e venti di treno da qua.
Siamo tutti bloccati in questo paesino di tremila abitanti che si estende per nove chilometri quadrati, in un claustrofobico ammasso di ville tanto decorate quanto vuote. Ad oggi, sono convinto che si sia dato un nome per sole questioni di orgoglio e comodità amministrativa.
E ora Cordello è anche peggio del solito: sta arrivando l’autunno, è tutto ancora più nebbioso e grigio. In questa casa sull’albero, però, c’è ancora aria di piena estate.
“Pensavi sarebbe rimasto sveglio qualcun altro?” sussurro a Giuditta, come se considerassi insincera la sua gratificazione nell’avermi al suo fianco.
Lei assume una smorfia altezzosa, come per giudicare tutte le persone che non hanno voluto fare after con noi, e si volta verso Stefano, steso in un angolo. Sta dormendo in una posizione che sembra scomodissima: è ingarbugliato peggio dei cavi di un quadro elettrico, con il cranio inclinato verso il basso e le braccia incrociate. Russa molto pesantemente.
“Hai deciso cosa fare con lui?” domando, notando come Giuditta si sia un po’ inorridita nel vedere il suo ragazzo in condizioni simili.
“Che devo fare? Ci sto insieme e fine. Se dura, dura, se non dura, ciao.”
Non riesco a capire se non voglia parlarne o se è un argomento che la fa arrabbiare.
“Dico solo che è l’ultima notte che poteva passare con me. Poteva evitare di andare a giocare a calcetto con Davide e tutti gli altri coglioni per poi collassare all’una alla mia festa” aggiunge, alzando il tono al punto di disturbare i pochi superstiti che ci circondano, ora intenti a muoversi e fare facce strane nel sonno. Fortunatamente, nessuno si sveglia.
Prendo Giuditta per mano, prima di alzarmi da terra e mimarle di stare in silenzio.
Mentre mi dirigo a passo felpato verso le scale casarecce per scendere dall’albero, mi accorgo quante lattine di birra abbiamo lasciato sul terreno del giardino.
Settembre si sta facendo sentire: nonostante indossi una felpa e dei jeans corti, ho i brividi. Sono le quattro e mezza di mattina, effettivamente, e il sole sta giusto ricomparendo all’orizzonte.
Alzo lo sguardo al cielo, già chiaro e grigio.
“Non so se sono pronta a una relazione a distanza” mi dice Giuditta, camminando a piedi scalzi sul prato che circonda la sua casa sull’albero. Senza distogliere lo sguardo dalle pochissime deboli nuvole sopra di noi, la seguo.
In una mano tiene le sue Vans beige, con l’altra l’accendino. Assume una postura gobba, come se fosse stanca.
Le macchine in strada sono l’unica cosa che provoca rumore al momento, anche perché non saprei bene cosa dire a Giuditta per aiutarla.
“O meglio, non so se mi piaccia abbastanza per tentare una relazione a distanza.”
Si ferma, poco lontana dall’entrata posteriore della sua casa, e aggiunge: “voglio dire, alla fine parto anche per scappare da Cordello, non me ne voglio portare dietro un pezzo.”
Scrolla le spalle mentre lo dice, come se si fosse arresa all’evidenza che per questo suo viaggio dovrà fare molti sacrifici, ed entra in casa. Mi lascia la portafinestra aperta, come per invitarmi a entrare. Probabilmente si è accorta che sto gelando.
Do un’ultima studiata al cielo, prima di attraversare il salotto e raggiungere Giuditta nella sua camera, al piano di sopra.
Uno degli elementi più interessanti di casa Moschella è che unisce un arredamento che tenta di essere ultramoderno e futuristico a un sacco di fotografie famigliari appese alle pareti. Noto, in particolare, una piccola Giuditta intenta a costruire un castello di sabbia in una spiaggia a Bali.
Quando entro nella sua stanza blu, una versione triste e cresciuta di quella bambina mi lancia uno sguardo fulminante dal letto.
Forse voleva che me ne andassi.
Mentre lei ritorna a usare il suo cellulare, mi accorgo quanto soltanto dalla sua stanza si possa capire cosa andrà a studiare.
“Mi piacciono le stelle” le dico, indicando timidamente gli adesivi fosforescenti attaccati al soffitto.
Lei ridacchia, spiegandomi che le ha da quando andava alle scuole elementari ma non è mai stata alta abbastanza per riuscire a toglierle, anche con l’aiuto della grata di scale del padre. Al mio chiedergli perché non si faccia aiutare, mi rendo conto da solo che Giuditta non ama chiedere favori, soprattutto ai suoi.
Mi avvicino alla sua biblioteca, attento a non calpestare i vestiti sparsi in giro per il parquet.
Osservo la collezione di enciclopedie, film spaziali e romanzi fantascientifici dalle copertine luminosissime.
Afferro il DVD de La conquista dello spazio, studiando attentamente le condizioni della custodia. Sembra uno di quei classici degli anni cinquanta con un capitano mega virile e cazzuto che mi annoiano fino alla morte.
In realtà, lo spazio è sempre stato particolarmente interessante per me. Ci sono tanti di quegli studi che affermano molte cose spettacolari e devastanti al riguardo e, davvero, l’astronomia è uno di quegli argomenti per cui riservo una particolare devozione senza una ragione apparente.
Non che mi sarà mai utile.
Io non sono determinato o intelligente come Giuditta, e soprattutto, non ho i suoi mezzi per poter continuare gli studi.
“Verrai a trovarmi?” mi chiede, sempre a letto, cogliendo la mia aria sognante nell’osservare la cartina europea appesa alla parete.
Le dico di sì, sferrando un sorriso agrodolce. In realtà, lo sappiamo entrambi che è un no, mi ha fatto una domanda stupidissima. Mi insospettisce come sembri aver bisogno di assicurarsi che la gente non si dimentichi di lei, come se non fosse una delle ragazze più apprezzate e intriganti della cittadina.
Da sotto il letto afferra una bottiglia di coca-cola, mentre io mi appresto a cercare un accendino in giro per la stanza. Mi appoggio una mano sulla tasca posteriore dei jeans per controllare che il mio personal sia ancora lì.
Ne lascio sempre uno per quando finisce una festa.
Mi piace fumare l’ultima canna mentre cammino verso casa alle cinque di mattina perché è quando la cittadina sembra ancora più morta e statica di quanto non lo sia quando le strade si riempiono di nonnetti e mogli che portano a spasso i propri cani bavosi. Dove almeno per un po’ non sono parte di quella realtà, ma l’imperatore di un territorio distrutto. Mi piace mettermi le cuffiette e ballare in mezzo alla strada, sapendo che non passerà mai neanche una bicicletta. Nulla attorno a me è in grado di illuminarsi se non la mia corona.
Devo però ammettere che, per quanto essere ospite della navicella spaziale di Giuditta Moschella non fosse nei miei piani iniziali, mi ritrovo comunque in un posto dove posso permettermi di mettere un po’ di musica e rilassarmi prima di lanciarmi sul mio letto per qualche ora.
Mi ritrovo da solo sul balconcino della camera di Giuditta. Mi accendo il personal e comincio a scenerare per terra. Tanto Giuditta parte domani, i suoi non le faranno certo pulire casa.
“Come sta andando con Sami?” mi chiede lei, quasi agitata. Sembra non voler stare in silenzio, o magari non ci riesce ora che un quasi-estraneo è nella sua camera.
Ci sono molti cinguettii di uccelli intenti a rendere l’ambiente ancora meno quiete, e una fine pioggerellina sembra volermi dire di tornare dentro casa.
Ignoro il consiglio.
“Tutto bene” le dico, schietto: “è un po’ la solita storia, ecco.”
“Ho visto come guardavi il culo a Davide stanotte” mi confessa, con un sorrisetto malizioso.
Scrollo le spalle, continuando a fumare dal balcone.
Guardo Giuditta negli occhi, io appoggiato alla ringhiera in legno del balcone mentre lei sta ancora sul letto, senza togliersi quel ghigno da Stregatto. Penso mi stia sfidando.
“Lo sai che non tradirei mai Sami” le dico, con in testa l’immagine di Davide che balla in mezzo alla casa sull’albero: “Davide ha dei bei lineamenti, okay, è atletico. Ma non mi dice niente, e mi sa di coglione” continuo.
Giuditta si alza, comincia ad avvicinarsi con una camminata delicata e lenta.
Si sta comportando come se non volesse svegliare qualcuno, ma siamo a casa da soli.
Mi prende la canna dalle mani e comincia a fumarla.
“E’ un ragazzo in gamba il nostro Sami, non fartelo scappare.”
Si espone col busto al di fuori della ringhiera. Il vento sbuffa sui suoi capelli e li scompiglia, ma lei non sembra infastidita dalla cosa. Continua a fumare, cercando di guardare oltre la nebbia con gli occhi socchiusi.
“Se ne andrà pure lui via da qui, prima o poi” le dico, e il solo pensiero mi fa salire un’angoscia in grado di tritarmi la gola: “Sami è parte della Cordello bene, come te.”
“Christian” sussurra, appoggiando una mano sulla mia spalla: “chi ti dice che non scapperai via anche te?”
Mi ripassa la canna, prima di sdraiarsi sulle mattonelle arancioni del balcone.
“I soldi. Come sempre.”
Giuditta sbuffa, prima di usare le mani per alzarsi col busto e guardarmi in faccia, quasi scocciata.
“Che palle i soldi, mamma mia.”
“Non dirmelo.”
Soprattutto te, che non hai mai mosso un dito in vita tua perché sei nata col cordone ombelicale d’oro.
“Cosa vorresti fare da grande?” mi chiede.
“Non lo so. Mi basta andare via da Cordello un giorno, per quel che mi interessa posso anche prostituirmi per andar via di casa.”
Non era un discorso che volevo trattare, soprattutto ora. Volevo stare tranquillo.
Lancio il rimasuglio puzzolente della canna lontano dal balcone di Giuditta, prima di rientrare in casa.
Sono quasi le sei. Ci metterò una quindicina di minuti a tornare a casa e mio padre si sveglia tra venti per andare a lavoro.
“Devo scappare.”
“Puoi dormire qui per un po’, se ti va… parto alle tre di pomeriggio” mi comunica lei, mentre io mi avvicino alla porta.
Mi giro. Lei mi guarda con un fare simile a quello di un gatto che vuole farsi grattare. Se non fosse circondata da valige ancora da fare, forse rimarrei.
“Mio padre si sveglierà tra poco, devo andare” ripeto, più convinto. Non la guardo negli occhi: so che mi convincerebbe a restare.
Giuditta mi sembra dispiaciuta, ma non insiste. Con la sua sfilata elegante mi raggiunge e mi abbraccia. Non profuma, ma non puzza. Sento il suo odore vero, e mi piace.
“Ti vedrò per le vacanze di Natale, no?” le dico, ancora attaccato a lei.
“Sì, tornerò” risponde, prima di interrompere l’abbraccio.
Mi prende per mano e mi porta al piano di sotto come un Virgilio particolarmente sicuro di sé.
Esco dal retro, diretto verso il cancello che si affaccia alla strada.
Mi giro un’ultima volta per salutarla. Sarà strano non vederla più in piazza.
Comincio a camminare verso casa, sotto la pioggia. Vorrei tanto una sigaretta ora, ma ho finito il tabacco.
Mogio mogio raggiungo le strisce pedonali che mi allontanano dal quartiere di Giuditta, addentrandomi nel parchetto comunale.
Sospiro. Vorrei davvero ritrovare della magia in queste strade, ma ormai mi nauseano da quanto le ho viste.
Ho sempre pensato che un turista straniero troverebbe questo paesino italiano un piccolo capolavoro se lo visitasse in piena estate: alla fine c’è molto verde, è piuttosto curato e abbiamo un sacco di campi attorno al centro abitato.
Però, ecco, se lo stesso turista fosse confinato qui per mesi, probabilmente cambierebbe idea.
Tengo il ritmo della musica tamburellando le dita tra di loro, ormai arrivato alla fine del parchetto.
Raggiungo la piazzetta davanti al cimitero mentre sento dei passi infrangersi con le pozzanghere d’acqua dietro di me.
Mi giro mentre mi tolgo le cuffiette, giusto in tempo per vedere Giuditta corrermi incontro.
Mi salta addosso, baciandomi.
Rimango stizzito, mi immobilizzo.
Lì, davanti al cimitero di Cordello, Giuditta Moschella mi ha baciato nella sua ultima mattinata da ragazza di paese. Non so cosa pensare, né se mi sta piacendo.
Mi sento come se fossi ancora nella sua stanza, a guardare con meraviglia le stelle attaccate al suo soffitto.
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Sondaggio: 29 Aprile 2019, 03.26 am
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dentrounalbicocca · 6 years ago
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The1975
(Dedico questa pagina di diario a questa band che mi aiuta nell’introspezione, per rileggerla in futuro e ricordare questi anni di qualità)
Ascoltare i the1975 è un percorso ben scandito da fasi definite e illuminanti: hai 14 anni, hai appena cominciato il liceo e senti i tuoi nuovi compagni misteriosi parlare di questa band sconosciuta e dall’accento divertente. Provi, e parte Somebody else, poi Paris, forse un po’ dopo anche A change of heart; diventano facilmente un tormentone: sono rumorosi, vari, non ripetono mai lo stesso giro di note e la batteria di George ti sveglia per forza. Qualche parola la capisci, in superficie, ma quell’accento super British ti confonde e leggi il primo testo, quello di Somebody Else, e ti senti così adolescente e compresa da quattro quasi-adulti mai sentiti in vita tua. E parlano di amore, di corse e persone che se ne vanno, e si tingono di rosa; ascolti tutto I Like It When You Sleep For You Are So Beautiful Yet So Unaware Of It che è così rosa (il rosa dello zucchero filato) ed è l’album con il titolo più lungo che tu abbia mai sentito e pensi Wow Sono Speciali! Scopri Love Me, The Sound, UGH! che per un po’ non ti piace perché boh te la dimentichi e soprattutto Loving Someone e diventi subito un’ally della comunità LGBTQ+, ti tingi di arcobaleno e non capisci mezza parola di quella canzone ma sai che Matty rappa da Dio, velocissimo e senza fiato e che all’inizio parla di pubblicità. Ci passi mesi e mesi, ascolti sempre lo stesso giro di canzoni e inizi ad affacciarti alla loro storia e a quell’album tutto nero e grigio di qualche anno prima, non ti piace perché non è rosa ed è lunghissimo e le canzoni sono difficili e non hai voglia di leggere i testi che sono la parte fondamentale della musica no? che canzone sarebbe senza testo? ed è primavera e li ascolti ancora più rosa, sempre le stesse canzoni + quell’intro omonima della band che diventa il tuo stato whatsapp perché hai 15 anni e ti senti grande, ma in realtà non hai ancora sentito niente.
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È estate e hai Troye e Melanie e Halsey e tanta gente e alcuni anche italiani! E non sei più commerciale, perché i the1975 li ascolti ancora, ma super raramente solo quando passano Somebodyelse- e-compagnia-bella. Poi te li ricordi misteriosamente perché non hai niente da fare e la riproduzione casuale si sveglia tardi e ci riprovi. Le stesse canzoni di prima, lo stesso giro, le stesse sensazioni: hai ricominciato da capo, hai 15 anni e mezzo e ti dici Ora Sì Che Li Ho Capiti perché effettivamente un po’ di più sì, li hai capiti. Ma non è ancora finita: scopri le canzoni strumentali, Lostmyhead, Please be naked, If I believe you che non è nemmeno strumentale e ti segni “Please be naked sarà la mia prima volta” e ti senti stupida dopo un anno e mezza a sentirtelo dire (anche se quei 7 minuti che in realtà sono 5 ancora vuoi che siano la tua adolescenziale prima volta). La title (più lunga del mondo) track ti piace tanto, 6 minuti e mezzo, li ascolti tutti una volta sola perché puoi fare la figa quanto vuoi ma sai che palle? Esplori anche i brani più vecchi, la intro sempre uguale anche per il loro primo album, che si chiama come loro e come la intro, che non è poi così grigio, ma il rosa è un’altra cosa. Scopri Sex (EP version yup), Chocolate, The city, Robbers, addirittura Antichrist che oramai sei una fan per forza, quella non la conosce nessuno. Fidati che non la conosci nemmeno tu ancora. E So far (It’s Alright)? Bella bella, nemmeno te la ricordi, però è bella bella. E i remix chissene frega, non valgono la pena. Sei un tantino più esperta no? Conosci i nomi dei membri della band, hai Matty sullo sfondo, conosci il 65-70% delle loro canzoni, la restante parte è meno importante, le capisci benissimo no? cogli subito i concetti e gli stati d’animo di Matty quando le scriveva e ti ci connetti vero? Non ancora, piccola. L’estate è passata comunque, da un pezzo, vai per i 16 anni wow ma sei grande grande, adolescente con la A maiuscola. Hai una band preferita adesso e la ascolti una volta ogni morte di papa ma li senti ogni giorno (non banale eh?) e wow ti piace l’indie allora e l’alternative! “Ascolto di tutto” non vale più, e intanto ti avvicini ad altre note di altre persone di altri posti di altri giorni e sei felice.
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Non ho idea di quando fosse, ma sei ancora un po’ più grande, i 16 sono passati e forse è estate di nuovo. Non è cambiato moltissimo negli ultimi tempi, ti stai vivendo qualche canzone nuova ultimamente che inconsapevolmente ti sta cambiando molto più di quanto abbia fatto quel 65-70% del loro lavoro che a quanto pare è poco e niente. A Natale papà ti ha preso un po’ di dischi, Halsey, Troye, Melanie, albumrosadaltitololungo e albumgrigioomonimoallaband e sei tanto felicina perché anche la musica di accompagna. Gli ultimi due anni sono stati tosti, papà ha da poco trovato un lavoro e ora sorride, inizi a sentire delle cose perché prima eri un sasso freddo e incosciente, la nonna è andata via il primo maggio 2018 e anche Nana ti aiuta a star meglio. È proprio la canzone per te adesso, ti tiene la mano e non ti fa piangere perché non piangi da un po’ (escluso il funerale) (in realtà lo sai che la notte prima di addormentarti è il momento peggiore della giornata) però ti aiuta e ti conforta ricordarti di non essere nè la prima nè l’ultima. I video li hai visti (non tutti) e ti piacciono tantissimo pur non sapendo di non averli capiti. E i mesi passano e passano e passano e questa band c’è ancora, ti coccola e ti regala un sentore di specialità. Sei in terza liceo, ne hai vissute parecchie in questi mesi e cominci il percorso che intesta il tuo blog su tumblr, hai tante sensazioni che succederanno un sacco di cose (good job girl, l’albicocca del futuro è sorpresa) e speri di avere ragione. Hai tanti problemi, vai da una persona speciale che è l’unica che non ti giudica e di cui speravi nessuno conoscesse l’esistenza, migliori il tuo amore per gli amici mentre tu cadi un po’ più giù. La musica è un po’ lontana da te, ma poi inizia il 2019 e vai al tuo primo concerto, un altro in vista, A Brief Inquiry Into Online Relatioships è fuori da qualche mese e lo stai vivendo meglio rispetto ad albumrosa e albumgrigio perché stai al passo con le news e incroci le dita che dopo Troye ed Ed toccherà a loro. La intro robotica non è poi così male, la copertina è un sacco bella e pulita, Give yourself a try era strana quest’estate, quando Matty aveva i capelli arancioni e hey si parla di quasi un anno fa, festa in piscina di fine scuola, non l’hai voluta ballare alla fine eh? Era poi uscita Love it if we made it che per tanto tempo è stata scura e poi si è colorata nel contesto dell’album, TOOTIMETOOTIMETOOTIME non ti fa impazzire ma poi il video coloratissimo la salva, le altre canzoni le ascolti di fretta e ti piace la voce di Siri maschile inglese in The man who married a robot/ Love Theme e tutti quei brani strani ed elettronici che hanno portato il loro canale YouTube a 2 Mln di iscritti, tu compresa da tempo, e una consapevolezza di quanto tu stia crescendo con loro. Non piacciono quasi a nessuno, a tuo padre tanto meno, i tuoi coetanei sono fuori dal mondo (no, sei tu che sei fuori tempo) e arrivi ad oggi.
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17 marzo 2019, 17 anni anche se ti piace pensare di averne già 18 perché boh ti senti già vecchina, il troca di ieri è stato penoso ma ti ha portato a questo. Stai scrivendo un papiro di fasi dell’unica musica con la quale ti connetti, e ora si diventa seri: i The1975 sono un po’ come fare l’amore (non scopare eh) o come mangiare una crostata da soli, usano metafore, sarcasmo, ironia, dialogo, retorica, introspezione, mistero, divertimento per raccontare un sacco di cose diversissime ma quasi uguali tra loro, parlano di politica, amore, droga, depressione, latte, cioccolato, ladri, sesso, scarpe, teatri, 29 anni, suicidio, ateismo, gay, vino, chitarre, prostitute, nudi, macchine, soldi, tu, io, lui, lei, noi, voi, loro e nessuno. Ora li senti sotto pelle, ora ascolti Matty che parla di come hanno realizzato i video e del loro significato e rimani a bocca aperta per come parla di ciò di cui parla, di come si sente un artista e di quanto cavolo ti siano entrati dentro il sangue in due anni e mezzo. E quindi la intro, The1975, un tantino diversa per ogni album, parla di cose che si fanno con la bocca che non mi piace nominare, Chocolate parla di erba e le sue note tingono questa droga di un sapore diverso, che vorrai sentire quando fumerai la prima, Sex parla puramente di sesso, anche se ci cerchi un significato intrinseco, Antichrist ti spiega l’ateismo di Matty, anche se ancora non ti convince la sua spiegazione e non ti ci colleghi al 101%, in Woman Eileen è una prostitua un po’ più grande e no non è come sembra, Intro/Set3 non fa impazzire ma funziona, Undo l’avevi capita già di più ma capirla ancora è decisamente meglio, You racconta una relazione malata di Matty e il lungo silenzio che la segue ti porta a Milk che racconta la cocaina e anche lei ora ha un suono e un sapore diversi, Anobrain è amore e a-no-brainer, Me è la tua preferita da un sacco ed è Matty al microscopio, anche The Ballad of me and my brain è la tua preferita ed era facilmente comprensibile, ma è bello sentirsela dentro, She lays down ha dei begli accordi, in Give yourself a try Matty aveva i capelli arancioni per un motivo e parlava di presente, TOOTIMETOOTIMETOOTIME ha un sacco di punti di vista, Love if we made it è stata difficile e non dice solo “poison me daddy”, Be my mistake non te la ricordi ma era bella, Sincerity is scary è un capolavoro visivo e uditivo, The man who married a robot/ Love theme è simpatica, Inside your mind è amore, It’s not living (if it’s not with you) è un altro capolavoro in cui Danny è eroina con un altro sapore e suono ancora, anche Mine non scherza, I always wanna die (sometimes) è magica.
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Dopo una mattinata dietro a parole su parole, qualcosa l’avrai dimenticato, ma sentivi il bisogno di ricordarti certe cose. Genius è un’app-salvezza e YouTube è una piattaforma superiore con quei video, Matty does art e Adam, George e Ross sono fondamentali. Il testo, tanto per la cronaca, non è importante, le parole le trovi tu e devi formulare una teoria anche su questo, ma i the1975 sono il testo, e fanno eccezione solo loro sulla terra. Questo post lo rebloggherai, prima o poi, aggiungerai fasi e ricordi e sorriderai di fronte a quanto sei bimba, e li ringrazierai per conservare la tua mente vecchia e il tuo cuore bambino.
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itachi-with-a-chicken · 6 years ago
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BAGNINO AL LIDO!AU
Si, i titoli faranno sempre così schifo sorry not sorry
È parte del fascino
E mi scoccia cercarne di decenti già con le ff “ufficiali” è un trauma
Dunque
È estate, la vita è difficile e pesante per tutti, ci vuole un AU ignorantissimo e dunque
FABRIZIO FA IL BAGNINO A UN LIDO FIGHETTO
(Puglia, Roma, doesn’t really matter)
Ermal è alla sua prima vacanza con i friends ah si che figo andiamo e conquistiamo il mondo
I Friends: Paolino, che è piccolo e se lo portano dietro solo perché ha gli agganci per entrare al lido senza pagare; Macco, che è più che willing di supportarlo nelle sue puttanate ma c'ha sempre la zita quindi fino a una certa; Vige, che non doveva esserci anzi aveva prenotato le vacanze con la famiglia a Ibiza e invece no; Roberto, che è l'unico a inspirare serietà ai genitori per permettere ai figli di andare, is actually the biggest troll ever
(consider this: Ermal c'ha 18 anni e Bizio 24, due pischelletti)
Il piano è: passiamo l'estate al posto kool della zona e risparmiamo tempo e fatica
( e ovviamente hanno la frittata di maccheroni per pranzo ve pare)
E quindi pure parcheggiando a monculo riescono a entrare nel lido fighetto senza manco pagare perché Deeno li fa entrare
“tutti hanno un prezzo” disse una volta il dolce carino Paolino a un Marco colto in un momento di distrazione. Da quel momento in poi Macco non lo guardò più con gli stessi occhi
Ma tornando ai pischelli, Ermal quell'estate era partito con l'idea di farsi almeno un'avventura estiva alla peggio, infiniti numeri alla meglio
E Fabrizio?
Fabrizio lavora. Fabrizio ha bisogno di soldi. E di pace. E di soldi. Aveva già menzionato i soldi?
Quello, unito ai controlli non troppo severi oltre il “sai nuotare?” “Si” “anche dove non tocchi” “me pare” gli hanno fatto avere questo lavoro SOTTO IL SOLE E IL MARE E IL CASINO OH CHE BELLO
L'incubo degli introversi
Ma pagano bene e tra un bimbo strillante e una mamma rompicoglioni c'ha pure il tempo di rimorchiare vuoi mettere play guitar on the beach for girls
Quinsi dai questa estate bellissima lui c'ha caldo le prime tre ore e sono ancora le 10 chissà se arriva a fine turno
Nel frattempo gli scalmanatelli arrivano e si piazzano a ignoranza con l'ombrellone la sedia strana della mamma di Paolo le tovaglie e Ermal che si distrae a guardare il mare e non dà una mano manco per il cazzo
Tutti contenti della loro sistemazione tempo 20 secondi sono in acqua a rompere l'anima a letteralmente chiunque attorno a loro e ridono e si divertono
Meanwhile Fabrizio deve spiegare a un bimbo viziato che la torretta del bagnino non era un gioco
“stendiamoci un po’ a prendere il sole dai” “madonna Montanari quanto sei vecchio Vige caccia il Super Santos”
E Fabrizio riceve un calcio negli stinchi da una ragazzina per averle impedito di correre nell'acqua senza braccioli E SENZA GENITORI
insomma, hanno avuto mattine un po’ diverse e all'ora di pranzo aka la fine del turno di Bizio, l'uomo è, giustamente, un po’ stanco. Un po’ eh.
E l'unica cosa che agogna è il centrifugato tutti i frutti più uno che la Elisa al bar gli aveva promesso con più ghiaccio che anima
Ed è lì, con il suo agognato premio
Lo porta alla bocca, già godendosi la dolcezza dei frutti
E ARRIVA UN CRETINO A URLARE FACENDONE CADERE MEZZO ADDOSSO A LUI.
E chi vuole essere quel cretino se non un certo ricciolino di nostra conoscenza?
“oh scusami” “scusa un cazzo ragazzì guarda che macello” “ma non l'ho fatto apposta oh” “e ci mancherebbe solo”
Fabrizio non mena le mani perché il succo gli si sta appicciando addosso e vuole solo andarsi a fare una doccia
Ermal è tutto “ma vedi che antipatico madonna spero di non rivederlo mai più” SEH NE RIPARLIAMO ERMALÌ
il pomeriggio Fabrizio lo passa a idratarsi e a fare i turni al bar che a cacciare un gelato e una birra sono buoni tutti, almeno fino a quando Claudio non gli fa arrivare la sua preziosissima chitarra
a quel punto è solo questione di aspettare le sei che il turno finisse e sarebbe stato libero anche lui
Meanwhile, Claudio che è amico di Deeno che è amico di Paolino che al mercato mio padre comprò ovviamente si trovano a parlocchiare e più o meno tutti grandi e piccoli si ritrovano sulla spiaggia (mollando Fabrizio con un sonoro “poi ci raggiungi là”. E va beh Fabbrì, almeno c’hai la chitarra)
(ah manco la chitarra, se la sono portati per cominciare a suonare. E vabbé)
Ermal, che dall’ora di pranzo aveva bellamente dimenticato l’incidente, decide che quel giorno stava a lui offrire le birre -tenendo ben presente che non avrebbe speso 15 euro al giorno quindi le prossime volte se volevano bere se le portavano da casa nella borsa frigo-
e ovviamente chi è che stava giusto per smontare e si trova bloccato dall’ultimo cliente rompicazzo prima della fine del turno?
(per inciso, non è Ermal il cliente che voleva giusto tre birre, ma un altro tizio)(ma comunque sconta su Ermal)
“Non possiamo vendere alcolici ai minorenni” “guarda che li ho 18 anni” “seh, e io sono De Niro. Senti regazzì, se ti vendo le cose quà me licenziano e non mi va”
Ermal è: oltraggiato. Ma è quella volta al giorno che il cervello gli funziona quindi caccia il documento di identità e glielo presenta
Fabrizio è ancora dubbioso, guarda il documento e Ermal tre volte, prima di decidere che si è rimpito le palle pure troppo e gli molla le birre
Ermal non dice manco ciao, piglia la sua roba e poco ci manca che lo mandi a quel paese, che stronzo oh
ma vedi se non se la fa passare subito quando vede che la tipa del paesino vicino che gli piaceva si era unita al gruppetto suo ed è subito Mr CharMeta
e insomma si ride si scherza si parla gente si conosce Macco riflette attentamente se possono scambiare Ermal per Claudio ma sopratutto finisce il sacrosanto turno di Fabrizio
Si reca anche lui dagli amici suoi, salutandoli un po’ tutti perché alla fine è brv e Elisa gli pianta una birra in mano senza che manco la chieda
prende il suo posto a terra e si mette alla ricerca della sua preziosa chitarra e la trova nelle grinfie di nessun’altro che il pischelletto di prima che non solo stava incasinando le corde e tutte le cose ma stava pure cercando di fare il piacione E ALLORA
(side note:quanto è poetica l’immagine di aver perso la cosa più importante della tua vita e scoprire che è tra le mani di un’altra persona che la sta curando? anche nel trash trovate la cultura, vedete?)
(ovviamente dal punto di vista di Fabrizio più che curarla la stava violentando) (che poi, la stava accordando bene, ma figuratevi se lo ammetterà mai) (piuttosto la morte)
'nsomma, Ermal alza lo sguardo e incrocia quello carico d'odio (o quello che pensa sia odio) di Fabrizio e ugh di nuovo il tipo del bar che era il tipo del succo che voleva da loro ugh
Ma poi lo vede salutare Claudio con tanto affetto e ugh ecco perché era là che amicizie di cazzo hai Deeno eri quasi una persona apposto
E come se non bastasse stava salutando la tipella con cui stava parlando lui e OH STÌ BACI STÌ ABBRACCI MA VEDI STO STRONZO
perché FabrizioVirgolaChescemononèVirgola con la tecninca del "ah da quanto tempo non ci vediamo" non solo si è seduto dall'altra parte della tipa, ma stava anche rubando tutta la sua attenzione e anche la chitarra
"hey!!"
"hey un cazzo, è mia"
Ah.
Quindi giustamente Fabrizio se la riprende e Ermal deve contare indietro da 100 per non rispondergli male e peggiorare la situazione, soprattutto con la tipella che stava dedicando tutta la sua attenzione a lui che strimpellava canzoni
Okay era passabile, la voce non faceva schifo
Ascoltabile al meglio
E poteva ammettere con tranquillità che aveva una tecnica decente
Ma rimaneva uno stronzo
E questo è il primo magico incontro dei nostri due eroi che passano la serata a praticamente fare meglio dell'altro
A una certa Ermal si è messo a raccontare le barzellette perché sapeva di essere bravo
E Fabrizio ("che nome antipatico") risponde con le battute sporche
E parliamo di libri
E Fabrizio se ne esce con i film
Finisce la serata che Claudio non è riuscito a scambiare una parola con il suo migliore amico
Macco ha dovuto letteralmente trascinare via Ermal perché dovevano ancora tornare al paese ed erano le undici e mezza stavano là dalla mattina ANDIAMO ERMAL
Ermal era deciso a non voler lasciare la tizia alla mercé di Coso, ma per gioia di tutti anche Fabrizio stava andando via
"ci saranno altri giorni" disse Vige, cercando di rincuorare il suo amico
"hai ragione" replicò Ermal con un ghigno malefico
Da quella giornata infinita iniziò il più assurdo gioco di "conquista la ragazza" dell'estate
La mattina erano al mare come tutti i ragazzi normali a prendere il sole fare il bagno rompere il cazzo a Fabrizio
La sera se c'era la tizia, o anche no, era sempre un "io sono meglio di te"
Che per dirla tutta, per Fabrizio è una questione di principio. Ermal voleva una cosa? Bene, non l'avrebbe avuta. Al bar non gli servivano più la birra, la chitarra chissà come mai arrivava sempre scordata e se cominciava a cantare una canzone automaticamente partivano con un'altra
Ma Ermal non era una vittima innocente, affatto. A furia di vederseli mandare con le cose più strampalate, Fabrizio aveva fatto amicizia con tutti i bambini del lido. Dopo il turno gli dovevano dare la birra? Ops è sempre quella calda. E ovviamente le risposte al vetriolo che sembravano lasciarlo sempre di stucco
(E adesso non vorrei fare quella che dice le cose, ma sono il narratore e devo farlo)
(Perché si okay è divertente mandare i bimbi da Fabrizio ma Ermal era ormai affascinato dalla piccola cricca di bambini che aveva riunito attorno a se. E le risposte potevano essere rispostacce ma non gli era certamente sfuggito che Fabrizio non si offendesse mai ma al massimo gli rispondeva a tono)
(e non è che Bizio stia messo tanto meglio. Perché la velocità con cui Ermal riaccordava la chitarra e seguiva qualsiasi canzone avessero cominciato a strimpellare non era roba da niente e ovviamente era più che capace di cantare)
(ma questo rimanga tra me e voi, loro sono ancora convinti di non sopportarsi 🙄)
Dedicata a @ritahasaproblem , che merita un sacco di meglio di questo
Follow me alla parte 2  e alla parte 3 e se volete pure la 4
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