#mano in acciaio
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Giuliano Saba: La scultura in acciaio che unisce forza e sensibilità artistica. La mano in acciaio di Giuliano Saba: un'opera che racconta la resistenza, il contatto e l'espressività dell'arte moderna
Giuliano Saba, noto per la sua sensibilità artistica e la sua abilità nel lavorare materiali difficili come l’acciaio, presenta un’opera che cattura l’attenzione per il suo forte impatto visivo e concettuale.
Giuliano Saba, noto per la sua sensibilità artistica e la sua abilità nel lavorare materiali difficili come l’acciaio, presenta un’opera che cattura l’attenzione per il suo forte impatto visivo e concettuale. La scultura raffigura una mano, realizzata in acciaio inox, una scelta che riflette l’interesse dell’artista nel rappresentare non solo l’anatomia umana ma anche l’essenza della forza e…
#arte e comunicazione#arte e connessione umana#arte e forza#arte e resistenza#arte e tocco umano#Arte moderna#bellezza della mano#bellezza dell’acciaio#contatto e arte#creatività e materiali moderni#Dan Giuliano#espressione artistica#espressività del metallo#giochi di luce nella scultura#Giuliano Saba#Giuliano Saba artista#Giuliano Saba scultore#maestria nella scultura.#mano in acciaio#materiali moderni in arte#opere di Giuliano Saba#opere metalliche#potenza dell’acciaio#rappresentazione della mano#riflessione artistica#scultura Alessandria#scultura contemporanea#scultura figurativa moderna#scultura in acciaio#scultura tattile
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Qualcuno ha pubblicato questa foto qualche giorno fa. Molti hanno voluto sapere la storia dietro la statua, quindi eccola qui...
Kópakonan: Una statua della Donna Foca si trova a Mikladagur, sull'isola di Kalsoy. È realizzata in bronzo e acciaio inossidabile, progettata per resistere a onde alte fino a 13 metri. All'inizio del 2015, un'onda di 11,5 metri si abbatté sulla statua, ma rimase ferma e non subì danni (vedi i commenti per le foto di questo evento).
La leggenda di Kópakonan (la Donna Foca) è una delle fiabe più conosciute nelle Isole Faroe. Si credeva che le foche fossero esseri umani che avevano scelto volontariamente di morire nell'oceano. Una volta all'anno, la tredicesima notte, erano autorizzate a tornare sulla terra, togliersi la pelle e divertirsi come esseri umani, ballando e godendosi la vita.
Un giovane contadino del villaggio di Mikladalur, sull'isola settentrionale di Kalsoy, curioso di sapere se questa storia fosse vera, si appostò sulla spiaggia una sera della tredicesima notte. Vide le foche arrivare in gran numero, nuotando verso la riva. Si arrampicarono sulla spiaggia, si tolsero la pelle e la posizionarono accuratamente sulle rocce. Senza la pelle, apparivano come normali esseri umani. Il giovane osservò una bella ragazza foca posare la sua pelle vicino al punto in cui era nascosto, e quando iniziò la danza, si avvicinò di nascosto e la rubò.
I balli e i giochi durarono tutta la notte, ma non appena il sole iniziò a spuntare all'orizzonte, tutte le foche si precipitarono a riprendere le loro pelli per tornare in mare. La ragazza foca era molto sconvolta quando non riuscì a trovare la sua pelle, anche se il suo odore era ancora nell'aria. Poi l'uomo di Mikladalur apparve tenendola in mano, ma non gliela restituì, nonostante le sue suppliche disperate, così fu costretta ad accompagnarlo alla sua fattoria.
L'uomo la tenne con sé per molti anni come sua moglie, e lei gli diede diversi figli; ma lui doveva sempre assicurarsi che lei non avesse accesso alla sua pelle. La teneva chiusa in un forziere di cui solo lui aveva la chiave, una chiave che portava sempre con sé, appesa a una catena alla cintura.
Un giorno, mentre era in mare a pescare con i suoi compagni, si rese conto di aver lasciato la chiave a casa. Annunciò ai compagni: "Oggi perderò mia moglie!" – e spiegò cosa era successo. Gli uomini ritirarono le reti e le lenze e remavano verso la riva il più velocemente possibile, ma quando arrivarono alla fattoria, trovarono i bambini tutti soli e la madre scomparsa. Il padre sapeva che non sarebbe tornata, poiché aveva spento il fuoco e messo via tutti i coltelli, in modo che i piccoli non si facessero male dopo la sua partenza.
Infatti, una volta raggiunta la riva, la donna aveva indossato la sua pelle di foca e si era tuffata in acqua, dove un grosso foca maschio, che l'aveva amata per tutti quegli anni e che la stava ancora aspettando, le si avvicinò. Quando i suoi figli, quelli avuti con l'uomo di Mikladalur, più tardi scesero in spiaggia, una foca emergeva dall'acqua e guardava verso la terra; la gente naturalmente credeva che fosse la loro madre. E così passarono gli anni.
Un giorno, gli uomini di Mikladalur pianificarono di andare a caccia di foche in una delle grotte lungo la costa. La notte prima della caccia, la moglie foca apparve in sogno al marito e gli disse che se fosse andato nella grotta a caccia di foche, avrebbe dovuto fare attenzione a non uccidere il grande foca maschio che avrebbe trovato all'ingresso, perché quello era suo marito. Non avrebbe dovuto neppure ferire i due piccoli cuccioli di foca nel fondo della grotta, perché erano i suoi due giovani figli, e gli descrisse le loro pelli in modo che li potesse riconoscere. Ma il contadino non prestò attenzione al messaggio del sogno. Si unì agli altri nella caccia e uccisero tutte le foche che trovarono. Quando tornarono a casa, il bottino fu diviso e il contadino ricevette come sua parte il grande foca maschio e le zampe anteriori e posteriori dei due cuccioli.
La sera, quando la testa del grande foca e le membra dei piccoli furono cucinate per cena, ci fu un grande boato nella stanza del fumo, e la donna foca apparve sotto forma di un terribile troll; annusò il cibo nelle ciotole e lanciò la maledizione: "Qui giace la testa di mio marito con le sue larghe narici, la mano di Hárek e il piede di Fredrik! Ora ci sarà vendetta, vendetta sugli uomini di Mikladalur, e alcuni moriranno in mare e altri cadranno dalle cime delle montagne, finché non ci saranno abbastanza morti da poter unire le mani tutto intorno all'isola di Kalsoy!"
Pronunciate queste parole, scomparve con un grande boato di tuono e non fu mai più vista. Ma ancora oggi, purtroppo, accade di tanto in tanto che gli uomini del villaggio di Mikladalur annegano in mare o cadono dalle scogliere; si teme quindi che il numero delle vittime non sia ancora sufficiente affinché tutti i morti possano unire le mani intorno all'intero perimetro dell'isola di Kalsoy.
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GENTILI
Provo grande ammirazione per le persone gentili ma forti.
Capita di oscillare tra due estremi, cioè di essere buonisti e farsi abusare, oppure di diventare generali austroungarici gelidi e impositivi.
Invece alcuni sanno stare perfettamente nel mezzo.
Sono buoni, per davvero, sono generosi, per davvero, sono gentili per davvero, ma se devono mettere un confine o far valere i loro diritti o i loro spazi, allora diventano impenetrabili peggio di un muro di cemento e acciaio.
Lo fanno con fermezza e assoluta pacatezza, senza alzare la voce, ma emanano talmente tanta risolutezza che nessuno oserebbe mai contraddirli.
In ogni caso la gentilezza quella vera, essere disponibili, cortesi, accogliente senza farsi calpestare, resta la dote che preferisco coltivare in me e che apprezzo di più negli altri, quelle rare volte in cui la vedo.
Andrebbe allenata come un muscolo, la gentilezza, iniziando a paraticarla in presenza, osservando bene la situazione che si ha davanti, e scegliendo con chi elargirla: non mi piace l’idea di farlo a casaccio.
Credo che alcuni possano essere trasformati da un gesto gentile e trasferirlo sugli altri a loro volta.
Allora quel gesto di moltiplica e diventa come una Ola (ve la ricordate sì?) che si espande e si contagia.
In un pianeta che diventa ogni giorno più gelido, nonostante i termometri dicano il contrario, il calore sprigionato da una mano gentile farà la differenza.
ClaudiaCrispolti
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Il fatto: il Tar della Campania ha dato torto al ministero della Cultura sulla tutela del paesaggio e ha dato ragione alla spagnola Grupotec per costruire una centrale fotovoltaica di 31 ettari nella valle dell’Ufita (Avellino). Dice il Tar: la tutela del paesaggio sarà pure nella Costituzione all’articolo 9 (...), ma da un anno nella Costituzione c’è anche la tutela dell’ambiente e quindi la centrale fotovoltaica va fatta. In altre parole, il Tar ha infilato un cuneo nella crepa sottile tra paesaggio e ambiente e ne divarica i lembi fino a trasformarla in una frattura. E le associazioni ecologiste si dividono fra le due opposte anime (...) della transizione energetica (ecco le associazioni Legambiente e Wwf e Greenpeace) e della tutela dei luoghi (Italia nostra, gli Amici della Terra, il Cai e le sezioni locali di alcune delle associazioni nell’altro gruppo). Il divario fra i due princìpi costituzionali e soprattutto fra le due anime (...) dell’ambientalismo potrebbe diventare sempre più largo con il rafforzarsi delle strategie climatiche. Bisogna costruire in Italia almeno 65 mila megawatt di nuove centrali alimentate da fonti energetiche rinnovabili; a mano a mano che (queste) saranno sempre più pervasive, potrà salire la riottosità delle comunità che potrebbero sentirsene invase. Il tema adesso è limitato a porzioni contenute (...) ma domani potrà diventare un problema di tollerabilità sociale.
Il "cuneo nella crepa sottile", le due anime dell'ambientalismo : tua sorella. Ambiente e Paesaggio sono due cose totalmente distinte: l'uno è naturale, l'altro è edificato, costruito; il primo è Terra, Pianeta, geologia e natura, l'altro è architettura, intervento umano.
Interventi sovente belli, PIU' BELLI della Natura allo stato brado (il "BelPaese"): i famosi paesaggi toscani sono territori antropizzati al 100%, da millenni.
Sotto tale profilo, un impianto fotovoltaico Paesaggio Bello di sicuro non fa, ma farlo passare come "ambiente da difendere" è possibile solo per via dei neuroni surriscaldati dal terronismo sul cambiamento climatico.
"Le comunità potrebbero sentirsene invase": stiamo parlando non di tetti di capannoni o di aree edificate dismesse ma di decine o anche centinaia di ettari messi a specchi. Per singolo impianto. Aree che da agricolo-pastorali-forestali diventano cemento dei plateau di fondazione e acciaio dei sostegni: è CONSUMO DEL SUOLO nudo e crudo. Almeno una fattoria dura cent'anni se non cinquecento, mentre un impianto FV ha una vita utile tra i dieci e i venti anni. E poi? A proposito di economia circolare.
Ah' spetta, mo' si sono inventati l'ipocrisia molto latina del cd. AGRIVOLTAICO: solleva i pannelli e fingi che qualche pomodoro si possa piantare, lì sotto. Godono solo le pecore: adorano brucare all'ombra dei pannelli, la cosa peraltro fa risparmiare gli sfalci.
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“Tutto cambia, Levi Reonhato. Non sei più un bambino ora, ma un uomo, con un fardello da uomo sulle spalle e una scelta da uomo davanti a te.”
Il caldo desertico era svanito e una falce di luna spuntò bassa all’orizzonte, sottile e rossa come il sorriso di un cannibale. Attraverso le arcate s’intravedeva il tenue bagliore delle luci, decine di migliaia di lampade a olio sminuite dalla vasta oscurità del deserto circostante. A sud, una cappa di fumo smorzava la lucentezza del fiume. Il vento trasportava con sé l’odore di acciaio e di fornace, sempre presente in una città conosciuta solo per i suoi soldati e le sue armi. Come vorrebbe, Levi, aver visto Serra prima di tutto questo, quand’era la capitale dell’Impero dei Dotti. A quei tempi i grandi edifici erano biblioteche e università, non caserme e sale di addestramento. La Strada dei Cantastorie ospitava un gran numero di palchi e di teatri, non un mercato di armi in cui le uniche storie che si raccontavano erano quelle di guerra e di morte. Era un desiderio stupido, come quello di volare. Nonostante le conoscenze di astronomia e architettura e matematica, i dotti si erano sgretolati sotto l’invasione dell'Impero. La bellezza di Serra era perduta ormai. Adesso era una città marziale. In alto, il cielo splendeva, illuminato dalla luce fioca delle stelle. Una parte del corvino sepolto da tempo capì che questa era bellezza, ma non era più in grado di meravigliarsene come faceva da bambino. Allora, si arrampicò sugli alberi del pane per avvicinarsi alle stelle, convinto che un po’ di altezza in più lo avrebbe aiutato a vederle meglio. Allora, in quel mondo era fatto di sabbia e cielo. Allora, era tutto diverso. x: «Tutto cambia, Levi Reonhato. Non sei più un bambino ora, ma un uomo, con un fardello da uomo sulle spalle e una scelta da uomo davanti a te.» Levi aveva in mano il coltellino e lo puntò alla gola dell’uomo incappucciato accanto a lui. Da dove era saltato fuori? Giurerebbe sulla vita dei suoi genitori e di quell'imbranata di sua sorella che quest’uomo non era qui un attimo fa. «Chi diavolo sei?» gli chiese tagliente. Lo sconosciuto abbassò il cappuccio e il corvino ottenne la sua risposta: un Augure. Che ci faceva qui un / Augure /? Credeva che i santoni avessero di meglio da fare, come rinchiudersi nelle caverne a leggere le viscere delle pecore. Era esattamente uguale da come sua madre Laia un tempo li aveva descritti: la sclera degli occhi dell’Augure era di un rosso demone acceso, in contrasto con le iridi nere e lucenti; la pelle si tendeva sulle ossa del suo viso come un corpo torturato sulla ruota. A parte gli occhi, in lui non c’era molto colore in più rispetto ai ragni traslucidi che si annidavano nelle catacombe di Serra.
Si chiedeva come fosse possibile che sua madre, una donna così tanto intelligente, pensava davvero che gli Auguri fossero immortali? Ma in fondo non era l’unica. I marziali credevano che il / potere / degli Auguri derivasse dal loro essere posseduti dagli spiriti dei morti. Eppure, a chiunque aveva un briciolo di logica, era chiaro che erano una banda di ciarlatani, venerati in tutto l’Impero non solo come creature immortali, ma anche come oracoli ed esperti nella lettura del pensiero. x: «Nervoso, Levi?» l’uomo spinse via il coltello dalla gola, «perché? Non devi avere paura di me. Sono solo “un ciarlatano che vive nelle caverne, uno che legge le viscere delle pecore”. Giusto?» Che il cielo lo fulmini! Come faceva a sapere che Levi pensava queste cose? Cos’altro sapeva? «Era uno scherzo» replicò, «uno stupido scherzo.» x: «E il tuo piano per disertare? Anche quello è uno / scherzo /?» Il corvino rimase in silenzio. Chiunque tenterebbe di scappare da quella “prigione”, chi è che non lo farebbe? x: «Gli spettri delle nostre cattive azioni cercano vendetta» disse la figura dall’aspetto pallido, «ma il prezzo da pagare sarà elevato». «Il / prezzo /? Di cosa cazzø stai blaterando vecchio?» lasciando stare / l’educazione / che i suoi genitori gli avevano insegnato, gli ci volle un istante per capire. Voleva farlo pagare per consentirgli di mettere in atto il suo piano. All’improvviso l’aria della sera si fece più fresca, e pensò alla segreta di Kauf di cui aveva tanto sentito parlare, dove l’Impero spediva a soffrire i disertori nelle mani dei suoi servi più crudeli. E pensò alla frusta di quella strega, al sangue di quei poveri ragazzi che macchiavano le pietre del cortile di Rupenera. Gli aumentò di colpo l’adrenalina, dicendogli di attaccare l’Augure, di sbarazzarsi della minaccia che rappresentava, ma il buon senso prevalse sull’istinto. Gli Auguri godevano di un tale, sconfinato rispetto, che ucciderne uno non era un’opzione percorribile. Umiliarsi invece poteva essere utile. Dunque, era qui per punirlo? x: «Non sono qui per punirti. In ogni caso, il tuo futuro è già una punizione sufficiente. Sai perché sei qui, Levi?» l’Augure si voltò verso la torre campanaria modellata come un diamante. Le parole di cui erano fregiati i mattoni della torre erano così familiari che ormai non le notava quasi più nessuno: “Dai giovani temprati per la battaglia s’innalzerà il Predestinato, l’Imperatore Supremo, flagello dei nostri nemici, condottiero di un esercito devastante. E l’Impero sarà completo.” x: «Per le profezie. Per il futuro contenuto nelle visioni degli Auguri. Ecco perché abbiamo costruito questa accademia. Ecco perché sei qui. Conosci la storia?» Cinquecento anni fa, un brutale guerriero di nome Taius aveva riunito i clan divisi dei marziali ed era piombato giù dal Nord, annientando l’Impero dei Dotti e conquistando la maggior parte del continente. Si era autoproclamato Imperatore e aveva fondato la propria dinastia. Ma gli Auguri, considerati santi già a quei tempi, avevano scoperto nelle loro visioni che la stirpe di Taius un giorno si sarebbe estinta. E in quel momento avrebbero dovuto scegliere il nuovo imperatore attraverso una serie di prove di forza fisica e mentale: le Selezioni.
Per ovvi motivi, Taius non aveva apprezzato granché la profezia, ma gli Auguri dovevano averlo minacciato di strangolarlo con le budella di pecora, perché non aveva fiatato quando avevano eretto Serra e cominciato ad addestrarvi gli allievi. E, cinque secoli dopo, erano ancora tutti qui, in attesa che la linea dinastica del vecchio furbacchione si estinguesse e che uno di loro potesse trasformarsi in un imperatore nuovo di zecca. Generazioni di guerrieri si erano addestrati, avevano servito ed erano morti senza essere neppure sfiorati dalle Selezioni. Serra può anche essere nata come luogo in cui istruire il futuro imperatore, ma ora era solo una palestra per sfornare le risorse più micidiali dell’Impero. «Conosco la storia», Levi interruppe finalmente il suo ostinato silenzio. Laia gli raccontava storie bislacche dato che quelle d’amore non erano di suo gradimento. Era la sua narratrice e potrebbe anche sembrare una pazza scappata da un manicomio che papà James - santo uomo che era - aveva sposato, ma con la sua voce, il guizzo di una mano e l’inclinazione della testa sapeva tessere le trame di mondi interi. Eppure Levi non credeva a una sola parola di quel mito, per lui era soltanto sterco di cavallo. x: «Non è né un mito né sterco di cavallo, mi dispiace», replicò l’Augure serio. «Sei davvero capace di leggere il pensiero.» x: «Una formulazione semplicistica per un’impresa complessa. Ma è così, ne siamo capaci.» «Allora sai tutto. Del mio piano di fuga, delle mie speranze, del mio odio, della mia famiglia. Tutto.» x: «È un buon piano, Levi», confermò il santone. «Quasi infallibile. Se desideri portarlo a termine, io non ti fermerò.» “È un trucco” gridò la mente del corvino, ma guardò negli occhi del santone e non vide alcuna menzogna. x: «Vieni, facciamo due passi.» Levi era troppo intontito per fare altro che non fosse seguirlo. Se l’Augure non stava cercando d’impedirgli di disertare, allora cosa voleva? Cosa intendeva quando aveva detto che il suo futuro sarà già una punizione sufficiente? Il corvino aveva cercato di leggere i suoi pensieri, tutto ciò di cui aveva bisogno sapere, ma il / velo / dell’Augure glielo impediva. Raggiunsero la torre e le sentinelle di guardia si allontanarono, come obbedendo a un tacito ordine. Levi e il santone erano soli a contemplare nell’oscurità le dune di sabbia. Era così lontano da casa sua, dalla sua famiglia... chissà cosa staranno facendo in questo momento. Cosa penserebbero di lui se diventasse un assassino? Lo avrebbero ugualmente accettato? Tanti pensieri affollarono la mente del corvino. A volte aveva come un nido di scorpioni che gli brulicavano nella mente, senza posa. x: «Quando sento i tuoi pensieri, mi torna in mente Taius il Primo. Aveva nel sangue l’istinto del soldato, proprio come te. E, come te, ha lottato col proprio destino» sorrise al suo sguardo incredulo. «Oh, si. Conoscevo Taius. Conoscevo i suoi avi. lo e i miei simili calpestiamo questa terra da un migliaio di anni. Abbiamo scelto Taius per creare l’Impero, così come abbiamo scelto te, cinquecento anni dopo, per servirlo.» Era impossibile! Se quest’uomo sapeva leggere nel pensiero, l’immortalità potrebbe essere piuttosto ragionevole come passo successivo. Allora, vuol dire che tutte quelle stupidaggini sugli Auguri posseduti dagli spiriti dei morti erano vere? Se solo la sua famiglia potesse vederlo... come gongolerebbe! Con la coda dell’occhio, guardò il santone. Osservandolo di profilo, gli sembrava di colpo curiosamente familiare. C: «Il mio nome è Caino. Sono stato io a sceglierti.»
«A / condannarmi /, per meglio dire. Immagino che tu abbia scelto migliaia di uomini nel corso degli anni. Dev’essere proprio il tuo passatempo preferito» C: «Ma tu sei quello che ricordo meglio. Perché gli Auguri sognano il futuro: tutte le conseguenze, tutte le possibilità. E tu sei intrecciato nelle trame di ogni singolo sogno. Un filo d’argento in un arazzo notturno.» «E io che pensavo aveste sorteggiato il mio nome da un misero cappello.» C: «Ascoltami, Levi Reonhato» l’Augure ignorò la frecciata. Anche se la sua voce non era più alta ora di un istante fa, le sue parole erano avvolte nel ferro, appesantite dalla certezza. «La Profezia è realtà. Una realtà che affronterai presto. Tu cerchi di scappare. Tu cerchi di eludere il tuo dovere, ma non puoi sfuggire al tuo destino.» «Il mio / destino /?» C: «La vita non è sempre ciò che pensiamo sarà» sentenziò Caino. «Tu sei brace sotto la cenere, Levi Reonhato. T’infiammerai e brucerai, distruggerai e / devasterai /. Non puoi cambiare la tua sorte. Non puoi fermarla.» «Io non voglio!»
C: «Quello che vuoi non ha importanza. Dovrai fare una scelta. Tra disertare o fare il tuo dovere. Tra sfuggire al tuo destino o affrontarlo. Se diserti, gli Auguri non ti fermeranno. Scapperai. Lascerai l’Impero. Vivrai, ma non troverai sollievo nel farlo. I tuoi nemici ti daranno la caccia. Le ombre fioriranno nel tuo cuore, e diventerai tutto ciò che hai sempre odiato e temuto: malvagio, crudele, inesorabile. Sarai incatenato all’oscurità dentro di te come saresti incatenato alle pareti di un cella, in prigione.» Caino gli si avvicinò, il suo sguardo era spietato. «Ma se resti, se fai il tuo dovere, avrai la possibilità di spezzare per sempre i vincoli che ti legano all’Impero. Avrai la possibilità di raggiungere una grandezza inconcepibile. Avrai la possibilità di ottenere la vera libertà: del corpo e dell’anima. Quando il momento arriverà, lo saprai, Levi. Devi fidarti di me.»
«Come faccio a fidarmi? Quale dovere? La mia prima missione? La seconda? Quante persone dovrò torturare? Quanto male dovrò commettere prima di poter essere / libero /?» Gli occhi di Caino erano fissi sul viso del giovane, mentre fece un passo lontano da lui, e poi un altro. «Quando potrò lasciare l’Impero? Tra un mese? Un anno? ...Caino!» L’augure scomparse in fretta, come una stella all’alba. Levi si allungò per afferrarlo, per obbligarlo a restare e a dargli delle risposte, ma la sua mano trovò solo aria.
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🇳🇱UN PADRE OLANDESE HA IDEATO UN PROTOCOLLO PER LA PROPRIA FIGLIA ATTIVISTA PER SALVARE IL MONDO
🗣"Nostra figlia quindicenne si è commossa fino alle lacrime ascoltando il discorso di Greta Thunberg in TV ieri ed era arrabbiata con la nostra generazione “che non ha fatto nulla per 30 anni”. Quindi abbiamo deciso di aiutarla a prevenire “l’estinzione di massa e la scomparsa di interi ecosistemi”.
Daremo un futuro a nostra figlia e abbassiamo la temperatura del pianeta di 4 gradi centigradi in questo modo:
1️⃣Adesso andrà a scuola in bicicletta perché l’auto brucia combustibili fossili. Presto inizierà l'inverno e lei vorrà prendere un autobus, ma l'autobus funziona con un motore diesel, e questo, a nostro parere, non va a favole del Clima. Vorrebbe avere una bici elettrica. Ma le abbiamo mostrato la devastazione causata dall'estrazione del litio, quindi dovrà continuare a pedalare.
2️⃣Per iniziare ad abituarla a "fare a meno del gas naturale" abbiamo spento il riscaldamento della sua stanza. Adesso la temperatura scende la sera fino a 12 gradi, ma a volte in inverno scende fino a zero. In questo caso riceverà un maglione, un cappello, dei collant e dei guanti.
3️⃣Per lo stesso motivo abbiamo concordato che d'ora in poi farà la doccia solo con acqua fredda e lavi lei stessa i vestiti a mano, poiché la lavatrice e l'asciugatrice consumano molta elettricità.
4️⃣Tutti i suoi vestiti sono sintetici, cioè ricavati dal petrolio, pertanto, lunedì li porteremo al negozio dell'usato. Abbiamo trovato un eco-negozio che vende vestiti realizzati con lino, lana e iuta non tinti e non sbiancati. Non pensiamo che le staranno bene, la potrebbero anche prendere in giro i compagni di classe, ma questo è il prezzo che siamo disposti a pagare per il Clima. Il cotone è fuori discussione, viene portato da lontano e coltivato con utilizzo dei pesticidi.
5️⃣Abbiamo appena visto sul suo Instagram che si è arrabbiata con noi, anche se è abbastanza inutile. Quindi dopo le 19 spegneremo il WiFi e non lo riattiveremo fino a poco dopo cena domani. In questo modo risparmieremo energia, poi lei non sarà disturbata dallo stress elettromagnetico e sarà completamente isolata dal mondo esterno, così potrà concentrarsi sui compiti. Alle 23.00 toglieremo completamente la corrente elettrica così quando scende la sera farà veramente buio. Ciò farà risparmiare molta CO2.
6️⃣Non parteciperà più agli sport invernali. Non andrà da nessuna parte durante le vacanze perché le nostre solite destinazioni di vacanza sono praticamente inaccessibili in bicicletta. Ritornare a livelli di CO2 simili a quelli dei nostri bisnonni significa dover vivere come i vostri bisnonni, che non hanno mai avuto una vacanza o una bicicletta.
7️⃣Ora parliamo di cibo. Zero emissioni di CO2 significa assenza di carne, pesce, pollame o sostituti della carne a base di soia (che dopo tutto, cresce dove un tempo c'erano le foreste pluviali). Niente prodotti alimentari importati, poiché il loro trasporto ha un impatto ambientale negativo. E, infine, niente cioccolato dall'Africa, caffè dal Sud America, tè dall'Asia.
⚫️Solo patate, verdure e frutta olandesi. E solo coltivati sul terreno aperto, perché le serre sono riscaldate e illuminate artificialmente e questo è dannoso per il Clima. Può ancora mangiare il pane. Ma per produrre burro, latte e uova, formaggio e yogurt, ricotta e panna, servono polli e mucche, che emettono CO2. Niente gelato. Niente vino, birra o bevande gassate, queste bolle sono CO2. Voleva giusto perdere qualche chilo.
8️⃣Butteremo via tutta la plastica perché è prodotta in fabbriche chimiche. Getteremo anche tutti gli oggetti in acciaio e alluminio. Sapete quanta energia consuma un altoforno o una fonderia di alluminio? Infine, non riceverà più cosmetici, sapone, shampoo, crema, lozioni, balsami, dentifrici e farmaci, e produrrà lei stessa assorbenti con la biancheria. Proprio come prima.
👍 In questo modo eviteremo l’estinzione di massa e la scomparsa di interi ecosistemi.”
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SINDROME IKEA
Da alcuni anni, nel luogo in cui abito, il paesaggio è stato prepotentemente invaso da una creatura infestante, di certo estranea a queste terre. L'animale a cui mi riferisco è la Gruis vulgaris, volgarmente nota come gru. Questo piccolo paese-dormitorio, situato nelle vicinanze di una città di una certa fama e in costante espansione, è divenuto terreno fertile per l’assalto di una mandria di costruttori: nuovi condomini sorgono ovunque, da oriente a occidente, “giardini con piscina”, posto auto garantito, 50 metri quadrati di felicità a tasso zero.
Devo ammettere che molte di queste costruzioni di nuova fattura sono moderne, curate nei minimi dettagli, realizzate secondo criteri di ecosostenibilità, progettate a misura d’uomo (e di donna, di single e di famiglie), ma si rivelano, inesorabilmente e tristemente, essere tutte uguali. A cominciare dalla cromia degli esterni, invariabilmente declinata nelle varie sfumature del bianco: bianco ottico, bianco fumo, bianco acciaio e così via. Le linee di queste palazzine si rincorrono, geometricamente simili, reiterando noiosi concetti di minimalismo ed efficienza. Di spazio per la fantasia, un guizzo di originalità, ce n'è ben poco. Gli appartamenti vengono venduti, le consegne devono essere rispettate, nessuno è disposto a tollerare ritardi di due mesi per lasciar sfogo alla fantasia.
Questa standardizzazione edilizia evoca in me due ricordi. Il primo riguarda un tavolino dell’Ikea, simbolo indiscusso di uniformità di massa. Fonti statistiche ci informano che il 90% della popolazione ha posseduto, o almeno visto, uno di quei tavolini quadrati da 12 euro (in basso nella foto). Durante il mio primo anno universitario ne acquistai uno, di colore verde. Con il tempo, man mano che conoscevo nuove persone e visitavo le loro abitazioni, notavo lo stesso tavolino ovunque, come una sorta di sigillo del vivere comune. Quella uniformità mi suscitava un certo disgusto, tanto che iniziai a tappezzare il mio tavolino Ikea con adesivi di ogni tipo, trovati in giro nei pub, nella metro, sui pali della luce, in università, allo stadio. Lo ricoprii completamente, sentendomi finalmente soddisfatto di possedere un tavolo davvero unico, fatto a mano, o meglio, incollato a mano.
Il secondo ricordo che questa uniformità edilizia mi richiama alla mente risale a qualche anno fa. Dal mio ufficio, potevo comodamente osservare la costruzione di un nuovo condominio. L’architetto, o chi per lui, aveva scelto un discutibile tono giallo cadmio per l’esterno e, come se non bastasse, aveva deciso di adornare la facciata principale, che separava la scala A da quella dei dirimpettai della B, con una gigantesca margherita stilizzata. Ricordo di aver riso a lungo davanti a quello scempio estetico, ma oggi, confrontando quella facciata floreale con l’attuale monotonia degli edifici copia-incolla, sarei ben felice di preferire la "margherita malfatta". Almeno, in quel caso, avrei potuto dare un’indicazione precisa a chi volesse venire a trovarmi: "La mia casa è quella con la margherita orribile sulla facciata", senza dovermi perdere nell'anonimato di mille condomini nuovi di un insipido bianco yogurt.
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Badge Sostenitore Tumblr: mostra la tua fedeltà con stile
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È tutto per ora. Ci auguriamo che questo nuovo badge vi piaccia tanto quanto noi ci siamo divertiti a idearlo, così potremo continuare a creare strani gingilli per il vostro divertimento. Resta bizzarro, Tumblr <3
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Collana realizzata a mano colando la resina pigmentata in stampi, unendo la foglia oro e dando così unicità ad ogni pezzo.
Dimensioni ciondolo: 2 cm x 2,2 cm
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Team Voltron Heroes. Capitolo 2: Matt
Gotham city, anno 2134
Il suono della sveglia lo fece alzare di colpo, riportandolo nel mondo reale. Rimase un po’ a letto, guardando il vecchio soffitto in mattoni e sospirando, sentendo che sarà un’altra giornata uguale a tutte le altre. Mattew Holt sapeva che la quotidianità era il suo forte tanto quanto lo erano i computer e la tecnologia, quindi per lui ripetere le stesse azioni ogni giorno e nello stesso preciso ordine e tempo era rilassante. Per quanto potesse essere sempre curioso e affascinato da molte cose, era anche un uomo preciso e ordinato, soprattutto durante la sua routine.
Alzandosi e dirigendosi verso il vecchio bagno, zoppicando lentamente sulle gambe indebolite dalla notte, aprendo un mobiletto in acciaio con alcuni foglietti verdi dove si appuntava le cose, prendendo oggetti per la piccola barbetta che aveva e che tagliava senza pietà ogni fine settimana. Sbadigliando aprì un prodotto per capelli e massaggiò il cuoio capelluto, seguendo rigorosamente ciò che scrivevano sul foglietto della confezione.
Passato poi dal piccolo ma comodo angolo cottura, si fece del caffè amaro e lo bevve con calma alla vista della luna avvicinarsi sempre di più all’orizzonte, e alla grande piazza di Gotham che si svuotava man mano della gente notturna. Matt ridacchiò tra sé e sé, nonostante vivesse letteralmente al centro della città con il tasso di criminalità più alto del mondo, non aveva per nulla paura dei criminali, e anche se avesse i giusti poteri, non voleva diventare un supereroe.
Solo la classica e tranquilla normalità, ecco cosa gli piaceva.
Si mise una felpa verde e dei jeans marroni, scese poi le traballanti e scricchiolanti scale in acciaio che conducevano dalla sua piccola abitazione al secondo piano al negozietto di elettronica e riparazioni al piano terra.
“Buongiorno BaeBae, nessuno è venuto a derubarci stanotte, vero?”: sorrise Matt, vedendo la cagnolina scodinzolare alla sua entrata, accogliendolo cercando gi leccargli le scarpe. Lui l’accarezzò sorridendo, buttando via il giornale del giorno prima sbuffando leggendo nuovamente il titolo della prima pagina. Aperte le saracinesche, si sedette alla scrivania lavorando su un computer rotto preso a pochi dollari a un’asta. Buco sullo schermo che aveva danneggiato completamente i circuiti interni, irriparabile anche secondo i migliori. Matt sogghignò. Toccandolo, emettendo una lieve luce verdasta, il buco si chiuse senza lasciare una minima traccia o graffio. Le zampe anteriori appoggiate alla scrivania mentre scodinzolava vedendo l’intero processo.
“Shh… Non lo dirai a nessuno, vero vecchiona?”: lui le fece l’occhiolino, scrivendo su un foglietto il prezzo del computer ora riparato e posizionandolo in mostra su uno scaffale e mettendosi fieramente le mani sulla vita. Eppure, proprio in quel momento, sentì un forte tondo che fece vibrare leggermente il pavimento, affacciandosi alla porta in vetro del negozio, vide tutti i supereroi riuniti nella piazza, insieme a quella che sembrava un’astronave aliena sconosciuta. Dal centro di quella astronave, si poteva vedere una sfera di potenza crescere gradualmente, e la mente tecnologica e intelligente di Matt sapeva che stava preparando un attacco imminente, che avrebbe probabilmente distrutto la piazza e il suo negozio. Eppure c’erano i super, potevano proteggerli, dovevano proteggerli.
Poteva sentire BaeBae piagnucolare spaventata vicino alla porta che conduceva alla cantina, un luogo protetto che aveva costruito come se fosse un bunker sotterraneo.
“BaeBae, vai dento”: ordinò lui, e il cane non se lo fece ripetere due volte, correndo con la coda tra le gambe, aprendo la porta con la zampa e scendendo le scale.
Rimase lì alla porta, stupidamente, ma curioso di vedere per la prima volta gli eroi in azione dal vivo e durante il giorno, perché proprio dietro l’astronave si vedeva il sole crescere sempre di più e alzarsi in cielo. L’astronave nemica attaccò, lanciando un raggio laser e distruggendo una buona parte della piazza, i corpi di quelli che erano lì carbonizzati.
“Merda…”: dopo quella visione, Matt si precipitò verso la porta, ma un colpo vicino lo fece cadere, rompendo molte mensole. Si rialzò, sentendo la testa pulsare e vedendo la porta davanti a lui bloccata da pezzi di acciaio caduti dalle mensole. Tirò con tutte le sue forze, ignorando i continui tremolii e colpi che pian piano distruggevano quasi tutto, meno che la sua piccola palazzina. Forse era fortuna, o forse i supereroi stavano combattendo, ma non importava adesso. Voleva solo mettersi in salvo e sopravvivere. Da dietro la porta poteva sentire i piagnucolii di BaeBae mentre raschiava il legno, cercando di aiutare il più possibile.
“BaeBae, torna dentro!”: Sibilò, provando a tirare o spingere con tutte le sue forze o cercando addirittura di sfondarla. E poi, sentì un forte dolore al fianco quando venne violentemente spinto nella strada insieme alle macerie di quello che prima era la sua casa e il suo negozio. Mentre la sua visione era soggetta a flash bianchi e neri, poteva vedere la piazza e le strade distrutte, il suo corpo dal fianco in giù completamente immerso da detriti pesanti e cavi d’acciaio. Il sole aveva già preso posto nel cielo, dicendo a Gotham che era mattina e mentre Matt stava lentamente svenendo, vide una figura in un’armatura nera e rossa, un mantello viola e capelli neri.
Un supereroe. Forse l’unico supereroe a essere sopravvissuto. E lo conosceva. Zarkon. Non era mai stato molto altruista nei confronti dei cittadini, conosciuto per la sua sete di vendetta verso Sendak, ma forse…
Allungò il braccio, cercando di urlare nonostante la debolezza, viaggiando tra la coscienza e l’incoscienza. Solo quando lo vide girarsi e correre verso di lui, finalmente, chiuse gli occhi.
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Quando Matt aprì gli occhi, non era più circondato di macerie o in mezzo alla strada. Sbattendo gli occhi un paio di volte, aveva pensato fosse solo un incubo, ma poi, guardando meglio il soffitto, verdastro e oro con un lussuoso lampadario, diverso dal puzzolente mattone vecchio, si ritrovò parecchio confuso.
“Non pensavo lo avessi salvato…”: due voci maschili stavano dialogando, l’annebbiamento alla testa gli impediva di capire chi erano o dov’era.
“Non avevo altra scelta…”: rispose un’altra voce, abbastanza più giovane:” Mentre tu e Kosmo eravate a fare l’ispezione con Sanda e Iverson, io l’ho portato qui ma… è strano… non ho avuto bisogno di curarlo…”
“Keith?”: L’uomo più grande disse con voce di rimprovero.
“E’ stato ferito con un spesso filo di acciaio, quando lo portavo sanguinava ma appena sono arrivato qui… la ferita si era già ricucita da sola…”: si giustificò l’altro:” Era… verde…”
Matt strizzò nuovamente gli occhi, strofinandoseli e gemendo, facendo rimbalzare i due uomini.
“Sei sveglio”: disse il primo, avvicinandosi al letto comodo della stanza degli ospiti e guardandolo:” Ti ricordi come ti chiami o cosa è successo?”
“Mi chiamo Matt…”: rispose lui, sedendosi senza troppa difficoltà e strofinandosi gli occhi:” Ricordo che un’astronave ha attaccato la piazza e i super”
“Oh… wow… non male…”: disse sorpreso l’altro, che se stava a braccia incrociate vicino al letto, ma più distante rispetto al primo. Matt lo guardò sgranando gli occhi. Capelli lunghi e neri. Occhi viola.
“Tu sei Zarkon”: disse guardandolo dalla testa ai piedi, con una giacca rossa, leggins e maglietta nera.
“Sì, sono io. Keith Kogane”: lui allungò il braccio, con un debole sorriso.
“Beh, grazie per avermi salvato… immagino…”: balbettò, stringendo saldamente la mano:” Sei l’unico sopravvissuto?”
L’uomo annuì, mordendosi il labbro, guardando l’altro uomo. Aveva accenni giapponesi, inoltre i suoi vestiti curati ed eleganti dicevano che probabilmente lui viveva in quella casa lussuosa. Guardandosi intorno poteva vedere le pareti dello stesso colore del soffitto, mobili e oggetti abbastanza rustici e costosi e la villa della città all’orizzonte.
“Come hai fatto?”: chiese improvvisamente Keith, guardandolo con uno sguardo leggermente curioso e intimidatorio.
“A fare cosa?”: lui alzò un sopracciglio, scuotendo la testa confuso, mentre l’altro faceva uno scatto in avanti, alzandogli la maglietta per vedere dei piccoli addominali e una cicatrice che stava lentamente guarendo da sola nel fianco.
“Keith-“: l’uomo più anziano si lasciò sfuggire uno sbuffo.
“Non ora Takashi!”: ringhiò Keith:” Come puoi farlo? Sei stato trafitto da un filo d’acciaio, diavolo, e non ho nemmeno dovuto disinfettare niente!”
“Lo posso fare?”: Le sue sopracciglia si alzarono sorpreso, la bocca in un leggero sorriso, solo fissando i due uomini spaventati scosse la testa e si scusò.
“L’importante è che ti sei ripreso…”: Takashi sorrise gentilmente, trasmettendo una calma confortante. Quell’uomo lo incuriosiva molto, dandogli un’aura di calma e tranquillità, ma soprattutto mistero, sentendo nella sua mente acuta e logica che lo aveva già visto da qualche parte.
“Kosmo! Che cavolo!”: esclamò Keith, mettendo le mani alla testa quando un enorme lupo corse nella stanza, interrompendo entrambi da quell’attimo di contatto visivo confortante. L’animale, che sembrava più una gigante palla di pelo, sbatté contro un piccolo comodino, facendolo traballare e cadere, rompendo l’elegante vaso in vetro che c’era sopra, seguito da niente meno che BaeBae.
“Vecchiona!”: esclamò Matt, tendendo le braccia aperte e, quando lei lo vide, si fermò scodinzolando allegramente dal gioco, saltando con molta fatica sul letto e leccandogli tutta la faccia.
“Io e Kosmo l’abbiamo trovata chiusa dentro una cantina-bunker mentre facevamo un giro di pattuglia con Iverson e Sanda, avevamo intenzione di portarla in canile oggi pomeriggio se non trovavamo il preopetario…”: Spiegò Takashi calmamente:” Beh… li chiamerò che non ci sarà più bisogno…”
Lui annuì, accarezzandola e facendole le coccole, contento e felice di vederla di nuovo con sé e viva, la paura di perderla un’altra volta.
“Grazie… Grazie davvero…”: sorrise, abbracciando la cagnolina e guardando nuovamente l’uomo seduto ai piedi del letto.
“Un supereroe deve aiutare…”: sorrise, mentre Keith brontolò un’altra volta alzando gli occhi al cielo, Matt annuì, asciugandosi delle lacrime salate che erano scese dalle sue guance, accarezzò nuovamente le orecchie di BaeBae.
“Va bene… Ti ho salvato, ma voglio lo stesso sapere comunque come hai fatto”: l’altro si avvicinò, alzando un sopracciglio con aria impaziente e autoritaria:” A curarti, intendo”
“Ecco… io non sapevo potessi farlo…”: rispose, sorridendo nuovamente guardando la cagnolina:” Ho un… ehm… chiamiamolo superpotere? Posso modificare e manipolare le tecnologie a mio piacimento… ma non pensavo potessi curarmi…”
“Le tecnologie, eh?”: Keith alzò un sopracciglio, muovendo la testa agitato:” E non hai mai pensato che forse avresti potuto diventare un supereroe e salvare vite? Avevi paura?”
“Non avevo paura, se questo intendi!”: ringhiò Matt, cercando di sembrare minaccioso:” Ho solo preferito la normalità, cosa c’è di male?”
“Cosa c’è di male? Hai aperto un negozio di elettronica, egoista!”: strinse i denti, avvicinandosi cercando di sembrare minaccioso, tuttavia la mente acuta dell’uomo più grande vide come stranamente zoppicava cercando di camminare normalmente per acquisire una forma minacciosa.
“Non voglio combattere”: disse semplicemente, senza sembrare troppo arrabbiato o infastidire:” Ed essere supereroi non è un obbligo, e io non sono di certo egoista!”
“Pensala come vuoi”: Keith strinse nuovamente i denti, sistemandosi la giacca e uscendo dalla stanza zoppicando. L’uomo scosse la testa quando BaeBae gli leccò nuovamente la guancia, riportandolo alla realtà.
Matt aveva sempre saputo, come lo sapevano tutti a Gotham, che Zarkon era un po’ scorbutico, e chi si nascondeva dietro la maschera non poteva essere da mano, tuttavia notava che allo stesso tempo, il ragazzo che si definiva come Keith Kogane, sotto la sua natura antipatica e crudele, si celava un segreto delicato e fragile; una debolezza che era la causa di tutto. E lui sapeva come ci sentiva, lui lo sapeva perché tutti gli uomini, anche quelli più potenti la hanno.
“Quanto tempo sono stato fuori?”: chiese infine, guardando nuovamente Takashi.
“Tre giorni… La città è un po’ nel caos, e anche tutto il mondo… Servono dei supereroi”: lui rispose, parlando con quella calma confortante nel tono, che faceva rilassare ogni muscolo.
“Tu conosci Zarkon, perché non combatti?”: Alzò un sopracciglio, notando la cicatrice sul naso e il ciuffo di capelli bianchi, e il braccio protesico in metallo.
“Io ho perso troppo, il mio supereroe non esiste più…”: raccontò con un sospiro, la voce leggermente tremante, mentre tirava fuori dalla mente un ricordo tutt’altro che piacevole.
“Capisco…”: Matt riflettè, guardando nuovamente l’uomo:” Tu eri Shiro, giusto?”
L’uomo giapponese annuì, guardandosi nuovamente il braccio in metallo scomodo e freddo, per poi spostare nuovamente l’occhio sulla persona seduta davanti a lui. Capelli corti castani, occhi oro, intelligente e intuitivo, gli ricordava molto qualcuno.
“Io e te ci siamo mai conosciuti?”: chiese semplicemente, un pizzico di curiosità nella voce:” Puoi ripetermi un attimo il tuo nome?”
“Matthew Holt”: rispose, lui sgranava gli occhi cercando nelle parti più remote del cervello qualcosa… e poi all’udire il suo cognome, come se so fosse accesa una lampadina, ricordò.
“Holt?”: ripetè come se fosse una domanda per accertarsi:” Come dottoressa Holt?”
“Era mia madre…”: rispose Matt, mentre anche lui iniziò a ricordare:” Tu sei… Taki? Dell’orfanotrofio?”
“Mattie”: esclamò lui, finalmente mettendo tutti i pezzi insieme, ricordando felicemente il suo amico d’infanzia. I due si scambiarono un caloroso abbraccio, ritrovati.
“Takashi… Ero rimasto che dovevi essere adottato da Bruce Wayne”: Esclamò, facendo sbattere le mani, sentendo di esservi ovviamente, e per un motivo altrettanto triste e delicato.
“Infatti”: Annuì, alzandosi dal letto e allargando le braccia, indicando tutta la stanza:” Adesso è tutto mio questo, ma non parliamo di me, amico. Eri scomparso! Per tutto l’Ohio c’erano volantini con la tua faccia sopra!”
“E’ una storia molto lunga, e non la dirò qui”: Matt sorrise quando quella temuta domanda arrivò, ma dopotutto le sue erano false speranze.
“Vedo che c’è molto da raccontare allora”: ridacchiò:” Iniziamo da me”
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Keith camminava a testa china, mani in tasca mentre passeggiava tra le strade principali, la gente dopo tre giorni si era, per fortuna, un po’ tranquillizzata, così come il misterioso nemico che aveva attaccato Gotham. Il sole si nascondeva dietro dei nuvoloni, mentre l’aria fresca gli colpiva la pelle scoperta sul collo. Il viaggio dalla villa alla città è stato piuttosto ventoso, tuttavia ha sempre trovato l’aria costante sul corpo mentre guidava la moto piuttosto piacevole.
Le strade e il marciapiede erano ovviamente affollati, e schivare tutte quelle persone, soprattutto quando era in una crisi di nervi, era piuttosto snervante. Il fatto che nessuno lo avesse ancora urtato lo stava tenendo sotto controllo, evitando che la bomba dentro di lui esplodesse.
…
Appena detto. Stava camminando vicino ad un incrocio mentre lo pensava, e in quel momento, un castano dalla pelle abbronzata gli è andato addosso mentre parlava con la ragazza bionda dietro di lui.
“Che cavolo!”: esclamò l’altro, mentre entrambi cadevano a terra sull’asfalto caldo e scomodo del marciapiede. Un attimo per guardarsi, solo per vedere chi avessero colpito, mentre la donna dai codini bassi biondi restava ferma in piedi accanto, le mani sulla bocca.
“Io ti conosco!”: esclamarono entrambi allo stesso tempo.
“Lance! Riconoscerei quegli occhi di merda ovunque!”/”Keith! Riconoscerei quella triglia orrenda ovunque!”
Ancora una volta, pronunciarono le frasi nello stesso momento, mentre Keith lo levava da dosso dandogli uno spintone. Lance perse nuovamente l’equilibrio, ma stavolta la donna di prima lo prese e lo rialzò prima di farlo cadere a terra.
“Lui è Keith?!”: esclamò lei, mettendosi di fianco a lui con un’espressione sorpresa, cambiando cercando di essere minacciosa:” Lasciaci andare, mostro!”
“E il mostro sarei io?!”: esclamò, avvicinandosi a loro, mentre lei si nascondeva dietro Lance:” Parla l’atlantideo!”
“Lascia stare, Romelle. Sono cose da uomini!”: ringhiò lui, avvicinandosi a sua volta mentre lei alzava gli occhi cielo:” Perché, cosa c’è di strano? Odi i turisti? Gotham ne è piena!”
“No, odio solo voi!”: rispose incrociando le braccia:” Tornate negli abissi!”
Riuscì a finire la frase, per poi essere colpito alla mascella. Il colpo lo fece cadere nuovamente a terra, il labbro sanguinante. Si guardò intorno, vedendo numerose persone che li circondavano, curiosi del casino che si era appena creato e Keith, che non era dell’umore giusto per una scenata, si alzò e se ne andò.
“Bastardi”: sputò del sangue per terra, tornando alla villa.
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Quando Keith tornò alla villa, l’abitazione era piena di risate provenienti dai piani superiori. Entrato nella stanza degli ospiti, vide Takashi e Matt parlare e scherzare animatamente sul letto, le mani del tecnico saldamente sul braccio protesico, gli occhi chiusi e i palmi leggermente illuminati da una lucina verdastra. Entrò senza fare rumore, vedendo BaeBae sul letto e Kosmo seduto di fianco a Takashi, entrambi che scodinzolavano alla scena.
“Già migliori amici, eh?”: entrò, accarezzando il lupo, e sentendo il dolore alla mascella mentre si sforzava a parlare.
“Ow… Dovrebbe fare male…”: sibilò Matt, mentre l’altro uomo si metteva una mano sulla fronte.
“Sei già andato a immischiarti in una rissa?”: brontolò con un sospiro, non sapendo più che fare.
“Non era una rissa. Ho rivisto Lance”: rispose, mentre il castano gli prendeva il mento per vedere la ferita, accarezzandola con un dito.
“Non puoi sempre essere impulsivo, Keith”: lo rimproverò il giapponese:” Quando diventerai un leader metterai tutta la squadra in pericolo!”
“Ma non sono un leader!”: ribattè, sibilando per il dolore quando toccò un punto sensibile e delicato sul labbro. Matt annuì, chiudendo di nuovo gli occhi e facendo nuovamente la sua magia, i palmi verdastri mentre illuminavano la pelle troppo pallida di Keith, curando il taglio sul labbro.
“Stavolta sono serio, davvero non vuoi essere un supereroe?”: stavolta la voce era molto più dolce e gentile, ma allo stesso tempo assumeva un tono più ansioso e supplicante e non si sarebbe mai aspettato di sentirla da Zarkon. Lui si morse il labbro, ripensando a tutta la sua vita, ai suoi amici, genitori, famiglia… tutto.
“Solo perché so che la gente non ti prenderebbe sul serio”: rise, dandogli un leggero pugno sul petto quando finì:” Ma prima ti guarisco la gamba, devo fare pratica!”
“Non penso ci sia tempo”: la voce fredda, seria di Takashi fece rabbrividire entrambi, interrompendo la piccola e corta sinfonia di pace che si era creata. L’uomo più vecchio era in piedi alla finestra, le mani dietro la schiena e lo sguardo fisso verso la città.
“L’astronave si sta muovendo…”
#voltron legendary defender#keith voltron#lance mcclain#romelle voltron#matt vld#takashi shirogane#Team voltron heroes#superheroes#fanfiction#dc universe
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New Scotland Yard London - UK 4:30 am 2018
< va bene Greengrass ricominciamo da capo, dove ti trovavi la notte prima?>
La voce ed il tono dell’agente iniziano a dargli sui nervi. Prende un respiro appoggiandosi allo schienale della sedia della stanza degli interrogatori della stazione di polizia babbana dove quasi tre ore prima è stato scortato dagli agenti. Al suo arrivo ha scorto subito anche due auror che molto probabilmente lo preleveranno alla fine per il secondo interrogatorio. Hermione Granger Primo Ministro della magia sa bene come mantenere gli equilibri con i babbani, e poi infondo sono stati i vicini a dare l’allarme e loro sono babbani. Però non capisce la loro presenza, non ha infranto nessuna legge magica e sa benissimo che Charlotte ha purtroppo fatto quello che ha fatto senza magia.
<posso fumare?> risponde e tende i polsi ammanettati per farsi almeno liberare una mano. L’agente invece non molla.
<sappiamo che c’erano dei problemi tra di voi, i vicini hanno sentito le urla. E poi magicamente Charlotte si è impiccata per le scale? Lo vedi anche tu che non regge come il tuo alibi.> l’uomo si abbassa fino a sporgersi verso di lui <quindi?! Dove ti trovavi?>
Aeroporto di Londra-Gatwick (LGW)
<< Amanda vuoi sposarmi?>> la testa di capelli biondi si gira di scatto distogliendo l’attenzione della donna dalla pista dove tra pochi minuti l’aereo di linea di ritorno da Las Vegas avrebbe iniziato la manovra di atterraggio. Amanda Nott fissa Alan negli occhi il verde dei suoi si perde in quelli ghiaccio del ragazzo come oramai capita da mesi. Dalla famosa festicciola in famiglia dove, nel giardino di Villa Malfoy, Draco gli ha presentato la sorella maggiore dei Nott appena tornata da uno dei soliti anni sabatici in Alaska.
Alta, bionda, occhi verdi, un posto rispettabile nel wizengamot, sagace, divertente e dannatamente sexy, i 10 anni che li separano nemmeno si notano dalla chimica che nasce subito tra di loro. Alan si chiede molte volte come possa essere imparentata con quel topo di Theodore Nott e a quanto pare sono anche gemelli, dire che non si somigliano è voler essere gentili. Già il giorno seguente alla festicciola si comportano come una coppia rodata. Draco è favorevole alla cosa e li agevola nel vedersi.
Anche per via di Charlotte Nott.
Charlotte è sempre più lontana sia emotivamente che fisicamente, già da molto tempo per via della bambina e dell’altra bambina che però vede solo lei. Sin dopo il parto Charlotte ha sostenuto di avere due gemelle, di aver dato alla luce due bambine, nessun medimago è stato in grado di farle cambiare idea nemmeno suo marito Alan, non crede nemmeno a lui, nemmeno ai ricordi che lui le ha mostrato più volte nel pensatoio. Lui mente, lui è il pazzo lei sa benissimo cosa ha fatto. Dopo mesi in questa situazione lui ha pensato di obliviarla per fare in modo che questa storia avesse una fine ed anche per farla tornare serena come prima. Lo scenario peggiore proposto dal San Mungo era la reclusione nel reparto Janus Thickey Ward un’ala dell’ospedale dedicata ai pazienti di “lungadegenza” che di solito è chiusa a chiave. I maghi e le streghe che vi sono internati hanno subito un danno permanente non curabile. La famiglia è d’accordo, Alan no, conosce molto bene quel reparto e si oppone fermamente. Troveranno un altra soluzione.
E lui la soluzione la vede li davanti agli occhi, al suo fianco che improvvisamente gli sorride e risponde con un semplice “si” sapendo bene anche lei a cosa va incontro, perchè sanno entrambi che è solo l’inizio della fine. Al diavolo il matrimonio, al diavolo il patto di sangue e per quella frazione di secondo al diavolo anche la bambina, penserà ad un modo non sarà difficile.
Alan guarda l’agente a lungo e riabbassa le mani sul tavolo.
<< Sono atterrato all’aereoporto di Londra erano le 11:30 di sera stavo tornando da un viaggio d’affari a New York, il signor Malfoy lo potrà confermare essendo stato con me per tutto il meeting. >> Si, questa era la versione ufficiale per tutto e per tutti, Draco continua a coprirlo da mesi, e le sue scuse sono molto più convincenti di quelle di Alan a volte.
<< si abbiamo parlato con il signor malfoy ed ha confermato che due giorni prima vi siete lasciati serenamente con Charlotte>>
<< è così infatti, avevo proposto a mia moglie di accompagnarmi in viaggio ma ha rifiutato ed ho lasciato perdere. Non voleva lasciare Amy con altri per il momento.>> ennesimo pezzo della storia accordato con Draco.
Prende un respiro prima di parlare facendo attenzione ai due agenti del ministero della magia Britannico cercando di non perdere la pazienza << Sentite, io so dove volete andare a parare ma vi state sbagliando, non l’ho uccisa. Charlotte era mentalmente instabile e si è suicidata l’unica colpa che potete darmi e che non fossi li per impedirlo o che non mi sia accorto di nulla prima. >> riporta le mani sul tavolo, le manette tintinnano acciaio contro acciaio e tornata a fissare l’agente << è da quando sono qui che ve lo chiedo, dov’è la bambina?! Era in casa con lei quando siete arrivati e mi avete portato via, voglio sapere se sta bene.>> alle sue parole si fa avanti un auror dicendo che in casa non c’era nessuno oltre alla donna ma che dal racconto dei vicini il giorno prima Charlotte ha incontrato un uomo che si è portato via la bambina .
<< dalla descrizione corrisponderebbe a tuo cognato, Theodore Nott, manderemo degli uomini a verificare >> detto questo torna a suo posto lasciando la parola al babbano mentre ad Alan ne rimangono davvero poche, era premeditato quindi… per qualche ragione si sente sollevato del fatto che la bambina sia con lui sicuramente già a Villa Nott. Da quanto tempo sono chiuso qui…si domanda prima che una domanda lo riporti alla realtà quasi spiazzandolo << va bene crediamo anche al fatto che non l’hai uccisa tu, di Amanda Nott cosa ci puoi dire?>>
no questo era troppo non l’avrebbe trascinata in tutta questa storia e poi sicuramente non sapevano che fosse con lui qualche ora prima << è la sorella di Charlotte ma non capisco cosa c’entri ora>> ritrova per qualche istante il solito atteggiamento << l’ho vista si e no qualche volta e Charlotte me ne ha parlato pochissimo …>> prima che l’agente possa aggiungere altro i due auror interrompono l’interrogatorio…
Quando i babbani li lasciano soli l’auror si avvicina per farlo alzare, continueranno davanti al Wizengamot, ma contro ogni sua aspettativa gli consegnano solo una pergamena e lo liberano dalle manette. Dovrà presentarsi il giorno dopo scortato dagli agenti del Ministero per fare chiarezza in merito a sua moglie. Non tanto per la morte in se più per la sua instabilità mentale e per la “scomparsa” della gemella. Si, loro sanno tutto, probabilmente il San Mungo li avrà informati di qualcosa.
To be continued …
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Selvatica - 42. Voltastomaco
Nella stanza aleggiava il fumo di una sigaretta appena spenta. Le pareti scure sembravano stringersi su di lei e soffocarla in un sudario di morte.
Le dita di Antonio si richiusero sul suo braccio, strattonandolo. L'anello che portava all'anulare premeva caldo sulla sua pelle fredda come quella di un cadavere. Era così che si sentiva: morta. Antonio la fece sedere sulle ginocchia. Era disgustoso il modo in cui la guardava, il modo in cui le sorrideva, coi denti ingialliti e le labbra nascoste sotto lo spesso strato di barba e baffi. Poggiò una mano sul sedere di lei, che fece fatica a non scattare in piedi e mollargli un ceffone. Chiuse gli occhi, cercando di mandare giù il sapore acre della bile.
«Vedo che hai capito cosa fare.» Con la mano libera prese la sua e se la portò alle labbra, infilandosi le dita in bocca. Questa volta la ritrasse, provando ripugnanza per quel calore umidiccio. «Corinna, sai che non puoi fare sempre come ti pare. Ci sono accordi che vanno rispettati, e tu non vuoi che succeda qualcosa a quel tuo amico calciatore, vero?»
Corinna tremava, per il nervoso, per il voltastomaco che le procurava sentire le mani di Antonio toccarla con cupidigia e possesso, un oggetto che lui desiderava e doveva ottenere a ogni costo. Non doveva succedere niente a Ante, ma non sapeva fino a che punto sarebbe riuscita a sopportare tutto quello.
La mano dietro la sua schiena risalì fino a insinuarsi nella massa di capelli, dietro al collo. Spinse il viso contro il suo, le labbra che sapevano di nicotina e tabacco si poggiarono sulle sue, pretendendo un bacio che non era pronta a dargli, che non sarebbe mai stata pronta a dargli.
La pressione aumentò quando tentò di allontanarsi, lui divenne duro, le forzò le labbra infilando la lingua, reclamando quello che considerava suo. Corinna fece forza con le mani, cercò di urlare ma non ci riusciva, si sentiva soffocare. Le mani di Antonio erano acciaio che le impediva qualsiasi movimento.
E poi, all'improvviso, altre mani la tirarono fuori. Mani delicate, che odoravano di lui, di Ante. Mani che la catapultarono in un letto caldo, al sicuro.
«Corinna.»
Aprì gli occhi. Il cuore era un tamburo contro le costole. Sentì la sensazione sgradevole scivolare via mentre la realtà si faceva strada nella nebbia onirica. Ante le accarezzò il volto.
«Era solo un sogno.»
Sì, per il momento. Corinna sospirò e cercò lo sguardo di Ante nel buio della stanza. «Scusa, non volevo svegliarti.»
«Vieni qui.» Lui la strinse tra le braccia, poggiando le labbra sulla sua testa. Il calore del suo corpo si confuse però con la sensazione delle mani non gradite di Antonio, delle labbra umidicce premute contro le sue. Corinna scansò Ante e scese dal letto, diretta in bagno. Cadde in ginocchio, piegata in due, con la testa a pochi centimetri dal water. Ante fu subito dietro di lei, accese la luce e le scostò i capelli dal volto.
Questa volta il suo tocco fu più rassicurante. Ma le dava fastidio farsi vedere così da lui, perché si sentiva in difficoltà, perché non poteva spiegargli le reali ragioni di quegli incubi.
«Piccola, che hai?»
Corinna si rimise in piedi e aprì il rubinetto. Infilò le mani sotto il getto sentendo il cuore rallentare, sciacquò la faccia e la bocca con l'acqua gelata. «Mi avrà fatto male qualcosa che ho mangiato.»
Lui continuò a scrutarla, sentiva il suo sguardo indagatore addosso. «C'è qualcosa che ti preoccupa, lo vedo. Hai problemi al lavoro? All'università?»
Non meritava tutti quei silenzi da parte sua, non meritava di essere tenuto all'oscuro. «No. È tutto a posto.» Evitò di incrociare di nuovo lo sguardo di Ante mentre rientrava in camera.
Ante la trattenne per un braccio prima che riuscisse a raggiungere il letto. «Sei incinta?»
Corinna alzò gli occhi su di lui. Sembrava preoccupato e in ansia. Gli sorrise; chissà se un giorno li avrebbe voluti dei bambini, non ne avevano mai parlato. «Non sono incinta. Stai tranquillo.»
Lo sguardo di lui si addolcì. Era un ragazzo speciale, Ante. Lei sentiva di essere completamente innamorata ed era per questo che non si sarebbe mai perdonata se gli fosse successo qualcosa. Era stato solo un sogno ma quanto poteva essere lontano dalla realtà? Quelle gomme squarciate erano solo un avvertimento. Non riuscì a trattenere le lacrime, che si trasformarono in singhiozzi. Ante la strinse a sé.
«Corinna... ehi. Perché piangi?»
Dio, che stupida. Stava piangendo come una ragazzina, ma smettere era impossibile. «Non... io non voglio che ti succeda qualcosa.»
«Hai sognato che mi succedeva qualcosa?» Lei continuava a singhiozzare con il volto sepolto nel petto di Ante, le lacrime gli stavano bagnando la maglietta di cotone. «È per via delle ruote bucate, vero? Ho visto come ti ha scosso.» Le accarezzò la schiena. «Non ti devi preoccupare, sarà stata una bravata. Ehi, dov'è finita la mia gattina selvatica e temeraria?»
Corinna alzò la testa per guardarlo, tergendo le lacrime con il dorso della mano. «Temeraria?» Quella parola le sembrava troppo difficile per uno straniero.
Ante aggrottò la fronte. «Non si dice così quando una persona non ha paura di niente?»
Lei sorrise. La sua calma la tranquillizzò molto. Spazzò via gli ultimi rimasugli di lacrime e tristezza. «Hai ragione, sono temeraria.»
Il sorriso che le regalò lui era bellissimo e le mozzò il fiato. Le rughe di preoccupazione sulla fronte si distesero e le diede un bacio sulle labbra, tenendole il mento tra il pollice e l'indice.
«Stai meglio?»
«Sì.»
Gli era infinitamente grata per tutta la forza che continuava a darle. E con lei aveva una pazienza incredibile, le stava dando il tempo necessario per aprirsi. Andare da Antonio però era l'unica soluzione possibile e sotto sotto il piano delle sue amiche non era poi così male. L'indomani ne avrebbero parlato meglio, ma intanto doveva trovare il coraggio di parlarne a Ante.
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Collana all'uncinetto con catenella d'acciaio e pendente in ceramica
Collana all’uncinetto con catenella d’acciaio e pendente in ceramica
Collana formata da due fili: uno in filato gioiello lavorato all’uncinetto con cristalli color oro cangiante, e l’altro una catena in acciaio dorato con maglie rettangolari.Il pendente raffigura il classico Corno Napoletano portafortuna, è in ceramica lavorata a mano ed è completato dal particolare realizzato all’uncinetto con filato gioiello color oro.I Cornetti Portafortuna possono differire…
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Basso Elettrico 4 Corde Con Amplificatore 15W, Borsa, Tracolla E Plettri, Colore
KIT COMPLETO: Il nostro basso elettrico è fornito completo di amplificatore, borsa di trasporto, tracolla, 3 plettri, chiave e cavo da 3 metri. Tutto quello che ti serve senza dover acquistare altri accessori.
LEGNO SOLIDO: Il corpo del basso 4 corde è realizzato con legno di acero, mentre paletta, manico e tastiera sono in legno di platano. La superficie del corpo è verniciata con finitura lucida.
AMPLIFICATORE 15W CON CAVO: Con speaker integrato, controllo del volume e del tono, attacco jack e AUX, l'amplificatore è adatto anche per chitarre elettriche o come normale amplificatore.
REGOLAZIONE DEL TONO: Regola l'effetto sonoro in base alle tue esigenze con le manopole di controllo del volume e del tono sul corpo. Puoi anche preparare effetti per pedali ed effetti sonori in autonomia.
PER PRINCIPIANTI: Questo basso elettrico è adatto per chi vuole iniziare a suonare, per esercitarsi o esibirsi.
Description: Inizia a sentirti una rock star con il nostro basso elettrico! Perfetto per musicisti alle prime armi e intermedi, il basso 4 corde è completo di tutti gli accessori, come amplificatore, borsa, tracolla e plettri. L'amplificatore da 15W è dotato di volume regolabile e le manopole su corpo ti permettono di regolare il tono. È ora di suonare i tuoi brani preferiti! Features: ● Include 3 plettri, amplificatore, borsa, tracolla e 3 metri di cavo ● Amplificatore da 15W con speaker integrato, controllo volume e tono, attacco jack e AUX ● Corpo con finitura lucida per un aspetto elegante ● Meccaniche per accordare Specifications: ● Materiale paletta: Acero ● Materiale manico: Acero ● Materiale tastiera: Acero ● Materiale corpo: Platano ● Materiale corde: Acciaio ● Orientamento mano: Destra ● Colore: Blu scuro, Bianco ● Dimensioni generali: 115L x 33A x 6P cm ● Dimensioni amplificatore: 27L x 10P x 27A cm ● Potenza amplificatore: 15W ● Lunghezza cavo di alimentazione: 1 m ● Lunghezza cavo di collegamento: 3 m ● Codice prodotto: F20-006V90BU Package Includes: - 1 x Basso elettrico - 1 x Borsa - 1 x Amplificatore - 1 x Borsa - 1 x Tracolla - 3 x Plettri - 2 x Chiavi - 1 x Cavo di collegamento - 1 x Manuale
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