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Happy Hour con i giochi da tavolo! Ogni giorno dall' orario di apertura alle 21 , approfitta del nostro speciale:
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Locale a gestione famigliare
Bistrot con Cucina Bio -Birreria - Cocktails Bar
LudoPub- -Giochi da tavolo- Tornei
Eventi e Feste
Sports & Calcio tv
Siamo in Via Veio 54 Roma
Zona San Giovanni - dopo Coin
Prenotazioni 06 64764436
Prenotazioni Whatsapp o Cel
366 458 7003
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In Russia per lavoro. La sera si girava per locali abbastanza tranquilli. Uno di quelli era un ristorante “sud americano” con una piccola pista da ballo. Una sera ballando conosco una ragazza, molto ma molto più giovane di me, studentessa. Parliamo, scambiamo quattro chiacchiere e si offre per farmi da cicerone il weekend successivo. Non ne ero molto attratto, non aveva nulla della donna russa classica, era mora, minuta, non che non mi piacesse ma non aveva, almeno ai miei occhi, alcuna carica erotica. Però era molto simpatica e gentile. Da quel weekend usciamo molto spesso, a bere qualcosa, a cena. Niente di più perché la giudicavo troppo giovane e non aveva mai fatto intendere attrazione nei miei riguardi. Una sera mi dice che da circa una settimana a casa sua non funzionava l’acqua calda e così la invito nel mio hotel, per farsi una doccia calda, il tutto senza secondi fini. Accetta volentieri, sale, fa la doccia, esce con solo il telo da bagno e mi bacia. Ok, facciamo quello che si fa solitamente m, si rivela un’amante molto focosa e fantasiosa, con alcuni lati che si incastravano perfettamente con i miei. Si ferma anche a dormire e durante la notte non resisto e la scopo senza preavviso o particolari dolcezze. Da quella volta, ogni volta che uscivamo a cena seguiva il sesso da me, con sempre maggiore soddisfazione. Una sera, dopo cena, le chiedo come al solito se vuole salire. Lei mi dice: “Non credo che tu mi voglia stasera, ho “woman troubles” (mestruazioni). Le dico che per me non è un problema, non è obbligatorio fare sesso sempre, e lo dicevo in perfetta buonafede. Ci mettiamo a letto e dopo pochi minuti lei comincia a darsi da fare. La fermo.
“This is not necessary” le dico.
“Don’t be shy” mi risponde, e continua e porta a termine un pompino da urlo. Ho compreso dopo, che per la donna Russa soddisfare l’uomo è la cosa più importante, quasi un dovere (spero non lo sia stato nel mio caso ma temo di sì). È la normalità.
“Don’t be shy”.
Non lo dimenticherò, me lo disse con molta dolcezza e delicatezza.
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Storia Di Musica #296 - Eleven, Eleven, 1993
La storia di oggi è una storia di incroci. Sia emotivi sia scambi di persone e di formazioni. Jack Irons è un batterista che verso la fine degli anni '80 vuole mettere su una band. Lo fa con Alain Johannes, con cui fonda gli Anthym. si uniscono altri due amici, Hiller Slovak e Michael Peter Balzary. Cambiano subito nome in What Is This?. Iniziano a suonare alle feste e nei locali fino a quando un amico comune di Slovak e Balzary, Anthony Kiedis, non chiede a loro due di aiutarlo a trovare musicisti per la sua band. Finiscono per entrarci loro stessi, tanto che Balzary cambia nome in Flea e diventeranno il nucleo originario dei futuri Red Hot Chili Peppers. Tuttavia Slovak e Irons non abbandonarono Johannes e continueranno a suonare con lui, pubblicando un EP prima, Squeezed, un album poi, intitolato come la band What Is This?. Nell'impossibilità di continuare a suonare in due gruppi, la band si scioglie. Johannes però non si dà per vinto e ha lui l'incontro della sua vita. Ad un festival rock incontra una ragazza lettone che anglicizza il suo nome in Natasha Shneider, musicista e attrice. Si piacciono e formano un duo, Walk The Moon. Registrano alcuni brani, aiutati da Irons alla batteria e da un bassista, Chris Hutchinson, che però abbandona poco dopo. Irons nel 1988 lascia i RHCP e i tre, Johannes, Shneider e Irons fondano gli Eleven.
Natasha Shneider è una polistrumentista straordinaria, suona piano, organo e uno strumento particolare, il clavinet, che è un piano elettronico (amatissimo da Stevie Wonder) che lei suona con la mano sinistra in modo particolare come se fosse un basso, riuscendo così a sopperire alla mancanza nel trio di questo strumento. La band si sceglie un logo (un 11 disegnato come due linee, II) e firmato un contratto con una piccola etichetta pubblicano il primo disco, registrato e pubblicato nel 1991. Awake In A Dream è hard rock, certo, e si posiziona nella parte più hard rock della nascente scena alternative americana di quel tempo ,che farà nascere il grunge. Ma ha anche dei particolari davvero unici, tra cui il doppio ruolo di lead vocal tra Alain e Natasha. Tra i brani dell'esordio, Break The Spell fu parte della colonna sonora del film di fantascienza Freejack - In Fuga Dal Futuro, dove tra i protagonisti c'è Mick Jagger. La prova del nove è il loro secondo album, che si intitola Eleven.
I riferimenti sono i canonici (Led Zeppelin, l'hard rock degli anni '70, i nuovi suoni di Seattle) ma sono mischiati in modo del tutto singolare. Eleven esce nel 1993. La chitarra di Johannes passa con disinvoltura tra i riferimenti canonici ad un uso particolare e originale degli effetti, soprattutto del pedale fuzz per esemplari distorsioni armoniche. Il tutto si sposa perfettamente, e termine non fu più adatto dato che presto diventeranno marito e moglie, con la tecnica di Shneider, sfoggiando entrambi vocalità particolarissime per intensità e variazioni. Preceduto dal singolo Reach Out, dal suggestivo video musicale in bianco e nero e dominato da un assolo infinito e memorabile di Johannes, Eleven è un disco compatto e suonato alla grande, secondo me da riscoprire perché molto sottovalutato. A brani corposi e potenti come Crash Today, Tower, Heavy esempi di perfetto nuovo hard rock, a cui si aggiungono brani più particolari, come Hieroymus, dal prezioso intro di fisarmonica e di organo, che accompagna il meraviglioso canto di Natasha Shneider, o la litania di distorsioni di Let Down, o l'atmosfera dark di Ava Tar (scritto così in due parole). Il disco colpisce la critica, che ne parla egregiamente ma poco il pubblico. Mentre il gruppo sta registrando il terzo disco, Thunk, Irons se ne va a suonare con i Pearl Jam, e viene sostituito da Matt Cameron, dei Soundgarden, che il caso volle andrà a prendere le bacchette della band di Eddie Vedder qualche anno più tardi. Cameron si prestò ad aiutare gli Eleven poiché questi ultimi furono la band apripista di tour degli stessi Soundgarden e Pearl Jam e di decine di altre formazioni.
Johannes e Shneider divennero anche un ricercato team di produzione che lavorò su album come Euphoria Morning di Chris Cornell (sul quale scrissero, suonarono e andarono in tournée). ), Return of Saturn dei No Doubt , Revive degli inglesi Steadman e The Desert Sessions 7&8 and 9&10 con Josh Homme, che li conobbe quando gli Eleven suonarono per delle date in apertura ai suoi Queens Of The Stone Age. Con Chris Cornell una Ave Maria di Franz Schubert, riarrangiata da Shneider, che apparve in una compilation speciale natalizia, con il preciso intento di fare avvicinare interessare i giovani alla musica classica. La storia però finisce tristemente, perché nel 2008 una malattia portò via Natasha Shneider. Johannes continua a suonare e produrre, spesso accompagnato nel ricordo della moglie da tutti i grandi artisti che li conobbero, li apprezzarono e ne chiesero la collaborazione.
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È la rassegna quotidiana della strage in corso.
Ogni giorno i quotidiani locali sono invasi da queste notizie.
Muoiono improvvisamente giovani, persone di mezza età e anziani. Nessuno risultava avere patologie particolari.
La vera "pandemia" è iniziata dopo la distribuzione dei sieri.
La vera mattanza è stata creata da chi ha distribuito e obbligato alla somministrazione di questi sieri.
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ANTONELLO DA MESSINA - PARTICOLARI DELLE SUE MADONNE
IL LINK SBAGLIATO
Lo so, è colpa mia! Ma non ci potevo fare niente: l’uomo esperto della vita e delle situazioni, una volta che finisce in un guaio ne esce più forte, mentre un bradipo esistenziale quale sono io, rende il problema ancora più grosso! E questo è quello che è capitato a me: da uno stupido errore, ho creato un immenso casino che mi ha sconvolto la vita. E tutto è successo per uno stupidissimo e insignificante link spedito all’indirizzo sbagliato. Ora, è importante che ti spiego il contesto in cui tutto è accaduto. Io sono un restauratore, dono una nuova bellezza ad oggetti creati da artisti ormai morti, ad opere d’arte la cui luce è stata offuscata dal tempo e dagli uomini. Ecco si, questo è importante per conoscermi: io salvo e proteggo la bellezza nella sua perfezione ed idealità. Quindi, per dover lottare contro il tempo che tutto distrugge e annulla, i miei modi di fare sono lenti e studiati. Per cui non ho quell’approccio che hanno i giovani o gli uomini comuni con le cose e con le persone. Metabolizzo accadimenti e situazioni con il giusto passo, ne troppo lento, ne troppo veloce, per gustarne e capirne l’estetica e attraverso di essa, il senso unico che li caratterizza. Ma di questo cercare l’attimo che definisce il tutto, ora capisco e comprendo che vedevo e consideravo solo una superficiale, benché elegante, inutile apparenza. Questa mia abiura della vacua contemporaneità e illusorio modernismo è dovuta al fatto che la vera forza della natura che ci domina, perché rende vani i nostri sogni, non è il cielo, o il vento o il mare, ma quel Tempo contro cui lotto! Noi siamo quello che il Tempo ci permette di essere nel momento in cui dobbiamo mostrare noi stessi. Una sedia costruita nel 1800 era una sedia, adesso è un’opera d’arte, il simbolo di un’epoca. Per cui per me un oggetto antico, una poltrona, un settimanale, un ex voto, sono un testimone di quella vita che una generazione passa a quelle successive. Sono la prova di una o più esistenze e meritano rispetto, considerazione e la giusta valutazione. Per cui, dando più valore alle cose che alle persone, tratto (o dovrei dire trattavo) le donne, che sono la totalità dei miei clienti, in modo schietto e diretto, senza perdermi in manfrine o complimenti ipocriti e soprattutto senza considerarle importanti. Per motivi che poi spiegherò, ogni volta che permettevo ad una donna di diventare per me importante, ho poi dovuto pagare un prezzo altissimo fatto di infelicità e disperazione. Ma torniamo agli avvenimenti. Per fare contenta Mara, una mia vecchia amica che mi presentava sempre nuovi clienti e opportunità di lavoro, avevo accettato di dare delle lezioni di pittura a lei e ad alcune sue amiche. Non è che io sia un pittore eccezionale, me la cavo un po’ per via del lavoro che faccio e per la buona conoscenza che ho di storia dell’arte; in fondo, come si dice: in mezzo agli analfabeti chi sa scrivere il suo nome è già un letterato. Siccome all’epoca del Covid, ero rimasto senza lavoro, per riprendere i contatti e farmi qualche soldo, avevo accettato di fare qualche corso per allargare la clientela. Mi organizzai con Mara e riuscimmo a interessare alcune sue amiche di cui tre vennero un paio di volte e poi si persero dietro corsi di bachata o fiori di carta, mentre altre tre erano diventate assidue frequentatrici delle mie lezioni. Arrivammo quindi all’ultima lezione prima della pausa estiva e proposi di farla in un posto molto scenografico verso punta Faro, dove si domina lo stretto di Messina, subito dopo Ganzirri, in modo che dopo un paio d’ore di spennellate d’acquarello, potevamo sederci in uno dei tanti ristoranti locali e farci una sbafata di cozze fresche. Ovviamente a spese delle mie allieve. Essendo stato il promotore della uscita con mangiata, promisi di mandare qualche giorno prima dell’evento, l’indirizzo dove potevamo trovarci. Ovviamente me ne dimenticai e il mattino del giorno in cui dovevamo vederci, di fretta e furia, a causa di un quadro che stavo pulendo, mandai in fretta e furia quello che pensavo fosse il link della spiaggia dove dovevamo vederci e quindi continuai tranquillamente la pulizia del quadro che stavo eseguendo senza pensare ad altro. Ed ero tanto preso dal lavoro che arrivai sul luogo dell’incontro in ritardo, solo per scoprire che non c’era nessuno. Fu allora che guardai il cellulare che da quando avevo mandato il messaggio era rimasto chiuso nello zaino usato per portare colori e i quaderni dove dipingevo. Con mia grande sorpresa vi era una sfilza di messaggi “Ma Renzo, sei diventato matto? Non me lo sarei mai aspettato da te” Aveva scritto Mara due minuti dopo aver ricevuto il messaggio “Renzo, che cattivo gusto !! dovresti vergognarti” Aveva scritto Pinuccia aggiungendo una sfilza di faccine disgustate “Renzo ma niscisti pacciù?” Mi chiedeva Emma, la più grande delle gemelle Finocchiaro, mentre sua sorella Edda aggiungeva “si vidi chi jè tantu chi nun fai….” Stupito da quei commenti che le mie alunne mi avevano mandato andai ad osservare il link e notai subito che non era di Google-Map ma di Tumbrl. Eppure ero sicuro di aver copiato il link giusto. Aprii il link e mi trovai a vedere una scena di sesso spinto che neanche Rocco Sifreddi avrebbe mai concepito nei suoi momenti di maggior vigoria. C’era una signora con solo una parte dei vestiti, che dopo essersi deliziata leccando il cannolo del partner, ne faceva uso ed abuso, concedendo all’energumeno ogni suo orifizio ed evidenziando le prestazioni del mandrillo con un piacere urlante anche quando si lasciava tirare i capelli e ricevere grandi manate nel considerevole posteriore, mentre l’infoiato verro, citando i racconti del Decamerone, la possedeva “come in uso tra i cavalli dei Parti”. Provai una enorme vergogna pensando alle mie attempate signore della Messina bene che assistevano stupite e schifate al messaggio che avevo mandato loro. Una profonda e immensa vergona! In quale abisso ero finito: da maestro d’arte a viscido spacciatore pornografico. Avevo poi dato a quelle annoiate e insipide signore la possibilità di ridicolizzarmi agli occhi di tutti i nostri conoscenti. Che orribile malafigura!! Cercai di capire come avevo mandato quel link assurdo e volgare, che solo quello stupido e fancazzista del mio amico Salvatore avrebbe distribuito tra i suoi conoscenti di ambo i sessi. Fu questa constatazione che mi fece risalire alla dinamica del mio sbaglio. Salvatore, appunto, mi aveva mandato uno dei suoi laidi link, aggiungendovi il solito commento ambiguo e di bassa lega. Mi era sembrato però un link fasullo, perché clickando non faceva partire la pagina web. Lo avevo quindi copiato per incollarlo sul web e vedere di cosa si trattasse. La pagina però veniva caricata molto lentamente ed io l’avevo chiusa, stanco di stare dietro alle stronzate di Salvatore. Probabilmente il link era rimasto in memoria e, preso dalla fretta, lo avevo incollato al posto dell’indirizzo della riunione e li era successo il patatrac, facendomi cadere addosso il mare di escrementi vari in cui stavo affondando. Io non sono un tipo ansioso, ma sapermi ridicolizzato nei salotti bene di Messina mi inquietava. Presto l’inquietudine divento ansia e l’ansia terrore! Passai la notte a pensare a tutti i miei clienti trattarmi da idiota; le confraternite religiose, di cui curavo gli antichi quadri e le tarlate suppellettili, mettermi al bando e cacciarmi con ignominia dai loro circoli; i prelati di campagna che mi portavano vecchi crocifissi anneriti ed ex voto infantili pagandomi con capretti e uova fresche, li immaginavo maledire il mio studio, quella stanza dall’odore di acquaragia e resine pregiate in cui avevo rinchiuso la mia vita per proteggerla dalla barbaria e dal cattivo gusto che la circondavano. Dopo il periodo del covid che aveva asciugato le mie risorse, tutto mi stava crollando addosso per uno stupido, maledetto link. Passai la notte in bianco, maledicendo Salvatore e le tecnologie moderne. Il giorno dopo uscii di casa molto presto, vagabondando per il quartiere pensando a cosa fare. Arrivai alla chiesa del Gesù e come sempre facevo vi entrai non per un qualche motivo religioso o morale, ma solo perché lì c’era la prima opera che avevo restaurato, la cornice barocca che circondava la statua di San Rocco, un’opera molto venerata. Don Nino, il parroco della chiesa, aveva ricevuto una cospicua donazione dal Commendatore Andò che nella chiesa aveva fatto celebrare le nozze della figlia. Con una piccola parte della donazione, mi aveva pagato per il restauro della cornice. Io avevo accettato di buon grado perché ero proprio agli inizi e fino ad allora non avevo avuto nessun cliente che non fosse un mio parente che, ovviamente, si guardava bene dal pagare. Il restauro attirò su di me l’attenzione dei benestanti del quartiere e piano piano, incominciai ad avere la giusta clientela. Guardavo la cornice di San Rocco quando sentii la voce di don Nino alle spalle “È sempre bella, non è vero?” “Certo – risposi felice di vederlo – sempre più bella. Ma occorrerebbe pulirla un po'” “Magari quando troviamo qualche soldino da spendere per la chiesa: ora abbiamo troppi poveri. Ma dimmi, come và, ti vedo preoccupato” Don Nino riusciva a capire i miei stati d’animo anche se mi fossi messo una maschera. Era per me un buon amico e senza di lui sarei stato solo un fallito per cui decisi di accennargli dei miei pensieri. “È che ho fatto una minchiata, forse ho offeso qualche signora e non so come uscirne” Don Nino salutò una vecchia signora che passò nella navata. “Come stà tua moglie” Chiese improvvisamente con un ghigno che se non l’avessi conosciuto mi sarebbe apparso maligno “Don Nino!! Lo sa che io di quella persona non voglio parlarne, non ne voglio sapere: Quella per me è morta!!!” “Ed è per questo che da quando ti ha lasciato non esci più da tuo laboratorio” “Don Nino ma questo chi ci ntrasi? Stavo parlando di un mio problema e lei mi tira fuori quella … quella … non le dico cosa perché siamo in chiesa…” “Ci ntrasi, ci ntrasi – fece sornione don Nino – perché se tu fossi andato a cercare tua moglie e trovandola le avessi chiesto, guardandola negli occhi perché ti aveva lasciato dopo un mese di matrimonio, uno sposalizio con duecento invitati e otto anni di fidanzamento ufficiale dopo quattro anni di giochi erotici e sbaciucchiamenti da fidanzatini, ora sapresti cosa fare! Andresti da chi hai offeso e guardandolo negli occhi diresti “scusa amico mio, scusa, ho sbagliato!” E invece no, ti perdi a pensare come farti perdonare, cosa dire, perché e percome hai sbagliato! Ti chiuderai nel tuo laboratorio indeciso su come affrontare il problema e pensando e ripensando consumerai i tuoi giorni, la tua vita dentro ad una stanza, come un carcerato! Prendi coraggio e vai da chi hai offeso chiedendo scusa, inginocchiati ai suoi piedi pur di riavere la sua amicizia ed evitare di essere sempre più solo!” La forza con cui don Nino mi disse il suo pensiero rimbombò nella navata ed i sacrestani che stavano mettendo in riga i banchi si voltarono a guardarci. Alzai una mano come per rispondergli ed argomentare quel suo rimprovero che pensavo immeritato. Ma non mi usci parola. Allora mi girai e a passo veloce, furioso e disgustato, me ne andai. Fuori dalla chiesa camminai mormorando tra me e me. Urtavo persone che mi lanciavano improperi e maledizioni, attraversavo strade dove le macchine facevano stridere i freni per non investirmi. Ne dicevo di tutti i colori nei confronti di don Nino, ma sapevo che aveva ragione, che da quando mia moglie mi aveva lasciato il mondo per me era come morto. Se non fosse stato per i pochissimi amici che avevo, non sarei uscito dal mio laboratorio. Vedi all’inizio, quando ho cercato di descrivermi, non ti ho detto di mia moglie perché … perché non ci riesco! Tanto è stato per me il trauma che ancor nel dover parlare di quei momenti mi sale una rabbia che non so trattenere e controllare. Non è solo una persona amata da sempre che improvvisamente ed inspiegabilmente se ne è andata, ma anche tutta la mia giovinezza, tutta una concezione del mondo dove certezze come l’amore, la fiducia negli altri, l’ottimismo, la sicurezza dei rapporti finiva improvvisamente. Come fai a credere negli altri, ad aver fiducia in chi incontri per strada se dall’oggi al domani, chi ti giurava amore infinito se ne va svuotandoti la casa e il conto corrente, dicendo che gli avevi rotto le scatole con la puzza dell’olio dei mobili e le soluzioni di bicarbonato per pulire i quadri. Come fai a credere all’amore, all’amicizia, a tutto quello che ti spinge a vivere se hai capito che non esistono. Non possono esistere. Io lottavo per fermare il tempo, l’estasi della bellezza assoluta. Lei aveva invece cancellato metà della mia vita uscendo da essa. Il suo potere era stato più forte del mio. Fu un periodo orribile, passato a fissare le pareti del mio studio come se fossero le onde del mare al tramonto. Ne sono uscito lentamente grazie all’aiuto di qualche amico. Ad esempio, il corso di pittura richiesto da Mara forse era stato inventato da lei più per aiutare me che le mie allieve a dipingere. Don Nino aveva ragione: dovevo trovare il coraggio di chiedere scusa. Il suono di un clacson mi svegliò dai miei pensieri nel mezzo del Viale San Martino, circondato da macchine impazienti. Mi guardai intorno e vidi che ero vicino alla casa delle gemelle Finocchiaro. Senza esitare mi diressi verso il loro caseggiato e risoluto a contraddire don Nino salì al loro piano suonando alla loro elegante e ricca porta di casa. Sentii un ciabattare e un chiavistello girare più volte e quando la porta di mogano antico si aprì, mi apparve una delle gemelle con un prendisole turchese, pieno di ricami da cui si vedeva balenare la candida pelle. Ora devo dire due cose delle gemelle. La prima è che sono perfettamente uguali. Loro dicevano che era facile riconoscere chi erano perché Emma, quella sposata portava la fede, mentre Edda che non lo era, portava all’anulare un anello con un rubino. Spesso però avevo la sensazione che si scambiassero l’anello per confonderci. La seconda cosa che devi sapere è che si comportano come se fossero una sola persona. Dipingevano sempre insieme usando uno stile che ricordava i pittori naif della Jugoslavia degli anni ‘80. Una di loro iniziava a dipingere da una parte e l’altra dalla parte opposta muovendosi entrambe, in perfetta sincronia, verso il centro del quadro. Benché non si parlassero e non avessero pianificato il quadro, le due parti del quadro si integravano perfettamente e non si vedevano differenze di stile o dimensioni tra la parte di destra e quella di sinistra. Erano quadri dove erano rappresentate isole mediterranee con tante piccole candide case messe una sull’altra, mentre scendevano verso il mare in un rigoglio di palme e buganvillee. Le case e le stradine che le percorrevano, erano popolate da centinaia di piccoli uomini e donne impegnati in mille attività come piccole rosee formiche in un candido formicaio. In basso a destra si firmavano con la figura di una bambina che era formata da due metà ricongiunte, ma per notare questo particolare bisognava guardarla attentamente. “Renzo, che bella sorpresa” Mi disse una gemella in turchese quando mi aprì la porta “Mi fa piacere vederti” Aggiunse l’altra arrivando ciabattando da un lungo corridoio vestita con un coprisole ocra. Entrambe erano vestite come i personaggi dei loro quadri. “Vieni, entra, prendi qualcosa con noi” Fece quella che mi aveva aperto e presa la mia mano, mi tirò dentro casa sua “Meno male che sei venuto mi stavo annoiando” Aggiunse l’altra spingendomi in un lungo corridoio che dava su molte stanze tutte arredate in modo classico con alle pareti i grandi quadri colorati che dipingevano. Mi fecero sedere in un piccolo salotto con un divano molto largo e pieno di grandi cuscini. Sul tavolino in onice erano sparsi disordinatamente libri, riviste e scatole di torroncini e confetti. Sparirono e riapparirono subito dopo portandomi un gran bicchiere di acqua tonica in cui galleggiava della granita al limone. Parlammo del caldo che imperversava e dello scirocco che svuotava le strade e a loro faceva venire il mal di testa, fino a che non misi giù il bicchiere e, schiarendomi la voce, iniziai il discorso che mi ero preparato. “Ecco … sono venuto per quel link che involontariamente vi ho spedito … volevo chiedervi … scusa” “O veru? …. Scusa mi volevi chiedere ….?” Iniziò quella seduta accanto a me a destra e quella seduta a sinistra finì la frase “… E picchì ti scusi per quella stupidata …?” “Mi ha fatto divertire ….” “…. E ti confesso, ma non lo dire a mio marito …” “Lui è all’antica, non capirebbe …” “Mi ha fatto venire un po' di voglia…” “voglia di passione, un fuoco proprio li …” “Intenso ….” “feroce ….” “Una cosa mai provata …” “ma forse desiderata …” “ tu quelle cosa, dimmi … le hai mai fatte ?…”” “… si, si tu sotto sotto chissà quante ne fai…” E sentii una mano scivolarmi lungo la coscia “… magari ti ha spinto a spedire quel filmino un qualcosa di inconscio, un desiderio mai confessato … “ “ma fortissimo! Anche a me capita …” “di provare sanazioni proibite, pensieri libertini…” “ ma in fondo, umani siamo” “le tentazioni, dentro di noi sono” E senti il calore di un paio di generose minne premermi contro il petto “per questo il tuo… è sicuramente un messaggio d’aiuto …” “un messaggio… alle tue amiche …” “ e hai fatto bene a mandarlo!” “Ora sò che quello che sento io anche tu lo senti: hai lo stesso pensiero….” “abbiamo gli stessi desideri” “ e ai desideri non bisogna resistere: fa male … “Fisicamente e moralmente…” “Se un desidero è onesto, perché resistergli?” “… devi soddisfarlo, se vuoi vincerlo… “ “Così staresti meglio … ti sentiresti libero” “e anch’io starei meglio …” “mi passerebbe il mal di testa” “mi rilasserei …?” Sentivo il loro respiro sul collo, una mano era salita alla base della coscia e richiamava l’attenzione del locale residente, mentre un'altra mano, dalla parte opposta aveva vinto la resistenza di un bottone della camicia e stava esplorando con dita calde ed esperte, il mio petto. Non sapevo cosa fare, o meglio, lo sapevo benissimo, mi sarei dovuto alzare e lasciar perdere quelle due sirene assatanate. Ma i loro corpi contro il mio, quel sussurro con cui mi tentavano, la carestia sensuale che provavo da quando quella donna che aveva giocato a fare la moglie per poche settimane se ne era andata (portandosi via corredo e regali di nozze), mi impediva persino di concepire l’idea di muovermi, di fuggire a quell’ipnotico desiderio di essere sbranato sensualmente. “Ma … tuo marito?” Cercai di dire ricordando loro impegni morali e sentimentali così che (loro) finissero quella inattesa e bellissima seduzione di un incapace (io), di un inesperto (sempre io ), di un maschio minchione e fissa (ancora io) e quindi innocente, assolutissimamente innocente. “mio marito è una persona eccezionale” “… lui è in mare, è capitano su una nave…" Fece qualcosa di umido che mi esplorava l’orecchio “… starà li per altri due mesi …” Rispose la mano che apriva la mia cintura “è intelligente, capirebbe” “Poi lui fa l’amore a metà….” “… non accetta il fatto che io sono una… “ “ in due corpi” “Che deve amarmi due volte …” “entrambi i corpi” “… perché io abbia un unico piacere …” “… ma se lo sa mi ammazza” Azzardai come ultima disperata e debole difesa “… non lo saprà mai e poi” “… gli abbiamo detto che sei gay ” “… che tua moglie ti ha trovato a letto con un negro…” Capisci? Oltre la notorietà di possibile cornuto, avevo anche la fama di probabile gay. Ma quello che ero per il marito di Emma, in fondo non mi interessava perché ormai non parlavamo più. Cosa stava succedendo è inutile dirtelo e a ripensarci non ricordo tutto quello che era accaduto, perché il mio cervello è troppo piccolo per ricordare tutto il piacere che le gemelle mi facevano provare. Ricordo solo che l’intimo di una profumava di rose e che quella dell’altra di tuberose e che la prima era dominante esigente, predatrice, un amazzone volitiva e golosa. Tuberosa era invece succube, generosa, disponibile, pronta a donare quanto la sorella pretendeva, a non negare quanto la sorella non voleva. Ma non farmi dire altro. Ti dirò solo che insieme avevano tutti i desideri, i capricci, le voglie che una donna ha. I corpi di Rosa e Tuberosa erano abbondanti come le donne dei quadri di Rubens eppure leggeri, quasi evanescenti aerei, come le donne del circolo dei canottieri di Renoir, felici come le Mademoiselle d’Avignone di Picasso e oscure, impenetrabili come gli occhi senza anima delle donne di Modigliani. Scoprii nuovamente che le donne sono come il sole a primavera che dona vita agli alberi e ai fiori, come la pioggia nel deserto capace di far fiorire l’arida sabbia. Quando la sera, distrutto nel corpo e rinato nell’animo tornai nel mio laboratorio di restauro, mi accorsi che era piccolo, troppo piccolo per contenere il piccolo pezzo di paradiso che le gemelle mi avevano donato. Compresi anche la loro solitudine, quella che nasce dal non poter essere di fronte al mondo, quello che ci sentiamo di essere, quella disagevole sensazione che nasce dal mostrare a tutti solo una minima parte di quanto siamo. Quella sera nella casa vuota, mentre osservavo allo specchio i graffi, i morsi che mi avevano lasciato sulla pelle, mi sentii anch’io come loro la metà di una persona, privo di quel gemello con cui poter essere un individuo completo. La metà che mi mancava non era quell’essere odiato che mi aveva lasciato, ma tutte quelle anime spaiate che conoscevo o che avrei potuto trovare e che invece, chiuso nel mio laboratorio, non avevo incontrato e forse avevo perso per sempre. Il giorno dopo mi alzai frastornato. Mi misi a lavorare di lena, ma ogni pezzo di legno che scartavetravo era un pezzo della coscia di Profumo-di-Rosa o Tuberosa; ogni pennello che usavo per distendere gli oli o le resine, mi ricordavano i loro capelli, accarezzati, stretti, tirati e rilasciati con i loro sospiri di piacere. Me ne andai a metà mattinata e mi diressi deciso verso casa di Pinuccia. Dovevo ancora chiedere perdono alle altre amiche e lo facevo volentieri perché ormai avevo capito che anche loro potevano essere sole come me e che il link sbagliato che avevo inviato poteva essere un motivo per non esserlo più. Stavo per suonare alla porta di Pina quando questa si aprì improvvisamente e una vecchia signora, seguita da una ragazza down uscirono. “Marti ti sei presa la sciarpa?” gridò la voce di Pinuccia da dentro casa “Si mamma, non ti preoccupare” Rispose la ragazza “Non fare sforzi “ “Si maaa” Rispose seccata Marti “Cercavo la signora Lo Cascio “ chiesi alla vecchia signora stupita di vedermi proprio di fronte a lei “È intra – fece la vecchia, ed alzando la voce gridò – Signora a stannu ciccannu” E presa Martina per mano entrò nell’ascensore “Chi è? - Fece Pinuccia apparendo sulla porta, vedendomi esitò qualche secondo e poi mi disse quasi seccata – entra” Entrai colpito dall’assenza di entusiasmo con cui mi aveva accolto Mi fece entrare in salotto e senza chiedermi di accomodarmi mi chiese “Cosa vuoi?” “Ecco … volevo scusarmi per quel filmetto che ti ho mandato … è stato uno sbaglio un errore deprecabile dovuto alla mia superficialità … scusami …” Lei mi guardò freddamente. Io ti confesso che quello sguardo mi fece male. Pina era una signora dai modi aggraziati, aveva due occhi chiari perennemente tristi sotto una chioma di capelli scurissimi, un naso importante che colpiva e ammaliava. La sua pelle era sempre chiarissima ed il corpo tonico, senza un filo di grasso. L’avevo vista una volta in bikini e mi era apparsa come una di quelle sculture delle ballerine di Francesco Messina: perfetta e seducente. Vederla così fredda e arrabbiata mi dispiaceva “”Scusami”…. Vieni qui e mi dici “scusami” … prima mi mandi quelle cose volgari e degradanti, dove le donne son trattate da bestia e poi mi dici “scusami”” E fece una faccia che mostrava solo di disprezzo “Ma no, è stato uno sbaglio … era un semplice film … “ “Non era un film – gridò feroce quasi saltandomi addosso – non è mai solo un film quando si fa del male è … una porcheria … un sopruso che il vostro egoismo di uomini fa passare per “amore”, per “piacere”” “… ma veramente …” Cercai di difendermi “È stato un atto disgustoso mandare a me che quella violenza l’ho subita, un film che me lo ricordasse” “Ma no Pina io…” “Sei un vigliacco un porco come quello che mi violentò a quindi anni e mi ha messo in cinta di Martina … sei un mostro … siete tutti dei mostri” Urlò disperata e nascondendosi il volto tra le mani incominciò a piangere “Ma io … non …” Balbettavo sopraffatto dalla sua reazione, dalla sua storia che non conoscevo, che non sapevo e volevo quasi quasi andarmene, fuggire da quella situazione imbarazzante e sgradevole. Non sapevo cosa fare e non so perché mi venne in mente don Nino e la sua voce che gridava di gettarmi in ginocchio per chiedere perdono. Preso dalla disperazione mi avvicinai a lei e cadendo in ginocchio ai suoi piedi l’abbracciai stringendole le gambe. “Scusami, scusami, scusami, non volevo farti del male, sono uno stupido, un coglione, ma non voglio, non sarei mai capace di farti del male. Sono venuto solo a scusarmi perché è stata una cosa da imbecille ma non sapevo cosa ti era successo, e mi dispiace che questa bambinata ti abbia fatto tanto male. Non avrei mai voluto, non saprei mai farti del male” ripetei, rallentando quel mio dire esagerato e velocissimo che era il frutto della mia sorpresa, del mio disorientamento di fronte al suo dolore. Continuai più lentamente “tu sei speciale, sei la persona più gentile e generosa che abbia mai conosciuto, io non posso volere o desiderare il tuo male. Soprattutto ora che so quanto hai sofferto, quanto stai soffrendo. Pensavo di essere l’unico ad essere stato preso a schiaffi dalla vita. Ma ora so che tu non sei stata più fortunata di me e questo mi dispiace perché avrei voluto che la vita fosse stata più generosa con chi ritengo migliore di me. Scusami di non aver fatto rinascere il dolore che ti porti dentro.” Lei scivolo tra le mie braccia e mettendosi anche lei in ginocchio mi abbracciò “ La vita mi ha sempre violentato. La prima volta a sedici anni, la seconda quando è nata Martina che malgrado tutto aspettavo con amore, poi quando l’ho dovuta crescere da sola senza l’aiuto di nessuno, quando ho incontrato mio marito che poi è morto in un incidente, privandomi della nuova vita che mi ero costruita. Ed ora, con il tumore che ha Martina l’incubo ricomincia. Lunedì dovrò portarla in ospedale, poi le medicine, la chemio, le visite e lei dovrà pazientemente sopportare tutto ed io con lei! Ora tutto rincomincia, sono di nuovo all’inizio di un altro calvario” Restò in silenzio qualche secondo, sempre stretta a me “Sono stanca. Vorrei che tutto finisse perché non ce la faccio più.” Chiuse gli occhi e appoggiò la testa sulle spalle senza più dire o muoversi Sentivo il suo corpo tra le mie braccia e non era quello delle gemelle, con un calore solare e un desiderio vitale. Era un fragile guscio che conteneva un anima che aveva attraversato tempeste e soprusi , senza un momento in cui avere la giusta pace e la desiderata serenità. “Lunedì vi accompagnerò io. – esordii improvvisamente - Vi starò accanto e affronteremo insieme tutto quello che c’è da fare: non sarà un altro calvario. Tu hai superato tanti momenti brutti, saprai superare anche questo momento, poi hai le tue amiche, ci sono io: ti difenderemo dal destino e gli impediremo di farti del male.” Lo so: le mie erano semplici e probabilmente inutili parole. Esageravo nel sottovalutare il problema e nel vantare la soluzione, ma in quel momento ci credevo veramente. Sapevo fermare il tempo che divorava la bellezza di mobili e quadri, avrei saputo fermare anche il destino perché ancora una volta non travolgesse Pina e Martina. Ma più di tutto, sapevo, perché me lo aveva insegnato l’arte che curavo, che i sogni vivono più a lungo dei sognatori che li avevano creati, e che illudersi e credere nelle proprie illusioni era l’unico modo di santificare la vita, la propria e quella degli altri vincendo quel nulla da cui diamo nati e in cui scompariremo. Lei si staccò da me guardandomi, poi sorridendo anche se aveva gli occhi lucidi “Non ti sapevo così determinato! Vuoi proprio il mio perdono” “Mi hai già perdonato - le dissi asciugandole gli occhi - e hai fatto bene. Chi non sa perdonare è come se volesse fermare la vita, ma questa, non la può fermare nessuno e alla fine, la vita lo schiaccia. A me è successo questo dopo che mia moglie mi ha lasciato. Non volevo che tu facessi lo stesso errore.” Sentimmo girare la chiave nella serratura e ci alzammo velocemente. Martina entrò felice mostrando alla madre le medicine comprate. Io salutai e Pina mi accompagnò alla porta. “Allora lunedì passo a prenderti ed andiamo al Papardo. Non ti dimenticare” “Ma Renzo, non so se è il caso …” “Lo è! Fidati” Ed entrai in ascensore. Per strada camminavo lentamente pensando a tutto quello che era successo. Pina dipingeva di preferenza le nuvole. Quelle di un azzurro purissimo sfumate di rosa simili a quelle degli affreschi del Tiepolo e quelle cupe e color piombo della Tempesta di Giorgione. Ora capivo che nel dipingere cercava un po' di pace e voleva esorcizzare le ansie che l’assalivano. Lei non si era rinchiusa in una stanza perché non poteva, ma non di meno, come i miei, i suoi giorni erano senza sole e serenità. Fino a quel momento avevo tenuto lontano tutto e tutti ritenendo che “gli altri” si fossero presi più di quanto mi avessero dato, lasciandomi in una tribolata solitudine mentre loro vivevano immersi in una normalità viscosa e soporifera ma serena e forse, felice. D’improvviso invece, persone che ammiravo perché parte dello sfondo luminoso che circondava la mia oscurità, mi avevano mostrato le loro inquietudini e difficoltà. Non ero quindi un’anomalia, un diverso obbligato ad un infelice malinconia per tutto quello che avrebbe potuto avere e che gli si era rivoltato contro. Ero solo un comune infelice dei tanti, uno qualunque senza peso e senza alcuna importanza. Infelice come lo era anche chi mi circondava. Avevo bisogno di parlare con Mara. Lei era il mio punto di riferimento, in ogni momento difficile avevo trovato in lei un aiuto a chiarirmi situazioni e persone. Volevo capire cosa dovevo fare con le gemelle, con Pina e soprattutto con me stesso ora che un link del cavolo mi aveva costretto a fare i conti con un insospettato lato nascosto della realtà. Presi il mio furgone e mi diressi verso la casa della mia amica. Arrivato il portiere filippino mi disse che era andata nella casa al mare a Rometta, perché era il compleanno del figlio e volevano festeggiarlo al mare. Mandai un messaggio chiedendole se avesse tempo per me e mi rispose immediatamente di andare a trovarla aggiungendo di entrare dal cancello sul giardino. Andai direttamente a parlarle passando dal giardino senza suonare. Ai tempi del liceo ero stato in quel giardino molte volte per le feste di compleanno di Mara o per le feste estive. All’epoca Mara era una ragazza con le curve delle donne di Botero, abbondanti e sensuali. Malgrado il sovrappeso e un leggero strabismo di venere, mi attraeva in modo particolare e avevo fatto diversi approcci per farglielo capire e passare ad una relazione più intima. Non ero però abbastanza esperto per poterla sedurre o interessare, ed in fondo lei aveva già abbastanza malizia da neutralizzare i miei goffi tentativi. Quello che di lei mi colpiva era la sua capacità di razionalizzare ogni sentimento e persona, una capacità in antitesi con la mia mente creativa e caotica. Era quindi un valido punto di riferimento, una sicura certezza. Non so perché pensai che al liceo non riuscivo a capire come mai quel suo corpo fuori dalle regole della bellezza mi piaceva, mentre ora mi accorgevo che non era il suo corpo ad attirarmi, ma quello che conteneva: la sua costante serenità, la lucidità, la semplicità, la fermezza, la forza con cui affrontava l’ironia dei compagni di classe e le difficoltà della vita. E questo perché riteneva la vita troppo importante per sciuparla in malinconie ed arrabbiature. Entrai nel giardino e camminai tra gli alberi dei limoni e mandarini, ognuno chiuso in un quadrato di terra circondato da piastrelle di lucido cotto. Quella razionale disposizione mi ricordava i quadri di Mara dove paesaggi e persone erano suddivisi in forme geometriche perfette come quadrati, cerchi, triangoli equilateri, quasi la rassicurasse la perfetta disposizione spaziale di tutto quello che vedeva. La trovai sul dondolo che osservava il suo cellulare . Era vestita con un kimono leggero, di fiori rossi su un fondo crema. Il kimono era stretto ai fianchi da una cintura che lo faceva aprire sul davanti mostrando, l’abbondanza del petto rinchiuso nella parte superiore di un bikini rosso. Mi fece segno di sedermi accanto a lei “Allora come và?” Esordi sorridendo e guardandomi da sopra i suoi occhiali che controllavano e bloccavano il suo strabismo di venere. “È che ho mandato quello stupido link e sono venuto a chiedere scusa.” “hai fatto tutta questa strada solo per questo? Ma era chiaro che non era cosa tua” “No, non è solo per questo. Ho chiesto scusa anche alle gemelle e a Pina e hanno reagito in un modo strano! Ognuna di loro in modo personale e comunque diverso da quello che mi sarei aspettato.” “È normale : ognuno reagisce per il carattere che ha, siamo in fondo tutti diversi” “Ecco è proprio questo: è normale che ognuno reagisca secondo il proprio carattere, ma la loro reazione mi ha fatto capire che non avevo compreso le loro personalità che non erano per come le pensavo o le conoscevo.” Sorrise allargando le rosse labbra lunghe quanto un sogno. “Ce lo hai spiegato tu: ognuno vede un quadro in un modo diverso perché lo interpreterà sulla base della sua esperienza: tu forse, le hai sempre giudicate sulla base del rapporto superficiale che avevi con loro. “Certo! Questo è normale ma, pur conoscendole da tempo si sono comportate come se non le avessi mai conosciute mentre invece è da un anno che le frequento. La continuità di una relazione fanno si che abitudine e consuetudine rivelano chi ci stà accanto. Invece non è così. A questo punto mi chiedo: ma allora non conoscevo nel suo profondo intimo neanche la mia ex moglie, non conosco te, non conosco nessuno: e quindi non è possibile conoscere veramente qualcuno per quello che è, con i suoi problemi, manie, nevrosi? Vi sono sempre dentro di noi delle porte che non apriamo a nessuno, per questo nessuno in questo mondo riesce ad essere cristallino, trasparente: vero. E allora che senso hanno le frequentazioni, l’amicizia … l’amore? Se tutti nascondiamo agli altri quello che siamo veramente? Se siamo tutti fragili e prigionieri delle illusioni che ci creiamo per vincere la nostra solitudine? Che senso ha la vita, se è solo un palcoscenico dove tutti recitano di essere un altro e mai se stessi e mostriamo agli altri nei social o per strada, quello che è solo una nostra l’illusione creata per non essere schiacciati dalla realtà?” Restai qualche secondo in silenzio “Ecco, sono confuso” Lei sorrise di gusto “Sei confuso perché sei un uomo, hai la testa piena di rotelline che girano dove ognuna si muove spinta da quella prima per muovere quella dopo, per cui uno più uno è sempre e solo uguale a due. A noi donne questa logica non serve, noi sappiamo leggere anche quello che non è scritto, sappiamo già se il risultato è buono o cattivo indipendentemente dal dover sommare o sottrarre. Noi non avevamo bisogno del tuo link per capire chi sei.” La guardai aspettando che continuasse “E allora chi sono io?” “Un bietolone – rispose sorridendo allegramente - uno che si perde dietro a un tavolo stile direttorio o un quadro di De Pisis senza considerare la donna che lo osserva accanto a lui” “Io non sono così” Osservai per difendere la mia dignità virile “E allora cos’è per te una donna?” “Un opera d’arte come le Madonne di Antonello da Messina, con lo sguardo che rivelano un anima e delle labbra che promettono l’estasi” Si mise a ridere poi si avvicinò e appoggio la testa con la lunga chioma al suo braccio destro e con la mano sinistra aggiustò il colletto della mia camicia rimasto a mezzaria dopo l’ultimo incontro con Pinuccia. “Una donna non può essere una statua o un quadro da ammirare. Una donna è anche emozione, sensualità, eleganza, passione, armonia, tenerezza, forza, istinto e mille altre cose. Tu di tutto questo hai deciso di vederne solo una piccola parte. Hai ridotto tutto ai minimi termini in esteriorità e coiti, per paura o disillusione e non ci capisci più. Quand’è l’ultima volta che hai vissuto desiderando, o sognato amando?” La guardai disorientato “E cosa dovrei fare per non essere il bietolone che sono?” “Quello che le gemelle e Pinuccia ti hanno detto di essere” Capii che lei sapeva tutto forse anche le cose più intime delle gemelle o che mi ero vergognosamente abbracciato alle gambe di Pina “ vuoi dire amante e amico…?” Chiesi dubbioso “Sei un restauratore, un signore di una certa cultura che restaura le cose e che non ha capito che anche le persone devono essere restaurate, devono essere pulite dalla patina dell’ipocrisia, dalla stanchezza del vecchiume che copre ogni esperienza per riavere le loro emozioni e far nascere delle speranze. Ognuno di noi è abbruttito dalla disillusione e dalla solitudine che ricopre, soffoca i suoi giorni, ognuno di noi vorrebbe levarsi le maschere che indossa per proteggersi o nascondersi e con te questo è possibile perché sei come un bambino onesto e sincero. Tu eri l’unico in classe che mi guardava dentro, cercando di capire cosa c’era in quel mio corpo orribile. E questo ti è rimasto. Non hai però capito che tutti noi vogliamo che il tempo si fermi; vogliamo tornare a provare i colori, i sentimenti della nostra gioventù, le sfumature nascoste delle nostre personalità e splendere come i vecchi quadri che tu pulisci facendoli tornare alla loro bellezza. Questo tu, sei abituato a farlo. Tu non fermi il tempo che divora un quadro! Tu ricrei le emozioni che quel quadro dona, ed è questo quello che le gemelle o Pina volevano e che tu hai dato loro: le emozioni che non riescono più ad avere” Era questo quello che mi era sfuggito: quello che le mie donne cercavano. Volevano riprovare le emozioni delle stagioni passate, riscoprire le certezze che la vita aveva sfigurato o cancellato. Volevano ritrovare quello che era stato rubato loro e per fare questo dovevano vivere, con il mio aiuto, le emozioni che la quotidianità gli negava. Le gemelle avevano bisogno di sentirsi quell’unica persona divisa in due metà come la firma nei loro quadri. Pinuccia voleva una presenza, un sostegno fidato, un amico affidabile e Mara? Mara cosa cercava ? Una donna è emozioni, aveva detto, ma lei era sempre stata neutra, imperturbabile, anche quando la prendevano in giro per le forme tonde e il leggero strabismo di venere. Aveva fatto del non mostrare emozioni il suo scudo invincibile. Con il tempo si era costruita una forma da elegante donna matura, con i fianchi larghi e con gli occhiali, ma anche con due gambe da ventenne e due spalle da campionessa di nuoto che potevano sostenere l’abbondanza del seno, quelle forme che, nell’insieme, la facevano sembrare una intramontabile fotomodella, con un fascino discreto ed intenso. Ma ancora, come al liceo, non mostrava mai emozioni e forse era proprio questo quello che dentro di se avrebbe voluto: mostrare e vivere quanto provava, quanto le dava piacere facendole gustare ed apprezzare la vita. La guardai ed osservai le lunghe labbra piegate in un sorriso ironico. Quelle labbra lunghe, sempre rosse e serene, mi erano sempre piaciute fin da quando eravamo al liceo, e forse il modo migliore per farla uscire allo scoperto era proprio farle capire cosa lei era per me “Ti ricordi quando con gli altri compagni di classe, siamo andati a fare il bagno a Falcone? In quarta superiore” Lei mi guardò stupita da quell’improvviso cambio di argomento “Si … Perché? Cosa c’entra ora?” “Ti ricordi che abbiamo fatto il gioco della bottiglia? Facevamo girare la bottiglia e chi la bottiglia indicava quando si fermava doveva baciare chi aveva di fronte?” “Si – rispose ridendo – abbiamo fatto baciare Carlo e Giovanni” “Ecco vedi – dissi facendo la faccia innocente e spostandole con un dito la falda del chimono – io mi ero allenato il giorno prima e avevo studiato come far fermare la bottiglia su chi volevo” Lei osservò la mia mano scivolare dentro il kimono e e alzò gli occhi a guardarmi severa, ma non mi fermò “Allora quando toccò a me far girare la bottiglia gli diedi il colpo che avevo studiato e sei uscita tu” Mi guardò ancor più sorpresa mentre con l’indice scendevo sotto il costume e lentamente giravo intorno al suo capezzolo “Mi piacevi tantissimo ma mi evitavi sempre allora sono ricorso a questo trucco per baciarti, ed è stato bellissimo. All’inizio hai fatto resistenza, poi però la tua lingua è scivolata tra le mie labbra. Me lo ricordo ancora. Fu come un fulmine mi fosse entrato nel cervello illuminandomi l’anima e mi sembrò di esplodere, di essere diventato enorme tanto da abbracciare tutto l’immenso blu del mare. Fù la cosa più bella che ricordo di tutto il liceo.” Chinai la testa e appoggiai le mie labbra sulle sue mentre il suo capezzolo si irrigidiva, duro e complice del mio dito. Fu un bacio stranamente lungo e quando mi staccai continuai. “È passato tanto tempo ma quello che eravamo resta ancora in quello che adesso siamo. Io quel momento non l’ho dimenticato ed ogni volta che ti vedo, anche arrivare da lontano mi sembra ancora di sfiorare le tue labbra e di abbracciare l’immenso blu del mare. Se ti sognassi non vorrei più svegliarmi.” “Magari se avessi avuto lo stesso pensiero con tua moglie, lei non ti avrebbe lasciato” Osservò lei senza accidia o cattiveria “Se ne sarebbe andata in ogni caso. I nostri corpi si amavano ma tra le nostre anime non c’era quella amicizia, intimità e complicità che serve a riempire tutto il tempo di chi sta insieme. L’amicizia è il seme dell’amore, è una piccola, primordiale, forma d’amore e senza di essa, l’amore non può esistere.” “Adesso, quella nostra amicizia del liceo, è diventata altra cosa. Il tempo passa per tutti” “Lo hai detto tu che sono un restauratore, che posso fermare il tempo e per me quel tempo e le emozioni che mi ha dato, sono rimaste esattamente per come le ho vissute” Mi chinai ancora una volta e la baciai con maggiore intensità. Per pochi secondi senti che lei mi rispondeva con la sua passione, ma subito le sue mani mi spinsero indietro. Quando stupito incontrai i suoi occhi, mi sembravano felici, ma la sua bocca mi gelò “Lunedi accompagno io Pinuccia e sua figlia al Papardo.” La guardai stupito. Sapeva ovviamente tutto e ora, al suo solito, stava riprendendo le redini della situazione. Prese la mia mano immersa nel calore del suo seno con due dita e la fece uscire da sotto la sua vestaglia “Pinuccia ha apprezzato molto la tua disponibilità e tutto quello che le hai detto - continuò con un tono tranquillo mentre chiudeva il kimono - Le hai ridato la fiducia nelle persone e nel destino. Ma quello della figlia è un problema di donne e preferisce che con lei vi sia una donna” “Ho capito. – feci seccato – da donna hai letto in noi due qualcosa che non andava bene, anche se non era scritto?” “Si, non possiamo tornare completamente indietro e saltando troppo in avanti faremmo solo del male a noi stessi e a chi vogliamo bene. Il restauro migliore è quello in cui si lasciano le cicatrici del tempo, le rotture i tagli sull’oggetto restaurato. Forse in quello che provi, ci credi, ma devi viverlo secondo le cicatrici ed i doveri che la vita ha lasciato dentro di noi: per ora va bene così, non c’è bisogno di forzare la mano. Ho due figli, un marito che lavora per darmi tutto quello che io o i figli vogliamo. Loro hanno più importanza di quello che provavamo o che provo io adesso o che potremmo provare domani. Di egoismo si muore ed io non posso essere egoista e pensare solo a me stessa.” Devo aver fatto una brutta faccia perché sorrise e continuò “Anch’io, come Pinuccia ho apprezzato le parole e il gesto, ma la vita non risparmia chi si illude” Aveva ragione, la vita premia solo chi ha coraggio, io dovevo averlo allora quando mi ero accorto che lei era il mio immenso, infinito blu. Si alzò “È meglio che vai. Quello che proviamo al di fuori dell’amicizia non ha un futuro e quindi non può avere neanche una ragione o un motivo. Tra tutti i nostri obblighi ed impegni non ha né uno spazio per crescere ne un senso per vivere” Eccola li: razionale e indifferente, nemica di ogni passione ed emozione. Mi alzai seccato. Il suo volto era serio, forse turbato dalla conclusione che aveva tratto da sola per entrambi e per il nervosismo si mise con le braccia conserte quasi a tenermi lontano. La guardai. La odiavo mentre sentivo di non poterne fare a meno e questo me la faceva odiare ancora di più. “Oh capito ciao” Risposi seccato. Mi girai e mi incamminai incazzato verso il cancello. Era una presuntuosa, boriosa e seccante, come faceva suo marito a sopportarla? Mi fermai davanti al cancello. Il pensare a suo marito fece girare le rotelline del mio cervello. Un pensiero mi illuminò. Mi dissi che ero il solito bietolone che credeva a tutto quello che gli dicevano. Avevo ancora una volta riassunto una relazione in sesso e apparenze come avevo fatto con quella stronza di mia moglie. Ma Mara non voleva solo la felicità di un attimo donata dalla carne anche se, a sentire il suo capezzolo, l’apprezzava. Avevo sbagliato nel semplificare i suoi bisogni, nel pensare troppo solo ai miei, nell’essermi alzato e nell’andare via offeso nella mia presunzione. Se si è capaci solo di fuggire e non si è disposti a fermarsi, a capire, a lottare per chi si ama, che amore è? Era questo quello che in fondo don Nino voleva dirmi. Mi voltai e tornai da lei sorridendo. Incominciai a parlare velocemente “Lunedi vengo con voi al Papardo e vi aspetto fuori. Quando Pina e Martina escono le accompagno a casa così puoi andare a prendere i tuoi ragazzi a scuola. Ora chiamo le gemelle e chiedo loro se sabato vogliono venire a Taormina. A Palazzo Corvaia c’è una bella mostra e penso che a loro piacerà. Inviterò anche Pina e Martina. Penso che faccia bene a Martina vedere Taormina e riempirsi gli occhi di sole e di mare prima di vedere le corsie dell’ospedale. Assumo che tu venga perché da quando mia moglie mi ha lasciato tu sei stata sempre presente, la prima a chiamarmi, l’unica a considerarmi e da allora non ti ho mai sentito parlare di tuo marito, non ti ho mai visto insieme a lui da nessuna parte a Messina, su Instagram o Facebook e nessuno di tutte le tue amiche, ne ha mai parlato al presente. I tuoi figli hanno più diritto di me, è chiaro, ma io sono il tuo unico diritto, quello a cui non puoi, non devi rinunciare se vuoi dare un senso ai tuoi giorni. Ai nostri giorni. Sei sempre stata quella che passava i compiti senza che nessuno te li chiedesse: hai sempre pensato per gli altri e mai per te stessa come adesso fai con i figli o con un marito che non lo è più. Hai sempre nascosto ogni emozione perché provavi solo quelle che ti facevano male. Ma sei una donna. Tu le emozioni le fai nascere, sai renderle eterne e sublimi: non puoi ignorarle. Io sono un restauratore e come hai detto faccio rinascere le emozioni invecchiate. Ma per me, le uniche emozioni che voglio rivivere sono quelle che mi hai dato quando ti ho rubato un bacio. Se tu il giorno dopo il primo bacio avessi accettato di venire ai falò, io non avrei incontrato mia moglie e non avremmo perso anni della nostra vita per una stronza. Non fare lo stesso errore di allora: se sai leggere anche quello che non è scritto, leggi quello che avrei voluto dirti ma che non vuoi sentire: la prima cosa che leggeresti sarebbe “non aver paura a voler vivere le tue emozioni, la tua vita.”” Le sorrisi e me ne andai. In macchina pensavo che per un link della minchia ero stato sedotto da una donna che era la somma di due donne, ero l’amico fidato di una donna che la vita non aveva mai rispettato, ed ero l’ingenuo seduttore di un’altra donna generosa e pronta ad aiutare tutti, tranne che se stessa. Un casino. Come avrei fatto a gestire tutto? Come mi sarei diviso tra l’una e l’altra e il mio lavoro. Da che ero più solo di una bottiglia vuota che galleggiava in mezzo al mare, a che mi trovavo a condividere intimità e problemi con un harem di anime più sole della mia. Quasi mezz’ora dopo mi arrivò un messaggio, come al solito imperativo e pragmatico: “A Taormina vengo anch’io con Pina e Martina. Andiamo con il tuo furgone!” Passò qualche secondo e apparve un’altra parola come se prima di essere scritta dovesse essere razionalmente pesata e valutata, prima di essere irrazionalmente spedita “un bacio” Aveva fatto la sua scelta. Sapevo che sarebbe venuta anche lei. Perché a Mara le mostre d’arte sono sempre piaciute e chi ama il bello, non può fare a meno dell’amore. Ne ero sicuro perché come ti ho detto, l’amicizia è sempre un principio d’amore un seme che in un modo o in un altro diventa sempre un fiore e perché, come diceva don Nino, una vita, non può restare chiusa in una stanza piena solo di rimpianti.
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Free Wheels ODV: La Disabilità Non è un Limite, ma una Nuova Opportunità di Scoperta
Free Wheels ODV è un’associazione di volontariato con sede a Somma Lombardo (VA), nata con un obiettivo chiaro: offrire esperienze indimenticabili anche a chi vive con disabilità. Fondata nel 2012 da Pietro Scidurlo, l’associazione si dedica a rendere accessibili itinerari culturali, naturali e spirituali, consentendo a tutti di vivere il viaggio lento come un’occasione di crescita personale e condivisione.
Un Viaggio Che Nasce dal Cuore: La Storia di Free Wheels
L’origine di Free Wheels è profondamente legata alla storia del suo fondatore, Pietro Scidurlo. Nato con una paraplegia a causa di un errore medico alla nascita, Pietro non si è mai lasciato definire dalla sua condizione. Dopo aver intrapreso il Cammino di Santiago, è diventato uno dei primi esploratori italiani con disabilità a completare un trekking di lungo raggio. Questa esperienza gli ha permesso di comprendere che le barriere più grandi sono quelle della mente.
Attraverso Free Wheels, Pietro e il suo team di volontari lavorano per superare gli ostacoli fisici e culturali che limitano l’accesso alle esperienze di viaggio per le persone con disabilità. L’associazione si impegna a costruire percorsi accessibili e a dimostrare che il viaggio lento non è un privilegio per pochi, ma un diritto universale.
Progetti e Missione: Accessibilità e Inclusione
La missione di Free Wheels va oltre la semplice progettazione di itinerari. L’associazione lavora per rendere il viaggio accessibile a tutti, comprese persone con disabilità fisiche, sensoriali e altre esigenze specifiche.
Tra i progetti più significativi vi sono:
Il Grande Anello della Valnerina, un percorso di 45 km nel cuore dell’Umbria, progettato per la mobilità dolce.
Il Cammino di Santiago, reso accessibile grazie alla guida “Santiago per tutti” co-autore Pietro Scidurlo.
La Via Francisca del Lucomagno, che attraversa Germania, Svizzera e Italia, promuovendo l’accessibilità lungo un tracciato di 135 km.
Free Wheels non si limita alla creazione di percorsi, ma offre supporto pratico e informazioni dettagliate per consentire alle persone con disabilità di pianificare il proprio viaggio in autonomia.
Chi è Pietro Scidurlo: Un Visionario della Disabilità
Pietro Scidurlo è il cuore pulsante di Free Wheels. Sportivo, scrittore e viaggiatore, Pietro ha trasformato la sua condizione in un’opportunità per ispirare gli altri. La sua filosofia si basa su un semplice ma potente messaggio: “Le barriere più grandi sono quelle della mente.”
Attraverso la sua esperienza personale e professionale, Pietro ha dimostrato che la disabilità non è un limite, ma una diversa modalità di vivere e scoprire il mondo. Ha condiviso la sua visione nel libro “Per chi vuole non c’è destino”, offrendo una prospettiva unica sulla resilienza e sul viaggio come strumento di cambiamento.
Cammini e Sentieri per Tutti: L’Eredità di Free Wheels
Uno degli obiettivi principali di Free Wheels è garantire che i cammini e i sentieri siano fruibili da chiunque, inclusi anziani, bambini, persone con disabilità o esigenze particolari. L’associazione sottolinea l’importanza di creare itinerari non solo accessibili, ma anche accoglienti, promuovendo un approccio olistico al viaggio.
La progettazione di percorsi per la disabilità rappresenta anche un’opportunità per valorizzare il territorio. Rendere accessibili i cammini significa aprire nuove possibilità per il turismo e favorire lo sviluppo economico e sociale delle comunità locali.
Il Viaggio Lento Come Stile di Vita
Per Free Wheels, il viaggio lento è molto più di un’attività fisica: è uno stile di vita. Camminare o pedalare lungo un itinerario accessibile permette di entrare in contatto con la natura, la cultura e le persone in modo unico e profondo. Questo approccio si traduce in momenti di condivisione, incontri significativi e una connessione autentica con il mondo.
Conclusione: La Disabilità Non Ferma i Sogni
Free Wheels ODV dimostra ogni giorno che la disabilità non è una barriera, ma una diversa prospettiva da cui guardare il mondo. Con il suo impegno, l’associazione sta trasformando il concetto di viaggio, rendendolo un’opportunità inclusiva e universale. Attraverso percorsi accessibili, progetti innovativi e una rete di volontari appassionati, Free Wheels continua a ispirare e a tracciare la strada per un futuro in cui il viaggio sia davvero per tutti.
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Lunedì 28 Ottobre 2024 alle ore 20.30 il GdL "Chiave di Lettura", presso i locali della Biblioteca San Valentino, si incontrerà per discutere insieme del libro “La solitudine dei numeri primi” di Paolo Giordano proposto dalle nostre amiche dell’Argentina – Club di Lettura Società “Dante Alighieri” de La Plata.
Nella serie infinita dei numeri naturali, esistono alcuni numeri speciali, i numeri primi, divisibili solo per se stessi e per uno. Se ne stanno come tutti gli altri schiacciati tra due numeri, ma hanno qualcosa di strano, si distinguono dagli altri e conservano un alone di seducente mistero che ha catturato l'interesse di generazioni di matematici. Fra questi, esistono poi dei numeri ancora più particolari e affascinanti, gli studiosi li hanno definiti "primi gemelli": sono due numeri primi separati da un unico numero. L'11 e il 13, il 17 e il 19, il 41 e il 43… A mano a mano che si va avanti questi numeri compaiono sempre con minore frequenza, ma, gli studiosi assicurano, anche quando ci si sta per arrendere, quando non si ha più voglia di contare, ecco che ci si imbatterà in altri due gemelli, stretti l'uno all'altro nella loro solitudine.
Mattia e Alice, i protagonisti di questo romanzo, sono così, due persone speciali che viaggiano sullo stesso binario ma destinati a non incontrarsi mai. Sono due universi implosi, incapaci di aprirsi al mondo che li circonda, di comunicare i pensieri e i sentimenti che affollano i loro abissi. Due storie difficili, due infanzie compromesse da un pesante macigno che si trascina nel tempo affollando le loro fragili esistenze fino alla maturità. Tra gli amici, in famiglia, sul lavoro, Alice e Mattia, portano dentro e fuori di sé i segni di un passato terribile. La consapevolezza di essere diversi dagli altri non fa che accrescere le barriere che li separano dal mondo fino a portarli a un isolamento atrocemente arreso.
Paolo Giordano descrive la parabola di queste due giovani esistenze attraverso parole commosse eppure lucidissime. Il tono del romanzo cresce non appena ci si inoltra nel racconto e nelle vite dei protagonisti. Anche la sintassi e la complessità della frase si evolvono a mano a mano che i due ragazzi crescono, guidandoci in un percorso che conduce lentamente verso significati più acuti. Le descrizioni quasi elementari dei primi capitoli, quando le vite di Mattia e Alice devono ancora incrociarsi, lasciano il posto a una profondità di pensiero imprevedibile e inaspettata. Il linguaggio si affina, le frasi si intrecciano, i pensieri si complicano.
Paolo Giordano è nato a Torino nel 1982. Ha un dottorato in fisica ed è autore di cinque romanzi: La solitudine dei numeri primi (Mondadori 2008, Premio Strega e Premio Campiello Opera Prima), Il corpo umano (Mondadori 2012), Il nero e l'argento (Einaudi 2014 e 2017), Divorare il cielo (Einaudi 2018 e 2019) e Tasmania (Einaudi 2022 e 2024). Per Einaudi ha pubblicato anche Nel contagio (2020), Le cose he non voglio dimenticare (2021) e Il corpo umano (2024). Ha scritto per il teatro (Galois e Fine pena: ora) e collabora con il «Corriere della Sera».
Se volete partecipare, contattateci all'indirizzo mail: [email protected] oppure all'indirizzo, sempre mail, [email protected] e riceverete, in prossimità dell’incontro, il link di riferimento.
Vi aspettiamo per confrontarci insieme su questa autrice e scoprire il suo libro, non mancate!!!
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Pub Catania e luoghi della movida: i più amati
Scopri i migliori pub Catania per vivere la vera movida catanese, tra atmosfere uniche, birre artigianali e ottimo cibo. Se sei in vacanza in città e stai cercando i migliori pub Catania, devi sapere che ogni angolo del centro storico si anima al calar del sole, offrendo un’esperienza unica per chiunque voglia vivere la movida della città. È qui che troverai numerosi pub che mescolano tradizione e modernità. Dalla Piazza Teatro Massimo fino a Via Etnea, c’è solo l’imbarazzo della scelta. La sera, questo angolo di Catania diventa il punto di riferimento per chi vuole rilassarsi dopo una giornata di gite turistiche o lavoro. Pub Catania: i 7 più consigliati Che tu sia un fan della birra artigianale, del vino siciliano o dei cocktail elaborati, i pub di Catania sapranno conquistarti con atmosfere rilassate e autentiche. Tra locali dall’arredamento vintage e terrazze all’aperto, ecco alcuni dei pub più amati dove trascorrere una serata all’insegna del buon bere e, naturalmente, del buon cibo. 1. Ostello Catania: A Putìa dell’Ostello A Putìa dell’Ostello è uno dei pub più particolari e cosmopoliti di Catania. Questo locale offre una combinazione unica di storia e modernità: la sala da pranzo si trova all’interno di una grotta lavica, formatasi durante l’eruzione dell’Etna nel 1669, mentre il fiume Amenano scorre silenziosamente sotto il locale. Immerso tra il Mercato Storico del pesce e Piazza Duomo, A Putìa dell’Ostello è un punto di riferimento sia per i catanesi che per i turisti. Il menù non è quello tipico da pub ma ci sono moltissime opzioni. Un luogo magico dove cenare e bere, perfetto per chi desidera immergersi nella storia e nella vivace movida catanese. 📍 Piazza Currò, 3 – Catania CT 2. Fab Catania Se ami abbinare il buon cibo ai drink, il Fab Catania è il posto giusto. Situato in Via Umberto, questo locale è noto per i suoi piatti creativi che combinano tradizione e innovazione. Che tu stia cercando una pizza gustosa o un cocktail rinfrescante, il Fab saprà come deliziare il tuo palato. L’ambiente moderno e raffinato lo rende una scelta perfetta per una serata rilassante in centro città. 📍Via umberto 47 – Catania CT 3. Mosaik pub Catania Se sei un amante delle birre artigianali, Mosaik è il tuo paradiso. Situato in Via Musumeci, questo pub è rinomato per la sua ampia selezione di birre di qualità, sia alla spina che in bottiglia. Oltre alle birre, il nuovo menù offre prodotti d’eccellenza del territorio, perfetti per una serata all’insegna del gusto e del relax. 📍 Via Musumeci, 60 Catania CT 4. Vermut Vicino a Piazza Carlo Alberto, Vermut è un locale che sfugge a qualsiasi definizione. Specializzato in vermut, salumi e formaggi, questo pub-salumeria è perfetto per chi vuole assaporare prodotti di alta qualità, anche a tarda notte. Che tu scelga di sederti all’aperto o di sorseggiare un bicchiere in piedi, Vermut è un must della movida catanese, amato sia dai locali che dai turisti. 📍Via Gemmellaro, 39- 35 Catania CT 5. Razmataz Catania wine bar e pub Il Razmataz più che un pub è un wine bar dal fascino retrò, ma te lo consigliamo perché è una delle tappe più amate della movida catanese. Questo locale è perfetto per chi ama sorseggiare un buon calice di vino in un’atmosfera rilassata e sofisticata. I tavolini all’aperto lo rendono un luogo ideale per trascorrere una serata tranquilla, magari accompagnata da un tagliere di salumi e formaggi locali. Il Razmataz è un punto di ritrovo molto amato. 📍 Via Montesano, 17/19 Catania CT 6. Teapot Catania Per chi desidera un’atmosfera più tranquilla e intima, Teapot Catania è una piccola oasi dal sapore inglese. Situato in Viale della Libertà, questo locale è perfetto per chi ama tè e dolci, ma offre anche un’ottima selezione di piatti salati come insalate e club sandwich. Ideale per chi cerca un’esperienza più calma, lontana dal caos della movida tradizionale. 📍 Viale della Libertà, 184 Catania CT 7. Boheme Pub Catania Per una serata all’insegna della musica e del buon bere, Boheme è una tappa obbligatoria. Situato in una posizione centrale, questo pub è noto per le sue serate live e la sua offerta di drink. Che tu preferisca birre artigianali o cocktail elaborati, qui troverai l’atmosfera giusta per una serata divertente in compagnia. Probabilmente i migliori cocktail di tutta Catania. 📍Via Montesano, 27/29 Catania CT Pub Catania e movida: atmosfera, drink e cibo Catania offre una grande varietà di pub che si distinguono non solo per i loro drink, ma anche per le atmosfere uniche. Molti pub propongono eventi tematici, serate a tema e musica live, rendendo ogni visita un’esperienza diversa. Potrai degustare birre artigianali siciliane, famose per la loro alta qualità, o optare per cocktail preparati con maestria, magari da sorseggiare in una terrazza con vista sull’Etna o sulle pittoresche vie del centro. Oltre ai drink, una delle sorprese più piacevoli nei pub Catania è l’offerta gastronomica. Molti locali propongono piatti tipici siciliani e finger food perfetti per accompagnare una serata tra amici. Ecco cosa non puoi perderti: - Burger e panini: panini con hamburger spesso realizzati con carni dell’Etna particolari. Molti pub offrono anche salumi e formaggi locali che arricchiscono i panini e salse di produzione artigianale. - Bruschette siciliane: servite con ingredienti freschi e saporiti come pomodori di Pachino, acciughe, capperi e ricotta salata. - Taglieri di salumi e formaggi locali: una selezione di pecorino, salame e prodotti tipici della zona che esaltano i sapori della Sicilia. - Frittura di pesce: calamari e gamberi fritti, leggeri e croccanti, per chi non mangia carne o se si vuole provare un “fish and chips” ma siciliano! Devi accompagnare i piatti tradizionali con birre artigianali locali o con un buon calice di vino siciliano. Queste sono solo alcuni dei piatti che si possono assaggiare nella maggior parte dei pub di Catania, ognuno ha poi le sue specialità. Catania ti aspetta! Per il weekend o per un breve o lungo, se non sai dove dormire nel centro di Catania e cerchi qualcosa di centrale e funzionale, ci sono diverse soluzioni, tra B&B, Hotel e Casa Vacanze che potrebbero fare al caso tuo. Ti consigliamo di pensare sempre alla soluzione ideale per le tue vacanze di famiglia o con amici in tranquillità e comodità magari in un punto strategico della città, vicino ai luoghi più iconici e alle maggiori attrazioni. Read the full article
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Rock Side
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7 ottobre 2024
Festa della Madonna del Rosario e anniversario della nascita della Ecole Sainte Marie di Jangany
Sono passati ormai 18 anni da quando la nostra comunità parrocchiale SS. Annunziata si è legata al percorso di crescita del villaggio di Jangany, seguendolo ogni anno con il sostegno scolastico in occasione delle Adozioni Internazionali che prendono avvio il giorno dell’Epifania e in occasione di particolari momenti di difficoltà come la mancanza di acqua (per quattro anni non ha piovuto) e alle carestie legata ai cambiamenti climatici o ai danni sulla scuola portati dai cicloni (alcune Quaresime di fraternità).
Non si è trattato solo di un importante aiuto economico, ma di un vero legame che, come abbiamo definito in occasione delle visite annuali del missionario padre Tonino e delle più recenti di padre Fahamaro, è un legame tra Chiese locali, distanti geograficamente (Jangany è nel profondo sud del Madagascar), ma non nell’affetto e nella preghiera.
Così, in questi giorni, il 7 ottobre 2024 a Jangany c’è stata una processione (3 chilometri di percorso) in onore della Madonna del Rosario (istituita nel 1571 all’indomani della battaglia di Lepanto). La data non è però casuale ma coincide con l’avvio della scuola Sainte Marie, scuola che è stata una leva del cambiamento per le persone del villaggio di Jangany, scuola che prima di ogni altra cosa abbiamo sostenuto considerando nella formazione, culturale ed etica, la carta vincente.
In questo post ecco qualche foto della processione e il commento di padre Elysè, da alcuni anni a Jangany, giovane confratello di padre Tonino e padre Fahamaro.
Sur le chemin vers le jubilé de 2025, sur le thème ''pèlerin de l'espérance'', les chrétiens catholiques de Jangany et toutes les familles du Lycée Sainte Marie (professeurs et lycéens) ont témoigné leur unité dans la foi, et surtout leur dévotion pour rendre hommage à Notre Dame du Rosaire.
C'est une démarche fraternelle vers la Grotte, durant laquelle, nous avons ramené la statue de la Vierge Marie qui était perdue pendant plusieurs jours et retrouvée, grâce au travail d'équipe des élèves de l'Ècole Sainte Marie. Notre maman du ciel ne nous laisse jamais tomber dans le désespoir ! Elle est toujours là, avec nous et ne cesse de prier pour nous... Dieu ne lui refuse aucune demande. Padre Viktor Elysé
In cammino verso il Giubileo del 2025, sul tema "pellegrino della speranza", i cristiani cattolici di Jangany e tutte le famiglie del Lycée Sainte Marie (insegnanti e studenti delle scuole superiori) hanno dimostrato la loro unità nella fede, e soprattutto la loro devozione per rendere omaggio alla Madonna del Rosario.
È stata una camminata fraterna verso la Grotta, lungo la quale abbiamo portato la statua della Vergine Maria, che era stata perduta da molti giorni e ritrovata, grazie al lavoro di squadra degli allievi della Scuola Sainte Marie. La nostra Madre celeste non ci lascia mai cadere nella disperazione! Lei è sempre lì, con noi e non smette mai di pregare per noi... Dio non le rifiuta nessuna richiesta. Padre Viktor Elysé
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21/09/2024 • Da studente a lavoratore Pt.3
Mi ricollego al post precedente aggiungendo che spesso dovevamo andare a fare tirocinio generale e tirocinio specifico per la tesi in tutte quelle settimane prima della laurea, ad eccezione degli ultimi giorni. L'ultimo giorno di tirocinio guardavo ogni ambiente, ogni stanza, ogni ufficio con i lavoratori lì presenti cercando di fare un fermo immagine nel mio cervello per ricordare meglio quei posti che hanno avuto un significato per me e in cui ho instaurato rapporti. Quel giorno è terminato con un saluto differente da parte mia: "Io vado....non so se ci vedremo di nuovo."
Ora racconto del Power Point. La mia idea iniziale era farlo semplice e in poco tempo per concentrarmi sulle cose veramente importanti, poi il coordinatore ci dà indicazioni facendo riferimento anche agli anni precedenti, il messaggio era che alla commissione piace di più un Power Point super elaborato, con transizioni particolari, effetti, mappe concettuali interattive e cose così. Altra botta in fronte. Ho dovuto imparare a fare anche queste cose strane ma effettivamente belle e sceniche. Uno degli effetti che molti di noi abbiamo usato non c'era sul mio PC, e per capire che era un problema del software e non io che non sapevo fare le cose c'è voluto tempo. Ho provato a installare altre versioni ecc ma niente, quindi dovevo fare continuamente trasferimenti di ppt tra il mio pc e un altro che avevamo in casa, più lento ma con quell'effetto.
Altre cose a cui pensare in quel periodo erano la festa e l'abito, che sono cose che tolgono non poco tempo allo studio perché bisogna andare fisicamente in certi posti a vedere, scegliere, accordarsi. Nello specifico, per la festa ho dovuto attentamente scegliere chi invitare e chi no, coloro che non sono stati invitati è sia perché magari ci ho poco rapporto e sia per una questione economica perché le feste di laurea costano molto. Non ho invitato i parenti al di fuori della mia famiglia stretta. Mi sarebbe piaciuto che ci fossero state con me le mie nonne ma una era venuta a mancare qualche anno prima, mentre l'altra stava a casa perché con la vecchiaia non poteva più spostarsi, ma non è stata veramente assente perché con il pensiero lei c'era, così come l'anima dell'altra nonna. Gli altri parenti non invitati probabilmente si sono sentiti offesi e ne ero mortificato ma se avessi invitati alcuni avrei dovuto invitare anche tutti gli altri e si sarebbero create situazioni ancora più scomode, perché una festa con tutti è veramente troppo costosa. La ricerca del locale non è stata per niente facile, mi ero promesso di cercare un posto veramente bello perché quel giorno sarebbe stato importante forse più di un compleanno perché arriva una volta sola (o poco più) e perché è uno spartiacque tra due fasi della vita. Mi sono impegnato con lunghissime ricerche su internet, Google Maps, lettura di recensioni, telefonate, appuntamenti, visite sul posto, preventivi, menù, programmi della serata, problemi di sale non esclusive, prezzi esorbitanti proprio dei locali più belli, locali che non davano quasi niente da mangiare ma con solo alcool che costa quanto 2 cene a persona, locali brutti e non scenici come volevo io, locali troppo lontani e non facilmente raggiungibili da tutti, locali non adatti perché troppo a stile ristorante che non mi ispirava ecc. Alla fine opto per un bar-riatoranre di cui avevo pregiudizio ma che ho visitato per consiglio e per disperazione. Si è rivelato essere la soluzione migliore perché aveva un prezzo onesto, offriva un menù e un programma della serata ben equilibrati, si adattava alle esigenze alimentari degli ospiti e le mie esigenze organizzative ed era bel allestito all'interno con qualche albero nei giardini e tante lucine di Natale per decorazione. In questi anni c'è la moda delle lucine di Natale anche fuori natale per abbellire gli ambienti o le proprie stanze in casa. La torta che offriva non mi piaceva e faceva alzare abbastanza il prezzo, così la ricerca della torta perfetta è stata un'altra grossa faccenda. A partire dalla ricerca delle foto su internet, le chiamate e le visite a tutte le pasticcerie della zona anche a qualche chilometro di distanza, altri preventivi, incompatibilità con lo stile che preferivo e il materiale che non regge, proposte di torte totalmente o mezze finte, problemi con la pasta da zucchero che o non la sanno fare o costa una cifra ecc. Qualcuno può pensare, eh ma pensi sempre ai soldi? Si perché tra tasse universitarie, copie delle tesi, festa di laurea, torta, vestito, bomboniere ed altro se ne vanno via parecchi e queste attenzioni permettono di mettere da parte qualcosa ma avere anche allo stesso tempo la qualità.
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Asl sassarese, da oggi riprende la distribuzione diretta dei farmaci
Sassari. Oggi, venerdì 23 agosto, riprende regolarmente l’attività di distribuzione dei farmaci, nei nuovi locali di via Verona. Lo sportello aperto al pubblico della Farmacia Territoriale si occupa della distribuzione di farmaci ai pazienti, si tratta principalmente di nefropatici, diabetici, pazienti affetti da malattie rare e particolari forme morbose che richiedono terapie croniche: da domani…
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Storia Di Musica #284 - Scorpions, Lovedrive, 1979
L’heavy metal è senza dubbio il serbatoio più grande da cui attingere storie di copertine controverse. Alcune erano davvero spaventose, ma per la maggior parte dei casi non accompagnavano un disco musicalmente degno, per me ovviamente, di apparire nella rubrica. Ma una band, tra le più longeve e di successo del genere, potrebbe stare in un ipotetico podio delle scelte controverse per le proprie copertine, scelte amplificate da un notevole successo della loro musica. Siamo ad Hannover, dove fin dalla più tenera età, siamo a metà anni ’60, i fratelli Rudolf e Michael Schenker strimpellano musica, per lo più coverizzando canzoni straniere, le più in voga dei momenti. Nel 1970 scelgono un cantante, Klause Meine e diventando gli Scorpions iniziano una gavetta formidabile per i locali dell’allora Germania Ovest, che dura fino al 1972, quando registrano il primo disco, Lonesome Crow, che è pubblicato nei primi mesi del 1973: è già un hard rock originale, dove sono chiari i riferimenti (la title track per esempio è chiaramente ispirata a Hendrix), iniziano a farsi notare. Nel 1974 entra in formazione Ulrich Roth alla chitarra solista, al posto di Michael Schenker che passa agli UFO. La sezione ritmica è rinnovata con il bassista Francis Buchholz e il batterista Jürgen Rosenthal. La band pubblica in questa formazione prima Fly To The Rainbow e poi In Trance, con il lavoro prezioso alla produzione di Dieter Dierks, che mise mano a molti gioielli del Kosmick rock, che inizia a trovare i giusti equilibri, primo fra tutti la scelta di ballate rock, che diventeranno uno dei punti forti degli Scorpions. Nel 1977 la copertina di Virgin Killer (la quale mostrava una ragazza preadolescente completamente nuda con un effetto di vetro rotto proprio nella zona dei genitali, di dubbio gusto), scelta che fu accusata di simpatie pedofile, poteva benissimo essere scelta per questo mese di copertine particolari, anche perché oltre lo scandalo, il disco è bellissimo, con canzoni famose come Pictured Life, In Your Park, Backstage Queen e Polar Knights. La copertina tuttavia li fa per la prima volta conoscere fuori dai confini tedeschi. Il 1978 è un anno decisivo: Taken By Force fu il primo album degli Scorpions ad essere pubblicato negli Stati Uniti dalla RCA Records, l'etichetta internazionale del gruppo. Il singolo Steamrock Fever ottenne un ottimo successo radio e il disco vendette abbastanza. Roth non era però contento del lavoro dell'etichetta discografica e, in disaccordo con gli altri membri, decise di lasciare il gruppo durante il primo tour giapponese degli Scorpions. Da tre concerti a Tokyo fu realizzato un album live intitolato Tokyo Tapes che fu pubblicato in tutto il mondo e che contiene una meravigliosa per quanto sgangherata versione di Kojo No Tsuki, brano tradizionale giapponese, contato con improbabile acceto nippo-teutonico da Meine. Nel 1978, dopo una lunga serie di audizioni, Matthias Jabs divenne il nuovo chitarrista degli Scorpions in sostituzione di Roth.
Con la nuova formazione, passano alla Mercury e Michael Schenker, che era stato qualche settimana prima espulso dagli UFO a causa della sua ubriachezza, tornò nel gruppo per un breve periodo e partecipò alle registrazioni di un nuovo album. Lovedrive, che esce nel febbraio del 1979, è uno dei capolavori dell'hard rock degli anni ’70. Per la prima volta, inoltre, la band viene ufficialmente riconosciuta capace di buona musica, in un rapporto con la critica sempre piuttosto strano, dove spesso venivano un po’ presi in giro (come tutto l’heavy metal nascente, che si affermerà davvero solo dagli anni ’80). L’album, prodotto dal fido Dierks e composto da 8 brani, inizia con la potenza e il ritmo di Loving You Sunday Morning; Another Piece Of Meat è ancora più veloce e feroce, e parla apertamente di occasioni: "She said: "Take me home."\I need love so strong\Come on and knock me out, oh!\I've been too long alone\I want hot love, you know, and I need it now!". Always Somewhere (che in verità assomiglia a Simple Man dei Lynyrd Skynyrd) è una delle loro ballate meravigliose, forse la più famosa che poi sfocia nello strumentale, magistrale, Coast to Coast. La seconda parte del disco è composta dalla potente Can’t Get Enough ,Is There Anybody There, la title-track e Holiday. Is There Anybody There è una delle loro migliori ballad, con la voce di Klaus registrata due volte (in modo da avere l’effetto di sentire 2 voci differenti) che fa davvero un ottimo effetto e dai ritmi un po’ reggae, stile che stava esplodendo proprio in quei mesi. E menzione speciale per Holiday il cui arpeggio iniziale diventerà scolastico per tutti i metallari futuri. Ma ancora più leggendaria fu la copertina, bellissima, spiazzante e ovviamente censurata: sul sedile posteriore di una berlina ci sono, ben vestiti, un uomo e una donna. La donna ha una profonda scollatura, un seno scoperto da cui parte una gomma da masticare allungata dalla mano dell’uomo, che probabilmente l’aveva appoggiata lì. Sul retro, i due sono fotografati sorridenti, mentre la donna mostra una foto incorniciata della band e il seno scoperto su un lato. Autore della copertina, la mitica Hipgnosis di Storm Thorgerson: la copertina fu un primo momento coperta con il solito cartoncino marrone, in un secondo momento sostituita con un'altra, del tutto anonima, fatta probabilmente in 5 minuti, con un orrendo scorpione blu su sfondo nero (soprattutto per il mercato americano, che vi mostro qui sotto).
Il disco fu un successo sia in Europa, dove fu disco d’oro in Gran Bretagna, Francia e Germania, e perfino in America, dove entrò in classifica da Billboard. Con questa formazione, gli Scorpions diventeranno delle colonne del genere, registrando 6 album in un decennio, con alcuni capolavori assoluti come Blackout (1982), Love At First Sight (1984), Crazy World (1990) che contiene la loro canzone più famosa, Wind of Change, ispirata alla caduta del Muro di Berlino e ai cambiamenti politici della galassia sovietica.
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Un'ondata di caldo estremo sta attanagliando tutta l'Italia con temperature ben oltre le medie climatiche; tuttavia gli ultimi aggiornamenti iniziano a fiutare una possibile prima rottura con l'arrivo di una perturbazione temporalesca dopo Ferragosto.
Ma andiamo con ordine. E' in atto una nuova rimonta dell'anticiclone nord-africano, denominato Caronte, che determinerà nei prossimi giorni un tempo stabile ed un sensibile rialzo delle temperature su tutta Italia con punte massime fino a 37-38°C (fino a 40-42°C nelle zone interne di Sicilia e Sardegna).
Almeno fino al 18-20 di Agosto non sono previsti scossoni particolari salvo qualche veloce temporale sulle zone montuose. La nostra attenzione si sposta dal 22-23 in avanti quando potrebbe arrivare una prima rottura dell'Estate: come mostra la mappa qui sotto, una vasta area di bassa pressione posizionata sul Nord Europa (tra Scandinavia e Russia), potrebbe inviare un fronte temporalesco verso il bacino del Mediterraneo, investendo poi in pieno anche il nostro Paese.
Vasta area di bassa pressione sul Nord Europa (indicato con la lettera "B")Se ciò dovesse venir confermato è lecito aspettarsi un brusco calo termico; il caldo africano verrebbe spazzato via (almeno temporaneamente) dall'Italia per tutta l'ultima parte del mese di Agosto, lasciando spazio ad un'Estate più godibile con l'anticiclone delle Azzorre. Visti i forti contrasti termici ed igrometrici previsti non sono da escludere le regioni del Centro Nord: le correnti fresche in ingresso sarebbero in grado di provocare temporali violenti, con elevato rischio di grandinate e locali nubifragi come purtroppo la cronaca anche recente ci insegna.
Vista l'imprevedibilità di questa "trottola instabile" è possibile che nei prossimi giorni la previsione della sua direzione possa mutare e che i temporali possano interessare anche zone diverse o più ampie.
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Parigi 2024: L’importanza dell’Abbigliamento Sportivo ai Giochi Olimpici
I Giochi della XXXIII Olimpiade, conosciuti commercialmente come Parigi 2024, si terranno a Parigi, in Francia, dal 26 luglio all’11 agosto 2024. Questo evento segnerà il centesimo anniversario dall’ultima volta che la città ha ospitato i Giochi Olimpici. L’assegnazione di Parigi come città ospitante è stata ufficializzata il 13 settembre 2017 durante la 131ª Sessione del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) a Lima, in Perù. Parigi diventerà così la seconda città, dopo Londra, a ospitare per tre volte i Giochi Olimpici estivi, dopo le edizioni del 1900 e del 1924.
Assegnazione dei Giochi
Il processo di selezione della città organizzatrice dei Giochi della XXXIII Olimpiade è iniziato il 16 settembre 2015, quando il CIO ha annunciato le cinque città candidate: Budapest, Amburgo, Los Angeles, Parigi e Roma. Tuttavia, Budapest, Amburgo e Roma si sono successivamente ritirate, lasciando Parigi e Los Angeles in corsa. Il 9 giugno 2017, a causa dei ritiri, il comitato esecutivo del CIO ha proposto di assegnare contemporaneamente i Giochi del 2024 e del 2028, con Parigi scelta per il 2024 e Los Angeles per il 2028.
Il Passaggio della Torcia
Il passaggio della torcia olimpica per Parigi 2024 è iniziato il 16 aprile ad Olimpia, in Grecia. Il primo tedoforo è stato il vogatore greco Stefanos Douskos, seguito dalla nuotatrice francese Laure Manaudou. Tuttavia, la staffetta in Nuova Caledonia è stata annullata a causa di disordini locali.
Simboli e Mascotte
Per questa edizione dei Giochi, sono stati realizzati due loghi: uno per la fase di candidatura e uno ufficiale per i Giochi, svelato il 21 ottobre 2019. Il logo combina una medaglia d’oro, la fiamma olimpica e la Marianne, simboli della vittoria, dell’unione attraverso lo sport e dei valori di uguaglianza e fratellanza. La mascotte, Phryge, ispirata ai berretti frigi della Rivoluzione francese, rappresenta la libertà e l’inclusività.
Medaglie
Le medaglie di Parigi 2024 presentano gettoni di rottami di ferro dalla Torre Eiffel. Le medaglie d’oro sono realizzate con il 98,8% di argento e l’1,13% di oro, mentre le medaglie di bronzo sono realizzate con rame, zinco e stagno.
Sedi di Gara
In linea con l’Olympic Agenda 2020 del CIO, Parigi 2024 utilizzerà prevalentemente impianti esistenti o temporanei, con solo alcune strutture permanenti nuove, come l’Arena Porte de la Chapelle, il centro acquatico di Saint-Denis e lo stadio di arrampicata di Le Bourget.
Paesi Partecipanti
Nel settembre 2022, il CIO ha sospeso gli atleti del Guatemala a causa di controversie interne al Comitato Olimpico Guatemalteco. Inoltre, i Comitati Olimpici di Russia e Bielorussia sono stati sospesi per violazione della tregua olimpica, con gli atleti di questi paesi che gareggeranno come “Atleti Individuali Neutrali”.
Abbigliamento Sportivo ai Giochi Olimpici
Un elemento fondamentale per gli atleti che parteciperanno ai Giochi di Parigi 2024 sarà l’abbigliamento sportivo. Questo non solo per il comfort, ma anche per migliorare le prestazioni e garantire la sicurezza durante le competizioni. L’abbigliamento sportivo ha evoluto enormemente negli ultimi decenni, grazie a materiali tecnici avanzati che offrono leggerezza, traspirabilità e resistenza all’acqua.
L’importanza dell’abbigliamento sportivo si estende a tutte le discipline olimpiche, dove la scelta del giusto equipaggiamento può fare la differenza tra una performance mediocre e una vittoria. Gli atleti utilizzano capi specifici per ogni tipo di sport, adattati alle esigenze particolari della disciplina. Ad esempio, le scarpe tecniche sono progettate per offrire aderenza e supporto su terreni variabili, essenziali per sport come il trail running e il ciclismo.
Innovazioni Tecnologiche nell’Abbigliamento Sportivo
Le innovazioni tecnologiche nell’abbigliamento sportivo hanno rivoluzionato il modo in cui gli atleti si preparano e competono. Tessuti con proprietà di termoregolazione aiutano a mantenere una temperatura corporea ottimale, mentre materiali antibatterici e anti-odore sono fondamentali per le gare lunghe e impegnative. Inoltre, l’integrazione di sensori e dispositivi elettronici negli indumenti sportivi permette di monitorare parametri fisiologici cruciali, come la frequenza cardiaca e la temperatura corporea, ottimizzando così le prestazioni.
Conclusioni
Parigi 2024 promette di essere un evento straordinario, non solo per la storicità dell’evento, ma anche per l’attenzione all’innovazione e alla sostenibilità. L’abbigliamento sportivo giocherà un ruolo centrale nel garantire che gli atleti possano competere al meglio delle loro capacità. L’evoluzione dei materiali tecnici e delle tecnologie applicate all’abbigliamento sportivo continuerà a migliorare le prestazioni degli atleti, rendendo le competizioni sempre più emozionanti e spettacolari.
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Borgo Egnazia in Puglia: la sede del G7
Borgo Egnazia in Puglia è il luogo in cui si sta svolgendo il G7. I numerosi meme sui social hanno amplificato l'interesse per questo sito che rappresenta un originale progetto che unisce lusso e amore per le tradizioni locali. Cos'è? Dove si trova esattamente? Perché è così tanto amato dai vip? Borgo Egnazia in Puglia: lusso e bellezza L'idea di Borgo Egnazia nasce alla fine degli anni Novanta grazie a Sergio Melpignano e a sua moglie Marisa. In quegli anni l’avvocato e imprenditore di Fasano avevano deciso di trasformare Masseria San Domenico, di proprietà della sua famiglia, in un resort. Fu il loro figlio Aldo, però, ad assumere il controllo del progetto seguente. Il nome fu suggerito dal sito archeologico, Parco Archeologico di Egnazia, che si trova a Fasano. Lo stile dal luogo in cui sarebbe sorto. Borgo Egnazia, infatti, si trova a Savelletri di Fasano, nel brindisino, nella Valle d'Iria, tra Monopoli e Ostuni. Un posto della Puglia fortemente caratterizzata da un'ambientazione rurale. Il "borgo resort" La struttura, infatti, unisce i particolari di un resort di lusso all'atmosfera di una masseria. Disegnata dallo scenografo Pino Brescia, è composta da tre blocchi principali: la corte, il borgo e le case. La corte rappresenta il corpo principale e conta 63 camere di grandezza variabile. partono dai 33 metri quadrati per arrivare ai 125. Il borgo raccoglie 92 camere e case tradizionali di metratura leggermente inferiore: dai 42 ai 90 metri quadrati. Per case, infine, si intendono 27 tra ville più o meno grandi. La più grande di queste, la villa padronale, è grande 500 metri quadrati e conta 7 camere da letto. Tutti e tre i corpi sono circondati da strutture che rimandano a un vero e proprio borgo e da altre che ricordano il resort di lusso. Ci sono piazze, fontane, una spiaggia privata, negozi e ristoranti, un campo da golf, tre campi da tennis, un centro benessere e una palestra all'aperto. A rendere tutto più suggestivo sono i materiali utilizzati, la pietra e il tufo grezzo, e i particolari come le case basse, i porticati, le piccole finestre e torrette. Il rifugio dei vip I lavori di realizzazione della struttura sono durati sei anni e costati circa 150 milioni di euro. Inaugurato nel 2010, la sua idea di lusso lontana dagli schemi usuali l'ha reso il luogo preferito di vip soprattutto stranieri. Il cantante Justin Timberlake e l'attrice Jessica Biel lo hanno scelto come location per il loro matrimonio, mentre George Clooney, David Beckham e Madonna vi hanno soggiornato per le loro vacanze. Sembra che il resort sia stato scelto come sede del G7 dalla stessa premier Meloni che vi avrebbe trascorso una vacanza. In questi giorni sta ospitando il presidente americano Joe Biden, il presidente francese Emmanuel Macron, il primo ministro britannico Rishi Sunak, il cancelliere tedesco Olaf Scholz, Justin Trudeau, premier canadese e Fumio Kishida, primo ministro giapponese. Sono attesi, inoltre, il primo ministro indiano Narendra Modi, il principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed bin Salman e il primo ministro brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva. Per la prima volta nella storia del G7 vi prenderà parte anche un pontefice: è atteso, infatti, anche papa Francesco. In copertina foto di Gianni Crestani da Pixabay Read the full article
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