#lingue antiche
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princessofmistake · 1 year ago
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e-nìg-ma Dal greco àinigma, derivato del verbo ainìssesthai parlare per enigmi, a sua volta da àinos racconto, favola. Questa parola è vertiginosa: ci descrive un mistero profondo, pieno di strette ambiguità, un rovello che impegna duramente l’intelletto. Ma il suo primo significato è più ameno di quanto il colore e l’uso consueto di questa parola non suggerisca; infatti, indica in primis l’indovinello. Non dobbiamo farci fuorviare dal fatto che ‘indovinello’ è un diminutivo, e ci pare subito qualcosa di simpatico. La storia di brevi componimenti poetici allusivi, che sfidano a scoprire il loro oggetto coperto, è molto antica e decisamente seria. Basti pensare alla figura mitica della Sfinge, che fuori Tebe proponeva i suoi enigmi ai viaggiatori, sbranandoli se non riuscivano a risolverli. Fra l’indovinello e la generica frase oscura il passo è breve: si può notare che il professore parla per enigmi, saggiando l’acume dei suoi studenti, nell’enigma del referto medico è nascosto il responso atteso con tanta apprensione, e la risposta enigmatica ci lascia nel dubbio. Ed è dall’oscurità di questi detti che oggi l’enigma prende il significato più generale di fatto inspiegabile, di mistero. Può essere un enigma la costruzione in fisica di una teoria unificata delle forze, può essere un enigma il comportamento indecifrabile di una persona, così come la dinamica di un delitto. Non a caso la celebre macchina crittografica usata dai nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale fu chiamata proprio ‘Enigma’; con una vena di compiacimento, questo nome attinge all’immaginario millenario di uno sforzo mentale vano davanti alle fitte tenebre di un segreto - evidente ma impenetrabile. O quasi.
unaparolaalgiorno.it/significato/enigma
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pier-carlo-universe · 3 months ago
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Le Parole del Dialetto di Yakkabog: Un Tesoro Linguistico da Preservare
L’importanza dello Studio dei Dialetti per la Cultura e l’Identità Nazionale.
L’importanza dello Studio dei Dialetti per la Cultura e l’Identità Nazionale. Biografia dell’Autrice.Jumayeva Farangiz, studentessa al primo anno presso l’Università di Tecnologie dell’Informazione e Gestione, Facoltà di Scienze Sociali, con specializzazione in Educazione Primaria, proviene dalla regione di Kashkadarya. Con un interesse accademico per la linguistica e la cultura, Farangiz dedica…
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storiearcheostorie · 2 years ago
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ARCHEOSTUDI / Fori "misteriosi" sulle tavolette di Assurbanipal: l'intelligenza artificiale ne svelerà il significato
#ARCHEOSTUDI / Fori "misteriosi" sulle #tavolette di #Assurbanipal: l'intelligenza artificiale #AI ne svelerà il significato La ricerca degli studiosi di @CaFoscari è tuttora in corso ARTICOLO COMPLETO su @StorieArcheo #venezia #CaFoscari #ricerca
Nel VII secolo avanti Cristo, il colto sovrano assiro Assurbanipal creò una biblioteca reale composta da decine di migliaia di tavolette d’argilla scritte in accadico cuneiforme e contenenti soprattutto testi letterari. Tra i segni impressi sulle due facce, ma anche sui bordi di molte tavolette, ci sono dei fori il cui significato è ancora oscuro. Per tentare di comprendere perché gli scribi…
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ma-pi-ma · 8 months ago
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Ti amo come le cicogne
amano le antiche cattedrali:
uccelli fedeli che ritornano
al miracolo dei loro nidi,
senza un pizzico di fede.
Alfonso Brezmes, da Dono delle lingue, 2015
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libriaco · 9 months ago
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Antimuffa
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Molto […] preoccupante, per chi esige una presenza vitale della cultura classica nella scuola, è […] la proposta di eliminare lo studio delle lingue antiche, e, quindi, la lettura diretta dei testi, riducendo il contatto con l’antichità alla lettura di traduzioni, accompagnate da illustrazioni amene. Tale proposta non solo trova sostegno in ambienti ministeriali, ma incontra facilmente il consenso di quanti, anche fra le persone colte, vogliono allo stesso tempo una scuola più facile e più conforme alle meraviglie del progresso tecnologico, libera dalle muffe del passato.
A. La Penna, Sulla scuola [1999], Roma - Bari, Laterza, ebook, 2014
Immagine: Hendrick Bloemaert, Vecchio che legge (1636), olio su tela, Museo di Belle Arti, Budapest
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librofelice · 1 month ago
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"Ce l'avevo quasi fatta"... 4 Historical Romance in cui la protagonista assume identità e aspetto maschili per ottenere un lavoro :
"Travestimento d'amore" ("La Rubrica di Lady Truelove vol.3)-di Laura Lee Guhrke. Historical Romance spicy e irriverente in cui la protagonista si traveste da uomo per ottenere un lavoro come precettore di due giovani furbe menti.
Londra, 1893 Cara Lady Truelove, mio fratello e io abbiamo bisogno di una nuova madre, anche se nostro padre insiste nel dire che non si risposerà mai. Deve essere gentile, intelligente e amante dei gatti... I suoi pestiferi figli potranno anche scrivere alla miglior dispensatrice di consigli d'amore di Londra, ma James St. Clair, Conte di Kenyon, sa bene che per domarli serve un precettore dalla mano ferma e dall'ineccepibile preparazione. Dovendo però partire con urgenza, è costretto ad assumere l'unico candidato disponibile, il giovane e all'apparenza sprovveduto Adam. Tornato dal viaggio, James scopre che la sua apprensione era più che giustificata: sotto gli abiti del nuovo dipendente si cela infatti nientemeno che una donna. Ma come licenziarla quando i gemelli hanno imparato così tanto da lei? E quando lui stesso sta scoprendo tutta la felicità che si nasconde dietro le seconde occasioni?
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https://www.amazon.it/Travestimento-damore-Romanzi-Storici-Truelove-ebook/dp/B07XJ62LVM
"L'inganno di Lady Sylvia" - di Suz deMello. Clean Historical Romance in cui la protagonista (eccellente soprano) , fugge da Londra ad Oxford e trova posto all'interno del coro del Saint Swithin College ed un lavoro come sagrestano della chiesa annessa. Storia buffa e frizzante.
Dopo una disastrosa presentazione a corte, Lady Sylvia scopre che i suoi genitori hanno organizzato il suo matrimonio con un uomo molto più vecchio di lei. Disposta a tutto per evitare questo destino, in preda all’incoscienza ruba i vestiti del fratello e fugge a Oxford per… per… per fare cosa? È stata istruita per un compito ben preciso: sposare un suo pari e procrearne altri. In quanto membro più giovane di una famiglia nobile, per Alan Maitland si prospettano tre possibilità: la Chiesa, l’esercito o la politica. Ma nell’esatto momento in cui ha messo piede nell’elegante cortile del college di Oxford, ha deciso che non se ne sarebbe più andato. La paga da maestro di musica è modesta, ma in quanto scapolo, non ha bisogno di altro… se non fosse per un falsetto nel suo coro. È incantato dalla voce di “Syl Dill”, e stranamente attratto dal giovane uomo. Il sentimento è reciproco, ma come potrà Lady Sylvia rivelare la sua identità senza creare uno scandalo?
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https://www.amazon.it/Linganno-Lady-Sylvia-Regency-Romance-ebook/dp/B0CFW2TMZB/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&crid=2V4COKYKLR1DC&dib=eyJ2IjoiMSJ9.u6ZJDp--_LDans8UwxBByQ.dk5QY3lceUyOPV97LRnzZfnpvXn3J0IcNuVQLP4Tmjc&dib_tag=se&keywords=l%27inganno+di+lady+sylvia&qid=1740757551&sprefix=l%27inganno+di+lady+sylvia%2Caps%2C119&sr=8-1
"Il segretario del duca" - di Chiara Scarafiotti - Clean Historical Romance- Johanna Weseley mente brillante e appassionata di antichità diventa Mr. John Weseley , e si fa assumere presso la tenuta di Adrian Carlton, VIII Duca di Ashton. In veste di segretario dovrà occuparsi di ordinare la biblioteca e catalogare la vasta collezione di cimeli del Duca. Romanzo fresco e leggero .
Johanna Weseley è sola, quasi senza denaro e in una città che non ama; per di più c’è quella presenza continua e fastidiosa di un tale piuttosto losco che la fa la corte. Johanna, però, è una giovane piena di risorse, con una solida cultura di lingue antiche e di arte, e non si lascia scoraggiare da così poco. Cercherà un lavoro rispettabile e lascerà Londra, questo il suo piano. Contemporaneamente, nel Derbyshire, il burbero Adrian Carlton, VIII Duca di Ashton, è rinomato per la sua pignoleria e l’associata irascibilità, iracondia che lo ha portato a licenziare un discreto numero di segretari in pochi mesi. La sua irritabilità è legata all’insistenza della madre per trovare una moglie che non vuole, anche se le donne non lo lasciano certo indifferente. “Galeotto fu l’annuncio all’ufficio di collocamento” direbbe il Sommo Poeta e, in effetti, è proprio ciò che accade in questa storia. Johanna è felice di aver trovato l’impiego ideale per lei, si dovrà occupare di sistemare la libreria di classici e i reperti antichi, di un rigoroso Duca, ovviando al piccolo e insignificante particolare che la ricerca di un segretario è rivolta a un uomo. Che importa, lei è una ragazza piena di risorse… quindi, perché non fingersi suo fratello? In un sol colpo la ragazza si sbarazza – ma sarà poi vero? – del fastidioso corteggiatore e trova un lavoro ben remunerato. Ma i piani, si sa, sono fatti per essere stravolti, pertanto ciò che accade da quando la nostra sconsiderata eroina si insedia presso Ashton Hall è tutto da scoprire: tra gaffes, rossori improvvisi, madri impiccione e fughe nella tormenta… cosa mai accadrà tra l’orfana Johanna Weseley e il Duca di Ashton?
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https://www.amazon.it/segretario-del-Duca-Chiara-Scarafiotti-ebook/dp/B0CLL1T3LD/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&crid=2KD1L3YQJJ68U&dib=eyJ2IjoiMSJ9.gTUaKB42tQ8JZeD_n03t7NMeSLW3p0FarBzKNIgafTzRg1YUx5uCCPJgG3S7nRYj6LZr0Vc5DhirZYaxhaagSCnxzZQSE27jsENBSYxmxY9CQaQX9eIhN5bONzvL42PdKtDLJkH1CSeKR14z59Pl8Q.dbXA-OzL7QuMK2AW8_QNILZKj660-YYITnpg-SaPdS4&dib_tag=se&keywords=il+segretario+del+duca&qid=1740757528&sprefix=il+segretario+del+duca%2Caps%2C120&sr=8-1
"The Lady in Red" (A Season for Scandal Book 4)- di Kelly Bowen- Spicy Historical Romance - Lady Charlotte Beaumont è una pittrice di grande talento disposta a rischiare tutto pur di realizzare una grande opera pittorica e a lasciare il suo segno nel mondo. Grazie all'aiuto del famigerato "King" riuscirà ad ottenere una preziosa e importante commissione che condividerà con il noto e ambizioso pittore Flynn Rutledge. Storia ricca di scontri, emozioni e momenti intimi e profondi.
Lady Charlotte Beaumont ha trascorso tutta la sua vita a essere ignorata. Dai suoi genitori, da suo fratello, persino dai domestici. Così è riuscita segretamente a sviluppare il suo talento per la pittura ben oltre i soliti acquerelli. Peccato che nessuno le permetta di usarlo davvero: le donne vengono raramente ammesse alla Royal Academy. Ma quando una conoscenza alla Haverhall School for Young Ladies procura a Charlotte la commissione dei suoi sogni, lei farà di tutto per farla funzionare. Anche travestendosi da "Charlie". Flynn Rutledge ha qualcosa da dimostrare. La sua umile educazione non gli impedirà di realizzare i suoi sogni artistici. Questa commissione è la chiave per il suo futuro e il suo compagno, un giovane sconosciuto in abiti oversize che ha a malapena l'età per radersi, non ispira esattamente sicurezza. Ma Charlie ispira la passione artistica di Flynn, qualcosa che temeva di aver perso per sempre. Nonostante la sua intelligenza di strada, niente può preparare Flynn allo shock della vera identità di Charlie. Non gli importa che sia una donna, ma una signora del ton è tutta un'altra cosa…
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https://www.amazon.it/Lady-Season-Scandal-Book-English-ebook/dp/B071VBLBMK/ref=sr_1_1?__mk_it_IT=%C3%85M%C3%85%C5%BD%C3%95%C3%91&crid=3PMC0L4JSXS4F&dib=eyJ2IjoiMSJ9.9XzqJWTqPYnQPljvn8xQe2HBF_aSoWYm5J3YsozHT6CC7dj_doKalAaKvRCSu1D3gkdZRArIjY_OsguZMV9gogaod3eqJ7mUImel13CI5IkoClTaCcyJoW54Kmt8eNJZ2IH60B4PyG5Gt8Sy6VTL1w.BChafLxnkqyUR9rqvauEkyqWlZLQvPJl_bMUpm4nF34&dib_tag=se&keywords=the+lady+in+red+kelly+bowen&qid=1740757623&sprefix=the+lady+in+red+kelly+bowen%2Caps%2C125&sr=8-1
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sciatu · 2 years ago
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Sicilia - la mia isola. Alcune foto sono di Samueles
La mia terra è un’isola e mi è madre ed amante, culla, talamo, banchetto e bara. Nei suoi tratti tra luce ed ombra io trovo i miei pregi e difetti, perché ogni singola goccia della mia anima mediterranea da lei è nato, in lei vive e se l’amo e l’odio è perché, amandola troppo la vorrei perfetta, motivo del mio perfetto amore. La mia terra invece è anche tutti i suoi figli loro la distruggono e la creano come mantidi egoiste ed api laboriose dandole ora abbracci di sangue ora estasi d’amore. Ma nella mia terra resta il mio unico e solo bene il mio male cannibale sua la lingua con cui il cuore mi parla suo il cibo di cui è fatto il mio corpo sue le favole che dipingono la vita suoi i dolori che l’hanno forgiata, e per quanto abbia viaggiato e parli e intenda altre lingue io resto un suo seme un suo verso affidato al mondo. Viaggiando e conoscendo ora so che ognuno porta in se questo prezioso amore assoluto ognuno è le parole antiche imparate dalla sua terra. Ognuno di voi che mi ascoltate ha querce immense negli occhi o vive di monti, spiagge infinite dove il vento della vita fa danzare l’arida sabbia dell’egoismo o fiori colorati della pietà. Ognuno di voi vive intensamente la propria unica madre terra quella che vi fa dire e capire, e soprattutto amare. Perché la vostra terra è la padrona dei vostri ricordi è la misura di quel tempo che lento vi consuma lei è tutto quello che ha nutrito ha reso unica l’anima vostra finché un giorno capirete che non esiste la mia o la vostra amata terra madre ma solo una madre, che è tutta la terra.
My land is an island, and it is my mother and lover, cradle, bed, banquet and coffin. In her features between light and shadow, I find my strengths and weaknesses, because every single drop of my Mediterranean soul was born from her, lives in her, and if I love her and hate her, it is because, loving her too much I would like it perfect, reason for my perfect love. My land, on the other hand, is also all her children, they destroy it and create it like selfish mantises and hard-working bees, now giving it embraces of blood, now ecstasy of love. But in my land my one and only good remains my cannibal evil, her is the language with which my heart speaks to me, her is the food my body is made of, her are the fairy tales that paint life, her are the pains that forged it, and however much I have traveled and speak and understand other languages, I remain one of her seeds, one of her verses entrusted to the world. Traveling and knowing now I know that everyone carries within himself this precious absolute love, everyone is the ancient words, learned from his land. Each of you who listen to me has immense oaks in his eyes, or he lives on mountains, endless beaches where the wind of life makes you dance the dry sand of selfishness or colorful flowers of pity. Each of you lives intensely, your only mother earth, the one that makes you speak and understand, and above all love. Because your land is the owner of your memories, it is the measure of that time that slowly consumes you, it is all that it has nourished, it has made your soul unique, until one day you will understand, that mine or yours does not exist. your beloved mother earth, but only one mother, which is the whole earth.
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julianmorrow52 · 1 year ago
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La mia vita è un carosello lento,volge verso l' inverno,forse perché ogni anno si imbiancano i capelli oppure per le rughe,che rendono il mio volto ed il mio corpo,meno piacevoli a vedersi .
Sono grato di aver potuto conoscere un'anima rara come la tua @byronnight2 .
Tu,unica fra tutti,che ascoltavi il tuo professore di lingue antiche.
Ritorna presto.
#amicarara
#paris
#inverno
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mezzopieno-news · 2 years ago
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DECIFRARE OGNI SCRITTURA: ARRIVA IL PROGRAMMA CHE LO FA
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Un nuovo software sviluppato grazie all’intelligenza artificiale è ora in grado di decifrare qualsiasi testo scritto a mano e renderlo leggibile. La piattaforma Transkribus, creata presso l’Università di Innsbruck, in Austria, ha messo questa tecnologia a disposizione di tutti, pubblico e studiosi, per accedere a scritti e archivi di difficile lettura, prima d’oggi pressoché incomprensibili.
La scrittura a mano è individuale come lo sono le persone e assume inflessioni e influenze di tanti tipi, modificandosi ed evolvendo nel tempo. La nuova tecnologia riconosce automaticamente la scrittura a mano in un’ampia varietà di lingue, anche antiche, e gestisce i testi interpretandoli e organizzandoli per la consultazione. La piattaforma ha già permesso a oltre 90.000 utenti da tutto il mondo di leggere e ricostruire la storia della propria famiglia e dei propri antenati dai registri ecclesiastici, contratti, lettere e altri documenti storici. “La ricerca e la traduzione manuale di questi documenti può essere un compito molto difficile. Questa tecnologia ora rende la ricerca genealogica molto più semplice”, afferma Günter Mühlberger del gruppo di lavoro sulla digitalizzazione e l’archiviazione digitale dell’Università di Innsbruck.
Con Transkribus si possono cercare e interpretare rapidamente enormi raccolte di dati e documenti custoditi in archivi e biblioteche, scritti storici di immenso valore spesso sconosciuti o incompresi. I documenti dell’Archivio di Stato austriaco, per esempio, riempiono 350 chilometri di scaffali e per la maggior parte sono disponibili solo in forma manoscritta chiamata kurrent, un’antica forma di calligrafia in lingua tedesca basata sulla scrittura corsiva tardo medievale, oggi non più utilizzata.
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Fonte: Read Coop; foto di Pixabay
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levysoft · 1 year ago
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Ecco che suono avevano le lingue più antiche al mondo
Grazie all’Intelligenza Artificiale Equator AI ha realizzato un video mostrando i suoni delle lingue più antiche al mondo.
Che suono avevano le lingue antiche? Una domanda che in tanti si sono posti sui libri di scuola e che ora ha una risposta grazie all’Intelligenza Artificiale ed alcuni video. I filmati sono prodotti dal canale YouTube Equator AI, che spiega di impegnarsi “per preservare e far rivivere il passato dell’umanità, rendendolo più vicino e più comprensibile per le persone della nostra epoca”. I video mostrano l’inglese antico, l’accadico, il sumero e il cinese antico e molti altri.
Di particolare rilievo, almeno per gli anglofoni, potrebbe essere la differenza tra l’inglese antico e l’inglese moderno. Ciò è in parte dovuto a ciò che è noto come il Grande Spostamento Vocale. Dal XV al XVIII secolo, gli anglofoni iniziarono a pronunciare le loro vocali lunghe in modo diverso, rendendo il suono dell’inglese antico e medio piuttosto estraneo agli anglofoni moderni. Se a ciò aggiungiamo modifiche strutturali e grammaticali alla lingua nell’inglese antico, una lingua germanica, gli inglesi di oggi troverebbero difficoltoso comprendere una conversazione risalente al XII secolo.
(via Ecco che suono avevano le lingue più antiche al mondo » Scienze Notizie)
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canesenzafissadimora · 2 years ago
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In greco “ritorno” si dice nòstos. Álgos significa “sofferenza”. La nostalgia è dunque la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare.
Per questa nozione fondamentale la maggioranza degli europei può utilizzare una parola di origine greca (nostalgia, nostalgie), poi altre parole che hanno radici nella lingua nazionale: gli spagnolo dicono añoranza, i portoghesi saudade. In ciascuna lingua queste parole hanno una diversa sfumatura semantica. Spesso indicano esclusivamente la tristezza provocata dall’impossibilità di ritornare in patria. Rimpianto della propria terra. Rimpianto del paese natio. Il che, in inglese, si dice homesickness. O in tedesco Heimweh. In olandese: heimwee. Ma è una riduzione spaziale di questa grande nozione. Una delle più antiche lingue europee, l’islandese, distingue i due termini: söknudur: “nostalgia” in senso lato; e heimfra: “rimpianto della propria terra”. Per questa nozione i cechi, accanto alla parola “nostalgia” presa dal greco, hanno un sostantivo tutto loro: stesk, e un verbo tutto loro; la più commovente frase d’amore ceca: stỳskà se mi po tobě: “ho nostalgia di te”; “non posso sopportare il dolore della tua assenza”. In spagnolo, añoranza viene dal verbo añorar (“provare nostalgia”), che viene dal catalano enyorar, a sua volta derivato dal latino ignorare. Alla luce di questa etimologia, la nostalgia appare come la sofferenza dell’ignoranza. Tu sei lontano, e io non so che ne è di te. Il mio paese è lontano e io non so cosa succede laggiù. Alcune lingue hanno qualche difficoltà con la nostalgia: i francesi non possono esprimerla se non con il sostantivo di origine greca e non hanno il verbo relativo; Je m’ennuie de toi (“sento la tua mancanza”), ma il verbo s’ennuyer è debole, freddo, e comunque troppo lieve per un sentimento cosi grave. I tedeschi utilizzano di rado la parola “nostalgia” nella sua forma greca e preferiscono dire Sehnsucht: “desiderio di ciò che è assente”; ma la Sehnsucht può applicarsi a ciò che è stato come a ciò che non è mai stato (una nuova avventura) e quindi non implica di necessità l’idea di un nòstos; per includere nella Sehnsucht l’ossessione del ritorno occorrerebbe aggiungere un complemento: Sehnsucht nach der Verganghenheit, nach der verlorenen Kindheit, nach der ersten Liebe (“desiderio del passato, dell’infanzia, del primo amore”).
L’Odissea, l’epopea fondatrice della nostalgia, è nata agli albori dell’antica cultura greca. Va sottolineato: Ulisse, il più grande avventuriero di tutti i tempi, è anche il più grande nostalgico. Partì (senza grande piacere) per la guerra di Troia e vi rimase dieci anni. Poi si affrettò a tornare alla natia Itaca, ma gli intrighi degli dei prolungarono il suo periplo, dapprima di tre anni, pieni dei più bizzarri avvenimenti, poi di altri sette, che trascorse, ostaggio e amante, presso la dea Calipso, la quale, innamorata, non lo lasciava andar via dalla sua isola.
Nel quinto canto dell’Odissea, Ulisse le dice: “So anch’io, e molto bene, che a tuo confronto la saggia Penelope per aspetto e grandezza non val niente a vederla… ma anche così desidero e invoco ogni giorno di tornarmene a casa, vedere il ritorno”. E Omero prosegue: “Così diceva: e il sole s’immerse e venne giù l’ombra: entrando allora sotto la grotta profonda l’amore godettero, stesi vicini l’uno all’altra”.
Nulla che si possa paragonare alla misera condizione di esule che Irena aveva a lungo vissuto. Ulisse conobbe accanto a Calipso una vera dolce vita, vita di agi, vita di gioie. Eppure, fra la dolce vita in terra straniera e il ritorno periglioso a casa, scelse il ritorno. All’esplorazione appassionata dell’ignoto (l’avventura), preferì l’apoteosi del noto (il ritorno). All’infinito (giacché l’avventura ha la pretesa di non avere mai fine), preferì la fine (giacché il ritorno è la riconciliazione con la finitezza della vita).
Senza svegliarlo, i marinai di Feacia adagiarono Ulisse avvolto nei lini sulla spiaggia di Itaca, ai piedi di un ulivo, e se ne andarono. Fu questa la fine del viaggio. Ulisse dormiva, esausto. Quando si svegliò, non sapeva dov’era. Poi Atena disperse la nebbia dai suoi occhi e fu l’ebbrezza; l’ebbrezza del Grande Ritorno; l’estasi del noto; la musica che fece vibrare l’aria tra la terra e il cielo: vide l’insenatura che conosceva sin dall’infanzia, i due mondi che la sovrastavano, e carezzò il vecchio ulivo per assicurarsi che fosse ancora quello di vent’anni prima.
Non c’è niente da fare. Omero rese gloria alla nostalgia con una corona d’alloro e stabilì in tal modo una gerarchia morale dei sentimenti. Penelope sta in cima, molto al di sopra di Calipso. Calipso, oh Calipso! Pensò spesso a lei. Ha amato Ulisse. Hanno vissuto insieme sette anni. Non sappiamo per quanto tempo Ulisse avesse condiviso il letto di Penelope, ma certo non così a lungo. Eppure tutti esaltano il dolore di Penelope e irridono le lacrime di Calipso.
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Milan Kundera, "L'ignoranza"
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princessofmistake · 2 years ago
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Per dire “Ti amo” gli indiani Yanomami usano queste parole:“Ya Pihi Irakema”, che tradotto suona pressapoco così: “Sono stato contaminato da te”, ossia una parte di te è entrata in me, dove vive e cresce.
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pier-carlo-universe · 3 months ago
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Chi erano i Celti? Storia e leggende di un popolo antico
Un viaggio tra le origini, le tradizioni e l’eredità culturale dei Celti, un popolo che ha segnato la storia europea.
Un viaggio tra le origini, le tradizioni e l’eredità culturale dei Celti, un popolo che ha segnato la storia europea. Un popolo misterioso e affascinante. I Celti sono stati una delle culture più enigmatiche e influenti dell’antichità. Originari delle regioni centrali dell’Europa, la loro civiltà si sviluppò tra il VI e il I secolo a.C., espandendosi in gran parte del continente, dall’Irlanda…
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scrivosempreciao · 3 months ago
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Il Salto
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[Linda, 2025]
Ho la gola secca. Stasera ho bevuto solo acqua e un tè scadente, eppure la bocca mi sembra impastata come dopo una nottata di gin economico. Il tavolo della mia stanza è pieno di cianfrusaglie: un teschietto di gesso comprato a un mercatino goth, un portacandele di metallo annerito, la mia collezione di tarocchi sparpagliata a caso. Al centro, un vecchio diario rilegato in una pelle scura e scricchiolante, preso alla biblioteca del mio paese. Ho dovuto insistere per averlo in prestito. Forse la bibliotecaria era solo di malumore per i fatti suoi, ma non credo: quando le ho chiesto di sfogliarlo, ha storto la bocca, come se stessi chiedendo di strofinare i piedi sul suo cuscino preferito. Era come se non me lo volesse dare. Ma adesso eccolo qui, davanti a me. Lo apro e l’odore che mi investe è quello della muffa antica, dell’umidità annidata in pagine così vecchie che non mi stupirei se ci trovassi dentro l’ombra di un qualche vermetto fossilizzato. Sfioro la carta con la punta delle dita, cercando di non incrinare quei segni d’inchiostro sbiaditi. No, più che inchiostro sembra polvere nera, posata lì da mani tremanti secoli fa. C’è qualcosa, nella forma delle lettere, che mi nausea. Non capisco subito perché. Mi sale su un conato silenzioso, quasi un gorgoglio. Inspiro piano, le narici pizzicano, e mi forzo a leggere. Le parole si aggrovigliano in una lingua che non riconosco del tutto: strascichi di latino sgrammaticato, termini francesi deformi, simboli che potrei trovare solo nei miei libri di stregoneria più strambi. Mentre leggo, la pelle dell’avambraccio mi si accappona. Sento uno sfarfallio dietro la nuca, un formicolio insistente. Mi sollevo i capelli, grattandomi, quasi mi aspettassi di trovare un ragno appollaiato lì dietro. Fuori dalla stanza sento le risate delle mie coinquiline. Televisione, Netflix, snack, la normalità più rassicurante. Ma qui, nella penombra della lampada da scrivania, capisco che c'è qualcosa che non va.
[Babette, 1613]
La pietra della cella è viva, odora di marcio e ferro arrugginito. Io sono rannicchiata, ginocchia contro il petto, catene attorno ai polsi che mi segano la carne. Sanguino, poco ma in modo costante. Ho il mento premuto sullo sterno, la testa reclinata, e sento il mio stesso puzzo: sudore, terra, urina. L’ultima volta che mi hanno portato da mangiare era una ciotola di acqua sporca e croste di pane ammuffito. Meglio così. Meno cibo da vomitare quando i crampi della rabbia diventano insopportabili. Tengo stretto contro il corpo il piccolo grimorio, infilato tra le pieghe della veste strappata. Le guardie non lo hanno mai notato, troppo occupate a ridere dei miei capelli sporchi, della mia pelle color sabbia e a sputarmi addosso. Io non le guardo, perché quando lo faccio mi riempiono di botte, dicono che le mie pupille portano il marchio del demonio. Forse è davvero così. Non mi importa. Domani mi bruceranno in piazza, lo so. Ho visto le cataste di legna dalla fessura nel muro, ieri. Sembrano lingue di serpente attorcigliate una sull’altra, pronte a diventare fiamme e a divorarmi i piedi, le cosce, le viscere, fino alle ossa. Ma non starò lì a farmi annientare senza combattere. Questa notte userò l'ultima pagina del grimorio. Ho soltanto un nome per quella magia così violenta e oscura: il Salto. Non ne conosco l’esatta natura, la mia maestra non ha avuto il tempo di spiegare. «Usa il sangue» ha detto, prima che la trascinassero via. Di sangue ne ho in abbondanza. E ho anche la volontà. Sento la carta ruvida contro la mia pelle, raspa peggio di un artiglio impaziente. Mi tocco il labbro con i denti, poi mordo, forte, fino a spaccare la pelle e sputare un filo rosso sulla pagina. Le lettere reagiscono come se bevessero la mia essenza, si anneriscono, vibrano nella penombra. La testa mi gira, ma il dolore al labbro è niente rispetto a quello dei polsi segati dal metallo. Tremo, sussurro parole antiche che sento di conoscere da sempre, come se fossero nel mio sangue da generazioni. Ogni suono è un ago che mi punge la lingua, ma continuo, continuo finché non sento qualcosa cedere e un filo invisibile si tende oltre queste mura.
[Linda]
Il diario mi stordisce. Mi sembra di sentire la sua voce. Non è possibile, certo. Eppure, ora il formicolio dietro la nuca è più forte. Immagino catene, fango, fuoco. Vedo, nella mia mente, un viso sporco di terra, occhi scuri simili a pozzi senza fondo. Mi scosto dalla sedia, indietreggio e vado a sbattere contro lo scaffale dei libri. Uno cade, colpisce il pavimento con un tonfo sordo. «Cazzo» sussurro. Che mi prende? Sono solo suggestioni. Ho letto troppa roba bizzarra in quest’ultimo periodo. Mi passo la lingua sulle labbra secche: lì sopra aleggia lo stesso sapore di rame che affiora tutte le volte che uso il filo interdentale con troppa insistenza. Apro la bocca e ne controllo l’interno allo specchio: c’è un evidente segno rosso sotto gli incisivi inferiori, proprio dove la gengiva diventa morbida e lascia spazio al labbro. Mi sarò morsa senza accorgermene. Sento un rumore strano, un lamento soffocato che rimbomba nel cranio. No, sono le mie coinquiline, ridono davanti alla tv per qualche scenetta idiota. Giusto? Eppure suona diverso. Più cupo, più disperato. Torno al tavolo, più confusa di prima. Il diario è ancora lì. Le lettere sembrano più scure, come se l’inchiostro antico si fosse scrollato di dosso la polvere e si stesse asciugando solo ora. Lo sfioro di nuovo, stavolta con cautela. Mi pare di sentire un calore lieve, una vibrazione. No, è impossibile. Ma le dita formicolano, come se una scossa minima mi attraversasse i nervi. Mi sento strana. A disagio. È tardi, dovrei uscire a prendere una boccata d'aria, magari bere qualcosa in un locale. Non lo faccio quasi mai, ma stasera… Stasera, perché no?
[Babette]
Il mio respiro è un rantolo. Le parole mi hanno svuotata. Ma sento una presenza, un varco nella mente. Ciò che rende me me non aleggia più soltanto nel mio corpo spoglio e maltrattato. C’è un altro corpo, distante ma percettibile come uno specchio d’acqua che riflette il mio viso. Le mani di lei – sento che è una donna – sono morbide, non hanno calli. Vedo, attraverso ciglia e palpebre non mie, un tavolo, una luce che non riconosco, colori troppo vividi per essere veri. Sento odore di pulito, un profumo così forte e sconosciuto. Com’è possibile? Dove sono? Ci sono riuscita? Non posso parlare, non posso controllare i suoi movimenti, ma posso insinuarmi un po’ di più. Concentrarmi sulla sensazione dei suoi piedi che premono sul pavimento, del tessuto dei suoi abiti che sfiora la pelle. Non sono cenci laceri, non sono tele ruvide. Sono materiali ignoti, lisci, sensuali. La mia bocca fa una smorfia di piacere. Assaggio con la mente la sua lingua. Ha un sapore neutro, sa di acqua pulita, molto diversa dalla mia che ha il gusto della disperazione e del ferro. Ma lei è spaventata, lo sento. Il suo cuore batte più forte. Cerco di spingerla verso un altrove. Perché? Non lo so, mi serve tempo. Devo capire. Domani mi bruciano. Devo nutrirmi di questa vita come di un frutto proibito. Io voglio sentire ancora, toccare, gustare. Voglio sapere com’è vivere senza catene.
[Linda]
Stringo la maniglia della porta di casa, esco. Nessun motivo logico. Io, che passo le serate a divorare vecchi libri horror o tomi pieni di polvere, ora esco senza meta. C’è aria di pioggia, un odore di asfalto umido e rose lasciate a marcire si alza dal cortile del condominio. Mi pizzica la gola. Sento, in fondo alla pancia, una strana eccitazione, la stessa che mi buca lo stomaco quando riesco a concedermi un appuntamento galante. Ma con chi? Cammino, i lampioni sputano un giallo sporco sulla strada. La mente si riempie di immagini estranee; ciotole d’acqua fetida, catene arrugginite, paglia sporca gettata in un angolo oscuro. Odore di legno bagnato. E poi di colpo, una musica lontana ben più vera e concreta, un bassofondo che sale da un pub un paio di isolati più in là. Normalmente sarei rimasta sulla soglia, sbirciando i tizi dentro, magari facendo dietrofront. Ma stasera no. Stasera qualcosa mi spinge a entrare, a mescolarmi nella folla. La mia lingua formicola, come se un sapore nuovo mi stesse per esplodere tra i denti. Apro la porta del locale. Luci soffuse e colorate, un odore misto di luppolo e sudore fresco. La mia testa gira un attimo, forse per l’afa o per la strana tensione che sento tra le costole. Non appena mi spingo nella folla, mi pare di sentire un sussurro dentro la mente, ancora più leggero di un soffio: “Sì… assapora… continua…”
[Babette]
Oh, per Lilith. Cos’è questo frastuono ritmato? Una musica che mi vibra nella carne, anche se non è la mia vera carne. Sento calore, corpi vicini, risate. Il cuore di questa donna batte più veloce, e il mio spirito si tende come un arco. Lo so, per possederla del tutto devo sacrificarmi. Ormai l'ho capito. È ovvio. Tutte le magie oscure richiedono un sacrificio degno. Devo farmi fuori, qui e ora, in questa lurida cella, per rinascere in lei. Se voglio provarci, almeno. Lo desidero, ma non sono pronta. Sono una strega, sì, ma scorre sangue umano in me ed è tutta umana la paura sorda che ho della morte.  Funzionerà? Voglio prima assaggiare ancora un po’ di questo mondo. Voglio capire che sapore ha la libertà prima di spiccare l’ultimo salto. Se nulla dovesse funzionare e tutto dovesse andare al demonio, voglio almeno mordere la vita, prima del grande buio. Mi concentro. Lei beve qualcosa, sento un liquido bruciare in gola, un sapore pungente, intenso, pieno zeppo di aromi. Gola calda, fronte sudata. È meraviglioso. Non so cosa sto – sta – bevendo, ma sa di vita. È come succhiare latte e miele da un torrente generoso, ma senza temere che arrivi un Dio capriccioso a pretendere il conto. Mi allungo, tiro i fili invisibili che mi legano a lei. Tra poco dovrò fare la scelta estrema, ma non ora. Adesso voglio ballare. Voglio sentire i suoi muscoli muoversi, le sue gambe, il petto che si solleva a ritmo di quella melodia sconosciuta. Dentro la cella, sputo a terra e rido, gettando fuori un rantolo spezzato. Presto sarò del tutto libera. Presto mi vestirò della sua carne, sarà il mantello nuovo che sfoggerò con orgoglio.
[Linda]
Il bicchiere che stringo tra le mani scivola leggermente, la condensa mi bagna le dita. Dentro c’è un liquido ambrato, frizzante. Birra? Non ricordo se l’ho ordinata io. Forse qualcuno me l’ha offerta, forse sono stata io stessa a esigerla. Non lo so. La testa mi rimbalza, mentre la musica pompa nelle vene con la stessa prepotenza selvaggia di una siringa di adrenalina. Vedo corpi che si strofinano, sento l’odore di pelle calda e profumi chimici. Mi ritrovo a sorridere senza motivo, la lingua vibra, qualcosa da dentro sta cercando di uscire, le mani tracciano sentieri e mappe sui miei fianchi, del tutto estranee alla mia volontà. Ogni tanto torno in me. “Che cazzo sto facendo qui?” mi chiedo, ma la voce interna è debole, un filo di rasoio sottile. “Ho un esame tra due giorni,” mi dico. Di solito passerei la sera a studiare fino a bruciarmi gli occhi, non a sculettare tra sconosciuti in un bar saturato di bassi e di luci colorate. Eppure sono qui, e non riesco a fermarmi. È come un guinzaglio invisibile che mi strattona la carne dall’interno, imponendomi di essere dove sono, proprio adesso, proprio ora. Mi porto la cannuccia alla bocca, sorseggio. Il sapore è sempre più pungente, dolciastro e metallico. Mi pare di sentire, per un attimo, non zucchero né alcool, ma sangue. Sputo e avverto un gorgoglio nella gola che mi fa tossire come se avessi un grumo denso incastrato dietro l’ugola. Una ragazza accanto a me mi guarda, sorpresa e forse anche un po’ schifata. «Tutto ok?» chiede. Muovo la testa su e giù. Rispondo con un cenno, come a dire “Sì, sì, va tutto benone”. Ma non è vero. I miei tendini si espandono con la stessa irrequietezza di corde bagnate, il cuore è una biglia impazzita dentro la cassa toracica. Dentro, qualcosa ride. Una risata che non è mia. Un alito di vento ghiacciato mi scivola tra le costole.
[Babette]
La pietra mi morde la schiena, ma non la sento quasi più. Il corpo è intorpidito, la fame mi ha trasformata in un’eco grossolana e primitiva di ciò che ero. Tuttavia, il mio spirito è sazio, in qualche modo. Sto bevendo attraverso di lei, la ragazza di un altro mondo. Non so chi sia, non so nemmeno il suo nome, ma questo non ha importanza. Quando avrò finito, mi chiamerò con il nome che voglio. Sì, perché voglio vivere. Non voglio bruciare come un ceppo, in balia della folla urlante. Non morirò da vittima, non lascerò che la mia carne venga divorata dal fuoco. La mia morte sarà la chiave. Un rituale, non un supplizio. Trattengo il fiato, lascio che le catene stridano. La pagina del grimorio mi si è incollata contro la pelle, inumidita dal mio sangue secco. Devo fare presto, perché alle prime luci dell’alba mi trascineranno fuori. Forse dovrei farla finita ora, sgozzarmi con un chiodo strappato dal muro, infilarmi un frammento di pietra nella carotide. Ma non ancora. Voglio sentire un altro sorso di vita dal suo corpo prima di staccarmi dal mio. Voglio che la sua anima si ammorbidisca, si arrenda. Devo spingerla a vivere esperienze che la stordiscano, che la confondano, così che quando tornerò a prendere possesso di lei, non opponga resistenza. Chiudo gli occhi, mi concentro. La sento ancora. Percepisco la sua gola stretta dalla tosse, il petto che si agita. Ha bevuto qualcosa di forte. Bene, ubriacala, confondila. La renderà più debole quando dovrò strapparle l'anima.
[Linda]
Mi stacco dal bancone per andare in bagno, il legno appiccicoso lascia una sensazione sgradevole sui miei gomiti. Mi infilo tra la folla. Sento mani che sfiorano i miei fianchi, forse per sbaglio, forse no. Normalmente avrei ritratto il corpo, avrei attraversato la sala con passi rapidi e la testa bassa. Ora, invece, lascio che le dita scorrano, che gli sguardi mi attraversino e mi desiderino. Ogni respiro è denso, pieno di effluvi umani, di sesso e promiscuità. La musica è così forte che mi rimbalza nel cervello, martellate ritmiche che spengono i pensieri e accendono l’istinto. Mi muovo, e con me si muove qualcosa di antico, un’ombra d’altri tempi. Scivolo sulle piastrelle sporche, il drink trabocca, pesanti gocce di alcool finiscono sul pavimento, come minuscole lacrime d’ambra. Chi sono? Chi sono davvero? Perché ho voglia di mordere il bicchiere fino a sanguinare? Penso a casa, ai miei tarocchi di bassa lega, al vecchio diario. Per un attimo visualizzo la copertina di cuoio, le lettere sbiadite che mi fissano, del tutto simili a occhi senza tempo. Potrei tornare indietro adesso, scappare in strada, farmi lavare dal vento notturno. E invece no. Rimango. Qualcosa mi stringe il cuore. Mi fermo solo un secondo davanti allo specchio del bagno del locale. È uno specchio sudicio, opaco, eppure vedo chiaramente la mia faccia, più chiaramente di quanto l’abbia mai vista prima: occhi lucidi, guance arrossate. Ma dietro di me… dietro di me sembra esserci una sagoma, un velo scuro. Sbatto le palpebre, e non c’è più.
[Babette]
Le guardie passano fuori dalla cella. Sento i loro stivali sul pavimento, il raschiare di ferro su altro ferro. Parlano a bassa voce. «Domani quella va arrosto. La sento puzzare già di morte, o forse puzza e basta» ride uno di loro. Non reagisco. Mi limito a inspirare piano, riempiendomi i polmoni di odore di muschio e pipì. Tanto, presto non sarò più qui. Io sarò altrove, in un mondo con luci misteriose e bevande sconosciute. Un mondo dove posso entrare in un luogo pieno di gente e non venire subito additata come mostro. Le mie braccia tremano. Il grimorio, caldo contro la carne, mi dà forza. Sento che lei è debole. È sorpresa, confusa. Ottimo, la catturerò mentre è stordita. Stringo le catene e mi ferisco i palmi. Un rivolo di sangue mi scende tra le dita. Lo guardo, ipnotizzata. Sangue vivo, mio, ma presto non mi apparterrà più. Presto lascerò libera questa carcassa martoriata e farò come fa il serpente, abbandonerò la mia vecchia pelle. Le mie labbra si incurvano in un sorriso. L’alba non mi vedrà urlare. L’alba mi vedrà rinascere.
[Linda]
All’improvviso mi assale una nausea feroce. Mi piego sulle ginocchia, in un angolo del locale. Un tizio ubriaco mi chiede se sto bene, lo ignoro. Faccio un respiro, poi un altro. Mi sembra di sentire odore di carne bruciata. Ma non c’è alcun fuoco, solo luci intermittenti e puzza di birra. Devo andarmene. Mi sollevo, aggrappandomi al muro. Esco da una porticina sul retro, un vicolo buio. L’aria è più fredda e odora di spazzatura, ma almeno respiro. Mi sgorga saliva tra i denti, quasi vomito. E lì, tra i cassonetti, mi sembra di vedere qualcosa. Una donna accovacciata, con i capelli sporchi, gli occhi neri. La vedo o la immagino? Tendo una mano, ma la figura scompare. La testa mi duole come se qualcuno stesse scavando con un punteruolo. Sento la voce nella mia mente farsi più insistente. “Cedi. Tu non capisci. Cedi!” Cedi a cosa? La paura mi sale alla gola. Mi mordo il labbro, sento di nuovo il gusto ferroso del sangue. Un minuscolo taglio, niente di che. Ma mi basta questo per sentire le viscere contrarsi. Chi c’è dentro di me?
[Babette]
È il momento. Lascio che le catene mi scavino ancora un po’ nella carne. Non sarà una morte timida e silenziosa, mi servirà un colpo secco. Guardo intorno nella cella. C’è un chiodo sporgente, arrugginito, nel muro a sinistra; le guardie ci si impigliavano ogni volta che entravano a lanciarmi del cibo marcio, e bestemmiavano. Se ci sbatto contro la gola con abbastanza forza, richiamando a me la stessa fame di libertà che spinge le volpi a staccarsi a morsi le zampe incastrate nelle trappole, dovrei riuscire a farmi un taglio profondo. Il sangue sgorgherà, soffocherò, ma al culmine del dolore la mia anima si trasferirà del tutto. Lo so. È il Salto. Non ho altra scelta. Se aspetto, all’alba sarò cenere. Respiro, tremo, poi apro le labbra screpolate: «Tu, ragazza, mi senti?» sussurro nel vuoto. Non posso sapere se mi sente davvero, ma ho l’impressione di essere in qualche modo, ora, veramente ospite nella sua testa. Vivo il suo terrore. E questo mi piace. Mi fa sentire potente. Ho lo stomaco annodato. A quattro zampe, mi trascino verso il chiodo. Le catene tintinnano, il ferro stride. Ogni osso nel mio corpo protesta, ma non m’importa. Un ultimo sforzo, un altro assaggio di libertà.
[Linda]
Le voci nella mia testa si fanno più nitide. Un sussurro antico risuona sulle pareti del mio cranio, ma è una lingua che non capisco. Mi vengono in mente parole latine, strani incantesimi letti in vecchi libri presi in prestito più per gioco che per altro. Sento un brivido gelido scivolare dalla nuca fino al coccige. Inizio a capire: il diario non era un banale oggetto antico. Conteneva un legame, un rituale. Qualcuno – una donna? – sta cercando di entrare in me. Di essere me. Sento il suo desiderio: vuole la mia vita, la mia pelle, la mia libertà. Vorrei urlare. Apro la bocca, ma l’unico suono che riesco a riversare nel buio del vicolo è un piccolo gemito strozzato. No, non voglio cedere. Non voglio farle spazio. Questa è la mia vita. Sento una spinta, una pressione. Le ginocchia cedono, striscio contro il muro sporco. Un topo corre tra i sacchi di spazzatura e l’odore di marcio mi riempie le narici. Voglio resistere, ma la testa mi scoppia. Le unghie graffiano il cemento. Ho la sensazione che, se non cedo, la mia testa esploderà come un frutto maturo.
[Babette]
Ho il mento appoggiato alla pietra, la lingua penzoloni come un cane moribondo. Il chiodo è lì. Arrugginito, maligno. Uno strappo, e me ne andrò. Ho paura, ma la paura mi fa ridere. Meglio decidere la mia morte che subirla. Chiudo gli occhi, visualizzo l’altro corpo, il suo calore, la sua pelle morbida, la lingua senza sapore di muffa, i vestiti comodi, il mondo ignoto da esplorare. Visualizzo i suoi occhi lucidi, la sua confusione. Presto tutto sarà mio. Raccolgo le forze, spingo il collo contro il chiodo, premendo con violenza. Sento la carne lacerarsi, un dolore così acuto che mi paralizza. Il sangue scorre. Non urlo. La mia voce si perde in un rantolo. Sento il calore denso colare sul petto.
[Linda]
Un dolore assurdo mi inchioda la gola. Forse nel drink galleggiava uno stuzzicadenti e l’ho ingoiato senza accorgermene? Deve essere per forza così. Oppure qualcuno mi sta pugnalando da dentro. Grido, o almeno credo di gridare, ma nel vicolo non c’è nessuno, nessuna risposta. Non riesco più a respirare. Porto le mani al collo, mi sembra di sentirlo aprirsi, ma non c’è ferita. Solo un dolore fantasma, un dolore che appartiene a qualcun altro. È come se una seconda spina dorsale, nera e antica, si inserisse nella mia, sgretolando la mia identità. Le gambe tremano, cado in ginocchio. L’odore dei rifiuti assume un carattere più dolce, più familiare. Le luci della città sfarfallano, diventano torce tremolanti nella notte. Passato e presente si sovrappongono. Vedo la cella, vedo il chiodo, vedo il sangue. Vedo anche me stessa, come se fluttuassi sopra la scena. E poi, di colpo, il dolore si attenua. Qualcosa si allenta nella mia testa. Mi affloscio, ansimando.
[Babette]
Buio. Un attimo di nulla, un vuoto che sembra eterno. Poi uno strappo. Mi sento strisciare sotto la pelle dell’altra. I suoi ricordi sono lì, impalpabili. Un letto caldo, una scrivania, libri nuovi e antichi, tarocchi. Giocattoli, vestiti puliti. Una risata con le amiche. Sapori incantevoli, odori esotici. Un’infanzia sicura e amorevole. Tutto a portata di mano. Mi innesto nella sua carne. Mi sento già più solida, il dolore al collo scompare. Ora il mio corpo è intatto, sano, forte. Le catene, il fango, il chiodo arrugginito sbiadiscono come un sogno cattivo. Io sono in piedi in un vicolo, con addosso abiti strani, mai visti prima. Posso respirare a pieni polmoni, l’aria è mia. Sento i muscoli rispondere ai miei comandi. Fletto le dita, passo la lingua sulle labbra. Nessun sapore di morte e marcio, solo il retrogusto di birra. Un paradiso rispetto a prima. Sorrido. O forse rido. Una risata bassa, piena di soddisfazione.
[Linda?]
Cerco di urlare, ma non ho più una bocca. Percepisco la mia coscienza, da qualche parte, ma è rinchiusa in una stanza senza porte. Sento la mia voce rimbalzare tra le pareti del cranio, un cranio che non controllo più. Lei si muove con la mia carne, ride con i miei polmoni, guarda con i miei occhi. «No!» vorrei dire. Ma è inutile. Qualcosa in lei, in me, gode di questo silenzio. So che non sono morta, non del tutto. Sono qui, prigioniera. Vorrei piangere, ma non ho lacrime. Non ho mani. Sono diventata un’ombra nella mia stessa mente.
[Babette, 2025]
Mi gratto la nuca, calpesto una lattina vuota nel vicolo. Questi tessuti sono così strani, ma comodi. Cammino a piccoli passi. Mi trovo in un mondo di cui non capisco nulla, ma questo non è un problema. Ho tempo, ora. Tempo per imparare. Tempo per godere, per scoprire. Lascio il vicolo, mi mischio alle poche anime che vagano nella notte. Le luci artificiali mi incantano. Ho voglia di ridere, di assaggiare ogni cosa. Chi potrà fermarmi? Sento un flebile piagnucolio dentro la testa, la sua voce che implora. Non mi disturba. Anzi, mi fa compagnia. È fatta: ho sconfitto il rogo, ho superato l'inganno del tempo, ho ottenuto una nuova vita. Ho fatto il Salto. Entro in una locanda ancora aperta. No, un bar. Qualcosa dentro di me gracchia quella parola così buffa. È la parola giusta. Sorrido all’uomo dietro il bancone. Chiedo da bere con una voce che una volta non era mia. Ora lo è. E mentre sorseggio, penso al fuoco che domani avrebbe dovuto bruciarmi. Che ne sarà delle cataste di legna senza di me? Forse bruceranno un fantoccio vuoto. O forse cercheranno un cadavere. Chissà. Non ha importanza. Io sono qui, viva, solida, immortale nel presente. E questo, per me, è tutto ciò che conta.
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djtubet · 4 months ago
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Sufferation in onda su RBE -Radio e Tv
Un mio brano è passato su RBE - Radio & Tv storica radio comunitaria piemontese nata nel 1984 e canale TV dal 2022.
La canzone Sufferation è stata selezionata all'interno del mitico programma Date Night Radio Show.
La puntata presenta un ottima una selezione di brani degli artisti: Dajana Roncione & Tom Yorke, Cocanha, Lou Dalfin, RAIZ Official Page e RADICANTO,Toni Bruna , Turi, Massimo Silverio, Grama Tera, Sud Sound System Official, Paolo Angeli, Compagnia Sacco, Dj Tubet& Chat-E The Lion.
Grazie in piena ai conduttori di Date Night Radio Show Andrea, Marco e Silvio per aver realizzato una splendida puntata babelica.
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mblaengsel · 4 months ago
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lo studio di oggi <3 cinque ore intense di norreno. amo le lingue antiche e adoro questa parte del corso
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