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Ci proteggerà la neve: il potere della speranza nel romanzo di Ruta Sepetys. Recensione di Alessandria today
Un viaggio nell'oscurità della storia, illuminato dalla resilienza umana e dalla forza dei legami familiari.
Un viaggio nell’oscurità della storia, illuminato dalla resilienza umana e dalla forza dei legami familiari. Ruta Sepetys, autrice pluripremiata, ci regala un altro capolavoro con “Ci proteggerà la neve”, un romanzo che affronta i drammi della Seconda Guerra Mondiale attraverso una prospettiva intima e potente. Pubblicato da TEA, il libro racconta la struggente storia di Lina, una giovane…
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Storia Di Musica #278 - Charles Mingus, Mingus Ah Um, 1959
Le storie di giugno nascono dalla lettura di uno dei libri più belli sulla musica scritto da un non esperto musicale, Natura Morta Con Custodia Di Sax, che Geoff Dyer, sublime scrittore britannico, dedica a storie di jazz. In questo bellissimo saggio, che pesca da fonti storiche, un po’ inventa, un po’ sogna, Dyer scrive storie di alcuni tra i più grandi interpreti di questa musica particolare, creativa, magmatica, pilastro della cultura mondiale da cent’anni. Per mia indiretta colpa, in tutte queste storie di musica non mi era mai capitato di raccontare del personaggio che ho scelto, e uno dei protagonisti del libro, per un mese monografico anche piuttosto particolare: Charles Mingus. Contrabbassista, genio e sregolatezza, uno dei musicisti più importanti del jazz. Arrabbiato, per via di una infanzia passata a cercare di combattere quel sentirsi minoranza di una minoranza (pur essendo di famiglia piccolo borghese, soffriva terribilmente le sue origini meticce, tra genitori con discendenze afroamericane, asiatiche e nativo americane), nato In Arizona nel ’22 ma cresciuto poco prima della Seconda Guerra Mondiale nel tristemente famoso sobborgo di Watts a Los Angeles. Mingus si avvicina da giovanissimo al violoncello, ma poi si appassiona al contrabbasso, che studia con i migliori insegnanti, tra cui Herman Reischagen, primo contrabbasso dell’Orchestra Filarmonica di New York. Nel 1947 entra nell'Orchestra di Lionel Hampton, è già leader di propri gruppi e ha già fatto i primi tentativi di composizione. Mingus si approccia alla musica grazie ai canti gospel delle congregazioni religiose che frequentava regolarmente a Watts e a Los Angeles, realtà con cui venne a contatto durante gli anni dell'infanzia. Ascolta il blues e il jazz ma ha una varietà di conoscenze e di curiosità che compariranno qua e là nel corso della sua leggendaria carriera musicale: si dice ascoltasse Bach ogni giorno, studia Richard Strauss e Arnold Schönberg, non nasconde una passione per Claude Debussy e Maurice Ravel. Suona con il Mito Charlie Parker, ma il suo idolo è la big band di Sir Duke Ellington. E nel 1953 ha l’occasione della vita: viene chiamato da Ellington a suonare con lui. Leggenda vuole che Juan Tizol, portoricano, bianco, trombonista, che in quel momento scrive dei pezzi per l’Orchestra, gli scrive un assolo da suonare con l’archetto. Lui lo traspone di un’ottava per renderlo cantabile, e lo esegue come se lo strumento fosse un violoncello. Tizol lo apostrofa dicendogli che «come tutti i neri della band non sai leggere bene la musica»; Mingus, che è un gigante di mole (tra i suoi demoni, un’ingordigia da romanzo) lo prende a calci nel sedere. Tizol, sempre secondo la leggenda, nella custodia del trombone aveva un coltello, che prontamente afferra per scagliarsi contro Mingus mentre Duke dà l’attacco del brano. Questi, agilmente nonostante la sua mole, con il contrabbasso preso in braccio, salta e scivola sul pianoforte, correndo e dileguandosi fra le quinte. Rientra in un lampo sul palco con in mano una scure da pompiere e sfascia la sedia dell’esterrefatto Tizol. Ellington, che si dice non licenziò mai un suo musicista, lo “spinse” a dimettersi, e nella sua autobiografia (dal titolo già profetico, Beneath The Underdog, tradotta in italiano con il titolo magnifico di Peggio Di Un Bastardo) Mingus racconta: “Duke mi disse <<Se avessi saputo che scatenavi un simile putiferio avrei scritto un’introduzione>>, gli risposi che aveva perfettamente ragione”. Il suo era uno stile libero, che in pratica rimarrà unico. Esempio perfetto è il noto Pithecanthropus Erectus (1956), primo grande disco da solista, che dà un’idea generale della sua musica: bruschi cambi di atmosfera, di tempo e ritmo, un tocco “espressionista” che, di fatto, lo rendono quasi precursore del free jazz, considerazione tra l’altro che lo faceva andare su tutte le furie. Mingus si appassiona alla musica di New Orleans, seguendo l’idea di big band di Ellington, e da questo punto in poi viene fuori tutta la sua incontenibile vitalità, spesso oltremodo eccessiva e davvero fuori le righe: altro caso leggendario fu la “maratona” intrapresa con il fido Dannie Richmond, il suo batterista per quasi tutta la carriera, a chi consumava più amplessi e tequila nei bordelli di Tijuana; da questa esperienza nacque quel capolavoro assoluto che è Tijuana Moods, registrato nel 1957 ma uscito solo nel 1962. Miles Davis disse di lui: “Era sicuramente pazzo, ma è stato uno dei più grandi contrabbassisti che abbia mai sentito. Mingus suonava qualcosa di diverso, era diverso da tutti gli altri, era genio puro”. La prova è il disco di oggi, uno dei capolavori assoluti del jazz, che esce nel 1959, il suo primo per la Columbia. Il titolo Mingus Ah Um è una parodia di una declinazione latina (gli aggettivi latini della I classe sono solitamente ordinati enunciando prima il nominativo maschile singolare che finisce con "us", poi il femminile "a" e infine il neutro "um"). In copertina un dipinto di S. Neil Fujita, che già aveva creato un disegno per un altro disco leggendario, Take Five di Dave Brubeck. Il disco è una sorta di enciclopedia del jazz, sia per la varietà dei brani proposti, sia per il futuro successo di alcuni, diventati standard tra i più famosi di tutti i tempi. Better Git It In Your Soul è un omaggio alla musica ritmica dei gospel e dei sermoni di chiesa, pezzo già leggendario, che fa da apripista al primo immenso capolavoro. Goodbye Porky Pie Hat è un omaggio al Pres, Lester Young, immenso sassofonista, scomparso poche settimana prima che l’album venisse registrato (per la cronaca in due leggendarie sessioni di registrazioni agli studi Columbia, il 5 e il 12 Maggio, sotto le cure mitiche di Teo Macero, il grande produttore di Miles Davis). Il porky pie hat è un cappello che ricorda nella forma il famoso pasticcio di carne inglese, e per dare un’idea di come è quello che indossa sempre Buster Keaton nei suoi film, ma era anche un cappello dal valore simbolico interraziale per i musicisti jazz, e Young lo teneva sempre in testa durante le esibizioni: il brano è divenuto uno standard da migliaia di interpretazioni, uno dei brani più famosi della storia del jazz. Self-Portrait In Three Colors era stata originariamente scritta per il film Ombre, opera prima di John Cassavetes, ma la canzone non appare né nel film né nel disco colonna sonora. Open Letter To Duke è un chiaro omaggio alla figura di Duke Ellington, composto riunendo insieme alcuni pezzi da tre precedenti brani di Mingus (Nouroog, Duke's Choice e Slippers). Jelly Roll è un riferimento al pianista pioniere del jazz Jelly Roll Morton, che si autoproclamò l’inventore del jazz nella prima decade del 1900; Bird Calls passò in un primo momento per un omaggio alla leggenda del bebop Charlie "Bird" Parker, con cui Mingus suonò molte volte, ma fu lo stesso Mingus a chiarire: «Non era stata intesa per suonare come qualcosa di Charlie Parker. Doveva piuttosto assomigliare al cinguettio degli uccelli - almeno la prima parte». Completano il capolavoro Pussy Cat Dues, Boogie Stop Shuffle dal ritmo irresistibile ma soprattutto Fables Of Faubus, primo dei grandi brani politici di Mingus: fu “dedicato” al governatore (democratico!) dell’Arkansas, Orval Eugene Faubus, convinto segregazionista, che nel 1957 tentò di impedire l'ingresso a scuola di nove ragazzi neri in un liceo di Little Rock, in deroga ad una decisione della Corte suprema che aveva reso illegale la segregazione nelle scuole. L'episodio ebbe un punto di svolta quando il presidente Dwight Eisenhower federalizzò la Guarda nazionale dell'Arkansas e permise agli studenti di colore di entrare nell'istituto sotto scorta. Faubus decise allora di chiudere tutte le scuole superiori di Little Rock fino al 1958. Mingus scrisse anche un testo, molto sarcastico, sul Governatore, e si dice che la Columbia lo censurò. In realtà però il testo fu aggiunto dopo da Mingus, quando il brano era stato già registrato, ma non si perse d’animo e lo pubblicò cantato nel suo disco del 1960 Charles Mingus Presents Charles Mingus, con il titolo di Original Faubus Fables. Il disco è uno dei capisaldi del jazz, uno dei cinquanta dischi selezionati dalla Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti per essere inclusi nel National Recording Registry in conservazione per i posteri e la prestigiosa Penguin Guide, la bibbia della critica jazz, lo inserì nella Core Section con il loghino della corona, la massima valutazione per un disco. Con Mingus suonano il fido Richmond alla batteria, John Handy, Booker Ervin e Shafi Hadi ai sax (alto e tenore), Willie Dennis al trombone, Horace Parlan al piano (che suona pure Mingus) e Jimmy Knepper, leggendario trombonista, personaggio da cui si partirà per la seconda tappa di questo mese Mingusiano.
Che vi dico già verrà pubblicata Martedi 13 Giugno.
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Le differenze tra le streghe del passato e quelle di oggi
Dalla fine della seconda guerra mondiale e ancora di più a partire dagli anni 60 si è avuto un considerevole aumento delle persone che praticano la stregoneria nel mondo moderno. Cercheremo di stabilire ora quali differenze esistano tra le streghe del passato e quelle moderne. Le streghe odierne possono definirsi persone che praticano la magia e che adorano divinità pagane oppure come nel caso dei satanisti il diavolo. Agli inizi dell’età moderna una analoga definizione di stregoneria avrebbe potuto essere facilmente accettata dalla maggior parte anche se l’oggetto dell’adorazione delle streghe fosse sempre ritenuto il diavolo. In entrambe le epoche tuttavia le streghe potrebbero essere definite maghe che hanno rifiutato la fede cristiana ma le somiglianze tra le streghe del passato e quelle moderne finiscono qua e cominciano le differenze . In primo luogo dobbiamo mettere in evidenza che la stregoneria moderna è organizzata in congreghe o persino in organizzazioni locali e regionali che in molti casi hanno un carattere manifesto e pubblico cosa che non avveniva in passato. In secondo luogo le streghe del passato venivano sempre denunciate da altre persone cosicché una strega veniva definita tale da altri individui . Nel 20-21 secolo invece forse con una certa riluttanza anche con un certo orgoglio le streghe si sono definite tali e se stesse. Una volta diventata un’attività autodefinita piuttosto e etero definita finché la stregoneria ha anche perduto il suo carattere malefico . Le streghe dell’inizio dell’età moderna venivano considerate malvage mentre le streghe contemporanee affermano di essere fondamentalmente buone tanto che hanno fondato una lega contro la diffamazione delle streghe per contrastare l’immagine negativa ereditata dal passato. La streghe odierne sostengono di praticare una magia sempre benefica mentre le streghe dell’inizio dell’età moderna venivano considerate dai contemporanei la quintessenza del male. Anche nell’immaginario collettivo moderno si è avuta una certa rivalutazione della figura della strega . Per fare un esempio concreto le streghe della Wicca sono considerate streghe buone che non danneggiano nessuno dotate inoltre di un grande amore per la natura . Tale rivalutazione della figura della strega è ancora più evidente nel cinema e nella televisione. Ad esempio le tre streghe protagoniste della serie “Streghe” vengono rappresentate come delle vere e proprie eroine che combattono il male in tutte le sue forme. Anche lo status sociale delle streghe è diverso nelle due epoche. Le streghe dell’origine dell’età moderna provenivano quasi esclusivamente dagli strati inferiori della società mentre le streghe dell’America e dell’Europa di oggi provengono da tutte le classi sociali e sono per lo più in possesso di un’istruzione universitaria. Si tratta di persone del ceto medio che possiedono una cultura hanno belle case e specializzazioni. In definitiva possiamo dire che si tratta di persone che non si possono definire emarginate culturalmente e socialmente. Inoltre molte streghe moderne soprattutto negli stati Uniti e Inghilterra sostengono la loro visione del mondo partecipano a programmi televisivi e radiofonici nel corso dei quali in maniera chiara e esplicita. Non sono poi poche le streghe moderne che hanno pubblicato libri sulla stregoneria che hanno avuto un grande successo editoriale come pure esistono streghe moderne che pubblicano con continuità articoli di argomento magico che suscitano l’interesse di moltissime persone. Molto interessante poi la situazione delle streghe della Wicca una vera e propria religione magica. Le streghe Wicca sono in costante aumento non solo in America ma in molte nazioni del mondo occidentale anche perché i sociologi hanno messo in evidenza che nella società occidentale contemporanea si è avuto un ritorno in grande stile del paganesimo. Nell’ambito di tale ritorno un posto di grandissima importanza va attribuito al movimento New Age e alla Wicca. Per quanto riguarda la Wicca dobbiamo dire che essa è un classico esempio di religione magica dal momento che i Wiccan adorano le due divinità utilizzando anche e soprattutto dei riti magici. Dobbiamo dire che proprio con la Wicca la stregoneria fa un notevole salto di qualità diventando da crimine religioso qual era al tempo della caccia alle streghe a una vera e propria religione di stampo neopagano. E ‘anche importante mettere in evidenza che le streghe della Wicca ci tengono molto a rivalutare il ruolo della strega togliendo a tale ruolo quell’alone sinistro che gli era stato attribuito per moltissimo tempo. Tra l’altro è opportuno mettere in evidenza che le streghe della Wicca non vogliono assolutamente essere confuse con le streghe sataniste le quali adorano il diavolo mentre i Wiccan adorano il dio e la dea anche se esistono delle correnti della Wicca che adorano esclusivamente la dea. Non esiste nessun dubbio che i Wiccan hanno ottenuto notevoli successi nel loro tentativo di riabilitare e rivalutare la figura della strega anche perché si è creato nella società contemporanea un clima psicosociologico che favorisce tale tentativo messo in atto dai Wiccan. Per fare un esempio concreto il parlamento catalano ha approvato una risoluzione per la riabilitazione di circa un migliaio di donne giudicate sotto l’accusa di stregoneria tra il 15-18 secolo. Prof. Giovanni Pellegrino Read the full article
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Gisèle Freund, fotografa
https://www.unadonnalgiorno.it/gisele-freund-fotografa-attivista-antinazista/
Gisèle Freund è stata una delle più grandi fotografe del Novecento. Attivista e pioniera del fotogiornalismo e dei diritti delle donne, ha registrato le vicende umane e politiche del secolo breve con la sua inseparabile compagna, una Leica regalatale dal padre. La sua fotografia è stata militanza e impegno. Nata a Berlino il 19 dicembre 1908, in una famiglia di origini ebree, crebbe in un ambiente intellettualmente molto stimolante. Suo padre era un appassionato collezionista d’arte che le aveva trasmesso l’amore per la bellezza. Ha studiato storia dell’arte e sociologia a Francoforte, dove è stata allieva di Adorno.
Il socialismo, la militanza, abbracciata sin da giovanissima, ha condizionato il suo sguardo e il modo di ritrarre la realtà.
Traduttrice del reale, ha ritratto l’ascesa del Terzo Reich, la Berlino in piena crisi economica, la disperazione, la fame, le ingiustizie.
Nel 1933, per sfuggire al nazismo, venne costretta a trasferirsi a Parigi, dove la sua passione per la fotografia divenne il suo mestiere.
I suoi ritratti hanno fatto la storia della letteratura e della fotografia.
A Parigi ha anche conseguito il dottorato di ricerca alla Sorbona, uno studio sociologico sulla fotografia in Francia nel XIX secolo.
Ha iniziato, quasi da pioniera, a utilizzare la pellicola da 35mm a colori per i suoi famosi ritratti a personaggi come Jean Cocteau, Colette, Simone de Beauvoir, Marcel Duchamp, T.S. Eliot, André Gide, James Joyce e Virginia Woolf.
A renderla famosa era stato però il suo reportage Northern England, pubblicato sulla rivista LIFE, che mostrava la povertà nell’Inghilterra negli anni successivi alla Grande Depressione. Il servizio, realizzato a colori, era cosa inedita per un magazine dell’epoca.
Costretta di nuovo a fuggire, allo scoppio della Seconda guerra mondiale, dopo l’arresto di suo marito per motivi politici, si è trasferita a Buenos Aires.
Tornata a Parigi nel 1947 si era unita alla famosa agenzia Magnum, che ha poi lasciato a causa delle sue opinioni politiche.
Durante una lunga permanenza in America Latina, è scaturito un famoso reportage su Juan e Evita Peron, pubblicato su Life nel 1950 e vissuto in Messico, dove è diventata amica di Frida Kahlo e Diego Rivera.
Donna di grande sobrietà e modestia, nonostante la sua fama e successo, spirito indipendente, sempre coerente con le sue idee, Gisèle Freund è stata una fotografa coraggiosa e anticonformista che si è mossa con destrezza tra ritratti e reportage.Ha analizzato la società in ogni aspetto, col suo sguardo, attento e profondo, ci ha lasciato immagini che hanno fatto la storia.Il suo lavoro si può sintetizzare in una sua bellissima frase:Se non ti piacciono gli esseri umani, sicuramente non puoi realizzare dei buoni fotoritratti.
Nel 1968 il Musée d’Art Moderne di Parigi le ha dedicato una mostra antologica.
È stata insignita delle nomine di Officier of Arts et Lettres nel 1982 e Chevalier de la Légion d’Honneur nel 1983.
Un’ampia retrospettiva della sua opera è stata allestita al Centre Pompidou, nel 1991.
Tra i numerosi libri pubblicati si ricordano James Joyce in Paris: His Final years (1965) e Photographie et société (1974).
È morta il 31 marzo del 2000 a Parigi.
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Cos'è il PTSD complesso?
Il PTSD complesso (Disturbo Post-Traumatico da Stress Complesso) è una forma di trauma psicologico che si sviluppa in risposta a esposizioni prolungate e ripetute a eventi traumatici, spesso in un contesto in cui la vittima si sente intrappolata o impotente. È distinto dal PTSD classico, che di solito si verifica dopo un evento traumatico singolo.
Sintomi principali del PTSD complesso includono:
Disregolazione emotiva: difficoltà a controllare rabbia, tristezza, ansia.
Alterazione dell'autostima: sentimenti di colpa, vergogna, o inutilità.
Difficoltà nelle relazioni interpersonali: problemi a fidarsi o a costruire legami stabili.
Ricordi intrusivi: flashback e incubi.
Evitamento: tendenza a evitare situazioni, persone o ricordi legati al trauma.
Sintomi somatici: dolori cronici o disturbi fisici senza cause mediche evidenti.
Cause principali del PTSD complesso
Abusi fisici, emotivi o sessuali prolungati (spesso durante l'infanzia).
Traumi relazionali in contesti familiari o comunitari.
Detenzione in prigionia, schiavitù, o contesti coercitivi.
Libri in italiano sul PTSD complesso
Ecco alcune letture fondamentali disponibili in italiano:
“Il corpo accusa il colpo” di Bessel van der Kolk
Un libro molto noto che esplora l'impatto del trauma sul corpo e sulla mente e introduce tecniche per guarire.
“Traumi e dissociazione” di Onno van der Hart, Ellert R. S. Nijenhuis e Kathy Steele
Approfondisce le basi del trauma complesso e come si manifesta.
“Guarire dal trauma e dall'abuso” di Pete Walker
Un testo pratico per comprendere il PTSD complesso e lavorare su di esso.
“La mente traumatizzata” di Judith Herman
Esamina come i traumi, soprattutto quelli complessi, influenzano le vittime e suggerisce approcci per la guarigione.
“Trauma e memoria” di Peter A. Levine
Esplora come i ricordi traumatici influenzano la vita quotidiana e come affrontarli.
Etimologia di PTSD
PTSD è l’acronimo di Post-Traumatic Stress Disorder, che in italiano si traduce come Disturbo da Stress Post-Traumatico.
Origine del termine:
"Post": dopo.
"Traumatic": derivato dal greco trauma (τραῦμα), che significa "ferita" o "danno".
"Stress": originato dal latino strictus, che significa "stringere" o "tensione".
"Disorder": dal latino disordinare, ossia "fuori ordine".
Il termine PTSD è entrato nel linguaggio clinico ufficiale con la pubblicazione del DSM-III (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) nel 1980.
La storia del trauma: dagli antichi ai giorni nostri
Antichità
Gli antichi greci riconoscevano l'impatto della guerra e del trauma emotivo. Erodoto e altri scrittori descrivevano soldati con “cuore tremante” e sintomi compatibili con il PTSD.
La medicina ippocratica attribuiva i disturbi emotivi a uno squilibrio tra i quattro umori corporei.
Medioevo e Rinascimento
Il trauma veniva spesso interpretato come possessione diabolica o punizione divina. Le cure includevano esorcismi e preghiere.
Leonardo da Vinci, nei suoi studi anatomici e psicologici, ipotizzò connessioni tra il trauma fisico ed emotivo.
XIX secolo
Durante la Guerra Civile Americana si parlava di "nostalgia" o "nevrosi da battaglia" per descrivere i sintomi dei soldati.
In Inghilterra, dopo incidenti ferroviari, comparve il concetto di sindrome da shock ferroviario.
XX secolo
Prima e seconda guerra mondiale:
Il trauma psicologico dei soldati veniva chiamato "shell shock" (shock da bombardamento) o "nevrosi di guerra".
Anni '70:
Il movimento femminista portò all’attenzione pubblica il trauma legato a violenze domestiche e abusi sessuali.
La guerra del Vietnam accelerò il riconoscimento del PTSD come condizione clinica.
Oggi
Il PTSD complesso è riconosciuto come una condizione distinta nel manuale ICD-11 (OMS, 2018), anche se il DSM-5 non lo distingue dal PTSD standard.
La comprensione del trauma si è estesa a molti ambiti, dalla neurobiologia alla psicologia somatica, grazie a ricerche di autori come Bessel van der Kolk e Peter Levine.
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Che Putin “è solo l’ultimo capo di stato russo che vede l’Ucraina come una moglie fedifraga che vuole abbandonare il tetto coniugale, e che non va solo riportata a casa, ma anche dissuasa una volta per sempre dal riprovarci – per questo l’ha invasa”. Che “rossi e bruni apparentemente divergono nella visione della società ma sono fraterni compagni di strada nell’unica cosa a cui tengono davvero: combattere le democrazie occidentali” (puntuale ritratto dell’andamento elettorale tedesco). Che in Ucraina “è successo l’esatto opposto di quanto accadde in Iraq o in Afghanistan…, che lì ha prodotto stati falliti o peggiori di quelli di prima”, e qui avviene “grazie a” Putin. Che una scrittrice, con un impegno femminista, eurocomunista, libertario, antifascista e anticolonialista, di fronte all’invasione si chiede – no, chiede: “Che cosa c’è da capire?”.
Con tutto il rispetto, avrei voluto soprattutto abbracciarla quando, alla fine del libro, Francesca Melandri ha raccontato il proprio amore per la steppa mongola, il gran viaggio in cui fu lei capocarovana, come usa là, a cavalcare in testa con le redini in una mano e la corda del capo-cammello nell’altra. Il presidente della Federazione mondiale mongola che nel settembre 2022 si rivolse ai mongoli tuvani, calmucchi, buriati usati come carne da cannone: “Non sparate agli ucraini. Non uccidete la loro libertà”; e colonne di cittadini mongoli della Federazione russa riparavano oltre il confine accogliente della Mongolia.
Melandri ha avuto il tempo di seguire nel suo racconto la gara delle guerre degli odii e delle viltà che sembrano essersi date appuntamento e stanno per scadere, il 7 ottobre e la carneficina e le macerie di Gaza e il sarcasmo sulla mediocrità costretta a farsi eroica: non a registrare quello che immagino un vero colpo al suo cuore, la visita di Putin in Mongolia, la prima in un paese aderente alla Corte penale internazionale, che lo ha accolto “come uno zar” nella piazza centrale di Ulan Bator dedicata a Gengis Khan. Anche la Mongolia “ha bisogno del gas”.
I libri durano poco, al giorno d’oggi. Mi dispiace di essere già in ritardo, ne ho scritto in fretta. Romanzo, libro di storia, orazione civile politica e polemica, è un gran libro, non è fatto per carezzare il pelo: non mancatelo. "Piedi freddi", Bompiani, 260 pp., 17 euro.
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Piante in fiore e città sommerse, Libri in breve Scienziati perduti della seconda guerra mondiale Quando la Germania nazista si militarizzò dopo il 1933, il Regno Unito offrì un accordo a più di 1.000 studiosi europei minacciati. Questo studio condotto da David Clary racconta le storie di 30 di quegli “scienziati perduti”. Ansia climatica e la questione dei bambini Jade Sasser, studiosa di studi di genere, ha scritto un libro basato sulla sua indagine nazionale sul fatto che l’ansia climatica stia influenzando le decisioni sulla procreazione. Il suo obiettivo è sensibilizzare e incoraggiare la ricerca su questo argomento. Foresta senza sentieri Chris Thorogood esplora la Rafflesia, un genere di
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“AI GENITORI DAVAMO DEL VOI”, ROMANZO PRESENTATO ALL’IC CAIATINO
Scritto dal già preside Pasquale Buonomo, scomparso due anni fa, in piena emergenza Covid
CAIAZZO - Un libro scritto in tempo di Covid per rafforzare l'identità e il senso di appartenenza, un modo per rifugiarsi nei ricordi quando tutto era fermo, e per ricomporre il mosaico di un mondo che non c’è più, fatto di rispetto, timidezza, pudore. “Ai genitori davamo del voi” di Pasquale Buonomo è stato presentato nell’Aula Magna dell’Istituto Comprensivo Caiatino di Caiazzo, alla presenza di studenti e docenti di alcune classi della Secondaria di I grado, della dirigente Silvana Santagata e dei familiari dello scrittore. Un libro che rappresenta il cassetto dei ricordi di Pasquale Buonomo, già preside originario di Alvignano trasferitosi a Bergamo dopo gli studi universitari; un romanzo che si sviluppa dai primi decenni del secolo scorso fino agli anni 50, pensato e scritto quando c’era il lockdown, in piena pandemia, quando tra l’altro Bergamo fu tra le città più colpite dall’emergenza. L’autore ricorda il suo passato, la sua famiglia e scrive di Domenico, uno dei personaggi principali, che non è altro che la storia di suo padre. Una testimonianza di un tempo che, diversamente, andava perduta; un libro che preserva il ricordo di un uomo, dei. suoi studi, del suo lavoro in una fabbrica di mattoni, del suo talento musicale come autodidatta, della sua curiosità e del suo interesse per i mestieri di un tempo. Un racconto incentrato in un contesto storico tragico, (siamo tra la prima e la seconda guerra mondiale), quando si viveva un bullismo classista, quando era difficile conquistare un’amicizia.
La partenza per il fronte, il matrimonio con Maria, le lettere scritte e ricevute tramite altri, le abitudini, le tradizioni (la scartocciatura delle pannocchie e il racconto di storie davanti al focolare), la famiglia patriarcale, la laboriosità e il senso del dovere, la condizione subalterna della donna, il lavoro nella ‘puteca’, del bar (punto di ristoro e di pettegolezzi), il contatto curativo e lenitivo con la natura e il paesaggio. Flashback di un romanzo riferiti alla platea dalla curatrice della prefazione Renata Montanari de Simone che aggiunge “un testo in cui si ricavano valori universali e l’attaccamento alle radici”. Renata Montanari è di origine romagnola. Ha vissuto a San Severo, dove ha completato gli studi classici. Si è laureata in Lettere Classiche presso l’Università degli Studi di Bologna ed in Lingue e Letterature Straniere Moderne presso l’Ateneo di Urbino.Risiede a Caserta dove è stata docente di Italiano e Latino al Liceo Classico “P. Giannone”.
Ha pubblicato saggi di carattere storico e traduzioni dal latino prima di dedicarsi alla poesia ed alla narrativa. Nel 2007 ha ottenuto il Premio speciale della critica al Concorso Nazionale “Mercedes Mundula” di Cagliari col saggio “La donna tra ragione e sentimento: testimonianze letterarie”. Collabora con varie associazioni culturali e dal 1999 ha istituito a Caiazzo un Laboratorio di cultura letteraria presso il Centro di Promozione Culturale “F. de Simone”.
“Leggete tanto e non concentratevi troppo sui cellulari – ha aggiunto Rita Buonomo, sorella dell’autore scomparso due anni fa, accompagnata dalla figlia avvocatessa e assessore del Comune di Alvignano Luisa De Matteo – io che non ho potuto studiare ho imparato tante cose dai libri di mio fratello”. “Un messaggio attuale – chiude la preside Santagata – sull’importanza della rievocazione e sulla riscoperta dei mestieri in un momento drammatico, ora come allora, se pensiamo alla guerra e alle tensioni internazionali in corso. Un libro che è una lezione di storia del nostro territorio”.
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Per la prima volta in Italia esce per i Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno, RE EZRA di Michael G. Stephens
Per la prima volta in Italia esce per i Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno, RE EZRA di Michael G. Stephens. Per la prima volta in Italia esce per i Quaderni del Bardo Edizioni di Stefano Donno, RE EZRA di Michael G. Stephens. M. G. Stephens ha scritto un romanzo su una delle figure più controverse del movimento modernista: Ezra Pound. Durante la seconda guerra mondiale, Ezra Pound lavorò come propagandista per i fascisti italiani, aiutando la loro causa con le sue regolari trasmissioni radiofoniche. Questa attività portò Pound a essere accusato di tradimento, anche se non fu mai processato per questo. Invece, fu internato per oltre un decennio in un ospedale psichiatrico di Washington, D.C. King Ezra porta il lettore dall'incarcerazione di Ezra Pound da parte dell'esercito statunitense dopo la seconda guerra mondiale fino ai suoi ultimi giorni a Venezia nei primi anni '70. M. G. Stephens attinge alle sue riserve letterarie come poeta, scrittore di narrativa e drammaturgo per raccontare questa tragica storia di un genio imperfetto. La prosa di Stephens può essere veloce e idiomatica o introspettiva e contemplativa, ma è sempre vivida, coinvolgente e sorprendente. "Aveva percorso a piedi la Provenza, da giovane; certo poteva camminare da Roma alle Alpi italiane, malgrado la distanza. Ma il viaggio era improvvisato, ricco di impulsività (si legga: irriducibile indifferenza per il dolore che poteva arrecare a lui, o ad altri) e se lo fece a piedi, saltellando, alle volte, smentendo la propria età (era quasi sessantenne), con gli abiti stracciati, ma del resto tutti avevano abiti stracciati. C'era la guerra, e l'Italia non se la passava bene. L'esito era dubbio. Il nuovo governo s'era insediato a Salò, sulle sponde del Lago di Garda. Lui aveva una mappa. Ma una mappa non era il territorio, pensò. (...)" MG Stephens ha pubblicato 25 libri, inclusi i romanzi Season at Coole e The Brooklyn Book of the Dead. Il 2022 segna il 50° anniversario della pubblicazione di Season at Coole per E.P. Dutton. L'anno precedente (2021), MadHat Press aveva pubblicato l'opera ibrida (prosa e poesia) in cui MG Stephens ha scritto su un attore disoccupato che ottiene la parte di Amleto, il cui titolo è: History of Theatre or the Glass of Fashion. MG Stephens ha ricevuto lodi da romanzieri come Hilma Wolitzer e Richard Price, nonché da poeti come George Szirtes e Michael Anania. I suoi libri di saggistica includono il memoir di viaggio Lost in Seoul (Random House, 1990) e la raccolta di saggi Green Dreams, vincitrice del premio AWP per la saggistica, successivamente selezionata da Joyce Carol Oates come uno dei 100 più importanti libri di saggistica americani del 20° secolo. La sua commedia Our Father è andata in scena a Theatre Row (42° Strada, a New York) per oltre cinque anni è stata più volte rappresentata a Londra, Chicago e Los Angeles. Nel 2001, Stephens si è trasferito all'estero, a Londra, dove ha vissuto per quindici anni. Durante quel periodo è stato attivo sui palcoscenici di Londra e ha prodotto spettacoli per il Pentameters Theatre nel nord di Londra (Hampstead) e per il Bread & Roses Theatre nel sud di Londra (Clapham). Tutti i suoi titoli li ha conseguiti dopo i trent'anni, incluso un dottorato presso l'Università dell'Essex a Colchester, in Inghilterra, che gli è stato assegnato all'età di 60 anni. Prima di trasferirsi all'estero, Stephens ha insegnato seminari di scrittura creativa a Princeton, New York e alla Columbia University; a Londra, ha insegnato all'Università di Londra (Queen Mary). Insieme al suo romanzo King Ezra, Spuyten Duyvil ha recentemente pubblicato il suo terzo romanzo sulla famiglia Coole, Kid Coole, incentrato su un giovane pugile, peso piuma, emergente della Hudson Valley a New York. Season at Coole, The Brooklyn Book of the Dead e Kid Coole costituiscono la Coole Trilogy.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Ma oggi capisco che di fronte alla morte non si riflette e ci si chiude solo in se stessi.
Ad Auschwitz ho imparato il perdono; Eva Mozes Kor.
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"Hotel Angela" di Silvano Adami: un viaggio tra amore, amicizia e memoria
Un romanzo che intreccia generazioni, valori e il potere dei ricordi
Un romanzo che intreccia generazioni, valori e il potere dei ricordi Con il suo nuovo libro “Hotel Angela”, pubblicato nella collana “I Diamanti della Narrativa” di Aletti editore, Silvano Adami regala al lettore una storia carica di emozioni, valori universali e riflessioni sulla memoria. L’autore, già noto per la sua capacità di trasmettere messaggi profondi, torna a incantare con un’opera che…
#Alessandria today#Aletti Editore#Aletti I Diamanti della Narrativa#Amore e amicizia#Firenze e Prato romanzo#Google News#Hotel Angela libro#Hotel Angela recensione#italianewsmedia.com#letteratura italiana#Libri 2024#libri di valori#libri generazionali#libri sui ricordi#libri sulla memoria#narrativa contemporanea#narrativa emozionale#narrativa italiana#narrativa storica italiana#narrativa sul potere del ricordo#narrativa sul tempo#narrativa Toscana#narrazione storica Toscana#Pier Carlo Lava#romanzi emozionali#romanzi generazionali#romanzi storici#romanzo empatico#romanzo Seconda Guerra Mondiale#Silvano Adami
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In questi giorni di tensioni internazionali altissime, si richiama più volte la via diplomatica alla risoluzione delle tensioni al confine ucraino. Diplomazia deriva da diploma, un foglio di carta piegato a due (dal greco diploos, doppio) che attestava la legittimazione dell’ambasciatore al sovrano.
Mark Kurlansky è un giornalista e scrittore americano dell’International Herald Tribune. Ha scritto dei libri molto singolari sul sale (Sale. Una Biografia, Rizzoli 2003), sul 1968, sulla non violenza, e uno sul merluzzo (Il Merluzzo. Storia del pesce che ha cambiato il mondo, Mondadori 1999) bestseller internazionale tradotto in decine di lingue.
Quello che ho letto io si lega alla diplomazia, perchè racconta, con dovizia di particolari e in modo molto suggestivo, la storia della carta. Kurlansky parte da un concetto semplice: la tecnologia è un’applicazione pratica di una conoscenza, ma non è essa stessa che forma la società, è la società che sviluppa una tecnologia per affrontare dei cambiamenti, in risposta ad una esigenza. La carta nasce in Cina, non si sa bene quando, ma nel 2 secolo a.C. i cinesi erano già padroni di tecnologie e tecniche per produrne in grande quantità: ma la carta in Cina era usata per lo più per imballare le cose, un po’ per esigenze pratiche un po’ perchè la scrittura cinese mal si prestava all’uso di un supporto leggero, economico per scriverci i laboriosi ed affascinanti caratteri. Di lì è un susseguirsi di leggende: monaci buddhisti la portano in Giappone, i giapponesi ne diventeranno maestri, tanto che la tecnica della carta washi, fatta a mano con le stesse tecniche millenarie, è patrimonio dell’Umanità (sebbene ne siano sempre meno i capaci a produrla); dei mercanti arabi fanno prigionieri dei monaci, che tramandano le tecniche, gli arabi la esportano in tutto il Mediterraneo, e per centinaia di anni ne sono esclusivi padroni. Nel 1200, Ancona è sotto assedio dei saraceni, che si stabiliscono in accampamento a Fabriano: lì insegnano ai cittadini le tecniche per la preparazione della carta, dagli stracci di lino e cotone dei vestiti, e i fabrianesi ben presto inventeranno il maglio idraulico per rendere polpa le fibre, la filigrana sulla carta, usata ancora adesso, e la risma, che anche all’epoca era di 500 fogli. In un susseguirsi meraviglioso, la carta entra come protagonista nelle riforme filosofiche e politiche: la Riforma Luterana e la Controriforma Romana fu la prima battaglia ideologica giocata anche sulla diffusione della carta, gli Illuministi stampano l’Enciclopedia sulla carta istituzionalizzando la diffusione del sapere sul mezzo scritto rispetto all’oralità, la carta è uno dei settori trainanti della rivoluzione industriale, prima come utilizzatrice degli scarti tessili, dopo, con la nascita dell’Industria pesante, come industria dei giornali, dei libri, del divertimento. Senza contare che fino alla seconda guerra mondiale metà delle cartucce militari erano fatte di carta. E per la carta sono iniziate le battaglie sulla salvaguardia dell’ambiente (per l’uso del legname come fonte primaria e dei residui chimici delle lavorazioni sversate nei fiumi). Si scopre in questo saggio che praticamente quasi ogni cosa che conosciamo ha avuto a che fare con la carta, e nell’era ipertecnologica ci sono ancora settori inscalfibili per la carta: ancora oggi non c’è nessun sostituito alla carta per le fotocopie che faccia breccia sul mercato, e il tentativo a metà riuscito dell’e-book di sostituire il libro ha frenato molti all’introduzione di qualcosa che sostituisca la carta. Kurlansky percorre la storia della civiltà attraverso le tecniche, le abitudini, le innovazioni che sono legate a questo bianco amico della nostra vita, che ci accompagna nei momenti più svariati.
Leonardo da Vinci ha lasciato poche opere pittoriche, ma migliaia su fogli di carta. Tra l’altro la carta usata da Leonardo è ancora perfetta, in quanto essendo fatta da stracci non ha lignina, che nei fogli più moderni tende a rendere i fogli più scuri (ed è il motivo per cui la carta per centinaia di anni è candeggiata, sia per renderla bianca sia per eliminare la lignina). Il suo autoritratto più famoso è su carta. A ricordarci la grandiosità di un oggetto semplice, ma essenziale nella storia dell’umanità.
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La mia top ten dei film di Keanu Reeves e i libri da cui sono stati tratti
La mia personale top ten di questo stupendo (fuori e dentro) attore:
1. Speed
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Trama:Nella città di Los Angeles due agenti della SWAT (squadra speciale anticrimine), Jack Traven (Keanu Reeves) e Harry Temple, sono impegnati a disinnescare un ordigno piazzato da un terrorista in un ascensore pieno di persone. Dopo aver mandato in fumo il piano dell’attentarore, che sperava di ottenere dallo Stato un ingente riscatto in cambio della vita degli ostaggi, i due poliziotti partono immediatamente all’inseguimento del terrorista, identificato successivamente come Howard Payne (Dennis Hopper). Quest’ultimo, pur di non essere catturato, fa esplodere una bomba fingendo di morire durante l’esplosione. Un paio di giorni dopo, il dinamitardo, sopravvissuto alla deflagrazione, contatta Jack su un telefono pubblico informandolo della presenza di una bomba simile su un altro autobus pronta ad armarsi al raggiungimento delle 50 miglia orarie (80 km / h) e ad esplodere al di sotto della medesima velocità. Questa volta il terrorista richiede un riscatto maggiore minacciando di far saltare l'autobus se i passeggeri dovessero scendere. Fortunatamente Jack riesce a salire sull'autobus in movimento, ma si accorge che l’ordigno si è già attivato essendo stata raggiunta la velocità prevista per l'esplosione. La situazione si complica ancor di più quando un piccolo criminale presente nell'autobus, temendo che Jack stia per arrestarlo, spara ferendo accidentalmente l’autista. Prontamente un altro passeggero, Annie Porter (Sandra Bullock), si mette alla guida del mezzo ma Jack deve trovare velocemente una soluzione: non c’è alcuna certezza che Payne, ricevuti i soldi, non faccia comunque saltare il mezzo e presto l’autobus si fermerà...
La mia opinione: Questo film lo riguardo spessissimo, all’apparenza è un semplice film d’azione, ma se ci si bada è scritto benissimo e recitato benissimo e i protagonisti hanno gran chimica. Da rivalutare. Ha superato Matrix in questa classifica solo perchè lo riguardo più spesso in quanto è meno impegnativo di una trilogia e meno denso di contenuti, e a volte uno vuole solo rilassarsi davanti alla tv.
2. Matrix (la trilogia)
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Trama: Seguendo un tatuaggio sulla spalla di una ragazza, l'hacker Neo scopre che la cosiddetta 'realtà' è solo un impulso elettrico fornito al cervello degli umani da un'intelligenza artificiale. La Terra era sopravvissuta alla catastrofe ma l'umanità ha avuto bisogno delle macchine per sopravvivere. E queste hanno vinto. Ma le macchine necessitano degli uomini e della loro energia. L'illusione in cui li fanno vivere è finalizzata a 'coltivarli' meglio. Nessuno è a conoscenza del tempo che è passato da quando il neurosimulatore ha assegnato una data fittizia al tempo. Solo Neo, con l'aiuto del pirata informatico Morpheus e della bella Trinity, può tentare di scoprire la verità. Ma non sarà facile.
La mia opinione: Non c’è bisogno di giustificare questa scelta, qui si parla di film che hanno fatto storia e basta. Ma l’avrebbero fatta senza Keanu nel ruolo?
3.Constantine
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Trama: basato sulla serie di fumetti Hellblazer edita da Vertigo, etichetta della DC Comics. John Constantine nasce col potere che gli consente di vedere tra gli umani angeli e demoni che si occultano tra noi. Spaventato dal suo potere si suicida, ma verrà riportato in vita e costretto a guadagnare il perdono divino, che ad un suicida di norma non è concesso, spedendo nel loro mondo i demoni che infestano la terra.
La mia opinione: Ho sempre trovato iconico Keanu in questo film, lui per me è Constantine, e basta.
4. Johnny Mnemonic
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Trama: liberamente tratto dal racconto Johnny Mnemonico di William Gibson (raccolto in La notte che bruciammo Chrome). Johnny è un corriere neurale, un uomo con un impianto nel cranio che gli consente di usare il suo cervello come un hard disk. Per fare spazio si è fatto cancellare i ricordi della sua infanzia ed ha raddoppiato la capacità della sua memoria con una espansione, ma la massa di dati che per una grossa somma ha accettato di recapitare supera i suoi limiti, e lo porterà alla morte se non sarà in grado di scaricarla entro breve tempo. Ciò che Johnny ignora è che sta trasportando la formula criptata della cura del male del secolo, il NAS (Sindrome da Attenuazione del Sistema Nervoso), trafugata da alcuni ricercatori della Pharmakom che vogliono renderla pubblica. Ma l'azienda farmaceutica che ne è proprietaria è intenzionata invece a trarne il massimo profitto, ed ha incaricato la Yakuza di recuperarla a qualsiasi costo. Accompagnato dalla bella Jane, guardia del corpo contagiata dal NAS, ed inseguito dai sicari giapponesi che dopo aver trucidato gli scienziati ribelli vogliono ora letteralmente la sua testa, Johnny trova rifugio tra i Lotek, e nella loro base riesce
La mia opinione: Film di fantascienza che visivamente è invecchiato molto, ma come idea è ancora attualissimo.
5. Le riserve
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Trama: Quando nel 1987 i giocatori professionisti indissero uno sciopero, la NFL (National Football League) decise di rimpiazzarli con semiprofessionisti e dilettanti della palla ovale per non danneggiare gli interessi di società e sponsor. A Washington D.C. il presidente (Warden) della squadra (immaginaria) dei Sentinels affida a un allenatore in pensione (Hackman) il compito di improvvisare una squadra di rimpiazzi tra cui spicca Shane Black (Reeves), quarterback fallito che fa il lavoratore portuale.
La mia opinione: Perchè Keanu dove lo metti sta bene, in qualsiasi genere di film persino uno ironico sportivo.
6. La casa sul lago del tempo
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Trama: Se si domanda a Kate Forster (Sandra Bullock) quale sia la casa della sua vita, la donna non ha dubbi: la casa sul lago, quella che ha dovuto lasciare per trasferirsi a Chicago per lavoro. Prima di andare via, Kate decide di lasciare nella cassetta delle lettere un biglietto indirizzato all'inquilino successivo. Si tratta di Alex Wyler (Keanu Reeves), un architetto di talento ma frustrato, che va a vivere lì per progettare un condominio nelle vicinanze. Tra i due comincia uno scambio epistolare molto intenso che sfocia in una bellissima storia d’amore a distanza. La donna dà appuntamento ad Alex, che però non si presenta, spezzandole il cuore. Cosa c’è dietro questo incontro mancato? Kate e Alex scopriranno un’amara verità: non vivono nello stesso spazio temporale. Lui data le sue lettere 2004 mentre lei scrive nell'anno 2006. Il mistero della casa sul lago troverà una soluzione quando Kate conoscerà la sola persona che la lega ad Alex...
La mia opinione: Non sono una gran fan dei viaggi nel tempo nei film, ma qui torna la coppia Keanu/Sandra Bullock di Speed, perciò mi piace di riflesso.
7. Point break
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Trama: Johnny Utah è un nome noto tra gli youtubers appassionati di sport estremi. È famoso per non aver mai avuto paura di nulla e per la tragedia che lo ha colpito e allontanato dal giro. Spinto dalla volontà di entrare nel FBI, per dimostrare le proprie capacità investigative, Johnny ritorna nell'ambiente e riesce a farsi coinvolgere dal gruppo di atleti estremi capeggiato da Bodhi. È convinto che siano loro i responsabili di alcune tra le più spettacolari rapine degli ultimi tempi, così come è convinto di aver intuito il loro piano: portare a compimento le "otto prove di Ozaki", un percorso verso l'illuminazione spirituale che spinge la sfida fisica oltre gli umani limiti.
La mia opinione: Non ho mai amato alla follia questo film, ma resta veramente un gran bel film oggettivamente con Keanu forse all’apice della sua bellezza.
8. Molto rumore per nulla
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Trama: ispirato all'omonima commedia di William Shakespeare, ambientata a Messina alla fine del 1500. Tutto ha inizio quando alla corte di Leonato fa ritorno da una battaglia il principe Pedro d’Aragona (Denzel Washington), che assiste alla promessa d’amore tra Hero (Kate Beckinsale), figlia del cortigiano, e il conte fiorentino Claudio (Robert Sean Leonard), presto suo futuro marito. Tutto procede al meglio, tra intrighi e tranelli di corte ma soprattutto attrazioni fugaci, come quella tra Beatrice (Emma Thompson), nipote di Leonato, e il signor Benedetto da Padova (Kenneth Branagh), che si scontrano in astuti battibecchi divertenti, celando un forte interesse l’uno per l’altra. Mentre i preparativi per le nozze vanno avanti a gonfie vele, Don Juan (Keanu Reeves), il fratello del principe, decide di spezzare l’idillio tra i due amanti, architettando un piano che metterà fine alla loro storia d’amore. L’uomo riesce infatti a screditare la dolce Hero agli occhi del conte, facendogli credere che lei lo abbia tradito, concedendosi a qualcun altro prima ancora che al suo sposo.
La mia opinione: Perchè Keanu non solo è bravo e bello, ma sa pure fare il cattivo all’occorrenza, e poi è Shakespeare, che dire di più.
9. Il profumo del mosto selvatico
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Trama: Un soldato torna dalla seconda guerra mondiale e scopre che la moglie si è fatta una vita senza di lui. Si separano e lui, in cerca di se stesso torna a fare il commesso viaggiatore di cioccolato. Durante un viaggio incontra una ragazza incinta che non ha il coraggio di affrontare la famiglia. Lui accetta di fingersi il marito.
La mia opinione: Ok, non è forse la trama più innovativa del mondo, ma è un romance che funziona sempre e con Keanu ha qualcosa in più da offrire.
10. La notte prima
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Trama: Los Angeles. Il giovane Winston Connelly (Keanu Reeves) si sveglia confuso e disorientato in un vicolo della città e non si ricorda più dove si trova e quel che gli è successo. Poi, a pezzi, riaffiorano i ricordi: diretti in auto alla festa del liceo per la promozione, lui e la compagna Tara Mitchell (Lori Loughlin) si sono persi nei bassifondi, hanno fatto brutti incontri e si sono cacciati nei guai. Della ragazza però non c'è traccia, mentre un gangster locale gli ha dato appuntamento per una resa dei conti.
La mia opinione: Forse questo film lo conoscono in pochi. Vede protagonista un Keanu giovanissimo e dovrebbe essere adolecenziale, ma in realtà tratta temi pesanti, in modo assurdo e scanzonato come fosse tutto uno scherzo, e portandoli così oltre, da riuscire a farti ridere pur nelle perplessità. Lo metto in classifica perchè credo vada rivalutato e Keanu così giovane è così tenero.
Onorevole menzione per il film Reazione a catena, dove ritroviamo la coppia Keanu/Rachel Weisz che mi piace molto. Film d’azione un poco prevedibile, ma che funziona e che prova che la pettinatura attuale di Keanu non è alla John Wick, ma la portava già molto ma molto prima.
Libri da cui sono stati tratti alcuni dei film con Keanu Reeves:
La notte che bruciammo Chrome, di William Gibson (Da uno dei racconti di questa antologia è stato tratto il film Johnny Mnemonic)
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Trama: Raccolta di racconti cyberpunk ambientati in un mondo in cui assassine professioniste con protesi incorporate, tecnocrati e yakuza sono al servizio delle multinazionali, tutti alla ricerca di un'affermazione personale, costi quel che costi. Un mondo degradato e immiserito, in cui la nuova cultura dei computer e delle realtà virtuali sostituisce tutti i valori, dove non sembra più esserci spazio per concetti come amore, lealtà, benessere, amicizia.
Molto rumore per nulla, di William Shakespeare (da cui il film Molto rumore per nulla)
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Trama: Messina alla fine del 1500. Tutto ha inizio quando alla corte di Leonato fa ritorno da una battaglia il principe Pedro d’Aragona (Denzel Washington), che assiste alla promessa d’amore tra Hero (Kate Beckinsale), figlia del cortigiano, e il conte fiorentino Claudio (Robert Sean Leonard), presto suo futuro marito. Tutto procede al meglio, tra intrighi e tranelli di corte ma soprattutto attrazioni fugaci, come quella tra Beatrice (Emma Thompson), nipote di Leonato, e il signor Benedetto da Padova (Kenneth Branagh), che si scontrano in astuti battibecchi divertenti, celando un forte interesse l’uno per l’altra.
Enrico IV, di William Shakespeare (da cui si sono liberamente ispirati per il film Belli e dannati)
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Trama: La tragedia comincia durante il terzo anno di regno (siamo nel 1402) di re Enrico IV. Dopo aver deposto con l'aiuto di molti nobili Riccardo II, re Enrico si trova a dover fronteggiare il malcontento degli stessi nobili che lo hanno portato sul trono. Un altro grosso problema che il re deve affrontare è la vita dissoluta che suo figlio Enrico (futuro Enrico V) conduce facendosi accompagnare da personaggi come Falstaff. La tragedia è suddivisa in due parti : la parte I si conclude con la battaglia di Shrewsbury in cui buona parte dell'esercito ribelle è sconfitto, la parte II prosegue con la morte di re Enrico e l'ascesa al trono di Enrico V che contro ogni aspettativa conclude le lotte e rinnega il suo passato pronto ad essere re.
Dracula, di Bram Stoker (da cui il film Dracula di Bram Stocker)
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Trama: In Transilvania per concludere la vendita di una casa londinese al Conte Dracula, discendente di un'antichissima casata locale, il giovane agente immobiliare Jonathan Harker scopre che il suo cliente è una creatura di mistero e orrore... Dracula, archetipo delle infinite storie di vampiri narrate dalla letteratura e dal cinema, mette in scena l'eterna lotta tra il Bene e il Male, ma anche tra la ragione e l'istinto, tra le pulsioni più inconfessabili e il perbenismo non solo vittoriano.
Addio al padrone, di Harry Bates (racconto lungo contenuto nell’antologia Le grandi storie della fantascienza 2 curata da Isaac Asimov, da cui il film Ultimatum alla Terra)
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Trama: Un’astronave si materializza all’improvviso sulla Terra con a bordo un uomo e un robot gigantesco. L’uomo viene ucciso da un fanatico che vede in loro il demonio. Preoccupati delle reazioni del robot, si cerca di tenerlo sotto controllo e si onora in tutti i modi il morto. Il robot rimane immobile e inattivo di giorno ma di notte, scopre un giornalista, compie strani esperimenti tramite i quali tenta di riportare in vita l’uomo da ciò che si era registrato delle sue ultime parole pronunciate. Tutti naturalmente pensano che l’uomo morto fosse il padrone del robot… ma, invece, è esattamente il contrario.
Un oscuro scrutare di Philip K. Dick (da cui il film A scanner darkly)
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Trama: Los Angeles, 1994: una droga misteriosa, la sostanza M, invade il mercato seminando follia e morte. La sua origine è ignota, come la sua composizione e l'organizzazione che la diffonde. Bob Arctor, agente della sezione narcotici, si infiltra tra i tossici che ne fanno uso, per scoprire chi dirige le fila del traffico illegale: un abito speciale nasconde ai colleghi la sua identità e una sofisticata apparecchiatura elettronica gli consente addirittura di spiare se stesso nella sua nuova condizione di drogato. Bob giungerà alla verità solo dopo essere sprofondato nel buio e nella disperazione della dipendenza.
La zia Julia e lo scribacchino, di Mario Vargas Llosa (da cui il film Zia Julia e la telenovela)
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Trama: Vi si narra la vicenda o meglio la carriera, di Pedro Camacho, fecondissimo produttore boliviano d'intrecci (lo chiamano anche Balzac creolo) che, chiuso in una mefitica stanzetta, sforna trame melodrammatiche e truculente per un programma di feuilleton di Radio Lima. Tutti attendono con impazienza le puntate della sua fantasia, ma improvvisamente le differenti trame di appendice prendono a confondersi tra loro. Camacho è impazzito e sarà degradato a galoppino d'una rivista di sicuro fallimento. D'altro lato, ecco invece la storia di Mario, giovane aspirante scrittore attratto da questa curiosa macchina dell'immaginario che ci racconta una sua complicata storia: s'innamora di una zia vedova e più matura che finirà per sposare.
Piccolo Buddha di Gordon McGill (da cui il film Piccolo Buddha)
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Trama: Lama Norbu, anziano monaco buddhista tibetano scappato dal Tibet in seguito all'occupazione cinese, scopre che la probabile reincarnazione di lama Dorje, suo maestro e educatore del Dalai Lama, è stata trovata in Jesse, un bambino di Seattle
Le vite private di Pippa Lee, di Rebecca Miller (da cui il film La vita segreta della signora Lee)
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Trama: "Placida, altruista, intelligente, bella. Grande cuoca. Pippa è la moglie del grande editore ottantenne Herb Lee. Trent'anni più giovane di lui, completamente dedita da quasi altrettanti al grande leone dell'editoria, Pippa lo accompagna nella sua ultima imprevedibile decisione: trasferirsi da Manhattan a Marigold Village, un comprensorio per pensionati fuori città, fra i tagliaerbe rumorosi del quartiere residenziale e i caffè suburbani consumati in fretta la mattina. E da quella prospettiva percepita come una velata anticamera della morte, Pippa, come una Mrs Dalloway contemporanea, si sposta tra i ricordi pericolanti di una memoria incerta. Dietro l'immagine olimpica della donna perfetta del presente, compare all'improvviso la ragazza dall'infanzia sofferente che la fuga a New York e gli incontri con un'umanità variamente "spostata" mettono a rischio di naufragio. Fino all'incontro con Herb, che le regala l'agio, i figli, la sicurezza, la salvezza. Ma sarà stata davvero una fortuna incontrare quest'uomo?
Hollywood trema, di James Ellroy (dal racconto Sesso, lusso e soldi di questa antologia è stato adattato il film La notte non aspetta)
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Trama: E’ una Città degli angeli crudele e corrotta a fare da sfondo a questi racconti. In ''L'assassinio di mia madre'' Ellroy riprende il fascicolo dell'indagine sull'omicidio della madre, lo studia attentamente, osservando con cura le foto, anche le più orribili e impressionanti. In ''Dubbio letale'', un uomo viene ucciso durante una rapina in un negozio e un giovane afroamericano viene condannato alla pena di morte sulla base di una sola testimonianza oculare. Partendo dai dubbi di uno dei giurati, Ellroy costruisce un'investigazione parallela che ci conduce nel profondo orrore di un omicidio. O ancora, in ''Sesso, lusso e soldi'' l'autore ripercorre in modo personale quel ''gigantesco romanzo russo ambientato a Los Angeles'' che fu il caso O.J. Simpson.
Devil’s advocate, di Andrew Neiderman
da cui è statao tratto il film L’Avvocato del Diavolo, è purtroppo inedito in italiano.
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Gina Lollobrigida
https://www.unadonnalgiorno.it/gina-lollobrigida/
Gina Lollobrigida, La Lollo è stata una delle nostre attrici più conosciute a livello internazionale e una delle più belle dive di ogni tempo.
La sua passione per l’arte, l’indipendenza che l’ha sempre contraddistinta, la voglia di vivere e sperimentarsi, l’hanno accompagnata per tutta la sua lunga vita.
Diretta dai più grandi registi, ha recitato in oltre sessanta film accanto ai colossi del cinema come Vittorio De Sica, Vittorio Gassman, Burt Lancaster, Tony Curtis, Anthony Quinn, Frank Sinatra, Steve McQueen, Marcello Mastroianni, Yves Montand, Sandra Dee, Alec Guinness e molte e molti ancora.
Accantonate le scene per un lungo periodo, è stata anche un’affermata fotografa, fotoreporter e scultrice.
Numerosi sono stati i riconoscimenti artistici che le sono stati conferiti negli anni: oltre ad aver ottenuto la famosa stella sulla Hollywood Walk of Fame, anche se troppo in ritardo rispetto alla sua carriera, è stata premiata con un Golden Globe, sette David di Donatello, due Nastri d’argento e ha ricevuto una candidatura ai Premi BAFTA per il famoso film Pane, amore e fantasia.
Nacque a Subiaco, in provincia di Roma, il 4 luglio 1927, era figlia di un facoltoso produttore di mobili caduto in rovina durante la seconda guerra mondiale.
A diciassette anni ha debuttato a teatro in una commedia di Eduardo Scarpetta.
Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Roma mentre, per mantenersi agli studi vendeva caricature disegnate col carboncino e posava per i primi fotoromanzi, con lo pseudonimo di Diana Loris.
Aveva 18 anni quando è stata violentata da un calciatore della Lazio di cui non ha mai voluto rivelare il nome. Poco tempo dopo ha sposato Milko Skofic, medico sloveno che prestava servizio fra i profughi temporaneamente alloggiati a Cinecittà, sono stati insieme per vent’anni tra alti e bassi e hanno avuto un figlio Andrea Milko, nel 1957.
Dotata di una straordinaria bellezza, nel 1947 si è classificata terza al concorso di Miss Italia, dietro le future stelle del cinema Lucia Bosè e Gianna Maria Canale.
Al cinema ha iniziato dalla gavetta, è stata comparsa e controfigura, prima di ottenere piccoli ruoli di contorno e finalmente arrivare a recitare in film di successo che l’hanno consacrata una star internazionale, prima in Francia e poi negli Stati Uniti.
Tra gli altri, nel 1953 ha interpretato, al fianco di Vittorio De Sica, il personaggio della Bersagliera, premiato con il Nastro d’argento e candidato al BAFTA, in Pane, amore e fantasia di Luigi Comencini (Orso d’argento al Festival di Berlino).
Ha spesso raccontato aneddoti riguardanti i suoi rapporti buoni e conflittuali con alcune delle più grandi star della cinematografia internazionale.
Nella prima produzione televisiva a cui ha preso parte, nel 1972, è stata la Fata Turchina nel fortunato Le avventure di Pinocchio di Luigi Comencini, rimasta ancora nell’immaginario collettivo di intere generazioni.
In quegli anni ha gradualmente abbandonato lo schermo per dedicarsi alla fotografia. Ha ritratto personaggi come Paul Newman, Salvador Dalí, Henry Kissinger, Audrey Hepburn, Ella Fitzgerald, è rimasta alla storia l’intervista fatta a Fidel Castro del 1973. Ha pubblicato libri, reportage e esposto le sue sculture in tutto il mondo.
Negli anni ottanta è apparsa in varie importanti serie tv statunitensi, ma i suoi impegni come attrice si sono sempre più diradati, fatta eccezione per alcuni celebri cameo.
Nel 1996 è stata premiata con il David di Donatello alla carriera e nel 2006 ha ricevuto un riconoscimento speciale in occasione del cinquantenario del trofeo di cui era stata la prima vincitrice, nel 1956.
Il 16 ottobre 1999 è stata nominata Ambasciatrice di buona volontà della FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura.
Il 2011 l’ha vista, per la prima volta insieme sul grande schermo con Sophia Loren, considerata la sua storica rivale, nel documentario Schuberth – L’atelier della dolce vita.
Attiva anche politicamente, è stata candidata alle elezioni europee del 1999 in una lista di centro-sinistra, senza risultare eletta.
Anche molto in avanti con gli anni non ha mai smesso di far parlare di sé e della sua affermazione di libertà. Nel 2006 ha dichiarato a una rivista spagnola di volersi sposare con Javier Rigau dopo una relazione tenuta segreta per più di vent’anni: lei aveva 79 anni, lui 45. L’uomo che, successivamente ha sostenuto di essere il suo amante da quando aveva 15 anni, l’ha poi lasciata attraverso un comunicato del suo avvocato. In seguito, l’attrice ha dichiarato di essere stata sposata con l’inganno attraverso una falsa procura da lei firmata, una vicenda arrivata fino in tribunale.
Nel 2007 è stata nominata cittadina onoraria di Pietrasanta, dove aveva organizzato la sua prima mostra di scultura.
La sua vita intensa e incredibile si è interrotta il 16 gennaio 2023 a Roma, aveva 95 anni.
Piena di vita, si è sperimentata con successo in varie arti, sempre attenta al suo contemporaneo, è stata coinvolta in varie cause sociali.
Gina Lollobrigida è stata una delle ultime grandi dive, la sua incredibile bellezza si mescolava col suo talento e con un carisma che la rendeva quasi irreale, nonostante non nascondesse mai la sua grande umanità. Aveva un’aura che la rendeva magica e anche in vita sembrava eterna, il suo nome resterà scritto a caratteri cubitali nella storia del cinema mondiale.
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Ci hanno ridotti ‘zitti e buoni’ nella maniera più furba È finita da un pezzo l’epoca in cui si facevano stare “zitti e buoni” i cittadini grazie all’uso della costrizione e della censura o, al limite, della violenza. Almeno all’interno delle democrazie occidentali il nuovo paradigma del potere, affermatosi a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, prevede quello che McLuhan chiamava “brain washing” (lavaggio del cervello) come sistema principale di controllo e manipolazione degli individui. Il sociologo canadese si occupava di questi argomenti negli anni Sessanta del secolo scorso, analizzando principalmente i vecchi media (libri, giornali, radio, cinema, televisione analogica) e potendo disporre di studi in materia relativamente limitati. Oggigiorno siamo ad almeno un’era glaciale dal fenomeno studiato da McLuhan, se non altro perché la galassia delle tecnologie digitali e dei nuovi mezzi di comunicazione ha stravolto tutto. Però, sempre all’interno del nuovo paradigma di esercizio del potere riassumibile in questi termini: dal divide et impera (dividi e comanda con la forza) al “conforma e dirigi”. Sembra un paradosso: la nostra epoca della “rivoluzione dell’informazione” è anche quella in cui il lavoro di omologazione e manipolazione delle menti si rivela come il più agevole. Perché? Rispondo in maniera sintetica e riduttiva. Perché le modalità con cui i nuovi media veicolano il flusso enorme di notizie seguono tre stelle comete: velocità, superficialità, commercialità. Vediamo comparire in continuazione, sugli schermi dei nostri smartphone, notizie spesso false (perché l’accuratezza della fonte è un optional), aggiornamenti costanti che si contraddicono nel giro di pochi minuti, lanci di agenzia con titoli più o meno sensazionalistici, opinioni volutamente discordanti degli esperti di turno per alimentare il “dibattito” (ricordiamoci le dichiarazioni continue di virologi spesso in disaccordo anche con se stessi durante la pandemia). Tutto questo meccanismo da me malamente riassunto, deve per giunta rispondere a un’unica logica e un solo obiettivo, che non è certamente la corretta informazione verso il cittadino: la vendibilità della notizia, la sua visibilità, il successo misurato con la moneta virtuale ma potentissima dei “click” e dei “like”. Risultato: la maggior parte delle persone, anche per comprensibili ragioni di tempo e di impossibilità nel seguire l’enorme flusso di informazioni, bene che vada si limita a leggere i titoli e il sommario di un articolo, o meglio ancora le tre righe con cui quell’articolo viene presentato sul social network di turno. Tradotto: la nostra è l’epoca in cui siamo informati su tutto, ma non conosciamo quasi nulla. Esempio pratico: tutti siamo stati informati sullo “scandalo” del presidente turco che negò la sedia alla signora von der Leyen (Presidente della Commissione europea), più o meno tutti partecipammo alla giostra dell’”indignazione a comando” per l’ennesimo caso di misoginia, ma quasi nessuno sapeva di che cosa dovevano parlare quel giorno la massima carica europea e il “dittatore” turco (perché sì, l’Europa tratta coi dittatori…). È fin troppo facile comprendere che, se il meccanismo mediatico funziona così, risulta oltremodo agevole dirigere il dibattito pubblico e imporre l’agenda dei “fatti importanti”. In tempi recenti la filosofa Nancy Fraser ha parlato di un blocco egemonico che dirige il suddetto meccanismo, una sorta di “neoliberismo progressista” frutto dell’”alleanza di correnti mainstream dei nuovi movimenti sociali (femminismo, antirazzismo, comunità Lgbtq) da una parte, e grandi comparti della produzione artistica e dei servizi di fascia alta dall’altra (Wall Street, Silicon Valley e Hollywood)”. Ciò con il benestare di una Sinistra mondiale che, dopo il tracollo subìto e per nulla elaborato del 1989, ha in larga maggioranza benedetto questo tipo di alleanza, volendo così mascherare il suo aderire mani e piedi alle politiche neoliberistiche e, quindi, la sua rinuncia alla difesa dei diritti sociali. Che effettivamente vengono smantellati. Non è un caso che il teatrino mediatico proponga in continuazione argomenti “culturali” su cui far montare l’indignazione e il dibattito pubblico (discriminazione delle donne, razzismo, battaglie per il “gender”, eccetera), salvo oscurare la montante disuguaglianza sociale e la distruzione dei diritti dei lavoratori, oppure far dimenticare le denunce gravissime di Assange, Manning e Snowden su quanto i governanti abbiano strumenti efficacissimi per controllare i governati (e non viceversa, come dovrebbe avvenire in democrazie sane). È lo stesso teatrino che ha riguardato il gruppo dei Måneskin in questi giorni. Tanto fumo e polemiche montate ad arte sulla presunta questione della droga, a cui aggiungere i soliti progressisti che hanno discettato sulla carica sessualmente emancipativa e inclusiva del mondo di vestirsi di Damiano (sic). Ma nessuno che abbia sottolineato come per diventare un gruppo rock di successo, oggigiorno devi consegnarti mani e piedi alle grandi major dell’industria musicale, abilissime nel costruirti anzitutto l’immagine secondo le dinamiche di cui sopra. Gli ultimi italiani a vincere l’Eurovision furono Nilla Pizzi e Toto Cutugno. Se anche il rock ha dovuto arrendersi alla logica dominante, economica e politica al tempo stesso, allora dovrebbe esserci chiaro che ci hanno ridotti “zitti e buoni” nella maniera più furba. Cioè facendoci sbraitare a comando e solo su questioni stabilite da chi detiene il potere. Paolo Ercolani Filosofo, Università di Urbino "Carlo Bo"
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Vent’anni dal G8 di Genova, 19-20-21 luglio 2001. Ci sono libri, rievocazioni, interviste, ricostruzioni. A me vengono in mente flash, parole e immagini, ancora nitide. Eccole. L’uomo di circa 60 anni che la mattina del 20 luglio scavalca la barriera ed entra nella zona rossa, i poliziotti lo guardano e basta. Il caldo torrido. Silvio Berlusconi che da presidente del consiglio passa per le vie di Genova, qualche giorno prima del G8, e dice che vanno tolti i panni stesi che se no si fa brutta figura con il mondo. Gianfranco Fini che è nella sala operativa della Questura di Genova e non dovrebbe esserci. La versione del Questore di Genova Colucci secondo cui c’era un accordo con le tute bianche per una violazione simbolica della zona rossa. Luca Casarini che in diretta a Porta a Porta, la sera del 20 luglio, mostra i bossoli di colpi sparati dalla polizia. Gianfranco Fini che a Porta a Porta dice che Carlo Giuliani aveva tra le mani una bombola d’ossigeno e lui l’ha riconosciuta perché è un sub. I giornalisti che in collegamento da un tavolino di un bar al porto di Genova commentano con cinismo quello che è successo. Le parole black bloc. Manu Chao che la sera del 19 luglio canta “Clandestino” in piazzale Kennedy. I poliziotti che il 21 luglio fanno ascoltare con i loro telefonini “Faccetta nera” ai fermati nella caserma di Bolzaneto. “Un due tre viva Pinochet” scandito dai poliziotti nella caserma di Bolzaneto. La discussione sul numero identificativo sul casco dei poliziotti che da allora è ancora ferma lì. Il funzionario di polizia che disse che alla Diaz c’erano stati una decina di feriti, la maggior parte pregressa. I certificati medici che attestano che alla Diaz ci furono 82 feriti, tre dei quali in modo molto grave. Gli avvocati che a mani alzate tentavano di entrare la sera del 21 luglio nella scuola Diaz. La corsia d’ospedale dove erano stati portati feriti della Diaz e i poliziotti che passano picchiando i manganelli contro il muro. Un agente della Guardia di Finanza in maglietta e pantaloni neri con protezioni in tutto il corpo e i giornali che titolano “Robocop” sotto la sua foto. Il funzionario di polizia che raccoglie un sasso vicino al corpo di Carlo Giuliani e urla ai manifestanti “L’avete ucciso voi”. Il dirigente di polizia Michelangelo Fournier che davanti alle domande di chi conduceva l’inchiesta sulla scuola Diaz usò le parole “Macelleria Messicana”, citando Ferruccio Parri che lo disse davanti ai corpi di Mussolini e dei gerarchi appesi in piazzale Loreto. Daniele Farina, del centro sociale Leoncavallo di Milano, che a Radio Popolare dice “Ci sono un centinaio di neri che fanno casino”. Silvio Berlusconi che il 22 luglio disse: “Ho avuto questa mattina una telefonata del ministro degli Interni, che mi ha rappresentato il ritrovamento di armi improprie all’interno del Genoa Social Forum e la individuazione di 60 persone appartenenti alle squadre violente”. L’autista della Polizia che nel luglio 2002 disse: “Le molotov nella Diaz le ho portate io, me lo ordinò un superiore”. I neri, tedeschi e di alcuni centri sociali torinesi e del Sud, che si contrappongono alle tute bianche dei centri sociali veneti e di Milano. Gli antagonisti greci fermati ad Ancona e non fatti scendere da una nave strapiena. I bambini che al mare alcuni giorni dopo si inseguono giocando al G8. Il rumore ritmato dei manganelli sugli scudi. Il vicequestore che davanti alle videocamere tira un violento calcio in faccia a un ragazzo. Il servizio d’ordine del corteo del 20 luglio che non è servito a nulla. I poliziotti in borghese lungo il corteo del 20 luglio che a un certo punto se ne vanno. Le 18 di Venerdì 20 luglio e le prime voci su un ragazzo morto in piazza Alimonda. I cinque neri che girano in tondo picchiando sui tamburi. Le tute bianche che si ritirano nello stadio Carlini e lasciano via libera al blocco nero. Il blocco nero che distrugge tutto ciò che trova. Mark Covell, ridotto in fin di vita alla Diaz, che durante l’inchiesta venne soprannominato “lo spirito” perché, nonostante lo avessero picchiato in tanti, nessuno ammetteva di averlo visto. Il 21 luglio l’uomo in mezzo alla strada, seduto a terra, che fa fatica a respirare e le decine di poliziotti che gli passano attorno ignorandolo fino a che uno non gli dà una pacca sulla spalla. La carica dei carabinieri che spezza in due il corteo in via Tolemaide il 20 luglio e che nessun dirigente dice di aver mai ordinato. I poliziotti che a Bolzaneto cantano “Te gusta el manganello” al ritmo di Manu Chao. Le videocamere dei giornalisti gettate a terra e sfasciate. Le minacce di stupro alle ragazze portate alla caserma di Bolzaneto. L’infermiere in servizio a Bolzaneto che poi raccontò tutto. La gente dai balconi che prima degli incidenti getta acqua ai manifestanti perché il caldo è insopportabile. Il capo dei medici di Bolzaneto che urlava «Ve lo do io Che Guevara, sporchi comunisti». La dirigente di Amnesty International che definì i tre giorni di Genova «la più grave sospensione dei diritti democratici in Europa dopo la seconda guerra mondiale». Il silenzio sui treni che ripartivano da Genova la notte del 21 luglio. La registrazione della poliziotta che dice a un collega, dopo la morte di Carlo Giuliani: “Uno a zero per noi”. Il capo della Polizia, Franco Gabrielli, che anni dopo dice: «A Genova un’infinità di persone incolpevoli subirono violenze fisiche e psicologiche che hanno segnato le loro vite. Non è stato sufficiente chiedere scusa a posteriori».
Stefano Nazzi
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