#legami persi
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La vita continua, dicono. Ma non sempre è vero. A volte, la vita si ferma, resta sospesa in un vuoto che non riusciamo a colmare. Ci ripetiamo che il tempo guarirà ogni cosa, che domani andrà meglio, che con il passare dei giorni, il dolore svanirà. Ma la verità è che a volte la vita non continua. Sì, i giorni scorrono, uno dopo l'altro, in una monotonia senza fine. Il sole sorge, tramonta, e noi restiamo lì, fermi, incatenati a quel momento che ci ha cambiato.
Ci sono ferite che non si chiudono, cicatrici invisibili che ci portiamo dentro. Le persone ci dicono che dobbiamo andare avanti, che non possiamo restare intrappolati nel passato. Ma a volte, non è così semplice. Non si tratta di non voler andare avanti, ma di non riuscirci. È come se fossimo bloccati in una stanza senza porte, senza finestre, e tutto ciò che possiamo fare è osservare il mondo che continua a muoversi, mentre noi restiamo indietro.
E in quel silenzio, in quella solitudine, ci rendiamo conto che la vita non è solo una questione di giorni che passano. È fatta di emozioni, di significati, di legami che ci tengono vivi. E quando quei legami si spezzano, quando perdiamo qualcuno o qualcosa di importante, la vita si ferma. È come se una parte di noi rimanesse intrappolata in quel momento, in quel ricordo, e non volesse più andare avanti.
A volte, il peso di ciò che è stato è troppo grande da portare. Le speranze infrante, le promesse non mantenute, i sogni che non si sono realizzati… tutto si accumula, rendendoci incapaci di vedere un futuro. I giorni passano, certo, ma siamo davvero vivi? O stiamo solo sopravvivendo, trascinandoci da un giorno all’altro, in attesa di qualcosa che forse non arriverà mai?
Forse, la vita non è sempre un continuo movimento in avanti. Forse, ci sono momenti in cui dobbiamo fermarci, accettare il dolore, affrontare la nostra fragilità. Non c'è niente di sbagliato nel sentirsi persi, nel non avere tutte le risposte. A volte, il solo fatto di respirare è già un atto di coraggio. Forse non è vero che la vita continua per tutti. Forse, a volte, i giorni scorrono solo su di noi, mentre cerchiamo di trovare il senso in un mondo che ci sembra vuoto.
Ma in quel vuoto, in quell’apparente immobilità, c'è anche la possibilità di riscoprirci. Di capire chi siamo davvero, quando tutto il resto è crollato. Forse la vita non continua come ci aspettavamo, ma ci offre l’opportunità di ricostruire, di rinascere da quelle ceneri, anche se il processo è lento e doloroso.
Perché la verità è che, anche quando sembra che la vita si sia fermata, dentro di noi c'è ancora una scintilla. Un piccolo segno di resistenza, di desiderio di vivere. E forse, un giorno, riusciremo a farla brillare di nuovo.
-Anonimo🖤
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Ci sono legami celati al mondo...
che stringono le anime...
e lasciano i segni
come fantasmi
li senti nel buio di un sospiro...
persi in quegli sguardi nel vuoto...
sono l'ossigeno dei giorni persi.
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"Senza fretta" Joy Harjo
Un viaggio può richiederti ore, un giorno, un anno, qualche anno, centinaia,
migliaia e anche di più ( …)”.
Per richiamare lo spirito che vaga sulla terra con piedi umani
Posa quel sacchetto di patatine, quel pane bianco, quella bibita.
Spegni il cellulare, il computer, e il telecomando.
Apri la porta, poi richiudila dietro di te.
Fai un respiro offerto da venti amichevoli. Viaggiano per la terra raccogliendo essenze di piante purificatrici.
Restituiscilo con gratitudine.
Se canti questo darà al tuo spirito un passaggio fino alle orecchie delle stelle e ritorno.
Riconosci questa terra che si è presa cura di te da quando eri un sogno che piantava sé stesso nel desiderio dei tuoi genitori.
Lascia che i tuoi mocassini ti portino all’accampamento dei guardiani che ti conoscono da prima del tempo, che saranno là dopo il tempo. Siedono davanti al fuoco che esiste senza tempo.
Lascia che la terra stabilizzi il suo insicuro nervosismo postcoloniale.
Sii rispettoso dei piccoli insetti, degli uccelli e delle persone animali che ti accompagnano.
Chiedi loro perdono per il male causato da noi umani.
Non preoccuparti.
Il cuore conosce la via sebbene possano esserci grattacieli, autostrade, posti di blocco, soldati armati, massacri, guerre, e quelli che ti disprezzeranno perché disprezzano sé stessi.
Il viaggio può richiederti ore, un giorno, un anno, qualche anno, centinaia, migliaia e anche di più.
Sorveglia la tua mente. Senza preparazione potrebbe fuggire e destinare il tuo cuore all’immenso banchetto umano allestito dai ladri di tempo.
Non avere rimpianti.
Quando troverai la via per il cerchio, per il fuoco tenuto acceso dai custodi della tua anima, sarai il benvenuto.
Devi purificarti con cedro, salvia, o altre piante di guarigione.
Recidi i legami col fallimento e la vergogna.
Lascia andare il dolore che trattieni nella mente, nelle spalle, nel cuore, e giù fino ai piedi. Lascia andare il dolore dei tuoi antenati per far strada a coloro che si dirigono nella tua direzione.
Chiedi perdono.
Chiedi aiuto a coloro che ti amano. Questi aiutanti assumono molte forme: animale, elemento, uccello, angelo, santo, pietra, o antenato.
Richiama il tuo spirito. Può essere intrappolato in angoli e pieghe di vergogna, giudizio, e abuso umano.
Devi chiamare così da invogliare il tuo spirito a fare ritorno.
Parlagli come faresti con un bambino amato.
Accogli il tuo spirito che torna dal suo vagabondaggio. Può tornare in pezzi, in frantumi. Radunali insieme. Saranno felici di essere ritrovati, dopo essersi persi così a lungo.
Il tuo spirito avrà bisogno di dormire un po’ dopo che lo avrai lavato e gli avrai dato vestiti puliti.
Ora puoi dare una festa. Invita tutti coloro che sai che ti amano e ti sostengono. Lascia uno spazio per coloro che non hanno altro posto dove andare.
Rendi omaggio, e ricorda, fai discorsi brevi.
Poi, devi fare questo: aiuta il prossimo a trovare la sua strada nel buio.
Joy Harjo (Tulsa, Oklahoma, 1951; prima poetessa nativa americana ad avere il titolo di Poeta Laureato degli Stati Uniti), da Conflict Resolution for Holy Beings: Poems, 2015
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Viaggio giocoso
Danzano le foglie, su e giù le gambe, seguendo la foga del gaudio celebrando il gioco.
Oscillano i fili d'erba, mossi dalla corrente, diventiamo dei puntini persi nell'immensità dell'Universo.
Fermi gli alberi, a osservare noi, stringhe che si formano o legami che si dissolvono.
Respiro di Natura, che ai più desti doni vita, stolti noi che andiamo bendati camminando su un binario sommerso.
Fa si che ritorni in noi quella fiamma che tinge l'iride, potere che esorcizza la Morte.
Acqua che scorre imperterrita, ripulisci i nostri cuori, torni a risplendere la purezza del fanciullo, scaccia la putrida malvagità che circola nelle nostre stringhe.
Salpa oggi il battello per i mondi inesplorati, sta a noi decidere se unirci o se accomodarci nella nostra bara.
CS ~ 18/03/2023
#creatività#frasi poesie#parola#pensieri e parole#poesieitaliane#scrittura#scritture brevi#spontaneità#philosophy#poesiaitaliana
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Sono ancora debole. Da una parte profonda del mio petto emergono i rami di una pianta, che silenziosi si accartocciano su sé stessi e formano delle trame avvolgenti. Scompaio dietro all’involucro di tali tralicci che, irrispettosi, si nutrono delle mie negatività. Con le loro radici contorte si alimentano avidamente delle mie insicurezze, delle mie ansie, del buco nero di abbandono e perdizione che mi hai lasciato in dono. Crescono rigogliosi e creano una barriera di isolamento nei confronti di tutto quello che c’è fuori. Impediscono che possa di nuovo mettermi in gioco, che possa nuovamente provare a stringere legami pregnanti, che possa inavvertitamente, ancora una volta, rimanere mortalmente ferito. Mi proteggono, mi oscurano. E lo faranno fino a quando un bel giorno, persi nel loro periodo primaverile, daranno alla luce coloratissimi fiori e in un attimo svaniranno in un turbinio di petali. E sarà allora come nascere un’altra volta e sarà come tornare a scoprire che una vita d’amore è possibile.
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E' come se tutto il bello fosse già passato, e sia rimasto incastrato nel passato con i ricordi, le persone e i legami che si sono persi.
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Insalata
<<Ti raccolgo un po’ di insalata da portare a casa?>> mi chiede Daniela, la donna piccola e grigia di capelli che ha sposato mio zio. Teoricamente, quindi, è mia zia ma un po’ perché si sono sposati in tarda età e un po’ perché non la vedo molto, fatico a chiamarla così.
<<Certo! Grazie>> rispondo io, mentre porto con fatica il pesante aratro fino in cima al campo in cui io e lo zio Angelo stiamo lavorando.
È una consuetudine ormai da molti anni quali di andare ad aiutarli in questo periodo dell’anno, si prepara il terreno alla nuova stagione e alla nuova semina.
A volte mi pesa questa cosa, negli anni passati la trovavo solo una perdita di tempo in un giorno di riposo dove potevo farmi qualche ora in più in giro per montagna. Ma oggi no, mi sto godendo questa antica arte, il posto, la natura, il momento.
Baruffini è una piccola frazione di Tirano e mio zio è andato a vivere lì quando a conosciuto Daniela. Lei faceva la maestra nella scuola dell’infanzia del mio paese mentre Angelo dapprima l’operaio e poi l’impiegato presso l’ufficio del sindacato.
Si occupava di pensioni, disoccupazioni, e tuttora lo fa come volontariato, ed è sempre stato davvero molto apprezzato per il suo lavoro ma anche come persona.
Quando devo far capire a qualcuno dove collocarmi come parentela spiego loro che sono il nipote del “piccozza” (soprannome nato per il naso alquanto grande dello zio ma che è una caratteristica anche di mio mio padre ed in parte mia).
La giornata è baciata da un caldo sole primaverile, tutto intorno al campo dove siamo è un tripudio di alberi da frutto in fiore. I ciliegi, la fanno da padroni ed io amo il loro fiore, me lo sono tatuato ed ogni volta che assisto alla loro fioritura mi ritrovo incantato ad osservarli e penso a quell’antica frase giapponese che recita:
"hana wa sakuragi, hito wa bushi" che tradotto significa "tra i fiori il ciliegio, tra gli uomini il guerriero”.
Penso anche, e mi viene da sorridere, che un buon titolo per un libro potrebbe essere: “Il fiore del ciliegio se ne frega” perché è assolutamente strabiliante come ogni ciliegio fiorisca, che sia selvatico o coltivato, nel bosco o dietro casa, splendidi fiori che fanno sembrano nuvole bianche ogni volta che guardo la montagna di fronte a me. Poi, ovviamente, le ciliegie che crescono su questi alberi selvatici sono piccole e servono solo a sfumare gli uccelli, però è fantastico sapere che tutti gli anni, succeda quel che succeda, loro fioriranno incuranti di tutto ciò che accade nel mondo.
La natura sta rinascendo e con questo, umile, lavoro gli zii stanno portando avanti una tradizione secolare, volto a tenere in vita le coltivazioni ma anche il territorio. Ormai sempre più terreni che una volta erano ricchi di coltivazioni adesso sono andati persi e coperti di rovi, alberi ed erbe infestanti. Gli zii cercano di preservare i campi che hanno e, nel contempo, di avere la possibilità di mangiare frutta e verdura naturale, di certificata provenienza, senza veleni o come si dice adesso “a km zero”.
A dire la verità fin da ragazzino ho sempre aiuta mio padre a dissodare i piccoli terreni che aveva oppure l’orto con il pesante aratro, era una vera tortura, un obbligo che solo un adolescente vede come qualcosa di totalmente negativo.
Ahimè, si capisce solo con gli anni che invece tramandare queste pratiche preserva un retaggio storico e culturale inestimabile.
Mentre io sto al macchinario come un velista abbarbicato sul telaio per contrastare l’attrito dell’aratro pilotato all’altro lato della corda dall’Angelo, a piedi del campo si è formato un piccolo gruppetto di anziani del paese intento a guardarci.
È tutta gente del posto, nata e vissuta qui, abituata al lavoro duro, ora in pensione ma sempre attivi tra un orto, una passeggiata e qualche chiacchiera. Per loro è un modo come un altro per passare il tempo, una digressione della quotidianità, un motivo per tenere i legami tra gli abitanti della frazione. Qualche battuta, in dialetto, con lo zio e poi si torna alla vita di ogni giorno.
C’è anche l’anziano uomo che incontro sempre con il suo cane lungo il sentiero del pane, uno stretto percorso che conduce ad un’altra frazione di Tirano, Roncaiola.
Saluta sempre con un grosso sorriso e a volte, parlando con il cane, lo rimprovera dicendo: <<Lascia passare il viandante>>.
Mi piace la parola viandante, mi ricorda tante cose, la vecchia canzone che avevamo scritto con Ivano e Mara, il bellissimo sentiero che da Abbadia Lariana conduce a Colico sul Lago di Como, ma è anche sinonimo di libertà, di nomadismo, di cultura del movimento.
I gesti dell’Angelo sono forti e decisi, domina l’aratro con esperienza e conoscenza del mezzo, io non saprei nemmeno lontanamente governare quell’attrezzo che rivolta il terreno come fosse burro.
Gli zii producono ogni tipo di verdura, fanno il vino, fanno addirittura la farina, hanno le galline per le uova e, purtroppo, anche un maiale che allevano e poi finisce nella cantina. Ma credo che anche questo faccia parte di una cultura che non c’è più, persa nei tra le corsie dei supermercati e avvolta in pellicole di plastica.
Alla fine del lavoro salgo in casa degli zii a bere in caffè, ritiro la mia borsetta di insalata fresca e buonissima ed in più Angelo ci aggiunge anche un sacchetto di borlotti surgelati spiegandomi come cucinarli.
Questo baratto tra il mio aiuto e la verdura cresciuta su quella terra è qualcosa di meraviglioso.
Torno a casa ed indosso subito le scarpe da trail, un giro di pochi km e vado ad aiutare il Guido nel suo campo, deve sistemare una botte e ha bisogno di una mano. C’è anche l’anno che sta cercando un posto dove piantare una nuova pianta di lavanda. Anche qui si respira aria di genuinità, di libertà. Adesso mio padre sta realizzando un piccolo barbecue per, lui dice, mio figlio (o meglio, per far cucinare all’Anna qualcosa per mio figlio).
Ci sono ciliegi in fiore anche qui ai quali si aggiungono anche le piante di mele, l’orto deve ancora essere seminato, ma regalerà dell’ottima verdura tra cui i pomodori che usava la Gilda per fare la salsa che poi conservava in ogni tipo di vasetti in cantina.
È arrivato anche un nuovo libro e lo metto nello zainetto da trail, mi terrà compagnia per le prossime serate senza tv.
Adesso pulirò l’insalata e cucinerò i borlotti che stasera comporranno la mia cena insieme al riso.
Gli americani direbbero: “less is more” Io dico semplicemente che le cose semplici, le cose legate alla natura, alla terra, ai nostri ricordi sono quanto di più importante abbiamo. Dovrebbero insegnarlo a scuola al posto di tante nozioni che poi non serviranno mai.
Oggi ho fatto cose e visto gente, e sono davvero felice.
E nel frattempo… i fiori dei ciliegi se ne fregano.
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Le conseguenze emotive di queste prime esperienze rimangono per sempre negli individui come memorie emotive potenti ma spesso inconsce. (Quando studiare diventa un piacere) -lostintheoceanoflifeoflife (via @lostintheoceanoflifeoflife)
#teorie femministe#femminismo#femminismo psicoanalitico#conseguenze emotive#emozioni#sentimenti#rapporti persi#ricordi#memorie#amore perso#amore passato#legami persi#primo amore#mai dimenticato
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Tieniti stretto chi ha conosciuto i tuoi momenti difficili ed ha visto svanire i tuoi sogni, ma ha scelto di restare. 🌷💞❤️🩹
Chi ha condiviso i nostri momenti difficili e ha visto svanire i nostri sogni merita una gratitudine speciale. Queste persone hanno visto il lato più vulnerabile di noi stessi e hanno scelto di non voltare le spalle, ma di restare, offrendoci il loro sostegno e il loro affetto. Sono coloro che ci tendono la mano quando ci sentiamo persi, che ci ascoltano senza giudicare e che ci incoraggiano a non arrenderci.
La presenza di queste persone nella nostra vita ci dona una grande forza interiore. Sapere di poter contare su qualcuno che ci conosce profondamente e che sceglie ancora di amarci e sostenerci nonostante le difficoltà ci infonde coraggio e fiducia. Questi legami profondi ci aiutano a superare gli ostacoli e a rimanere saldi nei momenti di tempesta. Inoltre, la reciproca condivisione di esperienze difficili crea un legame unico tra le persone. Il processo di superare insieme le sfide rafforza il legame emotivo e porta ad una maggiore intimità e comprensione reciproca. Le esperienze condivise diventano una fonte di connessione e di fiducia profonda, creando legami che resistono alla prova del tempo.
In un mondo in cui le relazioni spesso sembrano superficiali e transitorie, è fondamentale riconoscere e apprezzare chi resta al nostro fianco durante i momenti più difficili. Coloro che ci hanno visto cadere e ci hanno aiutato a rialzarci meritano il nostro rispetto e la nostra gratitudine. Teniamoli stretti, perché sono loro il vero tesoro della nostra vita, i pilastri su cui possiamo sempre contare quando il mondo sembra crollare intorno a noi. ❤️
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Amo i solitari, i diversi, quelli che non incontri mai... Quelli che incontri molto raramente, quelli persi, andati, spiritati, fottuti....Quelli con adrenalina addosso.....Amo quelli con l'anima in fiamme... ma dentro hanno tutto quello che serve, uno spirito libero che non si può domare....Amo quelle che quando parlano non comunicano, creano legami e abbracci con l'anima di chi li ascolta, amo quelle che usano il silenzio per entrare nell'anima, Amo quelle che fuori hanno la furia del fuoco ardente ma dentro conoscono la pace dei sensi, quelle che mordono con i denti la vita e non hanno bisogno di sentirsi dire cosa fare...
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giorgiasoleri_: la condivisione è sempre stata per me il segreto per ingannare il male, per dargli una forma, un’utilità. la condivisione è la mia catarsi personale, processo di metamorfosi che da essere umano mi moltiplica e moltiplica così i miei simili, le nostre esperienze, le nostre voci. un esercito di corpi e menti simili eppure unici, simili e unici.
pubblicare un libro dove si ha ristretto tramite l’imbuto della scrittura un concentrato di dolore, tenacia, fragilità, legami persi e legami così forti da superare l’umana paura, è una prova di condivisione ma soprattutto di fiducia. vi sto offrendo senza protezioni ciò che di più caro ho: il mio cuore, che è strumento di scoperta e percezione. nei prossimi giorni condividerò tramite storie (che poi saranno salvate in evidenza, in modo da non perderle) alcune delle poesie contenute all’interno de La signorina Nessuno. ve le dono, in qualche modo, per renderle molteplici e farle riecheggiare. fatene ciò che volete, stampatele, screenshottatele, dedicatele, appendetele ai muri della vostra stanza o lasciate che il vostro amore le trovi nella cassetta delle lettere, tra bollette e pubblicità. e se vi va, poi, scattate una foto e condividitela con me e con gli altri attaverso gli hashtag #LaSignorinaNessuno #SharingIsCaring per dare una continuità a questa condivisione che non conosce confini.
perché ricordate che, sempre, condividere è prendersi cura. - 15.04.2022
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Ciao Gì, come stai?
Va tutto bene qui, siamo cresciuti, le nostre vite sono cambiate, qualcuno dentro è rimasto fermo, qualcun altro ha trovato la forza di voltare pagina, ma non dimenticarti, quello no, quello è impossibile. Sai cosa ho imparato ultimamente? Che qualcuno resta nonostante tutto, e che col tempo molti dei ricordi che avevamo invece spariscono, dicono sia colpa del nostro cervello che non riesce ad assimilare tutto e allora i vecchi ricordi li mette dentro ad una scatola, e li ripone dentro uno stanzino. Io credo di avere uno stanzino tutto nostro, di quegli anni, scatole piene di sorrisi e di ricordi, fotografie di vita che escono fuori quando qualcuno mi parla di te e mi ricorda cose successe. Tuo fratello ha i tuoi stessi occhi, mi è capitato di vederlo quest’estate e senza volerlo ci guardavamo e sorridevamo, ha tanto di te e spero che qualcuno glielo dica ogni tanto, perché è una cosa bella. Non ti nego che dopo di te certi legami si sono persi, sono passati nove anni e non è mica semplice tenere tutto stretto, qualcosa si slega, qualcuno racconta e qualcun altro dimentica. Lo sai come sono fatto, io non dimentico niente, ma sono diventato più freddo anche io, la vita lo fa non credi? Ti fa vivere cose e ti trasformi, cresci, impari, o forse non impari mai. Tutto cambia, tranne il fatto che tu non ci sei più, vorrei potesse cambiare anche quello. Io non ci credo nei segni, credo in quello che rimane, e qualcosa è rimasto dentro ogni persona che hai sfiorato. Me lo dicevi sempre che con le parole sarei arrivato lontano, ed è per questo che ogni anno mi fermo un attimo qui a scrivere di te, tu ci credevi, e io ho fatto di tutto per arrivare dove sono, e so che l’ho fatto per me stesso, ma anche per te, te lo dovevo.
Ciao fratè.
#adessoscrivo
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Università negate per la Palestina. L’apartheid culturale è anche qui
Prima martedi all’università La Sapienza di Roma, poi all’università Orientale di Napoli, le direzioni dei due atenei hanno negato le aule per due diverse iniziative sulla questione palestinese.
A Roma si trattava della presentazione del rapporto di Amnesty International sull’apartheid di Israele verso la popolazione palestinese. A Napoli una iniziativa analoga si sarebbe dovuta tenere il prossimo 1 aprile. La motivazione con cui il rettore ha accompagnato il proprio diniego: “l’Ateneo non concederà mai, almeno finché sarò Rettore, il proprio spazio per iniziative correlate a qualsiasi forma o modalità di boicottaggio accademico”. Così quindi è stata negata l’aula per il dibattito “Università libere dall’apartheid israeliana”, previsto per la mattina del 1° aprile.

Già troppo spesso in passato le direzioni degli atenei italiani avevano ricevuto pressioni dall’ambasciata israeliana per negare agibilità a conferenze e dibattiti che avessero come tema la Palestina.
A Roma la motivazione per negare l’aula all’evento “Presentazione del Report di Amnesty International sull’Apartheid Israeliana in Palestina”, è stata ancora più ipocrita. Il giorno precedente l’evento, l’Ateneo ha deciso improvvisamente, dopo una sollecitazione di cui è “ignoto” l’autore, di dichiarare la più netta opposizione all’iniziativa che di comune accordo era stata organizzata con l’autorizzazione del Dipartimento di Filosofia.
La condizione posta dall’ateneo affinché l’iniziativa potesse svolgersi come da programma è stata quella di imporre all’iniziativa un relatore o relatrice della UGEI – Unione Giovanile Ebrei d’Italia – che, a detta dell’amministrazione – avrebbe svolto il necessario ruolo di “contraddittorio”.

Una motivazione questa ancora peggiore di quella dell’Università di Napoli e non tanto per la rivendicazione di un contraddittorio che però viene richiesto esclusivamente sulle iniziative che parlano di Palestina, quanto perché trattandosi di un tema e di responsabilità politica di uno Stato, semmai il contraddittorio sarebbe dovuto avvenire con un rappresentante dell’ambasciata israeliana e non di una associazione di giovane ebrei italiani.
Questo significa continuare a mistificare l’informazione sulla questione palestinese come problema tra gli ebrei e gli arabi e non come questione politica tra uno Stato e un popolo oppresso.
Sulla funzione delle università sia gli attivisti napoletani che quelli romani avanzano denunce ben precise. “Negli anni, le campagne BDS (https://bdsitalia.org/…/campagne/boicottaggio-accademico) hanno documentato i profondi collegamenti esistenti tra le università e il complesso sistema militare, di sicurezza e di oppressione israeliani” – scrivono in un comunicato gli attivisti del Centro Culturale “Handala Ali” di Napoli – “Oggi è tanto più necessario che chi ha responsabilità nel mondo della cultura e della ricerca si rifiuti di assecondare la costruzione di accordi e legami tesi a rafforzare e rendere ancora più feroce l’Occupazione”.

Da Roma gli studenti che hanno organizzato la conferenza negata dal Rettorato denunciano come con tale presa di posizione la Sapienza “conferma di non voler in alcun modo tutelare i diritti fondamentali del popolo palestinese, che anzi contribuisce attivamente a minare attraverso accordi bilaterali che coltiva ad esempio con il Technion – Israel institute of Technology di Haifa, legato al comparto militare israeliano, e con la Leonardo s.p.a, azienda di “aerospazio, difesa e sicurezza” leader nel comparto industriale militare ed impegnata addirittura con gli armamenti nucleari attraverso la joint venture MBDA Missile Systems”.
Gli studenti e gli attivisti romani non si sono persi d’animo ed hanno tenuto lo stesso la conferenza nel giardino della facoltà. A Napoli è partito l’invito alle realtà studentesche e tutta la comunità dell’Orientale a esprimere la propria condanna nei confronti di questo atto arbitrario e complice dell’oppressione.
da Contropiano
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Anche da lontano
non smettere di guardarmi
di riportarmi all' inizio
da dove
il peso dell' esser persi
ritrovi
possa ancora accadere
di esser presi
restituiti a quell' Amore
da dove
la lontananza non smarrisce
la tensione del cuore
del tuo
del mio
che regga all' urto
delle ferite del giorno
e il dolore rientri
depositi
sulle nostre paure
le nostre solitudini
la sostanza
dei nostri legami
presi
e non persi
cosi da sgranare gli occhi
per il solo pensarti
saperti vibrare
nell' attesa
che tutto il bene
riaccada nel riconoscerti.
.🦋.
🔸 Mario Schiavone
#Sovrappensiero#i voli dell'anima 🦋#poesia contemporanea#mario schiavone#sgranare gli occhi#💜#my soul#la scigghiu
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I consigli dei bibliotecari...
Per la serie "anche i bibliotecari leggono", ecco alcune delle nostre letture in tempo di lock-down che vi consigliamo caldamente.
Bellissimi i due Simenon pubblicati da Adelphi nel 2020: I superstiti del Télémaque (abbiamo la versione MLOL, mentre quella cartacea è una vecchia edizione Mondadori) e Il signor Cardinaud. Molto diversi tra loro, il primo è un giallo in cui si improvvisa investigatore il fratello dell'accusato, ma la vicenda è resa più complessa dal rapporto con un passato oscuro e inquietante che ne fa un vero e proprio cold case. Il secondo libro tratta invece di un tradimento, ma anche in questo caso la trama è complicata da omicidi e avventure di varia malvivenza: sarà un'impresa titanica per il povero Signor Cardinaud dipanarne le fila. Per chi ama i racconti, la novità del 2020 è La linea del deserto (due titoli di questa raccolta sono stati anticipati in una "versione lock down" dal titolo Un delitto in Gabon, in formato MLOL): come sempre avventura, paesaggi esotici, divertimento assicurati.
Se vi siete persi le uscite del 2019, eccole: Marie la strabica e Il sospettato, in cui Simenon, da consumato autore, traccia ritratti di vividi personaggi con poche pennellate, e le raccolte di racconti La cattiva stella e Il castello dell'arsenico.
Per i fortunati che non lo avessero ancora letto nella vecchia edizione Mondadori (che lo ha stampato in varie collane), Sellerio ha appena ripubblicato quell'autentico capolavoro che è Il treno per Istanbul di Graham Greene. Un libro che possiede tutti gli ingredienti per piacere ad un pubblico eterogeneo: le vicende di personaggi tra i più disparati (uno scrittore di successo, una giornalista e la sua compagna, un assassino, un politico rivoluzionario, una giovane ballerina, un ricco mercante ebreo e molti altri), narrate in uno stile avvincente, si intrecciano, arricchendosi e complicandosi, a bordo dell'Orient Express, treno quanto mai evocativo di intramontabili successi letterari...
È uno scrittore che andrebbe senz'altro riscoperto, anche perché molti sono gli adattamenti cinematografici dei suoi libri (Il terzo uomo con Orson Welles, Joseph Cotten e Alida Valli; Il nostro agente all'Avana con Alec Guinness; Il console onorario con Richard Gere; In viaggio con la zia con Maggie Smith, ma in tutto sono una cinquantina i film ispirati alle sue opere). Segnaliamo soltanto L'americano tranquillo, da cui è stato tratto un film (remake di una pellicola del 1948) nel 2002 con Michael Caine, godibile anche se non raggiunge le vette dell'originale, libro breve ma pregnante, il cui protagonista, sarcastico e disincantato giornalista di mezza età, ci guida tra le atrocità della guerra del Vietnam, le miserie umane, il tradimento e l'amore. Le vicende, inoltre, per quanto rocambolesche e avventurose, sono tratte dall'esperienza personale dello scrittore che ha avuto un'esistenza particolarmente intensa: giornalista, romanziere, saggista, drammaturgo, sceneggiatore, critico letterario, inviato speciale in tempo di guerra, grande viaggiatore, agente segreto per il Servizio britannico. Anche i suoi legami amorosi furono piuttosto movimentati: il matrimonio con Vivien Dayrell-Browning durò tutta la vita, nonostante le numerose relazioni intrecciate da Greene, alcune delle quali suscitarono scandalo per le alte personalità coinvolte.
Restiamo in tema di spionaggio anche passando per la Sicilia dell'ultimo (ahinoi) Montalbano, Il cuoco dell'Alcyon, che non può deludere gli affezionati fans del celebre commissario di Vigàta. Definito "una Iliade di guai", il giallo intreccia vicende nostrane con interventi dell'FBI, tentativi di mobbing alternati a momenti di pura action, l'apparizione di un misterioso vascello fantasma con i meccanismi della commedia degli equivoci: mirabolante ed evocativo come il titolo.
Fantasmi anche nell'ultimo giallo di Mariolina Venezia, Via del riscatto, in cui il sostituto procuratore di Matera Imma Tataranni (magistralmente interpretata da Vanessa Scalera nella serie da poco trasmessa da Rai 1) dirige l'indagine, che si articola proprio tra i Sassi. Questa ambientazione dimostra una volta di più come sono proprio le storie radicate nel territorio quelle che riscuotono maggior successo per la loro autenticità e per la possibilità che offrono al lettore di riconoscersi e immedesimarsi. Un vero caratteraccio, la nostra Piemme, sia in famiglia sia in Procura, ma abile investigatrice, donna di spirito, nemica di ogni ipocrisia.
Se non vi siete persi il primo giallo dedicato da Marco Malvaldi al grande gastronomo di Forlimpopoli Pellegrino Artusi, Odore di chiuso (nell'audiolibro il romanzo è letto da Alessandro Benvenuti, che interpreta anche uno dei "malefici" vecchietti del BarLume), sicuramente non vi sarete fatti sfuggire il secondo, uscito proprio quest'anno, ovvero Il borghese Pellegrino (prossimamente nelle biblioteche), di cui parla l'autore stesso in questa intervista. Si tratta di un giallo storico, ambientato in un castello della Maremma carducciana, nei pressi di Bolgheri, nel 1895. Il fine settimana in località amena è in realtà il pretesto per un incontro d'affari, che vede coinvolti il padrone di casa con famiglia e famuli, il celebre dottor Mantegazza, un fotografo, un fascinoso funzionario dell'Impero Ottomano, un politico, un banchiere, un assicuratore. Il delitto è di quelli "della camera chiusa", in perfetto stile Agatha Christie, con un tocco di fantasia tutta italiana.
Ora che anche noi bibliotecari siamo tornati sui nostri scranni, vi aspettiamo per offrirvi (e ricevere!) sempre nuovi consigli bibliografici!
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Dicembre 2017
14.
Volevo porre un punto.
Gli dissi chiaramente che non ne potevo più di quella situazione, ormai insostenibile. Non riuscivo più a reggere quei litigi, quei continui scontri che duravano giorni e giorni. Nonostante avessi sopportato per mesi e mesi, sentivo di non riuscirci più, come se ad un tratto il mio cervello avesse detto no.
Era scattato qualcosa dentro me, e non riuscivo a ribellarmi a quella voce che mi diceva “basta”.
Sentivo che mi mancava tranquillità, stabilità, e serenità, e le desideravo più di ogni altra cosa.
Ricordo che quando tornai a casa e dissi a mia madre che non ne volevo più sapere niente, che era finita. Mi guardò e mi disse che si trattava solo di un litigio, avremmo presto risolto. Comprensibile, pensai. Sono mesi che ci vedono litigare e poi far pace, come un cane che si morde la coda. Ma quella non era una discussione adolescenziale, bensì l’inizio della fine.
Non è stato stato semplice. Per settimane ha continuato a cercarmi, a chiedere spiegazioni, come se la valanga di problemi che da un pezzo erano presenti, fossero una novità. Mi contattava, chiamava. Voleva vedermi per parlare ad ogni costo, ma io non potevo accettare. Avevo troppa paura. Temevo una sua reazione, e soprattutto che sarebbe accaduto ancora. Di certo il fatto che ci allenassimo insieme, il vederci tutti i giorni non ha aiutato.
Non è stato semplice, per niente. Tutte le volte che mi chiedevano il motivo della mia decisione, dover nascondere tutto dietro ad un “non andavamo d’accordo”, fingere indifferenza, mentre tutto dentro me andava in frantumi.
Sono state settimane pesanti, prima che lui si rassegnasse all’idea che ero andata via, che quel noi si era ormai sgretolato del tutto.
Pensavo che a quel punto il peggio era passato, e invece mi resi conto che non fu così. Mi ero tirata fuori dal tunnel della violenza, ma mi toccava fare i conti con la realtà. Giorno dopo giorno mi guardavo intorno e mi rendevo conto che mi aveva tolto tutto.
Piangevo mentre mi guardavo allo specchio, a notte fonda, e mi chiedevo come era potuto accadere.
Pensavo a due anni prima, e mi rendevo conto che non mi mancava nulla.
Ero una comune 16enne, una studentessa liceale, con tanti amici, una vita piena. Avevo deciso di intraprendere la strada dell’agonismo, e quindi ogni sera era dedicata al karate. Ore ed ore dedicate per quella passione immensa. Allenamento dopo allenamento, mi preparavo a tutte le gare che prevedeva la tabella di marcia. Ogni mese una gara internazionale diversa, in una città diversa. Girare per l’Italia con un sogno in tasca, sostenuta dalla mia famiglia, la squadra che ogni atleta dovrebbe avere. Non mi avevano mai fatto mancare il loro supporto. Avevano sempre appoggiato ogni mia decisione, incoraggiato ogni mio obiettivo e mi avevano sostenuta in ogni percorso intrapreso. Sentivo il loro calore sempre, in ogni circostanza, su ogni tatami che calcavo. Non mi sentivo mai sola. Viaggi lunghissimi, emozioni forti, e un unico obiettivo. A caccia di medaglie, convocazioni nella nazionale giovanile, e intanto gli occhi che mi brillavano dinanzi ad ogni palazzetto.
Ero una privilegiata. Mi sentivo fortunata. Mi rendevo conto che non tutti i miei coetanei avevano la fortuna di potersi creare il proprio futuro con le proprie mai, e ricevere tutte quelle occasioni.
“Non mi mancava nulla!” Pensavo di continuo.
Quanto mi mancava quella spensieratezza, quella pace!
Ormai era cambiato tutto. I miei amici li avevo persi. La sua gelosia e qualche coincidenza poco fortunata, me li avevano fatti allontanare a poco a poco, e avvertivo la mancanza di quel pezzo di adolescenza che non potevo più avere indietro. Ormai erano legami che si erano interrotti, e di tempo ne era passato fin troppo.
“Indietro non si torna” pensai.
Avevo ancora la mia passione però. O per meglio dire quello che ne era rimasto.
Era andato malissimo quell’ultimo trimestre. Avevo fallito in tutte le gare importanti, miseramente. Ma oltre alle medaglie e alle occasioni mancate, avevo perso l’entusiasmo. Camminavo a piedi nudi sul tatami, quel posto che sapeva farmi vibrare l’anima, e l’unica cosa che sentivo era un senso di apatia.
Ero spenta. Completamente disinteressata a tutto. Sentivo di non riuscire ad assaporare più nulla. Il tempo mi scivolava tra le dita, e non sentivo di vivere a pieno.
Avevo perso ogni tipo di contatto con la mia vita, come se fossi un telespettatore che guarda dall’esterno.
Non ero entusiasta del mio percorso universitario, nonostante mi desse buoni risultati, il karate non mi dava più pace nè adrenalina, e avevo completamente perso ogni tipo di interesse per qualsiasi obiettivo, anche il più piccolo.
Mi guardavo allo specchio, e non mi piaceva per niente ciò che vedevo, da nessun punto di vista.
E mentre tutto crollava, fuori fingevo calma e spensieratezza.
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