#lager libici
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Matrix
E chi me lo doveva dire che sarebbe stato Zuckemberg ad avvisarmi che i servizi segreti mi stavano spiando? Potremmo chiamarlo il “paradosso Matrix”.
Venerdì scorso ero in treno, in viaggio da Roma a Bologna. Mi arriva un messaggio su Whatsapp: “Ciao Luca. Informazioni importanti sulla sicurezza. Questa è una comunicazione di sistema”. Penso subito a quelle truffe del tipo “papà ho perso il telefono, mi mandi i soldi?”. Scrollo, e mano mano capisco che non è uno scherzo. Meta, la multinazionale che gestisce i vari social e wathsapp, mi informa che il mio telefono ha subito un “attacco” da uno spyware molto sofisticato, che ha avuto accesso ad ogni contenuto presente all’interno della memoria, “mettendo a rischio la mia privacy”. Meta mi consiglia di cambiare telefono, perché lo spyware è cosi potente da non poter essere rimosso. Ma poi mi dice che se sono “un giornalista, o un attivista della società civile”, potrei trovare interessante rivolgermi a CitizenLab, per saperne di più, e mi mette un link per contattarli. Alle 18 sono in una casa e mi connetto in videocall con questo centro di ricerca basato all’Università di Toronto. Efficentissimi, mi spiegano che l’attacco informatico “è di alto livello”, che il tipo di software utilizzato è dei più sofisticati al mondo, ed è in uso solo ad agenzie governative. Si chiama “Paragon”, prodotto dalla Pragon Solution israeliana, e come dichiara la società stessa “fornito all’amministrazione Usa e ai suoi governi alleati”. I “target” di questa operazione mi spiegano, sono 90, sparsi in diversi paesi, e sono “giornalisti e attivisti sociali”. CitizenLab offre il suo supporto alle vittime di questa storia, ma per il telefono non c’è niente da fare: bisogna proprio buttarlo. Me l’ha ammazzato Paragon, ed era quasi nuovo ( mannaggia ).
Ora lo stanno dissezionando, per trovare tutte le tracce dell’incursione spiona. Ovviamente a me risulta chiarissimo il motivo di tanto costoso e morboso attenzionamento: chi si impegna nel soccorso civile in mare, e nella costruzione di reti di aiuto alle persone migranti, incarcerate nei lager libici o deportate nel deserto dalle autorità tunisine, è spesso trattato come un criminale, un “favoreggiatore dell’immigrazione clandestina”. Ma se tutta la narrazione sulla “lotta agli scafisti su tutto il globo terraqueo” si è sciolta nella pozzanghera putrida della gestione del caso Almasri, anche questa della cyberwar contro soccorritori e giornalisti d’inchiesta sgraditi al governo, promette bene.
In fondo siamo tutti spiati, ripresi, fotografati, registrati. Non servono i servizi segreti, bastano le protesi ipertecnologiche delle quali sembra che non possiamo più fare a meno. Siamo, come in Matrix, sempre connessi alla “macchina”, che ci inietta realtà virtuali funzionali al potere, dai magici effetti onirici sulle menti e dagli effetti anestetici sui corpi. Ma tutto questo strapotere sulle moltitudini che abitano questa parte di mondo, poi rivela come in questo caso, i suoi lati deboli: Matrix è anche la multinazionale della comunicazione, in competizione di “affidabilità per il cliente” con tante altre sul mercato, che ti manda l’alert per avvisarti che sei spiato dai servizi. Che ti consiglia anche di rivolgerti a chi, nel mondo degli spiati, si sta organizzando non solo per scoprire quando ti spiano, ma anche per trovare soluzioni tecnologiche che possano impedirlo. E quindi, io che non conoscevo CitizenLab di Toronto, mi sono fatto dei nuovi amici, alleati nella lotta contro le macchine.
Ma in fondo, cosa possono essere se non macchine, senz’anima né vergogna, coloro che con la scusa della “ragion di Stato”, fanno morire degli innocenti nel mar mediterraneo, o li condannano ad un inferno come quello che hanno ideato e costruito in Libia? Chi, se non ciniche macchine, si presenta davanti al paese per rispondere della incresciosa vicenda di un torturatore fatto fuggire e addirittura accompagnato al suo posto di lavoro in pompa magna, e in mezzo ad una montagna di ridicole bugie, non trova nemmeno il coraggio di dire che quei torturati, quelle ragazze stuprate, quei cadaveri pronti per le fosse comuni, sono inacettabili, chiunque ne sia il responsabile e qualunque sia la ragione di stato o non di stato?
Siamo dentro Matrix certo, e siamo un’anomalia. Siamo quelli della pillola rossa, e dunque tanti agenti Smith ci spiano, ci pedinano, orchestrano provocazioni per fermarci. Ma non ce la fanno, questo è il punto fondamentale. La loro costruzione del Male, ha difronte una “cospirazione del bene” che li preoccupa, che piano piano si allarga.
Ragionevolmente, ma davvero spiare a questo livello, dei giornalisti e degli attivisti che praticano la solidarietà, è questione di “sicurezza nazionale”? Ma chi ci crede? Forse, nel nostro caso, siamo anche in presenza di una Matrix, ma all’italiana. Una “Amatrixiana”. Ci scommetterei che quelli che si sono fatti beccare nell’operazione Paragon, sono i nostri. Luca Casarini, Facebook
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“Non mollerò finché non l’avrò trovata”.
La voce è quella di Giovanni Soldini, in quel momento ha 33 anni e sta correndo la Around Alone, la più dura regata intorno al mondo in solitaria mai concepita. Un uomo, una barca a vela, tre Oceani. Giovanni è terzo, dietro a Marc Thiercelin e Isabelle Autissier. È il 16 febbraio del 1999 e dalla radio di bordo arriva un Sos: l’imbarcazione Prb di Autissier, la prima classificata, si è cappottata e ora si trova alla deriva da qualche parte in mezzo al Pacifico, tra Auckland e Punta del Este, a 2000 miglia in linea d’aria circa da Capo Horn.
Giovanni non ci pensa due volte. Abbandona la propria rotta sicura a nord e si dirige a sud con la sua “Fila”, dritto contro l’Oceano in tempesta. Un solo pensiero in testa: salvare Isabelle, l’amica Isabelle, l’avversaria di decine di regate. Giovanni ha solo un vago segnale di soccorso e un’area di 5 miglia quadrate da setacciare palmo a palmo. Trovare uno scafo rovesciato in un tratto di mare di quelle dimensioni, in balia di cavalloni alti 4 metri, tra i chiaroscuri di un’alba che non arriva mai, è un po’ come cercare una pallina da flipper in un campo da football. Ma Giovanni non si dà per vinto. Non può farlo. Ha deciso. “Non mollerò finché non l’avrò trovata”.
Prima di essere un velista di fama mondiale, Giovanni è un marinaio, conosce le leggi del mare e i codici della navigazione. Giovanni non crede in Dio, ma sa che la vita là in mezzo è sacra. Dopo quasi un’ora di furibonda ricerca, alle 5.55 ora locale (le 15.25 in Italia), Giovanni trova la Prb, porta in salvo Isabelle e invia un succinto comunicato al centro operativo di gara: “Salve, qui Fila. Isa è a bordo con me. Stiamo tornando in gara.”
Giovanni fa sul serio. Riprende la rotta a nord, recupera il tempo perso, rimonta chi nel frattempo l’ha superato, scavalca Thiercelin e, meno di due mesi più tardi, il 9 maggio dello stesso anno trionfa sul traguardo di Charleston (South Carolina). È il primo italiano ad aver vinto un giro del mondo in solitaria, il primo uomo ad averlo fatto dopo aver salvato una donna, una concorrente, un’amica. Un essere umano.
Sono passati 25 anni esatti da allora e cinque dal post a cui sono in assoluto più legato. Giovanni tra pochi giorni compierà 58 anni, nel frattempo ha stabilito un’altra decina di primati e infranto ogni record in infinite specialità diverse. Al suo fianco, in ogni vittoria e nelle rare sconfitte, per cinque anni c’è stato un marinaio che di nome fa Tommaso Stella, 7 anni meno di Giovanni e una vita passata al timone.
A un certo punto Tommaso ha salutato Giovanni ed è partito volontario per una nuova missione: salvare vite in mare con una ong nel Mediterraneo. Niente più gare, niente più record, nessun avversario da battere. Soltanto silenzio e acqua a perdita d’occhio, per miglia e miglia. E poi la disperazione umana che ti arriva addosso all’improvviso, insieme a 60 migranti a bordo di un gommone non più lungo di un pulmino e non più largo di una Panda, perso da qualche parte alla deriva, a mollo sopra un cimitero senza croci né lapidi, inseguito da una motovedetta libica carica di uomini armati.
Tommaso carica i migranti a bordo della sua barca a vela, che si chiama Alex e curiosamente ricorda quella di Giovanni, e fa rotta verso l’Europa a tutta velocità, seminando i libici e il terrore e l’inferno dei lager, anche se quello non se ne va mai per davvero. A un certo punto sembra quasi una gara, come ai vecchi tempi con Giovanni, ma in palio ora non c’è un trofeo, e il cronometro segna solo il tempo che separa le persone dal limite di sopportazione umana. E gli arbitri non sono più giudici di gara, come un tempo, ma leggi disumane, governi spietati e ministri che giocano sulla pelle dei migranti, sulla pelle di tutti loro. E in quel momento Tommaso forse si ricorda di Isabella e di quella regata nel Pacifico di vent’anni anni prima e si chiede cosa avrebbe fatto Giovanni al suo posto. È un attimo, prima di puntare la prua verso il porto sicuro più vicino, senza chiedere il permesso a nessuno, senza chiedersi i rischi che corre, le multe che dovrà pagare, le leggi che violerà. In mare è tutta questione di tempo, e qui è scaduto da un pezzo, ogni attimo potrebbe essere decisivo. Tommaso attracca al molo di Lampedusa alle 5 di pomeriggio di un sabato di luglio di cinque anni fa, insieme ai 46 migranti rimasti e agli altri dieci uomini dell’equipaggio. Rimedia 16mila euro di multa e un’indagine per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, ma non è mai stato così felice nella sua vita. Si sente pieno, realizzato. Un uomo. Come mai gli era capitato prima di allora.
Giovanni in quel momento è a casa, in attesa di preparare una nuova sfida, quando apprende, come tutti, dell’impresa del suo vecchio skipper e compagno di tante traversate. E, quando un giornalista gli chiede cosa ne pensa, lui che da quarant’anni solca i mari di tutto il globo e ha visto passare più acqua sotto lo scafo che tutti i leghisti, i razzisti e gli hater di Italia messi insieme, Giovanni dice solo due cose. Dice: “Bravo Tommaso, hai fatto il marinaio”. E poi spiega meglio: “Da migliaia di anni queste cose esistono. I romani e i greci tiravano su la gente, mica la lasciavano in mare. Quando trovi uno che galleggia per miracolo, intanto lo tiri su. I distinguo, per quanto mi riguarda, si fanno a terra. Cinquanta persone su una barca da 18 metri sono una situazione di sopravvivenza. E, credetemi, se trascorri 48 ore in mare, i dubbi ti passano.”
Uno di cognome fa Soldini, l’altro Stella. Sono capitani, sono marinai, sono italiani. Sono colleghi, sono vecchi amici che avresti voglia di abbracciare. Sono vita vissuta controvento, sono alberi maestri che non si piegano, sono pelle scottata al sole, sono storie di mare. Sono Storia di un Paese che vogliono cancellare, nascondere, censurare, infangare, incriminare, e che abbiamo il dovere di raccontare.
Lorenzo Tosa
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Vedo, prevedo e stravedo che a seguito di questa virata della realtà verso un episodio di The Boys, tutta una serie di facce note e meno note nostrane di precisa fazione politica inizieranno a dire che l'attentato a Trump è colpa della sinistra, di antifa, che la sinistra è violenta e ha armato l'attentatore (indipendentemente da quello che verrà fuori sul tizio che è stato ucciso).
Costoro ovviamente sorvoleranno non solo sulla realtà dei fatti ma sopratutto sull'aver per anni (decenni?) chiesto di:
poter sparare ai criminali senza un equo processo con la scusa della legittima difesa
manganellare chi protesta contro le istituzioni quando al governo ci sono persone di loro gusto
affondare barche con sopra gente disperata
rimandare nel deserto o nei lager libici i migranti
arrestare chi per protesta blocca il traffico
bruciare i campi rom (preferibilmente con la gente dentro)
etc.etc.etc.
Ora non trovo la copertina di non ricordo se libero/ilgiornale con Prodi impiccato a una gru ma fate come.
.......
Per quanto riguarda Trump in definitiva da ieri o tifate colesterolo o si fotte con le sue mani andando in iper paranoia/delirio da qui a novembre. Per lo stesso discorso di cui sopra se adesso uno sparasse a Biden le reazioni gop/maga sarebbero "He deserved it/It was staged." Personalmente voglio iniziare a drogarmi.
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Scarcerato Abedini, scarcerato Al - Masri, le prigioni italiane hanno le porte girevoli con la destra; dovrei dire “presunto” terrorista il primo e “presunto” torturatore dei lager libici il secondo, ma il fatto che siano stati entrambi scarcerati elimina la presunzione di innocenza e ci fornisce la certezza delle accuse che ricadono sul loro capo.
Del primo è apparso chiaro a tutti lo scambio di prigionieri: Abedini per Cecilia Sala, ma dubito che il semplice salvataggio di una giornalista italiana possa aver fatto scarcerare un pericoloso terrorista, colpevole di aver fornito ai terroristi mediorientali strumenti bellici che hanno ucciso diversi soldati americani, dev’esserci dell’altro, e lo testimonia il volo precipitoso di Giorgia Meloni a Mar-a -Lago per prendere ordini da Trump.
Su Almastri, invece, la spiegazione è più semplice, senza la complicità delle bande armate libiche che tengono in campi di concentramento migliaia di migranti sub-sahariani pronti a sbarcare in Italia, il misero castello di carta della lotta all’immigrazione crollerebbe del tutto.
Per cui, Al - Masri è un criminale, uno che lucra sulla pelle dei migranti, che spreme la loro miseria, che si approfitta dei loro corpi facendone ciò che vuole per puro gusto del divertimento, e cancellandone le menti, cosa che fa ogni pensiero concentrazionario che si rispetti.
Arrestare e scarcerare due individui che lucrano sulla morte altrui non è un segno di forza per uno stato sovrano, ma un segno di estrema debolezza, e per fugare quest’alone di debolezza che ci stiamo creando nel mondo, questo governo sarà costretto a mostrare i muscoli con i più deboli: la scarsa opposizione interna e i migranti in patria, l’appiattimento sciocco e pericoloso col padrone USA Trump e col padrone del mondo virtuale, nonché futuro padrone di Marte, Musk.
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Questo è il momento esatto in cui Nicola Fratoianni ha mostrato in Parlamento al ministro Nordio l’immagine di una migrante etiope torturata nei lager libici dal criminale di guerra Almasri.
Il suo nome è Zenab Nagaho, 16 anni.
Poi Fratoianni ha spiegato perché.
“Signor ministro della Giustizia, mi dica una cosa: questa bambina e le torture inferte sul corpo di questa bambina quando sono state fatte dal criminale di guerra Almasri, secondo lei che ha approfondito così bene? Perché questo è il punto della questione. E bisogna che al punto si torni una buona volta.
E allora lei, ministro, che ha studiato con tanta attenzione, quando è stata torturata quella bambina da Almasri? Nel 2014? Nel 2012? Nel ‘15? Nel ‘16?
Ce lo dica, visto che in nome di questa ricostruzione ha giustificato una scelta politica e l’ha rivendicata come tale. Lei si è assunto la responsabilità di non fare il suo dovere e di consentire che un criminale fosse prima liberato e poi riaccompagnato a casa. L’onta d’infamia sull’Italia resterà per sempre”.
Esattamente.
A chi ha lasciato libero un torturatore e criminale internazionale, auguro che questa immagine perseguiti le loro coscienze. Ammesso che ne abbiano una.
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Delirano su Gaza e su Putin liberatore, in letargo su Libia e su tutti i nuovi campi di sterminio delle dittature arabe.
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LA MELONI VUOLE TRASFORMARE L'ALBANIA IN UN CAMPO DI CONCENTRAMENTO
di Redazione Che bella notizia, a dire che siamo in mano a un governo che ideologicamente e praticamente si comporta da nazifascista non siamo più solo noi a dirlo. Riportiamo l’articolo intervista a don Martino di Migrantes e che è uscito su l’agenzia DIRE l’8 novembre 2023. Migranti, don Martino (Migrantes): ‘Da lager libici a campi di concentramento in Albania’ Home » Mondo » Migranti, don…
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Il Papa, 'la situazione dei migranti è una crudeltà'
E’ “una crudeltà, una terribile mancanza di umanità”: così il Papa ha commentato con i giornalisti in volo verso Marsiglia la situazione che sta portando a numerosi sbarchi di migranti a Lampedusa e in altre zone di approdo. “Li tengono nei lager libici e poi li buttano a mare”, ha aggiunto il Pontefice guardando la foto di una mamma migrante con il figlio. A Marsiglia “spero di avere il…
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A luglio erano 150.000 i profughi ucraini che abbiamo (giustamente) accolto.
Ma quando si tratta degli africani che fuggono dai lager libici, sembra che anche solo uno in più possa deformare lo spazio-tempo e farci sprofondare negli abissi.
Ci rendiamo conto della pagliacciata? [L'Ideota]
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Geo Barents salva 69 migranti e documenta l'ennesimo respingimento: Hanno minacciato di spararci
Perché la guardia costiera libica ci tiene così tanto a riprendersi i migranti, a costo di minacciare di aprire il fuoco contro le navi ONG? Non credo sia per gli accordi stipulati con l'Europa, immagino anzi che con quelli ci si puliscono il deretano. È più probabile che vogliano spennare ulteriormente i disperati obbligati a fare tappa da loro. Non li hanno ancora derubati a sufficienza, devono estorcergli il denaro per un nuovo tentativo di fuga.
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...immagini di alcuni profughi appena scampati ai lager libici entro cui sarebbero sicuramente morti...di fame
Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?
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LA RUSSIA, L'UCRAINA E IL PACIFINTISMO DI SALVINI: IL FOCHISTA CON L'ACCENDINO SEMPRE IN TASCA Ehi, tu. Sì, dico proprio a te, che chiami i lager libici "centri all'avanguardia", e le torture "retorica". Tu che oggi ti scopri pacifintista, depositando i fiori di fronte all'ambasciata ucraina ma nell'aria ancora l'eco della tua frase "io credo che la Russia sia sicuramente molto più democratica dell'Unione Europea". Dico proprio a te, Matteo Salvini, che per anni hai soffiato sul fuoco della delegittimazione delle istituzioni europee. Tu, che hai urlato "io farei a cambio e porterei Putin nella metà dei Paesi europei", e oggi biascichi sulla parola pace e vorresti insegnarla dal basso delle tue scommesse politiche fallite. Tu, che hai puntato sulla roulette del disfacimento dell'Europa, e prima ancora della secessione dall'Italia della Padania, poi sull'indipendenza, salvo poi riscoprirti nazionalista e andare a cena con Casa Pound. Tu, che hai cantato "senti che puzza, scappano i cani, stanno arrivando i napoletani", e oggi ti ergi a insegnante contro le discriminazioni territoriali, e pretendi di non suscitare riprovazione. Dai, raccontacela ancora la barzelletta per cui i profughi bianchi sono più profughi degli altri. Dico a te, Matteo Salvini, che hai deambulato per anni fra l'incendiario sociale e le bevute al Papeete. Elefante fra la cristalleria sociale, sei entrato cavalcando la Bestia e hai frantumato le speranze degli uomini più frangibili, appoggiando sempre "l'uomo forte", con il pugno di ferro, ma solo quello. Io me le ricordo tutte le tue dichiarazioni: "Putin è uno dei migliori uomini di governo che ci siano in questo momento sulla faccia della Terra", ricordi quando lo dicesti? O quando pontificavi: "Se avessimo Putin anche in Italia staremmo sicuramente meglio". Tu che oggi dici di voler partire per l'Ucraina, poi valuti le condizioni, poi scherzavi, poi era il tuo ufficio stampa, infine decidi di fare un altro post su un nero che ruba, perché nell'attesa di un missile risolutivo, quel post ha sicuramente un signor algoritmo che lo aspetta. Tu che proponi "la pace" ma in questi anni sei stato in grado soltanto di fare la guerra agli ultimi. Tu che hai chiuso porti, bloccato ricongiungimenti familiari e fatto il pizzicorino all'algoritmo, cercando l'ultima notizia di cronaca di un paesino sperduto, e poi hai esultato alla scoperta di un gatto randagio arrostito da un immigrato da poter condividere. Proprio tu oggi parli di mediazione e di trattativa. Come se Crudelia De Mon tenesse una conferenza stampa contro l'abbandono degli animali da affezione. Tu, che hai alternato panini, sagre e magliette con la faccia di Vladimir Putin. Tu, che sei volato a Mosca per fare le dirette dalla piazza Rossa elogiando un dittatore, fra una sagra della porchetta e una bambola gonfiabile fra le mani di un presentatore leghista che ammiccava a Laura Boldrini, e le risate del tuo pubblico prima del tuo ingresso. Dico a te, Matteo Salvini, che ti scopri accogliente con i profughi, ma solo quelli bianchi. Che come dice la tua parlamentare Susanna Ceccardi, altrimenti finisce che "tutti gli africani passano dall'Ucraina per entrare in Europa". Che sarebbe come dire che per andare a Parigi passo comodamente dall'Australia. Matteo Salvini sei un fochista, un incendiario, per anni sei stato il paravento in Europa della politica di Vladimir Putin, e oggi non sei credibile quando ti ergi a pacificatore. Ogni tua azione oggi non può prescindere dalle scuse e dal silenzio politico perpetuo. Sono semplicemente troppi, trent'anni di dichiarazioni fallaci per poter essere sopportati o dimenticati. Matteo Salvini, ti saluto ricordandoti una tua frase, urlata qualche tempo fa in uno studio televisivo nazionale, irridendo i tuoi stessi spettatori: "Qualcuno in questo studio, o a casa, ha paura di essere invaso dai russi stanotte? Ma non penso!" Matteo Salvini ti rivelo un segreto: tutti noi abbiamo paura, ieri e oggi. E' la paura della consapevolezza, perché certi timori non sono da codardi, ma da chi conosce l'imprevedibilità delle dittature, e la difficoltà di rovesciarle senza scatenare la terza guerra mondiale. Pensaci, se l'azione per una volta ti aggrada. Saverio Tommasi
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42 fucilati nel ventennio su sentenza del Tribunale Speciale. 28.000 anni di carcere e confino politico. 80.000 libici sradicati dal Gebel con le loro famiglie e condannati a morire di stenti nelle zone desertiche della Cirenaica dal generale Graziani. 700.000 abissini barbaramente uccisi nel corso della impresa Etiopica e nelle successive "operazioni di polizia". I combattenti antifascisti caduti nella guerra di Spagna. 350.000 militari e ufficiali italiani caduti o dispersi nella Seconda Guerra mondiale. I combattenti degli eserciti avversari ed i civili che soffrirono e morirono per le aggressioni fasciste. 45.000 deportati politici e razziali nei campi di sterminio, 15.000 dei quali non fecero più ritorno. 640.000 internati militari nei lager.
Ecco la "parte giusta" della storia, Giorgia... ...mavaffanculo, vai.
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Posted @withregram • @baobabexperience Perché un'Università pubblica, il Politecnico di Torino, fa affari con Frontex? Frontex - l'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera - è una istituzione quantomeno opaca: ⚫ sotto processo alla Corte di Giustizia europea per gravi violazioni dei diritti umani nei confronti di migranti respinti nel Mar Egeo; ⚫ accusata di pushback violenti sulla Rotta Balcanica e di complicità nell'azione di intercettazione nel Mediterraneo di donne, uomini e bambini, poi deportati nei lager libici; ⚫ oggetto di continue inchieste giornalistiche e denunce del mondo attivista e solidale per il coinvolgimento in attività di respingimenti illegittimi e violenti alle frontiere UE; ⚫ e addirittura sottoposta a indagine delle stesse istituzioni europee. #AbolishFrontex #frontex #noborders https://www.instagram.com/p/CWbQ2TINlRg/?utm_medium=tumblr
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I lager italiani in Libia: ne eravamo già informati, eccome
Sul Corriere della Sera si legge che in Italia si è rimossa la vicenda orribile dei campi di concentramento in Libia. Non è vero. Basta documentarsi. A parte che ne hanno scritto in diversi, tra cui Del Boca e il sottoscritto (anche nel mio ultimo libro Bazar Mediterraneo), il primo a farlo estesamente nel 1979 è stato il giornalista e scrittore Eric Salerno, grande inviato di esteri, in un libro, appena rieditato e aggiornato, “Genocidio in Libia” (Manifestolibri, pp. 150, euro 14). Oltre 100mila morti libici in 13 campi di concentramento in Cirenaica e nella Sirtica, la deportazione dei libici verso l’Italia in condizioni spaventose, l’uso dei gas contro la popolazione civile. Nel 2008 un altro libro di Salerno (Uccideteli tutti-Libia 1943, Il Saggiatore) aveva fatto un resoconto anche del campo di concentramento per ebrei istituito dal regime fascista in Tripolitania dove morirono 600 persone mentre le altre vennero eliminate dai tedeschi a Bergen-Belsen.
Alberto Negri
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