#l'ero di cui avevo bisogno
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mossmx · 30 days ago
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@messy-and-bi
la gif viene da uno dei momenti –a mio modesto parere– più iconici della tv italiana, stavano facendo delle interviste ai ragazzi della scuola reclute ai tempi della leva obbligatoria.
Qui il video, questo anonimo idolo risponde Intervistatrice: Scuola reclute, esperienza positiva o negativa? Ragazzo biondo: Mah...Non lo so, io ne ho piene le balleee (risata nervosa) Comunque è un'esperienza negativa... senz'altro ha... diciamo che ha... Positiva perchè formativa come esperienza negativa, è l'unica cosa positiva che gli riconosco.
Da cui la gif, che ho fatto io di persona perchè è una delle frasi che uso più spesso e avevo bisogno della gif come reaction per tutte le volte che succede una cosa di merda ma almeno possiamo dire di aver imparato XDDD
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gregor-samsung · 11 months ago
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“ Gli uomini tutti d'un pezzo dove li aveva mai visti?, insistevo. Erano quelli capaci di vere inclinazioni, rispose. Proprio il contrario dei personaggi, che avevano sempre bisogno di decidersi per fare qualcosa, e quando poi la facevano non era per farla ma per fare come gli altri... Se neppure io lo sapevo qual era l'idea che avevo di me stesso! Si, doveva esserci una smagliatura, tra me e me, di cui bisognava pur venissi a capo. Mi pareva di non sentire amore o anche rallegrarmi come immaginavo accadesse agli altri, con naturale abbandono. Glielo avevo confidato io una volta! E poi per orgoglio e necessità me l'ero accollata questa supposta diversità, l'avevo costruita, difesa, mi ci ero adattato, ostinato, barricato dentro, e avevo finito per preferirla. Ma era forse solo una maschera che col tempo sarebbe caduta, o una mia ipotesi tutta ancora da accertare nei fatti. Come poteva lui ritenermi incapace di vere inclinazioni, e io stesso crederlo, se non avevo mai avuto fino ad oggi una qualsiasi esperienza che me lo confermasse? E oggi, ecco, l'occasione si presentava. Oggi alle sei. Dovevo rifiutarla per rimanere nel vago, oppure dovevo approfittare e farla con Mira l'esperienza — oggi — alle sei — per saperne di più su me stesso? In fondo era lui a spingermi a questo, a provocarmi ritorcendo contro di me quanto gli avevo confidato. Solo se lo avessi smentito, mi dicevo, avrei potuto riconquistare la sua ammirazione e fors'anche la sua amicizia, sì solo così sarei passato nella prima categoria, quella degli uomini, che lui rispettava... L'occhio nel labile specchio del finestrino mi stava guardando carico d'apprensività — non erano i miei, per l'appunto, i pensieri di un personaggio? — e già mi comunicava il solito disagio quando di colpo l'immagine sparì insieme con gli alberi della Villa Comunale. “
Raffaele La Capria, Un giorno d'impazienza, Bompiani, 1976, pp. 17-18.
 NOTA: L’edizione del 1976 è una riscrittura dell'opera prima dell’autore pubblicata nel 1952.
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lunamagicablu · 6 months ago
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Per molto tempo mi sono fatta a pezzi cercando di interpretare i personaggi di cui gli altri avevano bisogno nelle loro pagine e nelle loro storie. Cercherei di ricordare le battute che pensavo avessero bisogno che io pronunciassi e le trame che volevano che seguissi. E così sono diventata un collage di personaggi. Piccoli frammenti di persone diverse, tutti un po' sfilacciati ai bordi. E a volte facevo grandi cose e a volte commettevo errori. Quindi a volte sono diventata l'eroe e qualche volta sono diventata il cattivo. Non importa quanto involontariamente. Ma va bene. Ho capito che va bene. Perché da allora ho imparato che non sono un personaggio della storia di qualcun altro e non ho bisogno di farmi a pezzi per cercare di adattarmi. Sono la mia persona. Ho le mie pagine. La mia storia. E invece di diventare un collage di chi pensavo di dover essere, L'ho capito da sempre... che avevo sempre e solo bisogno di essere me stessa. Becky Hemsley 2023 art by Lucy Grossmith ************************** For a long time I would tear myself to pieces trying to play the characters that other people needed on their pages and in their stories. I would try to remember the lines I thought they needed me to speak and the plots they wanted me to follow. And so I became a collage of characters. Tiny scraps of different people all a little frayed at the edges. And sometimes I would do great things and sometimes I would make mistakes. So sometimes I became the hero and sometimes I became the villain. No matter how unintentional. But that’s ok. I’ve realised that it’s ok. Because I’ve since learned that I’m not a character in someone else’s story and I don’t need to tear myself apart trying to fit in. I am my own person. I have my own pages. My own story. And instead of becoming a collage of who I thought I needed to be, I’ve realised all along… that I only ever needed to be myself. Becky Hemsley 2023 art by Lucy Grossmith 
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heresiae · 2 years ago
Note
mi sento chiamata in causa xD
ecco cosa succederà appena entrerete nel raggio d'azione dell'assistenza sanitaria dopo essere stati morsi da una vipera:
immediata vincita di una vacanza di due giorni presso la struttura sanitaria meglio indicata a gestire il vostro caso. non vi preoccupate, i letti sono ottimi
spaesamento del personale perché verrete tenuti nei reparti di urgenza, dove i pazienti generalmente deambulano poco o per niente (a volte manco sono coscienti) e voi invece avrete normali bisogni fisiologici umani, come mangiare (questo nel caso vi tengano nel reparto dove vanno tutti i post operazione, come a me. dovevo ricordargli che avevo anche bisogno di andare in bagno)
tanta eparina. una volta usciti di lì vi daranno pure la ricetta per farvi le punture da soli una volta al giorno (sulla pancia). non sono simpatiche, ma vi toccano.
valanghe di amici e familiari in totale panico, ma state calmi, è solo un morso di vipera. l'unica cosa che ho avuto io è un braccio gonfio (morsa sul dito) e una storia per rompere il ghiaccio da qui fino alla morte (non sono stata morsa accidentalmente, me la sono andata a cercare xD)
opzionali se vi siete fatti mordere in contesti che non sono quelli a cui associamo normalmente la presenza delle vipere:
incredulità (al punto che, con me, ci è voluto un dialogo di mezz'ora tra l'ospedale e il CAV - Centro Anti Veleni - per stabilire se ero effettivamente stata morsa da una vipera, perché i segni dei morsi non erano sufficienti. ma siccome me l'ero andata a cercare, io avevo pure delle foto. era in Torino)
processione di metà del personale sanitario del resto dell'ospedale per sapere come avete fatto a farvi mordere da una vipera
arrivo delle forze dell'ordine per sapere come cazzo avete fatto a farvi mordere da una vipera, in che luogo e che cosa ne avete fatto (se l'avete fatto apposta, badate di dare un motivo socialmente accettabile, eroico quasi xD)
l'interezza della vostra bolla sociale che vi dirà a seconda del caso "cazzo che sfiga" o "però potevi farti anche i cazzi tuoi"
in ogni caso, quando andrete in ospedale: armatevi di carica batterie, cavi di alimentazione molto lunghi e, la seconda cosa che dovrete chiedere dopo "quando si mangia" è "per favore posso avere una presa per il mio carica batterie?"
fidatevi. gli ospedali non hanno prese normali e a quanto pare i reparti si fottono a vicenda le prese da dare ai pazienti. non ce ne sono per tutti.
also, per tutti gli autistici là fuori: la vipera ha una testa romboidale la cui forma la separa molto bene dalla coda. un biacco invece ha la punta del muso tondeggiante e non si distingue dove finisce la testa e dove inizia la coda. il biacco ha anche un'estetica meno aggressiva di una vipera, ma qui vi conviene farvi dei confronti tra l'uno e l'altro su google. una vipera può sembrare un piccolo biacco se, come me, testa triangolare con una coda significa un puntatore del mouse molto lungo. i biacchi mossono essere molto più grossi delle vipere.
per anni ho ripetuto la descrizione che ha fatto Kon della vipera nella mia testa (che è quella standard) ma sono riuscita comunque a non riconoscerne una a un metro di distanza. poi vidi la luce appena un cappellano toscano usò la parola "romboidale".
tra l'altro, mi sa che la mia idea di "tozzo" non coincide con quella del resto dei neurotipici. tutto avrei detto del mio aspide tranne che avesse la coda tozza.
LLAP
Dottore cosa bisogna fare se si viene morsi da una vipera? Ce lo spiega per bene come fa sempre lei? Grazie in anticipo
COSA BISOGNA FARE SE SI VIENE MORSI DA UNA VIPERA
Cacciare tre madonne assassine in rapida successione.
Guardare se il serpente che si è giustamente difeso ha il muso tondo e la coda appuntita (serpente innocuo) oppure il muso triangolare e la coda tozza (vipera).
Osservare il morso e tenere a memoria se sono presenti quattro file di fori (serpente innocuo) o solo due con bucature più grosse all'apice (fori di denti veleniferi).
Comunque andare lo stesso ma sempre con calma in pronto soccorso (per farsi ridere dietro dal personale sanitario perché piangenti e in panico in modo immotivato) e se veramente avviperati, farsi iniettare del banale cortisone per evitare che la parte morsa si gonfi troppo. Ah, già... anche l'antitetanica, perché è più facile morire per quello che per un morso di vipera (la LD50 del veleno è alta - 1 mg/kg di peso - ma ne inietta solo tra i 10 e i 20 mg, quindi pericolosa solo per bambini piccoli e cani)
NON INCIDERE IL MORSO perché la diffusione è per via linfatica e rischiereste di farlo penetrare nel flusso sanguigno. Basta comprimere SENZA posizionare lacci emostatici.
In Italia vengono morse una media di 300 persone all'anno e la mortalità è dello 0,1% (sempre per patologie concomitanti). È più facile morire per shock anafilattico da siero antiofidico, quindi non urlate per averlo (tanto non lo tengono più).
Al massimo vi succede questo:
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Per concludere, che vi abbiano morso o meno, non uccidete i serpenti... siete voi che siete entrati a casa loro facendo casino e loro ve lo hanno fatto notare nell'unico modo che conoscono.
Grazie.
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emmalynthewriter · 5 years ago
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Le acque della fortuna
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                                            Le acque della fortuna
Era una calda sera d'estate, e a spasso lungo la costa del Pacifico, Winter non riusciva a darsi pace. Tutt'altro che tranquillo, non smetteva di nuotare ormai da ore, e più il tempo passava, più il suo mal di testa aumentava. Ad essere sincero, non aveva davvero idea di cosa gli stesse accadendo, ma una cosa era certa, non era piacevole. Solo poco tempo prima aveva deciso di allontanarsi dalla sua famiglia alla ricerca di un pizzico di solitudine, certo che anche solo un attimo gli sarebbe bastato, ma con il liquido specchio in cui nuotava ormai diventato capace di raffreddargli il corpo ad ogni movimento, e la luce della luna vi si rifletteva danzando sulla superficie, elegante e leggiadra, all'improvviso non era più così sicuro. Scuotendo la testa, tentò di allontanare i brutti pensieri, e fallendo anche in quel misero intento, si arrese. Richiuso in sè stesso e nel suo silenzio, si mise in ascolto, sperando di sentire, anche in lontananza, le grida della sua famiglia, ma nonostante tutto, niente. Il nulla più totale. Sconfortato, si sforzava nella speranza di riuscire a sentirli, ma attorno a lui, oltre al buio e al freddo di quelle profondità che si era ora azzardat a toccare, neanche il minimo cambiamento. Nessuno chiamava il suo nome, nessuno lo stava cercando, e senza più la luce del giorno a fargli da guida in quel così vasto oceano, lottò per tenere gli occhi aperti e orientarsi al meglio, fermandosi non appena notò qualcosa nell'acqua. Spinto dalla curiosità, si mosse in fretta in quella direzione, e fu allora che la vide. Sobria, splendente e abbandonata sul fondale, una vecchia collana fatta interamente di conchiglie bianche come la sabbia che per qualche istante gli oscurò la vista. A suo dire troppo bello per essere dimenticato, quel rudimentale gioiello non meritava una fine tanto triste, così, inabissandosi ancora, si decise. Veloce, il delfino la raccolse muovendo appena le pinne, e in silenzio, lo indossò come se gli appartenesse. Era un maschio, non una femmina, era ovvio, ma almeno per il momento, decise, l'avrebbe conservato. In totale onestà non sapeva se in origine quella collana fosse appartenuta a un altro animale marino, ad un umano a lui sconosciuto o a un membro della sua specie, e qualunque fosse la verità, lui aveva intenzione di scoprirla. Fu quindi questione di attimi, e animato da una forza che non credeva di possedere, il giovane Winter ignorò la stanchezza, continuando a nuotare senza fermarsi e sfidando la corrente che intanto aveva iniziato ad agitarsi, minacciando di vanificare tutti i suoi sforzi. Se aveva iniziato era stato per distrarsi, sgranchirsi le pinne e liberare la mente, ma ora, grazie a quel ritrovamento, tutto cambiava. Più fiducioso e sicuro di sè stesso, ora aveva una missione, e tenendo fede a quella promessa, non osò fermarsi. Passarono così altro tempo, altri minuti e altre ore, e durante quel viaggio improvviso, nato da un desiderio di giustizia, Winter si fermò a pensare. Stava davvero facendo la cosa giusta? Avrebbe soltanto perso tempo? Il legittimo proprietario della collana l'avrebbe almeno ringraziato? O era soltanto una follia. Non lo sapeva, non ne era sicuro nè poteva esserlo, ma stoico, sfidò ancora le acque. Provato da una stanchezza che non riuscì a sopportare, però, si ritrovò costretto a risalire in superficie e respirare, e nel farlo, all'orizzonte, sentì e vide qualcosa. Contrariamente a ciò che pensava, non qualcuno della sua famiglia, nè un suo simile dalla pelle grigio perla, ma bensì una barca. Sorpreso e spaventato, lanciò un grido, e abbassando il capo, sparì di nuovo fra i flutti. Protettiva sin dal giorno della sua nascita, sua madre non aveva fatto altro che metterlo in guardia dai pericoli del mare, fra i quali si annoveravano proprio le barche. "Sta lontano dai loro motori, Winter, e fa attenzione." Gli ripeteva sempre, preoccupata e attenta al suo benessere. Curioso com'era riguardo al mondo esterno, Winter si era sempre limitato ad annuire e ignorarla, troppo impegnato a giocare con gli amici per ascoltarla davvero, e proprio allora, ecco che si malediva. Lenta, la barca scivolava sull'acqua, e nascosto appena sotto il pelo dell'acqua, il giovane delfino chiuse gli occhi, e non osando fiatare, rimase in attesa. Nel silenzio, sentì le vibrazioni dell'acqua colpirgli la pelle, e non appena l'acqua smise di agitarsi, riemerse. Guardandosi intorno, trattenne il respiro senza volerlo, facendo saettare lo sguardo in tutte le direzioni. Così, guardingo, non si muoveva di un millimetro, tentando di ignorare il naturale movimento dell'acqua che lo costringeva a spostarsi di continuo, non sentì nè vide nulla. "Bene, pericolo scampato." Pensò, respirando a fondo per calmarsi. I minuti sembravano ore, e senza più dire o pensare altro, il delfino rimase lì dov'era, tremando di paura. "C'è mancato poco, vero?" disse una voce alle sue spalle, sorprendendolo. Voltandosi di scatto, Winter sentì il cuore perdere un battito, e fu allora che la vide. Dalla pelle chiara e lucente, una femmina della sua specie, con un fiore rosa appena accanto allo sfiatatoio e un sorriso sul muso. "Scusa, cosa?" le chiese lui, confuso e stranito. "La barca. L'ho vista anch'io, per fortuna non ci ha trovati." Gli rispose lei, non riuscendo a trattenere una risata. Alle sue parole, Winter mantenne il silenzio, e soltanto guardandola, potè giurare di vedere un lieve rossore emotivo imporporarle il muso. No, che stava pensando? Si erano praticamente appena conosciuti, avevano scambiato due sole parole, non poteva essere. Incerto sul da farsi, lui agitò la coda smuovendo senza volerlo una massa d'acqua, che spostandosi, solleticò entrambi. "Che stai facendo?" azzardò allora lei, colpita. "S-Scusa, non... non volevo." Balbettò lui in risposta, imbarazzato. "Su, non fa niente, capita. A proposito, sono Pearl." Continuò poco dopo la giovane, presentandosi. "Winter." Rispose subito lui, l'imbarazzo ancora sul muso e negli occhi. "Piacere di conoscerti, Inverno." Scherzò lei in risposta, scoppiando a ridere come la cucciola che più non era. Silenzioso, lui la guardò senza capire, e all'improvviso, il significato di quella battuta lo colpì in pieno. Alzando gli occhi al cielo, decise di stare al gioco, e sfiorandola con la coda, sorrise. "Piacere mio, Perla." Replicò, rigirandole quello scherzo e rispondendo per le rime. Divertita, Pearl rise ancora, e notando appena oltre l'orizzonte qualcosa che l'amico non vide, si voltò. "Mi spiace, devo andare. A presto." Si scusò, per poi abbassare la testa e sparire in quel calmissimo specchio d'acqua. Colpito da tanta fretta, Winter non seppe cosa dirle, e lasciandola andare, sentì mille parole morirgli e spezzarglisi in gola. L'aveva appena conosciuta, ed era vero, ma per quanto ne sapeva avrebbe potuto essere lei la proprietaria della collana che aveva con sè. Perdendosi nei suoi pensieri, si convinse che la nuova amica non l'avesse notata, e relegando quel dettaglio in un angolo della mente, andò per la sua strada. Dopo un tempo che non riuscì a definire, fatto di secondi, minuti e ore interminabili, riuscì finalmente a tornare a casa, accolto dagli sguardi e dalle parole colme di stupore dei familiari. "Winter! Dove sei stato per tutto questo tempo? Sono passati giorni, eravamo preoccupati!" lo riprese la madre, inviperita. "Già, dov'eri?" tentò il padre, dando manforte alla compagna di vita. Silenzioso come sempre, lui non rispose, e abbassando lo sguardo, ben sapendo che quelli di tutti gli altri non avrebbero potuto inseguirlo, si affrettò a nascondere anche la collana trovata per caso sul fondale sabbioso. Grazie al cielo nessuno l'aveva notato, e in caso contrario, che avrebbe potuto dire a riguardo? "Volevo fare l'eroe?" no, non gli avrebbero creduto, o nel peggiore dei casi, l'avrebbero preso in giro. "Avevo bisogno di stare da solo." Si limitò a dire, per poi allontanarsi ancora e sparire dalla loro vista. Trasportato dalle onde dell'oceano, finì per addormentarsi, cullato da quel moto perpetuo e dal tepore delle acque. Poco prima di dormire, volse un pensiero alla luna e alle compagne stelle, sperando ardentemente di compiere la sua missione e ritrovare il proprietario della collana che aveva ancora indosso, e con un pizzico di fortuna, data la stagione, riuscire a trovare una compagnia. Era strano a dirsi, ma ogni volta che lui e i suoi simili finivano per parlarne, lui si riduceva al silenzio, mostrandosi muto e incerto sul da farsi. A ormai quattro anni, l'età più consona, almeno per la sua specie, era convinto di poterne trovare una senza sforzi ma con pazienza, sentendo su di sè, e sul dorso baciato dal sole, il peso di quella sorta di responsabilità. Passarono giorni prima che Winter potesse rivedere Pearl, settimane prima che mille scuse e schizzi d'acqua e sale li avvicinassero sempre di più, e poi, dopo mesi di corte e nuotate in compagnia, sia alla luce del sole che al chiaro di luna, i due si erano delicatamente sfiorati i musi e stretti le pinne come lontre, per poi intrecciare le code e pronunciare l'uno all'altra soltanto tre parole. In verità, il caro Winter non scoprì mai chi avesse perso quella collana, e stanco di cercare, si decise a darla in dono proprio alla sua Pearl, che sorpresa e innamorata, la indossò con orgoglio, felice di aver trovato nel proprio migliore amico, anche un compagno di vita. Ovvio era che i delfini non fossero monogami, ma forse, in quella che il tempo aveva trasformato nell'ultima vera giornata di tiepida estate, sulla costa del Pacifico ci sarebbe stata un'eccezione, e stando a quest'ultima, quelle chiare acque sarebbero state ricordate, da animali umani, terrestri, anfibi e marini allora e per sempre, come acque della fortuna.  
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eleanordahlia · 6 years ago
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     👑     —    𝐍𝐄𝐖 𝐑𝐎𝐋𝐄      𝐞𝐥𝐞𝐚𝐧𝐨𝐫 𝐝𝐚𝐡𝐥𝐢𝐚, 𝐞𝐭𝐢𝐞𝐧𝐧𝐞 & 𝐛𝐫𝐮𝐜𝐞      ❪    ↷↷     mini role ❫      r  a  v   e   n   f   i   r   e      15.02.2019  —  #ravenfirerpg      #ravenfireevent  #ravenfiredarkfog
Luci scintillanti sembravano illuminare il centro di Ravenfire, e così tante persone intente a divertirsi sembravano essere completamente ignare di ciò che sarebbe successo a breve. Possibile che nessuno sentire qualcosa? La mente della Janssen però aveva un unico obiettivo: non importava nulla di ciò che la circondava, l'unica cosa che contava era raggiungere quel ragazzo, Bruce Richardson. Aveva trascorso le ultime settimane a seguirlo, pedinarlo, riferendo ogni singola informazione acquisita, tuttavia, la Janssen di tutti i giorni sembrava essere ignara dei suoi spostamenti, ritrovandosi in giro per la città senza aver la più pallida idea di che cosa stesse facendo. In quel momento, però, tutto ai suoi occhi aveva senso, il disegno che sembrava essere disegnato da mani micidiali, acquistava perfettamente senso spingendola ad agire in maniera assolutamente calcolata. I passi di Eleanor si erano fatti sempre più decisi, i tacchi risuonavano sul cemento, lo sguardo sempre più attento ad ogni possibile movimento, mentre si avvicinava decisa a quel capannello di persone intente a festeggiare. Individuò il ragazzo dai capelli biondi, in compagnia di qualcuno che non conosceva, ma non importava. Lo sguardo attendo della newyorchese memorizzò ogni singolo dettaglio e attendendo il momento giusto si nascose in modo da avere una visuale perfetta. Il silenzio sembrò rompersi solamente qualche istante dopo, un ramo spezzato catturò la loro attenzione, che volsero gli sguardi nella sua esatta direzione e non appena li vide avvicinarsi, il sorriso sulle di lei labbra divenne un vero e proprio ghigno malefico: era la trappola perfetta.
Etienne Barbara C. Kerr
« Va bene, hai ragione, non è stata una così pessima idea questa fiera. Smettila, non guardarmi con quel sorriso trionfante. Oh mio Dio, sei insopportabile.» Con espressione fintamente corrucciata in volto, Etienne s'era rivolta a Bruce, suo partner per il lavoro di pattuglia che, per quel giorno, i due avevano deciso di svolgere. La città, infatti, era tutta addobbata a festa per ordine del sindaco Maffei che, con grande impegno, era riuscito a portare un po' delle sue italiane origini anche lì, trovando persino il consenso della Kerr che sua grande estimatrice non era. Tuttavia, Etienne era una donna onesta, ammetteva i meriti anche di coloro che non stimava a patto che fossero stati meritati ed in quel caso lo erano pienamente. Nonostante la gioiosa aria e le risa divertite, però, la dooddrear continuava ad essere irrequieta, a sentire che qualcosa non andava e nemmeno la notte passata con Bruce, a San Valentino, era servita a scrollarle quel brutto presentimento di dosso. Certamente, benché inaspettato poiché nessuno dei due pensava che sarebbe successo di nuovo, soprattutto lei che mai concedeva il bis ad un uomo, o meglio all'uomo cui aveva tolto la moglie anche se non volontariamente, il tutto era stato assai piacevole e non solo per il sesso. Tuttavia, ella non voleva porsi scomode domande che le avrebbero causato ulteriori sensi di colpa, dunque aveva bollato tutto come sano divertimento e nulla di più. Ma Barbara aveva ragione, aveva ragione nel temere il peggio ed in un attimo la bella atmosfera s'era trasformata in uno scenario da film horror. Una nube verde improvvisa, infatti, aveva avvolto tutti quanti, portando i fantasmi a sparire, le fate a dover fuggire poiché incapaci di mantenere la loro forma umana, i veggenti storditi e privi di poteri, i dooddrear nelle stesse condizioni. E dannazione, cos'era lei senza i suoi poteri? Una creatura vulnerabile, una creatura incapace di proteggere Bruce, compito che s'era prefissata dalla dipartita di Leslie, come pegno per scontare il suo peccato. « Bruce, stammi a sentire, stammi a sentire e non fare l'eroe nazionale come sempre! Dobbiamo rientrare, dob ——— » L'idea sarebbe stata quella — lui non era in condizione di restare sul campo, quel fumo, nonostante si fosse protetto la bocca ed il naso, stava comunque sorbendo i suoi effetti, lei non aveva i suoi poteri — se un rumore non avesse attirato la loro attenzione. Barbara estrasse la sua arma, avvicinandosi al punto incriminato, non era il massimo in quel momento, ma un proiettile avrebbe atterrato chiunque, umano o sovrannaturale. « Tu resta dietro di me e taci. Chiunque tu sia, vieni fuori con le mani in alto, subito.» Intimò la bionda con sangue freddo. No, nessuno avrebbe preso Bruce.
Bruce James W. Richardson
«Perchè dovrei? E' divertente. E poi sentirti ammettere che avevo ragione, è una gioia per le mie orecchie. Un evento speciale che va festeggiato in tutto e per tutto. Se avessi un registratore lo userei, ma purtroppo mi manca.» Disse sarcastico, continuando a camminare accanto alla donna. Il giorno prima aveva convinto Etienne ad accompagnarlo alla fiera, con la semplice intenzione di tenere sotto controllo la situazione. Un giro di pattuglia, nulla di che, ed ovviamente senza divisa, non voleva allarmare nessuno. Era solo una piccola precauzione, visto che, ultimamente, aveva davvero una brutta sensazione, come se stesse per succedere qualcosa di brutto. Continuò a camminare al suo fianco, sorridendo di tanto in tanto nel vedere tutta quella gente così felice e rilassata. La sua mente però, continuava a tornare alla nottata di fuoco che loro due avevano passato insieme, proprio a San Valentino. Che volesse significare qualcosa? Insomma, lui non era mai stato tipo da una botta e via, e con Barbara ormai era già successo due volte. Che cosa voleva significare? Era pieno di pensieri, troppi, e forse doveva semplicemente rilassarsi, come gli aveva detto Barbara. E così ci provò, provo a rilassarsi e a non pensare troppo, ma il suo sguardo finiva inevitabilmente su di lei, sempre più spesso. Era una bellissima giornata, perfetta per uscire a fare due passi, ma dopo poco, quella pace, si era trasformato nel caos più assoluto. Una strana nebbia iniziò a diffondersi per le strade e prontamente Bruce si tolse la giacca e la porse a Barbara. «Copriti. Meglio non respirare questa nebbia. Potrebbe essere tossica. E non farò l'eroe nazionale, ma è mio compito aiutare questa gente. Devo farlo.» Ed immediatamente si coprì la bocca ed il naso con la manica della propria camicia. Si strappò prontamente la manica della camicia e se la legò sul viso, in modo da poter avere entrambe le mani libere per impugnare la pistola. A passo lento, rimase accanto a Barbara e si avvicinò al punto in cui avevano sentito quei rumori. «Polizia di Ravenfire. Vieni fuori con le mani in alto.»
Eleanor Dahlia H. Janssen
Il loro parlottare, il loro cercare di trovare una soluzione all'inevitabile faceva sorgere un sorriso sulle labbra dell'esperimento che, nascosta al riparo delle fronde degli alberi, attendeva il momento giusto in cui fare la sua comparsa. La nebbia verde, quella diavoleria creata dai Dottori, stava giungendo sempre più velocemente, mentre il panico dilagava tra i cittadini che ancora non avevano trovato un riparo. Gli occhi di Eleanor erano fissi, li stava aspettando, mentre la mano destra reggeva con vigore una mazza da baseball recuperata chissà dove. Sapeva che avrebbe dovuto attendere l'avvento della sera per sferrare il suo attacco, sapeva esattamente cosa fare, come se in qualche modo fosse stata addestrata o che qualcuno guidasse le sue stesse azioni. Inarcò un angolo delle labbra in un ghigno, fece un lungo respiro e mascherò tutto dietro l'espressione più sgomenta che riuscì a fare. Si tirò su e mostrò il suo volto mostrando uno sguardo spaventato degna di un premio Oscar. « Mi... Mi chiamo Eleanor. » Asserì, mostrando per un momento le mani libere da qualsiasi oggetto. Tenne così la mazza accanto a lei, tossì poi per un momento, e si guardò attorno con fare spaventato. « Credo di essermi slogata una caviglia... Potete, potete aiutarmi? »
Etienne Barbara C. Kerr
Se c'era una cosa di cui Etienne era sempre andata fiera in tutta la sua intera esistenza, era la sua natura da dooddrear ed i doni che, grazie ad essa, ella poteva sfruttare a proprio piacimento. A discapito di quanto il suo atteggiamento sarcastico edistaccato poteva far pensare, la bionda non era un mostro privo di cuore, non li aveva mai usati per far del male a qualcuno, non volontariamente almeno e non con fine maligno, ma solo e soltanto per fare del bene, proteggere i più deboli e - quello lo aveva fatto - acciuffare i troppi malviventi che si aggiravano per le strade della cittadina: c'era già il fattore sovrannaturale a causare continui disastri, i landruncoli umani non dovevano avere scampo. Aveva faticato, la Kerr, aveva lottato contro una vita che persino Stephen King avrebbe giudicato troppo, ma a soli trentuno anni era riuscita ad essere uno tra i più forti dooddrear in città. E dunque, perché non provare anche in quella situazione complicata a farsi dare ausilio dai suoi poteri? Magari avevano smesso di fare i capricci ed erano tornati. « Sta zitto, Bruce.» Sentenziò, senza nemmeno voltarsi, socchiudendo gli occhi e sperando divenissero verdi, segno tipico di una creatura del suo livello. In quel modo, di conseguenza, avrebbe di sicuro potuto aiutare se stessa e quella testa dura di Bruce Richardson che, in caso opposto, quasi sicuramente si sarebbe messo a fare il cavaliere sul bianco destriero e la scintillante armatura, convinto che fosse lei ad aver bisogno di protezione. Ogni sforzo, ogni tentativo fu però vano, un enorme buco nell'acqua. « Dannazione...» Imprecò a voce bassa, serrando la mascella, in un gesto di stizza. Poi udì un rumore, una voce e d'istinto portò il dito sul grilletto pronta a far fuoco, certa che chissà che oscuro nemico sarebbe saltato fuori, un mostro. Ciò che vide era tutto, tranne che un mostro. Un sospiro, un enorme sospirò di sollievo vibrò nell'aria, aveva sudato freddo, Barbara. « Certo che possiamo aiutarti, è il nostro dovere. Vieni, ti aiutiamo ad alzarti e per prima cosa dobbiamo portarti in un posto sicuro, lontano da qua.» Concluse, avvicinandosi alla giovane e porgendole la mano. Forse era troppo paranoica lei, non c'erano pericoli ovunque.
Bruce James W. Richardson
Girò l'angolo e scorse una figura. Strinse saldamente la propria pistola, ma proprio in quel momento, finalmente, la figura misteriosa si decise a parlare. Era una ragazza, e doveva essere ferita, così, senza pensarci troppo, ripose la propria pistola nel retro dei pantaloni e si avvicinò a lei, a passo lento. «Certo, è quello che facciamo. Barbara, ci servirà qualcosa di adatto a steccarle la caviglia. Intanto la prendo in braccio, meglio che non appoggi la caviglia. ..Dobbiamo portarla al sicuro, in centrale.» La nebbia era fitta, ma nonostante tutto riuscì ad intravedere tutta quella gente a terra. Forse non era tossica, solo soporifera, ma non era comunque una buona idea respirarla. «Tieni, prendi questa e copriti la bocca. Non respirare questa nebbia.» Disse strappandosi l'altra manica della camicia, per porgerla alla ragazza in difficoltà, avvicinandosi a lei. Si inginocchiò al suo fianco, preparandosi a prenderla in braccio, e poi si voltò per un attimo a controllare Barbara. «Dopo dobbiamo assolutamente scoprire da dove venga questa dannata nebbia.»
Eleanor Dahlia H. Janssen
Era la resa dei conti, i due ragazzi avrebbero potuto voltarsi e andarsene lasciando Eleanor lì e costringendola a mettere in atto il piano B, oppure avrebbero accettato di aiutarla, e così facendo avrebbe potuto sferrare il suo attacco. Ascoltò il loro battibeccare, le espressioni guardinghe della bionda che sembrava essere sul chi va là, ma soprattutto intimorita dal fatto che Eleanor avrebbe potuto rivelarsi una minaccia per loro. Solo quando la giovane s'avvicinò, la Janssen ebbe la conferma che le serviva, le sue spalle che si rilassarono abbassando appena la guardia. Quella nebbia di color verde, probabilmente anche intossicante, era la scusa perfetta per coglierli di sorpresa e, nonostante avesse nascosto la mazza da baseball che aveva portato con sé, attese che i due s'avvicinassero. Aveva tenuto quest'ultima a terra, nascosta da quella coltre sfruttandola così a suo vantaggio, osservò il momento in cui Bruce s'avvicinò per darle un pezzo di stoffa con cui coprirsi la bocca, rimanendo in trepidante attesa del momento. « Grazie... » Replicò l'esperimento con un debole filo di voce. Afferrò con presa sicura il pezzo di stoffa, mentre con la mano libera agguantò la mazza che era rimasta nascosta ai loro occhi e, nell'esatto momento in cui si voltò verso la sua accompagnatrice, Eleanor sferrò il suo attacco. Con la mazza impugnata nella mano destra, colpì con un tonfo il collo del giovane in modo da tramortirlo e farlo svenire. « E' un vero peccato... Mi piacevate insieme. » Il tono di voce dell'esperimento si trasformò in qualcosa di nettamente più demoniaco, abbandonando quelle vesti di santarellina che nemmeno le appartenevano. Il ghigno sulle di lei labbra si ampliò, diede un'occhiata veloce al giovane che cadde a terra, e puntò sulla giovane davanti a lei: era ora di combattere e non si sarebbe tirata di certo indietro.
Etienne Barbara C. Kerr
Con tutta probabilità, Etienne era stata troppo prevenuta, troppo paranoica, troppo tutto, tanto da pensare immediatamente che dietro quel cespuglio vi fosse un pericolo, non certamente una povera ragazza bisognosa d'aiuto. Che le stava succedendo? Perché era divenuta così diffidente? Certo, quella non era la situazione ottimale per vedere arcobaleni ed unicorni, era ovvio che qualcosa non andasse, ma pensare che una innocente, per di più ferita, potesse far loro del male, era stato troppo persino per lei. Mai, orgogliosa com'era, avrebbe ammesso ad alta voce di aver valutato male la cosa, la bionda, ne tanto meno che Bruce potesse avere ragione con il suo atteggiamento da eroe nazionale, ma era effettivamente così, il boyscout quella volta non era stato il solito irresponsabile. « Sì, dopo che avremmo salvato questa ragazza ci penseremo, Hulk. » Rispose con quel sarcasmo che non perdeva mai neppure nelle condizioni peggiori, la dooddrear, rivolgendosi ovviamente a Bruce che non aveva più le maniche della camicia, esattamente come il grosso e verde personaggio dei fumetti. E pensava che tutto si sarebbe risolto lì, la Kerr, che semplicemente avrebbero salvato quella giovane e poi avrebbero ripreso a battibeccare come sempre, ma non accadde e, in un attimo, la vera natura maligna dell'angelo innocente che pensavano di aver tratto in salvo, emerse. Se ne accorse subito, Barbara, notò il movimento sospetto, la mazza, il colpo netto che venne sferrato ai danni di Bruce, lui cadere, lei con le pupille azzurre sgranete, soprattutto, terrorizzare. Bruce. Bruce. Bruce, che cosa gli aveva fatto? Istantaneamente, con il cuore che mai aveva provato più paura in vita sua, ella si gettò sul collega, cercando di capire come stesse. « Bruce! Apri gli occhi! Razza di idiota ti sembra il momento di un pisolino? C'è bisogno di te! Ho bisogno di te! » Urlò, sconvolta. Ecco, non ci stava riuscendo, non stava riuscendo a mantenere la sua promessa a Lee, non stava riuscendo a proteggere colui che lei amava. Ma non era da Etienne stare in un angolo a piangere o chiedere pietà, no, lei lottava, lottava sino alla morte, con orgoglio, come una leonessa. « Non so cosa tu voglia da me o da lui, ma ti assicuro che non uscirai viva da qui, non dopo ciò che gli hai fatto, dolcezza. » Concluse, sollevandosi e puntando lo sguardo adirato verso la sconosciuta: no, non era disposta minimamente ad arrendersi senza combattere, non importava fosse prima di poteri.
Bruce James W. Richardson
Successe tutto in un attimo. Sentì la ragazza ringraziarlo e si voltò verso Etienne, per farsi sentire. Pochi secondi, poi sentì un movimento alle proprie spalle, ma non fece in tempo a voltarsi, perchè qualcosa lo colpì, con un tonfo sordo. Cadde a terra, perdendo velocemente i sensi. Non era del tutto svenuto però. Sentì in lontananza la voce di Barbara e provò con tutte le proprie forze a svegliarsi e ad alzarsi da terra. Doveva aiutarla. Non poteva permettersi di perderla. Non anche Barbara. «Babs..» Sussurrò con un filo di voce, sentendo la testa estremamente dolorante. Era a pezzi, ma doveva cercare di aiutarla. Cercò di muoversi, ma tutto sembrava così sfocato. Non riusciva a capire nulla. Dov'era Barbara? Doveva salvarla da quella ragazza. «L-Lasciala stare..» Disse con un filo di voce, cercando di trascinarsi verso di loro, sforzandosi di non perdere i sensi del tutto. Doveva resistere, doveva salvare Barbara, come non era riuscito a salvare Lee.
Eleanor Dahlia H. Janssen
Era bastata una semplice frazione di secondo per poter mettere in atto il suo piano e poter togliere dai giochi il ragazzo che a quanto pareva si chiamava Bruce. Aveva dovuto fingere, lasciare credere a quella coppia che lei fosse qualcuno che non fosse, eppure era stato divertente recitare quella parte seppur per pochi minuti. Un colpo secco, un colpo ben piazzato appena dietro il collo, alla base del cervelletto in modo che la vittima fosse solamente tramortita: era semplicemente perfetto. Ed ecco che quel giovane dai capelli biondi cadde a terra, sotto le urla di panico della ragazza. Vide gli occhi accendersi di paura, di angoscia, mentre un sorriso sardonico cominciò ad aleggiare sulle labbra di Eleanor, godendosi pienamente la scena. Inclinò di lato il capo, si ritrovò così in piedi spostando il peso da una gamba all'altra in attesa che la giovane reagisse. Aveva la missione di catturare il giovane, ma perché non perdere un po' di tempo con un bello scontro? Passò la punta della lingua sulle labbra dipinte e un ghigno che divenne sempre più ampio, fino a diventare qualcosa di inquietante. « Un cavalier servente che vorrebbe salvare la sua damigella in pericolo... Quasi commuovente. Ma non tutta la notte, per cui avanti... Dolcezza, ti sto aspettando. » Lo sguardo adirato della giovane avrebbe potuto incenerirla in quel momento, e probabilmente era alimentato anche dalla sfacciataggine della newyorchese che in quel momento stava per esaurire la sua pazienza.
Etienne Barbara C. Kerr
Aveva errato, aveva maledettamente errato, Etienne, aveva errato i calcoli, aveva errato nel fidarsi della scellerata proposta di Bruce e non delle sensazioni a dir poco orribili che le attanagliavano l'animo, aveva errato nel mischiarsi tra tutta quella gente senza avere il sostegno dei suoi poteri, svaniti misteriosamente nel nulla. Avrebbe voluto maledirsi, imprecare benché non fosse da lei, ma non c'era tempo per i consueti rimorsi che oramai erano suoi fedeli compagni di vita, doveva concentrarsi e cercare di uscire indenne da quel disastro, cercare di trarre in salvo Bruce ora stordito al suolo. « Taci tu, non parlare, non puoi fare l'eroe nazionale in questo momento, chiaro? Ci penso io. » Intimò proprio al vice sceriffo poco distante da lei, puntando poi lo sguardo color ghiaccio sulla maledetta ragazzina che aveva osato sfidarli ed attaccarli. C'era qualcosa che non andava in lei, c'era qualcosa di estremamente malefico, demoniaco, puramente cattivo, qualcosa da eliminare, subito. « Spiacente amore, ma non sono in vena di giocare con te, non adesso. Torna la prossima volta, magari potremmo divertirci, potrebbe anche piacerti. » Disse, con tono provocatorio e sorriso beffardo in volto, con la solita sicurezza che, tuttavia, in quel momento era solo una copertura per le difficoltà in cui versava. Ma se non poteva usare i suoi poteri da dooddrear di quarto livello, Barbara aveva pur sempre a disposizione le armi umane, in particolare la pistola che aveva in dotazione da quando si era arruolata in polizia. Che altro poteva fare se non usarla? Era l'unica possibilità di salvezza. Prontamente dunque, la estrasse, mirando alla gamba dell'assalitrice, esplodendo un colpo preciso. Non intendeva ucciderla, non adesso, lo avrebbe fatto sicuramente in futuro quando sarebbe andata a cercarla per fargliela pagare, adesso voleva solo rallentarla, così da portare via Bruce. E fu proprio da lui che corse dopo ciò, dando le spalle alla nemica, cercando di tirarlo su: dannata superforza che non possedeva più. « Dobbiamo andarcene, subito! » Concluse, agitata, sperando la udisse: non c'era un secondo da perdere.
Eleanor Dahlia H. Janssen
Nonostante la pazienza della newyorchese fosse ormai agli sgoccioli, Eleanor trovava divertente l'atteggiamento piccato della bionda che le stava di fronte. V'era una qualche sintonia tra lei e Bruce, ne era certa, come se ne avvertisse le scintille nell'aria, e quegli occhi che avrebbero potuta incendiarla con il minimo sguardo, erano pressoché affascinanti. Il tono provocatorio assunto dalla donna era beffardo, ma la Janssen non fu da meno, rispondendo con un sorriso malefico in volto. Sentì gli occhi farsi più caldi, incandescenti, cambiare persino colore mentre studiava la giovane, ma la sensazione del peso della mazza nella mano destra faceva sì che mantenesse la lucidità necessaria per non perdere quello scontro. Eleanor studiò i movimenti, come se fosse un caso scientifico sottoposto alla sua attenzione, ma il suo estrarre quella semplice pistola umana la spiazzò. Tutto si svolse in una frazione di secondo, Eleanor che si trovava di fronte a Etienne a pochi metri di distanza e a dividerle il corpo riverso di Bruce, ma l'attimo successivo era la Janssen ad accasciarsi a terra. Le mani volarono immediatamente alla gamba destra ferita, ma una furia che non si capacitava cominciò a montare nel petto. Il dolore, la rabbia, tutto si mischiava dentro di lei facendole accelerare il battito cardiaco ma non solo, anche il respiro. « Questa... Questa me la paghi. » Sussurrò con un tono di voce perfino distorto dalla rabbia che stava montando come un mantice. Sbuffò, inspirò ed espirò a lungo cercando di tamponare la ferita d'arma da fuoco, e sfruttando tutta la sua forza, una forza sconosciuta, riuscì a estrarre dalla gamba il proiettile che le impediva di seguirli. Strizzò gli occhi, una, due volte prima di riuscire a mettere a fuoco la schiena della bionda che cercava di allontanarsi il più velocemente possibile, ma se prima Eleanor era intenzionata solamente a divertirsi, ora le cose cambiarono. Grugniti e sussulti fecero da padrone quando si alzò in piedi, scrollò la gamba un paio di volte prima di incamminarsi, seppur zoppicando appena, dietro quella donna che avrebbe pagato caro la sua insolenza. « Mossa sbagliata, dolcezza. » Bastarono un paio di passi per raggiungere le spalle di Etienne, strinse la presa sulla mazza prima con una mano e successivamente anche con l'altra, colpendo con forza la sua schiena. Un colpo secco, ma il desiderio di vendetta prese il sopravvento spingendola a colpire ancora e ancora fino a quando non la vide riversa sulla strada, svenuta. Scosse il capo con vigore prima di spostare lo sguardo sull'altra sua vittima, l'unico suo vero obiettivo. « Peccato... Ma sei stato un effetto collaterale quasi divertente. » Le sue parole suonarono perfino malevole alle sue stesse orecchie prima di chinarsi, staccare la presa della donna su Bruce e metterselo in spalla come un sacco di patate. Sfruttò appieno i suoi potesi, quei poteri di cui in ogni momento sentiva la forza, ma che in qualche modo per lei erano un'assoluta realtà. Con il peso di Bruce sulle spalle, sparì nel cuore del buio, lasciandosi una scia di sangue e distruzione che non sarebbe terminata molto presto. Aveva un piano da portare a termine, e rapire Bruce era solamente la punta dell'iceberg, la notte era ancora lunga.
❪ 𝑭𝒊𝒏𝒆 𝑹𝒐𝒍𝒆. ❫
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giulia-tralerighe · 8 years ago
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sono cambiate tante cose. ho nascosto il cuore in un angolo buio della stanza, ha riposato là per anni credendo di aver perso forza e sentimento. non so che cosa c'è in me. per la prima volta da quando sono lontana da casa sento di star bene in questi piedi, chiusa dentro il mio maglione nero, con solo occhi e naso a venir fuori dalla sciarpa. tra meno di sei giorni sarò di nuovo in viaggio e so che agli arrivi ad aspettarmi ci sarà il mio passato. tutto il dolore, l'amore, il rapporto che sono andata a riprendermi perché non c'è niente da fare, io sono una di quelle che ha bisogno di aggiustare i pezzi per andare avanti. sono stanca di avere paura, non voglio passare il tempo a scappare per poi vivere a metà fra braccia che non mi consento di amare. il mio cerotto è lì, so che nasconde una cicatrice, ma non posso più truccarla, sminuirla, passarci sopra come se fosse niente. ho timore, ma preparerò comunque quella valigia. so che forse sto facendo l'errore più grande e che ogni senso e punta di capello mi mette in guardia. però devo mettermi alla prova, così come ho fatto quando ho scelto di partire per l'Irlanda e di affrontare quest'avventura lontana dai miei affetti più cari. ho avuto un sogno in cambio e quando la scorsa settimana ho aperto le braccia sulla cima delle Cliff ho capito che era tutto lì, che era giusto, nel momento in cui più ne avevo bisogno. non so cosa sarà, sono cambiate tante cose, sono cambiata io. ma voglio tentare e comunque vada potrò dire di non essere stata vigliacca, potrò dire di aver amato. sarò l'eroe di me stessa, la piccola guerriera che scalpita forte dentro al petto.
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giangig-blog · 8 years ago
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Lei ballava
Sabato sera.
Inutile dire che ero andato a ballare con gli amici e inutile dirvi che avevo bevuto troppo.
Era partita con una semplice birra che poi sono diventate due. Poi uno shot di tequila e un altro ancora. Una mezza bottiglia di vino marcio dal discutibile odore di benzina mista petrolio e un'altra birra per concludere.
Ero in uno strano stato tra l'incoscenza e la veglia. Tipo fatto di morfina e MD nello stesso momento.
Camminavo all'interno del locale alla ricerca di qualcosa non ben precisata. Camminavo e cercavo quello di cui avevo bisogno anche se non avevo la più pallidea idea di che cosa stessi cercando.
Forse doveva essere una parabola di vita o forse era solo l'alcol.
Mi resi conto di essere rimasto da solo, abbandonato dagli amici o più probabilmente mi ero allontanato volontariamente.
Continuai a cammiare in tondo senza un ben preciso disegno.
Entrai in una sala adiacete a quella principale, trovai un divanetto di pelle nera e mi sedetti vicino ad una coppia di giovani intenti a pomiciare affannosamente.
Guardai in mezzo alla pista da ballo e vidi una ragazza danzare.
Era una tipa bionda, culo perfetto, sinuosa e magnifica in ogni movimento.
Ci provai con lei una sera, ma mi diede un bel due di picche e mi disse "Vattene sgorbio!".
Rimasi seduto a fissarla in uno strano stato di assensa ed ispirazione.
La musica suonava, le persone bevevano, la coppia pomiciava accanto a me, due ragazzi stavano litigando in fondo alla sala e lei magicamente ballava.
Il cervello si spense e la musica svanì nella mia testa.
Ero in mezzo al caos più totale, ma avevo trovato la calma perfetta.
Lei ballava come i fiori sono spinti delicatamente dal vento in primavera.
Lei ballava ed era l'unica cosa che avesse senso per me.
Avevo messo tutti i sentimenti, i pensieri e i problemi in un unico drink e me l'ero bevuto.
L'incertezza era sparita.
Non ero neanche sicuro di respirare.
In quel momento capì di cosa stesse parlando il Siddartha.
Avevo trovato la pace interiore.
Forse sono i momenti come questo che ti fanno apprezzare la vita per quello che è.
Lei ballava e quella era l'unica cosa che avesse senso per me.
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margheritaterezakarin · 8 years ago
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“Salvarti!” ripresi a dire, balzando dalla sedia e mettendomi addirittura a correre sotto i suoi occhi su e giù per la stanza, “salvarti da che cosa? Ma se forse io sono anche peggio di te? Ma perché, non appena ho cominciato a farti la predica, non mi hai subito sbattuto in faccia: ‘Ma tu perché ci sei venuto? Per farmi la morale, forse?’ Quella volta avevo bisogno di sentirmi potente, avevo bisogno di recitare, mi occorrevano le tue lacrime, la tua umiliazione, il tuo attacco isterico; di questo avevo bisogno quel giorno! Ma quella volta poi non ci ressi, perché sono soltanto uno straccio; mi spaventai, e il diavolo sa perché fui così cretino da darti il mio indirizzo. Tanto che dopo, prima ancora di arrivare a casa, ti ricoprii d'insulti proprio per averti dato l'indirizzo. Ti odiavo già da allora perché ti avevo mentito. Perché sappi che a me piace giocare con le parole, divertirmi a fantasticare, ma in realtà vorrei soltanto che il diavolo vi portasse all'inferno tutti quanti, questo vorrei! Ho bisogno della mia tranquillità. Purché nessuno venga a turbare la mia tranquillità sarei pronto a dare tutto il mondo per una copeca. Se mi dicessero: preferisci che caschi il mondo oppure rinunciare al tuo tè? Ebbene io direi che caschi pure il mondo purché possa avere sempre il mio tè. Sapevi tu questo o non lo sapevi? Ebbene, io invece so che sono un furfante, un vigliacco, un egoista, un poltrone. Per tutti questi tre giorni ho continuamente tremato dalla paura che tu venissi. E sai di che cosa soprattutto ho avuto paura per questi tre giorni? Del fatto che allora io avevo recitato davanti a te la parte dell'eroe, e che ora invece tutt'a un tratto mi avresti veduto con questa lacera vestaglia addosso, miserabile, ripugnante. Poco fa ti ho detto che non mi vergogno della mia povertà; e invece sappi che me ne vergogno, me ne vergogno più di qualunque altra cosa al mondo, mi fa più paura di qualsiasi altra cosa, ancora più paura che se fossi un ladro, perché io sono così vanitoso che è come se mi avessero scorticato, tanto che basta un soffio d'aria a farmi male. È mai possibile che tu non abbia indovinato neanche adesso che io non ti perdonerò mai il fatto che tu mi abbia trovato con questa vestaglia addosso, mentre mi gettavo contro Apollon come un botolo ringhioso? Il tuo redentore, quello che ti era apparso come un eroe, si precipita addosso al suo servo come un cagnaccio sporco e tignoso, e il servo gli ride in faccia! E non ti perdonerò mai nemmeno quelle lacrime che poco fa, davanti a te, non sono riuscito a trattenere, come una donnetta qualunque, svergognata davanti a tutti! E a te non perdonerò mai neppure tutto ciò che ti sto confessando adesso! E tu, tu sola devi rispondere di tutto questo, perché tu mi sei capitata sottomano e perché io sono un furfante, perché sono il più schifoso, il più ridicolo, il più meschino, il più stupido, il più invidioso tra tutti i vermi della terra, i quali, del resto, non sono affatto migliori di me, ma, il diavolo sa perché! non si turbano mai, e io invece, per tutta la mia vita, sono destinato a subire mortificazioni da ogni pidocchio che incontro, e questa è la mia sorte! E che me ne importa se tu non capisci nulla di tutto questo! E che me ne importa, che me ne importa di te, e se tu là dentro creperai o no? Ma lo capisci che io adesso, avendoti detto tutto questo, ti odierò proprio perché tu stavi qui e mi hai ascoltato? Un uomo si sfoga a questo modo soltanto una volta nella vita, e soltanto se ha un attacco isterico!… E che cerchi ancora qui? Ma perché, dopo tutto quello che ti ho detto, te ne stai ancora qui davanti a me, perché mi tormenti, perché non te ne vai?” Ma a questo punto improvvisamente successe qualcosa di strano. Io ero talmente abituato a pensare e a immaginarmi tutto così come accade nei libri, a rappresentarmi ogni cosa al mondo nel modo in cui me l'ero già da prima costruita nelle mie fantasticherie, che lì per lì non compresi neppure lo strano fatto che era accaduto. Ma ecco cos'era successo: Liza, che io avevo offeso e schiacciato, aveva compreso molto di più di quel che io mi fossi immaginato. Di tutto quel che avevo detto lei aveva compreso ciò che una donna capisce sempre prima di ogni altra cosa, se ama veramente, e cioè che io ero infelice.
Fëdor Dostoevskij, Ricordi dal sottosuolo
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purpleavenuecupcake · 5 years ago
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Renzi: "i Servizi non possono dipendere solo dal Premier"
Andrea Malaguti su La Stampa ha intervistato il leader di Italia Viva, Matteo Renzi. Tanti gli argomenti trattati, ma uno fra tutti quello di togliere la sfera dei dei servizi segreti dalla competenza del presidente del Consiglio. Non a caso tutti i governi precedenti a quelli di Giuseppe Conte, nominavano un’Autorità delegata per i Servizi Segreti. Minniti, De Gennaro e Letta ne sono un esempio.  Senatore Renzi, siamo già al Conte stai sereno?  “Maddai, siamo stati i principali sponsor del governo, perché mai farlo cadere?”.  Il premier è convinto che sull'Iva lei sia stato scorretto.  “Spero che il premier non abbia utilizzato questa espressione. Italia Viva infatti è stata più che corretta. Quando Conte ci ha avanzato l'ipotesi di aumento dell'Iva gli abbiamo detto che eravamo contrari. Io l'ho fatto rispondendo a una sua telefonata. La capodelegazione Bellanova e il professor Marattin lo hanno fatto al tavolo di Palazzo Chigi. Noi non siamo contro il Governo, ma siamo contro l'aumento delle tasse. Questo Governo del resto nasce proprio per non aumentare l'Iva, no?”.  Suppongo parlasse delle sue esternazioni pubbliche. Lo cito ancora: è inaccettabile che Renzi rimarchi uno spazio ogni giorno. Ha deciso di interpretare il ruolo che fino ad agosto era di Salvini?  “La prego, non mi confonda solo per il nome. Noi non parliamo di mojiti e cubiste. Noi parliamo di tasse, di asili nido, di edilizia scolastica, di posti di lavoro. Discutere di queste cose non significa litigare: significa fare politica. Il populismo ti costringe a parlare di caratteri, di simpatie e antipatie, di rapporti personali. La politica ti costringe a parlare di idee e di programmi. Molti mi attaccano sul carattere, pochi mi rispondono sui contenuti”.  A furia di parlare di idee, quanto dura questo Governo?  “Spero tanto: l'instabilità infatti è il principale problema istituzionale dell'Italia. Questo Governo può dare tranquillità ai mercati, riportare lo spread sotto i 100 punti base, accompagnare la nuova fase europea. Il Governo lavori, non apra polemiche. Il mio suggerimento al premier è quello di lavorare sui dossier: ieri sarebbe stato più opportuno parlare di Alitalia, Trieste o servizi segreti. Non di me. Ma noi non proviamo rancore per nessuno, a maggior ragione per il premier, cui garantiamo la fiducia in Aula. Quanto alla legislatura: per noi dura fino al 2023. Se qualcuno vuole interromperla, se ne prenderà la responsabilità». Anche Zingaretti non sembra volerle bene. «Io invece provo simpatia e affetto per gli amici rimasti nel Pd. Andare avanti litigando sarebbe stato controproducente. Meglio lasciarsi in amicizia. E da parte mia nessuna polemica verso Nicola”.  Ormai ci siete lei e Di Maio da una parte e Conte e Zingaretti dall'altra: non è bizzarro?  “Messa così è molto bizzarro. Però non è sempre questo lo schema: lo è stato sull'aumento dell'Iva. Noi in questi giorni abbiamo lanciato idee sul Family Act, sugli investimenti verdi, sul risparmio di spesa. E alla Leopolda lanceremo un grande piano industriale per il Paese. Mi piace l'idea che tutti assieme possiamo lavorare per tornare alla crescita. E spero anzi che su alcuni temi si possa votare anche insieme all'opposizione: sugli asili nido, perché dividersi? Ma anche sulle questioni spinose del fine vita sarebbe bello votare tutti assieme, anche con Salvini”.  Era a conoscenza del piano di Di Maio sui rimpatri?  “No. Lo abbiamo saputo dai giornalisti. Ma siamo pronti a discuterne nel merito. È chiaro che esiste un tema immigrazione da gestire, anche a livello europeo. Propongo di smettere di pagare quei Paesi europei come l'Ungheria che usano i nostri soldi e poi ci fanno la guerra sui migranti. Orban è diventato l'eroe di Salvini e Meloni ma è assurdo che i sovranisti esaltino chi prima prende i soldi dei contribuenti italiani e poi rifiuta la solidarietà europea”.  Senatore, conosce George Papadopoulos?  “Ho letto le sue gesta sui media e sui social”.  È convinto che lei abbia complottato con Obama per impedire l'elezione di Trump.  “Nella valanga di fakenews che mi hanno rovesciato addosso mancava solo il complotto internazionale insieme a Obama. Lei immagini la scena: Obama che mi chiede di fare un complotto sulle elezioni americane. Non sembra neanche una spy-story, sembra una farsa. Questo signore risponderà delle sue follie davanti a un tribunale italiano e gli chiederò un congruo risarcimento danni”.  Ha mai parlato di elezioni americane con i servizi segreti italiani?  “Mai, non scherziamo. L'intelligence italiana è una cosa seria. Chi vuole alimentare una strana polemica, lo faccia pure. Ma tenga al riparo i nostri servizi segreti. Del resto Aise e Aisi sono guidati da due signori professionisti. Penso che sia dovere del Governo proteggere l'intelligence italiana dalle polemiche politiche di altri Paesi. E credo che sia utile per tutti mettere fine alla strana anomalia che vede da anni i servizi dipendere solo dal premier: serve la nomina dell'Autorità Delegata. Il ruolo che con me svolgeva Marco Minniti, per intendersi. E prima di lui Gianni De Gennaro”.  La Link Campus è un’università legata ai servizi?  “Sono tra i pochi politici a non avere rapporti con la Link Campus. Leggo che vi insegna Massimo D'Alema, che vi ha insegnato l'ex ministro Trenta, che è stata fondata dall'ex ministro Scotti, che ha relazioni istituzionali gestite con grande dedizione. Chi ha qualcosa da chiarire su questa vicenda lo farà nelle sedi opportune. Io mi sono limitato a chiedere i danni, come ormai faccio frequentemente”.  Conosce il professor Mifsud?  “Non conosco Mifsud”.  Ci crede all'ipotesi di incontri segreti tra alti rappresentanti dell'amministrazione Trump e l'intelligence italiana?  “La sede opportuna per approfondire tutto ciò che è accaduto è il Copasir e non ho dubbi che il presidente del Consiglio riferirà chiarendo ogni dubbio”.  Il ruolo di Italia Viva è quello di consentire a lei di tornare al centro della scena politica?  “Ho fatto il premier e ho avuto un ruolo non secondario nella caduta di Salvini. Non avevo bisogno di fare un nuovo partito per avere un ruolo. Ma penso che oggi in politica ci sia una prateria per un partito nuovo, non ideologico, capace di fare scelte verdi e rosa su ambiente e donna e che parli un linguaggio contemporaneo. Lo spazio di Italia Viva è questo, tra la gente, non il continuo chiacchiericcio quotidiano nei palazzi. I prossimi mesi lo dimostreranno. Basterà venire alla Leopolda per averne un assaggio. Presenteremo un dettagliato piano industriale per l'Italia. Ci interessa combattere i dazi, non fare polemica. Vogliamo sbloccare i cantieri, non litigare in maggioranza. E soprattutto noi abbiamo delle idee da offrire, non qualcosa da chiedere”   Read the full article
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cacciatricediartemide · 7 years ago
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Non riuscivo a distogliere lo sguardo dai denti dell'uomo seduto di fronte a me.
Sì, avete capito bene: non stavo guardando i suoi occhi o i capelli o qualche buffo particolare, fissavo davvero la sua bocca, i suoi denti e, per quanto provassi, non riuscivo a pensare ad altro.
Erano gialli. gialli come un vecchio foglio di carta e consumati, appuntiti: sembrava la bocca di uno squalo.
Mi tornò alla mente un documentario che avevo visto anni prima sulla tossicodipendenza: la droga faceva quell'effetto ai denti, li logorava, li scavava finchè non rimaneva solo l'inquietante fantasma di quello che una volta era un sorriso.
Più volte, nel corso della mia vita, mi ero chiesta cosa portasse le persone ad autodistruggersi in quel modo, a morire lentamente per qualcosa di così stupido, perchè diavolo iniziavano?! Quante volte me l'ero domandato non trovando mai una risposta, forse lo compresi davvero solo in quel preciso momento, colpa anche di ciò che era diventata la mia vita.
Vedete, tutti abbiamo un piccolo vuoto dentro, un buco lasciato magari da una persona o da un'occasione persa, da un'infanzia non vissuta o da un'adolescenza mai finita, tutti abbiamo quel piccolo buco che sembra stare proprio al centro dello stomaco e tutti proviamo a riempirlo: chi con il cibo, chi con un nuovo paio di scarpe, chi con un'altra persona, chi estraniandosi dalla realtà con serietv, videogiochi, libri, alcool..
Si inizia sempre così, provando a stare meglio, a riempirci, a non pensare e ci riusciamo. La prima volta ci riusciamo sempre tutti.
Quella serata a base di alcool ha fatto a tutti bene, quel videogioco ha trasportato tutti in un altro mondo, quel pacchetto di patatine era proprio buono, la ragazza rimorchiata al locale era davvero una gran fica, la maglietta nuova ci sta un incanto..
Tutti siamo stati bene quella prima volta, non abbiamo pensato: quel vuoto era salito fino alla testa e con un buco nella mente si sta fottutamente leggeri, bene come da chissà quanto tempo non si stava.
Passa, quella sensazione di benessere, di leggerezza passa quasi subito: quando finisci la tua dose di droga legale quel buco torna ed è più forte, più pressante, più grande.
E allora ci riprovi e poi ci riprovi ancora e ancora.. Finchè non ti fa più stare bene nemmeno per un secondo, finchè diventa un'abitudine, un brutto vizio che, magari, ti fa sentire anche in colpa perchè quei soldi non avresti dovuto spenderli, perchè dell'ennesimo snack davvero non ne avevi bisogno, perchè ormai hai il fegato grande così, perchè giocando al pc o guardando l'ennesimo episodio dell'ennesima serie tv hai perso tanto tempo che avresti potuto dedicare a fare qualcosa di più costruttivo.
Non ti fa stare più bene, quel vuoto continua ad esserci, la testa continua ad essere pesante e lo stomaco continua ad avere quel vuoto. L'anima continua ad avere quel vuoto.
Un serpente che si morde la coda.
Un circolo senza fine.
Più scappi dal tuo dolore senza affrontarlo, più ti affidi a qualche palliativo, più quel vuoto cresce.
Tutti siamo dipendenti da qualcosa che non ci fa stare bene, tutti promettiamo a noi stessi di smettere ma poi ricadiamo nei soliti schemi, nelle solite abitudini.
Mi sentii spingere in avanti e mi ridestai dalle mie riflessioni: il treno aveva frenato, eravamo arrivati ad una stazione.
Controllai fuori dal finestrino alla ricerca di un cartellone, una scritta che potesse indicarmi dov'eravamo arrivati, non era certo la prima volta che perdevo la mia fermava, persa a pensare alle cose più inutili e disparate.
Persone che salivano, gente che salutava.. Era una stazione piena di vita, diversa da quella in cui scendevo ogni giorno. Mi sporsi un poco e, finalmente, vidi il cartellone bianco che mostrava fiero il nome del paese in cui ci eravamo fermati e sospirai di sollievo: no, mancava ancora qualche città prima di arrivare a casa.
L'uomo però si alzò e, preso il bagaglio, uscì dallo scompartimento lasciandomi una convinzione.
Dovevo fare qualcosa, dovevo cambiare la mia vita, dovevo rompere quello schema e ritornare ad essere padrona della mia vita.
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