#iconica a suo modo
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la maglia della dea con la scritta LETE gigante rossa :')
#sì era un pugno in un occhio#sì ora le nostre maglie sono molto più belle#però era super siconoscibile#iconica a suo modo#per me ormai scritta rossa lete = napoli#e a giudicare di alcuni commenti di tifosi della dea pure per loro lmao il karma
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Beetlejuice Beetlejuice: il ritorno del cult di Tim Burton è un sentito omaggio
Il classico di Tim Burton degli anni '80 torna con parte del cast originale, da Michael Keaton a Winona Ryder, oltre alla new entry Jenna Ortega. Presentato al Festival di Venezia 2024.
La musica incalzante di Danny Elfman, la camera che scivola sulla cittadina di Winter River. È con un brivido che si accoglie l'apertura di Beetlejuice Beetlejuice, da fan di vecchia data del cult di Tim Burton e da amanti della filmografia del regista. Perché si capisce subito che è proprio ai fan di vecchia data che parlerà in prima battuta il film, questo ritorno che si affida a buona parte del cast originale, da Michael Keaton a Winona Ryder, con delle new entry d'eccezione come Willem Dafoe, Jenna Ortega e, ovviamente, Monica Bellucci.
Winona Ryder torna nel sequel
Una trama (troppo?) elaborata per Beetlejuice Beetlejuice
Partiamo dallo spunto e l'intreccio, che ci hanno lasciato sensazioni contrastanti: ci è piaciuto lo spunto iniziale di tornare ai personaggi iconici di Beetlejuice a distanza di tanti anni, per ritrovare i Deetz e vedere come sono diventate le loro vite, dalla madre Delia che ancora insegue le sue pulsioni artistiche alla figlia Lydia la cui esistenza è ancora avvolta in quell'alone oscuro che avevamo amato negli anni '80, convogliato nella sua attività professionale. A loro si aggiunge una terza generazione di Deetz, rappresentata dalla figlia di Lydia, Astrid, tutte raccolta nuovamente a Winter River.
Una sequenza di Beetlejuice Beetleuice
Lì la ragazza scopre il plastico dei Maitland ed entra in contatto con il mondo del soprannaturale in modi inaspettati, aprendo le porte al ritorno di Beetlejuice che è intanto alle prese con l'unico essere che riesce a spaventarlo: la sua ex moglie Delores. Più linee narrative che a tratti non trovano lo spazio e l'equilibrio necessario, come se la voglia di aggiungere idee e spunti avesse preso il sopravvento sulla compattezza narrativa. Un difetto che emerge soprattutto nel secondo atto, per poi sfociare con energia in un gran finale che rende giustizia alla potenza iconica dell'originale.
Un sequel tra evoluzione e omaggio
Abbiamo subito accennato a quello che ci è sembrato l'unico difetto di un film che nel complesso funziona: lo fa in quanto commedia macabra, con il gusto dark di Tim Burton che riemerge come in passato; lo fa in quanto omaggio in grado di parlare ai fan dell'originale, con richiami continui e sensati che i conoscitori sapranno identificare e amare; lo fa, ancora, come evoluzione di quei personaggi a cui ci sentiamo legati e che ritroviamo con emozione. In Beetlejuice Beetlejuice si nota, più che in altre produzioni recenti del regista, la voglia di costruire sequenze di grande impatto e nel divertimento che proviamo scorgiamo quello dello stesso Burton.
Jenna Ortega è una delle new entry del film di Tim Burton
Parallelamente și percepisce la riflessione di un autore più maturo alle prese con personaggi che hanno abituato il suo passato e che esplora con curiosità a distanza di anni. Una riflessione che riguarda loro, ma in parallelo anche se stesso, un modo per ripensare alla sua vita e la sua carriera dal punto di vista privilegiato dell'autore più maturo.
La forza iconografica di Beetlejuice
È indubbio che il primo film abbia una forza iconografica incredibile, che abbia proposto al pubblico una sequenza da storia del cinema (la celebre, impagabile, cena/ballo) e il timore era che il sequel di Beetlejuice non riuscisse a rivaleggiare col suo predecessore su questo fronte. Seppur ovvio che qualcosa di quella potenza sia inarrivabile, non mancano i grandi momenti in questo nuovo film: una sequenza vede protagonista Monica Bellucci, un regalo di Burton all'attuale compagna, un altro è il gran finale, una cerimonia a ritmo di musica.
Beetlejuice Beetlejuice: un'apparizione di Danny DeVito
Insomma un'operazione riuscita, un film compiuto al di là di qualche problema di gestione delle diverse linee narrative, ma soprattutto un film che i fan di Tim Burton e del primo Beetlejuice - Spiritello porcello apprezzeranno. Da estimatori non possiamo che esserne felici!
Conclusioni
In conclusione Beetlejuice Beetlejuice è un sentito omaggio di Tim Burton al suo film degli anni ’80 e a quel pubblico che l’ha seguito sin dagli esordi. Il cast originale conferma il lavoro fatto sui personaggi e ne evolve la portata, le new entry completano il quadro in termini di evoluzione della storia. Qualche incertezza di scrittura, soprattutto nella parte centrale della storia, non rovina un film che diverte ed evoca quelle sensazioni che dal sequel di Beetlejuice ci saremmo aspettati.
👍🏻
L’estetica di Tim Burton, che ritroviamo con piacere.
Quel gusto per la commedia dark, tipica dell’autore.
Michael Keaton, Winona Ryder e il cast originale.
Un paio di sequenze potenzialmente cult.
👎🏻
Alcune storyline meno sfruttate.
Qualche problema di equilibrio tra vecchi e nuovi personaggi.
#beetlejuice 2#beeltejuice#bettlejuice bettlejuice#wynona ryder#michael keaton#jenna ortega#monica bellucci#tim burton#lydia deetz#astrid deetz#delia deetz
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Un padre, finita la festa di laurea della propria figlia, le disse:
“Ti sei laureata con il massimo dei voti!
Ecco il tuo regalo.
Un’auto che ho acquistato molti anni fa!
Ha diversi anni, ma prima che te la dia, portala nel parcheggio delle auto usate in centro e dì loro che voglio venderla, poi fammi sapere quanto ti offrono.”
La figlia andò al parcheggio delle auto usate, tornò da suo padre e disse:
“Mi hanno offerto mille euro (1.000,00 €) perché sembra molto logora!”
Il padre, prontamente, le disse:
“Portala al banco dei pegni.”
La figlia andò al banco dei pegni, tornò da suo padre e gli disse:
“Il banco dei pegni mi ha offerto cento euro (100,00 €), dato che è una macchina molto vecchia!”
Il padre chiese a sua figlia di andare in un club automobilistico e mostrare loro l’auto.
La figlia portò la macchina al club, tornò da suo padre e gli disse:
“Alcune persone nel club hanno offerto centomila euro (100.000,00 €) per questa auto, dato che è una Lamborghini, un’auto iconica e ricercata da molti!”
Il padre, allora, disse alla figlia:
“Volevo che tu sapessi che il posto giusto ti valorizza nel modo giusto.
Se non sei valutata, non essere arrabbiata, significa che sei nel posto sbagliato.
Chi conosce il tuo valore ti apprezza.
Non stare mai in un posto dove nessuno vede il tuo valore!”
web
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Models Matter
Christopher Niquet
Prefazione di Steven Meisel
Damiani, Bologna 2016, 124 pagine, 70 illustrazioni, 24,3x30cm, Brossura, Inglese, ISBN 9788862085199
euro 35,00
email if you want to buy : [email protected]
Il progetto 'Models Matter' nasce in modo fortuito nel 2008 quando lo stilista francese Christopher Niquet chiese il suo primo autografo alla modella Peggy Moffit a Beverly Hills. Niquet non era mai stato un cacciatore di autografi, ma da quel momento si lancia in una ricerca metodica e su scala mondiale delle più importanti icone delle passerelle internazionali per ottenerne gli autografi. Nel volume ogni autografo è presentato incorniciato e accompagnato da un'immagine iconica della modella. Tra le protagoniste di 'Models Matter': Jerry Hall, Linda Evangelista, Naomi Campbell, Jean Shrimpton, Anita Pallenberg, Isabella Rossellini, Claudia Schiffer, Twiggy, Veruschka, Pat Cleveland ...
In 2008, Christopher Niquet, a well-known French stylist, spotted the 1960s supermodel Peggy Moffitt in a Beverly Hills restaurant. Never an autograph chaser, he nonetheless felt compelled to ask for hers. This candid moment ignited an obsessive, ongoing quest. Niquet began to reach out to the models he considered quintessential figures in his industry, for their epic beauty and remote auras. Deploying a sleuth's methods to locate these models around the globe, he collected 100 signatures, most of which are framed along with an iconic portrait.
06/09/23
#Models Matter#Christopher Niquet#Steven Meisel#Peggy Moffitt#Jerry Hall#Linda Evangelista#Naomi Campbell#Jean Shrimpton#100 models#photography books#fashionbooksmilano
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Era il 19 marzo 1971 e niente fu come prima: i Jethro Tull pubblicano Aqualung è la copertina icona dei Jethro Tull. Fondati dall’istrionico Ian Anderson, i Jethro Tull hanno segnato un’epoca e hanno impresso il loro graffiante stile nella musica toccando tantissimi generi, dal jazz, al blues, al rock, al folk, fino all’elettronica. Il flauto, suonato dallo stesso Ian in modo cosi personale, è diventato un vero marchio di fabbrica. Iniziamo questo racconto sulla copertina più iconica del gruppo con una curiosità: il brano Aqualung, la title track, che eseguono dal vivo praticamente in tutte le loro performance, è uno dei pochi pezzi, che nella sua registrazione originale non ha il flauto! Il riff di Aqualung con quelle micidiali sei note eseguite da Martin Barre fu composto sulla chitarra acustica da Ian Anderson che a tal proposito racconta: “Suppongo che sia stato un po’ ispirato dalle note drammatiche di apertura di Beethoven della Quinta Sinfonia. Suoni alcune note e ti viene in mente un motivo, che è potente e stabilisce l’intera natura della canzone. È una grande cosa quando puoi farlo. I Deep Purple lo hanno fatto con Smoke on the Water. I Cream lo hanno fatto con Sunshine of Your Love. Quando crei uno di quei riff semplici e magnifici, è una cosa fantastica. È un bel gioiello nel firmamento musicale”. LA COPERTINA Ma veniamo alla copertina che in origine era textured, cioè telata. È un album “gatefold” ossia apribile che consentiva agli artisti di inserire più informazioni ed indizi sull’opera che presentavano. La cover è un dipinto di Burton Silverman raffigurante un uomo barbuto dai capelli lunghi in abiti trasandati. L’ispirazione scaturì da una fotografia di un senzatetto, scattata dalla moglie di Anderson a Thames Embankment, lungo gli argini del Tamigi. Una figura ai margini della società che osserva tutto. Perfetta per il contenuto lirico del disco ricco di riferimenti sociologici, religiosi e di vita comune. Da notare il netto contrasto tra il barbone e il manifesto alle sue spalle che pubblicizza eleganti e dispendiose vacanze natalizie in una località sciistica delle Highlands scozzesi meridionali. L’illustrazione materializza quasi il suo “rantolo” affannoso e minaccioso che è il vero senso del disco, che in origine doveva chiamarsi My God. Come lo stesso Ian Anderson ci svela, il titolo deriva dal rumore di un respiratore subacqueo. L’Aqua-lung è infatti il nome originale della prima attrezzatura subacquea sviluppata da Jacques Cousteau e Emile Gagnan nel 1943. L’interno della copertina, mostra un altro dipinto con i componenti del gruppo in abiti stravaganti all’interno di una cattedrale: Ian Anderson a bocca aperta che canta e tiene un incensiere; Jeffrey Hammond, il bassista, che beve da una tazza e ha in testa un casco da aviatore; Clive Bunker, il batterista, che è accovacciato sullo sfondo con una croce in mano; Martin Barre, il chitarrista storico della band, che è in abiti seicenteschi mentre John Evan suona il piano
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OPTIMUS PRIME ( Voyager ) LEGACY UNITED *Animated*
A cementare la presenza degli Animated nei Legacy arriva il loro OPTIMUS PRIME, ed abbiamo anche qui un interessante ibrido fra il classico stile Generations e quello stilizzato della serie animata del 2008, forse maggiormente in risalto in questo Voyager.
Anche se devo dire che di primo acchito, dalle iniziali immagini promozionali, non è che il ROBOT mi ispirasse tantissimo, ma dal vivo esprime al meglio le sue peculiarità, dato che è bello grosso e massiccio, ma forse è l'effetto della plastica blu di braccia e gambe che un po' mi da la sensazione di leggerezza e / o di pochezza: plastica con un blu spento che è fedele a quello dei cartoni, rispetto a quello scuro o più acceso dei Prime di altre serie, ma che appunto sminuisce l'estetica del robot, cui vanno aggiunte pure le ruote ai lati delle caviglie senza i cerchioni argentati, o anche altre piccole cose come i dettagli neri attorno ai piedi o quelli gialli sul collo dei piedi e sul dorso delle mani.
Ma per fortuna non è tutto un macello, dato che torso e viso sono ricchi di dettagli e ottimamente dipinti, con una testa che è una bella sintesi fra un Commander classico e quella dell'originale Animated, ed il rosso di torso e spalle e un po' scuro e bilancia il succitato blu spento.
Carini pure i dettagli su avambracci e gambe, che sono quelli del classico Op G1, laddove sennò quelle parti, a guardare l'Animated, sarebbe dovute rimanere lisce e glabre.
Da buon Generations post WfC il nostro ha i classici fori sparsi nei soliti posti standard, con in più quelli delle ruote all'altezza delle caviglie, mentre sugli avambracci appaiono subito prima dei pugni, una posizione non casuale forse, dato che nei cartoni Optimus sparava rampini ed altri gadget dai polsi, ma neanche in questo modello Prime esibisce questa particolarità, quindi si spera in eventuali accessori successivi o in versioni repaint con questa gimmick.
Infatti gli accessori di questo Voyager sono il pannellino coi lampeggianti da piazzare sulla schiena ( che copre 3 fori ma ne ha poi uno di suo ) e l'ascia iconica del personaggio, una signora asciona fedele con la lama in plastica trasparente blu e con il manico un po' troppo grosso, sì, ma questo perchè poi può allungarsi, sempre come visto nei cartoni!
L'ascia, infine, ha due spine ai lati del manico largo ed un'altra in cima al supporto della lama, così come dietro di questo c'è un foro per metterci l'effetto di esplosione in plastica trasparente, seeeeeeempre per ricreare quanto si vede in tv. ^^
La posabilità è nella norma, ma sorprendono i polsi che ruotano, più che altro perchè nella TRASFORMAZIONE rientrano nei pannelli restando sulla loro base di balljoint, un metodo questo che dovrebbe essere lo standard per tutti i Generations dai Voyager in su, minimo! Il busto si converte nella cabina del camion alla maniera del Deluxe Cybertroniano e quello Battle Damage, con il pannello del petto che si solleva a coprire la testa, idem quello della testa e ai lati le braccia ripiegate. Le gambe invece hanno una trasformazione davvero interessante ripresa da Siege Hound, srotolandosi lateralmente in modo che le ruote che erano sulle caviglie siano ora allineate.
Peccato solo per i piedi in vista sopra la parte posteriore della MOTRICE DI UN CAMION DEI POMPIERI, dato che a parte questo difetto estetico ( perdonabile vista la trasformazione, però ), il veicolo è davvero somigliante a quello visto in tv, sopratutto per via delle succitate ruote vicine e alla presunta assenza di quelle anteriori, nascote nel modulo grigio inferiore.
L'ascia così grossa non si può nascondere neanche vagamente come nel succitato Deluxe originale e quindi semplicemente si appoggia sul retro del veicolo, o ai lati dello stesso tramite i numero fori.
Se i vari Optimus Generations avevano Matrici scolpite all'interno del torso e robe così, il nostro Animated qui ha invece un altro tipo di finezza, ovvero i dettagli della cabina scolpiti all'interno, con i sedili sul retro delle spalle e nel pannello frontale il volante da una parte e lo stereo dall'altra!!
Ancora, davvero un peccato per le ruote senza i cerchioni argentati, che sminuiscono parecchio un veicolo altrimenti davvero indovinato, pannelli dei piedi a parte, così come il succitato il blu spento non aiuta l'estetica del robot, ma per il resto è davvero una buona versione Generations dello storico Animated, anche se magari ci sono indizi di un'eventuale versione magari Leader con altri accessori, quindi al limite aspettiamo di vedere cosa e se sforneranno in futuro per questo personaggio.
#transformers#hasbro#generations#autobot#autorobot#recensione#review#voyager#optimus prime#animated#commander#legacy#legacy united#united
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Toxicity cover di una canzone dei System of a Down. Esplora il mio approfondito articolo sulla "Toxicity", dove gettiamo luce sui diversi aspetti di questo tema rilevante. Dai consigli pratici per gestire la tossicità nelle relazioni personali alle strategie per affrontare l'ambiente tossico online, il nostro contenuto offre un'analisi approfondita. Scopri come riconoscere segnali di tossicità e apprendi metodi efficaci per preservare il benessere emotivo. Affronta la "Toxicity" con saggezza, navigando attraverso il nostro articolo informativo e ricevendo strumenti utili per coltivare relazioni sane e uno stile di vita equilibrato.
Quindi, conosci l'incisivo e potente mondo musicale dei System of a Down con la nostra analisi approfondita della canzone "Toxicity". Scopri le sfumature testuali e musicali che rendono questo brano un'icona del genere metal. Approfondiamo il significato delle parole, la struttura sonora e l'impatto che "Toxicity" ha avuto sulla scena musicale. Immergiti nell'analisi dettagliata di questa traccia epica, un viaggio sonoro che ha lasciato un'impronta indelebile nella storia della musica. Esploriamo insieme la "Toxicity" dei System of a Down e scopriamo cosa la rende una pietra miliare nel panorama musicale moderno.
Poiché, esso è un universo sonoro unico dei System of a Down con la loro intensa canzone "Toxicity". Immergiti in un viaggio musicale che cattura l'essenza della complessità emotiva, con riff potenti e testi incisivi. La "Toxicity" dei System of a Down è un'esperienza sonora avvincente che sfida i confini musicali e offre un'immersione profonda nell'energia cruda e nella creatività della band. Scopri di più su questa traccia iconica e lasciati trasportare dall'intensità delle emozioni evocate dalla "Toxicity" dei System of a Down. Entra nel mondo avvincente della musica che ha reso questa band una delle più riconosciute nel panorama rock alternativo.
Inoltre, scopri il significato profondo di "Toxicity" dei System of a Down con la nostra esclusiva analisi. Immersi nella potenza espressiva delle parole e delle note, esploriamo il contesto dietro questo brano iconico. Approfondisci il messaggio di protesta e riflessione sociale, mentre sveliamo strati nascosti di significato. Attraverso il nostro articolo informativo, sarai guidato nel comprendere la "Toxicity" dei System of a Down in modo completo e coinvolgente. Entra nel cuore di questa potente composizione e scopri il suo impatto duraturo sulla cultura musicale.
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Anon del papiello: un appunto su Charles. Sicuramente, se tutta questa faccenda è come diciamo noi, per me lui ha provato a non cedere a Carlos per vari motivi. Innanzitutto la scoperta di una bisessualità dopo i venti anni non è una cosa facile da capire, digerire e assimilare - la tua identità deve riadattarsi a un nuovo lato di te, un'attrazione per una persona tra l'altro pericolosa a più livelli (perché è il tuo compagno di squadra e l'ultima volta con Nico e Lewis abbiamo assistito tutti a uno sfacelo totale). Poi perché Charles ha una storia personale molto dolorosa e costellata di lutti - e questo inficia la tua capacità di lasciarti andare nei rapporti umani (non a caso lui molla e si mette costantemente con ragazze identiche perché non sa minimamente stare solo, non penso che questo sia prova di grande amore verso di loro, pfff). Ha un grande vuoto dentro (che secondo me veramente poche persone gli colmano, fra cui Carlos), una sindrome dell'abbandono spiccata (che gestisce malissimo, vedi il codazzo di gente sempre appresso) e non ha una rete di supporto attorno come Carlos (e si nota nelle crisi a livello di forza mentale che ha avuto anche quest'anno, ha tanto bisogno di un mental coach per me). Tutto questo per dire che è un ragazzo molto sensibile, più fragile di quello che si pensa, e il fatto che si fidi di Carlos così tanto (in pista e fuori) è dovuto chiaramente al loro rapporto speciale. Un rapporto che è ANORMALE per gli standard della F1, pieno di gente disposta a passarti sopra per una posizione in gara o a fregarsene del tuo benessere (cosa che Carlos abbiamo visto più volte porre al di sopra di tutto, vedi Monza 2022, con lui che va nel parc ferme da Charles fregandosene di tutto). Per Charles deve essere stata tostissima lasciarsi andare, ma la sua felicità con Carlos di fianco credo che sia la sola cosa giusta da notare... Perché Carlos lo fa ridere come nessuno al mondo. Ciao!
ancora una volta la tua eloquenza è superior e iconica e vorrei averla anche io perché davvero wow
assolutamente sì, queste sono tutte cose che penso anche io!!!
la cosa dello scoprire la propria bisessualità dopo anni e anni deve essere stata sicuramente un duro colpo, soprattutto come abbiamo detto prima per il tipo di ambiente in cui si è ritrovato a scoprire questi sentimenti, e poi diciamo che gli esempi di “amore tra compagni di squadra” non è dei migliori…………….. (vedi nico e lewis, ma secondo me è per quello che si è “attaccato” tanto a seb, perché lui può davvero capire la sua situazione più di chiunque altro, essendoci passato anche lui)
so che molti strumentalizzano diciamo i lutti che charles ha avuto, ma qui davvero sono una chiave per leggere la situazione: ovviamente lui ha paura di perdere persone a lui care (carlos) perché in passato ne ha perse a sua volta. quindi sicuramente questo influisce sul suo attaccarsi alle persona (all’inizio era riluttante ad attaccarsi troppo a carlos, ora non vuole più lasciarlo)
lui è davvero molto molto sensibile, più di quanto molte persone pensino probabilmente, e davvero vederlo così comfortable con carlos come compagno e amico e anche altro è davvero bellissimo per me da vedere e sono estremamente contenta che loro due si siano trovati in un modo genuino in uno sport che, come detto da te, è brutale se non si è preparati e forti mentalmente :)
comunque la frase finale riassume perfettamente la loro dinamica e wow, davvero, complimenti per l’esposizione perché sei davvero bravx!!!
grazie per avere blessato la mia giornata, nulla di quello che mi hai scritto lascerà mai la mia testa perché è troppo bello 🥰 love u <3333
#non credo ti paleserai mai ma hai un furto come scrittorx l#this is amazing!!! love it so much!!!#charlos
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Una marea di film...e se ne salvano pochi! Part.1
Nonostante lo scorso anno ci sia stato lo sciopero degli sceneggiatori che ha bloccato molte produzioni, i film usciti in questo 2024 sono parecchi, negli ultimi mesi soprattutto al cinema abbiamo potuto trovare pellicole di ogni genere alcune memorabili altre...no. Ho avuto modo di vederne alcuni molto belli e altri invece che mi hanno lasciato perplessa, vediamoli insieme.
Chi non muore si rivede!
O qualcosa del genere...
Tra i mille impegni che mi hanno riempito questi ultimi mesi, uno solo è stato l'appuntamento fisso per me: andare al cinema. Che io sia una sostenitrice del cinema in solitaria oramai è una cosa risaputa e, come sempre vi invito a provare questa esperienza. Lasciatevi avvolgere dall’oscurità della sala e permettete alla vostra mente di entrare in contatto con la storia che deciderete di vedere.
Godimento assicurato. Più o meno.
Ma quindi cosa ho visto negli ultimi mesi?
Maxxxine
Se amate l'horror e i thriller un po’ splatter, Maxxxine è sicuramente un titolo da non perdere. Il film prosegue la storia della protagonista Maxine (già vista in X) e ci porta in un viaggio inquietante tra fama e follia. Oltre ad essere un omaggio alla Hollywood del passato, impossibile non notare come il vero protagonista sia proprio il sogno di sopravvivere nel mondo dello showbusiness che inghiotte chiunque provi ad avvicinarcisi, spesso poi finendo con il ridurre a pezzi chi non è abbastanza forte o disposto a mettere in gioco ogni cosa per non affondare.
La regia di Ti West si riconosce, omaggia gli horror del passato e le dive del genere. È una messa in scena quasi grottesca a volte che segue la corsa verso la fama di Maxine che diventa una final girl iconica e ironica che vuole combattere per realizzare i suoi sogni, decisamente un’avvicinamento alla visione femminista di un horror.
Impossibile non notare l’omaggio/riferimento a Hardcore di Paul Schrader con uno scambio di visuale, infatti il punto di vista della storia è femminile ma entrambi i film narrano di una Hollywood ingorda e oscura.
E proprio il desiderio della fama in tutte le sue sfumature il vero protagonista della trilogia di Ti West, che attraverso X, Pearl e poi Maxxxine porta sullo schermo una critica sociale che non lascia scampo.
It Ends with Us
Uno dei film più chiacchierati dell’anno è sicuramente It Ends With Us, divenuto il film di cui parlavano tutti non di certo per la storia o per il messaggio (come si sperava avrebbe fatto) ma per tutto il drama legato alla sua promozione.
Ci sarebbe un’interessante critica sociale su come è stato gestito tutto, su come l’internet si sia spaccato in due ma non è questo decisamente il luogo in cui parlarne, non tanto perché io non ne abbia voglia ma perché si sono sviluppate talmente tante dinamiche che sono svanite successivamente che ha portato il film al suo scopo di promozione: tutti ne dovevano parlare.
It Ends With Us è un film tratto dal famoso romanzo di Coleen Hoover, famoso per chi legge romanzi del genere perché io, onestamente, non ne avevamo mai davvero sentito parlare. I temi trattati sono profondi: relazioni abusive, violenza domestica e resilienza, peccato però che la messa in scena non arrivi diretta allo spettatore e che il film abbia moltissime pecche (così come il libro dopotutto).
Di certo non verrà ricordato se non per gli amanti dell’autrice e non ha avuto decisamente un grandissimo impatto sul pubblico.
Dicono che siano aumentate le chiamate ai numeri dei centri antiviolenza ma è un dato che potrebbe determinare da molte cose.
La storyline si sviluppa velocemente, forse anche troppo, tanto da non permettere a chi lo vede di entrare in empatia con la protagonista. Non mi sento di bocciarlo ma ci sono film decisamente più belli da vedere sul tema.
Altri film che ho visto?:
Supersonic, Trap, Campo di Battaglia, Vermiglio, We Live in Time, Il tempo che ci vuole, Small Things like These e Anora. Se ne aggiungeranno altri sicuramente e io riprenderò a parlarne un po’ alla volta. Questo spazio esiste per me e per parlare di qualcosa che mi piace e a cui ho dedicato la vita. Vi lascio ricordandovi che andare al cinema da soli è uno dei gesti d’amore più grandi che possiate avere per voi stessi quando il mondo reale è troppo.
A presto,
Isabella R.
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Pearl (2022)
Diretto da Ti West, scritto da West e Mia Goth
È una strana storia d'amore quella di Maxine e Pearl. In X (2022) abbiamo visto l'anziana Pearl (Mia Goth) innamorarsi di Maxine (sempre Mia Goth), che a detta sua è identica a lei quand'era giovane. In questo prequel vediamo quanto effettivamente Pearl sia un'altra Maxine (anche se sarebbe più giusto dire che Maxine è un'altra Pearl). L'orrore è riconoscere che quell'anziana maniaca sessuale serial killer che ha terrorizzato la troupe in X, è tremendamente relatable. She's just like me! Pearl è una giovane donna con il sogno di realizzarsi ed emanciparsi, ma è costretta in una realtà claustrofobica e soffocante. Con una madre che la odia, un padre disabile e un marito partito per il fronte, la sua vita è una prigione. La via d'uscita è il cinema. Pearl sogna una carriera come ballerina per poter scappare da quella fattoria sperduta ed essere riconosciuta per ciò che davvero è: una stella. Iconica la scena del provino: Please, I'm a star! Pearl odia la sua vita, si sente bloccata, ma sa di essere speciale e desidera di più. Crede di essere destinata a qualcosa di grande e anche noi che la guardiamo non possiamo che finire col crederci a nostra volta (pur sapendo benissimo come finirà la sua vita). È terribilmente penoso vederla fallire, ancora di più riconoscere quanto tutto ciò che desiderasse profondamente, in realtà, erano l'amore e l'approvazione di sua madre. Non c'è nulla di più devastante di vedere una figlia distruggersi per l'amore di sua madre, in questo caso una donna gelida e austera, che impedisce a Pearl qualsiasi tipo di gioia. Quello che mi devasta di più è il pensiero che Pearl sia diventata quel che vediamo in X per colpa di sua madre. Non voglio dire che fosse nel suo DNA perché non voglio credere in nessun tipo di destino biologico, ma sicuramente è un male che si passa da genitore a figlio attraverso un ciclo di odio e di violenza. Se avessi vissuto quel che ha vissuto lei, sarei tanto diversa? È una domanda che mi pongo. Sicuramente empatizzo tanto con il suo personaggio: il bisogno di essere amata, la vita interiore turbolenta opposta a una vita quotidiana monotona e solitaria, l'amore per l'arte, la mira costante alla perfezione, la necessità di trovare una valvola di sfogo... Pearl è una stella tragica. È impossibile staccare gli occhi dallo schermo mentre ride, piange, urla, si scopa uno spaventapasseri o commette l'ennesimo omicidio. Ciò che la rende così accattivante è la sua purezza e ingenuità un po' infantile. Vuole solo essere amata e accettata per come è, fatica a comprendere la propria interiorità turbolenta ed è in costante lotta con se stessa. Cosa c'è di più relatable? Sa di essere diversa e sa di dover nascondere il suo vero io per essere accettata, ma non riesce. Dopo un crescente senso di oppressione che cresce minuto dopo minuto, l'omicidio arriva come una sorta di liberazione. Non possiamo nemmeno incolpare troppo Pearl perché è sua madre ad aver dato inizio allo scontro, tirandole un ceffone dopo averle detto delle cose orribili (ho quasi pianto). È quasi un incidente, questo primo assassinio, ma da il via a un rovinoso spargimento di sangue che non avrà più fine. Il rapporto tra Pearl e sua madre è decisamente l'aspetto che più mi affascina e mi terrorizza di questo film: sono due persone profondamente infelici che si amano, ma non sono in grado di dimostrarlo in modo sano. Non ne sono capaci anche se magari vorrebbero. La madre di Pearl aveva paura di sua figlia, lo dice esplicitamente. Aveva visto le cose brutte che Pearl aveva fatto in privato (nel monologo finale Pearl rivela di aver provato gusto nell'uccidere degli animali) e pensava che tenerla nella fattoria, lontana dalle altre persone, fosse la cosa migliore per sua figlia. La sua filosofia del "trarre il meglio da ciò che ha" diventa il motto tragico che Pearl si porterà dietro fino alla fine della sua vita. It's just sad to realize that she did end up like her mother. Forse il vero orrore sta in questo, in una madre e una figlia che non riescono ad amarsi, pur specchiandosi tragicamente l'una nell'altra.
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Monografia: 𝐇𝐞𝐥𝐥𝐫𝐚𝐢𝐬𝐞𝐫 🎞️
𝐇𝐞𝐥𝐥𝐫𝐚𝐢𝐬𝐞𝐫 è un film horror del 1987 diretto da Clive Barker, basato sul suo romanzo 𝑇ℎ𝑒 𝐻𝑒𝑙𝑙𝑏𝑜𝑢𝑛𝑑 𝐻𝑒𝑎𝑟𝑡 e primo capitolo d'una saga che comprende dieci sequel e un remake; ha ricevuto diverse nomination a premi, tra cui il Saturn Award per il miglior film horror e per la miglior colonna sonora composta da Christopher Young (include 14 tracce, per una durata totale di 42:40 minuti); è stato anche candidato al Critic's Award al Festival internazionale del cinema di Porto.
Il film ha lasciato un segno duraturo nel genere horror, influenzando numerosi lavori successivi e contribuendo a definire l'estetica del body horror (alcuni personaggi di film horror moderni fanno riferimento ai Cenobiti come archetipi di mostri); la figura iconica di Pinhead (Doug Bradley), è simbolo della saga, nonché della cultura pop. Gran parte delle riprese sono state effettuate in una casa reale con solo una stanza ricostruita per le scene con effetti speciali, approccio che ha portato a inquadrature limitate spesso da una sola angolazione.
Momenti iconici di Hellraiser sono:
la scena in cui Frank Cotton apre la misteriosa scatola Lemarchand: segna l'inizio delle sue disavventure e l'arrivo dei Cenobiti, introducendo il tema del piacere e del dolore;
la prima apparizione dei Cenobiti, in particolare di Pinhead, di grande impatto visivo e narrativo
la scena in cui Frank Cotton, dopo essere stato resuscitato, appare come una figura sanguinolenta e mutilata: questo momento evidenzia gli effetti delle sue scelte e il prezzo da pagare per la sua ricerca di piacere estremo
la battaglia tra Kirsty e i Cenobiti: Kirsty riesce a ingannare i Cenobiti, portando a un climax avvincente che mette in evidenza la sua determinazione e intelligenza
la scena in cui Kirsty riesce a chiudere la scatola per fermare i Cenobiti come risoluzione simbolica: offre un senso di speranza e liberazione, nonostante le terribili esperienze vissute
Scene di Hellraiser Citate in Altri Film.
L'apertura della scatola Lemarchand ha ispirato numerosi film horror che utilizzano oggetti misteriosi come catalizzatori per eventi soprannaturali; la scatola stessa è diventata un simbolo, riapparendo in vari contesti, come in The Cabin in the Woods (2011), dove si fa riferimento a meccanismi simili che evocano forze oscure
L'arrivo dei Cenobiti ha influenzato il design di antagonisti in film successivi, come The Collector (2009) e The Tortured (2010), dove i villain presentano tratti estetici e filosofie simili sul dolore e il piacere
La trasformazione di Frank ha lasciato il segno nel genere body horror, ispirando film come The Fly (1986) e Tetsuo: The Iron Man (1989), che esplorano la trasformazione fisica in modi disturbanti e visivamente impattanti
Il confronto finale tra Kirsty e i Cenobiti ha ispirato film come Final Destination (2000), dove i protagonisti affrontano forze inevitabili e cercano di ingannare il destino, riflettendo la tensione presente nel confronto finale del film.
Hellraiser ha inoltre influenzato Supernatural, dove l'idea di porte verso altre dimensioni e creature malvagie è tema ricorrente; le campagne pubblicitarie che giocano con il concetto di "dolore" e "piacere" potrebbero aver tratto ispirazione dalla filosofia dei Cenobiti, anche se non citano direttamente il film. L'influenza di Hellraiser sul panorama culturale è evidente nel modo in cui le sue immagini e tematiche continuano a essere rielaborate in vari contesti.
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Stephen Hawking: Un Genio della Scienza e Simbolo della Lotta Contro la Disabilità
Stephen William Hawking, uno dei più grandi scienziati del XX e XXI secolo, ha segnato in modo indelebile il mondo della fisica teorica e della cosmologia. Noto per i suoi studi sui buchi neri, l'origine dell'universo e la cosmologia quantistica, il suo impatto va ben oltre i confini della scienza. La sua figura è anche un simbolo della lotta contro la disabilità, dimostrando come l’ingegno umano possa superare le barriere fisiche più estreme. La sua vita rappresenta una fonte d'ispirazione per chiunque debba affrontare le sfide poste dalla disabilità.
Nato a Oxford l’8 gennaio 1942, esattamente trecento anni dopo la morte di Galileo Galilei, Hawking mostrò fin da giovane un acuto interesse per le scienze. Il suo percorso accademico lo portò dapprima a frequentare l’Università di Oxford, dove si laureò in fisica, per poi proseguire i suoi studi a Cambridge, dove ottenne il dottorato in cosmologia. Tuttavia, nonostante le sue brillanti capacità accademiche, fu proprio durante gli anni universitari che emerse una sfida personale destinata a cambiare la sua vita: la diagnosi di una malattia degenerativa dei motoneuroni, conosciuta come SLA o sclerosi laterale amiotrofica, che lo portò gradualmente alla paralisi.
La disabilità di Stephen Hawking non fermò la sua brillante carriera, ma anzi, rafforzò la sua determinazione nel continuare a esplorare le profondità dell’universo. Nel corso degli anni, nonostante fosse costretto a vivere in sedia a rotelle e a comunicare tramite un sintetizzatore vocale, Hawking continuò a insegnare, a fare ricerca e a scrivere libri che portarono la scienza al grande pubblico. Tra le sue opere più famose vi è Dal Big Bang ai Buchi Neri: Breve Storia del Tempo, che divenne un best seller globale e aprì le porte della fisica teorica a milioni di persone.
La sua malattia lo costrinse a convivere con una grave forma di disabilità, ma ciò non limitò mai la sua mente brillante. Infatti, continuò a elaborare teorie complesse e a collaborare con altri scienziati. Tra i suoi contributi più importanti si possono citare la radiazione di Hawking, una teoria che ipotizza che i buchi neri possano emettere radiazioni e, quindi, non siano completamente “neri” come si pensava in precedenza. Inoltre, elaborò la teoria cosmologica dello stato di Hartle-Hawking, che descrive un universo senza confini temporali.
La vita di Stephen Hawking è stata costantemente segnata dalla sfida della disabilità. Diagnosticato all’età di soli 21 anni, i medici gli avevano dato pochi anni di vita. Ma contro ogni previsione, visse fino all’età di 76 anni, continuando a lavorare e a contribuire al progresso scientifico. La sua straordinaria resistenza e il suo impegno intellettuale dimostrano che la disabilità fisica non deve mai essere vista come un ostacolo insormontabile per il successo personale e professionale.
Nonostante la sua crescente dipendenza dalla tecnologia per comunicare e per muoversi, Hawking rimase attivo nel campo della divulgazione scientifica. La sua voce robotica, generata da un sintetizzatore vocale, divenne iconica, tanto quanto i suoi studi. La sua immagine fu utilizzata anche per abbattere pregiudizi sulla disabilità, facendo capire al mondo che una mente brillante non è meno potente solo perché confinata in un corpo con limitate capacità motorie. La sua partecipazione a documentari, interviste e persino a serie televisive, come The Big Bang Theory, lo trasformò in un’icona della scienza moderna e un simbolo della forza della mente umana di fronte alla disabilità.
La disabilità di Hawking lo portò a essere un punto di riferimento anche per il movimento di difesa dei diritti delle persone con disabilità. La sua vita fu un esempio di come sia possibile raggiungere traguardi straordinari nonostante le avversità fisiche. In un’intervista, Hawking dichiarò: “Per quanto difficile possa sembrare la vita, c’è sempre qualcosa che si può fare e in cui si può avere successo”. Questa citazione riflette perfettamente il suo spirito combattivo e la sua incrollabile fede nelle capacità della mente umana.
Oltre ai suoi successi scientifici, Hawking ricevette numerosi riconoscimenti per il suo contributo alla scienza e alla società. Tra questi, la Medaglia presidenziale della libertà, conferitagli dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama nel 2009. Inoltre, fu membro di prestigiose istituzioni scientifiche, come la Royal Society e la Pontificia Accademia delle Scienze.
Alla sua morte, avvenuta nel 2018, il mondo intero si fermò per rendere omaggio a questo gigante della scienza. Le sue ceneri furono deposte nell’Abbazia di Westminster, accanto a quelle di Isaac Newton e Charles Darwin, a testimonianza del suo immenso contributo alla comprensione dell’universo.
Stephen Hawking rimane una figura iconica non solo per il mondo della scienza, ma anche per quello della lotta contro la disabilità. Il suo esempio dimostra che, con determinazione e ingegno, si possono superare barriere apparentemente insormontabili. La sua eredità continua a ispirare milioni di persone in tutto il mondo, rendendo la sua vita un simbolo della capacità umana di eccellere, indipendentemente dalle sfide poste dalla disabilità.
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Le Piante Perfette per la Tua Casa: Scopri l'Euphorbia Ingens, la Sansevieria Cylindrica, l'Ulivo e i Terrarium
Negli ultimi anni, l’interesse per il verde domestico è cresciuto in modo esponenziale. Le piante da interno non sono solo una tendenza estetica, ma apportano anche benefici concreti al benessere psicofisico delle persone. Sul nostro e-commerce, I Giardini di Giulia, offriamo una vasta selezione di piante esclusive e di qualità per arricchire i tuoi spazi interni ed esterni. In questo articolo, ti guideremo alla scoperta di alcune delle nostre piante più richieste, come l’euphorbia ingens, la sansevieria cylindrica candle, l’ulivo in vaso bergamo e i nostri terrarium unici. ulivo in vaso bergamo da 16 cm
Euphorbia Ingens: Un Tocco Esotico e Resistente
L’euphorbia ingens è una pianta straordinaria che combina un aspetto imponente con una manutenzione minima, rendendola perfetta per chi desidera un elemento di grande effetto senza dover dedicare troppo tempo alla cura. Questa pianta succulenta proviene dalle zone aride dell'Africa ed è nota per la sua capacità di adattarsi a condizioni ambientali difficili.
L’euphorbia ingens si distingue per il suo aspetto scultoreo: alti fusti verdi con rami spinosi che si espandono verso l’alto, creando una silhouette che ricorda un candelabro. Questa caratteristica rende l’euphorbia ideale per arredare angoli vuoti di salotti, studi o terrazzi, aggiungendo un tocco di esotico e naturale all’ambiente.
Una delle sue grandi qualità è la resistenza. L’euphorbia ingens richiede poca acqua, preferisce la luce indiretta e si adatta bene a climi secchi, il che la rende perfetta per chi vive in città e non ha molto tempo per curare le piante. Nonostante il suo aspetto simile a quello di un cactus, l’euphorbia appartiene alla famiglia delle euforbiacee, quindi non è una pianta grassa vera e propria, ma conserva comunque tutte le caratteristiche di una pianta resistente e longeva.
Sansevieria Cylindrica Candle: Eleganza Minimalista
La sansevieria cylindrica, conosciuta anche come “candle” per la sua forma verticale, è un'altra pianta perfetta per arredare con stile e semplicità. La versione in vaso da 13 cm che offriamo è particolarmente indicata per chi desidera aggiungere un tocco di verde senza occupare troppo spazio. È ideale per scrivanie, mensole o piccoli tavolini.
Questa pianta, originaria dell'Africa occidentale, si caratterizza per le sue foglie cilindriche e dritte che ricordano delle candele, da cui il nome. È famosa per la sua incredibile resistenza e la sua capacità di purificare l’aria, rendendola una delle piante più apprezzate da chi desidera migliorare la qualità dell’aria in casa.
Una delle caratteristiche più amate della sansevieria cylindrica è la sua versatilità: può essere collocata in ambienti con scarsa illuminazione o luce diretta, adattandosi perfettamente. Inoltre, richiede pochissima manutenzione, rendendola ideale per chi non ha esperienza nella cura delle piante. Basta innaffiarla saltuariamente, evitando di far ristagnare l’acqua nel vaso. terrarium de i giardini di giulia
Ulivo in Vaso Bergamo: Un Tocco Mediterraneo
L'ulivo è da sempre simbolo di pace, saggezza e longevità. Con il nostro ulivo in vaso bergamo da 16 cm, è possibile portare un pezzo della tradizione mediterranea direttamente a casa tua. Questo piccolo ulivo è perfetto per chi desidera coltivare una pianta iconica, ma non ha lo spazio per un grande giardino.
L’ulivo si adatta perfettamente sia agli spazi interni che esterni, purché riceva luce solare diretta. È una pianta che resiste bene al caldo e al freddo, anche se è consigliabile proteggerla nei mesi più freddi. Il suo tronco nodoso e le foglie argentee lo rendono una pianta elegante e sempreverde, capace di abbellire qualsiasi spazio.
Se ben curato, l’ulivo in vaso può persino produrre frutti, offrendo un tocco unico e personale al tuo giardino o balcone. Richiede irrigazioni moderate, lasciando asciugare il terreno tra un'annaffiatura e l’altra, e preferisce terreni ben drenati.
Terrarium de I Giardini di Giulia: Un Mondo in Miniatura
I terrarium sono diventati una scelta popolare per chi ama le piante, ma dispone di poco spazio o cerca soluzioni decorative particolari. Nei nostri terrarium, ogni pianta è attentamente selezionata per creare un piccolo ecosistema autosufficiente che richiede pochissima manutenzione.
I terrarium de I Giardini di Giulia sono ideali per chi desidera un elemento decorativo raffinato e unico. Realizzati con piante succulente, muschi e pietre decorative, questi mini-giardini sono perfetti per arredare con stile scrivanie, librerie o tavolini. Il vantaggio dei terrarium è la loro capacità di mantenere l’umidità all’interno del contenitore di vetro, riducendo così la necessità di annaffiare frequentemente.
Perché Scegliere I Giardini di Giulia?
Da I Giardini di Giulia, ci impegniamo a fornire piante di qualità e a offrire un servizio eccellente ai nostri clienti. Tutte le nostre piante vengono selezionate con cura e consegnate direttamente a casa tua in condizioni perfette. Offriamo un’ampia gamma di piante da interno ed esterno, ideali per decorare la tua casa o il tuo giardino con eleganza e stile.
Inoltre, il nostro team è sempre a disposizione per fornirti consigli su come curare al meglio le tue piante e garantirti che crescano sane e rigogliose. Siamo consapevoli dell’importanza di creare un ambiente accogliente e rilassante con l’aiuto delle piante, e siamo pronti a supportarti in ogni fase del processo.
Conclusione
L’euphorbia ingens, la sansevieria cylindrica candle, l’ulivo in vaso bergamo e i terrarium de I Giardini di Giulia sono solo alcune delle tante piante disponibili nel nostro negozio online. Ogni pianta ha le sue peculiarità e può trasformare i tuoi spazi in ambienti più accoglienti, armoniosi e ricchi di vita. Esplora il nostro catalogo e scopri la bellezza naturale che puoi portare a casa tua con I Giardini di Giulia.
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Il tennis italiano è in lutto per la morte di Lea Pericoli
Lea Pericoli si è spenta a 89 anni. Se ne va un pezzo di storia dello sport azzurro, capace di lasciare un segno indelebile. Non a caso, Pericoli fu soprannominata "la divina" da Gianni Clerici proprio per la capacità di unire doti tecniche importanti ad uno stile unico. Memorabile anche la sua attività da giornalista, portata avanti sempre in modo raffinato ed elegante. cUna vita eccezionale quella di Lea Pericoli contraddistinta dall'amore smisurato per il tennis. Una passione iniziata in Africa dove il papà si era trasferito per motivi di lavoro, e coltivata con costanza nonostante gli spostamenti che l'hanno portata in giro per il mondo. Un piglio eccezionale, ma anche una sobrietà stilistica davvero iconica che le ha permesso di lasciare un segno indelebile nel tennis. 27 i titoli conquistati nella sua carriera, tra singolare, doppio e doppio misto a conferma di doti da giocatrice completa. Nei tornei del Grand Slam, ha raggiunto quattro volte gli ottavi al Roland Garros (1955, 1960, 1964 e 1971) e tre volte sull’erba di Wimbledon (1965, 1967 e 1970). Al suo attivo anche il prestigio di essere la numero 1 d'Italia per ben 14 anni (record assoluto), e di essere un perno anche per il team italiano con 8 vittorie in singolare e sei in doppio. Read the full article
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Tra Storia e Innovazione: La Maglia che Rappresenta gli Spurs
1. Introduzione
La maglia del Tottenham Hotspur è molto più di un semplice indumento sportivo. Per i tifosi degli Spurs, rappresenta un simbolo di tradizione, appartenenza e orgoglio. Da oltre un secolo, il Tottenham ha costruito la propria identità non solo attraverso le vittorie e i successi, ma anche tramite il legame profondo tra il club e la sua comunità. La maglia bianca, con il suo design semplice ma iconico, incarna lo spirito del club e riflette i valori che i giocatori portano in campo. Ogni dettaglio, dal colore al logo del gallo, racconta una storia di continuità e innovazione, rendendo la maglia un vero e proprio simbolo di tradizione. In questo articolo, esploreremo l'evoluzione della maglia del Tottenham Hotspur, il suo significato storico e culturale, e come essa continui a influenzare la passione e l'identità dei tifosi in tutto il mondo.
2. Le Origini della Maglia: Simbolo di Unità
Le origini della maglia del Tottenham Hotspur risalgono alla fondazione del club nel 1882, un periodo in cui il calcio inglese stava cominciando a strutturarsi in modo formale. Fin dagli inizi, la maglia del Tottenham ha rappresentato non solo l'identità visiva della squadra, ma anche i valori di unità, appartenenza e coesione che avrebbero definito il club.
All'inizio, il Tottenham indossava divise a strisce blu scuro e bianco, una combinazione cromatica utilizzata per differenziarsi dai club rivali e affermare un senso di identità unica. Tuttavia, la svolta più significativa avvenne nel 1898, quando il Tottenham adottò la sua iconica maglia completamente bianca, ispirata al Real Madrid, uno dei club più rispettati a livello internazionale. Questo cambiamento non fu solo una questione estetica, ma una dichiarazione di ambizione e professionalità.
Il bianco, simbolo di purezza e semplicità, divenne il colore distintivo degli Spurs. Questa scelta cromatica rifletteva una mentalità collettiva in cui l'unità e il gioco di squadra erano prioritari. La maglia bianca incarnava l’idea di un gruppo di giocatori che si muoveva come una forza unitaria, senza fare distinzioni individuali, e questa immagine era condivisa anche dai tifosi.
La semplicità del design iniziale sottolineava una filosofia calcistica centrata su uno stile di gioco essenziale, privo di orpelli, ma estremamente efficace. L'introduzione della maglia bianca consolidò l'identità del Tottenham non solo come squadra di calcio, ma come comunità che abbracciava i suoi tifosi. L’uniforme divenne un simbolo di appartenenza e orgoglio, rafforzando il legame tra giocatori e tifosi.
Fin dai suoi albori, quindi, la maglia del Tottenham ha rappresentato molto più di un semplice capo di abbigliamento sportivo. Ha simboleggiato l'unità, il senso di appartenenza a un gruppo coeso e l’ambizione di competere ai massimi livelli. Anche oggi, la maglia bianca continua a essere un vessillo di orgoglio, tramandando i valori tradizionali del club e rafforzando il legame con la sua lunga storia.
3. Evoluzione del Design e l’Influenza del Contesto Storico
La maglia del Tottenham Hotspur ha subito numerose trasformazioni nel corso degli anni, riflettendo non solo i cambiamenti estetici, ma anche l'influenza dei contesti storici e culturali in cui il club si è sviluppato. Dalle origini umili fino alle sofisticate maglie moderne, il design della divisa degli Spurs ha saputo evolversi mantenendo saldo il legame con la tradizione del club.
Nei primi anni, la maglia subì diverse modifiche, passando da un modello a strisce blu e bianco a una casacca completamente bianca introdotta nel 1898. Questo cambiamento segnò il primo passo verso l'identità iconica del club. L'adozione del bianco, ispirata dal Real Madrid, rappresentava una dichiarazione di professionalità e una volontà di emulare i migliori club del mondo. Inoltre, il design sobrio ed elegante incarnava valori di disciplina e unità.
L'evoluzione del design della maglia del Tottenham è strettamente legata alle epoche che il club ha attraversato. Negli anni '60, una delle ere d'oro del club, con la vittoria del campionato inglese nel 1961 e della Coppa delle Coppe nel 1963, la maglia era simbolo di un'identità vincente. Il design rimaneva semplice, con il bianco a dominare, ma i successi internazionali accrescevano l'importanza simbolica di quella maglia, che ormai era riconosciuta come sinonimo di prestigio.
Negli anni '70 e '80, il contesto economico e sociale influenzò notevolmente il design delle maglie. L'introduzione degli sponsor commerciali nel calcio portò a un cambiamento significativo. Nel 1983, la maglia del Tottenham fu una delle prime ad avere uno sponsor, che introdusse una dimensione commerciale al design pur mantenendo i tradizionali colori del club. Questo passaggio segnava l'entrata del calcio nel mondo della globalizzazione economica, riflettendo i cambiamenti nel modo in cui il calcio era percepito e consumato a livello mondiale.
Durante gli anni '90 e 2000, la tecnologia cominciò a giocare un ruolo cruciale nell’evoluzione della maglia. I tessuti divennero più leggeri e traspiranti, migliorando le prestazioni dei giocatori in campo. Anche il design divenne più innovativo, con l'introduzione di dettagli moderni, ma sempre rispettando il carattere tradizionale del bianco. In quegli anni, la maglia degli Spurs riuscì a coniugare innovazione e tradizione, risultando sempre più versatile e adatta alle esigenze del calcio moderno.
Oggi, la maglia del Tottenham continua a evolversi, integrando nuove tecnologie come tessuti sostenibili e design ergonomici, pur mantenendo l'essenza storica che la caratterizza. Gli ultimi decenni hanno visto una crescente attenzione verso l'eco-sostenibilità, con Nike, l'attuale fornitore tecnico, che ha introdotto materiali riciclati nelle divise. Questo aspetto sottolinea l'impegno del club non solo verso la performance sportiva, ma anche verso la responsabilità sociale e ambientale.
In sintesi, l'evoluzione del design della maglia Tottenham Hotspur è il risultato di una fusione tra tradizione e modernità, influenzata dal contesto storico e dalle tendenze globali. Nonostante i cambiamenti nel corso del tempo, la maglia ha sempre rappresentato un simbolo di appartenenza e orgoglio, riflettendo i valori e l'identità del club attraverso i decenni.
4. Il Significato del Colore e dei Simboli
Il colore e i simboli della completini calcio sono elementi fondamentali della sua identità e portano con sé significati profondi e storici. Ogni dettaglio della maglia racconta una parte della storia del club e dei suoi valori, contribuendo a costruire un legame duraturo tra il Tottenham e i suoi tifosi.
Il Colore Bianco
Il bianco, il colore predominante nella maglia del Tottenham, è più di una semplice scelta estetica. Introdotto ufficialmente nel 1898, il bianco rappresenta la purezza, la semplicità e l’unità. Quando il Tottenham decise di adottare una maglia completamente bianca, stava non solo cercando di emulare l'iconico Real Madrid, ma anche di stabilire un'identità visiva distintiva e riconoscibile. Il bianco è associato a valori di integrità e coesione, e ha contribuito a consolidare l’immagine del club come una squadra che si muove unita e senza fronzoli.
Nel corso degli anni, il bianco ha subito varie interpretazioni, ma ha sempre mantenuto il suo significato centrale. Durante le ere di grande successo, come negli anni '60, la maglia bianca è diventata un simbolo di prestigio e vittoria. In tempi più recenti, il bianco è stato mantenuto come colore predominante, riflettendo un impegno per la tradizione e un rispetto per il passato del club, pur evolvendosi con le nuove tecnologie e tendenze.
Il Simbolo del Cormorano
Il cormorano, l'uccello rappresentato nel logo del club, è un altro simbolo significativo. Il cormorano, che si trova in cima al logo del Tottenham, è un emblema di determinazione e grazia. Questo simbolo è stato scelto perché il cormorano è un uccello noto per la sua abilità di adattarsi a diversi ambienti, riflettendo la versatilità e la resilienza del club. Inoltre, il cormorano è un richiamo al nome del club, "Hotspur", che fa riferimento a Sir Henry Percy, soprannominato "Hotspur" per la sua energia e ardore.
Il Logo e le Modifiche
Nel corso degli anni, il design del logo del Tottenham ha subito varie modifiche. Sebbene il cormorano sia sempre stato presente, le sue rappresentazioni sono cambiate. Le versioni storiche del logo erano più elaborate, mentre le versioni più recenti hanno semplificato il design, mantenendo però l'essenza del simbolo. Questa evoluzione riflette il cambiamento nella percezione visiva e l’adattamento alle nuove norme estetiche senza perdere il legame con la tradizione.
Dettagli Aggiuntivi e Sponsor
Il design della maglia ha anche visto l'inclusione di sponsor commerciali nel corso degli anni, un elemento che, sebbene spesso controverso tra i puristi, ha contribuito a finanziarie l’espansione e la modernizzazione del club. Gli sponsor sono stati inseriti con attenzione per non compromettere l’identità tradizionale della maglia, e spesso i loro loghi sono stati progettati per armonizzarsi con il design storico.
In sintesi, il colore bianco e i simboli presenti nella maglia del Tottenham Hotspur sono carichi di significato e riflettono valori di unità, integrità e tradizione. Ogni elemento della maglia non solo contribuisce a definire l'identità visiva del club, ma racconta anche una parte della sua lunga e ricca storia. Questi simboli aiutano a mantenere vivo il legame tra il club e i suoi tifosi, celebrando la tradizione mentre si guarda verso il futuro.
5. L'Influenza della Maglia sulla Cultura dei Tifosi
La maglia del Tottenham Hotspur non è solo un indumento sportivo, ma un potente simbolo che ha un impatto profondo sulla cultura dei tifosi. Per i sostenitori degli Spurs, la maglia rappresenta molto più di un’identità visiva: è un elemento che rafforza il senso di appartenenza, orgoglio e passione per la squadra, riflettendo il legame tra il club e la sua comunità.
Un Simbolo di Identità e Appartenenza
Indossare la maglia del Tottenham è un atto di affermazione dell’identità. Per i tifosi, la maglia bianca e blu rappresenta un filo conduttore che li lega al club e agli altri sostenitori, un simbolo di appartenenza a una comunità globale di appassionati. La maglia diventa un segno di riconoscimento, sia sugli spalti del Tottenham Hotspur Stadium che per le strade di Londra e del mondo. Essa racchiude valori di lealtà e dedizione, e per molti tifosi rappresenta il loro impegno verso la squadra, indipendentemente dai risultati sportivi.
La Maglia come Ponte Generazionale
Uno degli aspetti più affascinanti della maglia del Tottenham è il suo ruolo nel tramandare la tradizione di generazione in generazione. Per molti tifosi, la prima maglia è un ricordo che li lega ai momenti speciali vissuti con il club: le vittorie memorabili, le sconfitte amare, i giocatori iconici che hanno fatto la storia del Tottenham. I genitori passano spesso la passione per gli Spurs ai figli, e la maglia diventa il simbolo tangibile di questa eredità. Indossarla significa non solo celebrare il presente, ma onorare il passato e prepararsi al futuro.
La Maglia nelle Vittorie e nelle Sconfitte
La maglia del Tottenham non è solo celebrata nelle vittorie, ma anche nelle sconfitte, e questo ha un impatto significativo sulla cultura dei tifosi. Nei momenti di successo, come durante la storica vittoria della Coppa di Lega del 2008 o la finale di Champions League nel 2019, la maglia è portatrice di orgoglio e celebrazione. Tuttavia, anche nei momenti di difficoltà, i tifosi continuano a indossarla come segno di resilienza e fedeltà. La maglia diventa quindi un simbolo di solidarietà, ricordando ai tifosi che il loro sostegno è essenziale, a prescindere dai risultati sul campo.
La Maglia nei Riti e Tradizioni dei Tifosi
Per molti tifosi, indossare la maglia del Tottenham è un rituale che fa parte del giorno della partita. Prepararsi per il match include non solo il viaggio allo stadio, ma anche il gesto di indossare la maglia come parte di una tradizione collettiva. Questa ritualità si estende anche al ruolo della maglia nei cori, negli incontri pre-partita nei pub e nelle celebrazioni post-gara. La maglia rappresenta, così, un mezzo attraverso il quale i tifosi si connettono tra loro, condividendo emozioni e speranze per la squadra.
La Maglia come Espressione di Stile e Moda
Oltre al suo valore simbolico, la maglia del Tottenham ha avuto un impatto significativo anche nel mondo della moda. Negli ultimi decenni, le maglie da calcio hanno acquisito uno status iconico anche al di fuori del contesto sportivo, diventando un elemento di stile urbano. I tifosi indossano la maglia non solo durante le partite, ma anche nella vita quotidiana, mescolando il calcio con la cultura popolare e la moda. Questo trend ha rafforzato ulteriormente il legame tra il Tottenham e i suoi sostenitori, facendo della maglia un oggetto di desiderio non solo per il suo significato sportivo, ma anche per il suo impatto estetico.
Un Mezzo di Connessione Globale
Con la globalizzazione del calcio e l’espansione del seguito internazionale del Tottenham Hotspur, la maglia è diventata un simbolo di connessione tra tifosi di tutto il mondo. Indossare la maglia degli Spurs permette ai tifosi di riconoscersi e connettersi, sia che si trovino a Londra, a New York o a Tokyo. Questo rafforza l’idea che la maglia del Tottenham rappresenta non solo una squadra, ma una comunità globale unita dalla passione per gli Spurs.
In conclusione, la maglia del Tottenham Hotspur ha un’influenza profonda sulla cultura dei tifosi, fungendo da simbolo di identità, appartenenza e orgoglio. Attraverso i suoi colori, i suoi simboli e il suo design, la maglia non solo lega i tifosi alla storia del club, ma ne rappresenta anche il cuore pulsante. La maglia, in definitiva, è molto più di un indumento sportivo: è l’espressione tangibile della passione e della lealtà che definiscono la cultura degli Spurs.
6. Innovazione e Tradizione nel Design Moderno
Il design della maglia del Tottenham Hotspur rappresenta un perfetto equilibrio tra innovazione e tradizione, mantenendo sempre vivo il legame con la storia del club mentre si adatta alle esigenze del calcio moderno. Negli ultimi anni, il Tottenham ha lavorato con alcuni dei migliori brand sportivi per sviluppare maglie che combinano tecnologia avanzata, sostenibilità e uno stile che onora le radici del club.
L'importanza della Tradizione
Nonostante le numerose innovazioni nel design e nei materiali, il Tottenham ha sempre mantenuto un forte impegno verso la tradizione. L'iconica maglia bianca, adottata per la prima volta alla fine del XIX secolo, rimane il cuore pulsante del kit. Questo colore rappresenta l’identità storica del club e viene preservato anno dopo anno per non alienare i tifosi e mantenere il legame con il passato. Anche piccoli dettagli, come il cormorano nel logo del club, sono stati mantenuti nel tempo, riflettendo il rispetto per la storia e le origini degli Spurs.
Allo stesso tempo, il club ha saputo modernizzare questo simbolo di tradizione, apportando cambiamenti nel design che rispettano la struttura classica della maglia. Dettagli come colletto e maniche vengono costantemente aggiornati per allinearsi alle tendenze contemporanee, senza però mai compromettere l'essenza originaria della maglia.
Innovazione nei Materiali e nella Tecnologia
Il calcio moderno richiede una continua evoluzione dei materiali utilizzati nelle maglie, e il Tottenham è all’avanguardia in questo campo. Le maglie attuali sono realizzate con tessuti tecnici progettati per migliorare le prestazioni degli atleti. I materiali leggeri e traspiranti, spesso derivati da tessuti riciclati, permettono ai giocatori di mantenere una temperatura corporea ideale durante il gioco, migliorando il comfort e le prestazioni in campo.
Un esempio di questo è l’uso della tecnologia Nike Dri-FIT, che consente di allontanare il sudore dal corpo, mantenendo i giocatori asciutti e freschi anche nelle situazioni di massimo sforzo fisico. Questi miglioramenti non sono solo pensati per gli atleti professionisti, ma anche per i tifosi, che possono beneficiare di una maggiore comodità quando indossano la maglia per mostrare il loro sostegno.
Sostenibilità e Innovazione Ecologica
Negli ultimi anni, il tema della sostenibilità è diventato centrale nel design delle maglie del Tottenham. Il club, in collaborazione con Nike, ha introdotto l’utilizzo di materiali riciclati per la produzione delle sue divise. Questo è un passo importante non solo dal punto di vista ambientale, ma anche per la reputazione del club come entità moderna e responsabile. Le maglie sono oggi prodotte utilizzando bottiglie di plastica riciclate, riducendo così l'impatto ambientale senza compromettere le prestazioni.
Questo approccio non solo soddisfa le esigenze di un calcio sempre più consapevole dal punto di vista ecologico, ma risponde anche alle aspettative di una nuova generazione di tifosi che sono attenti alle questioni ambientali. In questo modo, il Tottenham riesce a integrare valori di sostenibilità con il rispetto della tradizione.
Design Minimalista e Contemporaneo
Il design moderno delle maglie del Tottenham si distingue per il suo stile minimalista e pulito, che è diventato una firma negli ultimi anni. Il colore bianco dominante è spesso accompagnato da dettagli sottili, come accenti blu navy o dettagli gialli, che riflettono i colori storici del club. Questa semplicità nel design è apprezzata non solo per il suo legame con la tradizione, ma anche per la sua versatilità, rendendo la maglia un elemento di moda che può essere indossato anche al di fuori del contesto sportivo.
Le versioni delle maglie per le competizioni europee e quelle per i tornei nazionali talvolta presentano variazioni uniche, come disegni geometrici o texture sottili, che danno un tocco di modernità senza allontanarsi troppo dall’identità visiva consolidata del club.
Collaborazioni e Edizioni Speciali
Negli ultimi anni, il Tottenham ha anche sperimentato con edizioni limitate e collaborazioni speciali, che hanno dato vita a maglie uniche e molto apprezzate dai collezionisti. Questi design speciali, pur rispettando i canoni estetici del club, incorporano spesso elementi di design innovativi o rendono omaggio a momenti particolari della storia degli Spurs. Queste maglie speciali rappresentano un ponte tra passato e futuro, con uno sguardo sempre rivolto verso l’innovazione e le tendenze contemporanee.
Conclusione
La maglia del Tottenham Hotspur è un esempio di come un club possa bilanciare tradizione e innovazione, rispettando le proprie radici mentre abbraccia il futuro. Le innovazioni nei materiali, il design ecologico e la costante attenzione alla modernità nel mondo della moda sportiva fanno sì che la maglia degli Spurs rimanga un'icona nel calcio mondiale, onorando il passato mentre guida il club verso nuove vette.
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Della prima iconica, (dis)sacra(nte) e intoccabile trilogia dei Satyricon The Shadowthrone è stato l’ultimo disco ad aver ascoltato, dopo Nemesis Divina e Dark Medieval Times. The Shadowthrone è l’album più medievale, più tipicamente anni ’90, con un’ottima fusione fra chitarre, tastiere e atmosfera lugubre ma con una certa monumentalità. I synth avvolgono tutte le chitarre enfatizzando le melodie lunghe e corpose. Già "Hvite Krists Død", brano diventato classico, ha delle particolarità che si erano già sentiti precedentemente e che diventeranno un marchio di fabbrica dei Satyricon: i riff molto lunghi, il principale è addirittura in 24/4. Ed è quel cambio successivo in 13/4 che ti entra in testa come un coltello, che ti fa dire “ma, c’è qualcosa di strano” (ricordiamoci sempre che il blackmetal è in genere semplice, lineare, che punta sull’atmosfera, spesso sugli stessi riff a velocità diversa ecc…) e che rende The Shadowthrone speciale. Anche la successiva "The Mist my the Hills" è interamente costruita attorno allo stesso riff; all’epoca alcuni avvicinavano i Satyricon agli Emperor, soprattutto per l’uso dei synth e per l’aiuto di Samoth quale bassista in questo album. In realtà il bello della scena norvegese della prima metà degli anni ’90 è che benché si sentano piccole influenze provenire dalle solite band seminali (Mayhem, Burzum, Immortal, Darkthrone, Enslaved…) poi ogni gruppo aveva un modo personale di svilupparle.
I Satyricon, in questo momento, hanno sviluppato il lato folk, con chitarre acustiche spesso presenti ("Woods of Eternity"), flauti e rumori ambientali. "Dominions of Satyricon" è uno dei pezzi più epici di tutto il black metal con tanto di trombe e tamburi; fanfare squillanti che ricordano Anthems ma che qui sono molto più spoglie e lugubri. Parliamo di due eleganze molto diverse, quella degli Emperor raffinata come una corte europea, quella dei Satyricon possente come un castello fra le rocce. Il songwriting è eccezionale fra stop e ripartenze; Frost accentua perfettamente le parti terminali di giri; i synth in chiusura creano un outro perfetto: una mini-traccia a sé stante isolata dal resto del brano ma con un sentore di continuità.
Eccelsa anche "The King of Satyricon" con quel suo secondo riff pazzesco che va già ad anticipare il modo di comporre in Nemesis Divina e il finale che verrà raddoppiato dai violoncelli e dalla chitarra acustica. Chiude la strumentale di soli sintetizzatori "I en Svart Kiste": solennità, monumentalità, viaggio nel passato cavalleresco che ben poche band hanno saputo descrivere così. I synth assomigliano a oboi e viole e descrivono questi immensi paesaggi medievali, nei quali il cielo spinge potentemente sulle rocce e sui prati. Questo outro sarà l’anello di collegamento con l'unico album solista di Satyr sotto lo pseudonimo di Wongraven (che in realtà è il suo cognome): una piccola gemma di musica medievale suonata coi synth; o in altre parole il modo di concepire riff black metal ma riadattati alla tasteira. The Shadowthrone è uno dei paradigmi del black metal norvegese anni ’90, prima che tutto il genere diventasse più aggressivo, più digitale, più legato al death e al thrash. Questo si vedrà dal 1997 quando i Dimmu Borgir inaugureranno le registrazioni agli Abyss Studios e riempiranno i loro riff col palm-mute. The Shadowthrone rappresenta ancora il mondo precedente, quando le composizioni erano aperte, ispirate e primitive; senza mancare di austerità e magniloquenza. Un perfetto bilanciamento con ancora echi naïf e con l’incredibile forza creatrice pura e incontaminata di alcuni ragazzi che conoscevano solo il proprio mondo, e lo sapevano descrivere davvero bene.
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