#gerarchi fascisti
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missviolet1847 · 2 years ago
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# I partigiani che fermarono la colonna tedesca sul Lago di Como
Docufilm – Potenti in fuga
L’arresto di Mussolini a Dongo e la resa della Colonna tedesca della Flak a Morbegno raccontati attraverso immagini, luoghi e testimonianze.
Il documentario realizzato dal ricercatore storico Pierfranco Mastalli, con riprese e montaggio del giornalista Andrea Brivio, è dedicato agli eventi legati al passaggio sul Lario della colonna della contraerea nazista Flak partita da Senago a Ovest di Milano fermata a Musso il 27 aprile e perquisita a Dongo da parte dalla 52^Brigata Clerici.
Nascosto tra i soldati tedeschi, i partigiani troveranno e arresteranno Benito Mussolini, la cui colonna di militi e gerarchi si era unita a quella tedesca con la speranza di raggiungere un territorio dove organizzare la resa. All’indomani, il 28 aprile, sul lungolago di Dongo saranno fucilati 15 dei fascisti catturati e lo stesso giorno i tedeschi firmeranno la resa della colonna a Morbegno e potranno proseguire, disarmati, verso la Valchiavenna.
Il gruppo di 178 soldati tedeschi, con alcuni italiani nascosti, transiteranno in Bregaglia attraverso la dogana di Castasegna il 29 aprile 1945, il giorno dopo l’uccisione di Benito Mussolini a Giulino di Mezzegra e il giorno precedente il suicidio di Adolf Hitler a Berlino.
Da ragazzo, Pierfranco Mastalli aveva seguito con i propri occhi il passaggio della colonna nazista a Gravedona, dove abitava con la sua famiglia. Questo ricordo non lo ha abbandonato. Lo ha portato, nel corso degli anni, a raccogliere testimonianze che hanno contribuito ad arricchire il preciso resoconto della vicenda ben descritta da Marino Viganò.
Ripercorrendo la storia, come ricercatore, ha incontrato e intervistato molti testimoni degli eventi, in particolare Federigo Giordano “Gek” vicecommissario della 55a brigata “fratelli Rosselli” e commissario della II divisione “Valtellina”, uno dei firmatari della resa della colonna Flak a Morbegno con il suo comandante, l’Oberleutnant Willy Flammiger.
# 25 aprile # 27 aprile
# arresto Mussolini
# A.N.P.I
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adrianomaini · 1 year ago
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Roma: il Tevere. Foto: D. L. In una Roma da cui i gerarchi fascisti, radunati intorno al Lago di Garda, si tengono per lo più lontani, « ci sono state
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jacopocioni · 5 months ago
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Intervista impossibile a Rodolfo Siviero: seconda parte
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Da spione a spiato - Inizio collaborazione con antifascisti Come mai era diventato un sovversivo da tenere sotto controllo, spiato e pedinato dal regime? La colpa maggiore per il partito fascista, era la mia amicizia con il collezionista e critico dell'arte di origine ebrea Giorgio Castelfranco, questo non era visto di buon occhio. Oltretutto durante le mie frequentazioni alla sua abitazione ebbi la fortuna di incontrare Giorgio de' Chirico e Pietro Annigoni anche loro considerati vicino agli anti fascisti.. Queste amicizie fecero nascere in me la voglia di collezionare opere d'arte. Intanto in Germania era iniziata la soluzione finale, ovvero lo stermino degli ebrei e la confisca dei loro averi. Il genocidio di questo popolo conobbe il suo culmine nel 1942 alla famigerata conferenza di Wannsee e in Italia? Dopo l'alleanza con i tedeschi Mussolini, per entrare nelle grazie di Adolf Hitler, emanò le famigerate Leggi Raziali, firmate dal re Vittorio Emanuele II. La politica antiebraica del dittatore nazista del 1938, inizio ad espandersi in Italia con la conseguenze note. Il Castelfranco venne costretto a lasciare il lavoro e in seguito nel 1942 ad espatriare. in quel triste frangente mi vendette questa abitazione, ne feci la centrale del mio nucleo operativo Come iniziò la sua carriera di recupero dell'arte trafugata? L'armistizio firmato con gli alleati Anglo Americani a Cassibile in Sicilia, colse tutti di sorpresa con le conseguenze che sappiamo. Fu allora che decisi apertamente di schierarmi con gli antifascisti. Iniziai a monitorare l'attività del corpo militare tedesco con il nome di copertura Kunstchutz, nato per salvaguardare la nostra arte, in realtà con il permesso dei funzionari del Ministero, depauperavano apertamente il nostro patrimonio culturale portavano i nostri capolavori in Germania, per musei e collezioni private.
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In quel frangente la mia attività di recupero ebbe un grave colpo. Nella primavera del 1944 fui arrestato dai componenti della famigerata banda di torturatori fascisti guidata dal temutissimo Mario Carità. Per mia fortuna la voce della mia cattura arrivo agli orecchi di alcuni alti ufficiali della Repubblica di Salò, anche loro in contatto con gli alleati, riuscirono a togliermi dalle mani di quegli assassini. Una bella fortuna l'amicizia con quegli alti ufficiali che si era fatto in precedenza e dalle quali non era stato abbandonato. La prego continui, la sua avventurosa vita mi affascina! Con la liberazione del Sud Italia dagli alleati, ci fu il ritorno a Roma del re, fuggito a Bari, i Ministeri ripresero il loro lavoro, anche per il il ritorno di molti funzionari espatriati o imprigionati essendo anti fascisti. Anche lo storico dell'arte Giorgio Castefranco poté rientrare alla sovraintendenza medioevale e moderna della Toscana nel 1946. Sotto la mia direzione collaborò alla Missione Italiana con l'aiuto dei Mount Men americani al recupero delle nostre opere d'arte vendute e regalate in Germania, Come detto in precedenza con il tacito assenso del gerarchi Fascisti, Malgrado le  leggi di tutela dal Ministro Fascista Giuseppe Bottai. Riuscii a riportare in Italia insieme ad altre opere trafugate la statua detta Discobolo "Lancelotti", copia dell'originale greco del Discobolo di Mirone scultore greco.
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Alberto Chiarugi Read the full article
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delectablywaywardbeard-blog · 7 months ago
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Mussolini e i gerarchi fascisti non più cittadini onorari a Ustica
Benito Mussolini e i gerarchi fascisti non sono più cittadini onorari dell’isola di Ustica. Con un emendamento, approvato dal consiglio comunale, è stato modificato il regolamento: le onorificenze decadono per tutti i defunti.  A proporre la modifica, che fa decadere tutte le cittadinanze concesse in passato a personaggi ora defunti, sono stati i consiglieri del gruppo di maggioranza, dopo avere…
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giancarlonicoli · 1 year ago
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27 ott 2023 13:52
"TUTTA QUESTA BATTAGLIA CULTURALE PER PIAZZARE INSEGNO E DE GIROLAMO?" – ALBERTO MATTIOLI INFILZA LA POLITICA MELONIANA SULLA CULTURA DOPO LA NOMINA DI BUTTAFUOCO ALLA BIENNALE: "LA DESTRA HA UN PROBLEMA. IL PERSONALE È QUELLO CHE È. HA FATTO UN CANCAN PER LIBERARE DALLE ORDE ROSSE (FUORTES, FIGURIAMOCI) LA RAI E I NUOVI TENUTARI COLLEZIONANO UNA CAPORETTO DOPO L'ALTRA - LASCIATELI GOVERNARE, CHE SIA IL PAESE O LA BIENNALE NON CAMBIA. SE NON FUNZIONANO, NON SARÀ PERCHÉ SONO FASCISTI. MA PERCHÉ SONO SCARSI…" -
Alberto Mattioli per “la Stampa” - Estratti
Soprattutto, evitare gli opposti isterismi. La Biennale non era un accampamento di cosacchi e non diventerà un bivacco di manipoli. Giorgia Meloni le elezioni le ha vinte e, pare, senza distribuire olio di ricino agli avversari, e il suo governo ha il diritto di assegnare le poltrone culturali, comprese le poltronissime come quella veneziana, agli intellettuali "d'area"
(...)
Pietrangelo Buttafuoco non è un analfabeta, ha scritto dei libri, alcuni perfino belli, è un uomo colto, e se a Giorgia, che non è solo una donna, una madre ma anche una cristiana, come ha strillato in numerose occasioni, non disturba che si sia convertito all'Islam, figuriamoci a noi laici. Insomma, non sembra scandaloso che venga scelto per presiedere la Biennale. 
(...)
E qui, forse, la destra di governo che continua a comportarsi come se fosse ancora di lotta un problema l'ha. Il personale è quello che è: per le gerarchie culturali, non c'è davvero l'imbarazzo della scelta, e talvolta le scelte suscitano imbarazzo. Per esempio: ha fatto tutto questo cancan per liberare dalle orde rosse (Carlo Fuortes, figuriamoci) la Rai che, come si dice sempre, è la principale industria culturale del Paese, il che forse spiega come sia ridotto il Paese, e i nuovi tenutari collezionano una Caporetto dopo l'altra.
Tutta questa battaglia culturale per vedere Nunzia De Girolamo e Pino Insegno? Il punto è che la destra di intellettuali presentabili ne ha sempre avuti pochi, e questo spiega per esempio la sovraesposizione continua di Vittorio Sgarbi, la cui bulimia di cariche e incarichi, prestazioni e presentazioni serve a coprire la scarsità di nomi spendibili, oltre a mettere il governo in imbarazzo, adesso che si scopre che il Vittorio continua a comportarsi come prima e più di prima anche ora che ha un ruolo istituzionale.
Se Meloni e Sangiuliano pensano davvero che fare una politica culturale significhi mettere alla testa delle relative istituzioni degli uomini "loro" o commissionare qualche fiction su personaggi presunti amici come Oriana Fallaci, come disse il ministro appena insediatosi salvo scoprire che la fiction già era stata fatta, allora qualcosa non funziona. In campo culturale, come tutto il resto, questo centrodestra che è sempre più destra e sempre meno centro deve decidere se crescere, maturare, diventare grande, smetterla di avere il complesso dell'underdog o continuare a urlare e insomma a stare al governo come stava all'opposizione.
Moderazione, understatement, perfino qualche nomina bipartisan non sono di destra o di sinistra: sono solo comportamenti ragionevoli. Ma questo è difficile perché anche questa destra ha beneficiato dell'ondata populista e qualunquista. Invece uno non vale uno, specie in campo culturale dove qualche competenza, un minimo d'uso di mondo e di congiuntivo, la lettura di qualche libro e magari perfino in una lingua che non sia la propria sono necessari. Poi non resta che vedere come andrà a finire. Ma il fuoco di sbarramento preventivo è un errore. Lasciateli governare, che sia il Paese o la Biennale non cambia. Se non funzionano, e in effetti dopo un anno i pronostici non sono fausti, non sarà perché sono fascisti. Ma perché sono scarsi.
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gregor-samsung · 3 years ago
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“ Quando il 5 aprile del 1932 il Duce ed il Rossoni vennero in palude per un giro d’ispezione, arrivati al Quadrato li portò sul terrazzo del casale e coi disegni in mano gli fece vedere di qui e di là, puntando con il dito in ogni direzione: «Qui faccio la chiesa, là il comune e laggiù il cimitero». «Ma Cencelli, sei impazzito?» si incazzò il Duce: «Questa è una città, ch’at vègna un càncher». Bisogna infatti sapere che il Duce all’inizio era contrario alle città. Non le poteva vedere. Lui era per il ruralismo e la deurbanizzazione. Il primo nemico da battere era l’urbanesimo, era quella la fonte d’ogni male: la gente lasciava le campagne dove aveva lavorato in pace senza dare fastidio a nessuno, e veniva in città a fare gli scioperati e i disoccupati, a ubriacarsi nelle osterie e – mezzi ubriachi – a parlare pure di politica. «Altro che urbanesimo» aveva detto Mussolini, «tutti in campagna li voglio, gli italiani» e aveva fatto pure chiudere per sicurezza venticinquemila osterie in tutta Italia. In quelle poche che aveva lasciato aperte, fece attaccare un cartello con tanto di marca da bollo: “Qui non si parla di politica”. E con questa fissa della ruralizzazione era andato avanti per una decina d’anni, dal 1922 che era salito al potere fino al 5 aprile 1932 che era salito col Rossoni e il Cencelli sul terrazzo del casale del Quadrato: «Fuori dalle città, via in campagna» aveva continuato per tutti quegli anni, «è questa la vera mistica fascista». E il fascio – in campagna – la gente ce la teneva con la forza, anche se continuava a scappargli da tutte le parti per correre appunto in città. Lui però voleva costruire l’uomo nuovo – rurale e soldato – e lo doveva fare con le buone o le cattive. Fatto sta che quando Cencelli gli ha detto «città», al Duce gli è saltata la mosca al naso: «Ma come ti permetti? Mo’ ti meno». «Ma no, Duce, ma che avete capito? Mica è una città vera, è una città per modo di dire, rurale; ma io a questi un’anagrafe, un cimitero, un minimo di servizi, quattro uffici del cavolo glieli debbo pure dare; saranno migliaia di persone, mica li posso lasciare tutti spersi in mezzo alle campagne che per un certificato o un funerale si debbono fare trenta o quaranta chilometri fino a Cisterna o Terracina. Abbiate pazienza, Duce, ma a me un minimo di comune con uno straccio di podestà mi ci vuole pure». «Vabbene, va’» gli disse allora il Duce, che a furia di stare oramai da quasi dieci anni a Roma gli si era imbastardito anche il dialetto e ogni tanto parlava mezzo romagnolo e mezzo romanesco pure lui: «Ma che sia solo un comune rurale, Cence’! Non mi venite più a parlare di città perché divento una bestia». «Non vi preoccupate, Duce. Ma che scherziamo? E mica sono scemo! Solo un comune rurale: l’anagrafe e basta.» “
Antonio Pennacchi, Canale Mussolini, Mondadori (collana Oscar-Contemporanea), 2013; pp. 164-65.
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italian-malmostoso · 5 years ago
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Fucilazione di Galeazzo Ciano e di altri gerarchi fascisti, Verona, 11 gennaio 1944
L’11 gennaio 1944 i gerarchi fascisti Galeazzo Ciano, Emilio De Bono, Luciano Gottardi, Giovanni Marinelli e Carlo Pareschi furono fucilati a Verona da un plotone di esecuzione, formato da militi della neonata Repubblica Sociale Italiana.
Il processo sommario si era svolto in soli due giorni, dall’8 al 10 gennaio precedenti.
L’accusa era quella di tradimento nei confronti di Benito Mussolini, essendo gli imputati accusati di aver firmato l’ordine del giorno Grandi il 24 luglio 1943, durante una seduta del Gran consiglio del Fascismo, che aveva praticamente causato la caduta del governo Mussolini e quella del fascismo stesso.
Diversi altri accusati erano latitanti, quasi tutti perché rifugiati nell’Italia meridionale, già occupata dagli Alleati anglo-americani.
Il capo di accusa non aveva base legale, in quanto mancavano le prove di collusione tra i firmatari dell'Ordine del giorno Grandi ed il re Vittorio Emanuele III e l'accusa di tradimento non era dimostrabile, perché il Duce era a conoscenza dell'Ordine del giorno Grandi, che fu messo regolarmente ai voti, e senza alcuna contestazione in merito da parte di Mussolini stesso, che anzi accettò la votazione, senza annullarla.
Ma i gerarchi più intransigenti del nuovo governo repubblicano, tra cui spiccava Alessandro Pavolini, e lo stesso Hitler, volevano una condanna esemplare.
E così fu: tutti gli imputati vennero condannati a morte, tranne Tullio Cianetti che, avendo ritirato la sua firma subito dopo la votazione dell’ordine del giorno Grandi, fu condannato a trent’anni.
Le domande di grazia non vennero nemmeno inoltrate al Duce, in quanto si temeva che le avrebbe accettate, dato che uno dei condannati, Galeazzo Ciano, era suo genero.
Il giorno seguente la sentenza, l’11 gennaio 1944, la sentenza fu eseguita tramite fucilazione alla schiena, dato che i condannati erano stati giudicati traditori.
Poco più di un anno dopo, il 28 aprile 1945, Mussolini fu giustiziato e molti gerarchi fascisti, presi prigionieri dai partigiani, furono anch’essi fucilati a Dongo, sul lago di Como.
(fonti e link a Wikipedia)
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palmiz · 3 years ago
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Esuli di casa nostra:
"Eccoci in merito agli esuli della Dalmazia , leggere questo articolo che al mio modesto parere andrebbe pubblicato sui gruppi . Un abbraccio nel augurarti una lieta serata..."
IL TRENO DELLA VERGOGNA. La domenica del 16 febbraio 1947 da Pola partirono per mare diversi convogli di esuli italiani con i loro ultimi beni e, solitamente, un bandiera d'Italia. I convogli erano diretti ad Ancona dove gli esuli vennero accolti dall'esercito a proteggerli da connazionali, militanti di sinistra, che non mostrarono alcun gesto di solidarietà
La sera successiva partirono stipati in un treno merci, sistemati tra la paglia all'interno dei vagoni, alla volta di Bologna dove la Pontificia Opera di Assistenza e la Croce Rossa Italiana avevano preparato dei pasti caldi, soprattutto per bambini e anziani. Il treno giunse alla stazione di Bologna solo a mezzogiorno del giorno seguente, martedì 18 febbraio 1947. Qui, dai microfoni di certi ferrovieri sindacalisti CGIL e iscritti al PCI, fu diramato l'avviso " Se i profughi si fermano per mangiare, lo sciopero bloccherà la stazione" il treno venne preso a sassate da dei giovani che sventolavano la bandiera rossa con falce e martello, altri lanciarono pomodori e sputarono sui loro connazionali, mentre taluni buttarono addirittura il latte, destinato ai bambini in grave stato di disidratazione, sulle rotaie, dopo aver buttato le vettovaglie nella spazzatura.
Per non avere il blocco del più importante snodo ferroviario d'Italia,il treno venne fatto ripartire per Parma dove POA e CRI poterono distribuire il cibo, trasportato da Bologna con automezzi dell'esercito. La destinazione finale del treno fu La Spezia dove i profughi furono temporaneamente sistemati in una caserma. Queste testimonianze nel tempo si sono accresciute di dettagli grazie ai racconti di vari esuli, tra i quali Lino Vivoda.
È da ricordare, sempre sotto testimonianza di Lino Vivoda, che ci furono anche altri sbarchi di profughi. Anche molti giornali mostrarono disprezzo verso gli esuli: L'Unità, già nell'edizione del 30 novembre 1946, in un articolo di Piero Montagnani, aveva scritto in modo ostile verso coloro che abbandonavano le terre divenute parte della nazione jugoslava governata dal dittatore comunista Josip Broz Tito
«Ancora si parla di "profughi"': altre le persone, altri i termini del dramma. Non riusciremo mai a considerare aventi diritto ad asilo coloro che si sono riversati nelle nostre grandi città. Non sotto la spinta del nemico incalzante, ma impauriti dall'alito di libertà che precedeva o coincideva con l'avanzata degli eserciti liberatori. I gerarchi, i briganti neri, i profittatori che hanno trovato rifugio nelle città e vi sperperano le ricchezze rapinate e forniscono reclute alla delinquenza comune, non meritano davvero la nostra solidarietà né hanno diritto a rubarci pane e spazio che sono già così scarsi.»
(Da L'Unità del 30 novembre 1946)
Montagnani aggiungeva che tra la massa dei profughi vi erano anche "migliaia e migliaia di italiani onesti", ma negava le responsabilità jugoslave nelle partenze dei profughi istriani sostenendo infatti che l'Esodo era stato "artificiosamente sollecitato con spauracchi inconsistenti e con promesse inattuabili", e attaccava invece il Governo Italiano accusato di non voler dialogare con il Maresciallo Tito
Il giornalista de L'Unità Tommaso Giglio, poi direttore de L'Europeo, riferendosi al treno che trasportava i profughi, in quel giorno scrisse ben tre articoli, di cui uno era intitolato Chissà dove finirà il treno dei fascisti? In questo contesto lo storico e scrittore Guido Rumici scrive:
Il treno della vergogna arrivato a Bologna
«Si trattò di un episodio nel quale la solidarietà nazionale venne meno per l'ignoranza dei veri motivi che avevano causato l'esodo di un intero popolo. Partirono tutte le classi sociali, dagli operai ai contadini, dai commercianti agli artigiani, dagli impiegati ai dirigenti. Un'intera popolazione lasciò le proprie case e i propri paesi, indipendentemente dal ceto e dalla colorazione politica dei singoli, per questo dire che era del tutto sbagliata e fuori luogo l'accusa indiscriminata fatta agli esuli di essere fuggiti dall'Istria e da Fiume perché troppo coinvolti con il fascismo. Pola era, comunque, una città operaia, la cui popolazione, compattamente italiana, vide la presenza di tremila partigiani impegnati contro i tedeschi. La maggioranza di loro prese parte all'esodo.»
(Guido Rumici)
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b0ringasfuck · 2 years ago
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ah visto che mi è stato portato questo post alla memoria, aggiungo che ho visto gente che sul tumblr posta gerarchi fascisti ma "non è fascista, anzi eh signora mia..." citare Chomsky.
Che o ci sono (come quando appunto citano i paper che gli danno torto) ma nell'istanza che più mi sovviene alla memoria, ci fanno.
Vedo moltissime affinità con i propriamente fasci (quelli dei carabbinieri che devono menare i marocchini di grilliana memoria e che per dire sono poi confluiti in Pro Italia e i cazzari di Matteo Brandi) e i rossobruni alla Rizzo, i "post-post-ideologici" o per brevità i post-grillini, complottari "né di destra, né di sinistra".
E insomma, bisognerebbe starci attenti.
Il MITICO CONSENSO DEL 97% DEGLI SCIENZIATI
Su molti articoli si ripete con enfasi che ormai il 97% degli scienziati è d’accordo con il Riscaldamento Globale Antropogenico (AGW).
Ma volete vedere come si raggiungono queste strabilianti maggioranze bulgare? Ecco l’origine di questa indagine nasce da un articolo di John Cook e al. Quantifying the consensus on anthropogenic global warming in the scientific literature del 2013.
Questo l’esito del sondaggio:
66,4% non esprime posizione sull’AGW
32,6% posizione favorevole
0,7% posizione contraria
0,3% incerti
Da dove viene il 97%? 32,6/(100-66,4) =97% e non 32,6/100 =33%
Cioè prende in considerazione solo quelli che si sono espressi! Ma fosse tutto qui!
Leggete le domande del questionario. Credo che anch’io avrei risposto favorevolmente! “almeno un poco”, e “senza quantificare il contributo”: perle del metodo scientifico!
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E infine…Dopo che Middleton (2015) ha mostrato che solo l’8,2% degli articoli scientifici citati da Cooks concordavano sull’AGW, Cook ha replicato nel 2016 su Environment Research letter: ”Basta che il consenso sia superiore al 5%” Cosa non si fa per il consenso!
Fortunato Nardelli
@fortnardelli
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erik595 · 2 years ago
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Riprendendo un atteggiamento nei confronti dell'Italia, che nei paesi tedeschi era già stato corrente a partire dal primo conflitto mondiale a causa dell'entrata in guerra del nostro paese contro gli Imperi Centrali di cui era alleato, la propaganda nazista giustificò l'atteggiamento della Germania nei confronti dell'Italia, sin dalla campagna di Russia, come risposta a un presunto tradimento dell'alleato tedesco da parte del nostro paese legittimando così l'invasione della penisola, l'esautorazione dei comandi italiani, le requisizioni, la spogliazione dell'industria, la deportazione di oltre seicentomila soldati italiani. Finora mancava un'indagine puntuale sull'operato degli occupanti nazisti nel nostro paese. Erich Kuby si è assunto il compito di colmare questa lacuna. Egli riscrive in questo libro la storia dei rapporti tra Hitler e Mussolini, tra nazismo e fascismo, e dimostra come sia stata la Germania nazista a ingannare sistematicamente l'alleato italiano su tutte le questioni fondamentali di politica estera e di politica interna. Intorno a questo tema fondamentale Kuby organizza tutta la storia del secondo conflitto mondiale, utilizzando una grande massa di informazioni in buona parte inedite e documenti di estrema drammaticità (come le registrazioni delle conversazioni telefoniche di Hitler, o le intercettazioni di quelle di Mussolini e di altri gerarchi fascisti) e fornendo nuove interpretazioni di molti episodi e nuove valutazioni dell'operato di molti esponenti del nazismo e del fascismo. . . . . . #erichkuby #libro #libri #libros #libreria #buch #livre #book #books #bookstagram #bookstagramitalia #consiglidilettura #libridaleggere #librodelgiorno #libriconsigliati #storia #secondaguerramondiale #nazismo #fascismo #nazisti #fascisti #hitler #mussolini #terzoreich (presso Benevento, Italy) https://www.instagram.com/p/CiE71iYA-sU/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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corallorosso · 3 years ago
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L’assurda sentenza di Genova: condanne spropositate ai manifestanti contro Casapound Per i 43 manifestanti antifascisti imputati per i disordini di Piazza Corvetto del 2019 condanne più aspre delle richieste del Pm, che arrivano fino ai 4 anni. Di Ercole Olmi da PopOff Quotidiano. Genova, una sentenza da tribunale speciale Come per Mimmo Lucano: pene moltiplicate rispetto alle richieste del pm. Il tribunale di Genova ha condannato 43 manifestanti antifascisti per i disordini scoppiati in piazza Corvetto il 23 maggio 2019 in occasione della manifestazione organizzata per protestare contro il comizio di Casapound. Quel giorno, nonostante i ripetuti appelli, fu autorizzato un comizio dichiaratamente fascista in pieno centro cittadino, le “forze dell’ordine”, oltre a mettere in campo un formidabile schieramento a difesa dei “fascisti del terzo millennio”, hanno rimpinzato di gas lacrimogeni centinaia di manifestanti antifascisti poi caricati violentemente. La vicenda avrebbe avuto l’onore delle prime pagine nazionali perché quattro celerini eccitatissimi pestarono a sangue – procurandogli diverse fratture, ferite e un trauma cranico – un giornalista di Repubblica, Stefano Origone, scambiandolo per un manifestante. I manifestanti erano imputati, a vario titolo, di resistenza, porto di oggetti atti a offendere, travisamento e lancio di oggetti pericolosi. Le condanne vanno da 8 mesi a 4 anni. Un procedimento parallelo ha registrato una pena per lesioni a 40 giorni di reclusione per i 4 picchiatori del reparto mobile, responsabili del pestaggio di Origone. Un’asimmetria di trattamento che, in attesa delle motivazioni, non può che riecheggiare le sentenze del Tribunale speciale, organo speciale del regime fascista, che operò dal 1927 nel giudicare i reati contro la sicurezza dello Stato e del regime. Una sentenza che arriva in una ricorrenza anch’essa “speciale”, il giorno del ricordo delle foibe coniato dal governo Berlusconi e digerito senza problemi dai governi di centro-sinistra perché il negazionismo è funzionale all’idea bipartisan di criminalizzare il conflitto sociale. Una sentenza che consegna un fardello giudiziario pesante al movimento antifascista di una città medaglia d’oro della Resistenza, ferita sia dalle gazzarre fasciste sia dalla violenza della repressione. La procura di Genova aveva chiesto condanne inferiori, comprese tra 6 mesi e 1 anno e 9 mesi, ma il Tribunale ha optato per la linea dura e per un accanimento contro 4 imputati crocifissi con le condanne più aspre nella logica criminalizzante dei decreti Salvini così cari al Pd che non s’è sognato di abrogarli una volta rientrato a Palazzo Chigi. Nessuno dei 47 era imputato di lesioni, al contrario dei 4 celerini che sbagliarono obiettivo. Ai piani alti del Viminale, Casapound viene considerata una confraternita di placidi filantropi: un documento della Direzione centrale della Polizia di prevenzione (...), prefetto Mario Papa) aveva definito Cpi una organizzazione di bravi ragazzi molto disciplinati, con «uno stile di militanza fattivo e dinamico ma rigoroso nelle rispetto delle gerarchie interne» sospinti dal dichiarato obiettivo «di sostenere una rivalutazione degli aspetti innovativi e di promozione sociale del ventennio». (...) Dunque Casapound, coccolatissima anche da Lega e FdI, non è un club di pensatori fascisti, a smentire quel prefetto pochi mesi dopo è stato l’ultimo dato ufficiale a nostra disposizione, una relazione parlamentare prodotta nel 2016 dal ministro Alfano, ministro di polizia di Renzi dalla quale risulta che dal 2011 al 2016 ci sono stati 20 arresti (uno ogni tre mesi) e 359 denunce (circa una ogni 5 giorni) per membri di CasaPound, tra cui molte per violenze. Tra il 2013 e il 2018 l’Osservatorio sulle nuove destre ha recensito 66 aggressioni. Proprio secondo l’Osservatorio, considerato l’alto numero di persone coinvolte in episodi di violenza e che l’organizzazione squadrista non si è quasi mai sognata di espellere, non ci sarebbe nemmeno bisogno di ricorrere alle leggi che dovrebbero reprimere la riorganizzazione di un partito fascista, la Mancino o la legge Scelba poiché ci sono gli estremi di un’associazione a delinquere. Ma a Genova il tribunale sembra non aver nemmeno preso in considerazione né l’una né l’altra ipotesi. Le difese degli antifascisti hanno chiesto che venisse riconosciuto l’avere agito per motivi di valore morale e sociale e in reazione a un ingiusto fatto altrui ma nessuna di queste attenuanti è stata riconosciuta dal tribunale, per il quale evidentemente l’antifascismo non ha valore morale e sociale ed il comizio fascista è un fatto giusto. (...) Kulturjam
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b0ringasfuck · 3 years ago
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Non conosciamo la matrice ma...
«Ragazzi non spaccate niente» mentre i "ragazzi" devastano la CGIL è the new «Non conosco la matrice».
Poi c'è gente che dopo aver postato per anni gerarchi fascisti adesso cita Primo Levi (e perchè non Segre?).
Tranquilli che non vi romperanno più le scatole con queste cose da "buonisti" una volta che avranno ben salde le mani sul manganello.
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bicheco · 4 years ago
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Ciak
Dove vivo si sta girando un film ambientato negli anni 30. Ci lavora Scamarcio, tra le altre cose. La mia città, ahimè, è di destra, ma destra destra e quindi, il ritorno dei gerarchi fascisti, anche se solo sotto forma di personaggi immaginari suscita eccitazione e trasporto emotivo, soprattutto nella cittadinanza più anziana. Tutti quanti vorrebbero fare la comparsa: "No, no, signora costumista, non si preoccupi della divisa, ho quella di papà nell'armadio, è originale, è nuova, è bellissima, è nera nera, l'ho sempre tenuta come una reliquia...".
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paoloxl · 5 years ago
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Walter Audisio (conosciuto anche col nome di battaglia di Colonnello Valerio o Colonnello Giovanbattista Magnoli) era al tempo capo di un raggruppamento delle forze partigiane con funzioni di polizia. La sua figura emerse, direttamente con riferimento a questi fatti, negli anni ’60, quando il quotidiano “L’Unità” (organo del PCI, per il quale Audisio fu poi deputato) diede notizia del suo coinvolgimento. Metà della notizia non era in verità nuovissima, essendo il nome del Colonnello Valerio già circolato nell’immediato, ciò malgrado non se ne conosceva l’identità e l’Audisio non aveva mai dato modo di parlare di sé, solo essendo noto in qualche ambiente di militanza; tutti “sapevano” che Mussolini era stato fucilato dal colonnello Valerio, ma nessuno avrebbe detto che si trattasse di Audisio. Identificandosi con quel Valerio, Audisio sostenne, non senza qualche contraddizione fra le sue stesse versioni, di essere in pratica il responsabile e l’autore materiale della fucilazione di Mussolini.
Nella notte tra il 27 e il 28 aprile 1945, affermò, ricevette dal generale Raffaele Cadorna l’ordine di uccidere Mussolini. Si trattava comunque di un ordine che contraddiceva le clausole dell’armistizio di Cassibile e gli accordi sottoscritti dal CLNAI secondo i quali Mussolini doveva essere consegnato vivo agli Alleati. Secondo alcuni storici parte delle forze partigiane temevano che una volta consegnato agli alleati sarebbe stato rimesso al potere nell’arco di qualche anno, da qui la decisione di non rispettare gli accordi dell’armistizio e di procedere alla sua condanna a morte. Alle 7 del mattino successivo, un convoglio guidato dal Colonnello Valerio partì alla volta di Como, ove si trattenne fino alle 12.15, per poi spostarsi a Dongo, dove arrivarono alle 14.10. Qui Valerio e i suoi uomini avrebbero comunicato ai partigiani locali che avevano in custodia Mussolini ed i gerarchi dal pomeriggio avanti e di voler fucilare i prigionieri. Di fronte al rifiuto dei partigiani locali di rivelare dove si trovasse Mussolini, che essi volevano portare a Como, Audisio ricorse ad un espediente ed alle 15.15 poté partire con una Fiat 1100 nera verso Giulino di Mezzegra, distante 21 km, più a sud, dove – in frazione Bonzanigo l’ex dittatore era tenuto prigioniero presso una famiglia di Antifascisti (casa De Maria).
Da questo punto la narrazione diviene meno chiara. Audisio fornì ben quattro differenti versioni della sua presentazione a Mussolini. Ciò provocò in seguito polemiche e dubbi sul modo in cui effettivamente si svolsero i fatti. Molti testimoni affermarono che, usciti di casa, Audisio, i partigiani e Mussolini si recarono alla macchina. Nessuno dei testimoni ha però saputo dire con esattezza quanti fossero i partigiani di scorta e come fossero vestiti i prigionieri. Mussolini e la Petacci, saliti dietro, furono fatti scendere in un angusto vialetto (via XXIV Maggio) davanti a Villa Belmonte, un’elegante residenza della zona situata in posizione assai riparata. Quello che lì accadde è ancora oggi poco chiaro, complici le diverse versioni di Valerio così come di Guido e Michele Moretti, gli altri 2 partigiani che si trovavano con lui in quel momento (l’autista dell’auto e l’altro passeggero sul sedile anteriore).
Sempre secondo Valerio, apprestandosi ad eseguire la fucilazione, gli si incepparono il mitra e la pistola. Per sparare a Mussolini usò perciò l’arma di Moretti, il quale però, dopo la morte di Audisio, affermò di essere stato lui a sparare perché le armi di Audisio non funzionavano. Inoltre Guido affermò d’aver sparato il colpo di grazia, che però venne rivendicato anche da un altro partigiano azzanese.
Alle 17 il colonnello Valerio ritornò a Dongo per fucilare gli altri gerarchi, dopo aver lasciato alle 16.20 Guido e Moretti di guardia ai corpi davanti a Villa Belmonte. Alle 17.48, a Dongo, tutti i 16 gerarchi erano morti. Caricati i loro cadaveri su un camion, Valerio partì per Milano verso le 20, passando a recuperare anche i corpi di Mussolini e della Petacci. Durante il viaggio di ritorno la colonna si imbatté in altri partigiani e in posti di blocco alleati che le diedero qualche problema. Tuttavia alle 3.40 di domenica 29 aprile giunse in Piazzale Loreto.
Oggi possiamo dire con assoluta convinzione che se Mussolini non  fosse stato ucciso probabilmente sarebbe stato riabilitato in qualche  ruolo di potere, come purtroppo è accaduto per molti altri fascisti
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ilfascinodelvago · 4 years ago
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Altro giro, altra corsa, altro esponente di Fratelli d’Italia che inneggia al Ventennio, altre polemiche, altre gustose minimizzazioni, altri articoli sui giornali, sui siti, altri appelli, pensosi corsivi e sacrosante prese per il culo. La questione Meloni-nostalgici fascisti si configura ormai come la storiella del criceto e della ruota: non passa giorno che non ci sia un caso di apologia del fascismo ad opera di qualche fratellino d’Italia (o lista collegata), e la competizione più entusiasmante all’interno del partito è aperta: si vedrà a fine campionato se la corrente maggioritaria sarà quella di chi si veste da SS o quella degli arrestati per ‘ndrangheta, una bella gara.
Si è detto in lungo e in largo del consigliere comunale di Nimis (Udine) vestito da nazista, tal Gabrio Vaccarin, che nessuno aveva mai sentito nominare finché non hanno cominciato a girare foto in cui compare impettito davanti a un ritratto di Hitler, agghindato come per dirigere un campo di sterminio, croce di ferro inclusa.
Meno scalpore, per distrazione dei media, ha fatto il manifesto elettorale di tal Gimmi Cangiano, candidato in Campania per la sora Meloni, che non solo ha messo lo slogan “Me ne frego” sui suoi cartelloni elettorali, ma ci ha pure scritto sotto: “La più alta espressione di libertà”. Non fa una piega, quanto a espressione di libertà. Certo, poteva scegliere altri slogan, per esempio “Cago sul marciapiede”, che anche quella, ammetterete, è un’alta espressione di libertà, come anche “Taglio le gomme alle macchine in sosta”, o “Butto in mare l’olio esausto della mia fabbrichetta”, che sottolinea l’insofferenza del cittadino martoriato dalla burocrazia e dalle costrizioni della legge.
Mi fermo qui con gli esempi perché per correttezza giornalistica dovrei elencare anche le difese puntuali e articolate che ogni volta gli esponenti di FdI devono inventarsi per giustificare o minimizzare: una volta “non è iscritto”, un’altra volta “è una ragazzata”, oppure “è stata una leggerezza” o ancora “era carnevale”. Insomma, per dirla con la lingua loro, otto milioni di piroette per allontanare da sé i sospetti di fascismo, preoccupazione un po’ inutile visto che tre indizi fanno una prova, dieci indizi fanno una certezza e dopo cento indizi dovrebbero intervenire i partigiani del Cln con lo schioppo. Ma sia: per farsi perdonare ed allontanare i sospetti, la Meloni candida alla presidenza della regione Marche un suo deputato, tal Francesco Acquaroli, noto alle cronache soprattutto per una cena celebrativa della marcia su Roma (Acquasanta Terme, 28 ottobre 2019). Sul menu, accanto al timballo e allo spallino di vitello al tartufo campeggiavano nell’ordine: un fascio littorio, un’aquila con la scritta “Per l’onore dell’Italia”, il motto “Dio, patria e famiglia”, una foto del duce volitivo e machissimo con la frase “Camminare, costruire e se necessario combattere e vincere”. Si vede che non era necessario, perché persero malamente e il celebrato Mascellone camminava sì, ma verso la Svizzera vestito da soldato tedesco, bella figura.
Fa bene Gad Lerner (su questo giornale) a chiedere alla sora Meloni di dissociarsi una volta per tutte dalla retorica fascista dei suoi eletti e dei suoi militanti, ma dubito che succederà: quella retorica, un po’ grottesca e molto ignorante, risibile e feroce, è l’acqua in cui nuota Fratelli d’Italia, gli slogan fascisti e i vestiti da gerarchi sono il plancton di cui si nutre, e non si è mai visto un pesce svuotarsi l’acquario da solo. Bisognerebbe aiutarlo come l’altra volta, settantantacinque anni fa.
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ca-la-bi-yau · 5 years ago
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"Uno scrittore inglese una volta ha affermato, che sebbene Dio non possa modificare il passato, gli storici lo possono, ed è forse proprio perché possono tornargli utili, che Dio tollera la loro esistenza."
Il 25 aprile del 1945 il Comitato di Liberazione Nazione Alta Italia proclamò l’insurrezione generale e la condanna a morte per i gerarchi fascisti. Tre giorni dopo, Benito Mussolini fu catturato e ucciso. In questo modo, giorni prima dell’arrivo degli Alleati, finì la ventennale dittatura fascista. Solo in Italia e in pochi altri paesi possiamo dire di avere avuto una Resistenza, organizzata, attiva e infine vincitrice. Molte città hanno combattuto per la libertà, cacciando fascisti e occupanti, dichiarando la liberazione, anche quando gli Alleati erano troppo occupati a temere i comunisti per appoggiare i partigiani.
Il fascismo non è un’opinione, il fascismo non è una proposta politica, il fascismo non è neanche una patologia della storia. Il fascismo fu un’ideologia, irrazionale e contraddittoria, affascinante quanto terribile. Il fascismo fu una religione politica, una religione basata sul culto della violenza, sul credo nell’unica morale fascista e sull’unica visione della storia e del mondo, quella fascista. Il fascismo fu un sistema politico totalitario, votato al controllo totale di ogni aspetto della vita delle persone; il fascismo fu un’ideologia razzista, misogina e complice della barbarie nazista. Il fascismo è repressione, annullamento delle libertà individuali, annichilimento dell’altro, del nemico, di chiunque non sia dalla sua parte. Il fascismo fu un grande laboratorio politico, un esperimento di rivoluzione antropologica dell’italiano nell’italiano fascista; “materiale di scarsa qualità”, così Mussolini, intrappolato nel suo stesso mito di grande uomo, definiva i suoi amati concittadini.
Questa è una storia che non dobbiamo mai smettere di ricordare e raccontare. Perché la Storia, quella con la S maiuscola, ci ha consegnato il lascito della Resistenza e non possiamo permettere che cada nell’oblio o che venga offuscato dal revisionismo becero dei nostalgici fascisti. Non permettiamo a soggetti indegni di sporcare di fango la storia della Resistenza, di insultare la memoria dei partigiani perché qualcuno, nel caos e nell’anarchia degli anni ’40, rubò un paio di pecore.
Non scordiamoci mai cosa fu il fascismo. Non scordiamoci mai di chi è morto lottando contro il fascismo, contro la tirannia, contro l’oppressione, contro chi aveva gettato la libertà in un fosso. Non scordiamoci di chi è morto lottando per la libertà, per la giustizia, per una società diversa, nuova, più giusta. Ascoltiamo le storie di chi ha lottato ed è vivo per raccontarcele. Non scordiamoci mai che i fascisti non sono mai scomparsi, hanno continuato a sopravvivere in questa nostra fragile Repubblica, hanno tolto la camicia nera e messo la cravatta, cercando una legittimità democratica che gli è stata concessa.
Ai partigiani di ieri, di oggi e di domani: continuiamo a lottare, a occupare gli spazi politici e le piazze e a non concederle mai a chi, se fosse al potere, vi leverebbe tutto.
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