#funghi del bosco
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Alla Scoperta dei Funghi: Passione e Lavoro dei Cercatori di Funghi tra Porcini e Altre Delizie del Bosco. Di Alessandria today
Funghi Porcini e Altri Tesori del Bosco: Dalla Raccolta alla Cucina, Una Guida per Professionisti e Appassionati
Funghi Porcini e Altri Tesori del Bosco: Dalla Raccolta alla Cucina, Una Guida per Professionisti e Appassionati. Funghi: Tra Passione e Professione dei Cercatori La raccolta dei funghi è una tradizione che unisce il piacere dell’esplorazione nei boschi alla scoperta di tesori gastronomici. Per alcuni, cercare funghi è una passione, un hobby che permette di vivere la natura, mentre per altri è…
#Alessandria today#alimentazione naturale#alimentazione stagionale#ambiente boschivo#autunno e funghi#Biodiversità#cercatori di funghi#cercatori professionisti#conservazione dei funghi#cucina a base di funghi#cucina autunnale#Cucina tradizionale#cultura del bosco#ecosistema forestale#esperienze enogastronomiche.#esperienze outdoor#funghi chiodini#funghi commestibili#funghi del bosco#funghi e gastronomia#funghi e salute#funghi ed ecosostenibilità#funghi ovoli#Funghi porcini#Google News#hobby e lavoro#identificazione dei funghi#italianewsmedia.com#licenze per la raccolta#micologia
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Certezze e carezze da recuperare

Lei
È tutto tempo che passa. È la voglia di ritrovarsi dopo un lungo viaggio forzato. È sentirsi a distanza e sapere di essere l'oggetto dell'amore di qualcuno lontano che però non può mettersi in viaggio verso di te. È avere un posto in prima fila nei suoi pensieri tutto il tempo. Questo tempo che passa. Lentissimo, per chi si ama.

Lui
L'ho rivista. Finalmente: non ne potevo più. Lei è al centro esatto dei miei pensieri. Sempre. Ho sfidato qualsiasi ostacolo per riaverla tra le braccia. Il sapore delle sue labbra era quello delle fragole mature e dolci: mie di nuovo. Era ora. Grazie, o Signore. La morbidezza delle sue mammelle è sempre quella dei petali di rosa.

Quei rilievi dolcissimi sul suo petto, senza il reggiseno avevano un assoluto bisogno del sostegno e della delicatezza delle mani forti di un uomo che sappia apprezzare un dono così prezioso, tra due che si amano: le mie mani. Parti di me che impazienti e delicate li hanno salutati e coccolati a lungo.

Li conosco a memoria e ogni volta è come fosse il nostro primo appuntamento. Tremo sempre, al pensiero di poterli vezzeggiare. Dolci budini impregnati di passione ed erotismo. Godo molto, nell'accarezzarli teneramente. Lei, permettendomelo, mi regala l'intimità più ambita e assoluta, tra un uomo e la sua donna.

I suoi capezzoli erano finalmente felici di farsi guardare nuovamente da me. E non appena glieli ho liberati, sono entrambi immediatamente cresciuti. Come funghi dopo una pioggia di maggio nel bosco dei piaceri segreti. Gemme preziose che devono essere guardate e godute solo dalle labbra di chi lei ama.

Anelavano essere assaggiati. Non potevano più resistere alla lontananza dalla mia bocca. Io lo so, li conosco bene. Ho intinto un dito nella sua tazzina di caffè, li ho cosparsi per bene di liquido e li ho assaporati a lungo. Il gusto dolceamaro del ritrovarsi.

Confesso che c'è una lunga e segreta consuetudine, tra me e i suoi due seni, una nostra storia d'amore parallela e segreta a tre di cui lei è testimone silente. Sorridente e complice gaudente.

Divaricando finalmente le sue gambe e le sue natiche poi, la mia lingua ha riscoperto delicatissimi aromi intimi. E forme e piaceri noti ma mai dimenticati da entrambi. Anche questo tempo comunque è passato. E passerà veloce, con lei. “Non lasciarmi solo mai più: per lavoro o altro, io non posso stare lontano da te, mia Dea.”

Lei
Bentornato, uomo mio. Fammi tua. Ogni volta che vorrai. Ogni giorno. Chiedimi qualsiasi cosa: la farò per te, per darti piacere. Perché sono tua, tua, tua. Usami. Sono nata per essere tua fonte di godimento. Usami. Dammi il privilegio di riceverti in ogni mio orifizio. Ti desidero: sono a te devota. Usami. Saprò farti godere come nessuna. Godi del mio corpo. Usami. Usami.

RDA
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Stasera, mentre ero vicino ai kids perché si addormentassero, mia figlia se ne esce con "non credo nelle fate, anche perché sono sicura che la fata dei denti non esiste e i soldi ce li metti tu; una volta mi sono svegliata la mattina presto, alle sei, e i soldi non c'erano, e invece poi quando mi sono alzata alle dieci c'erano, quindi li hai messi tu". Il piccolo "anche io non credo alla fatina dei denti, papà". Io, col tono di voce più serio del mondo: "State dicendo che non credete nelle fate?" Loro: "No, non ci crediamo". Io: "Dovete essere impazziti. Battete le mani, subito. Almeno tre volte per uno. Ogni volta che un bambino dice che non crede alle fate, ne muore una. Potete salvarla solo battendo le mani".
Le hanno battute. Le fate sono salve, per stavolta.
Ma perché devono essere razionali a nove e sette anni? Se perdono il contatto col mondo che non esiste, il mondo che esiste li divorerà. Quindi ho detto loro che è bene che stiano attenti, se dovessero trovarsi in un bosco, a non camminare in mezzo ai cerchi di fiori, di funghi o di pietre, e ho spiegato loro che non si fanno patti col Piccolo Popolo.
Magari non ci crederanno sul serio, magari gli resterà il dubbio. Piccoli miei, se solo sapeste - quel dubbio è la meraviglia della vita. Non perdetela.
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Stamattina sto tirando su la legna dal bosco con un mio amico a mano, avete capito bene A MANO, per due motivi principali, perché è troppo bagnato e perché non possiamo usare mezzi causa furti, ovvero bisognerebbe tutti i giorni portare su e giù attrezzature e diventa molto dispendioso sia di energie sia di tempo sia di gasolio e quindi A MANO. La tecnica è la seguente, io attacco il ceppo/i ceppi a seconda della grandezza e il mio amico tira su con una corda, A MANO. Potete immaginare che è molto faticoso (è un lavoro che di solito fa l'argano del trattore) ma questo mio amico è un gorilla e il lavoro viene via abbastanza liscio, fino a che vedo in lontananza un signore che si appropingua dove ci hanno rubato le api l'anno scorso, tranquillamente apre il cancellino che ha il lucchetto aperto entra e si mette a guardare in terra, così urlo al mio amico " Marcooo aspetta un' attimo che ci sta un tizio che è entrato nel recinto delle api!!! E vado a vedere, vado lì con il mio garbo da lord inglese e gli dico, ma scusi questa è casa sua? Arriva apre, ma chi è lei? Che cerca? E questo che di garbo inglese non ne ha affatto mi dice, ma che cazzo vuoi? sto a raccogliere i funghi, non rompe i coglioni ci vengo da una vita pischè, A queste parole strillate in modo disumano vedo il mio amico lanciarsi giù dal monte come una valanga, il signore mi guarda basito e dice tra sé e se... E che vuole questo mò? Niente signore insegnarle l'educazione, A MANO.
#iniziamo alla grande stamattina#rotture di coglioni nel nulla assoluto alle 7 di mattina#pischè non lo sentivo dire dagli anni 90'#potevo evitare di raccontarvelo? si#l'ho fatto? no.
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Non ti azzardare ad insegnare a mia figlia ad avere paura del bosco.
In questo modo è stato creato il timore della ricerca interiore.
Non voglio che mia figlia limiti il suo viaggio a luoghi aperti, luminosi, luoghi che sono facili da toccare e vedere.
Perché ho imparato che a volte la verità di ciò che siamo sta nelle ombre e in luoghi umidi in cui i funghi crescono e le piante crescono lateralmente e verso il basso e in nuovi modi, a casaccio alla ricerca di sole.
Il mio viaggio mi ha insegnato questo, che le donne entrano in questo mondo con una foresta – antica, frastagliata e saggia – una foresta annidata dentro la loro anima.
Così sì...puoi provare a spaventare mia figlia perchè rimanga fuori dalla foresta, ma ho l’intenzione di raccontarle la sua capacità di mettere radici e di rispettare le radici degli altri. Che queste sono le vene, il suo collegamento all’amore, al Divino, le radici dietro a se stessa.
Ho intenzione di insegnarle che le sue radici del cuore la ancorano, che il verde è il colore dell’amore.
Mia figlia saprà che le cose possono nascere e crescere selvagge dentro la sua anima-foresta: idee, pensieri, segreti, intuizioni, ma che esse possono morire in inverno, quando sono state rese libere e hanno avuto il loro tempo al sole.
Lei capirà che l’anima-foresta ha molti sentieri ombreggiati su cui la luce può scintillare e giocare brutti scherzi, ma che fare l’esperienza di andare nella direzione sbagliata una volta ogni tanto non è che un breve momento una volta che si è avviati sulla strada giusta.
Io insegnerò a mia figlia che la sua anima-foresta è lì per lei, per ritirarcisi, così che lei possa trovare la vera abbondanza, il vero nutrimento e la vera pace, che contiene il mistero per il senso della vita.
Le ombre sono lì per rendere ancora più emozionante il viaggio per scoprire il mistero.
Se mai arriverà un momento in cui mia figlia si sentirà abbattuta, io le farò vedere che nell’anima-foresta c’è sempre vita brulicante sotto la superficie. Come una civetta che insegue un topo al chiaro di luna, una parte di lei da qualche parte è sempre sveglia e vivace pacificamente nel silenzio; all’erta, che osserva, in attesa.
Quindi, non ti azzardare a insegnare a mia figlia a temere la foresta.
Sai quelle storie che parlano del lupo nel bosco? Io insegnerò a mia figlia che lei è il lupo – libera, primordiale e collegata alla luna.
Farò in modo che mia figlia sappia che lei è la donna saggia che vive nella sua stessa anima-foresta. Le dirò che la saggia è la vegliarda, la sua antenata, la sua saggezza, la luna nera in tutta la sua gloria.
Non vi è alcun mistero oscuro che può spaventare mia figlia perché ho intenzione di insegnarle che lei è al centro di quel mistero, che il suo potere divino femminile è il più grande mistero per tutti coloro che non lo comprendono. Quindi non ti azzardare ad insegnare alle nostre figlie a temere il bosco. Non piú.”
🪶 Ty Chambers

#frasi#quotes#pensieri#citazioni#frasi sulla vita#libri#love#pagan witch#strega#wicca#witches#wolf#emotional#nature#eclectic wicca#wiccablr#magic#wild child
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Peccato che, per la scarsità dei mezzi e della fotografa, l'immagine non riesca a cogliere pienamente la profonda bellezza del bosco dopo la pioggia. Le foglie lucide, di un verde pieno e intenso, sembrano gioielli smaltati. La terra scura e disseminata di un tappeto multicolore di foglie che macerano lentamente, il muschio vellutato e polposo e lì accanto quello che in estate è poco più di un rigagnolo, diventato un fiumiciattolo gorgogliante, dove qui e là si formano pozze profonde e limpide. L'aria umida e pesante dei profumi autunnali: foglie in decomposizione, legno fragrante, funghi che iniziano a fare capolino accanto ai tronchi rugosi degli alberi. Ecco, è qui come in tanti altri luoghi, in tante altre situazioni, che non so immaginare come si possa dubitare, immersi in tanta rigogliosa bellezza, del tocco del divino.

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Formiche che allevano e formiche che coltivano

Non è un segreto che alcune specie di formiche si dedichino all'allevamento gli afidi. Sebbene tecnicamente questo comportamento si chiami trofobiosi e venga definito come "associazione simbiotica tra due organismi, uno dei quali fornisce cibo all'altro", non c'è molta differenza con gli allevamenti praticati dagli umani. Infatti ci sono formiche che si prendono cura di "greggi" di afidi, proteggendoli dai predatori, li spostano per garantirgli sempre nuovo cibo e, se la colonia diventa troppo numerosa, alcuni esemplari vengono uccisi per essere mangiati. Tutto questo lavoro al fine di ricavare la melata, una secrezione zuccherina che gli afidi producono a partire dalla linfa delle piante. Linfa che gli afidi prelevano in così grande quantità che una buona parte non viene assimilata e quindi rimane a disposizione delle formiche allevatrici.
Insomma i parallelismi con gli allevatori umani sono molti.
Un comportamento meno conosciuto è invece quello delle formiche che coltivano. Esiste infatti un intero genere di formiche, il genere Atta (conosciute anche come formiche tagliafoglie, poi vediamo perché), che coltiva i funghi, in particolare quelli della divisione Basidiomycota. Ogni specie di formiche Atta coltiva una particolare specie di funghi di questo tipo, e si nutre solo del micelio. Ovvero non del corpo fruttifero (che noi umani invece apprezziamo, mangiamo e chiamiamo impropriamente fungo) ma dell'apparato vegetativo formato dalle sottili ife che assorbono il nutrimento.

Il nome con il quale sono conosciute queste formiche tradisce il metodo con il quale praticano la coltivazione di questi funghi. Infatti, una delle caste di queste formiche, le operaie major, vanno in giro per il bosco a tagliare grossi pezzi di foglie e le portano nel nido. Il loro nido può essere gigantesco: profondo fino a 8 metri, con 2000 camere e 1000 ingressi, ospitando colonie di anche 8 milioni di individui. Qui dentro le operaie minor si occupano della vera e propria coltivazione, disponendo i frammenti di foglie in camere apposite, in lettiere che mantengono umide con la propria saliva: l'ambiente ideale per la proliferazione di quella specie di funghi.

Però, dal momento che lo spazio è poco e che si nutrono solo delle ife, le formiche devono evitare la formazione degli inutilmente ingombranti corpi fruttiferi e quindi raggruppano le ife e le legano in grappoli, impedendone quindi la crescita.
Non solo. Alcune formiche tagliafoglie portano sulla loro cuticola (ovvero il rivestimento esterno) alcuni batteri del genere Pseudonocardia e li trasportano sui funghi coltivati, comminandoci sopra. Questi batteri producono sostanze antibiotiche che proteggono il fungo coltivato dalle infezioni di altri funghi, questi però patogeni. In pratica, una lotta biologica alle infestazioni delle loro preziose coltivazioni.
Le società estremamente organizzate come le formiche sono in grado quindi di utilizzare tecniche molto avanzate per garantirsi risorse alimentari in abbondanza. E infatti quelle del genere Atta riescono in questo modo a concentrare milioni di individui in poco spazio.
E ci insegnano che anche allevare e coltivare non sono comportamenti esclusivi delle società umane.
#formiche#atta#allevamento#coltivazione#funghi#insetti#imenotteri#società#eusocialità#caste#afidi#batteri
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È delirio porcino. Funghi porcini a volontà. Ecco dove. Aggiornamento porcini 20-09-2023
[vc_row][vc_column][vc_column_text] È delirio porcino. Funghi porcini a volontà. Ecco dove Aggiornamento porcini 20-09-2023. Prima parte Nel video di seguito, Mirella ci guida attraverso un bosco misto di Faggio e Abeti del Piemonte settentrionale, dov’è ancora in atto un favolosa buttata di funghi Porcini. Tante famigliole composte da più carpofori, spesso nascosti tra cespugli di rododendri. Da…

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#Aggiornamento funghi#Assembramenti Porcini#Assembramento#Boletus edulis#Chernobyl#Fukushima#Nascita funghi#Nascite Porcini#Porcini 2023
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PiPo
1. Pozioni FischioSpezzante (+2) 2. Fiore banshee (+1) 3. Infuso Fiacco 4. Fagiolo soporoforoso 5. Decotto Tiramisù 6. Radici rabarbaro 7. Pozione Bellapelle 8. Ortiche secche 9. Soluzione Tinteggiante (+1) 10. Pianta genio 11. Pozione Refrigerante 12. Salice bianco (+3) 13. Pozione Purificante 14. Grinzafico 15. Doxycida 16. Tranello del Diavolo 17. Filtro Ombreggiante 18. Carciofo riccio 19. Pozione Drizzacapelli (+1) 20. Fagioli engorgianti 21. Pozione del Guardone 22. Belladonna 23. Pozione del Canto Continuo 24. Stridiosporo (+1) 25. Pozione AguzzaIngegno 26. Bubotubero 27. Pozione dell`Amicizia 28. Giana 29. Pozione della DisIllusione 30. Verbena 31. Bevanda Ammutolente 32. Allosteria (+3) 33. Pozione Tartagliante (+1) 34. Agrimonia (+1) 35. Intruglio Sfocato 36. Vedinotte 37. Pozione Invecchiante 38. Fiore di loto 39. Pozione per Dimenticare 40. Genziana di Ghamrod 41. Pozione Ringiovanente 42. Sesamo magico 43. Pozione Cambiapersonalità 44. Salice piangente (+1) 45. Pozione Rigenerante 46. Acetosa di bosco 47. Antidoto Mentale 48. Semi di fuoco 49. Pozione occhi di gatto 50. Eufrasia 51. Bevanda della Pace 52. Elleboro 53. Soluzione Corroborante (+1) 54. Aeroso 55. Distillato sviante 56. Coclearia 57. Elisir dell'Euforia 58. Footleaf (+1) 59. Distillato del Sogno Condiviso 60. Obscurus Florens 61. Pozione del fuoco incessante 62. Pugnacio 63. Pozione della chiaroveggenza 64. Bacio della notte 65. Pozione Ipnotizzante 66. Oblìo Rosa 67. Pozione cura ferite 68. Dittamo 69. Antidoto Generico 70. Bardana 71. Fluido Esplosivo 72. Quedatenunca (+3) 73. Pozione del controllo Creature (+3) 74. Cefalofago (+1) 75. Veleno Camuffato (+1) 76. Mandragora (+1) 77. Pozione per l'Invisibilità 78. Erba fondente 79. Pozione per la resistenza al fuoco (+2) 80. Funghi arroventosi 81. Filtro delle Quattro Essenze 82. Lisedia
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Merlot dei Colli Orientali Friuli
Merlot dei Colli Orientali Friuli

Il Merlot dei Colli Orientali Friuli è un vino rosso DOC prodotto nella regione Friuli-Venezia Giulia, in Italia. Questa zona di produzione si trova nella parte orientale della regione, ai piedi delle Alpi Carniche.
Il Merlot dei Colli Orientali Friuli è prodotto principalmente con uve Merlot, anche se possono essere utilizzate piccole quantità di altre varietà di uva a seconda del disciplinare di produzione. Le viti sono coltivate su terreni argillosi e calcarei, con esposizione a sud-est, sud e sud-ovest.
Il vino Merlot dei Colli Orientali Friuli si presenta di colore rosso rubino intenso, con un profumo intenso e fruttato di frutti rossi come ciliegie e prugne, accompagnati da note di spezie e vaniglia. Al gusto è pieno, corposo e morbido, con tannini ben equilibrati e un’acidità delicata. Grazie alle sue proprietà, il vino Merlot dei Colli Orientali Friuli è particolarmente adatto per accompagnare piatti di carne rossa, arrosti, formaggi stagionati e piatti di pasta con sughi di carne.
La zona di produzione del vino Merlot dei Colli Orientali Friuli è caratterizzata da un clima fresco e ventilato, che contribuisce a mantenere l’acidità e l’equilibrio del vino. Inoltre, la presenza delle Alpi Carniche protegge le viti dai venti freddi e dalle gelate primaverili, favorendo una maturazione uniforme delle uve.
In sintesi, il Merlot dei Colli Orientali Friuli è un vino rosso DOC prodotto nella regione Friuli-Venezia Giulia, in Italia, principalmente con 4 Grazie alle sue proprietà gustative e aromatiche, è particolarmente adatto per accompagnare piatti di carne rossa, arrosti, formaggi stagionati e piatti di pasta con sughi di carne.
E’ riconosciuto con denominazione di origine controllata (DOC) come Colli Orientali del Friuli.
Uve di produzione
E’ prodotto, generalmente, mediante taglio di uva del vitigno Merlot (90%) con altre miste per un concorso complessivo del 10%. Non è perè escluso che qualche produttore vinifichi con sola uva Merlot.
Il colore
è un bel rosso rubino lucente, da giovane; invecchiando assume riflessi aranciati.
L’odore
prevalentemente vinoso, è assai gradevole e ricorda un poco quello dell’erba appena tagliata.
Il sapore
è asciutto, pieno di buon corpo.
La gradazione alcolica
varia a seconda delle annate: in quelle normali può arrivare ai 12°; in quelle buone (il 1974, ad esempio) tocca abbastanza agevolmente anche i 13°.
Invecchiamento
Il Merlot Colli Orientali del Friuli non si adatta a lunghissimo invecchiamento; sopporta invece assai bene, dopo la sosta di un anno in botte, 3 o 4 anni di bottiglia (molto usata la bordolese scura da tenersi orizzontalmente in cantina a media umidità, buia, tranquilla e a temperatura di 12-15 C).
E’ tra il terzo e il quarto anno di imbottigliamento dopo aver rafforzato tutte le sue doti di origine.
Degustazione
Per una lieta degustazione, consiglio di tenere la bottiglia, tappata, a temperatura ambiente (18-20 C) per circa due ore; quindi di stapparla, lasciandola aperta per un’ora.
Abbinamento cibo vino
Il Merlot Colli Orientali del Friuli è un vino che si sposa bene con piatti di carne e formaggi stagionati. È inoltre un’ottima scelta per accompagnare piatti a base di funghi, come ad esempio risotti o pollo al funghi. Questo vino è anche un ottimo abbinamento per piatti di pesce, in particolare il salmone.
Per quanto riguarda i dolci, il Merlot Colli Orientali del Friuli è un ottimo abbinamento per le torte di frutta, in particolare con le torte alla frutta secca o con le torte ai frutti di bosco. Questo vino si sposa anche bene con una buona selezione di formaggi, soprattutto con i formaggi di pecora.
Per quanto riguarda i contorni, il Merlot Colli Orientali del Friuli si abbina bene con verdure stufate, come zucchine e carote, ma anche con le patate al forno, per un abbinamento classico e gustoso. Inoltre, questo vino è un’ottima scelta per accompagnare piatti a base di pasta, come le lasagne o i ravioli al ragù.
Per quanto riguarda gli antipasti, il Merlot Colli Orientali del Friuli è un’ottima scelta per accompagnare i salumi, come il prosciutto crudo o i salami, ma anche i formaggi stagionati, come il pecorino. Questo vino è anche un’ottima scelta per accompagnare piatti di pesce, come ad esempio il carpaccio di salmone o il filetto di branzino. In conclusione, il Merlot Colli Orientali del Friuli è un vino che si abbina bene con una grande varietà di piatti, dalla carne ai formaggi, dal pesce alle verdure.
Si tratta di un vino ricco di tannini che si accompagna ad un gradevole profumo di frutta e spezie. La sua corposità si sposa bene con i piatti più saporiti, rendendo il Merlot Colli Orientali del Friuli un’ottima scelta per accompagnare un pasto speciale.Questo vino si accompagna egregiamente a carni rosse alla griglia e alla brace, ad arrosti, a selvaggina di pelo (lepre, capriolo, camoscio), a formaggi piccanti.
Centri di produzione
I centri di maggior produzione sono situati nei territori dei comuni di Faèdis, Prepotto, Tarcento, Cividale del Friuli, Manzano.
un nuovo post è stato publicato su https://online-wine-shop.com/merlot-dei-colli-orientali-friuli/
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immagina di vivere in una piccola casa di funghi... con un piccolo camino... nel profondo del bosco... nessuno sa che esisti... prepari la zuppa in un pentolino... sei libero
imagine ur living inside a tiny mushroom house... with a tiny chimney.... deep in the woods... no one knows u exist... u make soup in a tiny pot.....u are free
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🍄🟫 𝐎𝐬𝐭𝐞𝐫𝐢𝐚 𝐈𝐥 𝐁𝐚𝐫𝐛𝐚𝐠𝐢𝐚𝐧𝐧𝐢. 𝐌𝐨𝐧𝐬𝐚𝐠𝐫𝐚𝐭𝐢 (𝐋𝐔) 𝐅𝐮𝐧𝐠𝐡𝐢 Il porcino è il re indiscusso del sottobosco, un gioiello nascosto tra le fronde, capace di incantare con la sua maestosità e il suo profumo avvolgente. Carne soda, sapore intenso e delicato al tempo stesso, il porcino è un’opera d’arte della natura: ogni morso è un invito a immergersi nel cuore della terra, tra muschi e umidità, con la sensazione di camminare in una foresta antica. Versatile e raffinato, si presta a ogni interpretazione: dalla semplicità di essere gustato crudo alla complessità di arricchire un piatto di pasta o carne, esaltando ogni ingrediente che lo accompagna. Il suo profumo, che evoca il bosco dopo la pioggia, è un preludio al suo sapore pieno, quasi umami, che sazia i sensi e l’anima. È il principe dei piatti autunnali, capace di trasformare ogni tavola in un banchetto, ogni piatto in una celebrazione del gusto. Il porcino non è solo un ingrediente: è un’esperienza, un omaggio alla bellezza semplice e perfetta della natura. Ieri sera, l’Osteria Il Barbagianni ha celebrato il re del sottobosco con una cena interamente dedicata ai funghi, rendendo omaggio al porcino in tutte le sue forme. Il locale, piccolo e accogliente, è un’esplosione di calore, dove sorridenti ragazze accolgono gli ospiti in un’atmosfera familiare e vivace. Abbiamo iniziato con una zuppa di porcini, delicata e profumata, seguita da una battuta di manzo con porcini crudi e un goccio di “olio bono” mamma mia poveri vegani. I ravioli, scrigni di pasta ripieni di porcini, sono un inno alla semplicità, che esplode in bocca con un gusto pieno e terroso. La tagliata di manzo con i funghi, succosa di sangue come undicesimo comandamento è un connubio che racconta la forza della terra. A chiudere, i funghi fritti, croccanti e dorati, morbidi, fra i più buoni mai assaggiati. Una serata che ha reso giustizia al porcino. Il menù degustazione compreso di vino era al costo di 35 €. 👉 Il Barbagianni 🎯 Osteria 📍 Piazza della Chiesa Monsagrati (LU) ☎️ 0583 320094 💶 35 € a persona 🍷 @follower VLICCA IL LINK SOTTO PER VEDERE LE FOTO 👇
www.facebook.com/share/p/7xbwpWbmBJLoUnED/
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Sapete di cosa ho voglia? Di essere nella pineta che non possiedo a parlare con i cervi.
Dormire al calduccio nel piumone e poi mangiare uova strapazzate. Uscire con il fresco del mattino e una bibita calda fumante.
Poi passare le giornate in modo tranquillo e rilassato facendo quello che mi piace fare.
Cucinare torte, disegnare, dipingere al sole, esplorare il bosco, cercare i funghi... Pupeggiare koaku!
E poi avere quella soddisfazione di aver fatto qualcosa che mi cambia la vita fare.
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L’Autunno è servitosulla tavola della Val d’Ega
a cura della redazione Dal 20 settembre al 6 ottobre 2024, tornano le Settimane del Gusto Selvaggina & Funghi in Val D'Ega (BZ): un viaggio culinario tra piattidi stagione ed esperienze alla scoperta del bosco. La Val d’Ega dà il benvenuto all’Autunno, con un evento culinario ormai amatissimo: “Le Settimane del Gusto Selvaggina & Funghi” che, dal 20 settembre al 6 ottobre 2024, svela i più…
#bolzano#Ella Studio#Oberholz di Obereggen#Settimane del Gusto Selvaggina & Funghi in Val D&039;Ega#val d’ega
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Entra nel bosco per cercar funghi e scompare: ritrovata dall'elicottero dei Vigili del fuoco VODO DI CADORE - L'allarme è scattato nel pomeriggio di oggi, lunedì, verso le 16: una donna si sarebbe inoltrata nel bosco nelle vicinanze del Rifugio Gian Pietro Talamini, nel territorio comunale di Vodo, e in località Forcella del Col Botei. Secondo quanto riferito da chi ha chiamato i soccorsi, ovvero il personale del rifugio, la donna avrebbe avuto l'intenzione di cercare dei funghi da raccogliere. Poi però la signora non avrebbe più fatto ritorno al rifugio, facendo preoccupare anche il marito, che ora si trova al rifugio assieme a una squadra dei Vigili del fuoco e all'elicottero Drago, che attualmente sta sorvolando la zona. «Conosco bene la zona, è impervia - ha spiegato la titolare - così ho pensato di chiamare subito i soccorsi». Sul posto si stanno recando squadre dal Soccorso alpino di Pieve di Cadore, Val di Zoldo e San Vito. A supporto anche le unità cinofile e i droni, ma anche la Guardia di Finanza. IL RITROVAMENTO Dopo aver perso l'orientamento, la signora è scesa nel bosco, fino a cercare un luogo aperto in cui fermarsi, per non rischiare di farsi male, e attendere i soccorsi, visto che era sprovvista di cellulare. Ed è proprio nella radura che è stata individuata dall'elicottero dei Vigili del fuoco, che l'ha recuperata e trasportata a Zoldo. La donna è stata riaccompagnata con un fuoristrada dal marito.
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Riavviare il sistema, di Valerio Bassan
La rete è diventata una «infrastruttura tecnologica multistrato che mira a succhiare quante più informazioni sensibili possibili, con l’obiettivo di renderci sempre più “utenti” e sempre meno “persone”», così scrive Valerio Bassan in Riavviare il sistema. Come abbiamo rotto Internet e perché tocca a noi riaggiustarla(parola quest'ultima volutamente al femminile perché, secondo lo stesso autore Internet andrebbe reso in italiano al femminile in quanto traduzione di “rete”, net), questo è il titolo del suo primo libro uscito quest’anno per Chiarelettere Editore. Il libro di Valerio Bassan può a tutti gli effetti essere considerato un manifesto per scrivere insieme il prossimo capitolo del mondo digitale. Nel video, disponibibile su vorticitv.it, la presentazione completa in live streaming del libro di Valerio Bassan (l'intervista inizia dal minuto 07.16...): La promessa originaria di Internet è stata tradita. Nata come uno spazio infinito di libertà creativa e partecipazione democratica, questa tecnologia rivoluzionaria si è trasformata in una grande arena in cui vince chi applica le logiche commerciali più spietate. Ogni azione che oggi compiamo online – come informarci, comunicare, fare amicizia o acquistare qualcosa – rende sempre più ricchi gli oligarchi della rete e finisce per impoverire noi, i suoi abitanti. In questo libro, Valerio Bassan ricostruisce i processi capitalistici che hanno reso Internet un «luogo inabitabile», accompagnandoci in un viaggio ricco di disillusioni e colpi di scena. Nel mettere a nudo le dinamiche e le insidie che si celano dietro i nostri schermi, Valerio Bassan indica una possibile via per scardinare questo meccanismo e ricostruire un Internet più sostenibile e giusta, aiutandoci a capire come mettere in discussione – e ripensare – gli iniqui modelli di business che governano il web. Per farlo sarà necessario ripartire dalle basi, cambiando il modo in cui investiamo collettivamente tempo e attenzione, ma soprattutto maturando la consapevolezza che solo reclamando a gran voce i nostri diritti digitali saremo in grado di riscrivere il futuro della rete. Che Internet vogliamo lasciare a chi verrà dopo di noi? Noi di Vortici.it riteniamo sia una domanda non da poco... Un estratto del libro di Valerio Bassan tratto da Il Libraio.it Da “giardini” a “foreste”. Aprire le recinzioni del Web Suzanne Simard, oggi professoressa di Ecologia forestale all’Università della British Columbia, ha trascorso gran parte della sua carriera cercando di svelare il «segreto delle foreste». E ha scoperto che, nel sottosuolo di ogni bosco, esiste una complessa rete di interscambio che unisce gli alberi, mettendoli in comunicazione tra loro. Questo network simbiotico, denominato micorriza, è di tipo mutualistico: gli organismi coinvolti – alberi e funghi – portano avanti il loro ciclo vitale vivendo a stretto contatto e traendo benefici reciproci. Attraverso il network della micorriza le piante condividono alcune sostanze nutritive e riescono ad avvisarsi dell’arrivo di un pericolo incombente, inviando impulsi e segnali. In breve, comunicano. Grazie ai suoi studi, Simard è riuscita a dimostrare che le foreste funzionano come delle piccole società di interscambio, i cui rappresentanti portano avanti un percorso non esclusivamente finalizzato alla sopravvivenza, ma anche alla «negoziazione, alla reciprocità e persino all’altruismo». Internet oggi somiglia ben poco al network della micorriza. Ogni piattaforma tende infatti a comunicare solo con sé stessa, e cerca in tutti i modi di impedire che i suoi dati finiscano nelle mani di una concorrente. Le principali aziende tecnologiche si sono trasformate in super-app con steccati digitali sempre più alti, e un numero sempre maggiore di servizi al loro interno. E se in origine la rete permetteva a ogni nodo di scambiare informazioni con qualsiasi altro, oggi l’unico tratto comune delle piattaforme è la reciproca incompatibilità dei loro protocolli di comunicazione. Utilizzare linguaggi diversi da quello dei competitor permette a queste aziende di “murare” i nostri dati al loro interno, e quindi di trarne il maggior profitto possibile. Questo frammenta le nostre esperienze digitali. In un articolo David Pierce, editor-at-large di «The Verge», spiegava questo meccanismo per sottrazione: «Vi immaginate se aveste bisogno di un indirizzo Outlook per i vostri colleghi che usano Outlook e di un indirizzo Gmail per i vostri amici che usano Gmail, e poi di un account Hotmail solo per parlare con vostra zia Gertrude? Be’, attualmente i social funzionano così». Ma cosa succederebbe se, d’un tratto, tutte le app social e di messaggistica potessero parlarsi e scambiarsi informazioni in modo paritario, trasparente e gratuito? È questo il concetto su cui si fonda l’interoperabilità, che molti osservatori oggi ritengono possa essere la tecnologia alla base di un ripensamento degli attuali modelli centralizzati e monopolistici. Rendendo le piattaforme interoperabili, Internet potrebbe “micorrizarsi”: diventare una rete di interscambio continua tra i suoi attori, in cui i messaggi viaggiano tra “specie e specie” – o meglio, tra piattaforma e piattaforma e tra app e app – senza interruzioni di sorta, in base a uno spirito comune di condivisione e di mutualità. In questo nuovo Web, la nostra user experience sarebbe radicalmente diversa: potremmo per esempio utilizzare un’unica app per inviare e ricevere messaggi da chiunque sul Web, pubblicare contenuti su tutte le piattaforme in un solo click, trasportare i nostri follower da un social all’altro e seguire i creator cross-piattaforma, gestendo le nostre impostazioni di privacy attraverso una singola interfaccia. Ma soprattutto, potremmo impedire alle piattaforme di lucrare eccessivamente sui nostri dati, che diventerebbero condivisi tra più attori, e non più (o non solo) “proprietà privata” di qualcuno. Per spiegare cos’è l’interoperabilità, non c’è modo migliore che osservare il funzionamento di Mastodon. La piattaforma fondata nel 2016 dallo sviluppatore tedesco Eugen Rochko potrebbe, a prima vista, sembrare poco più di un clone di Twitter. In realtà Mastodon differisce dalla piattaforma di proprietà di Elon Musk in tre aspetti principali: è no-profit, è open source, e si regge su una struttura decentralizzata e interoperabile. Le sue community – chiamate “istanze” – sono ospitate su server indipendenti che possono essere gestiti da singoli individui, gruppi o organizzazioni. Chiunque può aprirne una e stabilire le proprie regole e i propri termini di servizio: ma soprattutto, ogni istanza può interagire con quella di qualsiasi altro server, e i loro iscritti possono scambiarsi messaggi e seguirsi a vicenda. Lo stesso approccio inter pares è applicato verso l’esterno del network di Mastodon. La piattaforma fa infatti parte del “fediverso”, una costellazione di social media e piattaforme noprofit che possono “parlarsi” e scambiarsi informazioni. Con il proprio account Mastodon un utente può esistere anche su altri social network decentralizzati che appartengono alla community, e questo senza perdere i propri contenuti e i propri follower. È come se il nostro account di Instagram ci permettesse di seguire anche il canale di una creator su YouTube, o di scambiare messaggi privati con qualcuno su TikTok, senza uscire dall’app, né dover cambiare piattaforma. Nel fediverso, poi, i nostri dati restano nostri: se decidiamo di chiudere un account e di migrare su un servizio “concorrente”, non perdiamo le persone che ci seguono né quelle che seguiamo. Il linguaggio che permette alla piattaforma di Mastodon di aprirsi al resto di Internet è ActivityPub, un protocollo che per molti osservatori potrebbe essere alla base della nuova “foresta” di Internet. Sebbene le radici di questo sistema di regole siano vecchie quanto il Web, la sua effettiva diffusione è piuttosto recente. ActivityPub è stato infatti introdotto nel 2018, quando il World Wide Web Consortium (W3C), l’organizzazione no-profit fondata da Tim BernersLee che si occupa di stabilire i requisiti tecnici del Web, lo ha suggerito ufficialmente come lo standard internazionale per il social networking. La popolarità di ActivityPub è in crescita: oltre a Mastodon anche PeerTube (un’alternativa a YouTube), Lemmy (un’alternativa a Reddit), Nextcloud (un servizio di hosting in cloud) e Pixelfed (una versione open source di Instagram) hanno adottato il protocollo. Anche Automattic, la società proprietaria di WordPress, il servizio più diffuso al mondo per la gestione di contenuti e la pubblicazione di siti web, ha cominciato a muovere i propri passi nel campo dell’interoperabilità: nella primavera del 2023 ha comprato Activity for WordPress, un plugin che permette ai gestori di blog di unirsi e comunicare con reti web distribuite come Mastodon. Nell’autunno dello stesso anno, poi, Automattic ha investito 50 milioni per assicurarsi Texts.com, un’applicazione universale che permette agli utenti di utilizzare tutte le app di messaggistica in un’unica “casella di posta” – permettendo comunicazioni multidirezionali e crittografate tra servizi concorrenti come iMessage, WhatsApp, Telegram, Signal, Messenger, Twitter, Instagram, Discord e LinkedIn. Persino Threads, un clone di Twitter lanciato da Meta nel luglio 2023, ha promesso di rendersi pienamente interoperabile e di adeguare la propria struttura per integrare il nuovo standard di ActivityPub; Flipboard e Medium, invece, hanno creato una propria istanza di Mastodon, e stanno invitando i propri utenti e curatori a pubblicare anche lì, oltre che sulla piattaforma principale. L’interoperabilità non è un concetto astratto: almeno in parte è già realtà. Le nostre caselle di posta elettronica ne sono un esempio. Sebbene esistano diverse applicazioni che ci permettono di inviare e ricevere le e-mail, ognuna è in grado di comunicare con le altre. Ma sviluppare l’interoperabilità del Web non ha soltanto l’effetto di abbattere le recinzioni tra i vari feed e canali di comunicazione: significa, soprattutto, separare l’interfaccia utente dai dati sottostanti Se applicata nel modo giusto, l’interoperabilità potrebbe garantirci una maggiore portabilità del dato. Ci consentirebbe di diventare proprietari dei nostri contatti e dei nostri interessi, e di sottrarre questo controllo ai server di una singola app. Nell’Internet interoperabile gli utenti mantengono il controllo dei propri dati, poiché non li cedono alle singole aziende tecnologiche – le quali perderebbero così buona parte del proprio potere dominante in favore di migliaia di piattaforme più piccole e interoperabili tra loro. Nessuna in grado di “prevalere” sulle altre, né particolarmente interessata a farlo: il nuovo giacimento sarebbe lo stesso per tutti e nessuno potrebbe reclamarne la proprietà. La piena interoperabilità prevederebbe, poi, una componente antagonistica. È quella che Cory to «adversarial interoperability»: la possibilità che ogni piattaforma, una volta “aperta”, permetta ad attori esterni non solo di comunicare con essa, ma anche di sviluppare applicazioni, plugin, e strumenti senza il consenso esplicito dei suoi gestori. Una libera infiltrazione da cui i giardini recintati si sono tenuti alla larga e che, secondo Doctorow, potrebbe fornire nuova spinta a un’innovazione tecnologica più equa e distribuita. Naturalmente, affinché tutto questo raggiunga una massa critica sufficiente, potrebbe volerci molto tempo. Le piattaforme monopolistiche non hanno alcun interesse a rendere completamente interoperabili i propri sistemi, mettendo in crisi il loro business. Mastodon, che pure ha beneficiato dell’esodo da X scatenato dalle nuove policy di Elon Musk, ha appena 10 milioni di utenti registrati e circa 2 milioni di utenti attivi. Per rendere il fediverso “universale” ci vorranno anni, investimenti, e regole nuove. Come quella che l’Europa ha approvato nel novembre 2023, l’Interoperable Europe Act, con cui si punta a rendere disponibili i principali servizi pubblici a tutte le persone nell’UE senza discriminazioni. L’atto garantirà la possibilità di sviluppare servizi digitali interoperabili e riutilizzabili, come software open source, linee guida comuni, framework e strumenti informatici condivisi a livello statale, ma potrebbe diventare una sorta di mappa estendibile anche al settore privato. Nel documento, una frase riassume come poche altre i vantaggi del nuovo modello: «L’obiettivo dell’interoperabilità è raggiungere insieme obiettivi comuni».9 Trasformare gli attuali “giardini” delle piattaforme in “foreste” aperte e comunicanti tra loro, come quelle scoperte da Suzanne Simard, sarebbe un approccio radicalmente diverso rispetto a quello cui siamo stati abituati negli ultimi due decenni. Significherebbe la fine dei walled garden in favore di un ecosistema più libero, e probabilmente più giusto. Ulteriore approfondimento su siamomine.com Immagine di copertina: https://www.chiarelettere.it/news/la-promessa-originaria-di-internet-e-stata-tradita-ecco-da-dove-ripartire-il-libro-di-valerio-bassan.html Read the full article
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