#fede e solidarietà
Explore tagged Tumblr posts
Text
Sant’Antonio Abate: le celebrazioni ad Alessandria tra fede, gratitudine e solidarietà
Una settimana di eventi per il patrono dell’AOU AL Il 17 gennaio 2025, in occasione della festività di Sant’Antonio Abate, Alessandria ha dato il via a una settimana di celebrazioni in onore del santo patrono dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ales
Una settimana di eventi per il patrono dell’AOU ALIl 17 gennaio 2025, in occasione della festività di Sant’Antonio Abate, Alessandria ha dato il via a una settimana di celebrazioni in onore del santo patrono dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Alessandria (AOU AL). Una giornata che ha combinato momenti di raccoglimento religioso, riconoscimenti pubblici e partecipazione comunitaria. La…
#AIDO#Alessandria cronaca#Alessandria cultura#Alessandria news#Alessandria salute#Alessandria today#AOU AL#AOU AL eventi#assistenza sanitaria Alessandria#Associazioni di Volontariato#associazioni premiate#Avis#Azienda Ospedaliero-Universitaria Alessandria#benefattori AOU#cerimonia del grazie#Cerimonia delle Benemerenze#Croce Rossa Alessandria#Cultura Locale#eventi comunitari Alessandria#eventi religiosi Alessandria#fede e comunità#fede e solidarietà#Google News#impegno e dedizione#italianewsmedia.com#Lions Club Alessandria#Luciano Bernini#Ospedale Alessandria#ospedale e cultura#patrono AOU AL
0 notes
Text
Immagina di essere nata femmina, tua madre ti ha messo al mondo e, insieme a tuo padre, hanno voluto chiamarti Imane, fede.
Immagina che, mentre cresci, capisci di avere una passione, la Boxe. Ti alleni, gareggi, vinci, hai un dono.
Sei molto forte ma crescendo noti che il tuo corpo non è come quello di tutte quelle che ti circondano, e capisci che hai qualcosa di diverso. Un livello ormonale di testosterone più alto.
E non lo noti solo tu, ma te lo fanno notare ogni volta che sali sul ring misurandolo.
Immagina di esserti sentita sempre donna, di non aver mai modificato niente nel tuo corpo. Tra l'altro cresciuta in un paese dove la transizione è illegale, ma a te che importa? Sei donna e lo sai.
Immagina di gareggiare più volte, prenderti tutti quei pugni, cadere, rialzarti ed essere squalificata. Più volte, tante volte. Un sorriso, e si va avanti, sperando nella prossima.
Immagina di salire sul ring con una Irlandese, Kelly Herrington (tanto per citarne una) 1-0 per lei, la prima, la seconda, la QUINTA VOLTA. Hai perso ancora, ti sei presa i pugni più forti della tua vita e non sei riuscita a mettere nemmeno una volta k.o. quell'altra donna davanti a te che ti ha massacrato.
Eppure, lei non aveva tutto questo testosterone di cui parlano, nessuno si è chiesto come mai ti abbia battuto.
Immagina di essere squalificata perchè quella volta avevi un livello di testosterone più alto rispetto ai criteri richiesti.
Immagina di andare alle olimpiadi, anni di lavoro, di allenamento, di sacrifici, un sogno. Questa volta il livello di testosterone è nella norma, va tutto bene. E immagina poi di essere definita "Uomo algerino" dai giornali italiani. Di ritrovarti oggetto di un'ondata di odio e discriminazione di cui non volevi far parte e di essere chiamata trans, solo perchè per qualcuno non sei abbastanza donna.
Dai il primo pugno, circa 30 secondi, ancora non ti sei nemmeno caricata per il round. Vedi la tua avversaria andare all'angolo, piangere, dire che fa male. Sei confusa, certo che fa male, è un pugno, ne hai presi migliaia anche tu.
Il round finisce ancora prima di iniziare, ti dispiace, giorni prima sei stata inondata di polemiche, di dubbi, di ansie. Ti avvicini a lei, per salutare, per dare una mano, quella famosa solidarietà femminile. Ma no, tu non sei donna, non sai cosa sia. Infatti, ti gira le spalle, piange, se ne va e tu rimani lì, non sai che fare.
Che colpa hai?
Nessuna. Sei nata donna, con qualche anomalia, ma sei donna. Eppure per i politici italiani non lo sei, uomo algerino, trans.
Non vorrei entrare nel merito, mi dispiace per la Carini. Sicuramente il tormento mediatico ha avuto un grosso impatto. Però, dai, stiamo parlando di olimpiadi di Boxe, in cui ha partecipato una campionessa italiana chiamata Tiger, fiamme oro della Polizia di Stato, mica danza classica.
(Grazie a Monia Ben R’houma per questo testo bellissimo e pieno di empatia)

Fonte fb
18 notes
·
View notes
Text
Sto passando uno dei periodi peggiori della mia vita, anche se io stessa fatico a definirlo così. Cosa significa <<peggiore>> e quale era un periodo migliore?
I miei periodi migliori sono sempre stati la somma di tanti momenti disintegrati, vuoti, dissociati, evitanti. Erano momenti di pura idiozia semmai, non di piena lucidità. E allora perché dico che ora è uno dei momenti peggiori? Affinché la gente capisca la parte esteriore della questione. La parte esteriore è che sono depressa (questa parte non è la parte interiore, ricordiamocelo), è che sono vulnerabile, che piango, che sono mangiata dall’ansia e dagli scenari più neri. Che fatico ad alzarmi dal letto e a riposare la mente. Che non vedo speranza.
Ma poi, c’è anche un aspetto interiore della questione che invece suggerisce altro oltre al dolore: finalmente piango, finalmente sono vulnerabile, finalmente soffro, non per finta, non perché penso di doverlo farle, non per senso di colpa, soffro, soffro per me, per questa carcassa, per ciò che è stato fatto a questa carcassa senza pensare potesse essere anche Anima. Piango addirittura davanti agli altri e riesco a baciare la fronte di mia madre senza rancore.
Sto molto male esteriormente, sono pallida, debole, debilitata, la mia bocca è una linea dritta che non cambia espressione; perdo speranza nelle cure, nel concetto stesso di cura. A volte, tuttavia, sento tanta bellezza, tanta fede, amore, grazia, ed io non sento più la necessità di contrapporle al male, danzano liberamente con le cose più atroci.
Non so cosa volessi dire, esattamente. Non volevo fare un elogio alla bellezza della vita nei momenti atroci. Forse volevo ringraziare, anche se non so bene cosa, chi.
Ringraziare voi, che mi avete connessa al dolore più volte ma anche all’umanità, alla speranza, alla solidarietà; ringraziare per come scrivete, per ciò che scrivete, perché la mia mente ne ha potuto giovare esteticamente ed umanamente. Ringraziarvi perché, quello che leggo qui, mi ha fatta sentire parte del flusso della vita, delle sue brutture, ma anche delle sue bellezze. Allora forse non è tanto la sottile bellezza della vita che voglio elogiare -, ma chi mi ha aiutato a integrarla nella sofferenza.
Grazie.
11 notes
·
View notes
Text
“Tutte le ambiguità di Papa Francesco: dall’Ucraina a Israele alla frase grave dopo Charlie Hebdo”
(...)
Riformatore, messaggero di pace, ma anche populista. Ricorderemo così Papa Francesco? «Il problema non riguarda solo il suo essere populista. Le scarpe nere al posto di quelle rosse, Santa Marta e le altre esteriorità che conosciamo. Per capire cos’è stato papa Francesco, bisogna andare oltre queste esteriorità».
Quali sono i punti critici del suo pontificato, allora? «Sulle grandi questioni della politica internazionale, Papa Francesco ha mantenuto posizioni molto ambigue. Prendiamo l’Ucraina. Non ha mai espresso una reale solidarietà verso chi resiste all’invasione russa. Nessuna parola chiara sulle stragi di civili a Bucha e Mariupol. Mentre accadevano atrocità indicibili, lui rilanciava la narrativa tale per cui era la Nato a fare pressione ai confini russi. Non ha detto nulla nemmeno sulla strage delle Palme a Sumy (il raid russo che ha ucciso più di 30 civili, tra cui 2 bambini, domenica 13 aprile, Ndr), con i fedeli che uscivano dalla messa».
(...)
All’inizio ha citato anche Israele. Vale lo stesso discorso? «Assolutamente sì. Papa Bergoglio ha giustamente denunciato le morti civili a Gaza, ma non ha mai chiesto ad Hamas di arrendersi, di liberare gli ostaggi, di smettere di usare i bambini come scudi umani. Non ha mai detto una parola chiara su questo. E ha lasciato intendere, anche recentemente – penso all’incontro con la poetessa Edith Buck, sopravvissuta alla Shoah – una vicinanza all’idea che Israele stesse compiendo un genocidio. Ambiguità anche su questo. Mentre il genocidio è qualcosa di molto preciso. Non basta evocarlo: o c’è lo sterminio sistematico, come accadde nei Lager, oppure è un’altra cosa. E queste distinzioni, soprattutto per la Chiesa, hanno un peso enorme».
È stata un’inversione di rotta rispetto ai predecessori? «Sicuramente. Papa Wojtyla e Papa Ratzinger avevano ricostruito un dialogo profondo tra cattolici ed ebrei. Ora quel dialogo si è incrinato, come ha notato anche il rabbino Di Segni. E questa non è una questione di fede, è una questione politica».
Contro l’Ucraina che ci difende da Putin, contro Israele, voce dell’Occidente incastonata nel Medio Oriente. Papa Francesco ha contribuito al declino del mondo occidentale? «Parlare di contributo è inesatto. Piuttosto direi che è stato parte di un clima più ampio di diffidenza verso l’Occidente. Il Papa si è unito spesso al coro critico dei nostri valori. Ovvero quella parte di mondo che descrive l’Occidente come militarista, guerrafondaio, avido. Eppure è proprio verso l’Occidente che migliaia di disperati si dirigono, ogni giorno, cercando un futuro migliore. Questo non succede per caso. La libertà di espressione, penso ai morti di Charlie Hebdo, a Parigi, non a New York, questo è bene specificarlo, i diritti, le possibilità economiche: sono queste le ragioni per cui l’Occidente, pur con tutti i suoi difetti, resta un modello».
Perché Charlie Hebdo? «Perché fu dopo la strage jihadista nella redazione del giornale satirico francese che Papa Francesco disse che “se uno parla male di mia madre, può anche aspettarsi un pugno in faccia”. Una frase gravissima, con cui, in pratica, giustificava la violenza contro la libertà di espressione. Questo è il tema centrale, perché tocca il cuore dei valori occidentali. E quando parliamo di crisi dei valori occidentali, di libertà, di mercato trasparente, non possiamo ignorare che il Papa spesso ha scelto di prendere le distanze da questi valori, piuttosto che difenderli».
https://www.ilriformista.it/pigi-battista-tutte-le-ambiguita-di-papa-francesco-dallucraina-a-israele-alla-frase-grave-dopo-charlie-hebdo-464428/
2 notes
·
View notes
Text
La mia anima, nota per come ha naufragato tante di quelle volte che il Titanic è nulla, disillusa che Eurocrate a confronto rimane un saggio sognatore, è deceduta l'altro ieri, credo. Anche se l'agonia durava da un bel po'. È deceduta per le complicanze al fegato della vita, per l'ictus al senno della ragione e alla metastasi del cuore atrofizzato dalla mummificazione dei rapporti sociali, sempre più aridi o inesistenti. Era giovane. Si, la mia anima era giovane, diciamo che forse era ingenua. Si ingenua, sognava ancora qualcosa di bello nella sua vita. Anche qui dico un bel: almeno credo. Affabile, impegnata, sincera, timorosa la mia anima non aveva mai dato l’idea dell’inguaribile romantica (seee come no) ma, negli ultimi anni di vita, ha rivelato un lato oscuro della propria natura. Una sua mal celata personalità, quasi junghiana, simile alla temperamento freudiano ma con un pizzico di natura adleriana sotto certi punti di vista, tutte prospettive mentali logicamente. Dovevo comprendere questa sua accozzaglia psicologica, un grumo filisofico alla Kant, emersa durante le letture di Agatha Christie alla ricerca della giustizia. Quella dove i disonesti, gli assassini, pagano sempre pegno. La convinzione che alla fine i buoni trionfino sempre sul male. Purtroppo la sua prolungata esposizione a tali convinzioni si è conclusa l'altro giorno, con un fallimento totale. Non tenedno conto che oltre alle citate sfumature della negativa umanità, ci sono anche gli idioti. E sono una legione infinita. Seppur sconfitta, la coraggiosa anima ha tenuto accesa la fiamma della speranza per qualche attimo. Rimanendo aggrappata alla convinzione che la vita non sia una mera sequela di piccole persone che tendono ad approfittarne, sempre e comunque, di chiunque si pari dinnanzi a loro. Interpellato sulla scomparsa della sua anima, il sottoscritto, famoso imbonitore di sogni infranti nonché Gran Visir della fede perduta, descrivo la mia anima come una che salutava sempre. Che dipingeva la vita come Van Gogh. Ma oggi tutto mi è chiaro. La mia conclusione è che se vogliamo vivere in armonia con l’universo, dobbiamo possedere una fede incrollabile, nel fatto di incontrare meno grattatori di scroto e più persone sensibili. Vogliose, quest'ultime, di condividere sostegno e sogni con chi sia predisposto a tali solidarietà.
10 notes
·
View notes
Text

La colpa di Eva è stata quella di voler conoscere, sperimentare, indagare con le proprie forze le leggi che regolano l'universo, la terra, il proprio corpo, di rifiutare l'insegnamento calato dall'alto, in una parola Eva rappresenta la curiosità della scienza contro la passiva accettazione della fede..
Gli animali son creature di questa terra, sono nostri fratelli e quindi non è che si devon considerare oggetti a nostra disposizione. Sono esseri viventi che hanno capacità di amare e di soffrire e quindi dobbiamo trattarli proprio come fratelli, come fratelli minori. Noi abbiamo un cervello più potente, però non vuol dire che, per questo, dobbiamo abusare di loro.
Le leggi morali non ce le ha date Dio, ma non per questo sono meno importanti. Questa dovrebbe essere l'etica dominante, senza aspettarsi una ricompensa nell'aldilà. Senza leggi etiche ci sarebbe il branco e non la società. E andrebbero insegnati valori comuni a credenti e non, il perdono, non fare del male agli altri, la solidarietà. Ma, soprattutto, bisognerebbe imparare a dubitare, a diventare scettici.
Margherita Hack (Firenze, 12 giugno 1922 – Trieste, 29 giugno 2013)
Il gufo stufo.
27 notes
·
View notes
Text
Le Cem Evleri
Le Cem Evleri sono luoghi di culto e di comunità della fede alevita, una delle più grandi minoranze religiose in Turchia.
"Cem" in turco significa "riunione" o "assemblea" quindi letteralmente si traduce come "case delle riunioni" o "case delle assemblee".
In una Cem Evi gli aleviti si riuniscono per praticare il loro culto, che comprende la lettura di poesie sacre, la musica, la danza e le loro pratiche spirituali. Le Cem Evleri servono anche come centri culturali e sociali, promuovendo la solidarietà e l'unità tra i membri della comunità.

Le differenze principali tra le Cem Evleri e le moschee sunnite includono la pratica del culto e le credenze religiose.
Mentre le moschee sunnite seguono la tradizione islamica ortodossa, le Cem Evleri sono caratterizzate da pratiche religiose uniche degli aleviti, che differiscono da quelle del sunnismo. Ad esempio, gli aleviti non praticano le cinque preghiere quotidiane prescritte nell'Islam sunnita, ma si riuniscono per le cerimonie collettive nelle Cem Evleri, qui i partecipanti si dispongono spesso in un cerchio per creare un'atmosfera di comunità e di unità. Questa pratica riflette l'importanza dell'uguaglianza e dell'armonia all'interno della comunità alevita. Inoltre, è importante notare che nelle Cem Evleri non ci sono separazioni tra uomini e donne, e non sono presenti il mirhab e il minbar, caratteristici delle moschee sunnite. Inoltre, le Cem Evleri possono includere dipinti e raffigurazioni che non si trovano nelle moschee. Raffigurazioni come Ali, figura centrale nella spiritualità alevita, e Mevlana Rumi il celebre poeta e mistico sufi.

Istanbul per italiani la tua guida turistica per Istanbul!
OrganizziamoᅠESCURSIONI con GUIDE TURISTICHE UFFICIALIᅠper chi vuole vivere e comprendere Istanbul. Percorsi speciali. Prezzi speciali. Adatti a tutti e con qualsiasi condizione meteo. Istanbul una metropoli caotica e affollatissima ma bellissima! Immergiti nella vita quotidiana di Istanbul e scoprila come non potresti mai fare da solo. Affidati a chi vive qui e conosce, respira e vive la metropoli sul Bosforo.
L’unica città al mondo che é su 2 continenti.
Realizziamo anche escursioni sul bellissimo lato asiatico di Istanbul! Ci sono tante cose da vedere! Ingressi ai musei senza file e senza problemi. Una esperienza diversa dal solito. Non per il turismo di massa e mercificato. Dal 2013 portiamo italiani in giro per Istanbul e li abbiamo resi felici.
Scopri la nostra offerta e scopri la differenza.
La mia Vita a Istanbul: consigli e informazioni turistiche. Disponibile come GUIDA per delle ESCURSIONI in città. Scrivi una e-mail a: istanbulperitaliani@gmail Seguici anche suᅠwww.facebook.com/istanbulperitaliani
2 notes
·
View notes
Text
Silenzio e luce come riflesso dell'anima

I dodici ritratti di Guadagnuolo a Papa Francesco uno per ogni anno del suo Pontificato. L'elegia "Silenzio e luce come riflesso dell'anima" sembra essere un omaggio poetico e artistico alla memoria di Papa Francesco, intrecciando il linguaggio visivo e quello letterario. Il noto artista Francesco Guadagnuolo celebra Papa Francesco attraverso una serie di ritratti che catturano l'essenza del suo Pontificato. Questi dipinti non sono solo immagini ma vere e proprie testimonianze visive della lotta del Papa contro le ingiustizie e le guerre. Attraverso un dialogo di forme e colori, Guadagnuolo interpreta il Pontificato di Papa Francesco, trasformando il messaggio di Pace, speranza e giustizia sociale in un linguaggio visivo universale Le sue pennellate, che spaziano dal verde della speranza al rosso del sacrificio, sembrano raccontare una storia di fede e umanità. Arte come preghiera, tela come Vangelo, Guadagnuolo ha dipinto un cammino eterno, un invito a trasformare il dolore in speranza, e l’amore in azione, senza fine né confini. Questa tendenza artistica non solo commemora la figura del Pontefice, ma invita anche a riflettere sul suo messaggio universale di amore e fratellanza. I ritratti di Francesco Guadagnuolo sussurrano la memoria di un uomo che ha camminato tra noi come un faro di luce nelle tenebre. Le pennellate sembrano intrise di lacrime, un inno silenzioso alla perdita di un ponte tra cielo e terra. Ogni linea e ogni ombra raccontano di un amore che non muore, di un sorriso che ora risplende tra le stelle, ma che ci manca terribilmente sulla terra. Il dolore diventa luce In questi dipinti, il dolore diventa luce. La perdita, pur straziante, si trasforma in un raggio dorato che illumina il buio. Il volto del Papa emerge come una preghiera viva, un simbolo eterno che ci ricorda che la bontà non muore; si dispiega, come il cielo dopo una tempesta. Il suo sorriso, ora custodito tra le galassie, resta un faro per chi naviga le acque tumultuose della vita. Il volto di Papa Francesco, in queste opere, non è semplicemente ritratto: è custodito. È come se il tempo si fosse fermato un istante per imprimere nei colori l'essenza di una presenza che ha scaldato i cuori e scosso le coscienze. La tristezza si mescola ad un senso profondo di gratitudine, mentre la sua figura emerge come un simbolo eterno di Pace e giustizia. Il messaggio emotivo principale nei ritratti di Francesco Guadagnuolo dedicati a Papa Francesco è una profonda interconnessione tra perdita e speranza che si può racchiudere in una frase: “Tu, che hai camminato tra noi come un faro, hai abbracciato i poveri e i dimenticati, hai parlato alla terra con le parole del cielo, insegnandoci che la Pace è possibile”. L’artista Guadagnuolo sembra dirci questo, attraverso le pennellate e le tonalità utilizzate, si percepisce il dolore della separazione e del vuoto lasciato dalla scomparsa del Pontefice. Allo stesso tempo, emerge un senso di gratitudine e luce, quasi come se l'artista volesse ricordarci che l'eredità di Papa Francesco continua a vivere nei cuori delle persone. E nel silenzio eterno, il Papa dimora, non solo ricordato ma vissuto, nei riflessi delle tele che parlano, un’eredità di fratellanza che illumina il tempo. In questo modo Guadagnuolo cattura non solo la mancanza, ma la speranza. Anche nel buio del dolore, c'è una luce. Una luce che parla di compassione, di solidarietà e di una vita vissuta per gli altri. Ed è in questa luce che risiede la poesia dell’arte: la capacità di continuare a camminare, pur con il cuore pesante, seguendo le orme di chi ci ha mostrato la strada.

1- Francesco-Guadagnuolo -Primo ritratto di Papa Francesco 19-03-2013

2- Francesco Guadagnuolo - Ritratto di Papa Francesco

3- Francesco Guadagnuolo - Papa Francesco -

4- Francesco Guadagnuolo - Papa Francesco .

5- Francesco Guadagnuolo - Papa Francesco .-

6- Francesco Guadagnuolo . Papa Francesco COMUNICATO STAMPA - In copertina immagine d'archivio Read the full article
0 notes
Text

OGGI 23 APRILE,
ITALIANO RICORDA…
STORIA DELL’ESERCITO ITALIANO
SAN GIORGIO MARTIRE
PROTETTORE
DELL’ARMA DI CAVALLERIA
SANCTUS GEORGIUS EQUITUM PATRONUS
San Giorgio è stato, secondo una consolidata e diffusa tradizione, un martire cristiano, venerato da quasi tutte le Chiese cristiane.
La festa liturgica si celebra il 23 aprile.
Si narra che in una città chiamata SELEM, in LIBIA, vi fosse un grande stagno, tale da poter nascondere un drago, che, avvicinandosi alla città, uccideva con il fiato tutte le persone che incontrava.
Gli abitanti gli offrivano per placarlo due pecore al giorno ma, quando queste cominciarono a scarseggiare, furono costretti a offrirgli una pecora e un giovane tirato a sorte.
Un giorno fu estratta la giovane figlia del re, la principessa Silene.
Il re, terrorizzato, offrì il suo patrimonio e metà del regno per salvarle la vita, ma la popolazione si ribellò, avendo visto morire tanti suoi figli.
Dopo otto giorni di tentativi, il re alla fine dovette cedere e la giovane si avviò verso lo stagno per essere offerta al drago.
In quel momento passò di lì il giovane cavaliere Giorgio, il quale, saputo dell'imminente sacrificio, tranquillizzò la principessa, promettendole il suo intervento per evitarle la brutale morte.
Poi disse alla principessa Silene di non aver timore e di avvolgere la sua cintura al collo del drago, il quale prese a seguirla docilmente verso la città.
Gli abitanti erano atterriti nel vedere il drago avvicinarsi, ma Giorgio li tranquillizzò, dicendo loro di non aver timore poiché «Iddio mi ha mandato a voi per liberarvi dal drago: se abbraccerete la fede in Cristo, riceverete il battesimo e io ucciderò il mostro».
Allora il re e la popolazione si convertirono e il cavaliere uccise il drago e lo fece portare fuori dalla città, trascinato da quattro paia di buoi.
Nel Medioevo la lotta di San Giorgio contro il drago diviene il simbolo della lotta del bene contro il male e, per questo, il mondo della Cavalleria vi vide incarnati i suoi ideali.
La leggenda del soldato vincitore del drago contribuì al diffondersi del suo culto, che divenne popolarissimo in Occidente ed in tutto l'Oriente bizantino, ove egli è per eccellenza il «grande martire» e il «trionfatore». Rapidamente egli divenne un Santo tra i più venerati in ogni parte del mondo cristiano.
Vari Ordini cavallereschi portano oggi il suo nome e i suoi simboli.
Papa Pio XII con bolla papale del 1937 elesse San Giorgio martire come protettore della Cavalleria Militare e Civile dello Stato Italiano (Sanctus Georgius Equitum Patronus) quale riferimento e fonte d’ispirazione agli ideali dell’altruismo e della solidarietà.
0 notes
Text
Un appello a non dimenticare l’eredità di Papa Francesco: difendere poveri, giovani e ultimi, e lottare contro guerre e indifferenza. Scopri di più su Alessandria today.
#accoglienza e solidarietà#Alessandria today#amore per il prossimo#cambiamento possibile#Chiesa in uscita#continuare il cammino di Francesco#difesa degli immigrati#difesa dei deboli#difesa dei detenuti#difesa dei poveri#dignità umana#eredità di Papa Francesco#eredità spirituale di Francesco#esempio di umiltà#fede autentica#fede nella pace#giovani e speranza#giustizia sociale#Google News#italianewsmedia.com#Lava#lotta alla guerra#lotta contro la povertà#misericordia e giustizia#missione cristiana#no all’indifferenza#pace nel mondo#Papa degli ultimi#Papa della misericordia#Papa Francesco
0 notes
Text

🌟INDONESIAN DAY🌟
✨ Ad aprire le danze per la giornata dedicata al cinema indonesiano dell'Asian Film Festival 22 sarà "YOHANNA", il nuovo film di Robby Ertanto, regista capace di esplorare con profondità le tematiche sociali e spirituali.
In "YOHANNA", il tema religioso fa da sfondo a una società dura e spietata.. Con uno sguardo realistico e intenso, il film dipinge un ritratto di resistenza e solidarietà, esplorando il significato della fede in un mondo complesso e ostile.
Un'opera potente e toccante che promette di emozionare. 🌟
Yohanna (Robby Ertanto, Indonesia, 2024, 85’)
IN CONCORSO
Giovedì 10 Aprile ore 17.00 al Cinema Farnese
#AFF22#AsianFilmFestival#AsianCinema#FarneseArtHouse#AnteprimaItalia#Robby Ertanto#Yohanna#Indonesia
1 note
·
View note
Text
La soltitudine di Francesco

«Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell'aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi». Era il 27 marzo 2020, il mondo era paralizzato dalla pandemia.
In questo scenario surreale, un'immagine si è impressa con forza nella memoria storica, per le generazioni a venire. In una Piazza San Pietro deserta e battuta dalla pioggia, papa Francesco avanzava in solitudine verso la Basilica, la sua figura rispecchiava il dolore e la desolazione dell'umanità intera.
Eppure, quel gesto non rappresentava solo un'immagine di desolazione, anzi, conteneva in sé anche un messaggio di speranza. Il pontefice infatti ha esortato a non perdere la fede e a trovare proprio nella crisi un'opportunità per un rinnovamento umano e spirituale. Quella sera è stato letto il passo evangelico della tempesta sedata (Mc. 4, 35-41), nella cui catechesi si paragonava la pandemia a una tempesta che ci aveva travolti e sopraffatti, ma la disperazione non avrebbe avuto l'ultima parola.
Il papa ha impartito poi la benedizione "Urbi et Orbi", che di norma è riservata al Natale, alla Pasqua e all'elezione del nuovo pontefice, ma quello era sicuramente un evento eccezionale. A memoria d'uomo, nessun papa aveva infatti impartito questa benedizione in un contesto analogo.
«Abbracciare la sua croce significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare. Significa trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità, di solidarietà». Sono state le sue parole in conclusione.
Oggi, a distanza di qualche anno, l'immagine di papa Francesco è divenuta una delle più iconiche della pandemia. In essa, non c'è solo il ricordo di un evento storico, ma anche una lezione da imparare, ovvero saper riconoscere i limiti e la fragilità dell'essere umano, che può facilmente smarrirsi in mezzo alle avversità. Un'umanità che ha saputo anche mostrare tutta la sua resilienza, nonostante le ferite ancora aperte.
La solitudine di Francesco ha saputo incarnare tutto questo.
[Nell'immagine: "Papa Francesco prega in Piazza San Pietro sotto la pioggia", Città del Vaticano, 27 marzo 2020].
0 notes
Text
La “ingiustizia” dell’allargamento della Nato, la “ingiustizia” degli appetiti occidentali, fatti propri da ordinamenti avventizi che attentavano al diritto dei sistemi altrui di rimanere fedeli a sé stessi, cioè di non essere contaminati da soperchierie spacciate per libertà e da egoismi spacciati per diritti: sotto sotto, questa fuffa era condivisa anche da molti pur disposti a qualche precaria, e possibilmente non costosa, concessione circa il diritto degli ucraini di non essere aggrediti e circa il dovere del mondo libero di aiutarli.
Questo è il punto vero. Il fronte in presunto aiuto all’Ucraina che andava via via sguarnendosi – e che in realtà era assai poco fattivo sin dall’inizio, non appena si trattava di dare attuazione a una solidarietà perlopiù comodamente declamatoria – mostrava la propria inadeguatezza proprio a causa di quel pregiudizio originario, e cioè che la Russia avesse qualche sia pur vaga ragione, per quanto inaccettabilmente esercitata.
Questo atteggiamento è stato di aiuto agli aggressori in modo anche più efficace rispetto al regalone costituito dall’insufficienza e dalla tardività delle forniture belliche agli ucraini. L’idea che gli aggressori avessero, sia pur nebulosamente, qualche ragione da opporre alla contaminazione liberale e democratica dell’Ucraina, e che la loro colpa fosse modale – non costituzionale, non di principio, non di diritto, non interferente con nessuna vera giustizia tra gli uomini e le nazioni, anzi – è lo scettro che oggi può impugnare la Russia per reclamare il diritto alle prossime acquisizioni.
Saranno anche queste giustificate, avranno anche queste altrettante ragioni, le stesse che facevano dell’Ucraina un’altra Cecoslovacchia non per pretesa di chi la invadeva, ma per concessione di chi gli consentiva di invaderla, giusto con qualche rincrescimento per alcune brutalità evitabili (ma dopotutto, a ben guardare, anch’esse riferibili perlopiù alla responsabilità di chi si incaparbiva a resistere). I coltivatori clandestini di quell’atteggiamento non hanno nemmeno titolo per allargare le braccia, nel sacrificio dell’Ucraina, per il trionfo della legge del più forte. È la legge del più giusto, nel quadro inconfessato del loro universo morale. E ai più giusti è perdonabile qualche eccesso.
0 notes
Text
MICROSCOPIO SULLA POVERTÀ IN TICINO. MARKUS ZOHNER INCONTRA FRA MARTINO DOTTA, FRATE CAPPUCCINO.
Povertà. In Svizzera. In Ticino. A Lugano. Povertà. Come nasce la povertà in un paese dei più ricchi del mondo? Esiste un mondo parallelo in Ticino, una società invisibile, uno strato di poveri? Ci sono persone che fanno la fame? Cosa sono le ragioni per la povertà, e quali possono essere i rimedi? http://radiopetruska.com/discography/microscopio-sulla-poverta-in-ticino-markus-zohner-incontra-fra-martino-dotta-frate-cappuccino/?v=796834e7a283 Tavolino apparecchiati! E d’incanto la tavola si imbandì di ogni prelibatezza. Ai tempi dei fratelli Grimm si faceva così, oggi ci pensa un frate cappuccino a sfamare i poveri del Ticino con il suo Tavolino Magico. Fra Martino Dotta ha creato un mondo alimentare e di solidarietà che si è diramato in tutto il Cantone. Markus Zohner incontra un uomo di fede e di terrena autenticità. RADIO PETRUSKA: la rivoluzione è iniziata. Può esistere la povertà in uno dei paesi più ricchi del mondo? In Svizzera la povertà è volutamente nascosta? È possibile possedere solo l’essenziale per vivere? Il nostro non sapersi accontentare è un forma di insicurezza? Che cosa ci spinge a desiderare il materiale più di ogni altra cosa? Fra Martino lo mette subito in chiaro: „Parlare di povertà in Svizzera è quasi irrispettoso… Meglio usare parole come precarietà o fragilità sociale“. Sì, perchè la povertà in Svizzera non può essere certamente paragonata alla povertà in Africa. Fra Martino, però, ci spiega come in un paese super benestante la povertà assuma altre forme introducendo concetti quali: „lavoratori poveri“, „ereditarietà di situazioni difficili“, senso di vergogna, „una vita sul filo“ e una realtà volutamane nascosta. In Svizzera chi guadagna 2.240 CHF al mese è da considerarsi appena al limite della soglia della povertà… Follia? No, e Fra Martino ci spiega come sempre più persone (circa 50.000) in Svizzera si trovino ad affrontare questo problema, ricorrendo ad aiuti sociali, cantonali e contributi. Fra Martino ci introduce poi al fulcro del suo agire, il fatidico Tavolino Magico: un aiuto alimentare a persone in difficoltà basato su accordi con la grande distribuzione (eccessi di produzione o date di scadenza prossime). Un confronto aperto ma semplice, che mette in chiaro in maniera limpida quali sono i problemi economici in Svizzera e nel canton Ticino, evidenziando come il possesso, il patrimonio, i beni materiali altro non siano che un miraggio per il raggiungimento della felicità.
Ascolta la nuova puntata!
0 notes
Text
MICROSCOPIO SULLA POVERTÀ IN TICINO. MARKUS ZOHNER INCONTRA FRA MARTINO DOTTA, FRATE CAPPUCCINO.
Povertà. In Svizzera. In Ticino. A Lugano. Povertà. Come nasce la povertà in un paese dei più ricchi del mondo? Esiste un mondo parallelo in Ticino, una società invisibile, uno strato di poveri? Ci sono persone che fanno la fame? Cosa sono le ragioni per la povertà, e quali possono essere i rimedi? http://radiopetruska.com/discography/microscopio-sulla-poverta-in-ticino-markus-zohner-incontra-fra-martino-dotta-frate-cappuccino/?v=796834e7a283 Tavolino apparecchiati! E d’incanto la tavola si imbandì di ogni prelibatezza. Ai tempi dei fratelli Grimm si faceva così, oggi ci pensa un frate cappuccino a sfamare i poveri del Ticino con il suo Tavolino Magico. Fra Martino Dotta ha creato un mondo alimentare e di solidarietà che si è diramato in tutto il Cantone. Markus Zohner incontra un uomo di fede e di terrena autenticità. RADIO PETRUSKA: la rivoluzione è iniziata. Può esistere la povertà in uno dei paesi più ricchi del mondo? In Svizzera la povertà è volutamente nascosta? È possibile possedere solo l’essenziale per vivere? Il nostro non sapersi accontentare è un forma di insicurezza? Che cosa ci spinge a desiderare il materiale più di ogni altra cosa? Fra Martino lo mette subito in chiaro: „Parlare di povertà in Svizzera è quasi irrispettoso… Meglio usare parole come precarietà o fragilità sociale“. Sì, perchè la povertà in Svizzera non può essere certamente paragonata alla povertà in Africa. Fra Martino, però, ci spiega come in un paese super benestante la povertà assuma altre forme introducendo concetti quali: „lavoratori poveri“, „ereditarietà di situazioni difficili“, senso di vergogna, „una vita sul filo“ e una realtà volutamane nascosta. In Svizzera chi guadagna 2.240 CHF al mese è da considerarsi appena al limite della soglia della povertà… Follia? No, e Fra Martino ci spiega come sempre più persone (circa 50.000) in Svizzera si trovino ad affrontare questo problema, ricorrendo ad aiuti sociali, cantonali e contributi. Fra Martino ci introduce poi al fulcro del suo agire, il fatidico Tavolino Magico: un aiuto alimentare a persone in difficoltà basato su accordi con la grande distribuzione (eccessi di produzione o date di scadenza prossime). Un confronto aperto ma semplice, che mette in chiaro in maniera limpida quali sono i problemi economici in Svizzera e nel canton Ticino, evidenziando come il possesso, il patrimonio, i beni materiali altro non siano che un miraggio per il raggiungimento della felicità.
Ascolta il nuovo episodio!
0 notes
Text
L'Importanza della Via Sacra di Fatima

La Via Sacra di Fatima non è solo un percorso fisico, ma un viaggio interiore che invita i fedeli a meditare sulla Passione di Cristo. Ogni stazione rappresenta un momento cruciale della Via Crucis, offrendo ai pellegrini l'opportunità di ponderare sulle sofferenze di Gesù e sul significato della redenzione. Inoltre, questa via è un'occasione per riscoprire se stessi attraverso la preghiera e la contemplazione. Ogni passo lungo questo cammino è un momento per ritrovare la pace interiore e avvicinarsi alla spiritualità in modo più profondo.
La storia dietro la Via Sacra di Fatima

L'importanza di Fatima come luogo di pellegrinaggio è legata alle apparizioni della Vergine Maria ai tre pastorelli: Lucia, Francesco e Giacinta. Tra maggio e ottobre del 1917, la Madonna apparve in sei occasioni, trasmettendo messaggi di pace e preghiera. Queste apparizioni hanno portato alla costruzione del Santuario di Fatima e alla creazione della Via Sacra. La Via Sacra fu inaugurata ufficialmente nel 1951, grazie agli sforzi del clero locale e dei fedeli, desiderosi di creare un percorso spirituale che simboleggiasse le sofferenze di Cristo. Da allora, la Via Sacra di Fatima è diventata una destinazione imprescindibile per coloro che visitano il santuario. Il percorso della Via Sacra La Via Sacra di Fatima si estende per circa due chilometri, iniziando dalla Rotonda di Santa Teresa e terminando presso il Calvario Húngaro, una collina sormontata da una grande croce di legno. Ogni stazione è ornata con cappelle e sculture che rappresentano i vari momenti della Passione di Cristo, rendendo il percorso un'esperienza visiva e spirituale unica.

Lungo il cammino, i pellegrini possono apprezzare anche la bellezza naturale che circonda Fatima, con viste panoramiche e un'atmosfera di pace e tranquillità, perfetta per la riflessione e la preghiera. Le stazioni sono costruite in modo da consentire ai visitatori di soffermarsi e meditare su ogni momento della Via Crucis.
Le stazioni della Via Sacra
Prima Stazione: Gesù condannato a Morte La prima stazione della Via Sacra di Fatima segna l'inizio del doloroso cammino di Cristo verso il Calvario. Qui, i pellegrini riflettono sul momento in cui Gesù viene condannato a morte da Ponzio Pilato. Questa stazione rappresenta un invito a meditare sull'ingiustizia e sul sacrificio di Cristo per l'umanità. Seconda Stazione: Gesù prende la Croce Alla seconda stazione, Gesù accetta la croce, un simbolo del peso dei peccati del mondo. Questo momento è cruciale per i fedeli, in quanto rappresenta l'accettazione della sofferenza come parte integrale della redenzione. La meditazione su questa stazione aiuta a comprendere il significato profondo del sacrificio e dell'amore divino. Terza Stazione: Gesù cade per la prima volta

Alla terza stazione, i pellegrini contemplano la prima caduta di Gesù sotto il peso della croce. Questa caduta simboleggia la fragilità umana e la forza necessaria per rialzarsi davanti alle difficoltà. La preghiera a questa stazione incoraggia a trovare forza nella fede per superare le avversità della vita. Quarta Stazione: Gesù incontra sua Madre Nel cuore del percorso, la quarta stazione rappresenta l'incontro tra Gesù e Maria. Questo momento di intensa emotività offre l'occasione per meditare sul dolore condiviso tra madre e figlio e sull'amore incondizionato di Maria. I pellegrini, riflettendo su questa stazione, possono trovare consolazione nei momenti di sofferenza personale. Quinta Stazione: Simone di Cirene aiuta Gesù

La quinta stazione racconta di Simone di Cirene che viene obbligato a portare la croce di Gesù. Questo atto di supporto sottolinea l'importanza dell'aiuto reciproco e della solidarietà. Meditando su questa stazione, i pellegrini sono invitati a riflettere sull'importanza del sostegno comunitario nella loro vita spirituale. Sesta Stazione: Veronica asciuga il volto di Gesù Alla sesta stazione, una donna, conosciuta come Veronica, si fa avanti per asciugare il volto di Gesù. Questo gesto di compassione e coraggio è un promemoria per i fedeli dell'importanza della gentilezza e dell'empatia. La meditazione su questa stazione aiuta i pellegrini a comprendere l'impatto dei piccoli atti di misericordia nella vita quotidiana. Settima Stazione: Gesù cade una seconda volta La settima stazione rappresenta la seconda caduta di Gesù. Questo momento invita a riflettere sulla persistenza e sulla determinazione necessarie per continuare il cammino nonostante le cadute e le difficoltà. La preghiera a questa stazione incoraggia i pellegrini a trovare la forza di rialzarsi e continuare il loro percorso spirituale. Ottava Stazione: Gesù consola le donne di Gerusalemme Alla ottava stazione, Gesù incontra le donne di Gerusalemme e le consola. Questo atto di compassione, nonostante la sofferenza personale, è un esempio di amore e cura per gli altri. I pellegrini, meditando su questa stazione, possono imparare a mostrare compassione e sostegno agli altri, anche nei momenti di difficoltà. Nona Stazione: Gesù cade per la terza volta

La nona stazione segna la terza e ultima caduta di Gesù. Questo momento rappresenta il culmine delle sofferenze di Cristo, un punto in cui la sua umanità è più evidente. La meditazione su questa stazione invita i pellegrini a riflettere sulla loro perseveranza e sulla capacità di affrontare e superare le prove più difficili della vita. Decima Stazione: Gesù spogliato delle sue vesti Alla decima stazione, Gesù viene spogliato delle sue vesti, un atto di umiliazione e di sofferenza ulteriore. Questa stazione rappresenta la spoliazione delle cose materiali e la vulnerabilità umana. La preghiera e la riflessione su questo momento aiutano i pellegrini a comprendere l'importanza della umiltà e della semplicità nella loro vita spirituale. Undicesima Stazione: Gesù inchiodato alla Croce La undicesima stazione rappresenta il momento in cui Gesù viene inchiodato alla croce. Questo atto, che segna l'inizio delle ultime ore di Cristo, è un simbolo potente del sacrificio supremo per l'umanità. I pellegrini, meditando su questa stazione, sono invitati a comprendere il profondo significato del dolore e della redenzione. Dodicesima Stazione: Gesù Muore sulla Croce Alla dodicesima stazione, i fedeli contemplano la morte di Gesù sulla croce. Questo momento di dolore e di perdita invita alla riflessione sulla natura del sacrificio e dell'amore divino. La preghiera in questa stazione permette ai pellegrini di connettersi profondamente con il mistero della morte e della resurrezione di Cristo. Tredicesima Stazione: Gesù deposto dalla Croce La tredicesima stazione rappresenta il momento in cui il corpo di Gesù viene deposto dalla croce e consegnato a sua madre. Questo atto di pietà e amore materno offre un'occasione di riflessione sulla perdita e il dolore. La meditazione su questa stazione aiuta i pellegrini a trovare conforto e speranza nei momenti di lutto. Quattordicesima Stazione: Gesù deposto nel Sepolcro La quattordicesima e ultima stazione della Via Sacra di Fatima rappresenta la sepoltura di Gesù. Questo momento di quiete e attesa è un invito alla riflessione sul significato della morte e della resurrezione. I pellegrini, pregando a questa stazione, sono incoraggiati a meditare sulla speranza della vita eterna e sulla promessa della resurrezione.

Un Percorso di rinnovamento spirituale
Percorrere la Via Sacra di Fatima è un'esperienza unica che lascia un'impronta indelebile nella vita di ogni pellegrino. Questo itinerario di fede e riflessione offre un'opportunità preziosa per meditare sui misteri della Passione di Cristo e per trovare un rinnovamento spirituale. La Via Sacra come Parte Integrante del Pellegrinaggio a Fatima

La Via Sacra è una parte indispensabile del pellegrinaggio a Fatima. I fedeli che percorrono questo cammino trovano conforto e forza nella preghiera e nella contemplazione. Questo percorso, immerso nella tranquillità e nella bellezza naturale, offre un ambiente ideale per la riflessione e la crescita spirituale. Non potete però mancare di vedere i santuari di Fatima (leggi l'articolo qui) Read the full article
0 notes