Tumgik
#estraniato
gaysessuale · 2 years
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la pace tra tintoria e cachemire raggiunta grazie a colapesce e dimartino e veicolata tramite l'odio verso muschio selvaggio
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colonna-durruti · 2 months
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“Quanto meno mangi, bevi, compri libri, vai a teatro, quanto meno pensi, ami, fai teorie, canti, dipingi, verseggi eccetera, tanto più risparmi, tanto più grande diventa il tuo tesoro che né i tarli né la polvere possono consumare, il tuo capitale. Quanto meno tu sei, quanto meno realizzi la tua vita, tanto più hai; quanto più grande è la tua vita alienata, tanto più accumuli del tuo essere estraniato. Tutto ciò che l’economia ti porta via di vita e di umanità, te lo restituisce in denaro e ricchezza.
Quando il denaro diventa il fine ultimo, tutti i beni che non sono di natura economica come l’intelligenza, la cultura, l’arte, la forza, la bellezza, l’amore, per l’avaro cessano di essere valori in sé, perché lo diventano limitatamente alla loro convertibilità in denaro, che, a questo punto si presenta agli occhi dell’avaro come la forma astratta di tutti i piaceri che tuttavia non vengono goduti.”
Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici, 1844
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astra-zioni · 2 years
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Psicosi 4:48
Nel pieno processo di crisi psicotica guardo tutti e leggo tutti e penso Ma che cazzo fate, Ma per cosa vi affannate. I vostri problemi ruotano intorno a qualche cazzo o a qualche fica, agli esami universitari e le beghe della vita quotidiana, ed io vi guardo da fuori, estraniato, perché quello per cui voi v’affannate io non lo recepisco, non comprendo. Davvero il cazzo può far cedere così tanto una donna? Davvero io devo inviare quelle tre poesie alla casa editrice che mi vuole come autrice? Di tutto questo, a me, non me ne frega più un cazzo. Sono un guscio vuoto, morto. E vi guardo affannarvi per cose così frivole e trascurabili e penso che vorrei essere anche io come voi, perché almeno vivete, io invece no, da molto tempo, forse da tutta la vita.
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schizografia · 2 years
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Non c’è, oggi, un’altra classe il cui pensare e sentire sia piú estraniato dalla realtà concreta della sua vita quotidiana come quella degli impiegati
Walter Benjamin. Una vita, Howard Eiland
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Ma che succede Parolerandagie? Come mai non scrivi nulla?si sente la tua mancanza..
Caro anonimo,
innanzitutto grazie per la dimostrazione d'affezione.
E' un periodo di riflessione, ti dirò, a riguardo di me stesso e della mia collocazione in un mondo che evidentemente non ha i miei valori ed i miei principi, a seguito del risultato elettorale.
Attenzione però, ci tengo a sottolineare alcuni punti importanti:
innanzitutto ho detto ''i miei valori ed i miei principi'', ovvero non penso che, chi ha votato la Meloni, non ne abbia, di valori e principi, penso solo che ne abbia di diversi dai miei, ma comunque degni di rispetto, di attenzione e di ascolto
la riflessione non è la fin troppo facile (ed ahimè tipica della sinistra in cui mi riconosco ideologicamente) ''come faccio a fare capire agli altri che stanno sbagliando'' ma ''dove sto sbagliando io, nel dare priorità a certe dinamiche di analisi, evidentemente non condivise''
infine ci tengo a precisare che io, prima ancora di essere un socialista, sono un convinto democratico, e quindi, a fronte di un risultato così lontano da possibili eventuali interpretazioni, sono convinto del pieno diritto della nuova maggioranza a governare ed al pieno diritto di mettere in atto il programma politico per cui è stata votata
Questo detto, anche la stessa analisi dei flussi di voto, mi sento un poco estraniato ed incapace di comprendere il Mondo.
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Quanto meno mangi, bevi, compri libri, vai a teatro, quanto meno pensi, ami, fai teorie, canti, dipingi, verseggi eccetera, tanto più risparmi, tanto più grande diventa il tuo tesoro che né i tarli né la polvere possono consumare, il tuo capitale. Quanto meno tu sei, quanto meno realizzi la tua vita, tanto più hai; quanto più grande è la tua vita alienata, tanto più accumuli del tuo essere estraniato. Tutto ciò che l’economia ti porta via di vita e di umanità, te lo restituisce in denaro e ricchezza.
Quando il denaro diventa il fine ultimo, tutti i beni che non sono di natura economica come l’intelligenza, la cultura, l’arte, la forza, la bellezza, l’amore, per l’avaro cessano di essere valori in sé, perché lo diventano limitatamente alla loro convertibilità in denaro, che, a questo punto si presenta agli occhi dell’avaro come la forma astratta di tutti i piaceri che tuttavia non vengono goduti.
Karl Marx
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errantepagina69 · 5 months
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Walter Isaacson (Elon Musk)
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mai prendere la mano. "All'epoca restavo sempre perfettamente sobrio".dice. "Adeo invece si ubriacava di brutto. lo picchiavo alla sua porta dicendo: "Ehi, amico, bisogna che alzi dal letto e ti occupi del party". Finiva regolarmente che ero io a dover controllare la situazione. In seguito. Ressi si stupi di come Musk sembrasse sempre piuttosto distaccato. Gli piaceva stare in mezzo alla festa, ma non vi partecipava mai del tutto. L'unica cosa di cui si abbuffava erano i videogiochi. Nonostante le grandi gozzoviglie, Ressi comprese che Musk era fondamentalmente chiuso in se stesso ed estraniato da tutto, come un osservatore di un altro pianeta che cercasse di apprendere le dinamiche della socialità umana. "Peccato che non riuscisse a essere un po' più felice" conclude.
Autore Walter: Isaacson Prima uscita: 12 settembre 2023 Traduttore: Laura Serra, Roberto Serrai, Valeria Gorla Editore: Mondadori Pagine: 708
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facciasconvolta · 8 months
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Per cosa li spendi? Ahahah a sentirti così non sembra una cosa cattivissima dai ahahah
Con "estraniato" intendo sommerso da ansia e responsabilità per varie cose.
P.S. Se ti va puoi scrivermi anche in pvt
Borse, vestiti, scarpe, cazzatine.
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demonecelestiale · 1 year
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isolato! estraniato! impazzito!
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alemicheli76 · 2 years
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Il blog presenta "Un canto nell'oscurità" di Yami. Da non perdere!
Come al solito, seguendo la catena dei pensieri mi sono estraniato. Soltanto adesso che l’ho spezzata mi rendo conto della sagoma scura che è entrata nel mio campo visivo. Inchiodo bruscamente e mi volto a fissare un’immensa villa dall’aspetto fatiscente, che si erge al centro di una piccola collinetta sul lato destro della strada. Un cancelletto di legno piuttosto malandato si apre su una…
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greenbor · 2 years
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Sergéj Aleksándrovič Esénin
"Abbiamo perso Esenin, un poeta così meraviglioso, così fresco, così vero. E in che modo tragico l'abbiamo perso! È andato via da solo, ha salutato col sangue l'amico indefinito, magari tutti noi. Questi suoi versi sono impressionanti per quanto riguarda la loro dolcezza e leggerezza! Ha abbandonato la vita senza un grido di rancore, senza una nota di protesta – non sbattendo la porta, ma accompagnando la chiusura con la mano, una porta dalla quale grondava sangue. In questo posto l'aspetto poetico e umano di Esenin è scoppiato in un'indimenticabile luce di addio. Esenin componeva scottanti canti ''di un teppista'' e tradiva i versi nelle maliziose osterie di Mosca. Lui non di rado ha fatto uso del gesto violento, della parola aggressiva. Ma nonostante ciò rimaneva in lui la dolcezza particolare di un animo insoddisfatto, indifeso. Esenin si nascondeva dietro l'aggressività, si nascondeva ma non è riuscito a nascondersi. Non ce la faccio più, ha detto il poeta il 27 dicembre vinto dalla vita, ha detto senza gesta di sfida e senza rimproveri... Ci tocca parlare della sua insolenza perché Esenin non scriveva solo poesie ma mutava il suo modo di comporre a causa delle condizioni del nostro tempo non del tutto delicato e assolutamente rigido.
Si nascondeva dietro ad una maschera spavalda pagando questa sua scelta volontariamente con la corruzione dell’anima. Esenin si sentiva sempre estraneo. Non è per lodarlo, proprio a causa di questa estraneità abbiamo perso Esenin. Ma non è nemmeno per rimproverarlo: ha senso lanciare il rimprovero affinché raggiunga il più lirico dei poeti, che non siamo riusciti a proteggere per noi? Il nostro tempo è un tempo severo, magari uno dei più severi della storia dell'uomo cosiddetto civilizzato. E lui invece di essere un rivoluzionario, nato per vivere in questi decenni, era ossessionato da un severo patriottismo della sua epoca, della sua patria, del suo tempo. Esenin non era un rivoluzionario. Autore di Pugacev e de La Ballata dei ventisei era un poeta lirico. E la nostra epoca non è lirica. È questa la causa fondamentale per cui autonomamente e così presto, si è allontanato per sempre da noi e dalla sua epoca. Le radici di Esenin sono profondamente popolari e, come ogni sua cosa, la sua identità popolare era autentica. Di questo, senza dubbio, vi è testimonianza non in un poema che narra della rivoluzione, ma ancora una volta in una sua lirica:
''Silenziosamente nel bosco folto di ginepri vicino al dirupo
l'autunno, giumenta arancione, si gratta la criniera''
L'immagine dell'autunno e molte altre immagini lo hanno plasmato sin dall'inizio, come l'immotivata spavalderia. Ma il poeta ci ha posti di fronte alle radici cristiane della propria cultura e ci ha obbligati accoglierle dentro di noi. Fet non avrebbe detto così e nemmeno Tjutcev. Risultano forti in Esenin le radici cristiane, riflesse e modellate dal talento. Ma è nella fortezza della sua cultura cristiana che risiede la motivazione della debolezza personale di Esenin: dal passato lo hanno strappato con le radici, radici che nel presente non hanno attecchito. La città non lo ha rafforzato, ma lo ha fatto traballare e lo ha estraniato. Il viaggio all'estero, in Europa e oltre oceano, non lo ha raddrizzato. Lo ha accolto più calorosamente Teheran rispetto a New York. La sua lirica, proveniente da Riazan, ha trovato più popolarità in Persia che nei centri culturali europei e americani. Esenin non era né ostile alla rivoluzione né etraneo ad essa; anzì, tendeva sempre verso di lei, da un lato nel 1918:
''Mia madre – Patria, sono un bolscevico''
dall'altro lato, negli ultimi anni:
''Adesso nel paese dei Soviet,
sono il più impetuoso compagno di strada''
La rivoluzione ha fatto irruzione sia nella struttura della sua poesia sia nelle immagini, soprattutto per mezzo delle citazioni, successivamente con i sentimenti. Nella catastrofe del passato, Esenin non ha perso nulla e non ha rimpianto nulla della catastrofe. No, il poeta non era estraneo alla rivoluzione – lui e la rivoluzione non erano fatti della stessa pasta. Esenin era intimo, tenero, lirico – la rivoluzione è pubblica, epica, catastrofica. Per questo la breve vita del poeta si è troncata in maniera così catastrofica. Si dice che ognuno di noi porta dentro di sé la molla del proprio destino, ma la vita dispiega questa molla fino alla fine. In questo c'è solo una parte di verità. La molla dell'attività letteraria di Esenin, dispiegandosi, si è infranta sul limite dell'epoca, si è rotta. Esenin ha tante strofe preziose, colme di avvenimenti. Di questi è circondata tutta la sua attività letteraria. Allo stesso tempo Esenin è estraneo. Non è il poeta della rivoluzione.
''Sono pronto ad andare lungo il terreno già battuto,
darò tutta l'anima all'Ottobre e al Maggio
Ma solo la lira non darò alla cara ndr. rivoluzione''
La sua molla lirica avrebbe potuto dispiegarsi fino alla fine solo a condizione di avere una società armoniosa, felice, in cui non regna il conflitto ma l'amicizia, la tenerezza, la partecipazione. Questo periodo arriverà. Dopo il periodo attuale, in cui si nascondono ancora spietati e salvifici scontri uomo contro uomo, arriveranno altri tempi, gli stessi che si stanno preparando con gli scontri odierni. L'essere umano allora sboccerà del suo autentico colore. E assieme a lui, la lirica. La rivoluzione per la prima volta non solo riconquisterà il diritto al pane per ogni uomo, ma anche alla lirica. A chi stava scrivendo Esenin col sangue prima di morire? Magari ha interloquito con un amico che non è ancora nato, con un uomo del futuro che qualcuno sta preparando con il conflitto, Esenin con i canti. Il poeta è morto perché lui e la rivoluzione non erano fatti della stessa pasta. Ma, nel nome del futuro, lei lo adotterà per sempre. Esenin era teso verso la morte sin dai primi anni della sua attività letteraria, consapevole della propria fragile condizione interiore. […]
Solo adesso, dopo il 27 dicembre, magari tutti noi, conoscendo poco o non conoscendo affatto il poeta, possiamo apprezzare fino alla fine la sincerità intima della lirica eseniana in cui quasi ogni verso è scritto col sangue delle vene tagliate. Lì c'è una pungente amarezza data dalla perdita. Ma non uscendo dal proprio circolo personale, Esenin trovava un conforto malinconico e toccante nel presentimento della sua imminente scomparsa:
''E, l'ascolto del canto nel silenzio
L'amata mia in compagnia di un altro amato
Magari si ricorderà di me
Come di un ineguagliabile fiore''
E nella nostra coscienza la ferita dolorante e non ancora completamente rimarginata si consola al pensiero che questo meraviglioso e autentico poeta a modo suo ha raccontato la sua epoca e l'ha arricchita di canti, parlando d’amore in modo innovativo, del cielo azzurro, caduto nel fiume, della luna, che come un agnello pascola nel cielo, e dell’ineguagliabile fiore, di se stesso. Durante le sue celebrazioni non vi deve essere nulla di triste o decadente. La molla, posta nella nostra epoca, è smisuratamente più forte della molla personale posta in ognuno di noi. La spirale della storia si dispiegherà fino alla fine. Non bisogna opporsi ad essa ma aiutare i pensieri e le volontà con consapevoli sforzi. Stiamo preparando il futuro! Continueremo a conquistare per ciascuno il diritto al pane e il diritto al canto. È morto il poeta. Evviva la poesia! È caduto nel burrone un bambino indifeso. Evviva la vita ricca di attività artistica, in cui fino all'ultimo minuto Sergej Esenin ha intrecciato i fili preziosi della sua poesia."
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howtoscrapethesky · 2 years
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Feeling numb
Numb, parola difficilmente traducibile. Un po’ anestetizzato, un po’ espropriato dal mondo, un po’ come in calma piatta dopo una grande tempesta. Esprime molti concetti diversi. Sei numb se non ti importa dell’opinione altrui, sei superiore e pensi a te stesso. Ma sei anche numb se sei anestetizzato perchè hai sofferto troppo e non riesci a provare nulla, nessuna emozione. Non definirei numbness la calma piatta del non giudizio in stile nirvana, ma decisamente lo associerei alla calma per esaurimento o per stanchezza. Sei numb se sei insensibile alle opinioni altrui e sei sulla tua strada, ma sei pure numb se non hai forze per reagire e fregartene degli altri.
A Natale e alle feste comandate mi sento estraniato, quasi in modalità numb, ed alieno, se mi confronto con gli altri. Mi sento indietro ed inadatto, per il mio stipendio, per l’essere poco indipendente e per l’essere sostanzialmente solo, il non avere una ragazza al mio fianco. Questo ultimo punto specialmente mi pesa, è un mio pallino e ciò non mi stupisce, e viene inevitabile domandarsi come fare per “uscirne fuori”. E non ho una grande risposta, mi sento immobilizzato di fronte al mio futuro, alla strada da percorrere, alle scelte da fare e soprattutto perchè non ho un piano, un’idea o uno spiraglio. Nella migliore delle ipotesi solo molti “if” o “what if”, nella migliore delle ipotesi però. Sono spaventato, tempo fa sarei stato in crisi mentre ora sono solo giù di morale. Sono spaventato e so che devo affrontare questa paura ma non so come. Ma devo farlo, lo devo a me, primo step è calmarsi e rilassarsi, per poi esplorare la magnificenza del mondo. Alla fine anche io son magnifico a mio modo e in qualche modo troverò il mio posto, anche se ora non mi è chiaro il percorso.
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Andare in un jazz club è sempre stato uno dei miei sogni. O almeno, da quando ascolto jazz. Non conosco tanto di questo genere (per la mia concezione di conoscere), infatti il mio ascolto è dei più casuali: se una canzone mi piace, l’aggiungo alla mia playlist Cieli Vasti. Per me il jazz è un cielo vasto in cui posso sempre guardare, sia quando voglio concentrarmi che quando voglio farmi scivolare addosso ogni pensiero. La copertina della playlist è Il falso specchio di Magritte. Quest’estate sono andato negli Stati Uniti e, una volta fermati a Chicago, ho detto ai miei amici: ‘Io una di queste sere devo assolutamente andare in un jazz club!’ Penso di aver sfinito i miei compagni per aver ripetuto non so quante volte questa frase ma, d’altronde, se passi da Chicago e non vai in un jazz club, non ti puoi dire vero fan del genere. E quindi una di quelle sere siamo andati in cinque. Siamo partiti dal sud di Chicago, in direzione nord, di preciso verso il locale Green Mill, ovviamente! Ci siamo fatti quaranta minuti di metro, e abbiamo attraversato tutta Chicago, visto cambiare la sua fisionomia e le sue persone, fatto altri dieci minuti a piedi per arrivare lì davanti. Era molto tardi, e lì si sa, chiude tutto presto, ma mi sono detto che sarei dovuto per forza entrare - io che arrivavo da novemila chilometri di distanza, non avrei accettato una porta in faccia. Una volta entrati, c’era un gruppo locale che suonava - e da quel che ho capito suonava lì quasi tutte le settimane. In men che non si dica ero già ammaliato dallo spettacolo che mi si presentava davanti, e non riuscivo a staccare gli occhi, perché volevo godermi ogni istante. Mi ricordo ancora benissimo che c’erano due uomini vestiti come negli anni venti, ed erano davvero affascinanti. In quel momento avrei voluto essere uno di loro. Nel mentre, i miei amici che erano venuti un po’ per farmi conento, un po’ per curiosità, notavano in me quella eccitazione mista a calma che raramente mi si raffigura in viso. Dopo l’esibizione, abbiamo continuato a sorseggiare il nostro drink tipico di Chicago, scambiando due parole sulla giornata, e Susanna non faceva che ripetere quanto mi vedesse in estati per quella situazione. A conferma di questo, ho iniziato a curiosare per tutto il locale, per cercare di apprendere il più possibile da quello che era un locale centenario. Continuo a guardarmi intorno con gli occhi, fin quando non trovo un jukebox. E allora decido di fiondarmi per vedere se è attivo! Una volta constatato ciò, è partita la mia interrogazione personale, per vedere quante canzoni del genere conoscessi. Ed ogni volta che ne trovavo una, mi sentivo sempre più fiero di me e della mia playlist. Riprodurre una canzone costava venticinque cents: controllato in tasca che ne avessi abbastanza, ora toccava alla selezione dei miei pezzi preferiti tra quelli presenti. Una volta che il mio sguardo ha incrociato la scritta ‘My One and Only Love’ di Coltrane, non ho potuto che riprodurla. Per tutta la durata della canzone, sono rimasto lì ad ammirare il jukebox, a chiudere gli occhi e ad immaginarmi paesaggi sconfinati, a farmi trascinare dalla melodia e dalla strumentale. È stato un momento molto personale e difficilmente descrivibile: mi sentivo estraniato dal mondo e contemporaneamente nel mio mondo! È forse vero che non mi possa considerare un accanito del jazz, ma quando lo ascolto mi si riscalda il cuore.
Queste parole al me futuro: non dimenticare mai le sensazioni che la musica - e la vita, in senso più generico - ti dà, e custodiscile nella memoria.
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È un periodo così, mi sento vuoto, perso, alla ricerca di un qualcosa che in realtà neanche conosco.. vorrei solo essere felice, spensierato, non avere emozioni o per lo meno averle solo positive e non crearmi ogni volta castelli di cemento, sperando che un vento leggero possa buttarli giù.. Mi sento in un vortice, in un loop infinito, dove mi sveglio e la giornata è già iniziata male, mi sento così tanto in ansia da non riuscire a respirare, perso in un tunnel buio, pieno di trappole dove neanche lontanamente vedo la luce.. Il cuore batte, non si ferma, mi tiene attaccato alla parete, la tachicardia è diventata parte di me, fa male.. Mi fa male pensare, mi viene difficile ridere, mi viene facile soffrire, stare fermo, farmi invadere da questa negatività che non so neanche da dove derivi. Sono un cazzo di puzzle fatto male, che nessun pezzo si incastra con un’altro, un puzzle monocromatico, tutto grigio, dove è impossibile identificare i tasselli per metterli al punto giusto. Ho questa sensazione di sentirmi estraniato dall’essere, mi sento in mondo che non mi appartiene, la via più facile so qual è, ma le persone a cui tengo, che amo mi tengono ancora attaccato al terreno, su questo pianeta ma la mia mente è già morta, gli occhi sono lo specchio da cui vedo cosa accade intorno a me, ma non sono io quello, sono solo un riflesso proiettato in 3º persona. Vorrei solo avere spensieratezza, leggerezza, essere sereno, libero più superficiale, spegnere il cervello per un po’, spegnermi per un po’, ripristinare il sistema. Vorrei rinascere solo per capire dove ho sbagliato, cosa ho sbagliato, cosa mi ha reso il disastro che sono. Mi ricordo quando avevo circa 6 anni, alle elementari, quando mi tagliavo, quando pure la maestra che mi guardava negli occhi capiva che ero già perso, che qualcosa non andava, quando tua madre e tua sorella ti dicevano che eri depresso, quando gli altri bambini pensavano solo alle figurine dei pokemon e io a pensare a come togliermi la vita perché mi sentivo solo un peso per tutti.. Ancora adesso mi sento un peso, per mia mamma, per mio padre , per chi voglio bene, sbaglio sempre, mi lamento sempre, non ho niente di cui una persona dovrebbe essere contenta di avermi affianco, faccio solo danni, faccio soffrire, faccio stare male chi non vorrei, vorrei solo essere una persona come tutti, senza questi problemi cubitali grandi come una montagna senza sentirmi come un ramoscello nel bosco.
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percosso · 4 years
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sto cercando di vivere da solo nonostante io viva ancora coi miei e questa cosa mi sa sempre più di cazzata
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ma-come-mai · 2 years
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«Quanto meno mangi, bevi, compri libri, vai a teatro,
quanto meno pensi, ami, fai teorie, canti, dipingi, verseggi eccetera,
tanto più risparmi, tanto più grande diventa il tuo tesoro che né i tarli né la polvere possono consumare, il tuo capitale.
Quanto meno tu sei, quanto meno realizzi la tua vita, tanto più hai;
quanto più alienata è la tua vita, tanto più accumuli del tuo essere estraniato.
Tutto ciò che l’economia ti porta via di vita e di umanità, te lo restituisce in denaro e ricchezza.
Quando il denaro diventa il fine ultimo, tutti i beni che non sono di natura economica come l’intelligenza, la cultura, l’arte, la forza, la bellezza, l’amore,
per l’avaro cessano di essere valori in sé, perché lo diventano limitatamente alla loro convertibilità in denaro, che, a questo punto si presenta agli occhi dell’avaro come la forma astratta di tutti i piaceri che tuttavia non vengono goduti».
Karl Marx, Manoscritti economico-filosofici, 1844
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