#esplorazione psiche
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pier-carlo-universe · 12 days ago
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Il Pioniere del Brivido: Edgar Allan Poe e il Genio Letterario Analizzato da Cinzia Perrone. Recensione di Alessandria today
Un viaggio nel mondo gotico e visionario del maestro della letteratura americana, Edgar Allan Poe.
Un viaggio nel mondo gotico e visionario del maestro della letteratura americana, Edgar Allan Poe. Biografia dell’autore.Cinzia Perrone, scrittrice appassionata e profonda conoscitrice della letteratura, si distingue per la capacità di esplorare e far riscoprire i grandi classici. Nei suoi lavori, combina una visione analitica con una sensibilità che rende accessibile anche il più complesso dei…
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gerardsorme · 1 month ago
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AMORE A PRIMA VISTA
L’amore a prima vista è una condizione fulminea che individua un preciso epicentro alla proiezione del proprio desiderio.
Vale a dire che di colpo (colpo di fulmine) una persona diventa l’oggetto* di totale appagamento di ogni nostro desiderio relazionale, dialettico, passionale, erotico, sessuale e inconscio.
*è stato Freud a definire «oggetto» qualsiasi cosa non sia noi, quindi tutti gli altri, il termine è rimasto malauguratamente in uso.
La massima fortuna possibile dell’amore a prima vista è che non sia corrisposto. Nel peggiore dei casi emergeranno le manie di persecuzione di una psiche instabile. Negli altri casi bastano una o due notti di sonno ed è fatta. La proiezione svanisce.
Nel caso l’amore a prima vista sia corrisposto, nel caso che al contempo si abbia un’intesa mentale molto forte che diventa poi fisica e quindi totale si ha accesso a un territorio mistico di esplorazione. Fatalmente questa esplorazione è possibile sono grazie all’Altro. Fatalmente in questa esplorazione prima o poi uno dei due si spaventa.
La rivelazione dell’amore a prima vista, quindi, riguarda le proprie personali energie e capacità di relazione con l’essenza del mondo. Nessuno ci toglierà mai ciò che è nostro quando grazie all’Altro abbiamo avuto certezza che è nostro.
L’amarezza della fine di un amore a prima vista è la consapevolezza che esistono livelli più alti e che non li si potrà mai raggiungere da soli.
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cinquecolonnemagazine · 8 months ago
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Franz Kafka: a cento anni dalla sua morte
Franz Kafka, l'enigmatico scrittore praghese, scomparve nel 1924 all'età di 40 anni, lasciando un'eredità letteraria che continua ad affascinare e sfidare i lettori un secolo dopo. Le sue opere, infuse di elementi di realismo e fantastico, esplorano temi come l'alienazione, la burocrazia e le complessità della condizione umana. Franz Kafka: vita e lotte La vita di Kafka fu segnata da lotte personali e da un profondo senso di insicurezza. Nato da una famiglia ebrea di lingua tedesca a Praga, affrontò divisioni culturali e linguistiche, sentendosi intrappolato tra la sua patria ceca e la sua eredità tedesca. Il suo rapporto con il padre autoritario fu particolarmente teso, lasciandolo con un profondo senso di inadeguatezza che permeò la sua scrittura. Nonostante i suoi tumulti personali, Kafka fu uno scrittore prolifico, producendo romanzi, racconti e diari che sarebbero diventati alcune delle opere più influenti della letteratura del XX secolo. Tra le sue opere più famose ricordiamo La Metamorfosi, Il Processo e Il Castello, tutte che raffigurano protagonisti alle prese con sistemi oppressivi, forze inspiegabili e i propri demoni interiori. L'influenza duratura Gli scritti di Kafka hanno avuto un profondo impatto sulla letteratura, la filosofia e la cultura popolare. La sua esplorazione dell'alienazione e dell'assurdo risuonò con i lettori all'indomani della prima guerra mondiale e dell'ascesa dei regimi totalitari, facendo di lui un simbolo della lotta dell'individuo contro forze opprimenti. Le sue opere sono tradotte in innumerevoli lingue e adattate in film, opere teatrali e opere liriche. Il suo nome è persino diventato un aggettivo, "kafkiano", usato per descrivere situazioni bizzarre, da incubo o caratterizzate da un senso di impotenza. La rilevanza di Kafka nel XXI secolo Cento anni dopo la sua morte, le opere di Kafka rimangono attuali come non mai. In un mondo sempre più complesso e burocratico, le sue storie offrono uno sguardo agghiacciante sui pericoli del conformismo, sulla pervasività delle strutture di potere e sulla fragilità dell'identità umana. La sua esplorazione di temi come l'alienazione, l'ansia e la ricerca di significato continua a risuonare con i lettori alle prese con le sfide della vita moderna. Le sue opere non offrono facili risposte, ma ci sfidano ad affrontare le complessità della nostra esistenza e a mettere in discussione il mondo che ci circonda. L'eredità: un invito alla riflessione L'eredità di Franz Kafka risiede non solo nei suoi successi letterari ma anche nella sua capacità di cogliere l'esperienza umana universale di alienazione, ansia e ricerca di significato. Le sue opere servono come promemoria del potere della letteratura per illuminare gli angoli più bui della psiche umana e per sfidarci ad affrontare le complessità della nostra esistenza. Foto di Erwin da Pixabay Read the full article
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susieporta · 1 year ago
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Tre di Bastoni.
"Dall'onda di Purificazione alla presa di Coscienza"
Le notti sembrano sospese dentro una immensa veglia.
Non si dorme.
Si processano informazioni preziose, anche se ancora poco fruibili alla Coscienza.
C'è una elaborazione costante, diurna e notturna, di codici nuovi, di attivazioni, di revisioni, il tutto condito dall'ennesima purificazione di scorie del Passato.
Febbraio si sta rivelando un vero e proprio Maestro della Transizione.
Alza l'asticella vibratoria. Bombarda l'organismo di stimoli di pulizia e di riordino. Ci "obbliga" a portare a termine i cicli oramai esauriti, alimentando uno stato d'animo meno cupo e malinconico, ma non certo leggero e spensierato.
Così l'avevamo accolto il nostro meraviglioso Febbraio, proprio con questa speranza: di rendersi complice appassionato della nostra fase di Transizione, di aiutarci a compiere il passo definitivo, quel passo che ora vediamo più vicino, quasi naturale.
Poco stiamo salvando del Passato. Davvero molto poco.
Ma stavolta non è la rabbia a definire il congedo con il Sè antico, ma la Riconoscenza, profonda, sincera, commossa e sacra.
Se ci guardiamo indietro, non possiamo non amare quel Corpo sofferente, quella Psiche confusa e ferita, quella Incoscienza e Immaturità che ci rendeva schiavi della Sopravvivenza.
La Schiavitù del Cuore è stata un'esperienza incredibile!
E la Libertà? Come sarà?
Essere liberi non vuol dire smettere di soffrire. Almeno non nell'immediato.
Significa offrire a se stessi la più ampia gamma di possibilità di manifestazione, senza azioni di boicottamento, senza automatismi di svalutazione, senza il bisogno costante di riconoscimento.
L'"impotenza acquisita" a Marzo lascerà il posto alla "sperimentazione entusiasta", allargando gli orizzonti di azione e di espressione nella Materia.
La vocina interiore che ha imperversato per anni nella nostra testa, pronta sempre a suggerirci che "tu non puoi, tu non sei in grado, tu non sei abbastanza", verrà invitata ad abbandonare il campo e sarà amorevolmente sostituita con l'imperativa certezza che "sì, si può fare, non vedo perché no".
Una Rivoluzione di portata epocale per gli "insicuri cronici", per gli "ansiosi della prestazione", per i "timorosi del fallimento".
La rinnovata connessione con l'Essenza, ci infonderà quella dose di coraggio e di radicamento tale per cui ogni nuova sfida verrà vissuta con serena maturità e con tanta curiosità di esplorazione dei nuovi orizzonti di crescita.
Questo avverrà anche nel campo delle Relazioni.
Non ci sentiremo più le "pecore nere" del gruppo. Ma le "guide".
Coloro che sono portatori della Spada, che sono transitati prima attraverso il Deserto di se stessi e poi nella Terra di Mezzo, verranno posti nei luoghi di comando.
E "gli ultimi", stavolta, "saranno i primi".
Non con il sentimento di rivincita o rivalsa verso coloro che li hanno derisi o scherniti, puniti o violentati, ma con il sommo Amore che contraddistingue queste Anime delicate e pure.
Dopo continue peregrinazioni, di vita in vita, di amore in amore, troveranno il degno "luogo interiore" in cui dimorare e lo porteranno nel Mondo, come vessillo di rinascita e di riconnessione profonda con il Tutto.
Nuova Casa, nuovi Amici, nuovi Amori, nuovi Progetti.
E tanta tanta gioia per questa immensa e tanto attesa opportunità di Nuova Vita. Qui, proprio sulla Terra, il Pianeta Scuola più duro, ma più commovente e sincero che mai.
Buon mercoledì, Anime della Direzione.
Si stanno preparando segnaletiche luminose per voi. La Direzione prende piede. E vi vuole belli carichi! Ci vorrà un sacco di Energia e di Entusiasmo per percorrere proprio quella Strada. Perché l'obiettivo è ambizioso. E la Bellezza tanta.
Ma è la Vostra Strada. E voi ne sarete i fieri protagonisti!
Mirtilla Esmeralda
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Le Backrooms: Un Viaggio nell'Oscurità dell'Immaginazione e Oltre
Introduzione
Nell'era digitale, emergono fenomeni che sfidano i limiti dell'immaginazione umana, e tra questi spiccano le "Backrooms", spazi virtuali che affascinano e inquietano l'animo dei navigatori della rete. In questo articolo, esploreremo in profondità questo mondo enigmatico, rivelando i segreti che si nascondono dietro le stanze parallele alla realtà e l'attrazione irresistibile che esercitano.
Un Mondo Surreale in Rete: L'Incanto dell'Inquietudine
Le backrooms sono scenari virtuali che afferrano l'attenzione con la loro rappresentazione surreale. Corridoi infiniti, pareti decrepite, luci intermittenti; questi elementi creano un'atmosfera di mistero che rapisce e incanta. Creati da narratori digitali e artisti, questi luoghi virtuali offrono una visione alternativa e disturbante del mondo. Ciascun corridoio rappresenta un invito irresistibile ad avventurarsi nell'ignoto. È come un viaggio verso l'oscurità, un'esperienza di esplorazione senza fine che affascina chiunque abbia la curiosità di varcarne la soglia.
L'attrazione dell'Ignoto: Sfide e Avventure Virtuali
L'attrazione delle Backrooms è intrinsecamente legata alla curiosità umana, quella sete insaziabile di scoprire l'ignoto e affrontare nuove sfide. Le Backrooms offrono un'opportunità virtuale per soddisfare questa voglia di esplorazione, senza dover correre alcun reale rischio. Perdersi in un intricato labirinto digitale e cercare disperatamente la via d'uscita è un richiamo irresistibile per molti, perché unisce l'emozione dell'avventura con la sicurezza del mondo virtuale. In un'epoca in cui gran parte del mondo è stato esplorato e mappato, le Backrooms rappresentano un nuovo mondo a sé ancora da esplorare, seppur solo in forma virtuale.
Espressione Creativa e Narrativa Visiva: Il Potere delle Immagini
Le Backrooms sono anche una tela per l'espressione creativa. Artisti digitali creano immagini e racconti basati su queste ambientazioni surreali, trasmettendo paure e ansie attraverso l'arte visiva e la narrazione. Le immagini di corridoi misteriosi e luoghi decadenti stimolano l'immaginazione e suscitano emozioni profonde. Questa sinergia tra creatività e narrativa visiva ha contribuito a modellare queste inquietanti stanze in ciò che sono oggi, una subcultura online che affascina e coinvolge chiunque si immerga in essa. Le storie e le immagini delle Backrooms alimentano la nostra curiosità, trascinandoci sempre più in profondità in questo mondo digitale e creando un'esperienza coinvolgente che sfida i confini della realtà.
Tumblr media
Comunità Devota e Interessi Condivisi: La Forza del Collettivo
Le Backrooms hanno dato vita a una comunità online devota. Appassionati condividono storie, immagini e discutono delle loro esperienze virtuali in questi spazi. Questa comunità riflette, senza alcun dubbio, l'attrazione profonda che questa finta realtà esercita sulla psiche umana. La condivisione di esperienze e l'interazione tra membri consolidano l'attrazione per questi luoghi virtuali, creando un senso di appartenenza e connessione tra coloro che ne fanno parte. La dimensione sociale di questa subcultura aggiunge un livello di coinvolgimento e immersione che la rende ancora più irresistibile.
Il Mito delle Backrooms: Realtà o Finzione?
È importante sottolineare che le Backrooms sono puramente un fenomeno virtuale. Non esistono fisicamente, e l'idea di "entrarci" nella realtà è solamente un'illusione. Si tratta di un'esperienza digitale, studiata per stimolare le emozioni e la mente umana, ma non ha alcun impatto sulla realtà fisica. Tuttavia, questa sfida tra realtà e finzione è parte integrante del loro fascino, aggiungendo un elemento di suspense e mistero all'intera esperienza. La sensazione di avventurarsi in un mondo che potrebbe sfuggire al nostro controllo è un'esperienza emozionante che continua a intrigare chiunque si avvicini a questo mondo digitale enigmatico.
La Necessità di Rassicurazione: Sogno e Realtà
Le Backrooms costituiscono un affascinante capitolo nell'era digitale, che mette in luce il potere della narrativa e della creatività online. Anche se puoi immergerti nell'oscuro abbraccio delle Backrooms quando lo desideri, è fondamentale ricordare che la realtà è solida e rassicurante. Sognare in grande è importante, ma vivere la realtà con serenità è fondamentale, consapevoli che le Backrooms rappresentano solo una parte dell'immaginazione collettiva, senza alcun effetto sulla realtà che conosciamo.
Conclusioni
Mantenere vivo lo spirito esploratore, sia online che nella vita di tutti i giorni, è la chiave per scoprire le meraviglie nascoste della realtà. Questo fenomeno digitale può fungere da stimolo per la creatività e l'immaginazione, ma la realtà offre infinite opportunità di scoperta e avventura. Ricordiamoci che, sebbene le Backrooms possano farci sognare, è nella realtà che possiamo fare una vera differenza e lasciare un'impronta duratura. Ogni passo rappresenta un'opportunità di scoprire qualcosa di nuovo e affascinante, sia nel mondo digitale che in quello reale. La curiosità è la chiave che apre le porte dell'avventura, e il mondo è un vasto territorio da esplorare, ricco di meraviglie pronte a essere scoperte.
Michele
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levysoft · 4 years ago
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Faremo questa volta conoscenza con un grande matematico che ha rivoluzionato la geometria e influenzato molti altri campi della conoscenza, ma è universalmente riconosciuto come il padre di quegli strambi oggetti geometrici chiamati frattali.
Sì, avete capito bene, stiamo parlando proprio di lui, Benoit Mandelbrot, scienziato franco-polacco che pur essendo un matematico di formazione, avrebbe meritato il Nobel per l’Economia alla stregua di John Nash, il protagonista del film “A Beautiful Mind”. Aspirò tutta la vita a ottenere un così importante e meritato il riconoscimento, purtroppo senza successo.
La biografia di Mandelbrot non è lineare: nacque a Varsavia nel 1924 da famiglia ebraica, madre medico, padre uomo d’affari. Uno dei suoi zii da parte paterna viveva in Francia ed era un matematico di vaglia. È proprio in Francia che la famiglia di Benoit si rifugiò nel 1936, quando la situazione degli ebrei in Polonia volse al peggio.
Alla fine della guerra il giovane si fece notare come uno dei migliori studenti di matematica dell’università di Parigi, dove si laureò nel 1947.
Da qui scelse di virare verso altri lidi spinto dalla grande aspirazione di potersi dedicare alla matematica applicata.
Approdò quindi al dipartimento di Ingegneria Aeronautica del prestigiosissimo CalTech.
Sotto il sole della California allargò, insaziabile com’era, i suoi campi di ricerca cominciando a interessarsi di teoria dell’informazione, di fisica, di statistica, di logica e struttura del linguaggio, e qui scrisse la sua tesi di dottorato.
Si spostò quindi a Princeton dove ebbe modo di lavorare con John Von Neumann, pioniere della computer Science nonché proprio della teoria dei giochi.
In seguito, una comprensibile nostalgia per l’Europa, unitamente al desiderio di esplorazione scientifica, lo indusse ad attraversare ancora una volta l’Atlantico e venne accolto a braccia aperte dallo psicologo Jean Piaget a Ginevra.                                                                                                             Ma ogni realtà era troppo piccola e inadeguata per lui: impossibile relegarlo dietro una cattedra universitaria seppur prestigiosa, o rinchiuderlo in un laboratorio di ricerca. Era troppo eclettico per lasciarsi inquadrare.                                                                                                                             Da esploratore indomito attraversò nuovamente l’oceano e il suo peregrinare si concluse per modo di dire al Thomas J. Watson Research Center della IBM nello stato di New York.
Gli piaceva autodefinirsi un aspirante Keplero della complessità, paragonandosi al famoso e rivoluzionario scienziato del ‘600. Poi la svolta definitiva.
All’inizio degli anni ’70 un amico matematico gli suggerì di smetterla di pubblicare saggi su argomenti tanto eterogenei e di provare a dirigerli in una direzione più precisa.
Il consiglio fu seguito e Benoit mise a fuoco la sua teoria unificatrice. Diede alla sua brillante idea un nome curioso ed evocativo allo stesso tempo: frattale.                                                                                                                    Ma cos’è un frattale? Beh, proviamo a spiegarlo nella maniera più semplice possibile. Prendiamo un broccolo romanesco. Non stiamo scherzando: il broccolo romanesco è forse il più semplice e miglior esempio di frattale a nostra disposizione. Questo semplice vegetale, a causa della sua forma stupefacente, alimenta da quasi un secolo a questa parte, profondi e complessi quesiti in biologia e matematica.
E’ infatti un oggetto abbastanza sofisticato che gode di una proprietà sorprendente: guardato a scale diverse sembra sempre la stessa cosa, la sua forma si ripete.
Se ad esempio lo guardiamo sui banchi di un supermercato a una distanza di dieci metri, i nostri occhi e la nostra mente tenderanno a identificarne la forma come una sorta di piramide. A questo punto decidiamo di acquistarlo e ci avviciniamo per vedere il prezzo. Lo prendiamo in mano soppesandolo ben bene. Noteremo per prima cosa che la sua superficie è costituita da rilievi geometrici e bitorzoluti che si ripetono e si intrecciano in una spirale.
Se poi si osserva ancora più da vicino un singolo bitorzolo, si scopre che anche questo è a sua volta fatto di bitorzoli più piccoli che sono disposti secondo lo stesso schema.
Fondamentalmente, quindi, il broccolo romano è “riempito” da una gran quantità di miniature di broccoli romani, ripete la sua struttura come se fosse una matrioska a infiniti pezzi. L’effetto è quasi ipnotico.
A prima vista, questo tipo di strutture sembrano inusuali o addirittura bizzarre, ma si applicano a ogni cosa, dai broccoli romani alla struttura dell’universo, rivelando il segreto della armonia interna della natura.
Se, ad esempio, passeggiando in un bosco ci mettiamo a osservare le cortecce degli alberi, vedremo che esse hanno una struttura simile, con alcune scanalature profonde e altre superficiali.
Se si spezza un ramo ci sembrerà di avere in mano un albero in miniatura. C’è lo stesso gioco di diramazioni che continua in sé stesso.                                    Ma perché la natura preferisce costruire oggetti così complessi?
Nel caso dell’albero la spiegazione è semplice: più è ramificato e più superficie è in grado di coprire, e più superficie copre più aumenta la sua capacità di assorbire anidride carbonica e quindi di produrre ossigeno.
Un esempio simile possiamo averlo guardando i nostri polmoni, che osservati al microscopio appaiono ricoperti da un complicatissimo intrico di vene.                                                                                                                                    La loro funzione è quella di incamerare l’ossigeno che deve essere trasmesso al sistema circolatorio. Capiamo bene che più sono fitte e numerose le vene sulla loro superficie esterna, più agevole ed efficiente sarà il processo di ossigenazione. La geometria frattale è ovunque intorno a noi: felci, cespugli, crateri della Luna, fluttuazioni del mercato azionario, l’incidenza di grandi e piccole alluvioni, i movimenti delle rocce nelle profondità della Terra che causano i terremoti.                                                                                                                           E’ un elenco sterminato, c’è chi ne fa opere d’arte astratta e addirittura chi pensa che in futuro potremo applicarlo anche alla psiche e ai sentimenti.                                                                                                                         Ma questa è un’altra storia naturalmente, ben più rischiosa dei mercati finanziari e quindi non ci addentriamo. Una precisazione è doverosa: storicamente i frattali non sono scaturiti all’improvviso dalla mente geniale di Mandelbrot, poiché già alla fine del IX secolo, gli analisti si divertivano a trovare esempi di “funzioni patologiche” che avevano un comportamento inaspettato.
Mandelbrot comunque è di fatto il padre della geometria frattale, ma la radice di questa geometria possiamo trovarla in matematici come Cantor o Peano, che ad esempio aveva definito la curva che porta il suo nome, una linea che riempiva un quadrato. Una evoluzione in questa direzione era stata apportata da Koch: la curva a fiocco di neve che aveva una lunghezza infinita pur contenendo un’area finita.                                                                                                                            Entrambi gli esempi hanno alcune proprietà in comune.
Innanzitutto sono ottenuti con un processo che si ripete all’infinito, e quindi non possiamo disegnarne che un’approssimazione; in secondo luogo questo processo da un punto di vista matematico viene definito autosimile, nel senso che a ogni passo la figura parziale che si ottiene è una complicazione della struttura creata al passo precedente formata unendo più copie rimpicciolite della struttura stessa.
Addentratosi in questi argomenti di matematica pura Mandelbrot portò avanti il suo percorso scientifico non convenzionale, e pur essendo caratterialmente portato a fare affidamento sull’intuizione, riuscì a dimostrare rigorosamente che si potevano capire questi tipi di strutture complesse applicando e reiterando regole semplici.
Fu quindi effettivamente un piccolo Keplero, ma armato di microscopio.
Con il suo approccio alla matematica quasi visionario, diede luogo a una rara, rivoluzione, cosa insolita in matematica, dove si procede apponendo tasselli di conoscenza gli uni sugli altri, gradualmente e senza i sovvertimenti tipici di altri rami del sapere scientifico. A metà anni ‘70 Mandelbrot era ormai famoso in tutto il mondo, come un marinaio che dalla cima di una nave, ha intravisto per primo una terra sconosciuta.                                                                                                                        Nella sua autobiografia scrisse che in realtà le nuvole non sono sfere, le montagne non sono coni, le coste di un’isola non sono cerchi e le cortecce non sono lisce. Neppure i fulmini viaggiano secondo una linea dritta.
Naturalmente in fase iniziale, non tutta la comunità scientifica era unita nel riconoscere l’importanza e l’utilità dei frattali.                                                    Molti si chiedevano se fossero da accantonare o se si potesse davvero sviluppare una teoria matematica che approfondisse la struttura di un broccolo!                                                                                                                    L’incertezza spronò un’intera generazione di scienziati e matematici che cominciarono a studiare e ad approfondire non solo la forma dei frattali, ma anche i processi che li generavano.
Adesso i frattali hanno valicato i confini della matematica invadendo territori di competenza di molte scienze, fino a quelli dell’arte e della musica. Basta cliccare in rete per avere lo schermo invaso da spirali che si avvolgono su altri vortici, scacchiere che si ripetono, sottili ramificazioni che crescono all’infinito. Sono rappresentazioni grafiche di «frattali» tracciate da potenti programmi di grafica. Tutti siamo cresciuti alla scuola della geometria di Euclide abituandoci a pensare che la natura sia lineare e rigidamente consequenziale. Ma la realtà è molto più complessa, i fenomeni spesso non sono lineari, un insieme di fenomeni sfocia nel caos.                           ��                                                          Il mondo è dei frattali, dal latino “fractus”, spezzato.
Frattali sono le figure geometriche la cui dimensione non è intera ma frazionaria: il punto non ha dimensioni, la retta ne ha una, il quadrato due, il cubo tre.                                                                                                                   I frattali invece possono avere qualsiasi altro valore intermedio.
Questa dimensione frazionaria può affascinare sia gli esperti sia chi non ha dimestichezza con la matematica.                                                                           C’è infatti qualcosa di artistico negli insiemi frattali e non mancano gruppi New Age che adoperano rappresentazioni grafiche dei frattali come strumento per fare meditazione.
Noi ci incantiamo nell’osservarli, al pari del geniale romanziere di solidissima formazione fisico-matematica Arthur C. Clarke, famoso per il racconto che ha poi portato alla realizzazione del film “2001:Odissea nello spazio”.                                                                                                                            L’universo stesso può essere descritto come un unico gigantesco frattale di frattali.                                                                                                              Mandelbrot ha scoperto le leggi geometriche che si nascondono dietro i frattali, le ha tradotte in formule matematiche e poi in programmi per computer. A loro volta i computer hanno permesso di tradurre in immagini le conseguenze delle leggi intuite da matematici, fisici, biologi, dando vita a una geometria informatico sperimentale.
Il meteorologo Lorenz ad esempio, scopritore degli “attrattori strani” – tipico esempio di comportamento caotico – scrisse che “Un battito d’ali di una farfalla ai Tropici può scatenare un nubifragio su New York”.
I frattali di Mandelbrot sono la miglior descrizione del caos a nostra disposizione, che ci sono indispensabili per lo studio dei cosiddetti moti Browniani e dei modelli che cercano di interpretare i movimenti delle particelle che si urtano tra loro all’interno dei fluidi.
Veniamo adesso a un esempio più attuale e interessante di applicazione del concetto di frattale: le commodities. Ma che cosa sono le commodities?
Beh innanzi tutto diciamo che sono oggetti da cui gli investitori non professionisti dovrebbero tenersi alla larga.                                                                Per gli speculatori però sono il pane e burro quotidiano, perché chiunque sia un poco addentro all’altissima finanza sa bene che quanto avviene nei mercati è solo in apparenza casuale. Questo argomento circa la casualità o meno di quanto accade in borsa è un argomento ampiamente dibattuto nella comunità degli economisti.
Mandelbrot stesso spese gran parte degli ultimi dieci anni a trovare strutture frattali nei mercati monetari per capire le regole soggiacenti alle grandi fluttuazioni, spalancando la strada a nuovi paradigmi d’interpretazione dei fenomeni statistici.
Un insolito matematico sognatore che, come pochi prima di lui, ha fatto ordine nel caos.                                                                                                                Un consiglio per affrontare la malinconia che ci coglie tutti alla fine dell’estate. Possiamo divertirci disegnando un insieme di Mandelbrot.                                   Online si trovano le istruzioni, bastano un foglio e tre matite colorate per immergersi in una realtà fantasmagorica.                                                                        Se avrete un pochino di pazienza vedrete fiorire sotto le vostre mani un labirinto dalle geometrie esatte, magari non perfette come quelle che vengono disegnate dal computer attraverso costosi programmi di grafica, ma c’è da scommettere che resterete soddisfatti del risultato. Naturalmente potrete fermarvi quando volete, ma più andrete avanti più complesso e pittoresco sarà il risultato.
Alla fine vi sembrerà comunque di aver prodotto un’opera d’arte.
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...l’ho trovato struggente, dolce, malinconico, entusiasmante e crudele, tanto crudele, ma talmente bello e profondo che appena terminato viene voglia di ricominciarne la lettura Molti lo considereranno un romanzo sull’amicizia, ma non è solo questo, è molto di più. É anche una storia sull’accettazione di sé, sulla psiche umana, sui maltrattamenti, sull’autolesionismo, i sensi di colpa e la vergogna, e sul dolore fisico e dell’anima...Anche se la scrittrice è una donna, la storia è tutta al maschile, le donne restano sullo sfondo, molto sfumate. Uomini che risultano essere vittime e carnefici, capaci delle peggiori bassezze e crudeltà, ma anche della più umana gentilezza. La Yanagihara fa una profonda esplorazione dell’universo maschile: le paure, la vergogna di esporsi soprattutto per rispettare i canoni imposti dalla società. Una vita come tante affronta, insieme ai suoi protagonisti, tutte le sfumature della psiche umana: gli abusi subiti in età infantile, il trauma che accompagna l’età adulta, i sensi di colpa, la vergogna, l’autolesionismo, fino al desiderio di morire. L’autrice riesce a raccontare tutto con estrema delicatezza e sensibilità. Un libro che ha vita propria e che dà vere sensazioni di claustrofobia, gioia, affetto, sofferenza, nausea e libertà. Consigliatissimo...#bookstore #instabook #igersravenna ##ig_books #libri #instaravenna #consiglidilettura #bookstagram #booklovers #natale2021 #hanyayanagihara (presso Libreria Scattisparsi) https://www.instagram.com/p/CXsabfesyqY/?utm_medium=tumblr
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rev-dig-blog · 7 years ago
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Di cosa parla questo blog?
Il titolo è un po’ criptico, me ne rendo conto, quindi vi verrò incontro. Parleremo dell’impatto che il digitale ha sulla psiche umana, sulle nostre azioni, su tutto ciò che facciamo e sul modo in cui lo facciamo. Esporrò un po’ il motivo per cui noi troviamo l’argomento interessante (e anche voi dovreste) e i punti che approfondiremo.
Si parla spesso di “dipendenza da internet” (o dai cellulari, o dai social), il che ha contribuito ad instillare paura e dubbio nei confronti di questo utilissimo strumento, anche in chi lo usa giornalmente e non potrebbe farne più a meno. 
Di chi stiamo parlando? Un po’ di tutti: riuscireste ad uscire di casa senza cellulare serenamente? O provereste smarrimento, addirittura ansia? Molto probabilmente ricadete nella seconda categoria: voi (come me, come molti altri) nel digitale ci siete immersi fino al collo e, seppure molti siano spaventati da ciò, è a mio parere importante capire l’origine di tale “dipendenza”.
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Foto da Pixabay
Il punto è che noi non dipendiamo dai nostri fidi dispositivi elettronici, che alla fine non sono altro che oggetti inanimati creati da altre persone. Noi dipendiamo dalle possibilità che ci offrono, che spesso e volentieri si appoggiano proprio su questa enorme rete invisibile che ci connette, internet. Possiamo rintracciare chiunque da qualunque luogo in pochi secondi, pianificare, condividere qualche immagine divertente, o ancora, cambiando ambito, avere accesso a un numero gargantuesco di informazioni e conoscenza. Tutto questo grazie a internet. La nostra mente ha capito di potersi avvalere di tale strumento per fare ciò che già prima faceva ma in modo più immediato, conveniente, efficiente. Un upgrade non di poco conto, dal quale è difficilissimo tornare indietro.
Questo è il digitale: uno strumento creato dall’uomo per semplificarsi la vita, uno strumento che non fa altro che declinare e soddisfare le nostre esigenze in modi nuovi (il che può essere un bene o un male, dipende sempre dall’uso che se ne fa). Ad esempio: è più facile cadere nel vizio del gioco ora rispetto ai tempi degli slot machines nei bar? Probabilmente sì. I siti di gioco d’azzardo sono davvero tanti e le pubblicità degli stessi continue ed assillanti, ma la ludopatia esiste da prima, si tratta di un problema umano amplificato da una tecnologia umana. 
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A colored Emoji from Firefox OS Emojis
Idem i social, probabilmente coloro che li usano ossessivamente hanno sempre avuto una certa propensione per il pettegolezzo e hanno trovato nuovi strumenti per portarla avanti.
Mi interrompo, c’è molto di cui parlare ma non mostrerò tutte le mie carte adesso, c’è tempo. In ogni caso ricordiamoci che la tecnologia è al nostro servizio e non viceversa, ricordiamoci che il dito dobbiamo sempre puntarlo su di noi, non possiamo sempre scaricare altrove le nostre responsabilità. Ciò non significa che l’impatto del digitale non vada studiato, anzi, forse lo rende ancora più affascinante e degno di attenzione. Di questo ci occuperemo io e i miei colleghi, e speriamo che voi gentili signori ci seguirete durante questa esplorazione.
Riccardo Lucifora
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sophiaepsiche · 8 years ago
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Ego-centrico II: il nucleo dell’io
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Continuiamo la nostra esplorazione dell’ego. Abbiamo visto da cosa è formato un ego grande con le sue stratificazioni (rimando all’articolo precedente per chi non l’avesse letto). Abbiamo anche visto che non è in alcun modo immutevole nei contenuti, come si pensa, anzi può perdere peso e ritrovare un po’ di libertà.
Inizialmente se abbiamo un ego grande e molto condizionato dall’ambiente solo la solitudine può restituire la libertà persa. Più c’è libertà, meno condizionamenti ci sono e questo basta a semplificare le pressioni dell’io ‘personale’. Arrivati a una forma più snella e semplificata è più facile ora, per noi ricercatori autonomi, guardare le componenti fondamentali che costituiscono la psiche.
Se siamo qui è perchè ci siamo liberati parzialmente, non dobbiamo fermarci. Può sembrare naturale sentirsi ‘arrivati’, perchè intorno a noi vediamo il resto del mondo perso nelle sue illusioni. Ma se siamo qui, vale davvero la pena continuare ad osservare, capire e alleggerire. La libertà parziale non è Libertà.
Nel nostro nucleo collettivo troveremo: l’aggressività, la violenza, la gelosia, l’invidia, la paura, il desiderio e soprattutto l’egoismo. Tutto ciò che giudichiamo fuori, se osserviamo davvero onestamente i nostri pensieri, lo vedremo anche in noi, non importa in che percentuali. Queste qualità sono dell’ego, non tue o mie, ma dell’ego stesso.
Un ego grande se ne distacca, perchè non è abituato a guardarle, è preso dall’esterno e non ha grande cognizione di causa né sulla vita, né tantomento su se stesso. Un ego grande è sempre distaccato dalla realtà.
Il suo nucleo psichico può essere ridotto a due soli denominatori comuni, da cui tutto il resto ha origine: paura e piacere.
Le spinte che creano il resto sono solo queste. L'ego non vuole altro che piacere e la paura è una conseguenza di questa pretesa. I conflitti tra paura e piacere, con tutti i loro derivati (aggressività, possessività ecc.) scaturiscono nel dolore.
Il dolore è una conseguenza della ricerca del piacere e della grande paura di perderlo.
Tutto questo nasce nel pensiero. La libertà dal dolore e da tutti i nostri problemi è traducibile, quindi, in libertà dal pensiero psicologico. Per approdare a tale liberazione non dobbiamo esplorare i suoi contenuti ma la sua meccanica: il suo stesso funzionamento.
Nel farlo arriveremo a constatare che il pensiero è solo memoria nel tempo. Quando il pensiero è osservato senza partecipazione si calma e diviene semplice, così noi possiamo notare la banalità della sua vera natura.
Trattenere mentalmente il bello dal passato è 'piacere', la conseguente paura di perderlo nel futuro è 'paura'. Il pensiero si attacca alle emozioni e le rende degli stati d’animo, non permette loro di finire. Il pensiero, a livello psicologico, protrae qualsiasi cosa per renderla perenne. Nel caso del piacere, sarebbe bello pensare che funzioni, invece nasce presto la paura di perderlo, fino ad arrivare al dolore. E per i sentimenti che non vorremmo durassero tanto? Li protrae eccellentemente. In pratica quello che crea il pensiero, alla fine, sfocia sempre nel dolore e nel conseguente aumento della paura.
I circuiti del pensiero che si infiammano a formare loops mentali. Dai loops nascono gli stati d’animo che, se non trascesi, formano lievi o gravi nevrosi e patterns di comportamento, ossia le nostre tendenze caratteriali, ed ecco che le componenti della personalità si fissano e l’ego si sente sempre più individuale.
Se rileggete la frase precedente noterete che non si nota più alcuna differenza tra ego e pensiero. Cosa ha origine da cosa? Se messi sotto osservazione, si perde la distinzione netta tra i due.
E’ nato prima l’uovo o la gallina? E’ il pensiero con la sua tendenza a rendere tutto permanente ad aver creato l’ego? Oppure è l'io che pensa come abbiamo sempre creduto? O forse è solo un pensiero tra gli altri, un pensiero con soggetto ‘io’? 'Penso dunque sono?' oppure 'sono dunque penso'
Cerchiamo indizi aiutandoci con un parallelo corporeo, l'identificazione col corpo. Vedremo che la smania di rendere tutto permanente è anche lì, ma in modo diverso. Per esempio, il cervello ha creato un meccanismo che tappa i buchi sensoriali e rende la percezione perenne. Grazie a questo, anche se siamo ciechi per più di tre ore al giorno non ce ne accorgiamo. Quindi questo io 'mentale' brama continuità anche fisicamente.
Nel caso citato il meccanismo si avvale di stimoli sensoriali passati solo ed esclusivamente quando e se mancano stimoli presenti. Se invece i sensi mandano stimoli nel presente, si avvale di quelli.
Vediamo ora che succede in un esempio molto diverso: se i sensi vengono truccati e il cervello crede che le sensazioni vengano da un manichino o da un altro corpo, si è scoperto che si adatta prestissimo ad abitare 'un nuovo corpo'. (vedi tu stesso: http://www.ehrssonlab.se oppure guarda il ted’x talk del dott. Ehrsson su youtube) Gli esempi esposti mostrano che il senso dell'io mentale/corporeo è un meccanismo che risponde alle domande: chi sono, dove sono? Perennemente. Se cambiano le risposte l’ego adatta, creando continuità, ad un nuovo ambiente ma, sorprendentemente, anche a un nuovo corpo. Quindi l'io non è il corpo. E’ solo l’identificazione ‘con’ un corpo.
Se le risposte al 'chi sono-dove sono?' non arrivano per problemi di salute (piccolo male epilettico) né dal presente né dal passato, iI cervello non smetterà più di chiedersi: 'dove sono? chi sono?' provando solo paura.
Ci sono anche casi in cui questo circuito non funziona al contrario e si hanno delle esperienze fuori dal proprio corpo (come nella schizofrenia). Altri vedono il loro corpo spostato di cinque cm, come se li seguisse. Questi sono tutti fallimenti temporanei del meccanismo d'identificazione col corpo umano, della veglia. Ma tutti nei sogni ci identifichiamo con un corpo diverso da quello della veglia. Quindi l’ego sembra propio essere solo l’identificazione.
Torniamo agli esperimenti, sembra che l’identificazione corporea, perché funzioni bene, debba avere risposte costantemente, e deve averle sempre giuste. Non può sapere chi è e dov’è solo una volta. Deve creare un continuum credibile tra la sua forma (corpo) e l’ambiente. Se cambiano le risposte, lui è pronto ad adattarsi (vedi sogni o esperienze extracorporee).
Il senso dell'io appena descritto sembra quindi un meccanismo di interazione fondamentale che funziona solitamente bene con l'identità del corpo che, se sano, puntualmente offre nuove risposte 'ora', 'ora' ed 'ora, perennemente e con tempismo perfetto.
Fatto questo parallelo col corpo torniamo alla psiche ed ecco che riconosciamo subito l'elemento mancante: il tempismo dell'identificazione interiore. La mente crea un continuum dato dal pensiero che protrae la memoria (passato) e non dà, invece, risposte presenti. Questo io è 'pensato', 'ricordato', 'passato', è 'memoria', non è reale.
All’esterno si prendono input dal passato solo se mancano input sensoriali dal presente. Sarà per questo che il sé fisico è così leggero e dinamico? C’è ma neanche lo sentiamo, fa andare avanti tutti gli organi senza 'pensarci'? Ed è così adattabile ed impersonale da poter cambiare addirittura corpo in pochi secondi senza dispiacersi? Niente a che vedere con l'ego!
L'identificazione interiore, al contrario, prende le sue risposte solo dal passato. Questo è il suo tarlo. Si avvale solo della memoria. Ed essendo basato sul passato, sul conosciuto, si fortifica di giorno in giorno fabbricando un’immagine talmente grande da sembrare a sé stante. Perchè non fa come il sé fisico e non prende dal presente?
E’ possibile che diventi leggero come il sé ‘fisico’? Che possa vivere nel presente senza crearsi un'immagine tanto pesante?
Il problema cruciale sembra essere proprio il tempo. E guarda caso non c'è buddha, santo, saggio o illuminato che non abbia parlato del presente.
Loro sembrano aver trovato il tempismo anche nell'identificazione interiore. E guarda caso uno dei modi per definire l'illuminazione (soprattutto nelle filosofie induiste) è la 'realizzazione del Sé'. Quindi anche dentro forse c'è un sé leggero come quello che si prende cura del corpo! Come trovarlo?
Continueremo nel prossimo articolo.
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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pier-carlo-universe · 2 months ago
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