#dopo questa scena non è successo più nulla è proprio così !!
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#comunque non mi sono mossa da qui#dopo questa scena non è successo più nulla è proprio così !!#mimmone canon ! 🤍#un professore#nicolas maupas#domenico cuomo
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Ciao yomo, ti volevo chiedere che programmi usi per scrivere e in generale quali pratiche hai per mettere giù quello che vuoi scrivere, a me piacerebbe molto potermi dedicare ma mi sento bloccato, aiutami per favore :(
Vediamo se posso esserti utile, cioè, almeno lo spero. Posso solo parlare della mia esperienza, di uno che è diventato scrittore perché non hai mai smesso di scrivere. Il mio unico talento è la perseveranza. Ma se mi leggi quassù da un po' di tempo probabilmente lo sai già e dato che mi chiami yomo credo sia così.
Una cosa è scrivere d'impulso, un'altra è farlo diventare un mestiere. Io ho semplicemente voluto far accadere questa esperienza e sono stato privilegiato dalla nazione in cui vivo che mi ha permesso di farlo. Ok muoio di fame, la disoccupazione che prendo a malapena copre la casa, qualche risparmio mi sta aiutando con la spesa ma tutto questo discorso serve per dire: ci vuole tempo.
Mi avevano appena licenziato, non proprio licenziato, ok, mi avevano spinto a licenziarmi ed era stato un lavoro piuttosto stressante in una start-up il cui unico obbiettivo era il successo di un prodotto quantomeno discutibile. Questa orribile esperienza mi ha formato in una direzione: svegliarmi e diventare operativo. Loro lo pretendevano come devozione verso il brand. Che schifo quanto mi sento sporco a ripensarci. Ma questa routine di svegliarsi, accendere il computer, mettersi subito a lavorare, non alzarsi dalla sedia fino a che qualcosa di buono nasceva, l'ho trasferita nel libro.
Mi alzavo seguendo i ritmi dell'ufficio e uscivo di casa ma, invece di recarmi in un edificio con luci a neon e colleghi frustrati, andavo in un bar. L'atteggiamento era il medesimo, copiavo lo stile di vita di qualche settimana prima e lo convertivo in una nuova missione.
Ci vuole regolarità e solo tuoi puoi essere in grado di dartela. Ci sono giornate dove nemmeno un'idea decente uscirà dalla tua testa e altre giornate dove scriverai dieci pagine e ti sentirai un treno. Si tratta di bilanciare i momenti pieni con quelli vuoti e non mollare mai. Non lo dico come un manager del cavolo che vuole spingerti a essere stacanovista, deve essere anche la storia a parlarti, devi capire pure tu se scrivere fa per te. Non c'è nulla di sbagliato nel mollare e di prenderla in maniera più leggera e discontinua. Ci vorrà solo più tempo.
Trova la tua voce e falla diventare la voce della storia. Lascia che siano i personaggi a trovare te e falli vivere nella tua testa a tempo pieno. Una volta che entri nel loop e sei circondato dal luogo che stai creando e i personaggi si stanno delineando, non uscirne. Sarà come vivere due esistenze. Una reale, che si deve ricordare di mangiare di bere e di lavarsi, e una mentale che vive nella tua immaginazione e può andare dove vuole.
Spesso, la maggior parte del lavoro, consiste nel guardare nel vuoto e immaginare cosa succederà. Lo scrivere è la parte finale e può capitare anche dopo settimane che stai pensando a una scena. Scrivere è una goccia di condensa che scivola giù dal vetro. Tu sei il vapore. Il calore. L'umidità. Tieni sempre alta la temperatura e credici, anche quando non ti sembra sufficiente. Rileggi, cancella, butta via, non affezionarti a niente perché più sentimenti leghi a una parte della storia più sarà difficile disfarsene e fidati, dovrai buttare via un sacco di idee.
Sii crudele, sii reale, specialmente con i personaggi che inventi. Sii assurdo, sii sbagliato, io immagino situazioni estreme e passo il tempo a cercare di risolverle insieme ai personaggi e mi sento nella merda fino al collo come loro. Una merda che io ho creato. A me gli eroi non piacciono, mi piacciono i sofferenti, quelli che nonostante tutto il dolore vanno avanti. Gli invincibili mi annoiano. La perfezione mi annoia. Crea un vaso che ti piace poi spaccalo e riattacca i cocci usando una colla dorata.
Apriti. Scrivere vuol dire passare un sacco di tempo da soli. Io non capisco come lo si possa fare per più di tre/quattro ore al giorno. Io vado in apnea da realtà. Per questo scrivo nei bar, così sento di essere ancora sul pianeta terra altrimenti sprofondo nei pensieri. Apriti e condividi quello che stai scrivendo con qualcuno di cui ti fidi. Io sono stato davvero fortunato. Su tumblr ho conosciuto persone che mi hanno aiutato a credere in me stesso e che hanno letto la storia che stavo scrivendo. Senza Alessio e S.A.C. non sarei riuscito a sentire dove stavo andando. Devo tantissimo a loro.
Non ti preoccupare di eventuali errori o altro. Tu scrivi. Butta fuori tutto e poi prenditene cura in un secondo momento. Io ho usato Pages il programma di scrittura del Mac, ma Word va benissimo. Tanto alla fine devi mandare un file word. Quindi è indifferente su cosa scrivi, trova un programma che converte i file in word ecco. Prendi appunti ovunque. Ho note vocali nel telefono dove mi raccontavo colpi di scena. Ho appunti nelle agende scritti a penna rossa per ricordarmi di usarli. Ho post-it attaccati in giro per il bagno. Ogni tanto al telefono dico "ah poi voglio scrivere questo me lo puoi ricordare" e spero poi l'altra persona si ricordi perché la mia memoria ogni tanto perde colpi.
Tante cose non sarai tu a farle. Ci sono gli editor che si nutrono dei tuoi errori e non vedono l'ora di trovare un'incongruenza o un congiuntivo sbagliato per fartelo notare. Sono piccole gioie nella vita delle persone, queste sono le loro. Ricordo quando mi è arrivato il file corretto per la prima volta: 963 errori da controllare. Ora tu pensa, era già la quarta stesura, il testo era già cambiato un sacco di volte e ancora, nonostante tutto, c'erano mille errori. Tieni duro, prendi una pausa, prenditi una settimana in montagna o dormi per tre giorni di fila e poi affronta il tutto. Non metterti mai fretta. Anche se ci sono scadenze, tipo pagare l'affitto.
Scrivere è un'ossessione, una bellissima e dolorosa ossessione. In pochi ti crederanno se decidi di intraprenderla come carriera. "Tanto non fai niente, cioè, stai lì davanti al computer e basta, vai tu a occuparti di questa cosa". Io in questo sono scarso, vado sotto subito se qualcuno mi critica e mi dice che non sto lavorando, perché scrivere mi rende felice e viviamo in una società dove se facciamo quello che ci rende felici dobbiamo sentirci sporchi. Tu cerca di essere migliore di me e ostenta sicurezza.
Poi arriva l'autocritica. Cerca di essere onesto con te stesso. Perché stai scrivendo? Per chi? Cosa vuoi dire con la tua storia? Non devi buttare giù una pagina al giorno, non tutti siamo industrie produttive alla Stephen King. Anche una frase, se scritta bene, può risolvere un'intera settimana di lavoro.
Attento a non scrivere per compiacerti. È una cosa che noti quando leggi, se l'autore scrive per creare piacere nelle proprie zone intime. Mi vengono in mente un sacco di nomi di autori che senti che si stanno leccando da soli, parola dopo parola. Ecco, cerca di non leccarti troppo da solo. Pensa che devi procurare piacere anche a qualcun altro. Non so se ti è mai capitato di fare l'amore, più o meno è così. Un po' a te e un po' all'altro. Bilancia. Poi trattieniti, non dare tutto, fallo a piccoli passi, fai venire fame, desiderio di andare avanti e non mollare la storia, capitolo dopo capitolo, mini-orgasmo dopo mini-orgasmo.
Scrivi tutti i giorni. Visita la storia che stai scrivendo ogni volta che puoi. Lascia sempre un orecchio rivolto verso i dialoghi che avvengono quando non sei lì. Come un genitore che lascia accesa la babycam mentre il figlio dorme e finge di non prestare attenzione quando in realtà non vede l'ora che la sua piccola creatura faccia un minimo movimento per fiondarsi e prendersi cura di essa.
Confrontati. Sappi difendere le tue idee fino alla fine. Sostieni le tue decisioni, anche quelle che ti sembrano più inutili. La casa editrice avrà sempre da ridire, non temere. Tu trova il modo di mediare ma rimani coerente con te stesso e con la storia.
Divertiti. Incazzati. Non dormirci la notte. Ah questa un'altra cosa, trova il tuo ritmo. Sei diurno o notturno? Questo lo puoi sapere solo tu. Io scrivo bene solo al mattino molto presto e per le 11/12 sono già esausto. Ma ci sono anche i vampiri che si attivano alle due di notte eh. Chi sono io per giudicare quelle strane creature.
Boh penso di aver scritto abbastanza e ora rileggendomi anche io mi sono leccato parecchio da solo mentre scrivevo. Spero di essere stato in grado di comunicarti un po' il fervore che si impossessa di me quando scrivo. Non è così sempre. Dei giorni sto attaccato a Zelda e neanche la masturbazione mi tira su. Ma quando butta bene mi spremo fino al midollo.
Sii gentile con te stesso. Le buone idee arrivano solo se ti tratti bene. Viziati. Crea un terreno fertile e qualcosa fiorirà e se ci vogliono anni non preoccuparti, tu continua a innaffiare.
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Le cose che ho imparato scrivendo Pionieri, fino ad ora
Ho sempre avuto un interesse per la storia della corsa, ma non mi è mai interessato sapere che dopo questo c'è stato quello, sarebbe da nerd e non lo sono a questo punto. Sarebbe fine a se stesso, soprattutto. No, quello che mi interessa è la genesi delle cose, perché la genesi spiega, se non tutto, molto. Un esempio. In principio c'erano le Ecomaratone, gare su sentiero di 42 chilometri che venivano affrontate come delle corse su strada, con ristori ogni pochi chilometri e nessun equipaggiamento. Quando poi Simone Brogioni organizzò la prima Lavaredo Ecomarathon, nel 2007, introdusse il concetto di autosufficienza, così come gli era parso fosse declinato nell'ultra-trail francese, sancendo così il passaggio da ecomaratone al trail. A me il concetto di autosufficienza non è mai piaciuto, ho sempre trovato tedioso portarmi appresso cose che con ogni probabilità non avrei mai usato e ho sempre preferito un approccio più americano ed essenziale alla corsa, ma di certo scoprendo che il trail è nato su quel concetto, ora gli do tutto un altro senso. Continuerò a odiare correre una 50 chilometri con lo zaino, ma almeno capisco perché lo sto facendo, e non è per la mia sicurezza, ma per un fatto storico. Non è che se ci piace una cosa deve per forza piacerci anche il modo in cui è nata o devono piacerci i principi su cui è nata, ma non possiamo neanche ignorarli, o cambiare la storia a seconda di come preferiamo.
Il Tor Des Geants. Tutte le persone che ho intervistato, per una ragione o per l'altra, ne hanno parlato male. Male non significa che non dicessero nulla di buono, ma che dicevano sempre almeno una cosa negativa. Fra queste persone molte lo avevano anche corso più volte. Un amico a tal proposito mi ha scritto: "Quelli del Tor, nel bene o nel male, sono riusciti a farsi pubblicità e a far sentire il proprio nome. Purtroppo vedo un accanimento contro questo Tor, che, se a tutti sta sul cazzo, si fa a meno di parlarne e si evita la pubblicità no?" Beh, no. Non ho mai capito il "se non ti piace non ne parli", a parte il fatto che uno ha tanto diritto a parlare delle cose che non gli piacciono esattamente quanto di quelle che gli piacciono, ma a parte questo, la troverei un'opportunità sprecata. Una volta constatato che molte persone ne parlano male, forse varrebbe la pena chiedersi perché, anziché lasciare il discorso a un livello del tutto approssimativo. Io ho conosciuto questo sport attraverso il Tor, anzi, attraverso Francesco che aveva fatto il Tor. Ho sentito parlare del Tor ancora prima di sentir parlare di trail. Ho iniziato a sognarlo, e ho corso il Tot Dret. Quando ho corso il Tot Dret, un po' la mia idea di corsa era ormai cambiata, un po' quello che avevo visto in Val d'Aosta non mi era piaciuto proprio tanto. Ma a parte questo, che è un fatto del tutto personale, ho constato come questa gara e solo questa fosse accompagnata da anni di polemiche, mentre tutte le altre gare non solo non erano toccate da polemiche simili, ma non era mai successo in passato. Alcuni esempi: il fatto di Francesca Canepa e del passaggio in auto, l'annullamento ritardato per il Covid così da tenersi la maggior parte delle quote di iscrizioni, l'interruzione della gara a Saint Remy l'anno della neve, la storia dei ristori abusivi, la gara gemella organizzata dalla regione, eccetera. Mettendo in fila tutte queste cose ho messo più a fuoco la mia antipatia per questa gara, che altrimenti rischiava di essere soltanto epidermica, e quindi prevenuta. No, a me il Tor sta sui coglioni, per questa, quella e quell'altra ragione. La genesi.
Al contrario del Tor, la Lavaredo Ultra Trail mi ha per anni lasciato un po' indifferente (pur essendo iscritto nel 2022), mentre adesso mi è tornata una gran voglia di farla, dopo aver scoperto il ruolo che ha avuto nella formazione della scena dello sport, permettendomi di capire meglio le polemiche che l'avevano coinvolta e quindi di ridimensionarle, smontarle, e insomma di farmi la mia opinione non basata su un sentito dire. Un'altra cosa che ho ridimensionato è l'importanza di internet. Ho sempre saputo dell'importanza che hanno avuto i blog e i forum per la crescita di questo sport non soltanto in Italia ma anche negli Stati Uniti, là già dagli anni Novanta. Ma pensavo fosse stato più che altro un veicolo di crescita, invece è stato quello di nascita. Prima è nato il forum, poi sono nati i TA. Prima è nato il sito ecomarathon.it, poi è nata la Lavaredo Ecomarathon. Prima è nato il sito ultratrail.it, poi è nata la Lavaredo Ultra Trail. Diciamo che con questo peccato originale spiego un po' meglio la dipendenza che abbiamo da questi sistemi di comunicazione, che non si può quindi dire che corrompano la natura di questo sport, tutt'altro, ne sono la natura stessa.
La storia della competizione: mi spiace tanto per tutti gli atleti, ma la competizione nel trail italiano (e anche americano) è arrivata in un secondo momento; dove per competizione non intendo il semplice fare del proprio meglio, ma il puro agonismo. Non è quindi un fattore necessario, ma acquisito. È necessaria invece per lo skyrunning, per la corsa in montagna, ma non per il trail. Il che non deve necessariamente spostare l'asse di qualche discorso, non significa che non sia un argomento legittimo, ma forse va tenuta presente quando si parla di livello, del valore delle gare e di altre cose.
Quello che in generale ho cercato di fare è stato ricercare i tratti di unione tra sport diversi, dove molto spesso si cercano le differenze. Questo non deve essere però un fumo negli occhi. Approfondendo la storia della corsa in montagna mi sono spiegato il motivo della sua scarsa popolarità: spesso il mondo dell'atletica per giustificare la sua situazione ha accusato l'incapacità di chi pratica trail di riconoscere il giusto valore agli atleti e al livello di una gara, quando purtroppo il fallimento mediatico della corsa in montagna va imputato solo alla sua incapacità primigenia di rendersi interessante, da un lato nascendo già come irrigidimento di uno sport anarchico, spontaneo e vitale, dall'altro basando tutto il suo storytelling unicamente sul livello e sulla performance, attribuendogli un valore "in sé" quando invece è ancora una volta acquisito. In altre parole, perché la performance dovrebbe essere oggettivamente più importante dell'esperienza? Chi lo dice? Evidentemente è una questione di priorità personale, ed è quindi relativo. Insomma, se il trail ha avuto più successo è perché è stato in grado di portare messaggi e esperienze più interessanti, o è così, o sono tutti scemi.
Vabbè. Ci sentiamo.
Saturday morning in Val di Tovel da Terres con Roby e Raffa, like in the old days
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[✎ ITA] Intervista : RM - "Infine, Park Chan-wook" | 25.02.23⠸
Infine, Park Chan-wook
Intervista con Namjoon (Pagg 181-191)
Volume da Collezione Dedicato al Regista Park Chan-wook ("Decision to Leave") per i Suoi 30 Anni di Carriera
youtube
INTRO
Dire di aver “guardato” Decision to Leave è riduttivo. Non c'è dubbio sia un' “esperienza”, ma se devo trovare un termine ancor più adatto, direi che lo si “vive”. Tra le persone che hanno vissuto Decision to Leave ve ne sono alcune che l'hanno sperimentato più profondamente e l'hanno riguardato più e più volte. Costoro si definiscono “헤친자/ Hechinja” (*Pazzi per Decision to Leave).
RM dei BTS ha confidato di essere tra coloro che vanno matti per Decision to Leave. Ha guardato il film 6 volte già solo al cinema, ha bevuto il whiskey apparso nel film, ha acquistato la sceneggiatura, ha concluso un'escursione in montagna con alcune battute di Decision to Leave. Questi sono i tipici sintomi di un Hechinja. Abbiamo chiesto a RM - musicista noto a livello globale, estimatore d'arte nonché appassionato di Decision to Leave - com'è stato vivere, soffrire ed amare questa pellicola. Come direbbe il regista Park Chan-wook, se dovessimo definire quest'intervista in 4 sillabe, diremmo “以心傳心” (cuore a cuore). Se anche voi andate matti per Decision to Leave, non potrete non approvare il viaggio di RM, il quale si è smarrito tra le “nebbie di Ipo*” e si è lasciato conquistare da quell'amore segreto.
* Ipo, “Città della nebbia”, luogo in cui è ambientato il film, n.d.t.
D: Stai partecipando a quest'intervista come rappresentante deə 헤친자 / hechinja (appassionati di DtL). Cosa ne pensi?
RM: Innanzi tutto, dato che sono sia un artista che un fan, (il film) ha suscitato moltissimi pensieri. Mi trovo un po' in imbarazzo, ma è anche una cosa positiva. So che ci sono molte altre persone ancor più appassionate di me e mi scuso (con loro) per essere io a fare da rappresentante per quest'intervista. Sono riuscito a darmi un contegno e a tenere la cosa privata fino alla mia 5a visione (del film), ma poi è uscito un articolo a riguardo e la cosa è diventata di pubblico dominio. Dato che ormai era cosa nota, ho deciso di dimostrare attivamente d'essere un fan. La sceneggiatrice Jung Seo-kyeong è stata ospite nella 3a puntata del programma che co-presentavo, il Dizionario delle Conoscenze Umane Inutili (tvN). Se guarderete lo show, vedrete che sono un vero fan.
D: C'è forse un qualche motivo speciale che ti ha spinto a guardare Decision to Leave? Puoi dirci cosa hai provato la prima volta che l'hai guardato?
RM: Mi erano già piaciuti i lavori precedenti del regista Park Chan-wook. E poi ho scoperto che era un film diventato virale tra i miei amici. Guardare film è da sempre uno dei passatempi preferiti della mia famiglia. La prima volta, l'ho guardato da solo. Probabilmente è perché l'ho iniziato senza sapere nulla della storia e della struttura narrativa, ma ero talmente preso dalla trama che credo di essermi perso tutti i dettagli della messa in scena ed i significati nascosti. Alla fine chi era il colpevole? “Quindi SeoRae ha ucciso HaeJoon?”, “Chi è il cattivo della situazione?”, “Cos'è successo?”, “(SeoRae) È morta?”, pensieri ed interrogativi simili continuavano a frullarmi in testa e non ero soddisfatto, mi sentivo un po' a disagio.
D: Dopo la prima visione, quindi, non ne sei rimasto soddisfatto, ma non riuscivi a togliertelo dalla mente, dunque sei andato al cinema e lo hai riguardato più e più volte. Saremmo curiosi di capire un po' meglio quella sensazione di disagio che hai menzionato.
RM: Ho pensato il film fosse proprio come la “nebbia di Ipo”, che appare nella pellicola. Non sono poi un così gran cinofilo o appassionato di film. Senza dubbio, ci sono volte in cui cerco specificamente pellicole indipendenti o che preferisco il cinema d'autore, quindi mi consideravo uno spettatore abituato a questo tipo di “film (che sono) come nebbia”.... Ma dopo aver visto Decision to Leave, mi son chiesto “E allora? Cos'è successo?”. Quindi ho realizzato che l'opera di questo regista era arte, è un film che è come nebbia e, il che, mi metteva un po' a disagio. È così che è andata la mia prima visione.
D: Nonostante ciò, non riuscivi a “smettere di pensarci, quindi, tornato al cinema, hai finito per rivederlo più volte”. È ciò che hai dichiarato, corretto?
RM: La prima volta che ho visto Decision to Leave era intorno agli inizi, quando è uscito, circa un mese dopo. Avevo molti impegni e stavo ultimando i preparativi per il mio album, quindi era un periodo un po' confuso per me, sotto diversi aspetti. In un certo senso, credo il tempismo sia stato perfetto. Circa un mese dopo, mi è tornato in mente Decision to Leave quindi sono andato a rivederlo per l'ennesima volta, cosa che di solito non faccio quasi mai. Era come se qualcosa mi attirasse. Credo il tempo sia un bene prezioso, e ci sono talmente tanti film e contenuti da consumare, che di solito non guardo mai una stessa cosa due volte. Eppure, come posso dire? Volevo liberarmi di quella sensazione di disagio. Ora che l'hai già visto, conosci la storia, non sarebbe male riguardarlo, no? Probabilmente riuscirai a concentrarti su altri aspetti, al di là della trama, giusto? È possibile ci sia dell'altro? E alla fine mi son deciso ad andare (a riguardarlo), forte di questo presentimento, c'era qualcosa che mi sfuggiva.
D: Quindi Decision to Leave è il primo film che hai riguardato più e più volte?
RM: Ci sono anche altri film che ho rivisto 2 o 3 volte, ma Decision to Leave è l'unico che ho riguardato più di 4 volte.
D: Quante volte hechinja-RM ha guardato Decision to Leave?
RM: L'ho visto 6 volte
D: La cosa più bella di questo film è che ogni volta che lo riguardi, noti cose nuove. Immagino che ciò che hai capito, le parti che hanno catturato la tua attenzione e ti hanno commosso fossero diverse dopo la seconda, terza e poi sesta visione. Sarebbe interessante capire cos'è cambiato di volta in volta, per te.
RM: La seconda visione è stata piuttosto drammatica, visto che ormai sapevo cosa succedeva. La prima volta mi ero concentrato su SeoRae (dato che sono anche un fan di Tang Wei), mentre la seconda ho prestato più attenzione alle battute di HaeJoon, al suo tono di voce ed espressioni facciali. Mi chiedo se fosse perché volevo capire il suo punto di vista, in quanto spettatore: “Perché diavolo ha agito così?”, “Quando ha iniziato ad innamorarsi?”. So che potrà sembrare una domanda piuttosto “sciocca”, ma perché?...Perché si è innamorato? Perché? Ho continuato a chiedermelo per tutta la durata del film.
D: Mentre guardavi il film, c'era forse qualcosa che avresti voluto chiedere al regista Park Chan-wook?
RM: Quale tipo di esperienze sentimentali ha vissuto il regista? Si ritiene forse un “변태 / perverso”?
D: Quando ti ho visto citare le battute dette da Ki Do Soo (Yu Seung-mok) in Decision to Leave, durante quell'escursione, ho subito pensato fossi in piena modalità “hechinja (appassionato di DtL)” [ride]. Ho anche visto che hai postato uno screenshot della sceneggiatura del film sui tuoi social media. Ma apprezzare un film è una cosa, comprarne la sceneggiatura a stampa è un'altra. C'è forse un qualche motivo?
RM: Innanzi tutto, c'è da dire che ho scoperto che la sceneggiatura era stata pubblicata in formato libro tramite altri amici. Esteticamente, la copertina era anche molto bella. Non sono pratico di recitazione o dei meccanismi e processi che stanno dietro un film, quindi volevo farmene un'idea attraverso la sceneggiatura. Mi piace provare cose nuove. Volevo vedere come fosse leggere un film semplicemente in parole e battute stampate, senza l'aspetto recitativo e visivo, e tanto conoscevo quasi tutti i dialoghi. Visto che sono un fan, è stato un po' come comprare del merchandise, sa? (ride) E poi mi piace acquistare libri. Gli appassionati di lettura non fanno che comprare nuovi libri, anche se ne hanno ancora pile intere da leggere.
D: E, rispetto al film, com'è stato leggere la sceneggiatura?
RM: Ci sono molte parti diverse dalla pellicola, quindi mi sono chiesto come sarebbe stata una versione integrale di Decision to Leave. Dato che sono io stesso un artista e creativo, mi sono spesso posto la domanda “con che logica questa scena è stata tagliata?”. Alcune delle parti che nel film erano diverse avevano senso, di altre non ne capivo il senso. Ed avendo guardato prima il film e poi letto il libro, mi riusciva davvero terrificante immaginare che gli interpreti di HaeJoon e SeoRae sarebbero potuti non essere Park Hae-il e Tang Wei. Credo sia proprio questa la forza della recitazione e dei film. È ciò che ho realizzato. Ma soprattutto, ho proprio provato rinnovato rispetto per gli attori, gli autori, il regista e tutto lo staff. Credo quella filmografica sia proprio un'arte completa e grandiosa.
❝Ho detto di avere ancora una dignità, ricordi? Sai da cosa nasce la dignità? È frutto dell'autostima. Io ero un poliziotto stimato, ma mi sono innamorato follemente di una donna e ho mandato a monte le indagini, sai? Ero semplicemente... distrutto. Getta quel telefono in mare. Giù, giù, in profondità, così che nessuno possa trovarlo.❞ (battuta di Jang HaeJoon in Decision to Leave / * postata da Namjoon su IG)
D: Hai scelto questa battuta di HaeJoon come tua preferita. Perché?
RM: Realizzare che la dignità nasce dall'autostima è stato come un colpo in testa. Non so di preciso perché io mi sia innamorato di questa battuta, ma penso sia anche per come è espressa da Park HaeJoon, con quale tono la dice. Credo di averla notata solo dalla 3a visione. In realtà, credo che in amore la dignità non significhi nulla, ma è qualcosa che deve già esistere. L'autostima è la prima cosa di cui si parla (nella battuta), poi viene menzionata la passione per una donna, il fallimento delle indagini...è un graduale processo di disintegrazione. E poi la frase riguardo al gettare il telefono in mare. Credo siano le parole usate e il modo in cui vengono enunciate a creare quella certa tensione e crescendo fino all'esplosione finale.
D: In questa battuta, troviamo una persona che ha vissuto con integrità ed autostima tutta la sua esistenza fare una pazzia e lasciarsi tutto alle spalle, sia il lavoro che i suoi ideali. È una scena che ci mostra letteralmente il “tracollo” di HaeJoon, ed è anche una dichiarazione d'amore, anche se l'uomo non se ne rende conto. C'è una qualche parte di questa battuta che ti ha colpito particolarmente?
RM: Più che la battuta di per sé (anche se inizialmente mi è sembrata molto d'impatto), è la messa in scena – con la finestra di ricerca che mostra la definizione di 'tracollo': “crollare, andare in frantumi”, la voce del traduttore automatico a metà strada tra il maschile ed il femminile e l'inquadratura su HaeJoon attraverso lo schermo del telefono – che, più passa il tempo, più mi sembra memorabile.
D: L'amore mostrato in Decision to Leave è particolare perché non potrà mai concretizzarsi e, al contempo, ne è la rappresentazione più profonda ed assoluta, indistruttibile. In particolare, il modo in cui SeoRae ama è diverso da quello di HaeJoon. Se tu dovessi indicare un personaggio che ti rappresenta e ti ha commosso maggiormente, chi sceglieresti tra questi due?
RM: Credo sceglierei HaeJoon.
D: E ora passiamo al finale del film. È un film profondamente toccante. Saremmo curiosi di sapere che emozioni hai provato nel guardare il finale di Decision to Leave?
RM: SeoRae che scende dalla montagna e torna sulla spiaggia e HaeJoon, che piange disperatamente seppur con un sorriso desolato, sono memorabili. Infine, il vero amore si è concretizzato o, fin dall'apertura, non è stato che l'inizio di una tragedia per entrambi? Mi ha fatto riflettere. Sono stati felici o è solo un amore sfortunato? O forse è entrambe le cose? È davvero come la nebbia? Il vestito blu, la montagna ed il mare ed il continuo contrasto tra i vari estremi. La vita e l'amore, si sa, sono davvero complessi e multi-sfaccettati. Non è facile distinguere tra il blu ed il verde. Non è forse qualcosa di molto soggettivo e personale?
D: Durante i titoli di coda, la sala si riempie delle profonde voci di due artistə, Jung Hoon-hee e Song Chan-Sik. La canzone finale, 'Fog' è protagonista a sua volta in quanto si fa espressione dei sentimenti ed emozioni che ci lascia il film. Tu sei un musicista, quindi immagino ne avrai avuto una percezione diversa e particolare. Come ti è parsa?
RM: Credo sia stata una scelta magnifica. Non è forse proprio per questo che i film sono una forma d'arte così completa? La canzone finale si sposa alla perfezione con l'estetica e la messa in scena del film, creando una certa sinergia. E poi si intitola “Fog (nebbia)”, quindi mi ha fatto pensare alla nebbia (del film). Ha un che di disperato e solitario, ma è meno triste di quanto si potrebbe immaginare, e riesce a toccare alcune delle nostre corde più sensibili.
D: In quanto musicista ed amante del cinema, immagino non ti dispiacerebbe provare a scrivere colonne sonore?
RM: Mmh... Credo prima di dovermi concentrare sul mio album. A volte si è più felici come semplici fan.
D: In quanto artista con un profondo interesse e conoscenza dell'arte, quale ti è sembrata la scena migliore sotto il punto di vista artistico? Che cosa ti ha colpito?
RM: Forse gli sfondi (le ambientazioni)? E poi, non so se possano essere definite artistiche, ma la scena in cui HaeJoon osserva SeoRae attraverso un binocolo e sembra siano l'uno di fianco all'altra, o quella in cui lui ha in mano una sigaretta e poi ci viene mostrato attraverso lo schermo del telefono.. trovo fossero davvero belle e piacevolmente innovative.
D: Credo Decision to Leave sia un film che permette allo spettatore di apprezzare e godersi appieno la visione di una pellicola in sala. Se dovessi scegliere la scena che ti ha commosso di più, quale sarebbe? Per caso hai versato qualche lacrima guardando il film?
RM: In realtà, non credo di aver pianto. Trovo sia un film emozionante e coinvolgente. Forse proprio perché è un “film (misterioso come la) nebbia”. Probabilmente è la scelta di molti, ma direi il grido finale di HaeJoon: “Dignità, autostima, tracollo”. E poi anche la scena sul monte Homi, quando SeoRae punta la torcia da capo sul volto di HaeJoon e lui si umetta le labbra, non potendo guardarla in viso. Sappiamo che per tutto il film ha sempre dovuto usare delle gocce per gli occhi, ma ciò che rimane impresso è la sua espressione e la realizzazione che, di fatto, non l'ha mai messa veramente a fuoco, vista con chiarezza. Credo tutti questi dettagli siano davvero memorabili.
D: Hai detto di amare i lavori del regista Park Chan-wook già da prima di Decision to Leave. Quand'è stata la prima volta che hai visto un suo film? Che pellicola era e perché l'hai guardata?
RM: Mi sembra fosse Oldboy. Immagino sia lo stesso per molti. L'ho visto perché si diceva fosse imperdibile.
D: Prima, hai osservato che Decision to Leave è un po' diverso rispetto ai lavori precedenti del regista Park Chan-wook. Come mai?
RM: Credo sia un'impressione condivisa da molti. Me ne sono reso conto particolarmente durante la mia 2a e 3a visione, ma ora che sono diventato un fan, non riesco più ad essere obiettivo a riguardo. In realtà, non saprei. Credo sia perché Decision to Leave è l'unico che ho visto più di due volte, tra i lavori del regista Park.
D: Credo tu abbia già praticamente risposto a questa domanda, ma se dovessi scegliere il tuo film preferito tra i lavori del regista Park Chan-wook, quale sarebbe?
RM: Ad esser sincero, non ho ancora visto tutti i film del regista Park, ma se devo dire quale amo di più, sicuramente Decision to Leave.
D: Ultima domanda: ti chiederemmo di lasciare un messaggio e dire ciò che vuoi al regista Park Chan-wook, che, nel 2022, ha festeggiato i suoi 30 anni di carriera.
RM: Regista Park, ha fatto un lavoro magnifico e.. spero continuerà così (ride). Se ci sarà mai l'occasione di incontrarci e bere qualcosa insieme, spero vorrà raccontarmi tanti retroscena e storie interessanti. Non vedo l'ora di guardare i suoi prossimi film. Grazie a lei, gli ultimi mesi sono stati molto piacevoli e divertenti.
⠸ eng : © fIytomyR00M ; © KNJsSource | ita : © Seoul_ItalyBTS⠸
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Nobody Wants This: Kristen Bell, Adam Brody e una serie perfetta per i millennial
Cosa succede se una podcaster sul sesso incontra un rabbino? Non è l'inizio di una barzelletta ma l'incipit di un perfetto comfort show. In streaming su Netflix.
Ci sono serie, strombazzate o meno che siano, che nascono attraverso l'unione dell'algoritmo per colpire il proprio target di riferimento, magari puntando su star conosciute e molto amate e su un plot già visto ma sempre funzionale, soprattutto se legato al genere di appartenenza. Tuttavia, non è detto che questa commistione di elementi faccia centro. Per fortuna non è questo il caso se pensiamo a Nobody Wants This, la serie Netflix originale pensata appositamente per i millennial in cerca dell'anima gemella (e non solo), in cui tutto è davvero al posto giusto.
Nobody Wants This: l'ABC della commedia romantica
Bell e Brody, adorabili tanto da soli quanto insieme
Partendo dalle basi, la serie Netflix è una romcom abbastanza classica negli archetipi e negli stilemi, ma attualizzata ai giorni nostri, oltre le dating app e il successo dei podcast. Kristen Bell, l'ex Veronica Mars, è Joanne, appunto una podcaster insieme alla sorella minore Morgan (Justine Lupe): utilizzando i propri battibecchi e confronti quotidiani, parlano della difficoltà delle relazioni 4.0, mettendosi a nudo con le proprie disavventure per parlare di amore e sesso ma soprattutto di empowerment e indipendenza delle due parti all'interno di un rapporto.
Le due sorelle funzionano bene insieme
Adam Brody, l'ex Seth Cohen di The O.C. - quindi gli autori, Erin Foster in primis, hanno utilizzato due amori adolescenziali dei millennial non a caso - è Noah, un rabbino in erba, che proviene da una famiglia ebrea, molto credente e molto praticante, tanto che qualsiasi relazione con qualcuno al di fuori della cerchia non viene vista di buon occhio. Entrambe le famiglie sono un po' ingombranti ed entrambi hanno una spalla su cui piangere: Noah infatti è pappa e ciccia col fratello più grande e sposato, Sasha (l'altissimo Timothy Simons di Veep) con un'ebrea maniaca del controllo. Tutti ingredienti perfetti per una partenza col botto, che per fortuna non si affievolisce col passare delle puntate.
È tutta questione di chimica nella serie Netflix
Kristen Bell e Adam Brody sono meravigliosi, da soli e insieme, e fin dal primo minuto reggono benissimo la scena e la storia d'amore nascente tra i due protagonisti, che non potrebbero essere più diversi. Lei schietta, forse fin troppo, e fisiologicamente predisposta all'incasinare le cose; lui timido e metodico (ma molto più sicuro di sé di Seth) eppure curioso di cosa c'è fuori dal proprio orticello. Lei agnostica, lui credente. Non dovrebbero stare insieme, eppure non riusciamo a non tifare per loro, al volersi scoprire pezzo dopo pezzo quando nessuno intorno a loro crede in quella relazione. Si troveranno così ad affrontare argomenti seri come la religione, sempre attraverso l'umorismo.
Gli opposti si attraggono nella serie Netflix
Tra cliché e stereotipi tipici del genere, a colpire non è solo quanto i due funzionino insieme (non era scontato) ma soprattutto le battute al vetriolo che si lanciano continuamente, facendoci sognare e credere che si abbia quasi sempre la risposta pronta a tutto, e facendoci ridere per davvero (altro elemento per nulla scontato). Nobody Wants This prende quindi il meglio dal talento dei propri protagonisti per farcire una torta che abbia tanti gusti ben amalgamati tra loro. A partire dalla scrittura fino alla messa in scena, colorata di una fotografia luminosa e raggiante che per una volta utilizza il sole di Los Angeles invece che la più tipica New York.
Più della somma delle proprie parti
Anche i comprimari funzionano!
Non funzionano però solo i due protagonisti, altrimenti la ricetta del comfort show per questi primi freddi non sarebbe stata completa. Justine Lupe e Timothy Simons sono due ottime spalle che danno il prezioso contributo sia insieme ai propri fratelli sullo schermo sia tra di loro, creando situazioni tragicomiche. Anche il resto del cast forse un ensemble divertente e sopra le righe, mettendo in piedi una storia, pur ingenua in alcuni sviluppi, che è esattamente quello di cui avevamo bisogno per iniziare la nuova stagione televisiva in streaming. Complice anche la durata perfetta delle puntate: dieci episodi da 20-25 minuti, ricordando a Netflix che non c'è bisogno di fare le comedy oltre la mezz'ora, anche se non vi sono inserzioni pubblicitarie di mezzo. La riuscita è la stessa, anzi è migliore.
Conclusioni
In conclusione Nobody Wants This è il perfetto comfort show da divano e copertina, che va giù come una buona tazza di cioccolata calda aromatizzata alla cannella o a ciò che più preferite, senza bisogno di festività di mezzo e anzi ambientata nell’assolata California. Kristen Bell e Adam Brody sono pazzeschi insieme e, forse un po’ a sorpresa, lo sono anche i comprimari rendendo questa romcom dei tempi moderni proprio ciò il dottore ha ordinato per il cambio di stagione. Una commedia romantica cinica sotto mentite spoglie, in realtà dolcissima.
👍🏻
Kristen Bell e Adam Brody sono il sogno di ogni millennial insieme… e funzionano!
Anche Justine Lupe e Timothy Simons sono fantastici, così come il resto del cast.
La scrittura di Erin Foster: non ci si emoziona solo, si ride anche!
La durata breve degli episodi: evviva!
👎🏻
C’è qualche cliché nella caratterizzazione e nello sviluppo, ma fa parte del gioco.
C’è forse qualche ingenuità nella risoluzione degli eventi, ma serve a dare speranza.
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La grandeur bagnata. Il carnevale sulla Senna finisce coi fischi a Macron e Israele E alla fine piovve. È un'estate pazza per i francesi e il loro presidente Emmanuel Macron. Pazza in politica con tutto quel che è successo alle urne solo poche settimane fa, e pazza nello sport perché saranno olimpiadi con migliaia di atleti raffreddati. Altro che Jannik Sinner. Questi campioni sono come corde di violino, tirate per suonare al meglio, non devono allentarsi, stonare, prendere spifferi, figuriamoci pioggia e vento in barca. Quando tocca alla nostra delegazione piove ormai a dirotto, Gimbo Tamberi ci sta a meraviglia nel caos, forse un po' meno mamma Errigo, «che squadra che siamo, che spettacolo», urlano e intanto Gianmarco perde nel fiume verde la fede nuziale. Comunque sia i nostri portabandiera e il resto della delegazione sventolano felici e fradici. Se non altro, nell'umida confusione non avranno fatto caso ai fischi rivolti all'altra delegazione numerosa in barca con loro: quella di Israele. Forse neppure agli applausi ai palestinesi. Fa fresco, è umido, siamo ancora lontani dalla spettacolare accensione del braciere olimpico appeso a una mongolfiera, siamo lontani dalle note calde di Inno all'amore di Edith Piaf cantata da Celine Dion sul palco dopo una malattia invalidante, siamo lontani dal festival finale di tedofori francesi iniziato con Zidane e proseguito con l'intermezzo sul motoscafo di tedofori stranieri, e immensi, come Rafa Nadal, Serena Williams, Carl Lewis, Nadia Comaneci. Siamo lontani da uno spettacolo conclusivo certamente affascinante ma che non cancella tutta la prima parte e il perché di questa cerimonia fuori stadio. Anche se, in fondo, sono involontariamente simpatici i francesi. Con il loro modo di essere diversamente umili, di travestirsi da modesti senza riuscirci, si sono presi anche la pioggia. Sono simpatici perché proprio non gli riesce di fare le cose per bene. Esagerano, esagerano, esagerano e succede questo. Avevano detto che la loro cerimonia sarebbe stata l'esatto opposto di quella di due anni fa a Pechino, giochi invernali, colorati e musicati dalla Cina per diffondere messaggi di forza e potenza. E i nostri cuginetti hanno, sì, inscenato lungo la Senna una festa colorata e allegra per nulla minacciosa, ci mancherebbe anche, mica sono cinesi, però ad emergere lungo tutti i sei chilometri del percorso è stata soprattutto la sensazione di grandeur. Che poi è un altro modo di mostrare forza e potenza però con una grande differenza: la grandeur si sbandiera anche quando non si è più né forti né potenti. Significativi, invece, talvolta profondi, i messaggi mandati dalle coreografie e gli show a tappe organizzati lungo le rive mentre i bateau mouches solcavano la Senna e andava in mondovisione questo capodanno olimpico. Toccante quello della sincronicity con l'invito all'unione per risorgere e risolvere i problemi, chiaro riferimento alla cattedrale di Notre Dame e alla sua ricostruzione e alla prossima inaugurazione a dicembre. Bello il momento con Lady Gaga, incomprensibile invece - che sia un dispettuccio a noi italiani? - la scena del furto della Gioconda. Foriero di polemiche come l'Ultima cena mimata dalle Drag queen. Momenti così così ai quali ha fatto da contraltare il messaggio profondo e giovane di inclusività con al centro la nostra Bebe Vio danzante in un costume stile tutu, una Bebe splendida con tutta la sua forza espressiva e non solo sportiva. Insopportabile, invece, ma da trattare bene perché portatore di sorprese a fine cerimonia, il tedoforo misterioso che ha accompagnato l'intero show saltando come l'Uomo Ragno su sponde, moli, marciapiedi, strade, tetti. E meno male che il servizio d'ordine e le decine di migliaia di agenti hanno fatto il loro dovere, sennò sgambettarlo sarebbe stata una tentazione meravigliosa. Fattosta, alla fine l'insopportabile è ricomparso davanti alla torre Eiffel per passare la fiaccola a Zidane e avviare la lunga fase dell'accensione. Se il finale è stato questo, divertente invece l'inizio della cerimonia, quando Jamel Debbouze, attore franco-marocchino, sbagliando indirizzo, si è ritrovato con tanto di fiaccola in mano in uno Stade de France vuoto e ha passato la fiaccola a Zinedine Zidane. Simpatico osservare Zizou aggirarsi in metrò, sorridente, rassicurante, sicuro di non incontrare un Materazzi qualsiasi lungo la banchina e poi consegnare ai tre bambini la fiaccola per spedirli in barca in mezzo alla Senna. Povere stelle... Un avvio di cerimonia hollywoodiano che ha ricordato quello di dodici anni fa a Londra, quando in un altro video, la regina Elisabetta II venne paracadutata nello stadio. Già, lo stadio. Mancava ieri sera lo stadio. Mancavano i suoi rettilinei e le sue curve come braccia rassicuranti a stringere e scaldare i piccoli e grandi eroi dello sport e, perchè no, anche noi pubblico. Mancava lo stadio mentre sotto il ponte di Austerlitz iniziava a solcare le acque verdi e ancora inquinatissime della Senna il primo bateau mouche, quello con a bordo la delegazione greca. Una grandeur, dunque, divisa in dieci tappe a tema, una grandeur che ha relegato migliaia di atleti bagnati a comparse e issato sul gradino alto del podio non lo sport, ma Parigi. Un immenso, colorato, confuso omaggio a una città meravigliosa che si è trasformato però in uno sgarbo verso chi l'olimpiade davvero la onora. Perché gli atleti hanno bisogno delle olimpiadi per dare senso alle loro fatiche. Parigi non aveva bisogno di farsi un auto spot per sembrare più bella. Ma forse ne aveva bisogno Macron. Non per apparire più bello, ma per essere ricordato come il presidente che ha sottolineato al mondo, madames et messieurs, le olimpiadi le abbiamo inventate noi. In cambio si è preso dei fischi. E tutto questo mentre Sergio Mattarella dopo aver indossato la mantellina anti pioggia e resistito due ore, aveva lasciato la tribuna. Grandeur.
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3 set 2023 11:00
“GINO E MICHELE? SONO SPREGIUDICATI. DA FLAVIO BRIATORE TE LO ASPETTI, NON DA CHI FINGE DI ESSERE UN “COMPAGNO” – MAURIZIO MILANI, UNO DEI FONDATORI DELLO STORICO ZELIG, ATTACCA: “NON MI HANNO PIÙ CHIAMATO, MA POSSO CAPIRLI PERCHÉ HANNO DATO ALLO 'ZELIG' UN TAGLIO DA VILLAGGIO TURISTICO - CON FABIO FAZIO HO LAVORATO IN SEI EDIZIONI DI 'CHE TEMPO CHE FA' MA PER LA COLLABORAZIONE CON 'IL FOGLIO' MI SONO ACCORTO CHE MI FACEVANO MOBBING. NON VOLEVO RIMANERE DI FIANCO A FILIPPA LAGERBÄCK COME UN FIGURANTE" - "PAOLO ROSSI? UN FURBO. BEBO STORTI? ARRIVAVA ALLA CAZZO DI CANE MEZZ’ORA PRIMA DI SALIRE SUL PALCO" - E SU VALERIO AIRO’ SPIEGA CHE… - VIDEO -
Gianmarco Aimi per www.rollingstone.it
Qualche tempo fa circolava sui social una foto, in bianco e nero, dov’erano ritratti alcuni dei comici più significativi della scorsa generazione: Aldo, Giovanni e Giacomo, Antonio Albanese, Antonio Cornacchione e… “l’ultimo a destra”. Era Maurizio Milani, che con quel manipolo di cabarettisti è stato uno dei fondatori dello storico Zelig, il locale milanese che ha sfornato i migliori talenti dell’umorismo a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90 ma che, a differenza degli altri, ha raccolto – almeno a livello di notorietà – molto meno di quello che in tanti si sarebbero aspettati. Surreale, caustico, disincantato, il collega Daniele Luttazzi, di certo non tenero nei giudizi, lo ha incensato: «Fra noi comici ci sono come delle gerarchie, e lui in questo momento è Dio».
(...)
Ormai il tuo “posto fisso” è a Il Foglio, dove collabori da anni.
Devo ringraziare della segnalazione Mariarosa Mancuso, che mi ha fatto conoscere all’allora direttore Giuliano Ferrara. Lui mi dedicò anche una puntata monografica su La7. Finché c’è stato il produttore Paolo Guerra ho sempre lavorato (è venuto a mancare nel 2020, nda), oggi faccio un po’ più fatica. I produttori più potenti sono Beppe Caschetto e Lucio Presta, che vendono programmi alle tv a scatola chiusa. Anche se poi in Rai si lamentano le maestranze.
(...) A Bolzano con Paolo Rossi inciampai per davvero in una cassa acustica e le persone cominciarono a ridere. La sera dopo l’abbiamo inserito nel copione e hanno riso in due. Si percepiva che era finto. Anche se mangi le parole o sbagli i congiuntivi va bene, ma risulti fresco e arrivi. Poi c’è chi esagera, come Bebo Storti.
È famoso per il personaggio del Conte Uguccione. Che cosa faceva?
Lui non preparava nulla, una roba da pazzi. Almeno un canovaccio su un’ora e mezza di spettacolo dovresti averlo, lui niente. A Forlì il direttore del teatro alla fine ci ha detto: «Una roba così non l’ho mai vista, non so neanche dire se è bella o è brutta». Un’altra volta al Ciak di Roma, arriviamo in camerino e la moglie di Bebo ci fa: «Non si viene qui a fare queste figure…». È come se io e te adesso salissimo sul palco a improvvisare per un’ora.
Dopo ci avete riso sopra o è qualcosa su cui si recrimina?
Bebo aveva questa caratteristica: se ingranava subito l’improvvisazione andava alla grande, ma se non succedeva era facile prendere i fischi. Come a Livorno, siamo andati davanti alla gente ma si capiva che non avevamo voglia di lavorare. Al teatro Goldoni a Venezia altra situazione imbarazzante con me e Dario Vergassola, non rideva nessuno. Ma proprio perché non rideva nessuno, paradossalmente, c’era una signora in prima fila che rideva come una matta. Una scena talmente parossistica che si è trasformata in un successo.
È anche per questa vena da improvvisatore che non ti abbiamo mai visto al cinema?
Può essere, eppure Bebo Storti lo ha fatto. Anche Paolo Rossi, che è furbo, improvvisa ma ha sempre un canovaccio al quale aggrapparsi. Bebo invece saliva sul palco alla garibaldina. Ma un conto è andare in discoteca con tutti ubriachi, un altro nei teatri importanti con il tuo spettacolo in abbonamento. E lui arrivava alla cazzo di cane mezz’ora prima. Intanto che camminiamo per le strade e nel parco pubblico della cittadina lombarda, ogni passante lo saluta con un sorriso, tanto che a un certo punto ci appartiamo in un angolo.
(...)
Dopo sei anni, dal 2003 al 2009, non ti abbiamo più visto anche a Che tempo che fa condotto da Fabio Fazio. Come mai?
Perché Fazio è bravo, però è molle. Quando ho accettato di collaborare a Il Foglio di Giuliano Ferrara, mi chiamò l’allora capo struttura di Rai3 in quota Pd, Loris Mazzetti, che mi disse: «Guarda che la linea editoriale qui è chiara e tu vai a scrivere su un giornale di Berlusconi?». Da quel momento i miei spazi sono stati ridotti e spostati nella zona meno nobile. Poi sono passato a una settimana sì e una no, a seguire solo il sabato finché una volta non mi hanno mandato in onda dicendo di aver sforato con i tempi. Così gli ho detto che non ci sarei più andato. Quando ti fanno mobbing lo capisci. Non volevo rimanere di fianco a Filippa Lagerbäck come un figurante. Fazio poteva dire qualcosa a Mazzetti, ma non lo fece.
(...)
C’è qualcuno che ti ha deluso nel mondo dello spettacolo?
Direi Gino e Michele. Non mi hanno più chiamato, ma posso capirli perché hanno dato allo Zelig un taglio da villaggio turistico. Io sono un monologhista che non ha bisogno di travestirsi con le pinne o come una drag queen. La comicità di situazione è un’altra cosa.
Insomma, con Gino e Michele sembri avere un conto aperto.
Sono stato a casa di Michele Mozzati sul lago di Varese, ha una villa della madonna. A un certo punto vado in bagno e vedo che c’è una vasca lunghissima molto strana. Così quando esco chiedo a cosa serve a Diego Parasole, un collega che era con me. E lui: «Ah non lo sai? Quella vasca fa le onde al contrario, così nuoti e intanto fai esercizio». Ed era vent’anni fa. Sai, Flavio Briatore è Flavio Briatore ed è coerente, non va a far finta di essere un “compagno” che gli spiace per il salario minimo. Così come non ti aspetti che un calciatore vada a rompere le vetrine per protestare insieme a quelli dei centri sociali.
C’è ancora chi, come hai raccontato in passato, rimane spiazzato alle tue battute?
Alcuni mi dicono: «Scusi, ma sa che lei non mi fa ridere?». La gente è ormai abituata al comico che deve avere il naso rosso tipo clown. Ma come nella musica ci sono vari generi. A me piacciono, oltre a Nino Frassica, Valerio Lundini, Nicola Vicidomini e Rocco Tanica.
Sai che c’è un giovane comico che alcuni dicono ti somigli?
Se ti riferisci a Valerio Airò, vai a vedere su Youtube i commenti ai suoi filmati. In moltissimi scrivono: “Milani come sei invecchiato bene” oppure “ma chi è il figlio di Milani?”. Mentre sotto ai miei video: “Sei uguale a Valerio Airò”. Lì però gli ho risposto: “Questo è stato girato nel 1993 a Cielito Lindo”. Lui avrà 30 anni, forse non era neanche nato. Non c’è problema, però non ditemi che sono io a copiare lui. Ma sai che ho avuto una soffiata?
Su Valerio Airò?
Mi hanno detto che lui si è messo su quella strada imbeccato da Gino e Michele e da Giancarlo Bozzo, che sono spregiudicati. Lo so perché ho ancora conoscenze all’interno di Zelig. Pare gli abbiano fatto vedere le videocassette dei miei vecchi sketch consigliandogli di prendere spunto. Pensa che quando fece un’apparizione a Sky e c’era Rocco Tanica gli disse: «Assomigli a Maurizio Milani». Lui può fare quello che vuole, ma i pezzi si sovrappongono. Mi pare stia succedendo quello che era accaduto tra Giorgio Porcaro e Diego Abatantuono.
Ti riferisci alla paternità del personaggio del “Terrunciello”?
Lo inventò Giorgio Porcaro, ma i benefici se li prese tutti Diego Abatantuono. Diego non aveva voglia di andare a scuola e la mamma, che faceva la guardarobiera al Derby, lo portava con sé. Non aveva la patente e andava in giro con i I Gatti di Vicolo Miracoli ad aggiustare le luci. Un giorno ha visto Giorgio Porcaro che interpretava il ‘Terrunciello’ e l’ha rifatto avendo successo. Un po’ come sta succedendo tra me e Airò.
Maurizio Milani ce l’ha ancora un sogno che vorrebbe realizzare?
Se ci penso, di tutti i colleghi della mia generazione sono l’unico che non ha mai fatto neanche una posa al cinema. Con Aldo Giovanni e Giacomo una volta gliel’ho detto: «Ma con tutti i film che avete fatto, cosa vi costa mettermi lì a fare il barista?». A 62 anni non sono mai stato su un set per lavorare. Non spero mi chiami Marco Bellocchio, basterebbe un regista underground. Ho fatto la tv, il teatro, i libri e i giornali, ma il cinema non è capitato.
In effetti, guardando quella foto degli inizi allo Zelig sei l’unico che manca all’appello.
E la gente sui social si chiede “chi è il primo a destra?”. Sono cose che fanno rimanere male.
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Le soluzioni per l'underground: Frank Marrelli
Prosegue il nostro viaggio nell’underverso per trovare le soluzioni al suo stato di stallo. Questa volta è Frank Marrelli, chitarrista dei Les Long Adieux ad esprimersi. Un discorso lucido, pragmatico, ben conscio dei limiti e, soprattutto delle possibilità anche l’underground ha.
Quelli che sono limiti e ‘problemi’ del rock/metal in Italia, soprattutto per quello prodotto nel Belpaese, li conosciamo già. Difficoltà di divulgazione, limitati spazi mediatici, problemi nell’organizzare eventi e via discorrendo. Sono anni che se ne parla, se ne dibatte, se ne discute. Sono anni che, però, si parla e basta. È diventato quasi un mantra autolesionista. La domanda è, assodato quanto sopra, quali potrebbero esse le possibili soluzioni effettivamente attuabili? Non parliamo del: sarebbe bello se. Parliamo del: possiamo fare così.
Facciamo una premessa: non credo che esista una soluzione univoca. Mi spiego meglio: credo che quello che può funzionare per un artista o in un determinato contesto non è detto che possa andare bene in un altro contesto. Detto questo ritengo che il nodo cruciale sia quello del coinvolgimento dei più giovani. Dopo tutto sono loro che muovono il mercato, un tempo acquistando i CD o i vinili, adesso in altra maniera.
Quindi in qualche maniera bisogna sapersi adattare nel trovare il modo di raggiungere questo potenziale pubblico, che (parliamoci chiaro) non si trova nei pochi locali underground che sono rimasti (in questo caso parlo di Roma). In una certa misura la conseguenza è che i social media diventano un male necessario e imprescindibile.
Avere interazioni sulle pagine, una certa attività su YouTube e partecipare a eventi in streaming può essere utile. Poi bisogna vedere a quale pubblico ci si vuole rivolgere. Noi con Les Longs Adieux non crediamo di poter interessare agli adolescenti di conseguenza non usiamo Tik Tok, tanto per fare un esempio.
Tramite gli altri social però abbiamo avuto dei buoni riscontri partecipando a tantissimi eventi in streaming su twitch, soprattutto durante la pandemia, certo non parliamo di numeri enormi, ma rispetto a molti gruppi non ci possiamo lamentare.
Sempre grazie al lavoro in questo senso abbiamo avuto la possibilità di suonare all’estero, senza doverci affidare a booking agency a pagamento… insomma i social sono ormai uno strumento fondamentale. Una postilla però va fatta: non si può vendere fuffa. Faccio un esempio. Conoscevo un coglione che si vantava delle visualizzazioni che aveva fatto col suo gruppo su YouTube.
Ovviamente non la metteva così, ma condivideva questo suo finto successo inviando messaggi su WhatsApp e sbandierandolo ai quattro venti su Facebook. Peccato che le aveva acquistate tramite un’agenzia specializzata in Google Ads.
Il bello è che metteva pure il nome dell’agenzia tra i tag… ecco le sponsorizzazioni fini a se stesse non servono veramente a nulla e di tipi così ce ne sono tanti… ma mi sto dilungando. Ultime due cose: essere il più possibile autosufficienti e non fossilizzarsi sulla propria città.
Soprattutto quest’ultimo punto ritengo sia importante. È possibile che per una serie di motivi le cose nel proprio luogo d’origine non girino al meglio, meglio non farsi il sangue amaro e cercare risposte positive da altre parti.
La sensazione è che si rimanga in attesa che le cose cambino. Che arrivi qualcuno o accada qualcosa per cui la situazione possa mutare. Nel frattempo si vivacchia. Salvo poi, per moltissimi, lamentarsi. Non sarebbe forse meglio cercare di muoversi autonomamente e creare vie di uscita invece di aspettare che qualcun altro lo faccia per noi?
Sarebbe meglio in effetti. Per anni si è aspettato che arrivasse un gruppo di successo che trascinasse tutta una scena locale con sé nell’ Olimpo del rock. Alcuni credevano che tutto questo si fosse concretizzato con i Maneskin, ma ovviamente non è cambiato nulla. Rimaniamo a parlare di un prodotto uscito da X-Factor, che può interessare allo stesso pubblico che ascolta Fedez, Emma Marrone e tutto quel mondo.
Non credo che il ragazzino sedicenne che ascolta i gruppi usciti dai talent lo puoi trovare ad ascoltare gli Obituary il giorno dopo, magari al concerto dei Guns n’ Roses al Circo Massimo sì, ma giusto perché poi può postare la diretta su Instagram.
Manca la credibilità non ti pare? Ti puoi muovere per conto tuo è forse sarebbe meglio, non si può sostenere un mondo che si deve auto alimentare. Cose del tipo: “io vado al suo concerto così lui viene al mio” a cosa servono? Forse solo ad abbassare il livello qualitativo generale.
Non credo che di questi tempi uscirà fuori una nuova Seattle e se dovesse accadere non scommetterei su Roma. Tutto sommato, come dici tu, conviene cercare soluzioni in proprio, ne gioverebbe pure l’originalità probabilmente. I mezzi per muoversi in proprio poi nel 2023 non mancano di certo.
Un difficoltà emersa ascoltando diversi youtuber tra i 20 e i 30 anni che parlano di rock/metal, è il riuscire, per la loro generazione, ad inserirsi nel giro. Molti evidenziano come, a causa della giovane età, vengono spesso dileggiati, non presi sul serio. Quasi che per essere ‘considerati’ debbano superare un esame di ammissione. Il che non favorisce certo un dialogo. È un problema che avete riscontrato?
Innanzitutto bisogna vedere di che giro si parla. Certo nel “giro” underground magari lo Youtuber può essere guardato con sospetto, ma manco troppo. Onestamente nel rock e nel metal non ho mai visto problemi di questo tipo… anzi. Ricordo che una volta vidi un gruppo di liceali (dieci anni fa), si chiamavano White Thunder ed erano fichissimi.
Vidi sempre nello stesso periodo gli Hi-Gh, facevano speed metal ed erano poco più che ventenni, ma fortissimi e apprezzatissimi dal pubblico, però in effetti parliamo di anni fa, ma non credo che il pubblico metal sia diventato meno accogliente in tal senso.
Io dal canto mio sono stato fortunato nell’ambiente metal, avendo esordito presto su disco con i Savers nel 1999, adesso nessuno se li ricorda, ma ai tempi eravamo molto seguiti e questo mi ha fatto inserire bene in quel mondo.
Il discorso cambia in altri ambiti, se penso alla scena goth ad esempio è difficilissimo trovare gruppi locali nuovi che siano seguiti e non siano composti già da persone che stanno da anni nel giro (parlo di Roma, perché fuori non ho riscontrato questo problema). Quindi se non si vuole fare la fine dei dinosauri meglio accogliere i volti nuovi, altrimenti tanto vale fondare una setta o una società segreta.
Le mentalità dei ‘vecchi’ della scena e delle nuove leve, sono davvero inconciliabili o è volontà degli storici non voler ammettere che il tempo passa e che bisogna andare avanti, ‘crescere’ ascoltando anche altro?
Fa quasi ridere che ci si possa scannare per quelle che tutto sommato sono briciole non credi? Bisogna crescere certo, ma in che modo? Io preferirei senz’altro gruppi nuovi che possano proporre cose nuove, roba che vada oltre la lezione studiata su YouTube. Belli i Greta Van Fleet, ma ho già ascoltato i Led Zeppelin.
Oggi tra le novità di Radio Rock ho ascoltato un gruppo che si chiama Dirty Honey (mi pare fosse quello il nome), tutto bello, tutto suonato bene, ma tutto già sentito se hai ascoltato anche solo di sfuggita gli Aerosmith. Gli Airbourne? Stesso discorso di sopra sostituendo i nomi citati con gli Ac/Dc. Dove sta la novità? Dunque torniamo al punto di partenza: mi piacerebbe ascoltare anche altro, ma come verrebbe accolta una cosa nuova dai “vecchi” della scena?
Probabilmente vengono trattati bene i gruppi che ai veterani ricordano i loro anni d’oro. Del tipo “gagliardi ‘sti pischelli! Questi suonano la musica buona, mica le porcate di adesso! E si vestono pure come noi ai bei tempi…”. Ma con questo ragionamento come verrebbe accolto un David Bowie nel 2023? Forse bene, forse no. Un gruppo veramente bravo e originale verrebbe apprezzato o preso per il culo? Credo che lì sia un po’ il caso che decide, insieme al discorso di un’ipotetica credibilità.
Certo le cose nuove all’inizio non è detto che vengano subito apprezzate e questo vale da Frank Zappa fino all’ultimo punk incompreso di provincia. La conseguenza è che a volte l’unico modo che hanno i gruppi nuovi per crearsi una nicchia di rispetto è quello di fare cose vecchie (spesso meglio dei vecchi).
Altro limite evidenziato dai giovani è che quando si recano ai concerti vengono criticati o sminuiti perché non conoscono tutte le canzoni delle band che si stanno esibendo. Dal loro punto di vista questo non è un limite dato che si stanno ‘formando’. È un limite che notate?
Mai vista una cosa del genere, sicuramente però se te lo hanno riportato il fenomeno esiste ed è la cosa più stupida che si possa fare. Perché dileggiare un ragazzino che si vuole vedere un concerto? Si vede che da qualche parte ci stanno dei guru che possono rilasciare il patentino per essere metallaro, goth o punk… non saprei, fa già abbastanza ridere così. Una cosa la posso affermare con certezza: a un concerto dei Metallica probabilmente non saprei riconoscere almeno la metà del repertorio, sono rimasto troppo indietro.
Grazie mille
Grazie a te!
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Caro Roberto,
Da quando non ci sei più ho messo a posto la testa e mi sono data delle regole, come: non supplicare o elemosinare attenzioni, niente stupide ripicche, niente messaggi inutili e altri mille propositi che non posso prometterti riuscirò a rispettare.
Uno di questi ultimi è quello di scrivere tanto, tutte le lettere e i testi che mi pare, ma senza inviarli. Numero di lettere concesse: 1, per questo devo fare attenzione a scegliere con cura le parole da usare.
É finita, me lo hai detto tu. Qualche giorno senza sentirti e ora vedo tutto più chiaramente.
Se ripenso a come ho reagito quel giorno mi picchierei da sola, rispetto la tua scelta e mi spiace che tu abbia dovuto assistere a quella scena pietosa. Potevo decisamente andarmene con molta più dignità, perché per quanto possa fare male non si può obbligare una persona a rimanere.
Ora che ho messo la testa a posto e vedo le cose con lucidità, mi sono resa conto che in fondo non eravamo poi così speciali come credevamo, perché se lo fossimo stati non ci saremmo fatti del male, e che forse hai ragione tu, magari non ci amavamo più da tempo e non l’avevamo neanche capito.
Non fraintendermi, speciali lo siamo stati eccome, mi basta pensare alle serate passate nel pandino sotto la pioggia mentre ascoltavamo la musica a tutto volume, alle volte in cui senza dirmi niente ti presentavi sotto casa mia solo perché morivi dalla voglia di vedermi, al modo in cui ci guardavamo ogni volta che qualcuno diceva qualcosa di divertente o alle farfalle nello stomaco ogni volta che ci baciavamo. Non so perché ma in questi giorni mi é riaffiorato questo ricordo di te che mi chiami, quando ancora ero a Belfast, canticchiando felice in macchina “la tata torna presto” o qualcosa di simile, e mi si scalda il cuore.
Poi però penso all’ultimo periodo, l’ultimo mese più o meno, e a come spesso e volentieri non mi sentissi capita, come se non valessi più il tuo tempo, mentre tutto ciò che volevo io era stare con te e non pensare a nulla se non a guardarti. Sono certa che a quel punto già ci fossero altri problemi, magari anche per colpa mia, ma non lo saprò mai, perché nonostante te lo chiedessi ogni giorno, non hai mai trovato il coraggio di affrontarli.
Mi dispiace per tutto quello che è successo, per i miei errori, perché ho detto di amarti e poi ho agito come se tu non ci fossi, e per i tuoi di errori, perché non sei stato in gradi di capire i miei bisogni.
Quando ho perso te ho perso tutte le certezze che avevo, già ragionavo per due, e pensavo a tutte le cose che avremmo potuto fare insieme una volta finito il lockdown. Volevo organizzare viaggi, vedere Parigi, andare ai concerti, andare a ballare, invitarti fuori a cena, fare lunghi giri in moto, imparare a guidare bene la barca per portarti in giro e fare l’amore nei luoghi più impensabili. Avrei voluto portarti in tanti posti, ma ormai non ci siamo più.
E ora ti odio da morire. Ti odio per la tua indifferenza. Perché se quella domenica mi avessi urlato contro, mi avessi guardato negli occhi o anche solo mi avessi dato l’abbraccio che meritavo, almeno avrei capito che te ne fregava qualcosa di me.
Non fraintendermi, con questo non intendo dire che tu non ci sia stato male, ti conosco abbastanza ormai, ma la differenza è che non sei mai stato capace di farti vedere debole davanti a me. Esageri un po’ con le birre, magari prendi a pugni qualche porta, ma renderti vulnerabile davanti a qualcun’altro proprio non ce la fai.
Fa male da morire perché non ti sei domandato come mi sentissi io, perché non hai mai chiesto ai miei amici come sto, non hai mai passato una serata a casa a chiederti cosa stessi facendo io in quel momento, che canzone stessi ascoltando o a cosa stessi pensando.
Non hai mai avuto l’istinto di scrivermi? Di chiedermi come sto? Se mangio e se continuo a lavarmi i capelli regolarmente? Io ci ho pensato almeno un milione di volte ma mi sono fermata, so che mi risponderesti solo che va tutto bene e che hai bisogno dei tuoi spazi, e io non so se potrei sopportarlo. E allora lo chiedo a tutti i tuoi amici, mentre aspetto che sia tu a scrivermi un semplice “come stai?” e che ti senta pronto per dirmi come ti senti, e invece niente.
Dimmi che non sono così facile da dimenticare come il tuo silenzio mi fa sentire.
Speravo che la fine arrivasse un po’ più tardi, anche di un solo minuto, una sola ora, un solo giorno. Vorrei non averti spinto a dirmi “ti lascio”, ma so che se non lo avessi detto domenica, le cose sarebbero solo peggiorate e probabilmente sarebbe successo comunque. Perché io incasino sempre tutto, anche le cose che mi fanno stare bene, e non perché non siano abbastanza, ma perché spesso sono io quella che non si sente abbastanza.
So che adesso devi sembrare freddo e orgoglioso, ma sappi che non c’è niente di sbagliato nell’esprimere le proprie emozioni e farsi vedere deboli di fronte a chi ti vuole bene. Parla con i tuoi amici, con la tua famiglia, con la psicologa, non sentirti mai un peso, perché sei circondato da persone che a te ci tengono tanto. Se hai paura di non essere capito, o addirittura giudicato, “tu chiamami se senti i mostri, che se ci sto ti vengo a prendere, nonostante tutto” come direbbe Gemitaiz, perché nonostante non siamo più quelli di una volta, ciò che ti ho promesso per me resta vero, io rimango sempre un porto sicuro per te, in cui puoi essere te stesso al 100% e non verrai mai giudicato, questo voglio che sia chiaro.
Comunque andranno le cose io sarò sempre la tua cheerleader, la tua più grande fan. Non ti augurerò mai il male, anzi, ti auguro di lottare e (più avanti) di ricominciare ad amare, senza bisogno di accontentarti. Spero che troverai qualcuno che sappia darti ciò in cui io ho sempre fallito, o che impari a stare bene anche senza. Prego che tu sia felice almeno la metà di quanto io lo sono stata insieme a te.
Mi distrugge pensare che lentamente diventeremo sconosciuti, che ci dimenticheremo del profumo dell’altro e delle nostre espressioni facendo l’amore. Quella camera non sarà più il nostro angolo di intimità e presto ti scorderai del mio corpo, delle mie curve e dei miei nei, e magari un giorno io scorderò i tuoi tatuaggi e le cicatrici che tanto ho amato.
Non saremo più Roby e Laura, la gente non ci guarderà più con invidia, mia mamma smetterà di fare la spesa anche per te e mio papà sarà felice di non dover mai fare le presentazioni ufficiali. Tutti quelli che ci conoscono avevano puntato tutto su di noi, ma forse alla fine siamo stati proprio noi quelli che non ci hanno creduto abbastanza.
Non sopporto l’idea di averti perso, un po’ per volta però so che mi passerà, giorno dopo giorno il dolore diminuirà, la mancanza svanirà e i ricordi non mi faranno più piangere, e forse quando questo succederà potremo addirittura essere amici.
So che tu non credi nell’amicizia tra ex e che ti sembra la cosa più sbagliata del mondo, ma io invece credo che l’errore più grande che due persone che si sono volute bene come noi possano fare sia quello di diventare sconosciuti, di comportarsi come nulla fosse e magari iniziare a parlare male dell’altro alle spalle.
Non dico oggi, non dico domani, e neanche tra un mese, quando sarà il momento lo sapremo, magari quando tornerò dalla Spagna, visto che non mi verrai a trovare. So che funzionerà e che non sarà nulla di strano se anche tu lo vorrai.
Avevamo idee diverse sull’amore è vero, ma ti ringrazio per tutti i ricordi che rimarranno per sempre. Non era il nostro momento e va bene così.
Spero che dopo aver ricevuto questa lettera mi chiamerai, o mi manderai almeno un messaggio, per farmi sapere che l’hai letta, cosa ne pensi e, se te la senti, anche per dirmi come stai o semplicemente per fare due chiacchiere.
Anche se non te ne accorgi io sono lì con te a tenerti per mano.
Per sempre dalla tua parte.
Laura
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Due parole su Guardian
Mi ero detta che non avrei scritto manco mezza parola su questa serie avendo già speso tempo ed energie per scrivere commenti e commenti su Reset.
Ma il finale... l'aver scoperto la vera storia del romanzo e tutte le pippe mentali che sono uscite dopo che l'ho finito, mi hanno portato a voler almeno sfogarmi un pò.
Guardian è una serie "fatta male".
A differenza di Word of Honor dove la scrittura dei personaggi ed i due lead sono per me la cosa peggiore ma visivamente e musicalmente era fatta da Dio, Guardian pecca su altri frangenti:
Prima di tutto, tutto il comparto scenografico/comparse. Difficile sentirmi immersa nella guerra quando i nemici sono tre di numero. Quando i tizi del sottosuolo che dovrebbero essere un popolo, sono rappresentati da quattro stronzi messi lì per fare scena. Oppure quando durante la guerra, fanno vedere fumo e cadaveri per le strada ma dei cattivi manco l'ombra.
Immaginate la battaglia del Fosso di Helm in LOTR dove sulle mura sono in tre persone contate. E fuori una decina di orchi. Vi da l'idea di battaglia/tensione/ansia? a me fa ridere e basta.
Il secondo problema è la trama. Piena di buchi, forzature, clichè e roba inspiegabile. Ovviamente essendoci di mezzo la magia, nulla deve essere spiegato: come in the Untamed
Vengono creati oggetti magici per portare la pace ma non si sa come dovrebbero attuare questo grande pace. Oggetti che funzionano solo con Yun Lan e Chu, ma solo a momenti e quando pare a loro. I tizi del sottosuolo che dopo la guerra di anni e anni fa, vanno volontariamente a vivere sotto terra e non si sa perché...e poi dirette video presente/passato, Re del sottosuolo nominati random...
Io ormai non mi stupisco più per la inspiegabilità di come funzioni la magia nelle serie cinesi: tre ne ho viste ed in tutte e tre vigeva la regola del "funziona così e zitti."
La storia generale è comunque seguibile - anche grazie ad un salto della Fede - e piena di spunti anche interessanti ma ahimè non approfonditi.
Purtroppo mi è mancata tutta la tensione/angoscia/angst che solitamente permette di sentirsi emotivamente attaccati ad una serie.
Fino al finale almeno. Il finale è un tripudio di angoscia, lacrime e disperazione, nonché di ???? grossi come cavalli.
Se c'è una cosa che sopporto poco è il non capire il finale. Può piacermi, non piacermi, posso trovarlo ridicolo o il migliore del mondo, può essere aperto, può non esserci - Die Now docet - ma devo almeno capire COME sia...cosa è successo.
Lo ammetto, il finale non l'ho capito. Dopo la battaglia contro il fratello di Shen Wei vediamo Shen Wei stesso - vestito come nel passato, che anziché prendere a randellate suo fratello - se lo porta via. A casa dice lui. C'è poi Yun Lan che deve risolvere il problema del sottosuolo che si sta distruggendo e si parla dello stoppino della lanterna. Ho quindi pensato che Yun Lan si fosse sacrificato per essere lo stoppino e salvare quel mondo. Svenuto, riescono a portarlo in superficie dove lo ritroviamo qualche anno dopo, vivo e vegeto ma ci dicono che " non è il vero Yun Lan". Nel mentre si capisce che l'ospite del padre di Yun Lan se ne è andato ed nonsisaperché il padre sembra buono e gentile proprio come il suo ospite.
E per concludere - scena finalissima - Shen Wei e Yun Lan nella stanza dello Spirito e del Tempo presumo, si incontrano e guardandosi languidi languidi, si dicono che ci incontreranno di nuovo.
Fine.
TU NON PUOI CAPIRE QUANTE DOMANDE HO!
1) Perché Shen Wei non ha accoltellato/ammazzato/preso a sprangate suo fratello? o perché suddetto fratello non è stato punito dopo che ha scatenato guerre, morte e distruzione per due mondi diversi? L'amorevole fratellino lo ha accoltellato al cuore, assorbito e stava per digerirlo. Ma Shen Wei punta alla santità a quanto pare.
2) Perché tutta la motivazione del fratello di Shen Wei si doveva reggere su un fraintendimento risolvibile in 10 minuti a tavolino?
3) Perché Shen Wei riappare come nel passato per portarsi via il fratello?
4) questione Lanterna/Stoppino. Un'agonia. A quanto dice l'ospite del padre di Yun Lan chi fa lo stoppino deve sacrificarsi bruciando eternamente mentre si reincarna più volte. Mi sbaglio? ora manco mi ricordo. Ma visto che la serie inserisce questa questione, ho ipotizzato che Yun Lan scegliesse questa strada e che diventasse lo stoppino. Ma avevo anche inteso che non sarebbe più tornato alla sua vita di prima. Cioè, fa l'investigatore e contemporaneamente lo stoppino?
Siccome sta storia è simile a Dark Souls, mi aspettavo un qualcosa di questo tipo, con Yun Lan che sparisce per fare lo stoppino.
5) e perché dicono che "non è il vero Yun Lan"? è metaforico? la morte di Shen Wei ha "ucciso" anche Yun Lan portandogli via la gioia di vivere?
6) La scena dove i due lead si incontrano, quando è collocata? Shen Wei è morto e ok. Ma Yun Lan? è un sogno? una visione?
Ne avrei a dozzine di domande così ma è proprio tutto questo ad avermi spinto a vagare sul web nella speranza di capirci di più. E quello che ho "scoperto" mi ha spinto a scrivere tutto questo:
1) Prima di tutto, senza poche sorprese, Guardian è clamorosamente un BL ma per via della censura si è ben pensato di trasformarlo in bromance. Si è pensato... ma non ci sono riusciti manco per il cazzo. Se c'è una cosa che Guardian ha fatto bene, che risolleva totalmente questo drama è la storia tra i due lead. Shen Wei e Yun Lan amoreggiano con lo sguardo e non hanno bisogno di fare scene d'amore: loro sono scene d'amore.
Ammetto di averli shippati come poche cose in questa vita.
2) La serie ha avuto problemi di budget. A quanto ho capito chi aveva i soldi per girare la serie è fallito a metà e quindi si è dovuto continuare con pochissimo budget. Questo spiega la povertà e la poraccitudine, le poche comparse e la terribile CGI.
3) Guardian è ripreso da un romanzo Web BL. Alla The Untamed style per intenderci. Mi sono vista tutto un video dove spiegano la differenza tra romanzo e serie tv e tralasciando le cose che non ho capito perché l'inglese davvero non fa per me, quello che ho compreso è che la storia narrata dalla serie è nettamente differente dal libro.
Prima di tutto nel romanzo c'è tutta una parte ambientata nell'epoca mitologica, essenziale per comprendere la relazione tra Shen Wei e Yun Lan, nonché la loro storia, poteri ed identità. Inoltre gli stessi personaggi sono stati modificati. Non solo i due lead ma anche i membri del SID. Così come è stata modificata l'ambientazione se così si può dire: al posto di talismani e fantasmi... alieni e tecnologia.
Se nel romanzo Yun Lan aveva poteri di chiaroveggenza e vedeva i fantasmi, nonché aveva mille oggettini per combattere il male - diciamo così - nella serie tv è dotato solo di una pistola che è un pò poco. Ma d'altronde i suoi nemici, nella serie tv, sono gente normale con i super poteri mentre nel romanzo ha davvero a che fare con roba più sovrannaturale.
La serie tv infatti inizia con un preambolo - confuso come poche cose - che si riassume con tre popolazioni che vivono sulla Terra. Una è quella degli umani, una è quella delle Tribù e l'altra è quella del sottosuolo.
E mi fa ridere come nel video che ho visto, non si parli assolutamente di questo. A quanto ho capito quelli del sottosuolo, disegnati come una civiltà con regole, bar, taverne, Reggia ed una società, nel romanzo siano esseri d'energia oscura - come Shen Wei - ma che poco ricordino una società simile a quella umana. Tanto che nella storia originale a Shen Wei viene vietato di avvicinarsi a Yun Lan perché la sua energia oscura gli avrebbe potuto fare male.
In sintesi se non ho capito male, la storia di base di Guardian è completamente diversa dalla sua realizzazione video.
E a sto punto mi chiedo: era necessario fare un drama così? che snatura completamente la sua identità/trama/personaggi per raccontare una storia che ricorda vagamente l'originale? Cioè è come fare Percy Jackson e Gli dei dell'Olimpo senza mitologia greca. Dove in realtà gli dei sono alieni con superpoteri ecc ecc.
Non fraintendetemi: a me questa serie è piaciuta. Mi ha fatto divertire e su finale mi è pure scesa una lacrimuccia. Ho amato Shen Wei e Yun Lan e adorato i ragazzi del SID.
Ma adesso vorrei leggermi il romanzo per capire davvero tutte le differenze con la serie - perché alcune le ho sicuramente scazzate - e per comprendere la vera storia.
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Drama Challenge
The oath of love (ep. 13-17)
L'AMMMMOREEEEE VOOOOLAAAAAAA.
Che cosa dovrei dire della coppia secondaria? Profonda quanto una pozzanghera, con lei che finge di non ricordare nulla di quello che è successo la notte scorsa, e lui che continua a fare il simpaticone nullafacente. Mah. Il nulla regna sovrano.
Per quanto riguarda la questione dell'andare all'estero per le cure, non ho capito come e perché al second lead sia venuta questa idea, e per quale motivo gli altri personaggi gli siano andati dietro. Se le cure lì procedono bene, qual è il problema? Per la prima volta mi sono trovata d'accordo con la second lead quando chiede risentita alla lead perché non si fidano di loro. Comunque sospettavo che alla fine si sarebbero fidati del dottor Gu e non sarebbero andati. Mi è piaciuta la lead che riesce in modo molto maturo a consolare la madre e a far riappacificare i suoi genitori (che a quanto pare sono la coppia con più angst di questa serie XD).
Che tenerezza il second lead che già si credeva parte della famiglia e futuro marito della lead. Povero lui. in realtà non mi dispiace
Oh. La second lead è stata scaricata e indovina? Non sono affatto sorpresa e nemmeno dispiaciuta sono stronza. La second lead più insipida della storia.
Caruccio Gu che dice alla second lead di non poter stare con lei perché ha bisogno di qualcosa di diverso, e di non volere una compagna che sia una versione di se stesso.
Troppo carino Gu che dice alla lead di essere bella sempre.
Ma quanto è stato carino quel "mi piaci" sulla bottiglietta??? L'ho trovato adorabile.
Finalmente, dopo vari equivoci, fraintendimenti ed infantilismi, la nostra coppia è riuscita a decollareee!! Mi è piaciuta la confessione di lui, molto carina.
L'uscita a sei è stata interessante XD, a partire dalla lead che decide di indossare dei tacchi su cui non sa camminare, per finire al dottorino che quando gli viene chiesto di posare per una foto con la sua fidanzata, lui si mette a braccia conserte. Ritratto quello che ho detto precedentemente: è ancora lontano dal diventare un essere umano.
Il primo bacio è stato oggettivamente bello. Certo, se mi metti i fuochi d'artificio ti piace vincere facile. A me non è piaciuto troppo proprio per questo motivo: è stato un bacio palesemente costruito per fare la bella scena, è stato proprio un bacio da film. Preferisco quando i baci accadono in maniera più naturale.
Dopo che il second lead è stato abbandonato a quell'improbabile cena a tre a cui ha fatto in modo di farsi invitare, si sarà deciso ad arrendersi o devo ancora vederlo provarci con l'aria di uno che è convinto di aver già vinto ma che in realtà non ha un briciolo di speranza?
Mi rendo conto che i miei commenti non sono molto lunghi. Potrei anche mettermi a parlare di ogni singola scena, ma prima di tutto non ho voglia, e poi non so quanto sarebbe interessante e quanto avrebbe senso. Quindi apposto così.
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L'attacco dei giganti - Ep 73 - Violenza efferata
IN ITALIA L'ANIME E' DISPONIBILE SULLA PIATTAFORMA GRATUITA VVVVID! SUPPORTIAMOLA! -> https://www.vvvvid.it/show/1414/l-attacco-dei-giganti-la-stagione-finale/1538/694218/violenza-efferata
Dopo uno stop di ben due settimane per causa di forza maggiore ecco tornato Aot, più esplosivo che mai con ben due episodi, doppia l'attesa, doppia la ricompensa, vedete bambini? Aspettare ripaga sempre, non siate mai frettolosi! Basta sciocchezze, iniziamo la puntata, abbiamo finalmente capito a che cacchio servisse tutto quel vino e che Zeke zitto zitto, cacchio cacchio, insieme a Yelena ed Eren, "c'ha già una sua idea" (cit), ed ora chiunque l'abbia bevuto è in grave pericolo perchè in esso c'è il fluido spinale della palla di peli. In realtà cominciamo da un altro punto del ristorante di Nicolò, ovvero la stanza dove si è materializzato Eren come se stesse entrando al bar per ordinare il caffè mentre invece sarebbe il ricercato numero 1 da più o meno tutti. Sostiene, non curandosi minimamente della presenza di Gabi lì vicino, che voleva parlare con Armin e Mikasa. E sentiamo cos'ha da dire il signorino, hai messo a ferro e fuoco il mondo intero e cominciato una guerra di proporzioni gigantesche (eheh gigantesche...scusate), speriamo che almeno ci dica che ha un piano e che lo sta facendo per il bene di tutti, anche se ai miei occhi e di quelli che ragionano ancora, tipo Armin o Hange, nulla potrà mai giustificare l'uccisione di innumerevoli bambini e persone innocenti. Ma sentiamo.
Innanzitutto premette che non è manipolato nè da Zeke nè da Yelena nè da nessuno, le sue azioni le ha sempre fatte di propria volontà. Annamo bene, quindi hai ammazzato di tua volontà tutti quegli innocenti. Ha sempre odiato chi è schiavo, anche inconsapevole, ha sempre odiato chi segue la massa senza pensare con la propria testa, e grazie a Zeke ha imparato molto sul mondo dei giganti e sul popolo di Eldia, infatti dice ad Armin che chi possiede i giganti, i 9 con la coscienza, non cessa mai di vivere ma rimane nei ricordi del possessore attuale ed in qualche modo lo influenza, ed in effetti da quando Armin è gigante va spesso a trovare Annie, vero? La ragazza di cui era innamorato Berthold, e che ora Armin va a trovare, come se fosse manipolato dallo stesso Berthold. E Mikasa, veniamo a te, oggi Eren termina amicizie come se piovessero +4 ad una partita di Uno. Mikasa, tu in quanto Ackermann, vieni da una famiglia che venne creata al solo ed unico scopo di proteggere la famiglia reale, e quel giorno in cui avete ucciso gli assassini dei tuoi genitori, non hai preso coscienza della tua forza o risvegliato un potere o scoperto il cristallo di luna; hai obbedito ad un comando di Eren: "Combatti". Certo, Eren non ha sangue reale, ma Mikasa ha diciamo "riconosciuto" come proprio "obiettivo da proteggere" Eren, e non riesce a fermarsi se c'è di mezzo la sua incolumità. Anche lei è manipolata, dal suo istinto di Ackermann. Non è lui il manipolato, bensì loro due, ed in quanto tali li odia. Fine del discorso. Porca miseria quanto ho voglia di romperti il naso Eren. Anche Armin ne ha voglia, ed imbufalito per le parole che ha detto a Mikasa, tanto che sta piangendo, sale sul tavolo e tenta di colpirlo, ma proprio Mikasa, dando ragione ad Eren, gli torce un braccio e lo immobilizza sul tavolo, allontanandosi subito dopo perchè è tornata in se stessa. Armin ci riprova poveretto, ma può poco contro il fustacchione che è diventato Eren, e crolla a terra dopo non so quanti pugni gli abbia rifilato Eren, che per quanto mi riguarda deve morire male. Poi dice a tutti di levare le tende, prendete Armin, Mikasa e Gabi e andiamo tutti insieme a Shiganshina.
Allora. Parliamo del presente. Perchè chi ha letto il manga è più avanti ed ha una visione più completa dell'operato di Eren, ma qui siamo davanti ad un farabutto che si sente in dovere di giudicare ed umiliare i suoi amici che nonostante quello che ha fatto hanno finora cercato di tendergli una mano. A me non interessa che abbia sofferto, sua mamma mangiata dai giganti, bla bla bla, niente lo giustifica perchè tutti hanno sofferto, tutti hanno sopportato sciagure, Connie vive nell'agonia di vedere sua madre gigante bloccata in casa, Levi ha visto morire e decomporsi la madre ed i suoi migliori amici, per non parlare di innumerevoli compagni ed Erwin, che anche lui ha sofferto l'uccisione di suo padre, Armin e Mikasa hanno sofferto immensamente anche loro, non continuo l'elenco perchè non ne usciremmo. Nessuno di loro si è mai comportato come Eren, nessuno ha mai cercato vendetta, o se l'ha fatto era convinto di combattere contro mostri inconsapevoli, ed anche quando il nemico sono diventati altri esseri umani hanno sempre ucciso con dolore, sapendo che non era questo che volevano, senza cattiveria o orgoglio perchè stavano uccidendo vite, persone come loro. Eren è da biasimare, in tutto e per tutto, niente lo giustifica. Ho finito il mio sfogo, andiamo avanti.
Andiamo da Levi, che non è d'accordo col piano di Pyxis, per lui non va mangiato Eren, anche perchè, porca miseria, 60 episodi passati a proteggerlo, quanto meno non vanifichiamoli e liberiamoci di Zeke, che morto lui state sicuri che Eren non saprà più come fare. E non posso darti torto qui, anche se Eren afferma di pensare con la propria testa di sicuro Zeke è un tassello fondamentale nel piano dei due fratelli. Zeke nel frattempo è tranquillo, ed al ritorno di Levi gli chiede se il vino è finito. Che fai, lo spiritoso? Chiedi pure se c'è altro vino, come se ormai non sapessimo che era proprio il tuo obiettivo imbottire l'esercito del tuo fluido spinale. Mentre Levi si allontana dopo avergli detto di rimanere tranquillo a leggere però, lo vede correre via, ma dove va quel decerebrato? E' circondato da soldati armati di lance anti-gigante, nemmeno trasformandosi può uscirne vivo. Ed eccolo ad urlare come se avesse sbattuto il mignolino contro una radice, ma in realtà ha attivato il proprio fluido dentro ognuno dei soldati, che uno dopo l'altro si trasformano in giganti. Levi si ritrova sbalordito e circondato da una 30ina di giganti senza coscienza che vogliono assaggiarlo, e capisce che Zeke ha mentito loro, il suo fluido non immobilizza, bensì trasforma, se opportunamente attivato. Stronzo eh, ma pure voi che ve ne fidavate non brillate di intelligenza. La palla di peli è tranquilla, in braccio ad un gigante per correre via dalla foresta, figurarsi se Levi può sopravvivere, non ucciderebbe mai i suoi sottoposti. Bello mio, non hai capito con chi hai a che fare, quello lì ed Erwin sacrificavano sottoposti (ovviamente non volendo) mentre tu giocavi ancora con le bambole. Ed in men che non si dica se lo ritrova alle calcagna, e qui signori miei, scontro epico tra il piccolo Ackermann ed il gigante, con Zeke disperato che tenta di acciuffarlo e Levi che lo riempie di stacce con la voce che riecheggia tra gli alberi e di lance anti-gigante tanto da farlo uscire dal gigante conciato malissimo. Mamma mia che scena, urlavo internamente, con Levi non c'è storia. Ah, ho rivisto questa scena almeno 12 volte.
A Shiganshina Shadis sta addestrando nuove reclute per combattere i giganti, ma serpeggia il malcontento perchè a che serve combattere i giganti se sanno benissimo che il nemico è Marley? Perchè non dare ad Eren il comando di tutto e togliere di mezzo questi ufficiali dispotici? Certo cari, il mondo è bianco o nero, continuate pure a pensarla così. Nemmeno a farlo apposta, arriva Floch coi suoi compari ed Hange legata, e fa il discorsone da fascistoide, che ReStAuReRaNnO l'ImPeRo Di ElDiA!1 OfFrIrAnNo I lOrO cUoRi PeR GuIdArE iL PoPoLo CoNtRo ChI Li VuOlE aSsOgGeTtArE!1! E altre baggianate simili, la solfa ormai la sappiamo. E per dimostrare la fedeltà delle reclute che hanno fatto un passo avanti la loro iniziazione consiste nel riempire di botte Shadis. Ottimo, davvero ottimo. Io comunque sono nauseata ogni volta che dicono Shinzou Sasageyo, come se fossero nel giusto a cercar morte. Shadis, inutile dirlo, finisce a terra sanguinante, ed Hange è più sconfortata che mai mentre Floch le ripete che è meglio per tutti se rivela dove tengono Zeke.
Dopo tanta rabbia l'episodio ci regala una piccola gioia, Levi ha legato ad un carro ed imbottito di lance il corpo di Zeke, se prova anche solo a muovere la testa esploderà come una pignatta ad una festa di compleanno. E non contento gli affetta le gambe, non si sa mai. In preda al dolore Zeke ricorda un tizio con cui giocava a baseball da piccolo, preannunciandoci che il prossimo episodio visiteremo il passato di Zeke.
Si chiude così questo episodio, il trauma ha cominciato a serpeggiare, gli ufficiali lontani da Zeke hanno avvertito qualcosa nel momento in cui lui ha urlato, ed avendo visto ciò che è successo ai sottoposti di Levi possiamo immaginare bene cosa può capitare a tutti quelli che hanno bevuto il vino. Trauma dopo trauma, nessuno di noi è pronto. Lo studio MAPPA, che ve lo dico a fare, svolge il suo lavoro egregiamente, ho adorato la scena dello scontro tra Levi e Zeke ed odiato Floch ed Eren quando ha rivolto parole così odiose ai suoi migliori amici, tutto è reso con così tanta onestà e crudeltà che ti ritrovi a pensare che siano persone reali. E il comparto musiche, ogni scena, in particolare quella dello scontro e quella del discorso di Floch, entrambe un sottofondo spettacolare, hai la sensazione di trovarti lì e sentirti eccitato o arrabbiato ed impotente davanti all'ignoranza ed alla cattiveria. Applausi.
Dunque appuntamento al prossimo episodio, subito dopo questo, stay tuned! -sand-
#aot#snk#aot anime#aot streaming#ita#italiano#commento#trauma#aot ep 73#attacco dei giganti#shingeki no kyojin#eren iaeger#mikasa ackerman#armin arlert#zeke iaeger#levi ackermann#vvvvid
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Questa è la fanfiction che sto pubblicando attualmente e, come spesso accade, la storia definitiva ha preso in alcuni punti delle svolte diverse da quelle inizialmente previste. Qui sotto potete trovare uno dei pezzi ‘scartati’ che non sono mai stati inseriti nella storia ma che forse a qualcuno farà piacere leggere comunque! La foto di copertina che vedete qui sopra è scattata da me e ritrae una delle creazioni di Chimerical Dragonfly Questa parte è ambientata dopo il capitolo ‘Io ti ammazzo Malfoy’. (disponibile su OA3 e NA in versione integrale e su EFP e Wattpad in versione censurata) *** Erano passati due giorni dall’incidente nella classe di difesa e i pettegolezzi erano stati molteplici anche se in pochi, tra gli studenti, avevano effettivamente capito cos’era successo e le voci erano molteplici e contrastanti. Da allora ne il professor Piton ne Harry Potter erano più stati visti nella scuola. Hermione, dopo due settimane a studiare l’argomento, si era fatta un’opinione abbastanza chiara di cosa era successo ed era furiosa. Non riusciva a credere che il suo ragazzo e il suo miglior amico avessero glissato sulla cosa per così tanto tempo, tenendola volontariamente all’oscuro sia del fatto che Harry era un Alpha, sia che era legato a Piton. Ron aveva cercato in tutti i modi di stemperare la sua ira, ma con risultati davvero scarsi e l’unica cosa che era riuscita ad ottenere era la promessa che non avrebbe parlato in giro con nessuno della cosa. Questo non le impediva di continuare ad insistere, sia chiedendo dove fossero Harry e Piton sia come fosse possibile che avessero mantenuto il riserbo con lei. La ragazza intuiva la necessità di mantenere riservata la relazione, soprattutto da quando, dopo molte insistenze, Ron le aveva confessato che Harry e Piton aspettavano un figlio. Gli ci era voluta circa mezza giornata per digerire l’informazione ma adesso era di nuovo presa dal bisogno di maggiori informazioni, che il suo ragazzo sembrava recisamente convinto a non darle. Erano tra i pochi che non erano ancora scesi per colazione, quella mattina, e la Sala Comune era deserta, quando chiese: “Va bene. Capisco che Harry non volesse ulteriori attenzioni su di se, e capisco che fosse in imbarazzo per quanto riguarda la relazione con un insegnante e con Piton in particolare.” Prese fiato. “Guarda Ron, ci ho pensato, e capisco anche che stavate cercando di darmi la notizia con calma, ma spiegami perché adesso Harry non è qui, almeno! Dove diavolo sono finiti, tutti e due, comunque?” Ron arrossì anche sulle orecchie e schivò il suo sguardo indagatore: “Hermione, è quasi autunno… sai?” Per un attimo la ragazza credette davvero che Ron volesse distrarla parlando del tempo, poi comprese all’improvviso e, arrossendo a sua volta domadnò in un bisbiglio, sebbene fossero soli: “Ma ci saranno delle pause, no? Per mangiare e…” Ron scosse la testa senza alzare gli occhi: “Ne dubito. Non molte comunque.” “E per quanto…?” Ron scattò esasperato: “Cosa vuoi che ne sappia? Sei tu che hai letto tutti quei libri!” Ma una cosa era leggere dei libri e un’altra era sapere che il suo amico era un Alpha… “Sì, be’, i libri dicono una settimana, più o meno.” “Bene.” Rispose Ron piccato. “Ne sai più di me, visto?” e senza attendere si diresse verso l’uscita, sperando di fermare il fiume in piena delle sue recriminazioni una volta che non fossero più stati soli. Hermione era frustrata da tutta la faccenda e le cose peggiorarono quando arrivò a colazione e i gufi le consegnarono la posta. Il Profeta titolava in prima pagina: Harry Potter coinvolto in una frenesia da calore. A quanto pare ci sono ancora molte cose che il mondo magico non sa del suo Salvatore. A quanto pare Potter è un Alpha, anche se è sempre stato incredibilmente riservato in merito. Se questa rivelazione non ci sorprende più di tanto, in quanto tutti conosciamo la fama di forza e coraggio legata agli Alpha, fa invece notizia il suo recente legame, già registrato presso il Ministero, come ci informano alcune fonti vicine a questa giornalista, con il noto ex Mangiamorte o forse eroe di guerra Severus Piton. Sebbene in passato ci siano state delle voci non confermate, le recenti ricerche fatte sulla Lista confermano che Severus Piton fosse precedentemente legato a voi-sapete-chi in persona, quindi non è inconsueto che Harry Potter abbia rivendicato per se l’Omega che apparteneva al suo nemico. La vicenda è venuta alla luce nei giorni scorsi, quando Potter è rimasto coinvolto in uno scontro con un altro Alpha, Draco Malfoy, per il possesso dell’Omega che pare sia andato in calore durante una lezione nella scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, dove insegna. (continua a pagina 3) (per il sondaggio se sia lecito che un Omega possa insegnare, pagina 5 e 6) Hermione chiuse il giornale con faccia mortalmente seria e, prima che Ron potesse dire anche solo una parola era già in piedi, il giornale ancora in mano e diretta verso il tavolo di Serpeverde, dove Malfoy stava mangiando da solo, piuttosto discosto da tutti i compagni. “Tu! Sapevo che eri un orribile viziato e pallone gonfiato, ma questo! QUESTO!” disse sbattendo il giornale davanti a lui e centrando il piatto pieno “Questo è disgustoso anche per il tuo solito! Come hai potuto andare a dire a quella donna…” Draco non la lasciò finire e sibilò piano, sporgendosi in avanti “Io non ho detto proprio nulla, ignorante che non sei altro!” poi una volta che Hermione si fu zittita per ascoltare il resto e decidere se stava mentendo come al solito, continuò “Forse tu non te ne rendi conto, ma quell’articolo insulta anche me! Mi hanno fatto apparire come un cucciolo che va fuori di testa al primo Omega in calore che vede! Sono un Alpha e sono maggiorenne e è molto disdicevole quello che è successo. Me ne vergognavo abbastanza anche senza che la cosa venisse messa su pubblica piazza!” Ron si era avvicinato per cercare di arginare uno scontro proprio quando qualcuno alla destra di Draco disse a voce alta: “Oh, ma povero Draco! Nonostante i tuoi soldi non sei nemmeno in grado di trovarti una cagna tutta tua! Deve essere frustrante vedere che Potter è riuscito a trovarne una e tu no. Certo che il Salvatore deve avere standard davvero bassi se gli vanno bene gli scarti del Signore Oscuro! Ma poi cosa importa? Una cagna è sempre una cagna, immagino che finché è fertile e in grado di muovere il culo a voi vada bene lo stesso.” Hermione vide contemporaneamente Draco girarsi verso la voce e Ron impallidire e dire sferzante: “Mia madre è un Omega, Nott.” Il serpeverde lo guardò come se Natale fosse arrivato in anticipo. “Oh, lo sappiamo, Weasley. E’ ovvio che tua madre è una cagna, altrimenti non si spiegherebbe il numero di voi in circolazione!” Ron aveva già la bacchetta in mano ma Draco rispose più rapidamente: “Anche mia madre è un Omega, Theo.” Il ragazzo ghignò soddisfatto mentre alle sue spalle Millicent sogghignava. “Oh, ma certo! Come ho fatto a non pensarci? Almeno tua madre è riuscita a produrre un Alpha, anche se mi chiedo di che genere, guardandoti meglio! Dopotutto c’è da chiedersi che tipo di tare genetiche abbia la tua famiglia visto che hanno avuto un solo figlio. Non sarà che tuo padre, quando lei gli presentava il culo, preferiva invece farsela con il suo amico Piton? Deve essere una cagna di tutto rispetto se riesce ad irretire tutti voi Alpha in questo modo. Ha presentato il suo culo sfondato anche a te, Draco?” Ron era paonazzo e Draco invece, come il vigliacco che era sempre stato, semplicemente si alzò piano e cominciò ad aggirare il tavolo, per andarsene. “Rimangiati tutto, Nott.” Disse Ron con la mano tremante sulla bacchetta mentre Hermione sfoderava la sua e la puntava su Millicent. Il ragazzo gli rise in faccia: “E se non lo faccio? Io sono disarmato, vuoi colpirmi lo stesso, Eroe?” Hermione lo vide arrivare prima ancora che chiunque altro potesse accorgersene. La maledizione colpì Nott in pieno petto, sbattendolo contro il muro alle sue spalle e facendogli sputare sangue e subito dopo venne colpita anche Bulstrode, per buona misura. “Bene per me che io non sia un eroe, allora.” Strascicò le parole Draco, gelido, da un punto oltre il tavolo di Serpeverde da dove aveva lanciato gli incantesimi. Era stato astuto, da parte sua, intuì Hermione, perché almeno in questo modo si era allontanato da molti dei Serpeverde che avrebbero appoggiato Nott in una lotta e si era invece avvicinato al lato del tavolo di Corvonero che invece avrebbero volentieri incrociato le bacchette con i figli degli ex mangia morte. La preside arrivò sulla scena in quel momento, e dal suo viso tutti poterono intuire che le cose non sarebbero state prese alla leggera. “Esigo di sapere cosa sta succedendo!” disse dopo aver lanciato un rapido incantesimo per fermare il sangue che Nott e Bultrode continuavano a perdere da naso e bocca. Nott rispose appena ebbe il fiato per farlo “Lo ha visto! Malfoy mi ha colpito senza nessun motivo, solo perché le mie opinioni differiscono dalle sue!” La donna fece un cenno a Malfoy che avanzò circospetto e poi chiese: “E quali sono queste opinioni, signor Nott?” Hermione disse in tono chiaro: “Sono, irripetibili e offensive, Preside.” La donna la guardò critica. “Nonostante questo gradirei sentirle. Dopotutto è sensato che una persona abbia delle opinioni personali, signorina Granger.” Nott ghignò e disse piano. “Credo che Malfoy, ma anche Weasley, non amino che gli venga ricordato che le loro madri sono, a tutti gli effetti, delle cagne e che, proprio oggi, dovrebbero essere, precisamente, delle cagne in calore.” La Preside inarcò un sopracciglio e non mostrò altra espressione. “Esaustivo, signor Nott.” Poi si girò verso Malfoy con occhio critico “Cinquanta punti in meno a Serpeverde per aver attaccato due compagni, Signor Malfoy, e un mese di punizione con il signor Gazza.” Draco abbassò testa e bacchetta e non replicò nemmeno davanti all’espressione di puro trionfo sul viso di Nott. La Preside però non aveva ancora finito. “Bene signor Nott, tornando a lei, siccome mi ha fatto notare di essere una persona con delle proprie opinioni, e siccome lei è maggiorenne, la pregherei di andare a fare i suo bagagli e lasciare la scuola entro sera.” Il sorriso scemò dal viso del ragazzo, che chiese tagliente. “Quindi mi sta dicendo che questa scuola accetta solo chi ha opinioni uguali alle sue, Preside? Credevo ci fosse ancora libertà di pensiero!” La McGranitt non si scompose. “Lei è liberissimo di pensare quello che preferisce, signor Nott, semplicemente questa scuola non accetta studenti che non capiscono la differenza tra opinione e insulto. Lei ha insultato non solo le madri dei suoi compagni ma anche uno dei professori da me scelti e intrinsecamente me per aver fatto quella scelta. Se lei fosse minorenne mi limiterei a punirla, ma lei è un adulto responsabile delle proprie azioni e delle proprie parole e sono certo che si troverà molto meglio a studiare in una scuola che scelga professori conformi alle sue opinioni. Se vuole accettare un consiglio, escluderei Beauxbateau e Durmstrang.” Nott si alzò rigido e cereo e uscì dalla Sala Grande seguito da un forte applauso alla nuova Preside. Hermione però notò che l’applauso era tutto meno che generale. Quel pomeriggio Ron e Hermione si appressarono a Malfoy che stava studiando da solo in biblioteca. Ron, anche se la sua avversione per Draco era sempre alta, gli elargì un sorriso a tutti denti. “Ti devo cinquanta punti Malfoy. Sono di nuovo portiere della squadra di quidditch e puoi dire ai tuoi che i primi cinque tiri contro Grifondoro li lascerò passare senza nemmeno provare a pararli!” Il ragazzo sollevò gli occhi dal libro e assottigliò la bocca per un attimo: “Io non sono più in squadra, invece, Weasley. E per quello che me ne importa potevano anche togliermene mille, di punti.” Hermione cercò di essere conciliante. “Volevo scusarmi per averti attaccato prima. Io non avevo capito, mi dispiace.” Malfoy la guardò e assentì facendogli un cenno come per invitare entrambi a sedersi con lui al tavolo vuoto. “Non ti devi scusare. Avevo capito.” Ron disse rapido e un po’ impacciato: “Non sapevo di tua madre… è raro…” Hermione chiese confusa: “Cosa è raro?” Malfoy spiegò paziente. “E’ raro che una coppia Alpha Omega abbia solo un figlio e è ancora più raro che sia un Alpha, come dimostra la famiglia Weasley.” “E’… c’è una spiegazione scientifica… voglio dire…” Draco rispose con voce appena udibile. “Tecnicamente sì. In pratica è un gene che tende a essere casuale, come i metamorfomagus. Può ricomparire anche dopo generazioni o non comparire affatto. Ci sono degli studi che spiegano che in questo caso il gene tende ad evitare la famigliarità. In pratica si preserva dalle tare genetiche evitando la possibilità di concepimento tra consanguinei. Purtroppo la realtà è diversa.” Hermione era interessata, visto che non aveva trovato nulla del genere nei libri che aveva letto. “Come può essere diversa?” Ron la guardò a occhi sbarrati e poi abbassò la testa, lasciando a Malfoy l’onere di spiegare. “Granger, lo hai sentito Nott. La maggior parte delle persone la pensano come lui, non come la mia famiglia o i Weasley. Gli Omega sono ancora più rari degli Alpha, quindi le famiglie purosangue che hanno un erede Alpha, pur di garantirsi una discendenza, sono soliti condividere lo stesso Omega. Non è infrequente. Forse avrai notato che Nott ha solo suo padre e Zabini solo sua madre. Ma è un esempio. Ce ne sono altri, anche se non molti visti i nostri numeri limitati.” Hermione era sbiancata, tutto il sangue gli era defluito dalla faccia e le sue labbra erano bianche come gesso: “Stai dicendo che Nott e Zabini sono fratelli?” “Tecnicamente non lo sono. Gli omega non hanno rilevanza, ai fini legali. O così la pensano tutti. E questo fa sì che spesso siano consentiti matrimoni tra fratellastri.” Poi, dopo un attimo aggiunse piano “come nel caso dei miei genitori, in effetti. E’ per quello che Nott parlava di tare genetiche. Il padre di mia madre ha offerto la sua Omega al padre di mio padre. E’ stata una coincidenza praticamente unica che abbiano avuto un Alpha e un Omega. Così li hanno promessi fin dal giorno in cui mia madre è nata. Per preservare il sangue, sai. E’ anche il motivo per cui sono figlio unico. In effetti quella è una tara genetica.” Draco parlava in tono monotono, come se non avesse importanza, ma era chiaro che l’argomento lo feriva. Hermione non riuscì a fermarsi: “Deve essere terribile. Voglio dire…” “Lo è. E’ già abbastanza brutto sentirsi rinfacciare… lasciamo stare. Non sono cose destinate a cambiare.” Poi dopo un attimo di silenzio imbarazzato Malfoy chiese: “Quindi alla fine è Potter, l’Alpha del mistero?” Ron lo guardò senza capire: “Alpha del mistero? Perché?” Malfoy tornò al suo solito tono strascicato. “Oh, solo perché tutti gli Alpha del mondo si stavano chiedendo chi avesse rivendicato Piton, visto che è entrato e uscito dalla Lista così in fretta che nessuno ha fatto in tempo ad accorgersene!” “Ah, quello.” Disse Ron incerto. “Be’ sì, allora sì. E’ Harry.” “Buono a sapersi. Le alternative non erano molto… rassicuranti.”
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Sacrifice, Chapter 25
Pairing: Wanda Maximoff & James Bucky Barnes
Le luci delle sirene della polizia riuscì a vederle da lontano, il cancello principale era aperto e lui parcheggiò di fretta e perfino male, tanto da ottenere una multa ma in quel momento poco gli importava. Scese dalla macchina, sbattendo la portiera mentre Wanda era ancora dentro combattendo con la cintura di sicurezza che aveva indossato prima, per colpa della corsa che James aveva fatto. Lui era appena arrivato sull'uscio della porta, quando iniziò a vedere della roba sparsa già per l'ingresso della casa.
Dei cocci di vetro sparsi per terra e alcune piume di cuscini che continuavano a volare a mezz'aria. Proseguì fino ad arrivare nel salotto, si girò verso la sala da pranzo e solo lì potè vedere sua mamma seduta su una delle sedie con un'infermiera che la stava medicando.
"Mamma..."
"James"
Lui la raggiunse e l'abbracciò facendo attenzione alla fascia che aveva attorno al braccio sinistro. Si abbracciarono e restarono fermi in quella posizione per alcuni minuti, fin quando l'infermiera che era vicino a sua madre poco prima gli disse di staccarsi. E nonostante lui non lo volesse fare decise di staccarsi lo stesso. Se avrebbe fatto il contrario avrebbe iniziato una questione che non sarebbe mai finita.
"Avevi ragione"
"Avevo ragione su cosa?"
"Su quella ragazza, non era come sembrava..."
Lui fece un respiro profondo, stava per mangiarsi le mani a morsi. Sua madre non l'aveva creduto ma non aveva nessuna intenzione a prendersela con lei. Sua madre era solo una vittima, colui che avrebbe dovuto pagare che ciò che aveva fatto, era la stessa persona che ora, in questo momento, in casa non c'era.
"Beh, allora hai scoperto che ti tradiva e tu non mi hai creduto dall'inizio..."
"Vorresti prendertela con me che sono tua madre?"
James si zittì un secondo, rendendosi che stava facendo esattamente l'opposto che si era promesso di non fare. Ora quello che c'era da fare era rassicurarla, era farla sentire meglio e se suo padre non c'era riuscito allora il compito passava a lui. E lo avrebbe portato a termine perfettamente.
"No, non ho nessuna voglia di prendermela con te...ma ho bisogno di sapere perché sono dovuto ritornare a casa di fretta e furia e la ritrovo quasi distrutta. Poi ci sei tu con dei lividi e...mi fai pensare solo al peggio. Allora quello che mi avevi detto l'altra sera non è servito a niente? Dove cazzo è finito l'amore fra voi due? Dimmelo!"
"È complicato James"
"L'avete reso voi complicato, tu e papà. O preferisci che lo chiami quel brutto stronzo che ti ha messo le mani addosso? Lo avete ridotto così a suon di bugie, con cui riempite me e Rebecca dalla mattina alla sera. Lascia che ti dica una cosa...puoi riempire di bugie Rebecca quanto vuoi, ma non voglio che quando si faccia più grande abbia paura dell'altro sesso perché suo padre riempiva di botte sua madre. E non puoi più farlo con me, ho diciotto anni e se volete che cresca, non lo farò come credeva lui, in un'azienda. In un'azienda dove mi sarei dovuto subire quelle stupide smancerie di quella puttana..."
"James..."
"No, niente James mamma. Io ho il dovere, d'ora in avanti di proteggere te e Rebecca cosa che tuo marito non ha saputo fare perché troppo occupato a portarsi a letto minorenni e prendere a botte sua moglie"
Quando lui finì il suo grande sfogo, entrambi sentirono alcuni passi provenire dal piano di sopra e un vociare abbastanza alto da fuori la porta di casa sua. Era cosi concentrato a far uscire la sua rabbia, che aveva dentro di sé da tanto tempo, che non si era accorto che non era solo in casa. E che aveva lasciato qualcuno fuori di essa.
"James?"una vocina da sopra i gradini delle scale di casa sua lo fece girare e poi ritornò con la sua attenzione sull'uscio della porta, dove c'era Wanda che si dimenava ad entrare nonostante i poliziotti continuavano a fermarla.
"Lei è con me...fatela entrare"disse lui sovrastando le voci dei poliziotti.
Wanda mosse i primi passi dentro casa sua. Si avvicinò a loro, stando lontano di poco da James e quando vide l'immagine di sua madre la salutò con un cenno della mano.
Winnifred sorrise leggermente, invece James guardava la scena con un'espressione sconfitta sul viso. Sua sorella continuava a rimanere in mezzo alle scale e subito dopo rivolse uno sguardo di supplica verso Wanda, in quel momento per lui era diventata l'unica speranza. Voleva veramente badare a sua sorella, ma in questo momento aveva bisogno di chiarire la questione con sua madre. Si allontanò con Wanda di poco e le sfiorò il fianco destro con la sua mano sinistra e a quel contatto lei riuscì ancora a sentire quelle strane farfalle nello stomaco.
"Ho bisogno che tu mi faccia un favore..."disse lui guardandola in maniera speranzosa e con quelle pozze profonde blu.
Lei fece prima un respiro profondo, abbassò lo sguardo e poi lo guardò una seconda volta sapendo che prima o poi, più poi che prima, avrebbe perso la testa per quegli occhi.
"Dimmi..."disse lei a voce bassa, che riusci a sentire solo lui.
"Ho bisogno che tu distragga Rebecca, non voglio che si metta in questo casino a meno che quel cretino non l'abbia già messa...ti prego, non farla scendere per nessun motivo"
"Okay, sarà fatto...poi mi dici cosa è successo"
"Non so se ne sarò in grado"
"Se non vuoi parlarne, va tutto bene non ti costringo..."
"Lo so..."
James vide che Wanda si stava allontanando e stava per salire le scale per poter andare al piano di sopra, lei prese la piccola mano di Rebecca e si diressero insieme nella stanza della piccola. Ma prima che mettessero piede lì dentro James richiamò Wanda e lei si girò una seconda volta.
"Grazie per essere venuta...non so cosa avrei fatto se tu non ci fossi stata"
Wanda non ebbe il coraggio di rispondere a parole figuriamoci a gesti, cosi gli fece un piccolo sorriso. Rimasero lì alcuni secondi fin quando lui si girò verso sua madre e lei seguì Rebecca che non entrò nella sua stanza ma in quella del fratello.
"Perché non in camera tua ma bensì in quella di tuo fratello?"
"Quando i nostri genitori litigano, io li sento spesso. Di solito lui non li ascolta perchè ha sempre le cuffie nelle orecchie e così se io li sento entro in camera sua. Non mi molla fin quando non ho preso sonno con le sue storielle"
"Con le sue storielle? Sapevo che giocava con te e le tue Barbie"
"Come facevi a saperlo? Era un segreto, lui non sa mantenerli"
Wanda rise un po' di fronte alla dolcezza della piccola Rebecca, ma decise di andare a difendere il suo compagno di fisica.
"Sei sicura che sia solo di fisica?"si chiese nella sua mente ma lei non badò a quel pensiero.
"Guarda che non è vero! Tuo fratello è davvero bravo a mantenere i segreti ed è anche un ottimo cavaliere"disse lei ricordando il gesto dell'aprirle la portiera e lei solo con quello sorrise.
"Un cavaliere? Forse intendevi un principe azzurro!"
"Okay, si quello. Un principe azzurro"
A Wanda si scioglieva il cuore al solo pensare che un ragazzo come James fosse il suo principe azzurro. Di solito, nelle storie, il principe salvava la fanciulla dalle grinfie del drago o della strega cattiva. E se fosse stato cosi, lei sarebbe stata la principessa, James il principe e il drago quella brutta cosa che aveva? Le faceva paura persino nominare quella cosa che aveva, se non era paura allora era ribrezzo.
"Ma come ogni principe azzurro che si rispetti, lui ha bisogno della sua principessa"
"Già, hai ragione!"
"Credo che quella principessa debba essere tu"disse la piccola avvolgendosi nelle coperte e tenendo stretto quello che doveva essere un koala di peluche.
"Davvero?"chiese lei.
"Si, vedo mio fratello davvero felice con te...tu sei la sua principessa!"
"Rebecca, per l'età che hai credo che corri troppo"
"Forse è vero, me lo dicono tutti. Ma non negare che non sia vero..."
Okay, una bambina di soli nove anni stava per tirare fuori dalla bocca di Wanda quello che nascondeva da un bel po' di tempo a questa parte, ovvero quello che James poteva essere davvero il principe azzurro.
Ma davvero il suo futuro principe azzurro, davvero uno come James avrebbe avuto tutta la forza di saper affrontare un male del genere, come lo aveva lei? Qui non si trattava più di streghe cattive o di draghi che sputano fuoco, ma della vita vera... E per quanto lei potesse negarlo, la piccola Rebecca aveva ragione. Non aveva intenzione di mentire dinanzi ad una creatura così pura come lei ma certamente non l'avrebbe neanche detto apertamente dinanzi a suo fratello, perché se l'avrebbe fatto sapeva che sarebbe andata a finire male. Fra loro due o solo a lei? Questo non l'avrebbe mai saputo se lei non si sarebbe mai dichiarata, giusto?
"Un po' lo è..."
"Visto? Vedi che avevo ragione?"
"Shh, abbassa la voce! Al piano di sotto tuo fratello e tua madre credono che tu stia dormendo o almeno che tu stia per farlo, quindi non urlare..."
"Va bene, non lo faccio più! Allora raccontami una storia...con un principe e una principessa"
Wanda si arrese e si fece convincere dalla dolcezza della piccola che le fece un gesto di venire da lei e stendersi sul letto di James, dove lei poté sentire molto chiaramente il suo profumo. Lei iniziò a raccontare una storia piena di fantasia ma che si rifaceva molto alla realtà e nel mentre che le sue narici si riempivano ancora una volta del suo profumo, Rebecca aveva già preso sonno e insieme a lei anche Wanda. Nel frattempo, al piano di sotto erano rimasti solamente madre e figlio. Ormai i poliziotti e i paramedici erano andati via e le sirene con le loro luci blu avevano finito di infestare la strada. Ma l'unica cosa infestata in quel momento, era la testa di James. Quelle bugie dei suoi genitori, che credeva avessero distrutto il loro matrimonio, erano solo per proteggere lui, sua sorella e persino sua madre. Ma proprio quest'ultima è stata ferita.
"Che intenzioni hai?"chiese lui dopo essersi passato le mani fra i capelli dalla frustrazione.
"Non lo so..."
"Non dirmi che vuoi fare finta che non sia successo nulla, sai che non funziona così..."
Vedendo che sua madre non gli rispondeva, sì alzò dal divano e andò verso di lei accovaciandosi sulle ginocchia. Restò fermo in quella posizione guardando con occhi supplicanti sua madre.
"Mamma, ti prego rispondimi..."
Alcune lacrime uscirono dalle sue pozze blu e con quelle supplicava sua madre di ragionare e di pensare per lui, per Rebecca ma soprattutto per se stessa.
"Chiederò il divorzio"disse lei spezzando il silenzio che si era creato fra di loro.
Ma che in fondo era presente già da tempo.
Lui alzò la testa appena sentì le parole di sua mamma, rimase scioccato e continuò a guardarla con ancora un po' di incertezza.
"Ne sei sicura?"chiese lui prendendole le mani fra le sue.
"Ho bisogno di liberarmi di lui e la soluzione del divorzio è quella giusta..."
"Per quanto possa esserlo, sai bene che non ci metterai così presto a mandarlo via? E poi ce la farai a mantenerci..."
"James...per ora sono sicura della mia scelta, del resto non mi importa"
"Io voglio solo aiutarti"
"Lo farai James, lo so che ci riuscirai..."
Restarono a guardarsi per alcuni minuti con un espressione dispiaciuta che avevano entrambi sul volto. Sua madre provava a rassicurarlo ma James non riusciva a smettere di far fuoriuscire le sue lacrime.
"Cercherò di essere il meglio solo per te..."
"Tranquillo, non esserlo per me"disse lei sorridendo di poco e quando lui stava per rispondere sua madre parlò una seconda volta.
"Fai in modo che tu sia il meglio per qualcun'altro...ti conviene andare di sopra"
Fece un respiro profondo e si alzò da terra, diede un bacio sulla guancia a sua madre e si allontanò da lei salendo le scale. Appena arrivò di fronte camera sua, aprì la porta e una volta che accese la luce si trovò dinanzi agli occhi la scena più tenera che aveva mai visto. Sua sorella era nel suo letto e avevo stretto fra le sue braccia il pupazzo, che era un unicorno o un koala non cambiava nulla. E dall'altro c'era Wanda, anche lei con già gli occhi chiusi.
Rimase fermo a guardare quella scena e in quel momento pensava a quanto sarebbe stato bello se l'avrebbe vista ogni giorno così. Prese Rebecca e la porto in camera sua, appena la mise sotto le coperte sua sorella si girò sentendo il calore di esse. Lui ritornò indietro in camera sua e stavolta Wanda era girata dal lato del muro, ancora con i suoi vestiti e le sue scarpe addosso. James non badava a quanto fosse scomodo per lei doversi addormentare così ma anche con qualsiasi cosa addosso lui avrebbe voluto che accadesse così ogni volta.
Si stese di fianco a lei dandole le spalle, ma solo dopo si rese conto che così, con lei di fianco, non avrebbe mai preso sonno come si aspettava. Si girò dall'altro lato e lei ancora non si era mossa, lui riusciva solo a vedere la massa di capelli ondulati che coprivano quasi tutto il suo cuscino. Si fece più vicino a lei e con cautela poggiò una mano sul suo fianco.
Lei aprì gli occhi di scatto, si non era vero che stava dormendo. O almeno, era tra veglia e sonno, ma quel minimo contatto la fece svegliare di scatto. La mano di James era ancora ferma lì, senza andare troppo a fondo come se volesse abbracciarla, ma bastò che lei facesse un solo piccolo movimento, ovvero avvicinarsi a lui e subito dopo James l'abbracciò completamente. Lei sapeva perfettamente che non doveva essere lì in quel momento, che sua madre avrebbe urlato fino a farsi sentire in Asia se non sarebbe tornata presto. Ma d'ora in poi sapeva che avrebbe contato su di lui in tutti in sensi.
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Smile 2: un sequel che segue gli spunti horror del primo capitolo
Naomi Scott è la nuova protagonista della saga horror diretta da Parker Finn, che continua pedissequamente la storia del primo film di successo. Al cinema.
Gli horror d'intrattenimento sono tornati alla ribalta negli ultimi anni (o forse non se ne sono mai andati) e ogni tanto spicca qualche titolo che fa prepotentemente parlare di sé. Come Smile, la pellicola del 2022 con Sosie Bacon diretta da Parken Finn e basata sul suo omonimo corto di due anni prima.
Il punto in comune tra i due film
L'attrice interpretava una terapeuta che diventava l'ultima vittima di una sorta di parassita demoniaco che passava di ospite in ospite costringendolo ad uccidere, oppure uccidersi davanti ad un'altra persona a cui passare il morbo, entro sette giorni. Il finale era fortemente aperto con la giovane donna che si sacrificava in nome dell'ex fidanzato Joel, col volto di Kyle Gallner, che funge da ponte in Smile 2.
Smile 2: di nuovo nella tana del lupo
La carismatica protagonista del sequel
Sono passati sei giorni dal precedente capitolo, quindi manca poco alla scadenza soprannaturale al centro della storia. La regia di Parker Finn ci porta in medias res dentro questa catena di eventi apparentemente senza fine e arriviamo alla nuova protagonista femminile, la popostar Skye Riley, interpretata questa volta da Naomi Scott, perfetta per il ruolo e per reggere un intero film. La cantante è in lenta risalita dopo un terribile declino fatto di dipendenza da droghe e alcol che ha portato ad un brutto incidente nella sua vita. L'incontro con un vecchio amico, Lewis (Lukas Gage), la fa entrare nella pericolosa orbita di quella maledizione apparentemente infinita, lasciando perplessi la determinata madre-agente (Rosemarie DeWitt), l'ex migliore amica (Dylan Gelula) il timido assistente (Miles Gutierrez-Riley) e il produttore musicale (Raúl Castillo) che pensa solo al profitto.
Un sequel di cui c'era davvero bisogno?
Un'inquietante scena della pellicola
Parker Finn, nel bene e nel male, segue il processo creativo del capitolo inaugurale di questa saga potenzialmente infinita. Partiamo ancora da una buona idea e uno sviluppo interessante, che trasferisce dalla psicologia alla musica il core del racconto. Si instaura così una metafora della fama come qualcosa che ti fagocita e ti risputa fuori lasciandoti inerme e confuso, incapace di prendere decisioni sane e salutari per il futuro della tua vita. La regia passa dalla camera a mano a dei mini-piani sequenza con maestria e anche una buona dose di tensione narrativa, coadiuvata dall'utilizzo di jump scare che, per una volta, fanno davvero saltare sulla sedia e sono ben inseriti all'interno del tessuto narrativo.
Le bellissime coreografie del film
Anche l'estetica, complice la professione della protagonista, è estremamente curata e intrigante, utilizzando colori accesi e luci al neon per raccontare un orrore che si sviluppa da dentro e attraverso i movimenti del corpo, con coreografie meta-narrative. Dopo queste interessanti premesse, che potevano comunque distinguerlo nella massa di horror oramai proposti quasi con l'algoritmo e soprattutto uno dietro l'altro in sala, arriva il taglio con l'accetta (per restare in tema) del buon lavoro fatto, proprio come in Smile, e proprio nel gran finale.
Un terzo atto che rovina il film
Skye perde il controllo
Senza spoilerare nulla, vi dico invece che chiudere in modo anche interessante questa saga, pur avendo a disposizione dei pretesti narrativi che sembrano portare a quel tipo di epilogo, Smile 2 preferisce concludersi in una sorta di labirinto mentale della protagonista che non comprende più cosa sia reale e cosa no - e di conseguenza anche noi spettatori: non in maniera affascinante o accattivante, bensì ridondante e stancante arrivati a quel punto. Non solo: il messaggio finale, del potere della musica che da curativa diventa tossica, sia dal punto di vista dei fan e del fandom sia da chi sta dietro il microfono e deve affrontare il peso del successo, si perde e porta ad un epilogo che apre ad un ulteriore prosieguo della storia. Un vero peccato.
Conclusioni
In conclusione viene da chiedersi l’effettiva utilità di un film come Smile 2 dato che prende tanto il buono quanto il brutto dal capitolo inaugurale riproponendo lo stesso schema narrativo: un interessante punto di partenza e uno sviluppo semi-originale, che in questo caso riflette sulle conseguenze tossiche della fama e sul potere curativo della musica al contrario, per arrivare ad un terzo atto che manda tutto all’aria lasciando aperta la porta all’ennesimo sequel di una catena che non sembra non potersi spezzare, proprio come quella soprannaturale del film.
👍🏻
Naomi Scott, perfetta e carismatica come protagonista.
I jump scare ben assestati.
Una regia che crea tensione e un’estetica affascinante.
La nuova tematica affrontata…
👎🏻
…che però si perde dentro una struttura narrativa fotocopia del primo Smile.
I personaggi secondari sono davvero poco approfonditi.
Il finale annulla quello che di buono ha fatto il film fino a quel momento.
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ANGELICA
Oggi voglio parlarvi di una saga storico romantica indimenticabile, quella di Angelica, scritta dai coniugi Anne e Serge Golon.
Questa serie di libri, ambientata nella Francia del XVII secolo, racconta le vicende della bella Angelica (Anne Golon si ispirò alla sua stessa avventurosa vita per scriverle) figlia di un barone decaduto.
Sintesi della trama (che sarebbe lunghissima): In gioventù Angelica scopre una boccetta di veleno destinata al re e sventa l' attentato. Scopre anche l'identità dei congiurati: ciò la metterà in pericolo per tutta la vita. Sposa controvoglia il ricco Joffrey de Peyrac, conte di Tolosa, ricchissimo e dotato di una voce incredibile, ma sfigurato e zoppo. Quando Angelica viene conquistata dalle virtù del marito, il destino li divide: accusato di stregoneria, Joffrey de Peyrac è condannato a morte. Lei si ritrova reietta a Parigi senza un soldo, ma non si da per vinta e prima grazie alle sue doti di ostessa, poi grazie a un matrimonio d’interesse, e a molte altre peripezie (e uomini) risale la scala sociale per infine cogliere l’interesse dello stesso Re Sole, che quando capisce di non potere ottenere mai il cuore, le confessa che Peyrac non è morto sul rogo. Quetsa scoperta stravolge Angelica che fugge da Versailles e parte in cerca del primo marito, finendo in altre mille avventure.
Secondo me questa serie ha influenzato pesantemente la serie su Jamie Fraser di Diane Gabaldon, voi non credete?
Io vedo diversi punti in comune alla due serie:
1- I protagonisti sono molto attraenti e durante tuutta la saga quasi tutti gli altri personaggi vogliono portarseli a letto
2- Angelica, così come Claire viene tacciata di stregoneria
3- Le vicende di Angelica si intrecciano con quelle di personaggi storici reali, vedi Re di Francia. E lo stesso accade a Jamie e Claire
4- Angelica si ritrova coinvolta in una rivolta contro il re, come Jamie
5- Angelica si accompagna ad altre persone ma rimane sempre innamorata del suo vero amore, proprio come Jamie e Claire
6- I figli hanno un ruolo marginale all'interno della storia, almeno fino agli ultimi libri
7- Angelica fugge dalla Francia e va verso le Americhe col marito per iniziare una nuova vita, ma ben presto i guai la seguono, come accade a Jamie e Claire
8- Angelica e Goffredo sono molto moderni, come Jamie e Claire. E le similitudini pottebbero continuare.........
Comunque sia, la serie di Angelica nella sua edizione italiana più recente, edita da Tea, conta ben 21 libri (e anche in una precedente edizione Garzanti), così tanti perchè alcuni romanzi originali (non tutti) sono stati divisi in due. Io invece posseggo l’edizione Villardi che mantiene credo la divisione originale dei romanzi e che vede ogni volume molto voluminoso. Ne esistono comunque anche altre edizioni in commercio nell’usato perciò prendete il mio elenco sottostante con le pinze e controllate le trame per capire quali e quanti romanzi eventualmente vi mancano e dovete acquistare:
Ecco i libri che compongono la serie:
1. Angelica Marchesa degli angeli
Trama: Figlia di un nobile decaduto del Poitou, Angelica, ancora adolescente, è costretta a sposare Goffredo di Peyrac, un misterioso gentiluomo di Tolosa. Sfigurato e zoppo, Goffredo è in realtà un uomo di scienza, dall'animo generoso e nobile, che saprà conquistare il cuore di Angelica
2. Angelica e il giustiziato di Notre-dame
Trama: Angelica e il marito Goffredo partono alla conquista di Parigi ma, alla corte di Luigi XIV, la felicità e il successo degli sposi suscitano invidie e ostilità e Goffredo è ben presto accusato di stregoneria. Sola e abbandonata da tutti, la Marchesa degli Angeli trova rifugio nei bassifondi di Parigi, in mezzo a ladri e assassini. Anche nelle avversità, Angelica rifiuta di abbattersi...
3. Angelica alla corte dei miracoli
Trama: Costretta a vivere nei bassifondi di Parigi, Angelica riesce a ricostruire la sua fortuna, dividendo i suoi sentimenti tra un feroce bandito e un giovane poeta prima di intraprendere la conquista dell'elegante quartiere del Marais, tappa importante sulla via che la riporterà alla corte di Versailles.
4. Angelica alla corte del Re
Prostrata dalle avversità, ma fedele al suo sogno di fama e ricchezza, Angelica è risalita con coraggio dall'abisso di miseria e disperazione in cui era precipitata. Ha riconquistato Parigi diffondendo una sconosciuta bevanda esotica, la cioccolata, e ora i salotti della nobiltà si parono di nuovo alla sua ammaliante bellezza: il momento del trionfale ritorno a Versailles è giunto.
5. Angelica e le notti di Versailles
Sposa in seconde nozze del marchese Filippo du Plessis-Bellière, Angelica viene riaccolta a corte, tra la gelosia delle favorite di Luigi XIV e l'ostilità dei gentiluomini del seguito reale. L'ambiente fastoso di Versailles nasconde, però, altre insidie per la fiera Marchesa degli Angeli, altri pericoli e nuove sofferenze, ma anche la gioia più inattesa e sconvolgente: l'amore del re.
6. Angelica e l'amore del Re
Trama: La Marchesa degli Angeli è di nuovo al culmine. Tra le molte favorite, lei sola ha conquistato il cuore di Luigi XIV, che la vorrebbe con sé per sempre. Ma la speranza che Angelica ha sempre custodito rinasce: forse Goffredo di Peyrac, l'unico vero amore della sua vita, l'uomo che il Re Sole aveva mandato al rogo, è ancora vivo...
7. Angelica l'indomabile
Trama: Certa, in cuor suo, che Goffredo è ancora vivo, Angelica decide di partire, di lasciare Parigi e la Francia rinunciando a tutto quello che ha faticosamente conquistato. Le tracce del marito la spingono verso l'Africa, ma il viaggio nel Mediterraneo è pieno di insidie che la Marchesa degli Angeli non sospetta nemmeno.
8. Angelica schiava d'oriente
Trama: Caduta in mano ai pirati nel suo viaggio verso Tunisi, Angelica viene ceduta al feroce sovrano arabo Mulay Ismail, che la vuole per il suo harem. Ma il Grande Eunuco, che vuol farne la più potente favorita del suo signore, la tiene nascosta, fino a quando un aiuto inaspettato non le aprirà la strada verso una fuga rocambolesca...
9. Angelica si ribella
Trama: Sfuggita alla schiavitù grazie a una memorabile fuga organizzata da un coraggioso normanno, Angelica trova riparo al Plessis. Ma quando il re le impone una pubblica ammenda per essere riammessa a corte, il suo spirito indomabile si ribella, trascinandola in una nuova avventura al fianco dei protestanti perseguitati... Bella e orgogliosa, audace e sensuale, Angelica de Sancé de Monteloup, contessa di Peyrac e marchesa du Plessis-Bellière è la donna più affascinante, amata e desiderata della Francia del Re Sole. L'accurata ricostruzione storica, l'intreccio ricco di azione e di colpi di scena, le centinaia di personaggi, gli intrighi, le passioni travolgenti, il fasto e la corruzione della corte sono gli ingredienti di questa serie di romanzi che hanno entusiasmato milioni di lettori in tutto il mondo e che sono stati oggetto di fortunate trasposizioni cinematografiche.
10. Angelica alla guerra
Trama: Accanto ai protestanti perseguitati, l'indomabile Angelica affronta le truppe del Re Sole, incurante della sua stessa vita pur di difendere i più nobile dei principi: la libertà di pensiero. Vinta, Angelica si rifugia a La Rochelle, dove riesce a salvare i protestanti dalla morte sul rogo, organizzandone la fuga e facendoli imbarcare su una nave comandata dal pirata Rescator. E' l'inizio di una nuova avventura...
11. Angelica e il pirata
Trama: La vita a bordo della nave su cui la bella Angelica si è imbarcata per sfuggire alle truppe del re Sole, non è per nulla facile anche per una donna coraggiosa come lei. Nonostante le numerose difficoltà la nostra eroina riesce tuttavia a far breccia nel cuore dell'affascinante capitano il "Rescator". Ma quando un marinaio si accorge che la nave si sta dirigendo verso nord, anziché verso l'America, dà l'allarme. Gli uomini della ciurma organizzano una sanguinosa ribellione e prendono prigioniero il "Rescator", dopo che questi ha trascorso una notte d'amore con Angelica. Ma il capitano riesce a fuggire e si rinchiude nella stiva con i suoi uomini.
12. Angelica e il nuovo mondo
Trama: Il Rescator prigioniero nella stiva, la nave in balia delle correnti, gli uomini furiosi e senza una guida capace: la vita sul veliero che porta Angelica oltre oceano è sempre più dura. Ma finalmente le coste della Florida appaiono all?orizzonte. Per la bella Marchesa degli Angeli è il segno di una nuova speranza, dopo le avventure e le sofferenze e i pericoli trascorsi. Una nuova vita l’attende, al fianco dell?uomo che ha sempre amato.
Qui si concludevano i film dedicati ad Angelica negli anni ‘60, ma i libri proseguono:
13. Angelica alla frontiera
Trama: Negli sconfinati territori dei Grandi Laghi nordamericani, Angelica cavalca sicura tra enormi aceri secolari, illuminata dalla luce scarlatta dell'autunno. Ha con sé i figli e il marito, il fiero Goffredo di Peyrac, al quale, dopo innumerevoli vicissitudini, si è riunita, per affrontare assieme le difficoltà e i pericoli di una nuova vita in una terra sconosciuta. Tra montagne selvagge e fiumi impetuosi, tra efferate tribù irochesi e fanatici gesuiti, nuove sfide e avventure stanno attendendo la Marchesa degli Angeli
14. La tentazione di Angelica
Trama: Angelica si è finalmente riunita al marito, il fiero Goffredo de Peyrac, e ai figli, quando un incontro inatteso sopraggiunge a turbare la serenità faticosamente ritrovata. L'uomo che crede essere il terribile pirata Barbadoro è in realtà Colin, il compagno, l'amico, l'amante di un tempo. Saprà Goffredo capire il dramma che tormenta la sua amata? E riuscirà Angelica a non cedere alla passione che il ricordo di Colin riaccende in lei? Ancora una volta sarà il cuore a guidarla verso una scelta senz'altro degna della donna splendida, audace e imprevedibile quale è la nostra eroina.
15. Angelica e la diavolessa
Trama: La serenità faticosamente conquistata da Angelica è turbata dall'arrivo a Gouldsbouro, la libera colonia creata da Goffredo di Peyrac, di una donna dal fascino magnetico e dirompente. Lo stesso Goffredo sembra essere ammaliato da quella strepitosa bellezza. Come se non bastasse un succedersi di avvenimenti inattesi e sinistri minaccia la pace e la fresca vitalità della colonia: gli abitanti di Gouldsbouro diffondono la voce che in città si aggiri una "diavolessa", una donna perversa e affascinante come il male stesso.
16. Angelica e il complotto delle ombre
Trama: Scampata alle malvagità della duchessa di Maudribourg, la terribile "diavolessa", Angelica e il suo sposo, Goffredo di Peyrac, lasciano la colonia di Gouldsboro per recarsi nel territorio francese del Québec. Ma mentre si fa più vicina la meta, alla mente della Marchesa degli Angeli riaffiorano le ombre di un passato quanto mai lontano e doloroso, e con esse volti ed episodi da tempo dimenticati. E non solo... Entrati nelle terre di un Paese che li aveva banditi, Angelica e Goffredo dovranno superare ostacoli e avversità, pregiudizi e diffidenze, prima di godere della serenità tanto cercata.
17. Angelica a Quèbec
Trama: Angelica e il suo sposo Goffredo stanno per approdare a Québec, un piccolo gioiello architettonico affacciato sulle rive del San Lorenzo, in Canada. Ma mentre si fa più prossima la meta, un sentimento di angoscia e di timore li assale: che cosa li attenderà in quello sterminato e gelido Paese, suddito della corona di Francia, di quello stesso Luigi XIV che li ha banditi per sempre dalla madrepatria? E come verranno accolti dalla gente del posto? Ad attenderli saranno nuove ed emozionanti avventure
18. La sfida di Angelica
Trama: Angelica e il suo sposo, finalmente sereni, hanno trovato una seconda patria nello sconfinato Canada, un mondo giovane e avventuroso. Ma la felicità appena conquistata viene messa subito in pericolo dall'invasione, da parte dei feroci irochesi, della città di Québec. Soltanto il coraggio di Angelica, che affronta il capo degli irochesi, riuscirà a salvare la vita dei suoi concittadini. Intanto dalla Francia giunge un messaggero: porterà notizie sull'esilio?
19. Angelica, la strada della speranza
La felicità della bella Angelica, incinta del Conte di Peyrac, è in pericolo. Il parto è drammatico, due gemelli prematuri nascono a Salem, la città delle streghe... E poi l'orribile notizia della morte di Padre d'Orgeval, il nemico di Angelica, e le accuse da cui deve difendersi, con tutte le sue forze...
20. Angelica, la fortezza del cuore
Angelica e suo maroto sono riusciti ad uscire indenni dalla caccia alle streghe ma nuovi pericoki sono in afgguato.
21. La vittoria d'Angelica
La figlia di Angelica è stata rapita, Goffredo è dovuto tornare in Francia, ma Angelica non intende certo arrendersi. E con l'aiuto inaspettato di suo figlio....
Non vi svelo il finale di questa serie, ma l'ultima frase è molto Rossella di Via col Vento
L'accurata ricostruzione storica, l'intreccio ricco di azione e di colpi di scena, le centinaia di personaggi, gli intrighi, le passioni travolgenti, il fasto e la corruzione della corte sono gli ingredienti di questa serie di romanzi che hanno entusiasmato milioni di lettori in tutto il mondo e che hanno spinto anche diversi registi a terna delle trasposizioni cinematografiche.
La più famosa e riuscita è certamente la serie di film degli anni ‘60 con protagonisti gli indimenticabili e supersexy Michèle Mercier e Robert Hossein, che furono ben 5 e le cui trame coprono le trame dei romanzi solo fino al dodicesimo, come vi accennavo sopra :
1. Angelica (1964)
2. Angelica alla corte del re (1965)
3. La meravigliosa Angelica (1965)
4. L'indomabile Angelica (1967)
5. Angelica e il gran sultano (1968)
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