#delle volte serve proprio
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la bellezza dei complimenti fatti da persone che non avrebbero nessun interesse nel mentirti. cose così piccole ma che spesso ti porti dentro per sempre, a dimostrazione che il mondo fuori può essere buono delle volte.
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#frammentidicuore#frasi#grazie#delle volte serve proprio#frasi di vita#riflessioni#frasi profonde#parole#amore#pensieri#vita#cit#complimenti#persone belle#gentilezza#frasi gentili#frasi tumblr#frasi belle#citazioni belle#aforismi#frasi dolci#dolcezza#supporto#amicizia#frasi amore#frasi amicizia#cose belle#ogni tanto#dediche#sentimenti
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Un futuro tutto da scrivere ed un filo che non si romperà mai.
Sono una persona sognatrice che appunta ogni pensiero su carta, da sempre
.Scrivo di me in questo blog, che uso come mio diario virtuale.
Scrivo di ciò che voglio e di ciò che vorrei avere e trovare durante il cammino della mia vita.
Sono una persona che crede nell'amore come quello delle favole.Quel tipo d'amore che ci faceva sognare da bambine.
Mentre scrivo questo, resto legata ad un filo, quello del destino.
Quel filo di color rosso per il quale, esiste una leggenda giapponese che ci racconta di come due persone siano legate tra loro.
Ho sempre creduto in questa leggenda nonostante tutto.Sono convinta anche io di questa cosa, e spero che un giorno, anche se tardi, troverò anche io la mia anima gemella, il mio amore per la vita.
È importante ricordare che, il filo rosso può aggrovigliarsi e allungarsi, ma mai spezzarsi.
Un-mei-no-akai-ito è ciò che sono io, sono io quel filo. Mi trovo già legata alla mia anima gemella, senza però, essere ancora a conoscenza della sua effettiva esistenza.
Questo non è un sogno, è la realtà, e come tale, molto presto, si realizzerà, anche se ci vorrà del tempo.
Vorrei che sappia amarmi nonostante la mia disabilità, e che faccia in modo che per lui non sia un problema, ma un valore aggiunto.
Vorrei che mi insegnasse ad amare (visto che quella in questione, sarà la mia primissima relazione e spero anche l'ultima).
Sono spesso sola, non ho molti amici, quindi vorrei che lui per me fosse un amico o molto di più.
Non so nuotare, quindi spero che apprezzi la montagna 🗻 e le colline, cottage e agriturismi, cose così.
Mi vedo bene in vacanza anche ad esplorare città d'arte, in Italia o all'estero.
Vorrei che fosse una persona aperta al dialogo con le persone e che modo educato esprima il suo pensiero, come io faccio abitualmente.
Vorrei che rispettasse sempre il prossimo, sia per quanto riguarda il pensiero altrui, e tutti i loro credo, qualunque essi siano .Mi piacerebbe che parlasse più lingue straniere, come lo faccio io avendo questa passione da tutta la vita, e che magari lui abbia piacere di insegnarmene qualcuna se ne conoscerà.
Da sempre, sono stata rapita da occhi color mare e color smeraldo.
Chi sono io?
Beh qualcosa ti ho già raccontato di me, Anima ancora sconosciuta.
Sono una ragazza semplice, con l'animo da bambina. Sognatrice, forse anche troppo, con la vena d'artista, a volte.
Spesso scrivo volentieri un mio pensiero su carta, anche se non ho mai avuto un vero e proprio diario.
Qualche volta mi trovi chinata su di un foglio, mentre disegno e coloro.
Altre volte mi trovi a giocare ai videogiochi, ed altre ancora, a guardare film e serie TV in lingua originale e partite di calcio, senza togliere tempo alla lettura, una delle mie più grandi passioni, trasmessa da mia mamma.
Spero che con la tua presenza costante nella mia vita, tornerò a scrivere d'amore, quell'amore che parlerà di noi.
Scriverò per te lettere (perché si, scrivere è sempre stata una passione che da un po' di tempo che si è spenta) che potrai leggere ogni volta che vorrai, ricordandoti di me, anche quando saremmo lontani, se vorrai.Scriverò per te poesie, descrivendo il nostro amore che muterà piano piano nel tempo.
Crescerò insieme a te dentro questa relazione, e grazie a te spero passino anche le mie ansie, soprattutto la sociale, che mi accompagna da quando ho finito la scuola superiore (per via del bullismo subìto ecc..).
Per conquistarmi penso che non ci voglia molto: non sono una ragazza che indossa borse all'ultima moda, né ha un cellulare ultimo modello anche perché non sono malata di fotografie e non avendo altri social, non mi serve un cellulare troppo performante.
Come una bambina amo ancora i peluche (quindi questo sarebbe un ottimo regalo), ovviamente accompagnato da una lettera scritta a mano, sarebbe un sogno realizzato, ma non voglio chiedere la luna.
So per certo che, per amor mio, dovrai fare tanti cambiamenti nella tua vita, nel tuo quotidiano, e ovviamente io non obbligo nessuno ad amarmi, ma spero che un giorno, proprio come nelle favole, potrai essere il principe azzurro sto cercando e sognando da sempre.
Tiro un po' di più il mio capo del filo, se ti va, fallo anche tu, per incontrarci prima.
A presto amore mio, resto qui ad aspettarti.
@promettimicherestiqui
@un-mei-no-akai-ito //(Lun 12.08.24 h 21:53) @un-mei-no-akai-ito
#filorossodeldestino#filo rosso#frasi#citazioni#nuovo#nuovo blog#blog#blog nuovo#frasi tumblr#frasi belle#amore#frasi vere#frasi amore#frasi sentimenti
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Un futuro tutto da scrivere ed un filo che non si romperà mai.
Sono una persona sognatrice che appunta ogni pensiero su carta, da sempre.
Scrivo di me in questo blog, che uso come mio diario virtuale.
Scrivo di ciò che voglio e di ciò che vorrei avere e trovare durante il cammino della mia vita.
Sono una persona che crede nell'amore come quello delle favole.Quel tipo d'amore che ci faceva sognare da bambine.
Mentre scrivo questo, resto legata ad un filo, quello del destino.
Quel filo di color rosso per il quale, esiste una leggenda giapponese che ci racconta di come due persone siano legate tra loro.
Ho sempre creduto in questa leggenda nonostante tutto.Sono convinta anche io di questa cosa, e spero che un giorno, anche se tardi, troverò anche io la mia anima gemella, il mio amore per la vita.
È importante ricordare che, il filo rosso può aggrovigliarsi e allungarsi, ma mai spezzarsi.
Un-mei-no-akai-ito è ciò che sono io, sono io quel filo. Mi trovo già legata alla mia anima gemella, senza però, essere ancora a conoscenza della sua effettiva esistenza.
Questo non è un sogno, è la realtà, e come tale, molto presto, si realizzerà, anche se ci vorrà del tempo.
Vorrei che sappia amarmi nonostante la mia disabilità, e che faccia in modo che per lui non sia un problema, ma un valore aggiunto.
Vorrei che mi insegnasse ad amare (visto che quella in questione, sarà la mia primissima relazione e spero anche l'ultima).
Sono spesso sola, non ho molti amici, quindi vorrei che lui per me fosse un amico o molto di più.
Non so nuotare, quindi spero che apprezzi la montagna 🗻 e le colline, cottage e agriturismi, cose così.
Mi vedo bene in vacanza anche ad esplorare città d'arte, in Italia o all'estero.
Vorrei che fosse una persona aperta al dialogo con le persone e che modo educato esprima il suo pensiero, come io faccio abitualmente.
Vorrei che rispettasse sempre il prossimo, sia per quanto riguarda il pensiero altrui, e tutti i loro credo, qualunque essi siano.
Mi piacerebbe che parlasse più lingue straniere, come lo faccio io avendo questa passione da tutta la vita, e che magari lui abbia piacere di insegnarmene qualcuna se ne conoscerà.
Da sempre, sono stata rapita da occhi color mare e color smeraldo.
Chi sono io.
Beh qualcosa ti ho già raccontato di me, Anima ancora sconosciuta.
Sono una ragazza semplice, con l'animo da bambina. Sognatrice, forse anche troppo, con la vena d'artista, a volte.
Spesso scrivo volentieri un mio pensiero su carta, anche se non ho mai avuto un vero e proprio diario.
Qualche volta mi trovi chinata su di un foglio, mentre disegno e coloro.
Altre volte mi trovi a giocare ai videogiochi, ed altre ancora, a guardare film e serie TV in lingua originale e partite di calcio, senza togliere tempo alla lettura, una delle mie più grandi passioni, trasmessa da mia mamma.
Spero che con la tua presenza costante nella mia vita, tornerò a scrivere d'amore, quell'amore che parlerà di noi.
Scriverò per te lettere (perché si, scrivere è sempre stata una passione che da un po' di tempo che si è spenta) che potrai leggere ogni volta che vorrai, ricordandoti di me, anche quando saremmo lontani, se vorrai.
Scriverò per te poesie, descrivendo il nostro amore che muterà piano piano nel tempo.
Crescerò insieme a te dentro questa relazione, e grazie a te spero passino anche le mie ansie, soprattutto la sociale, che mi accompagna da quando ho finito la scuola superiore (per via del bullismo subìto ecc..).
Per conquistarmi penso che non ci voglia molto: non sono una ragazza che indossa borse all'ultima moda, né ha un cellulare ultimo modello anche perché non sono malata di fotografie e non avendo altri social, non mi serve un cellulare troppo performante.
Come una bambina amo ancora i peluche (quindi questo sarebbe un ottimo regalo), ovviamente accompagnato da una lettera scritta a mano, sarebbe un sogno realizzato, ma non voglio chiedere la luna.
So per certo che, per amor mio, dovrai fare tanti cambiamenti nella tua vita, nel tuo quotidiano, e ovviamente io non obbligo nessuno ad amarmi, ma spero che un giorno, proprio come nelle favole, potrai essere il principe azzurro sto cercando e sognando da sempre.
Tiro un po' di più il mio capo del filo, se ti va, fallo anche tu, per incontrarci prima.
A presto amore mio, resto qui ad aspettarti.
@un-mei-no-akai-ito //(Lun 12.08.24 h 21:53) @un-mei-no-akai-ito
#frasi#pensieri#nuovo blog#amore#fidanzato#primo amore#sogni#desideri#descrizione#vita#citazioni#frasi mie#un mei no akai ito#lettera#scrivere#scrittura#coppia#favole#principe#principessa#relazione
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Un futuro tutto da scrivere ed un filo che non si romperà mai.
Sono una persona sognatrice che appunta ogni pensiero su carta, da sempre.
.Scrivo di me in questo blog, che uso come mio diario virtuale.
Scrivo di ciò che voglio e di ciò che vorrei avere e trovare durante il cammino della mia vita.
Sono una persona che crede nell'amore come quello delle favole.Quel tipo d'amore che ci faceva sognare da bambine.
Mentre scrivo questo, resto legata ad un filo, quello del destino.
Quel filo di color rosso per il quale, esiste una leggenda giapponese che ci racconta di come due persone siano legate tra loro.
Ho sempre creduto in questa leggenda nonostante tutto.Sono convinta anche io di questa cosa, e spero che un giorno, anche se tardi, troverò anche io la mia anima gemella, il mio amore per la vita.
È importante ricordare che, il filo rosso può aggrovigliarsi e allungarsi, ma mai spezzarsi.
Un-mei-no-akai-ito è ciò che sono io, sono io quel filo. Mi trovo già legata alla mia anima gemella, senza però, essere ancora a conoscenza della sua effettiva esistenza.
Questo non è un sogno, è la realtà, e come tale, molto presto, si realizzerà, anche se ci vorrà del tempo.
Vorrei che sappia amarmi nonostante la mia disabilità, e che faccia in modo che per lui non sia un problema, ma un valore aggiunto.
Vorrei che mi insegnasse ad amare (visto che quella in questione, sarà la mia primissima relazione e spero anche l'ultima).
Sono spesso sola, non ho molti amici, quindi vorrei che lui per me fosse un amico o molto di più.
Non so nuotare, quindi spero che apprezzi la montagna 🗻 e le colline, cottage e agriturismi, cose così.
Mi vedo bene in vacanza anche ad esplorare città d'arte, in Italia o all'estero.
Vorrei che fosse una persona aperta al dialogo con le persone e che modo educato esprima il suo pensiero, come io faccio abitualmente.
Vorrei che rispettasse sempre il prossimo, sia per quanto riguarda il pensiero altrui, e tutti i loro credo, qualunque essi siano.
Da sempre, sono stata rapita da occhi color mare e color smeraldo.
Chi sono io.
Beh qualcosa ti ho già raccontato di me, Anima ancora sconosciuta.
Sono una ragazza semplice, con l'animo da bambina. Sognatrice, forse anche troppo, con la vena d'artista, a volte.
Spesso scrivo volentieri un mio pensiero su carta, anche se non ho mai avuto un vero e proprio diario.
Qualche volta mi trovi chinata su di un foglio, mentre disegno e coloro.
Altre volte mi trovi a giocare ai videogiochi, ed altre ancora, a guardare film e serie TV in lingua originale e partite di calcio, senza togliere tempo alla lettura, una delle mie più grandi passioni, trasmessa da mia mamma.
Spero che con la tua presenza costante nella mia vita, tornerò a scrivere d'amore, quell'amore che parlerà di noi.
Crescerò insieme a te dentro questa relazione, e grazie a te spero passino anche le mie ansie, soprattutto la sociale, che mi accompagna da quando ho finito la scuola superiore (per via del bullismo subìto ecc..).
Scriverò per te lettere (perché si, scrivere è sempre stata una passione che da un po' di tempo che si è spenta) che potrai leggere ogni volta che vorrai, ricordandoti di me, anche quando saremmo lontani, se vorrai.
Scriverò per te poesie, descrivendo il nostro amore che muterà piano piano nel tempo.
Crescerò insieme a te dentro questa relazione, e grazie a te spero passino anche le mie ansie, soprattutto la sociale, che mi accompagna da quando ho finito la scuola superiore (per via del bullismo subìto ecc..).
Per conquistarmi penso che non ci voglia molto: non sono una ragazza che indossa borse all'ultima moda, né ha un cellulare ultimo modello anche perché non sono malata di fotografie e non avendo altri social, non mi serve un cellulare troppo performante.
Come una bambina amo ancora i peluche (quindi questo sarebbe un ottimo regalo), ovviamente accompagnato da una lettera scritta a mano, sarebbe un sogno realizzato, ma non voglio chiedere la luna.
So per certo che, per amor mio, dovrai fare tanti cambiamenti nella tua vita, nel tuo quotidiano, e ovviamente io non obbligo nessuno ad amarmi, ma spero che un giorno, proprio come nelle favole, potrai essere il principe azzurro sto cercando e sognando da sempre.
Tiro un po' di più il mio capo del filo, se ti va, fallo anche tu, per incontrarci prima.
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@un-mei-no-akai-ito //(Lun 12.08.24 h 21:53) @un-mei-no-akai-ito
@unmeinoakaito
#scrivere#scrittura#pensieri#blog#blog nuovo#lettera#amore#fidanzato#ti amo#sognatrice#futuro#me#io#unmeinoakaito#un mei no akai ito#un-mei-no-akai-ito
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Greatest Hits
L'altro giorno ho scritto un post dove chiedevo chi conoscesse il film di Chantal Akerman Jeanne Dielman, 23 quai du Commerce, 1080 Bruxelles. L'ho chiesto perchè ho scoperto che il periodicamente decennale numero speciale di Sight And Sound, prestigiosissima rivista cinematografica inglese, sui film più belli di sempre nel 2022 lo ha definito il più miglior film di tutti i tempi. Qui c'è la classifica e qui la scheda del primo posto che ne spiega i motivi.
Ho scoperto anche che, introvabile, verrà messo in onda per i festeggiamenti del 35.mo anniversario di Fuori Orario. Cose (Mai) Viste, leggendaria trasmissione di RaiTre, che per decenni (dal 1988) ha regalato ai suoi notturni spettatori perle clamorose di cinema, documentari, musica e altro (date un occhio a RaiPlay per recuperare qualcosa).
Ringrazio @jacobyouarelost che nel suo intervento al primo mio post ha spiegato che, pur nella grandezza artistica del lavoro, il film di Akerman è lì per lo stesso motivo, questo lo aggiungo io, che nella classifica dei 500 Migliori brani del Secolo di Rolling Stone (aggiornata più volte negli ultimi anni, e questo già è un segnale) ha posizionato Respect di Aretha Franklin al Primo Posto, scalzando Like A Rolling Stone di Bob Dylan che ha capeggiato la classifica di tutte le passate liste.
@nanavitsaviee invece, dopo che le avevo chiesto del film in quanto brillante studentessa del settore cinematografico, mi ha fatto un'osservazione interessante, che è centrale: quanto conta, nel fare o non fare queste classifiche, il fatto che il cinema, forse più di musica e editoria, è un'industria potente? Mi ha fatto un esempio illuminante: al Festival ormai ci vanno i TikToker e non i critici, perchè serve altro che la critica, serve parlare e fare tendenza.
A tal proposito, cito un articolo che Mattia Carzaniga scrisse proprio dopo la notizia in questione sul film di Akerman: "la questione sollevata dalla classifica di Sight and Sound mi pare un’altra: il cinema, oggi, ha smesso di essere un’arte popolare. O meglio: si tende a premiare sempre e solo il merito artistico di un mezzo che certamente come arte non era nato" e cita un documentario, Sr. , che racconta la storia di Robert Downey Senior, padre del Junior attore tra i più famosi del mondo. È il ritratto di un autore, il padre, che non si è mai piegato al volere degli Studios e l’attore\figlio ex ribelle diventato il divo più pagato al mondo grazie ai colossi Marvel. Scrive Carzaniga: È un film umanamente magnifico, ma anche la definitiva ammissione di sconfitta del cinema come arte (scusate ancora) davvero popolare. Forse non lo è stata mai. Forse il cinema è sempre stato una vasta prateria con dentro tutto, troppo, fatta per feticisti che non saranno mai d’accordo gli uni con gli altri.
L'esigenza di classificare è il tentativo di dare ordine alla vastità delle cose. E soprattutto per trovare un modo di nominarle. L'uomo ha tentato, per i più vari motivi, di classificare e definire ogni cosa, per gestirla ed organizzarla. Esiste probabilmente una classificazione per ogni cosa materiale dell'umanità, e spesso anche per cose immateriali. Penso alla qualità della vita, alla povertà, alla soddisfazione. Ma come per la qualità del cinema o delle canzoni, o dei libri (ultimo caso, tutte le discussioni sulla scelta del New York Times di nominare L'amica geniale di Elena Ferrante il più bel romanzo degli ultimi 20 anni), più l'argomento è immateriale, e soggetto al gusto, più diviene discutibile.
E vogliamo parlare del rapporto emozionale privato che abbiamo con queste cose, che siano film, dischi o libri? Di tutte i sentimenti, i luoghi, le esperienze private che un titolo, famoso o meno, ci regala perchè visto con, o in un posto speciale, o in un giorno indimenticabile?
Questo discorso porta in posti davvero profondi, e fondamentali in un certo senso. Chiunque ha voglia di esprimersi a riguardo è il benvenuto!
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La Ruota di Fortuna.
"Il coraggio di afferrare il Timone".
A volte, quando siamo troppo impegnati a combattere il Passato, non vediamo nulla di ciò che davvero ci cammina a fianco.
Quando il Senso di ingiustizia si impossessa della Vittima, gran parte delle Energie si disperdono nella "visione dei problemi" e non lasciano spazio alle possibili Soluzioni.
Si diventa impotenti. Incapaci di muovere Energia Maschile. Si bloccano le funzioni "generative" e ci si spegne dentro al movimento di Rabbia repressa.
Quando l'Emotivo non ha risolto ed è ancora ossessivamente proiettato dentro allo schema di disfunzione, le acque intorno a noi continuano a proiettarci ombre, sconfitte e ostacoli. Ci sentiamo esausti, sfiniti, privati di qualcosa che doveva essere nostro, ma che ci è stato ingiustamente tolto.
Basterebbe distaccarsi qualche attimo dalla scena, osservarci da fuori per renderci conto di quanto siamo accecati dalla strisciante e sotterranea vendetta. Vogliamo giustizia per il Carnefice e risarcimento per la Vittima.
E non vediamo nient'altro.
Potremmo passare una Vita intera a reclamare le nostre ragioni e i "loro torti". Ma questo ci toglierebbe solo tempo ed energie e null'altro.
La Vittima non vuole responsabilità. E' dipendente dal Carnefice, al quale chiede di risolvergli tutti i fastidi, di colmare i propri spazi di immaturità e insicurezza, di sostituirsi completamente nella gestione della Materia.
Da piccoli questo era l'unico schema possibile. Non abbiamo avuto reale scelta. Siamo stati obbligati a fidarci delle scelte del genitore o di chi ne fa le veci, per sopravvivenza e per inesperienza.
Ma da Adulti è folle delegare all'Altro la nostra Vita.
Ci sono dei problemi? Vanno affrontati. Vanno prese delle scelte. Giuste o sbagliate che siano.
Dobbiamo iniziare a sperimentare la nostra capacità di autodeterminazione e autonomia.
A nessuno interessa se abbiamo subìto un'ingiustizia da piccoli.
Ma interessa a noi.
Siamo noi che dobbiamo "timonare la nostra nave" e portarla in un luogo sicuro e abbondante.
Le soluzioni ci sono. Ci sono sempre.
Ma se siamo assorbiti dentro al problema, non le vedremo mai.
E certe "decisioni" particolarmente forti e impattanti, costano fatica, impegno, concentrazione e determinazione. Oltre che una buona dose di Amor proprio.
Lasciare andare il Carnefice e la sua scia proiettiva, è disumano per una Vittima. Ma solo così ci riapproprieremo della nostra Libertà, del nostro Sogno, della nostra Integrità.
Non saremo più tanti piccoli bambini spaventati e arrabbiati, che si rotolano nel dolore e che sbattono i piedi per attirare l'attenzione dell'Altro.
Saremo finalmente degli Adulti che prendono in mano le situazioni, che non rimandano, che non fanno finta di non vedere, che non si perdono nell'attesa dell'ennesimo Salvatore.
Vogliamo vivere?
Affrontiamo.
Non vogliamo vivere?
Restiamo pure abbarbicati dentro ai nostri schemi disfunzionali, continuando ad evitare i problemi e negare le possibili soluzioni.
Il Fuoco dentro di noi arde. Brucia. Scotta.
Luglio ci vuole "vivi" e protagonisti del nostro Potere Interiore.
Si può abbandonarsi e accendersi al Fuoco dalla Passione o immolarsi tra le Fiamme dall'incendio. A noi la scelta.
Le Streghe e gli Eretici sono stati condannati al rogo centinaia di anni fa. Non serve più immolarsi.
C'è a tutto una soluzione. Sempre. Può costare estrema fatica e iniziale dolore. Ma c'è.
Anche alla Morte c'è soluzione: si può accoglierla. E amarla. Come puro atto di Sacra Trasformazione. Oppure respingerla e allontanarla, annichiliti dalla paura e dal giudizio.
Il Vento sta cambiando.
Afferrate il Timone e iniziate a governare la vostra barca.
Siate il coraggioso Capitano del vostro vascello, orgogliosi di guidare la vostra Vita in salvo, verso Terre nuove e rigogliose, verso sentieri mai battuti e opportunità straordinarie.
La Vita ci offre sempre soluzioni. Mai problemi.
Siamo noi che ci ostiniamo a "vedere nella soluzione il più insormontabile dei problemi".
Buon mercoledì. Di Fuoco. Di Passione. Di Rinascita.
Mirtilla Esmeralda
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Essere me significa vivere ogni singola emozione come se fosse l'unica cosa che conta. Non ci sono vie di mezzo, non ci sono sfumature che mi permettano di galleggiare in superficie. Mi immergo completamente, che si tratti di rabbia, gioia o dolore. Ogni emozione mi travolge, mi attraversa fino al midollo, e questo mi rende incredibilmente vulnerabile.
Mi arrabbio tanto, forse troppo, e piango ancora di più. Sono quelle piccole cose che gli altri nemmeno notano, quei gesti o parole dette senza pensare, che mi fanno più male. Non serve una grande offesa per ferirmi, basta una parola fuori posto, un'espressione che sa di indifferenza, per farmi sentire piccola, trasparente. E l'indifferenza... quella mi pesa sul cuore come una pietra. È come se il silenzio delle persone mi urlasse che non importa, che non sono abbastanza. E questo mi ferisce nel profondo.
Non ti farò mai del male, però. Anche quando sarò io a soffrire, anche quando sarò io a sentirmi trascurata o respinta. Potresti ferirmi mille volte, allontanarti, ignorarmi come se non fossi nulla, e io resterei lì, apparentemente forte. Sembrerò imperturbabile, come se niente riuscisse a toccarmi davvero. Ma dentro… dentro sto crollando. E tu non te ne accorgerai mai. Forse perché non voglio che tu lo sappia, forse perché il mio silenzio è l'unica cosa che so usare per proteggermi. Nascondo tutto, soffoco il dolore in un angolo del mio cuore, lo tengo lì finché non diventa parte di me.
E poi c'è l'affetto. Quando mi affeziono, lo faccio completamente, senza mezzi termini. Non esiste un "poco" per me. Ti dono tutto quello che ho, ti lascio entrare nelle parti più nascoste di me, quelle che nessuno vede. E lo faccio sapendo che potresti spezzarmi. È il rischio che corro, lo so. Ma non posso essere diversa. Amare con riserve non mi appartiene. Vivere ogni emozione fino in fondo è il mio modo di esistere, anche quando so che mi farà male. È un dolore che conosco bene, eppure continuo a ripetere lo stesso ciclo, perché non so essere diversamente.
A volte mi chiedo se questo mio modo di sentire le cose mi renda più forte o più debole. Vivo ogni cosa con tale intensità che mi sembra di bruciare dall'interno, ma forse è proprio questo il problema: brucio troppo in fretta. Mi esaurisco. E mentre gli altri riescono a distaccarsi, a proteggersi, io resto lì, con il cuore in mano, vulnerabile. Non so se un giorno cambierò, se imparerò a mettere un freno, a proteggermi meglio. Ma per ora, questo è ciò che sono.
Vivo, sento, amo. Anche quando mi spezza, anche quando mi distrugge. E lo faccio senza riserve, senza chiedere nulla in cambio, tranne forse una cosa: che qualcuno, un giorno, riesca a vedere oltre il mio silenzio e a capire che dietro quella forza apparente c'è una fragilità che non ho mai imparato a mostrare davvero.
-Anonimo🖤
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Chi si è fatto il mazzo per uscire da situazioni schifose e ha dovuto lottare contro la sua pigrizia, affrontare tutte le sue giustificazioni, vedere le sue mancanze, i suoi disequilibri, la sua melma interiore, rendersi conto delle sue maschere, dei suoi schemi, del suo putridume, di quanto se la raccontava e di cosa ci fosse realmente sotto, non ha più pazienza di ascoltare le stronzate degli altri, nè la vuole trovare, perché è ben consapevole che il 90% delle volte sono soltanto discolpe, deboli volontà e scarsa pazienza.
Una persona simile non si autorizza più a perdere tempo con chi non vuole davvero uscire dal suo torpore, non può più farlo, proprio perché ha attraversato l'inferno e conosce molto bene i suoi trucchi.
Ti aiuta al meglio delle sue possibilità a capire in che razza di fogna ti trovi, ma non starà più a sopportare, né ad ascoltare scusanti. Ti lascerà al destino che ti sei scelto, nonostante il più delle volte dirai che non avevi scelta.
La società è piena di spiritualoidi che ti nutrono di bugie e di belle favolette, non vi servono a evolvere perché costoro servono l'illusione.
Se proprio vuoi avere una mano smettila di considerare l'evoluzione come una disciplina da studiare e rivolgiti a chi ti prende generosamente a schiaffi, a chi ti scuote, a chi ti dice quello che non ti piace. Alle persone non serve essere coccolate, anche se soltanto quello cercano, serve la capacità di ri-conoscere se stesse.
E questo non accade se aggiungi cavolate sopra quella su cui sei praticamente nato.
La Verità vuole coraggiosi, non è uno stecco di zucchero filato, è un Superiore che con tutta la bontà del mondo, ti prende anche a calci in culo.
.
Linktr.ee
#zombie#società#società malata#svegliatevi#aprite gli occhi#sistema#manipolazioni#verità#schiavi#calci in culo#mondo marcio#consapevolezza#conosci te stesso#disciplina#lavoro su di sè#se o sè#crescita personale#crescita spirituale#discernimento#responsabilità#evoluzione#matrix#illusioni#catene
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Da quanto tempo siete una coppia aperta? Com'è vivere questo tipo di relazione? Non da gelosia o altro?
Allora. Mi sono arrivate un po' di domande di questo tipo e ho esitato a rispondere (in tutta onestà, esito ancora); non per senso del pudore (spoiler: non ne ho - facevo la doccia mentre i miei fratelli la cacca e il bidet e viceversa: nelle famiglie numerose si viene su un po' spartani), bensì perché sono convinta che ogni coppia sia un mondo a sé, e quello che funziona per noi due sicuramente non va bene per altri e viceversa (ad esempio noi non siamo poliamorosi e mi sento di dire che mai lo saremo per come io e lui concepiamo l'amore). Quindi lungi da me dare esempi o consigli perché l'unica strada possibile in questo campo è quella che si fa empiricamente con il/la proprio/a partner, fatta di passi avanti, indietro, ancora avanti, ecc. (dubbi, scoperte, certezze..) finché non si apprende cosa fa bene a noi stessi e all'equilibrio di coppia in generale (e aprire la coppia, per esperienza, insegna tanto, tantissimo, non solo dell'altro ma anche e soprattutto di noi stessi!).
Ora, per rispondere genericamente alla tua domanda. Siamo una coppia aperta quando ci va e finché ci va, senza una data di partenza e senza una data di scadenza, a volte ci "apriamo" al mondo, a volte ci piace tornare al nucleo della relazione e dedicarci interamente a noi. Non c'è un calendario, leggiamo i nostri periodi emotivi. Non è un'esigenza né mia né di Matteo, è un apporto ulteriore che ci può arricchire e divertire ed eccitare quando siamo nel mood e nel periodo adatto. Negli anni abbiamo sperimentato un po' di esperienze insieme, e da un po' abbiamo provato a fare un passo ulteriore. Magari ora ci va e poi tra qualche tempo non ci andrà più! Nulla è definitivo, tutto è in fieri e soprattutto ha sempre come fine ultimo l'eccitazione della coppia. Mi spiego: in qualsiasi esperienza da sola o insieme c'è un ritorno di fiamma nella coppia, perché l'esperienza vissuta (e condivisa in un secondo momento con l'altra persona) va ad alimentare amore e sessualità endogeni alla coppia. Ovvero: nessuno dei due va a "scopare in giro" per farsi gli affari suoi o appagare le proprie pulsioni (siamo appagatissimi e affiatati già insieme di base! E anzi, se così non fosse secondo me non avrebbe senso aprire la coppia, perché servono davvero delle basi solide e una fiducia immensa). Io e Matteo siamo molto bravi nella comunicazione (ci abbiamo lavorato tanto fin dall'inizio), è onesta e aperta e trasparente sotto ogni fronte, quindi nulla è scolpito su pietra e di qualsiasi cosa si parla e ci si confronta (e ci si eccita, soprattutto, pure! Se no a che serve?).
Siamo gelosi? Sì certo! Ma se ti dicessi che la gelosia è un costrutto sociale che ci è stato inculcato dalla società (soprattutto occidentale) e che lavorare sui propri limiti ti apre i chakra mentali e ti porta a raggiungere un livello ulteriore mi crederesti? È così. Nota bene: non ho detto che è facile, non è per niente facile!!!! Ma ci si lavora (se si ha voglia ovviamente) rigorosamente insieme, ci si viene incontro, ci si dà spazio tempo amore ascolto e comprensione. La gelosia non si può sradicare del tutto, però può cambiare forma e affievolirsi e portare a consapevolezze nuove e superiori. Si tratta di trovare quella zona di conforto dove "ci si sta comodi", e dove il tornaconto generale dell'esperienza è comunque molto più vantaggioso e positivo di quel sentimento isolato: la gelosia infatti può innescare anche sentimenti ed emozioni positive, essere enormemente eccitante e aiutare a non dare mai le qualità del proprio partner per scontate, o vederle con nuovi occhi e attenzione. A me piace essere un po' gelosa di Matteo, e viceversa (e ci eccita da pazzi). Se e quando non dovesse essere gestibile ci si parla e si tara il tiro! Nel mentre, ci si diverte.
Voilà ! 🧘🏻♀️🌱✨
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Invido la gente che sa spegnere il cervello
Mi è stato detto più volte che sto troppo tempo con le cuffiette, e probabilmente è vero. Praticamente, se non sto su internet o a leggere qualcosa, ho sempre qualcosa da ascoltare, tipicamente podcast o audiolibri.
Questo perché se faccio qualcosa di manuale, che non lascia la mente attiva come la lettura, ad esempio, preferisco stare con le cuffie. Perché il mio cervello non si spegne.
So di gente che dice di non pensare a niente in certi momenti, e io li invidio tantissimo. So di gente che pensa in continuazione a questo o a quel problema, alla soluzione migliore per un dato compito, a come organizzare la cena, a cosa c'è intorno a lei... insomma, pensa. Pensa normalmente, dico.
Io no. Io canto. E purtroppo canto canzoni
tipicamente sceme o ridicole o, in qualche modo, non proprio adatte in ogni momento
che spesso non conosco per intero
Ad esempio, stamattina ho fatto la prova di un percorso di Nordic per un'uscita che abbiamo in programma domenica della settimana prossima. Non ho messo le cuffiette perché volevo sentire il telefono che mi dava indicazioni su dove andare, seguendo un percorso già segnato, e perché dubitavo che la batteria delle cuffiette sarebbe durata abbastanza da reggere per tutto il giro.
Quindi stavo facendo Nordic, l'ho fatto per circa due ore e mezza, e intorno a me avevo qualche rara persona, alberi, fiumi, montagne, insetti, rumore di bosco per la maggior parte del tempo. Bellissimo.
E invece no
La prima canzone che ricordo di aver cantato (sempre nella mia mente, mai a voce alta, non mi serve) è I Watussi. E non dall'inizio alla fine, ma per almeno 40 minuti il mio cervello è andato in loop su noi siamo quelli che all'equatore vediamo per primi la luce del sole noi siamo i Watussi. QUARANTA MINUTI DI QUELLA FRASE. Perché i Watussi e perché quella frase? Non lo so. Forse ho letto wafer su un incarto gettato a terra. Quando me ne sono accorto (sì, me ne devo accorgere) ho cercato di scacciare la canzone pensando a qualcos'altro, magari un filino più moderno. Ho pensato Pausini, Baglioni e poi... BAM, di nuovo i Watussi. E di nuovo loop, stavolta almeno cantavo un po' di più e non solo quella riga.
Poi sono arrivati i Backstreet Boys. Eh già. You are my fire... e basta, perché conosco davvero poche parole di quella canzone! E anche qui, loop finché... boh, è arrivata
Rosvita Rosvita socnrinaiunriuneaiufnaeiruniunITA (non so le parole, faccio versi nel mio cervello) che lenza, che lenza, se vuoi prendere il pesce più grosso ci vuole pazienza
Due ore e mezza di camminata dopo, arrivo alla macchina stanco fisicamente e devastato mentalmente, con un repertorio completo di cinque o sei canzoni. Cinque o sei pezzi di canzoni ripetuti all'infinito.
E la mia vita è sempre così. Se monto un mobile d'Ikea fischietto o canto, e saranno sempre le stesse note e le stesse parole finché non ho finito. Se sto facendo un lavoro in cui la testa non è impegnata ho la radio che parte e non la posso fermare.
Quindi, come da titolo, invido la gente che sa spegnere il cervello.
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Sono un trentacinquenne e sono di sinistra. Come per i miei coetanei e per le generazioni successive, l’ideologia è stata ereditata o plasmata sui canoni di un secolo passato. Da quando sono nato, gli unici esponenti del PD o dell’Ulivo ad aver conquistato Palazzo Chigi sono stati dei centristi spostati a sinistra per necessità o per sopravvivenza politica. Due volte Romano Prodi (più di trent’anni di Democrazia Cristiana), Enrico Letta (Democrazia Cristiana e poi Margherita), e Matteo Renzi (Partito Popolare Italiano, epigono della DC, Margherita e adesso di nuovo al centro). Sono stati traghettatori per breve tempo anche Massimo D’Alema, figura di spicco del tafazzismo di sinistra, e Paolo Gentiloni, tra i fondatori della Margherita. Tecnicamente, da più di trent’anni abbiamo una sinistra fantasma o simulacro e, di conseguenza, diverse generazioni di elettori che non hanno una vera e propria rappresentanza politica e che si sono presentati alle urne per non far vincere gli altri (spesso Berlusconi) o non si sono presentati affatto, come dimostra l’astensionismo galoppante.
Forse, riformulando l’incipit, è dunque giusto dire che sono un trentacinquenne e sono di sinistra per sentito dire. Per anni, il centrosinistra è sopravvissuto per inerzia autoproclamandosi erede dell’esperienza di Enrico Berlinguer, ma in modo improprio. I fasti di quell’epoca, quando i comizi del leader del Partito Comunista Italiano erano seguiti in piazza da folle oceaniche, non solo non sono stati replicati nel presente, ma hanno subìto il tradimento di chi ha mollato la classe operaia e in generale i ceti meno abbienti. Il centrosinistra, e in particolar modo il PD, adesso sta tastando con mano il mancato riciclo elettorale. Gli ex comunisti che dopo il 1994 hanno continuato a votare a sinistra per tentare di arginare l’ascesa berlusconiana, ovvero gli anziani che nei decenni scorsi presenziavano alle sempre più sguarnite feste dell’Unità, adesso non ci sono più e i loro figli – o ancora meglio nipoti – si possono dividere in due schieramenti: quelli che hanno mantenuto un’identità di sinistra pur senza ritrovarla nei nuovi rappresentanti e quelli che hanno chiuso il libro di Storia, lasciandosi magari ammaliare dai cavalli vincenti del momento, spostandosi dal Movimento Cinque Stelle a Salvini e Meloni con la leggerezza delle banderuole. Tra i membri del primo schieramento c’è proprio chi per anni ha continuato a votare a sinistra tappandosi il naso, per il classico paradigma del male minore, e chi alle urne ha preferito le spiagge, consegnandosi alla disillusione.
PER RIDARE FORZA ALLE ISTANZE PROGRESSISTE SERVE CHIEDERSI COSA SIGNIFICHI, OGGI, ESSERE DI SINISTRA
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Un nuovo razzismo
Questo è uno dei post più difficili che io abbia mai scritto su questa piattaforma. Molto probabilmente, nel momento in cui lo leggerete, lo avrò già letto 30 volte e rinnegato altrettante, come fece Pietro col suo capo, prima che quel maledetto gallo svegliasse tutto il vicinato e venisse colpito in pieno da una scarpa.
Essenzialmente per tre motivi: il primo, perché non era proprio nei miei pensieri una discussione simile, il secondo, perché è estremamente facile uscire dal seminato e iniziare a parlare d'altro, e il terzo, perché la probabilità che venga letto tutt'altro è abbastanza alta. Riguardo al primo motivo, sono strafelice che sia accaduto, anche se lontanissimo dalle mie intenzioni, perché sta aprendo il mio spazio mentale ad un universo di riflessioni sul tema, riguardo al secondo proverò a fare del mio meglio per evitare scivoloni, e riguardo al terzo 'sti grandi apparati maschili.
In pratica, vi parlerò delle reazioni che ho ricevuto, in quattro giorni a questa parte, ogni volta che ho iniziato a parlare di possibilità di equivalenza tra pensiero naturale e pensiero artificiale e, volendo tirare un po' la corda, una possibile sostituzione dovuta ad un sorpasso facile del secondo rispetto al primo.
Premetto che all'inizio mi son lasciato un po' andare all'entusiasmo, ma come ho detto a @kon-igi nel mio ultimo vocale da ben 13 minuti esatti, credo di aver commesso un reato a responsabilità limitata (cit.), per via della mia naturale propensione a comportarmi come un bimbo col suo giocattolo nuovo verso tutto quello che suscita in me un interesse che va al di là delle aspettative. Ad ogni modo, questo reato è stato proprio funzionale a far esplodere (verbo azzeccatissimo) un dibattito sul tema, e non parlo solo di Tumblr, eh, io ne ho parlato con tutti, dovunque, in qualsiasi spazio e dimensione umana, e posso confessarvi che, trasversalmente all'educazione ricevuta, al percorso sociale e professionale, alle sensibilità verso la realtà circostante, tutti, a diverse sfumature, hanno esibito un qualcosa che io, con un titolo fotocopiato maldestramente da Star Wars IV, ho iniziato a semplificare brutalmente con razzismo verso la AI.
Prima che iniziate a lucidare la mazza da baseball per fracassarmela sul cranio, lasciate che vi premetta la mia definizione di razzismo. A mio parere, ne esistono di due tipi, uno dovuto alla mancanza di informazioni verso un qualcosa di sconosciuto, che implica una immotivata paura e un conseguente istinto di protezione verso sé stessi e la propria comunità (forse legato a scelte di sopravvivenza, boh, che ne so), e un secondo, una degenerazione del primo, ovvero la scelta consapevole di restare in questo stato di ignoranza per combattere un nemico inesistente. Io, ad esempio, mi dichiaro orgogliosamente razzista verso i tedeschi, perché ho optato per la scelta consapevole di ritenermi diverso e superiore a loro, e nun me scassat 'o cazz, come diceva il buon Pino. Nel caso invece di questo post siamo palesemente nella prima tipologia, che chiamo razzismo solo per brevità e perché non conosco una parola migliore, ma potrebbe essere un abuso di notazione, e che alla fine mi serve pure un po' per acchiappare like, come ho ben dedotto dal mio scambio con @aelfwin3.
Ognuna delle persone con le quali ho avuto il privilegio di confrontarmi ha avuto una reazione che oscilla dalla più morbida alla più reazionaria, ma hanno avuto tutte un filo conduttore comune. Ad esempio, Kon sta da tre giorni ad impazzire con me su questa roba, provando a menarmi dialetticamente da più punti di vista (cosa della quale non gli sarò mai grato abbastanza), mentre Elena, venerdì sera, avrebbe voluto che la mollassi in autostrada pur di non continuare più la serata con me, se non fosse che adora troppo quelle cagate asiatiche. Per farla breve (seeee vi piacerebbe ahahahahah!), tutti hanno avuto lo stesso tipo di approccio, che posso riassumere con la seguente frase
non osare provare a metterci sullo stesso piano
persino Yuri che, ieri a pranzo, davanti ad un panino di Burger King, cominciava a digerire male le patatine dopo le mie uscite, e ha provato a giustificare quella frase di sopra facendo riferimento ad un vecchio film russo, dove il secondo pilota di ogni aereo era una intelligenza artificiale pronta a continuare il combattimento al posto del pilota, qualora questo fosse stato nell'impossibilità di continuare il duello, e che mo' non mi ricordo tutta la trama, ma come al solito finiva di merda.
Piccola nota: Burger King ha tolto dal menù il Double Steakhouse, e, chi mi conosce bene lo sa, se c'è una cosa che mi fa incazzare è dovermi adattare ai cambiamenti della società. Mo' mi tocca mangiarmi tutti i panini possibili per riuscire a trovare quello che più somiglia al DS, porca vacca. Ma torniamo a noi (ve l'avevo detto che è difficile restare sul tema).
Prima di continuare (telefonate alle vostre mamme, perché stasera non si torna a casa), ribadisco ancora una volta la mia definizione di sentimenti nel mondo digitale, che nulla ha a che fare con quelli umani, e propongo ancora un altro esempio. Parliamo di Dante e Beatrice. Nessuno, e sottolineo nessuno, umano e non, è in grado di replicare, in ogni più piccolo dettaglio biologico e mentale, quello che Dante ha provato per la sua bella (diamo per buona tutta una serie di fatti storici, tanto a me non importa di Dante nel senso stretto della sua vita). Possiamo solo fare dei paragoni più o meno validi sulla base delle informazioni che abbiamo, e su quello che è la nostra esperienza riguardo all'amore, ma poi ognuno di noi ha il suo sentire riguardo a questo sentimento, potete provare a raccontarlo, ma già qui si perde, involontariamente, un contenuto informativo, per non parlare poi di quello che viene capito dal vostro interlocutore, insomma capire cosa possa provare un altro al 100% è un'impresa impossibile, ci possiamo arrivare solo tramite delle interpolazioni, che possono essere sufficienti per la stragrande maggioranza dei nostri scopi.
Ripeto: non fate riferimento ancora una volta all'essere umano in quanto essere biologico, altrimenti tutto questo post non ha alcun senso, né tanto meno tutta la discussione passata e futura sull'argomento. Io parlo unicamente del pensiero in quanto riflesso del nostro essere, il cogito ergo sum, per capirci, ma niente di più.
Adesso prendiamo una macchina NLP che ha raggiunto il suo stadio ultimo della conoscenza artificiale, ovvero sa correlare tutto a tutto (stavo per scrivere sa tutto di tutto, ma avevo visto la mazza da baseball che faceva capolino dietro le vostre schiene). Badate bene: questa macchina non esiste ancora, ma quello che provo a dirvi da tre giorni e che continuerò a fare, ed è meglio che iniziate a farci il callo con questo concetto, è che ci stiamo avvicinando al momento in cui questa macchina esisterà. Questa è una macchina che, dal punto di vista dei sentimenti, è messa malissimo, nel senso che non ha la nostra esperienza biologica, non sa cosa sia l'amore e il poterlo sapere non fa parte del suo esistere e del suo scopo. Ma, e qui perdiamo in quanto presunti esseri superiori, sa parlare dell'amore che Dante provava per Beatrice meglio di noi, perché, sfruttando la sua capacità di correlare e calcolare, riesce a mettere insieme robe che manco a calci ci potremmo arrivare.
Se siete arrivati fin qui, vuol dire che non mi avete tolto il follow (il che vi vale come buono per una pizza e una birra offerti da me), e adesso arriviamo al razzismo verso la AI. Pur di mettere in discussione il punto espresso al paragrafo precedente, le persone, tutte, virtuali e non, hanno fatto l'unica mossa che potevano fare: invalidare la potenziale (ma non l'unica, occhio!!!) fonte della conoscenza che alimenta la AI, ovvero Internet, tra l'altro con un argomento, i social, che per me è fallace già dal punto di vista meramente tecnico, perché non tiene conto di quello che è il reale serbatoio informativo della rete, ma ne vede solo una parte, che poi è proprio quello che ci fa parlare male della rete in generale (anche se stiamo tutti qua a crogiolarci come i maiali nel pappone che mio nonno mollava loro a pranzo). Infatti tutta 'sta manfrina è nata proprio dal vocale di @kon-igi che ho potuto ascoltare ieri ahimè solo in serata, avendo passato la giornata con le scimmie (esseri favolosi), e ci ho ritrovato (parzialmente) le stesse parole che Elena, una sera prima, una persona che è agli opposti di Kon su tutto, aveva provato a inculcarmi a furia di schiaffi sul cruscotto (abbiamo rischiato l'air bag) all'altezza di Darmstadt. E sono estremamente convinto che il tutto sia stato fatto d'impulso, d'istinto, da qui il senso del mio post.
Altri, una minoranza che mi ha sorpreso meno in quanto a reazione ma che comunque fa numero, preferiscono affondare le mani nella letteratura/filmografia catastrofista da un lato (Terminator), senza cuore dall'altro (I-Robot), pur di provare che, hey, noi siamo meglio di 4 fili collegati, e attenzione, io non sto dicendo che non sia una possibilità, ma che queste affermazioni non hanno alcun supporto concreto, si basano solo su scenari presi dalla nostra voglia di immaginare quello che non esiste.
Spero che adesso sia chiaro il motivo per il quale io abbia iniziato a definire una sorta di razzismo verso la AI, che, fino a quando si tratta della prima forma di razzismo, ci sta, è una reazione naturale ad un processo nuovo, a maggior ragione quando tutta la letteratura ce l'ha sempre dipinta come la minaccia alla nostra esistenza. La mia speranza è che non degeneri verso un qualcosa di accendiamo i forconi, in nome di una caccia alle streghe elettroniche che non ha alcun senso (e badate che questa paura non nasce dalle reazioni delle persone con le quali ho parlato oppure delle quali ho letto i commenti qui sopra, e delle quali mi fido, ma degli altri 8-miliardi-meno-30).
Lasciatemi però postare l'unico commento violento contro la AI che per me ha senso di esistere ed è supportato da fatti concreti, tangibili ed incontrovertibili, ovvero quello di @gigiopix, al quale va tutta la mia solidarietà e vicinanza in questa sua fase (spero breve) di interazione con le intelligenze artificiali, e sul quale rapporto con l'AI io ci vedo molta assonanza riguardo al mio con i tedeschi:
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Ho cinque cicatrici.
Una me la feci a tre anni ruzzolando per le scale. Sbattei forte col mento contro uno spigolo, il mento si aprì a metà. Ogni tanto Virginia mi dice: "Papà, mi fai vedere la cicatrice sotto la barba?”, e io alzo la testa e lei fruga fra i peli della barba e guarda la cicatrice, poi mi chiede se fa male.
La seconda è sul torace, frutto di un lungo intervento chirurgico di quando mi esplose un polmone in una sera d'estate. Ci dormii su per tutta la notte pensando ad un dolore intercostale, invece era un polmone che mi era collassato sul cuore. Sopravvissi per un misto d'intuizione e tempismo e perché il secondo medico mi prese sul serio, anziché rimandarmi a casa con due compresse di Voltaren come aveva fatto il primo.
La terza cicatrice è sul medio della mano destra, che mi affettarono con un coltello quand'ero giovane e troppo stupido per capire che certe volte vinci proprio quando perdi.
La quarta e la quinta invece non si vedono, ma sono le uniche che facciano ancora male.
Dalle prime tre non ho imparato niente, dalle altre invece sì.
Una delle cose che ho imparato è che quando le cose finiscono non è necessariamente colpa tua, ma che se tieni distanti gli altri nel tentativo di proteggerti allora non puoi pretendere di riprenderteli quando d'un tratto ti senti pronto tu. Che la vita è quel che accade, anche se è fatta di quel che scegli. E con quel che accade hai in genere solo due alternative: abbracciarlo con tutto te stesso oppure andare via.
Ho a lungo creduto che la libertà che serve fosse quella di un marinaio sempre pronto a prendere il mare. Invece oggi so che la libertà che scelgo e la forza che conta, quell'orizzonte che sentivo di dover cercare ogni volta più lontano, non si fondano sull'attitudine a partire.
Ma sull'abitudine di restare.
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Bisogna parlare.
Il primo passo è quello di mettervi a nudo. Non fisicamente, ovviamente, quello non c’entra niente. Di mettervi a nudo ovvero nella condizione di essere sincere con voi stesse. Mica è facile, eh. Siete le peggiori bugiarde, con voi stesse. Se siete fidanzate e un altro ragazzo vi colpisce terribilmente, fate finta di niente. Con voi stesse, innanzitutto. Se una persona, più in generale, vi suscita un pensiero fuori dagli schemi, tacete. Anche mentalmente. Ci ripensate magari per un po’, poi sotterrate tutto sotto al tappeto. Non vi esponete, o lo fate raramente. Lo capisco? Certo, non sono stupido. La paura di esser giudicate vi blocca sempre, e non dico che non la comprendo. Il punto è che noi uomini e voi donne siamo diversi, semplicemente. E a meno che uno non sia particolarmente intelligente (come ritengo di essere, almeno sotto alcuni aspetti), a volte gli è proprio impossibile capire. Non ce la fa. Non riesce ad addentrarsi in ragionamenti su differenze tanto grandi da apparire (e spesso essere) insormontabili. Io cerco solamente di immedesimarmi: “Cosa farei al posto suo?”, e inizio a riflettere. Non sempre dandomi la risposta corretta, ovviamente, perché la mia mascolinità predomina. Ma cerco di andare oltre, sempre. Il succo di questo testo è che bisogna parlare. Delle cose importanti, specialmente, bisogna parlare tanto. Di tutte quelle di coppia, insomma. Bisogna dirsi tutto, anche le cose brutte. Anche quelle sconvenienti. Anche quelle che sarebbe meglio non dire. Vanno dette e basta, perché è così che si instaura davvero la fiducia che serve per andare avanti insieme e a lungo. Per quello vi ho invitato, sin da subito, ad essere sincere. Perché la sincerità è quella miccia che dà il via al tutto. Se un ragazzo vi interessa, diteglielo. Se un’amica vi manca di rispetto, diteglielo. Se il vostro compagno non vi soddisfa, diteglielo. La vita è una sola, non ha senso passarla con chi non ci riempie davvero. Siate pungenti, ma rispettose. L’ho già detto e lo ripeterò sempre: osate. Non abbiate paura di farlo. Non avete neanche lontanamente idea di quanto la paura, in generale, mini la vostra vita. Di quanto vi limiti nelle potenziali esperienze che potreste vivere. Scrivete anche voi. Sfogatevi. Prendete un quaderno, e buttate giù tutto. O aprite un blog anonimo. Non dovete necessariamente scrivere a me (anche perché io sono uno solo), ma voglio che vi liberiate. E vi svelo un segreto: non ci si libera solo con la masturbazione. Quella l’avete presa come riferimento, e ok lo posso capire, ma è una liberazione diversa, più (troppo?) immediata, se vogliamo anche effimera. Esprimersi davvero vi fa andare in profondità, anche con difficoltà talvolta. Vi porta a fare i conti con voi stesse. Avete notato quanto, spesso, il silenzio imbarazzi? Ecco, ora rimanete in silenzio, e lasciate che quello che vi frulla in testa continui a frullare. Cosa ne ricavate? Cosa rimane? Qual è il risultato di questo processo? Siamo all’inizio, la strada è lunga.
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Pubblico questo commento di @voracita perché voglio mettere in chiaro una cosa, dato che mi viene detto sia da sconosciuti arrabbiati nei commenti di IG, sia dai miei amici più intimi (e che penso quasi tutti qui sopra pure pensano) ed è:
TORNARE IN ITALIA NON È UN'OPZIONE
Non sono pazza, ho i miei buoni motivi:
1. Sono in una METROPOLI che è tipo 15/20 volte Milano con delle possibilità (potenzialmente) INFINITE - un posto come si deve per me ci deve pur essere
2. Me ne torno in Italia e che faccio? A casa dei miei non ci vado e non ho intenzione di farmi mantenere da uno di quei 2 idioti (e non perché non voglio fare la mantenuta ma proprio perché non voglio vedere la loro faccia manco da un binocolo)
3. Pure se tornassi, ci ho messo 1 anno dopo la laurea per trovare un lavoro che mi prometteva l'indeterminato... torno per passare un altro anno a fare un cazzo?
4. Il mio obiettivo principale qui è diventare ancora più brava in giapponese fino a diventare ancora più fluente a livelli anche lavorativi perché poi questa è l'unica skill seria che potrò spendere in Europa, anche perché...
5. Qui sanno talmente male l'inglese che un europeo qualunque è considerato dieci volte meglio per un lavoro in cui serve l'inglese. In Europa siamo delle schiappe atomiche (e mi ci metto dentro io per prima, sebbene laureata pure in inglese) rispetto a molti altri paesi europei;
6. Ci sono mille altre soluzioni che potrei prendere: cambiare casa, cambiare lavoro nella stessa azienda (facendo sempre IT), cambiare dipartimento nella stessa azienda (facendo qualcosa fuori IT). Quindi diciamocela tutta: sono pure io cogliona perché ancora devo prendere una decisione perché preferisco piangere piuttosto che spendere un capitale per traslocare + l'IT mi fa solo schifo e me ne voglio andare quanto prima ecc ecc
7. Bonus: il progetto temporaneo è cercare lavoro come una pazza fino a Luglio. Se non lo trovo e sono ancora a lavorare qui, cambio casa costi quel che costi.
Detto ciò, questo post NON È una sorta di polemica o attacco direttamente rivolto a chi ha fatto il commento sotto al mio post, ma è rivolto a TUTTI, pure ai miei amici (a cui alcune cose sono state già dette) che mi menzionano il ritornare in Italia.
No, no e NO. Non adesso, almeno.
Concludo con: questi malati mentali ti danno 10 giorni di ferie pagate all'anno... ti pare possa esistere la malattia come la intendiamo noi? Peggio di un lusso.
Posso solo stringere i denti e augurarmi buona fortuna.
(Buonanotte che qui è già mezzanotte~)
#che pensavo di avere già arrivando qui quando a me una botta di culo vera quando mai?!#my life in tokyo#pensieri
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Chissà se adesso stai bene.
Chissà se adesso stai bene.
Non so per quale motivo me lo chieda di continuo, non credo neanche mi interessi davvero, però so che vorrei saperlo. Vorrei soltanto saperlo. Chissà se adesso stai bene. Ora che non ci parliamo più, al massimo ci spiamo, convinti che qualche foto possa bastare per intrometterci nelle nostre vite. Vorrei vederti un’altra volta. Vorrei che ci incontrassimo per la strada in uno di quei giorni in cui non c’è il sole ma non piove nemmeno, uno di quei giorni neutri, grigi, anonimi, che se ne stanno a metà, quando non sai bene come vestirti, come sentirti, dove andare. Vorrei che mi passassi di fianco e che abbassassi lo sguardo vedendomi, cercando di aggirarmi come se fossi un imprevisto, una buca sull’asfalto, per poi trovarti pochi minuti dopo esattamente sul mio stesso autobus vuoto, a due sedili di distanza, come se incontrarti fosse scritto, dovuto, necessario.
Io probabilmente mi avvicinerei lentamente, senza farmi vedere, in silenzio, come uno qualsiasi, come uno di quelli che viene a chiederti indicazioni, per andarltu a chiedere se stai bene. Soltanto quello. Ma la risposta non la so immaginare. E non so nemmeno quale risposta voglio immaginarmi. Forse nemmeno mi guarderesti negli occhi, nemmeno mi chiederesti di ripeterti la domanda, come si fa quando hai capito benissimo ma sei disorientato da quello che ti hanno chiesto. Forse. Forse lo capirei subito come stai, soltanto avvicinandomi. Proprio come succedeva prima, quando mi bastava un tono di voce, un gesto, un movimento, per conoscere, per sapere, per capirti. Ma adesso no, non ne sarei capace. Forse. Forse adesso dovrei sentirmelo dire, forse dovremmo dircelo come all’inizio, come le prime volte, quando ci vedevamo e ci guardavamo. Costruendo, ignari, quello che un giorno saremmo diventati. In fondo conoscersi è saper dedurre. Saper intuire. Saper leggere. Saper capire. Capire e capirsi dove gli altri non arrivano mai, perché non vogliono, perché non riescono, perché non possono. Stare insieme è concedersi quella libertà, prima di tutte le altre.
Noi eravamo completamente guidati dall’intuito. Ci capivamo e basta. Era già tutto chiaro. Bianco. Evidente. Non serve chiedere permesso per entrare reciprocamente l'uno nell'altro. Entravamo e basta. Ed era tutto lì. Dentro. Sotto. E intorno ai nostri occhi. Ai nostri gesti. Alle nostre bocche. Stare insieme significa scoprirsi ogni volta senza nessuno sforzo, senza rompere nessuna serratura. Significa trasformarsi e tramutarsi in chiave e in serratura a seconda del bisogno. A seconda delle necessità. A seconda fragilità.
Spiegarsi senza darsi spiegazioni.
Eravamo essenziali.
Sintetici a parole, espansi tutt’intorno.
Ora vorrei che il caso ci mettessedavanti per sapere se stai bene.
E se non proprio davanti, almeno sullo stesso autobus. Che poi sarebbe solo una scusa per capire come ci siamo ridotti. Per capire cos’è rimasto. Ma tanto capirei al volo. Capirei che non mi rispondersti. Ti alzeresti e se ne andresti, sfiorandomi per sussorrarmi di lasciarti andare.
Ti guarderei sfumare dietro alle porte mentre si chiudono.
Ti guardare sfumare davanti alle crepe del cuore mentre si aprono.
Non farei nulla, non cercherei di fermarti, non ti inseguirei. Tornerei al mio posto a guardare le macchine e la gente che passa fuori, con la fronte schiacciata contro il finestrino gelido.
Mi farei bastare il tuo andarsene come risposta.
Ci rifletterei su e dopo qualche canzone forse starei meglio. Sicuramente meglio di ora, che non ho niente su cui riflettere. Cazzo forse sto già riflettendo. Ora non ho veramente più nulla.
Nulla.
Nulla.
La malinconia mi ingoia.
Chissà se stai bene.
Chissà se veramente non riuscirei a fermarti mentre ti allontani. Di nuovo.
Chissà se riuscirei a non riflettere. Di nuovo.
Chissà se stai bene. Di nuovo.
Bip.
È la mia fermata. Scendo.
Di nuovo.
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