#debito pubblico giapponese
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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Giappone: Approvato il bilancio record per il 2025 con aumento delle spese militari e sociali.
Un passo strategico per affrontare le sfide della sicurezza e l’invecchiamento della popolazione.
Un passo strategico per affrontare le sfide della sicurezza e l’invecchiamento della popolazione. Il governo giapponese ha approvato un bilancio record per l’anno fiscale 2025, raggiungendo la cifra di 115.500 miliardi di yen (circa 703 miliardi di euro). Il piano prevede un significativo aumento delle spese per la difesa e la previdenza sociale, in risposta alle crescenti tensioni regionali e…
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scienza-magia · 11 months ago
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Debito pubblico Italiano migliora rispetto quello Europeo
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Debito pubblico, diminuzione record per l’Italia. L’Italia il proprio debito pubblico l’ha visto esplodere negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta. Poi, però, è diventata un Paese quasi-modello quanto a gestione delle finanze pubbliche, con un surplus primario del bilancio statale pressoché ininterrotto fino alla pandemia. E anche dal 2020 in poi, quando il bilancio primario è andato in rosso, il debito italiano è comunque quello cresciuto di meno in valore escludendo gli interessi. Anche al Parlamento di Strasburgo, davanti alla conferenza dei presidenti di commissione, Mario Draghi ha strigliato l’Europa, dopo averlo già fatto all’Ecofin pochi giorni prima. «Non si può dire sempre di no», ha affermato. E ha riproposto l’idea di un debito comune europeo per sostenere e rilanciare la competitività dell’economia del continente di fronte alla concorrenza globale e alla sfida della transizione energetica. Un’idea che si scontra però con la persistente opposizione della Germania e dei Paesi del Nord Europa. Infatti, i “falchi” e i cosiddetti “frugali” di debito comune non ne vogliono proprio sentir parlare perché temono genericamente il debito pubblico dei Paesi mediterranei ma soprattutto quello italiano, che rappresenta lo spauracchio di tutti nell’immaginario e nella narrativa ormai sedimentata. Il paragone dell'indebitamento tra le economie mondiali Ma Draghi avrebbe un argomento enorme da mettere sul piatto per smontare questa infondata pregiudiziale. Infatti, l’Italia il proprio debito pubblico l’ha visto esplodere negli anni Ottanta e nei primi anni Novanta. Poi, però, è diventata un Paese quasi-modello quanto a gestione delle finanze pubbliche, con un surplus primario del bilancio statale pressoché ininterrotto fino alla pandemia. E anche dal 2020 in poi, quando il bilancio primario è andato in rosso, il debito italiano è comunque quello cresciuto di meno in valore escludendo gli interessi, come abbiamo già avuto modo di documentare su queste colonne (Francia, il debito pubblico supera quello italiano di 244 miliardi di euro, 1° febbraio 2024). La verità, completamente sconosciuta a “falchi” e “frugali”, è che l’Italia è l’unica nazione tra i Paesi del G7, e anche rispetto ad un’altra grande economia dell’Eurozona come la Spagna, ad essere riuscita a ridurre il debito pubblico al netto della spesa per interessi negli ultimi 28 anni, secondo nostre elaborazioni sulle serie storiche della Commissione Europea. Si tratta di un dato praticamente sconosciuto, la cui acquisizione, sul piano concettuale e comunicazionale, è di fondamentale importanza sia per l’Italia sia per le stesse riflessioni sul futuro e le strategie dell’Europa. Infatti, la componente di debito pubblico non dipendente dagli interessi è diminuita in Italia di ben 317 miliardi di euro correnti dal 1996 al 2023, prendendo come riferimento il 1995, anno di partenza delle serie storiche della Commissione europea. Un dato che dovrebbe essere portato all’attenzione non solo di Bruxelles ma anche delle agenzie di rating e degli investitori. Nello stesso periodo, il debito al netto degli interessi della Germania, il Paese che dopo di noi ha fatto meglio, sia pure a grande distanza, è cresciuto di 95 miliardi. Mentre le altre maggiori economie avanzate hanno invece visto esplodere i loro debiti pubblici, sempre espressi in euro, anche depurando la componente degli interessi. Infatti, il debito pubblico, esclusi gli interessi della Spagna, è aumentato dal 1996 al 2023 di 570 miliardi, quello britannico di 889 miliardi, quello francese di 1.108 miliardi, quello giapponese di 3.638 miliardi e quello statunitense di 12.027 miliardi. Sono cifre importanti non solo per ribaltare gli ingenerosi giudizi sulle finanze pubbliche dell’Italia ma anche per rivisitare le analisi comparate sulla crescita economica dei diversi Paesi negli ultimi lustri. Cifre che spiegano soprattutto perché l’Italia, perlomeno fino al 2015, abbia avuto nei vent’anni precedenti una crescita economica molto più debole delle altre nazioni. Infatti, dovrebbe essere evidente il fatto che il nostro Paese, non facendo più debito pubblico al netto degli interessi, anzi riducendolo, in tal modo ha drasticamente ridotto l’immissione di risorse pubbliche nel suo sistema economico in termini di investimenti in capitale fisico e umano, oltre che in termini di sostegno ai redditi, mentre gli altri Paesi pompavano denaro a piene mani a spese dei contribuenti a supporto della loro crescita. In conclusione, il debito pubblico italiano non può essere preso come giustificazione da parte dei Paesi del Nord Europa ostili agli Eurobond. Questi ultimi costituiscono l’unica strategia possibile per una Europa che perde sempre più competitività ogni giorno, stretta nella morsa di due giganti come Cina e Stati Uniti. Il paradosso è che Pechino e Washington, invece, usano proprio i loro debiti e i loro aiuti di Stato per metterci fuori combattimento, ben contenti che l’Europa rimanga paralizzata dalla rigida camicia di forza delle regole fiscali e ambientali che si è imposta. Per cui è finalmente ora che Bruxelles si renda conto che queste due tipologie di regole non possono essere perseguite contemporaneamente senza che almeno una delle due venga parzialmente modificata. Se la Commissione vuole davvero ridurre le emissioni di CO2 senza destabilizzare l’economia e la coesione sociale europea, il debito comune è l’unica strada percorribile e gli va data via libera senza indugio e falsi pretesti. Perchè il debito pubblico è un problema per l'Italia? Read the full article
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abr · 6 years ago
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Si legge spesso, sfogliando certe fantasie sovraniste locali, l’invito a fare come il Giappone, peraltro senza esserlo. Il Giappone, a differenza nostra, è creditore netto sull’estero e tanto dovrebbe bastare a chiudere il discorso. Ma in ogni caso dovremmo evitare di augurarci di far la fine del Giappone, dove già l’anno prossimo ci sarà un ultra65enne ogni 2,1 15-64enni. Se poi dovesse accadere quel che prevede il Fmi, nel 2050 il rapporto sarà quasi di uno a uno. Si camminerà per strada come in un ospizio, coi bambini divenuti rarissimi. Possiamo appena figurarci che tipo di società sarà solo guardando quella di oggi, in costante bisogno di rassicurazioni e intrattenimento. E chissà dove sarà arrivato per allora il debito pubblico giapponese che nel 1990, quando c’erano 5,8 15-64enni per ogni ultra65enne era circa il 70% del Pil e ormai viaggia intorno al 240%. La crescita del debito, peraltro, va nella direzione opposta di quella della popolazione, diminuita di un milione, fra il 2012 e il 2017. Si prevede un 25% di giapponesi in meno nei prossimi quarant’anni. Come se, senza saperlo, il Giappone abbia imboccato la strada più semplice per estinguere i propri debiti. Estinguersi.
https://www.ilfoglio.it/shot-economy/2019/01/17/news/lestinzione-dei-debiti-giapponesi-233424/
“il Giappone, a differenza nostra, è creditore netto sull’estero”. A differenza de chi !? “ L'Istat ha stimato che il surplus (SURPLUS) commerciale italiano nel 2018 sia di 886 milioni di euro”.   (via https://www.soldionline.it/notizie/macroeconomia/macro-italia-la-bilancia-commerciale-di-luglio-2018?cp=1 ).  
Se uno ribatte, si ma mica c’è solo la bilancia commerciale, a noi il debito ci costa più che ai giapponesi, gli do’ un calcio sui denti affinché la smetta di fare il cane che si morde la coda.
Dal “ma” posto a inizio frase (sic) in poi (tema invecchiamento)  siamo d’accordo. Trattasi però di “inarrestabile fenomeno epocale”.... SPINTANEO quanto le migrazioni, guidato dall’imperativo categorico di far lavorare di più le donne a qualsiasi costo e contemporaneamente di disincentivare le famiglie, in partiicolare in Italì (altrove in Occidente invece no: Fr e D ad esempio sono molto generose con chi fa bambini, altro che redditi di inclusione o cittadinanza che dir si voglia, da noi ci vorrebbe un reddito DA figliolanza). 
Imho anche sul problema dell’invecchiamento, la conclusione dell’ “esperto” del Foglio andrebbe ROVESCIATA: altro che NO JAPAN ! Dato che è un fatto che condividiamo il medesimo problema epocale del Giappone e (in ritardo rispetto a loro) siamo finalmente arrivati alla medesima conclusione di buon senso, cioè che l’import di immigrati di basso livello non solo complica invece di risolvere ma anche frena l’innovazione (manodopera a basso costo per le aziende decotte) e costa molto caro mica solo sul piano sociale (altro che “ci pagheranno le pensioni”), quali strade per uscirne stan percorrendo i Giappu, che un po’ più lungimiranti di noi sono? 
Aldilà delle facili battute sull’estinzione - c’è poco da ridere fratello, guardati in casa - mi parrebbe molto apprezzabile l’idea di “internalizzare” il debito, così almeno (fin che si è ancora al Mondo) non sei esposto come noi adesso ai diktat A CARO PREZZO delle Agenzie di Rating sul tuo debito.  
So che l’approccio piace poco ai sinistri fautori del solito tassa-e-continua -a -spendere fondato sulle “Patrimoniali”, e i sedicenti esperti (in status quo) anche dal versante sedicente liberale si mettono a ridere (molto nervosamente peraltro). Peccato che alla domanda “quali sono le alternative”?, la risposta sia patetica : aumentare la Produttività (see, ne riparliamo a estinzione avvenuta di burosauri e centralisti), diminuire le spese (come sopra bis), efficientare il Paese, infrastrutturandolo sia realmente che virtualmente (come sopra ter). 
 Ci sono volute “le fantasie sovraniste locali” per recuperare l’idea di INIZIARE A FAR QUALOSA SUL DEBITO CHE CI STROZZA:  teorie delineanti un percorso per l’internalizzazione del debito su base volontaria “spintanea” (vantaggi fiscali etc.).  Un percorso guarda caso volto ad arrivare a una situazione quanto più giapponese possibile. A me non fa ridere, anzi; mi fa ridere la sicumera dei paraocchiati, mi ricordano tanto il terziario arretrato che ci affligge quanto burosauri e baroni, e grazie ad essi campa.  
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gwamch · 5 years ago
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STRESS TEST BANCHE ITALIANE: I 2 FATTORI CHIAVE
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STRESS TEST BANCHE ITALIANE Periodicamente, fin dalla ormai lontana crisi finanziaria del 2008, si sente parlare di stress test banche italiane e i risultati sono sempre attesi con trepidazione dai regolatori, dagli investitori e dagli stakeholders delle banche stesse. I risultati degli stress test banche italiane, spesso condizionano in maniera significativa il futuro sviluppo delle banche a livello di aumenti di capitali, di costi e di sviluppo aziendale. Entrando nel dettaglio cosa sono gli stress test delle banche italiane?
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La risposta è nella domanda stessa, ossia tramite periodici stress test banche italiane si può identificare un futuro scenario di crisi e verificare se la banca ha il capitale necessario per fronteggiare tale scenario. Detto così sembra semplice e lineare, purtroppo non lo è in quanto bisogna decidere i parametri dello scenario macroeconomico funesto e la metodologia da applicare in tale scenario. L'EBA, European Banking Authority, l'ente europeo  preposto a supervisionare gli stress test banche italiane ha emanato un corposo libro da applicare per gli stress test banche italiane. Il parametro di riferimento per valutare se si è promossi o bocciati nello stress test banche italiane è il parametro Cet 1,ossia il capitale proprio delle banche ponderate per il rischio degli attivi. Le banche italiane hanno un modello di business molto diverso da quello europeo e di conseguenza hanno due fattori di forte vulnerabilità. Il primo e principale fattore di vulnerabilità delle banche italiane è il denominatore del Cet 1 ossia gli attivi di bilancio ponderati per il rischio in quanto gli attivi di bilancio delle banche italiane sono pieni di prestiti alle famiglie e alle imprese e l'Eba pondera in maniera elevata tali attivi di bilancio. Secondo fattore di vulnerabilità è rappresentato dall'ingente e crescente acquisto di debito pubblico italiano da parte delle banche italiane stesse. Il debito pubblico italiano è e rimane il terzo debito pubblico più alto e rischioso al  mondo rapportato al Pil, dopo quello giapponese e greco fonte Ocse. Il debito pubblico italiano invece viene percepito e ponderato per il rischio, negli stress test banche italiane, in maniera assolutamente minimale.
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Gli stress test banche italiane non includono tutto il settore bancario italiano ma solamente le banche con almeno 100 mld di attivi patrimoniali  che in Italia rappresentano il 93% del settore bancario, escludendo le piccole banche locali. Le banche locali, che in aggregato consta di 97 istituti bancari, rappresentano il 7% del settore bancario e sono spesso il vero appoggio al tessuto produttivo italiano. Le banche locali sono molto deboli a livello di struttura del capitale e i loro rischi patrimoniali sono valutati dal regolatore italiano spesso con "occhi politici". 10 istituti su 97 non hanno passato gli  ultimi stress test di Banca d'Italia per il settore LSI (Less Significant Institutions). Queste 10 piccole banche locali italiane, il cui nome non è stato rilasciato da Banca d'Italia per non seminare panico tra i correntisti, vivranno in un prossimo futuro momenti difficili. Essendo state bocciate negli stress test banche italiane, dovranno aggregarsi e/o ricapitalizzarsi e/o essere acquisite da banche più grandi entro un termine che sarà dato da Banca d'Italia. L'unica alternativa residua sarà l'applicazione anche per queste 10 banche della normativa del 2016 sul Bail In. Nel Bail in gli obbligazionisti, gli azionisti e i correntisti bancari saranno tenuti a contribuire in solido alla ristrutturazione della banca secondo i limiti previsti dalla normativa in vigore. Goodwill Asset Management fornisce una valida alternativa nel diversificare geograficamente i rischi finanziari locali, gestendo il tuo conto in Svizzera nelle migliori banche svizzere tramite una gestione patrimoniale con procura amministrativa scegliendo tra 6 linee di gestione in maniera chiara e trasparente senza strumenti complessi quali certificati, hedge fund, fondi comuni di investimento, fondi alternativi, derivati ma eslusivamente investendo in azioni e obbligazioni tramite uno screening  approfondito basato sull' analisi fondamentale.         Read the full article
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abatelunare · 8 years ago
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Generazione di fenomeni
Gli atleti che affollano le serie sportive giapponesi sono tutti giovani: studenti di medie e liceo. Vedono nello sport l’opportunità di ribellarsi alla rigida omologazione imposta dalla scuola nipponica. Anche se non si capisce dove trovino il tempo per giocare, dato che in Giappone lo studio è durissimo. Mentre loro, uomini o donne che siano, si lasciano assorbire completamente dalla disciplina praticata, sacrificando a essa ogni cosa, persino la propria vita sentimentale (vedi Holly e Benji, due fuoriclasse e Tommy la stella dei Giants), anche se l’irruenta protagonista di Mila e Shiro due cuori nella pallavolo all’amore ci pensa eccome. Hanno un enorme talento. A loro ogni cosa riesce con facilità. Risolvono le situazioni più ingarbugliate grazie al loro intuito, che permette loro di vedere cose non viste dagli altri. E imparano molto in fretta: replicano le tecniche altrui in maniera quasi perfetta al primo tentativo. Sono pure più determinati del ferro. Il che li porta a migliorare senza sosta le prestazioni. A prezzo naturalmente di sacrifici disumani. Coadiuvati dai loro allenatori che s’inventano ogni volta inimmaginabili sevizie “per il loro bene”. Ci mettono l’anima perché si sentono in debito con familiari, sostenitori, compagni, allenatori e via dicendo. Il successo è un modo per ripagare la loro fiducia. Inoltre, nello sport la competizione è un elemento socialmente incoraggiato, oltre che accettato. L’inesausta ricerca della vittoria è parte integrante di un percorso formativo. Meta finale, la conoscenza di sé, raggiunta attraverso la consapevolezza e il superamento dei propri limiti. L’avversario è semplicemente uno che sta percorrendo il medesimo itinerario. Riconoscendo la propria sconfitta, non fa altro che accettarli. Perdere non è un dramma, a condizione che l’atleta si sia impegnato al massimo, senza lasciare nulla d’intentato. Questi ragazzini sono disciplinati come più non si potrebbe. Perché la pratica sportiva comporta e richiede il rispetto delle regole. I progressi fisici non possono (anzi, non debbono) prescindere dalla crescita spirituale. Come se tutto questo non bastasse, nonostante i successi ottenuti e la chiara consapevolezza della propria superiorità, mostrano un’umiltà a dir poco inverosimile. E non c’è impresa che non riescano a portare fino in fondo. Finiscono sempre per eccellere nel loro campo. Batterli è quasi impossibile. Com’è naturale, si devono periodicamente misurare con altri sportivi, visti quali ostacoli da superare per arrivare là dove in pochissimi riescono a spingersi. L’andamento degli incontri/scontri è sempre quello: dopo un iniziale momento di drammatica difficoltà, gli eroi prendono le misure ai propri avversari – molto spesso superiori per età, esperienza e forza – si riprendono e riescono a batterli in virtù della propria risolutezza, che compensa eventuali deficienze tecniche o d’altro tipo. Gli antagonisti vengono spesso presentati come individui presuntuosi e arroganti, persuasi che la vittoria sia già nelle loro mani. In questo modo, però, li sottovalutano. E perdono. Alla fine, dimostrano una sportività inaspettata: si complimentano con i vincitori, ne riconoscono il successo e strappano la promessa di una rivincita che sanno potrebbe non avere mai luogo. La forza di questi fenomeni in erba sta nel concetto di gruppo, uno dei pilastri su cui poggia la società giapponese. Kenzo Kabuto, lo scienziato creatore del Grande Mazinga, afferma: «C’è un limite alla potenza di ogni uomo isolato, ma se si unisce agli altri e insieme puntano alla meta, il loro potere sarà incommensurabile […]. Restiamo uniti e difendiamoci con la forza superiore dell’unità». Aggiungendo, in altra occasione: «Non lasciarti guidare dai tuoi istinti egoistici. Fai parte di un gruppo, ricordalo. Solo se combatteremo sempre uniti, in accordo gli uni con gli altri, rispettando gli ordini, riusciremo finalmente a vincere». In Giappone il gruppo ha una maggiore importanza, rispetto all’individuo come lo intendiamo noi occidentali. I personaggi degli anime che si immolano in nome della collettività sono innumerevoli. Il singolo talento di ognuno va finalizzato a vantaggio di tutti. L’individualismo è bandito. Non viene neppure concepito. Del resto, il noi è il valore cui la cultura società sino-giapponese educa fin da piccoli. Lo Shintoismo, che è la religione autoctona del paese, ci ha messo del suo. I rapporti tra i kami (le divinità scintoiste) sono all’insegna di collaborazione e armonia. Niente li rende più felici del vederle applicate anche fra gli esseri umani. Ecco l’importanza della coesione nel gruppo, vissuto però come un’entità a tenuta stagna, impermeabile agli elementi e alle “interferenze” che vengono dall’esterno. L’individuo non ha alcun margine di manovra. Deve attenersi alle regole imposte dalla comunità. Questi ideali hanno il difetto di non essere universali. La loro validità s’esaurisce all’interno del gruppo. Fuori di esso, perdono la loro forza. La sfera privata dell’individuo in quanto tale – in quanto, cioè, elemento esterno al gruppo – ha scarsa importanza. Il concetto di privacy non esiste, perché non si è riusciti a creare una libertà individuale svincolata dalla logica collettiva. La vita di un giapponese è ripartita fra ambito esterno (soto) e ambito interno (uchi), ognuno dei quali richiede norme comportamentali ben precise. Tale diversificazione riguarda però il singolo. La distinzione fra pubblico e privato non è altrettanto netta. Se una persona ritiene che le proprie azioni costituiscano un tradimento nei confronti del gruppo di appartenenza, il senso di colpa scatta in automatico. È qualcosa di più profondo della semplice solidarietà, e scatena autentici drammi interiori. Secondo questo modo di pensare la colpa più grave è tradire la fiducia dei propri compagni. Gli eccessivi individualismi, il rifiuto del “gioco di squadra” (in cui gli occidentali sarebbero carenti), non sono visti di buon’occhio. Non è permesso agire senza l’approvazione degli altri. Coloro che vengono esclusi dal gruppo, si ritrovano a dover combattere da soli contro l’intera comunità. Sono chiamati ippiki ookami, «lupi solitari», ritenuti egoisti e poco affidabili. Nelle serie riguardanti gli sport di squadra, la vittoria finale è conseguita – salvo rare eccezioni, come nel caso di Palla al centro per Rudy – grazie all’apporto di tutti. Ciascuna compagine, infatti, accanto al Campione e al suo partner “naturale”, schiera altri ottimi giocatori, presentati uno per uno. Quelli giovani e inesperti, se ci sono, seguono sempre le indicazioni di quelli anziani ed esperti. Diversa la situazione nelle formazioni avversarie: a risaltare sono soltanto due o tre atleti. Gli altri rimangono nell’anonimato. Sono lì giusto per fare presenza, perché per una partita servono undici persone, da una parte e dall’altra. Se non ci fossero, nessuno se ne accorgerebbe. Le varie formazioni rappresentano organismi compatti e indipendenti. Mondi chiusi che si contrappongono ad altre realtà ugualmente ermetiche. Hanno un ulteriore punto di forza nel coinvolgimento emotivo dei giocatori che le compongono, amici che si conoscono molto bene, si sostengono a vicenda e sono sempre pronti ad aiutarsi. Dal punto di vista narrativo, assistiamo a una abnorme dilatazione spazio-temporale. Si arriva a livelli davvero snervanti. I campi da gioco, di qualunque tipo siano, sembrano sconfinati. Questi ragazzini marciano come degli Eurostar, coprendo distanze siderali. E ogni incontro assume una durata direttamente proporzionale: le partite importanti si trascinano, in media, per almeno tre episodi. Non parliamo, poi, di quelle fondamentali come, ad esempio, le finali. Senza contare tutto il tempo impiegato dai vari campioncini per eseguire la propria tecnica vincente. Se poi si mettono a riflettere in corso d’opera, il tempo non passa davvero più. Chiudo con una curiosità: E. J. Harrison, autore del libro Lo spirito guerriero del Giappone, afferma che i giapponesi amano molto il nuoto, il canottaggio e il baseball, per il quale si sentono particolarmente predisposti, per via della loro agilità, e la rapidità manuale e oculare. Non amano molto l’equitazione e non ottengono grandi risultati in questa disciplina. Uno sport che non ha attecchito è il rugby. Però se ne trovano tracce in qualche serie: Ufo Diapolon, Gordian e Gigi la trottola. Gli sport più amati, comunque, sono: baseball (che è quello nazionale), calcio, golf, sumo, judo, karate e kendo. A tutti è stato dedicato un cartone animato.
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mariuskalander · 5 years ago
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New post in ControInformazione 24: Il 43% del debito pubblico giapponese è detenuto dalla Banca Centrale del Giappone che per acquistarlo ha creato nuova moneta. https://t.co/NBzjWXBors
— Mario Calandra (@MariusKalander) March 18, 2020
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samdelpapa · 5 years ago
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SE AVESSIMO TUTTI I SERVIZI PUBBLICI A PAGAMENTO GESTITI DALLO STATO, POTREMMO ELIMINARE LE TASSE ANCHE CON EURO !!! Utili dei servizi pubblici gestiti oggi dai privati : 1) Banche Pubbliche 15 MLD
2) Ospedali Pubblici 0
3) Strade e Autostrade Pubbliche 6 MLD
4) Scuole Pubbliche 0
5) Ferrovie Pubbliche 15 MLD
6) Trasporti urbani Pubblici 5 MLD
7) Taxi Pubblici 1,5 MLD
8) Aereolinee Pubbliche 1,5 MLD
9) Raccolta Rifiuti Pubblici 2 MLD
10) Acqua potabile Pubblica 1,5 MLD
11) Energia Elettrica Pubblica 15 MLD
12) Erogazione del Gas Pubblico 6 MLD
13) Poste Pubbliche 2 MLD
14) Telefonia Pubblica 5 MLD
15) Gestore internett Pubblico 12 MLD
16) Spiagge a gestione Pubblica 1 MLD
17) Aziende Petrolifere Pubbliche 50 MLD
18) Aziende dell'acciaio Pubbliche 5 MLD
19) Aziende armi da difesa Pubbliche 1 MLD
20) Aziende Metalmeccaniche Pubbliche 5 MLD
21) Centri di ricollocazione al lavoro e sociale Pubblici 0,5 MLD
22) Carceri Pubblici 6 MLD 23) Case Famiglia Pubbliche 4 MLD
24) *Contributo Inps sui redditi 20% 180 MLD 23 Mln contribuenti
*Se in occupazione piena 41 Mln di contribuenti 300 MLD Totale Utili Servizi a pagamento 160 MLD di Eu anno + 40 MLD aziende strategiche di Stato + 300 MLD di *Contributo Inps = 500 MLD Oggi lo Stato ha una spesa Pubblica tasse comprese di 870 MLD di Eu. Se togliamo i 70 MLD di interessi sul debito, i 388 MLD di tasse che lo Stato paga a se stesso, sulle fatture dei fornitori, tasse indirette ed iva, sui salari pubblici, Irpef ed Inps, poi, i 300 MLD di sprechi, aggiungiamo i 192 MLD per una Pensione di Base Pubblica per tutti, 100 MLD per la disoccupazione, arriviamo ad una spesa complessiva di 400 MLD di eu anno, esentasse (470 con gli interessi sul debito). Con 500 MLD di introiti dello Stato tra utili sui servizi, utili sulle aziende strategiche di stato e contributi sulla pensione, potremmo non pagare più un centesimo di tasse, potremmo abolirle per legge e per costituzione, in quanto non dovute, illecite e criminali. Perche non rispondenti alla natura della funzione del denaro, e cioè, una cessione di denaro, senza scambio di un bene o servizio (tasse) nell’immediato o in accantonamento (contributo Inps) è una truffa, un crimine, uno strumento per controllare ed impoverire le economie degli stati ed i popoli. Senza Tasse, avremmo un Prodotto Interno molto più alto, tra quello tedesco che è il doppio e quello Giapponese che è 2,6 volte, ma esentasse, cioè, oggi su 1.800 MLD di PIL almeno il 70% sono tasse, quindi il valore reale degli scambi è meno della metà, quello che rimane ai cittadini sono 540 MLD, il resto va allo stato. I salari sarebbero il 63% più alti, i prezzi al consumo il 57% più bassi, un potere d’acquisto 5 volte quello di oggi. Le pensioni di Base a 1.000 per tutti, disoccupazione 500 Eu per tutti, il reddito minimo garantito 2.000 Eu mese. Moneta Pubblica
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pangeanews · 6 years ago
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“L’esistenza di un uomo qualunque trasformata in un incubo indecifrabile”. Incontro con Andrea Vitali, che parla dei libri come fossero giorni, scrive con le matite e legge Euripide
Scrive a mano, a matita, dice di essere un collezionista seriale di matite. Non le matite cinesi, che reputa di serie C 2, ma le matite quelle vere, vuole sentire il profumo del legno e della mina, mentre tempera. Quando incontro Andrea Vitali, per la presentazione del suo ultimo romanzo, Certe fortune, edito da Garzanti – un nuovo caso del maresciallo Ernesto Maccadò – mi racconta di aver scritto, la mattina stessa, un paio di capitoli. Una volta, certo, usava la macchina da scrivere, una Olivetti, quella con il mappamondo che girava. Prima ancora, scriveva con la mitica Everest 42. “Era monumentale, un carro armato, scrivere allora era come fare pilates, mio padre che lavorava in comune a Bellano l’aveva portata a casa, occupava molto spazio”.
Questa sera Vitali indossa un piumino senza maniche (altro che camicia e via dicendo), più che lo scrittore ad una presentazione sembra un professore in gita scolastica, o un pescatore vestito di domenica. Solo le toppe marroni sui gomiti del maglione lo fanno avvicinare all’idea. Non uno che sgomita – mi pare un tipo per i fatti suoi – ma uno che consuma i gomiti sulla scrivania. Scrive a matita, trascrive a computer. Mi dice candidamente che, tra l’altro, è appena uscito, ieri, un altro suo libro. Ma come? Documenti, prego. È stato pubblicato con un altro editore, Einaudi, giusto per non confondere le idee ai suoi affezionati lettori. Si tratta di un libro di impronta buzzatiana, surreale, metafisico. Un libro che si ricollega a quei suoi primi racconti pubblicati, nel 1987, su Il bel paese, una rivista diretta da Raffaele Crovi, edita da Camunia. Insomma parliamo di una linea narrativa che ha perseguito in modo minore, caratterizzata da una riflessione senz’altro più impegnativa. “L’esistenza di un uomo qualunque trasformata in un incubo indecifrabile”. Ecco Andrea Vitali è un po’ così, lo sguardo grigio dietro gli occhiali, i capelli in disordine, piuttosto indecifrabile, inafferrabile. Più che vivere, sembra osservare, come se prendesse appunti per la sua vita narrativa.
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Gli dico che compie trent’anni, che è sulla cresta dell’onda editoriale da decenni (il suo esordio nel 1989 con il romanzo Il procuratore, che si è aggiudicato l’anno seguente il premio Montblanc per il romanzo giovane) e scopro, nel suo sguardo, un velo di amarezza. Forse è soltanto nostalgia. Siamo seduti in cattedra (la presentazione alla biblioteca Bruna Brambilla, dentro la mia scuola “Anna Frank” di Varese), ci sono almeno una ventina di suoi libri sparsi sul tavolo, ma lui non si scompone, è soltanto una carezza il vederli.
Parla dei libri come fossero giorni. Ti dice, infatti: “I miei libri? Li considero il passato, è inevitabile pensarci come pensare al passato, ma preferisco il futuro, pianificare, programmare il futuro, senza pensare a ciò che è stato. Il mio libro preferito? Penso a Pianoforte vendesi, come al piccolo bambino ammalato che finalmente guarisce, il rachitico della famiglia, il libro che mi ha fatto più incazzare, che ha avuto più stesure, il libro che ha collezionato più non ce la farò”. Se getti un occhio al suo curriculum, ci trovi sia incenso che consenso. Nel 1996 il premio letterario Piero Chiara con L’ombra di Marinetti. Una finestra vistalago, nel 2003, Garzanti, si conquista il premio Grinzane Cavour 2004, sezione narrativa, e il premio Bruno Gioffrè 2004, poi ottiene, il premio Bancarella nel 2006 (La figlia del podestà), il premio Ernest Hemingway nel 2008 (La modista), il premio Procida Isola di Arturo Elsa Morante, il premio Campiello sezione giuria dei letterati nel 2009, quando è stato anche finalista del premio Strega (Almeno il cappello), il premio internazionale di letteratura Alda Merini, premio dei lettori, nel 2011 (Olive comprese). Nel 2008 gli è stato conferito il premio letterario Boccaccio per l’opera omnia e nel 2015 il premio premio De Sica. Oggi siede nella prestigiosa giuria del Premio Strega.
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Andrea Vitali insieme a Linda Terziroli
Come è il mondo della letteratura contemporanea? “Il salotto della letteratura non lo frequento, lo vivo un po’ da fuori, in periferia, lo frequento attraverso i libri, gli autori. Fra i diciassette romanzi del premio Strega ho votato il libro che non ha vinto. Nel mondo della letteratura vedo grande fermento, una delle cose che mi stupisce di più è la massiccia presenza di questori, vicequestori… Una regola a cui non derogherò mai è il protagonista seriale, l’unica serialità che rispetto è il lago. Anche il maresciallo Maccadò non è il protagonista del mio romanzo, è una parte corale. La serialità è un crimine, la serialità mancherà sempre nei miei libri. Tutti questi autori sanno che devono tenere in vita il personaggio tutto questo tempo e, se non ti chiami Simenon, Camilleri, Manzini, è facile cadere, scivolare in una caduta clamorosa da parte del pubblico, che si è affezionato al protagonista. Il lago, per me, è una via di fuga, uno scenario, una scusa. Non mi manca niente”.
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Cosa significa scrivere? “Avevo il sogno di diventare uno scrittore, scrivere era la mia passione giovanile, ma fare il medico mi ha arricchito dal punto di vista umano, non riesco ad immaginare un altro lavoro che permetta di entrare, così in profondità, nella psiche delle persone, a regalare minuterie della conoscenza umana. La sincerità mi obbliga a dire che scrivo per comunicare e per essere letto da altri. Ma, quando scrivo, non lavoro mai con una scaletta. La scrittura è talmente malleabile, è molto duttile, ti offre infinite possibilità. Per portare il romanzo a riva, lavoro quotidianamente, senza Natale, Pasqua, è la necessità di dare un senso. Una delle difficoltà divertenti sono le sorprese quotidiane che escono mandando avanti il racconto di giorno in giorno, i personaggi che nascono. Considero l’attività di scrittore come un lavoro pari ad altri lavori, un’attività quotidiana, con risultati variabili da giorno a giorno. Sin dalla più tenera età, non mi è mai mancato il materiale per appunti, abbozzi di romanzi, la sostanza per chi si occupa di questo mestiere. E non puoi divagare, fare giri intorno all’ombelico, perché il lettore si aspetta una storia, una storia intrigante in senso artigianale. Per impiantare un primo seme, devi immaginare una trama, ma magari storie che sembrano brevi poi si dilatano per molte pagine”.
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Tra il pubblico, un alto e fervido lettore di Vitali gli domanda come vive il fatto di essere erede o continuatore di Piero Chiara. “Vedo l’eredità come un debito – risponde lo scrittore – sarebbe sciocco negare che Chiara fa parte della schiera dei narratori che hanno dato vita al romanzo italiano. Mi piacerebbe, sarebbe bello, essere inserito in quella corrente. Ho una memoria buona, non dimentico il fascino della scoperta di Piero Chiara, un grande narratore italiano nato sulle rive di un lago, dove c’è l’alone di mistero, un mondo che non è scomparso del tutto. Un mondo più semplice da vivere, senza la possibilità di scappare, un mondo più ricco di fantasia”.
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Quali libri legge Andrea Vitali? “Quali sono i miei autori preferiti? Preferiti o no devo leggere i libri in finale al premio Strega. Ora sto rileggendo il mio preferito tra i tragici greci, Euripide (in particolare l’Ippolito), rileggo annualmente l’Odissea, leggo la letteratura greca, per mantenere alto il livello della scrittura. I costumi restano gli stessi, i temi, l’invidia, l’odio, l’amore. Per quanto riguarda gli scrittori italiani leggo De Roberto, Sciascia, Parise, Cassola, mi sono riscoperto un fan di Leopardi, di Gabriele d’Annunzio. Per quanto riguarda gli autori non italiani, leggo Friedrich Dürrenmatt, Saramago, il giapponese Murakami”.
Nel tempo libero cosa fa? “Incontro i miei lettori, faccio circa 170 presentazioni all’anno e, quando posso, mi dedico all’attività di volontariato in una comunità psichiatrica della Valseriana”.
Quale sarà il suo prossimo libro? “Pubblicherò una favola, Il nonno empereur, la storia di un giovane nipote che dorme con suo nonno, che, un giorno, si sveglia ed è diventato di colpo Napoleone”.
Linda Terziroli
L'articolo “L’esistenza di un uomo qualunque trasformata in un incubo indecifrabile”. Incontro con Andrea Vitali, che parla dei libri come fossero giorni, scrive con le matite e legge Euripide proviene da Pangea.
from pangea.news http://bit.ly/2EbjJYz
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lafinestrarotta · 6 years ago
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Eh, ma il Giappone
In questi giorni sono in molti a dibattere sulla possibilità di japanizzare il debito pubblico italiano, ossia di riuscire (analogamente a quanto avvenuto in Giappone) a convincere (o a costringere) i risparmiatori italiani ad acquistare una quota maggiore di debito pubblico. Come spiegato bene da Paolo Rebuffo (aka Funnyking, http://funnyking.io/archives/2147) tale azione porterebbe senz’altro ad un vantaggio immediato: lo spread si ridurrebbe immediatamente grazie alla forte domanda di BTP traducendosi tra l’altro in un guadagno sicuro per gli investitori.
Ammettendo che la cosa sia fattibile, cioè che domani mattina i risparmiatori italiani investano parte dei loro risparmi in BTP, il debito italiano, tornando nelle mani di risparmiatori guidati da fini speculativi in minor misura (si pensi ad un pensionato) o comunque essendo diviso tra un numero maggiori di creditori, sarebbe inoltre meno permeabile a nuove crisi dello spread. Lo Stato potrebbe così finanziare ad un costo minore i propri deficit, a prescindere che essi siano diretti a finanziare spesa corrente o investimenti. Il problema è che quasi nessuno pensa mai alla sostenibilità di questa strategia nel medio-lungo periodo ed ai suoi effetti collaterali. Ovvero all’allocazione non ottimale del capitale.
Un debito tanto grande da poter badare a sé stesso.
Sì perché, una volta ridotto lo spread, il nuovo debito dovrebbe comunque continuare ad essere acquistato dai risparmiatori, ma con rendimenti ridotti, per capirci, ad oggi un decennale tedesco rende lo 0.5% annuo. 
Inoltre, qualora la BCE, come da previsioni, iniziasse ad alzare i tassi d’interesse, i titoli già posseduti dai risparmiatori perderebbero di valore e diventerebbero attività finanziarie immobilizzate de facto, ossia che non si potrebbero vendere fino alla scadenza senza incorrere in perdite in conto capitale.
Uno dei segreti del “successo” della monetarizzazione giapponese del debito è infatti una specie di QE perenne (sì, il QE moderno l’hanno inventato loro, mica Bernanke e la Fed), con tassi monetari vicini allo 0% da quasi un ventennio e riserve di titoli statunitesi colossali accumulate in decenni di attivi commerciali (un po’ quello che stanno facendo i cinesi). Il Giappone ad oggi è sì la terza potenza economica mondiale ma si trova in una “trappola della liquidità” dalla quale non potrà mai uscire senza una fortissima svalutazione dello yen e quindi senza la perdita di ricchezza da parte dei suoi cittadini (per chi volesse una breve sintesi, sicuramente non esaustiva dei problemi economici giapponesi: https://it.wikipedia.org/wiki/Bolla_speculativa_giapponese). 
Nel frattempo, dal 1980 ad oggi il rapporto Debito pubblico  giapponese è passato dal 50.6% al 253% del PIL (https://tradingeconomics.com/japan/government-debt-to-gdp). Sul Giappone, paese avanzatissimo e ricchissimo, pesa la spada di Damocle di un debito paradossale; le conseguenze di una possibile crisi giapponese sono sconosciute, come ammettono da diverso tempo tanti economisti ben più quotati del sottoscritto https://st.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-11-06/tokyo-sembra-atene-063652.shtml?uuid=AbR71Q0G().
Non ci sono scorciatoie.
In conclusione, credo che il riacquisto di titoli di stato da parte dei cittadini italiani dovrebbe essere dettato dalla fiducia nelle manovre di governo e quindi nelle finalità del finanziamento. Personalmente non  avrei alcun problema a finanziare anche a rendimenti ridicoli la costruzione di infrastrutture necessarie; ne avrei di più a finanziare la spesa corrente della pubblica amministrazione. E credo che questo sia il ragionamento di tanti altri investitori retail. Il riacquisto di titoli di debito può essere senz’altro d’aiuto ma nel lungo periodo è una strategia che (a parità di condizioni) non crea ricchezza, crea solamente maggiore debito e toglie risorse ad altri progetti a maggiore potenziale, riducendo il tasso di crescita potenziale dell’intera economia. Come d’altronde è successo e continua a succedere proprio in Giappone. Le soluzioni per la situazione italiana, come già spiegato in altri articoli (qui la mia ultima intervista), sono ben altre.
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btpspread-blog · 6 years ago
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L’economia della domenica mattina. Debito pubblico: Giappone vs Italia. Una semplice disamina delle ragioni per cui il debito giapponese appare essere (e molto probabilmente e') meno rischioso di quello italiano. Ovvero: quello che sovranisti e vate vari non vi hanno mai detto.
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lavocemetropolitana · 6 years ago
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Il debito pubblico italiano va condito in salsa sushi al netto di Sarchiaponi e similari
Il debito pubblico italiano va condito in salsa sushi al netto di Sarchiaponi e similari
Il Prof. Tria sta sapientemente gestendo la situazione economica del paese al netto delle incursioni di Sarchiaponi , Minolli e Rostocchi. Ma l’ammontare del debito pubblico induce ad una profonda riflessione. Probabilmente la soluzione migliore è quella giapponese 1 proposta dal Dr. Cottarelli(1) dove il debito pubblico è detenuto al 90% dai giapponesi medesimi(Circa il 90% del debito pubblico…
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scienza-magia · 2 years ago
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Pericolo scoppio bolla del debito pubblico in Africa
Scontro tra Cina, Fmi e Banca mondiale per il debito dei Paesi poveri. Pechino, il maggiore creditore bilaterale internazionale, non vuole svalutare il proprio credito se le organizzazioni legate agli Usa non faranno lo stesso Bloccati i nuovi finanziamenti Sarebbe molto «carino», per dirla con il ministro delle Finanze giapponese Shunichi Suzuki, se la Cina si aggiungesse agli sforzi di Paesi come lo stesso Giappone, l’India e la Francia per risolvere la crisi debitoria di un Paese come lo Sri Lanka, precipitato nel default con 15 miliardi di dollari di debito obbligazionario. Ma la Cina, diventata negli anni sempre più “banchiereesattore” e meno “donatore” nei confronti dei Paesi a medio e basso reddito, per ora non cede: non intende svalutare il proprio debito e chiede, anzi, che anche il Fondo monetario internazionale e le banche di sviluppo multilaterali condividano le perdite nell’ambito della politica comune di ristrutturazione del debito delle economie più fragili. Al G20 finanziario di Washington, il neo governatore della banca centrale cinese Yi Gang ha detto che Pechino è sì disposta a lavorare attraverso il cosiddetto quadro comune del G20 per la risoluzione del debito, ma al di là della dichiarazione di principio di concreto non c’è ancora nulla. E questo in un momento peraltro in cui, ultimi dati Ocse, nel 2022 ben il 14,4% dell’aiuto pubblico allo sviluppo globale (Aps) è rimasto nelle tasche dei Paesi ricchi.
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Una donna con i suoi figli all’interno della favela Rocinha di Rio de Janeiro, in Brasile: l’impennata dei livelli del debito provoca nei Paesi in via di sviluppo la riduzione degli investimenti produttivi nei settori pubblico e privato Gli aiuti globali, insomma, diminuiscono, mentre la “trappola del debito” rischia di strangolare un Paese dopo l’altro, con casi ormai al limite come quelli dello Zambia, Paese al quale lo stesso Fmi chiede ancora di proseguire nella ri-strutturazione del proprio debito con i creditori esistenti per poter accedere a 188 milioni di dollari di nuovi fondi. Il problema, per lo Zambia come per tanti altri Paesi, è che il principale creditore esistente è proprio la Cina: e quindi, se Pechino non accetterà una riduzione delle proprie perdite, il governo di Lusaka quei nuovi fondi non li avrà. Proprio ieri la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (Unctad) ha lanciato un nuovo allarme: il rallentamento economico globale provoca nei Paesi in via di sviluppo un debito crescente, «una crisi sempre più profonda », a fronte di un sostegno internazionale insufficiente. L'impennata dei livelli di debito sta riducendo gli investimenti produttivi nei settori pubblico e privato. Il risultato sarà l’aumento delle diseguaglianze, con 39 Paesi che pagheranno ai loro creditori ufficiali esterni più di quanto hanno ricevuto in nuovi prestiti. L'organismo Onu stima che gli aumenti dei tassi di interesse costeranno ai Paesi in via di sviluppo più di 800 miliardi di dollari nei prossimi anni. Secondo un report Fmi, in Africa la crescita dovrebbe rallentare ancora quest’anno, al 3,6%. Il recente rapporto International Debt Report 2022 della Banca Mondiale sottolinea che ben 75 Paesi che hanno accesso ai prestiti dell’Agenzia Internazionale per lo Sviluppo (International Development Association – IDA) della Banca mondiale oggi spendono oltre un decimo dei loro proventi da esportazioni per sostenere il debito estero, la quota più alta dal 2000, cioè poco dopo la nascita del programma Heavily Indebted Poor Countries (Hipc), promosso congiuntamente nel 1996 dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale. Quel poco che le economie fragili producono ed esportano, insomma, serve per una discreta porzione solo a ripagare debiti, e questa porzione, negli anni, è andata solo aumentando. All’orizzonte c’è il rischio di una crisi del debito di portata globale, considerando che alla fine del 2021 il debito estero di questi Paesi ammontava a 9mila miliardi di dollari, più del doppio rispetto a dieci anni fa. Sulla questione, il ruolo cruciale della Cina, il più grande creditore bilaterale del mondo, è evidente. Dal 2008 a oggi, Pechino avrebbe speso 240 miliardi di dollari per “salvare” Paesi coinvolti nella Belt and Road Initiative, soprattutto per una ventina di Paesi tra cui Argentina, Sri Lanka, Pakistan e diversi Stati africani. Prestando denaro, la Cina allarga la sua influenza nel mondo, oltre a poter mettere nel mirino la infrastrutture chiave di molti Paesi aiutati. Mercoledì, Pechino non ha preso alcun impegno ufficiale nella dichiarazione diffusa da Banca mondiale, Fmi e India, attuale presidente del G20, dopo il primo incontro del nuovo Gruppo sul debito sovrano globale. La dichiarazione stessa, peraltro, ha confermato che sono stati concordati modi per semplificare gli sforzi di ristrutturazione del debito, compresa la condivisione dei dati e calendari più chiari. Tutto, però, resta ancora un po’ vago, considerato che Pechino non intende né cancellare debiti né svalutarli e il Fmi non vuole elargire nuovi finanziamenti senza una svalutazione, nel dubbio che quei fondi, invece che progetti di sviluppo, vadano solo a ripagare i vecchi debiti, in gran parte proprio verso la Cina. Il cane, insomma, continua per ora a mordersi la coda. Read the full article
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jamariyanews · 7 years ago
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La mega-battaglia finanziaria si intensificherà da fine febbraio, all'inizio di marzo
19 febbraio 2018
https://benjaminfulford.net/ La battaglia segreta per il pianeta terra sta entrando in una fase critica nelle prossime settimane, specialmente nel regno della finanza, dove infuria un'epica battaglia a tre, concordano diverse fonti. In questa battaglia, le Criptovalutee lo Yuan cinese si combattono a vicenda, così come i combattimenti per sostituire l'attuale petrodollaro della banca centrale occidentale, l'Euro e il sistema giapponese basato sullo Yen.
Nella mossa più grande, la grande sfida al petrodollaro USA è stata lanciata dai cinesi, con l'annuncio formale della partenza, il 26 marzo,  dei trading sul futures sul petrolio  sostenuto con l'oro. Fonti della Società Segreta Asiatica dicono che l'Anno del Cane, che sta iniziando, di solito porta volatilità (in questo caso presumibilmente nei mercati finanziari) prima che le cose si sistemino in una nuova normalità man mano che l'anno avanza. Ciò significa che i cinesi sono pronti per la guerra finanziaria, una volta tornati dalle vacanze del loro nuovo anno lunare, questa settimana e la prossima. 
La Cina e il trading.
Questa mossa cinese contro il petrodollaro coincide con la minaccia russa di ritirarsi dal sistema di pagamenti internazionali SWIFT controllato dall'Occidente. Una fonte della CIA in Asia dice di essere stato informato dalle sue controparti russe che se la Russia inizia a commerciare senza utilizzare i conti di scambio internazionale SWIFT e passa completamente al sistema di pagamento interbancario cinese (CIPS), "ci saranno almeno una dozzina altre nazioni che faranno questo cambio in pochi giorni. "
La Russia abbandona lo SWIFT.
La Russia abbandona lo SWIFT. 2
Nel frattempo, un agente del Servizio segreto d'intelligence canadese nota che "il primo ministro russo Dmitrij Medvedev è anche l'amministratore delegato della Federazione russa, autorizzato a operare fuori Londra. Quindi, se viene dato l'ordine di allontanarsi dal sistema SWIFT, il dollaro USA semplicemente muore e vedremo un'enorme inflazione. " Quello che si intende implicitamente è che il distretto finanziario di Londra, è in realtà il Commonwealth britannico da 2,4 miliardi di persone, che si uniranno ai russi e ai cinesi e abbandonare il dollaro USA.C'è anche una grande spinta a sostituire il petrodollaro con una criptovaluta sostenuta con l'oro che potrebbe rivaleggiare con lo Yuan cinese in quanto a influenza, secondo dei russi, la CIA, il Pentagono, il governo giapponese e altre fonti coinvolte in questo progetto, di cui discuteremo in dettaglio più avanti.
Questi sviluppi sono probabilmente il motivo per cui gli alti esponenti della Loggia�� P2, i controllori del sistema esistente dollaro / euro / yen, hanno contattato la White Dragon Society (WDS) la scorsa settimana per perorare la pace. Ci saranno ulteriori informazioni su queste discussioni con la P2 avanti nel post.Anche la scorsa settimana, l'ex agente della CIA e fondatore della Marine Intelligence Division (Il personale che ha recentemente fatto irruzione nella sede della CIA), Robert David Steele si è presentato in Giappone la scorsa settimana per incontrare membri del WDS. 
In Giappone, Steele ha incontrato membri di Società Segrete Asiatiche, alti intermediari al potere di destra, membri della famiglia reale giapponese e altri. Le discussioni si sono incentrate su ...idee per un'alternativa all'attuale paradigma economico occidentale . Il punto di vista di Steele è che il costo reale della produzione degli articoli deve essere incluso nel costo di un prodotto. L'esempio esposto è stato sull'uso di sostanze cancerogene altamente pericolose nella produzione di smartphone e che gli operai avrebbero contratto il cancro nella produzione delle apparechiature telefoniche, e il cui costo dovrebbe essere incluso nel prezzo del telefono. È stato concordato dalle varie parti che il costo dell'inquinamento, ad esempio, dovrebbe essere pagato interamente dagli inquinatori.
C'è anche  accordo in generale sul fatto che l'attuale sistema delle banche centrali di proprietà privata sta distruggendo il pianeta e che devono essere chiuse. Una fonte asiatica della CIA coinvolta nelle discussioni ha detto che le nazioni dell'ASEAN (Singapore, Malesia, Tailandia, Brunei, Indonesia, Filippine, Cambogia, Laos, Vietnam e Myanmar) si stanno preparando ad avviare il processo nazionalizzazione delle loro banche centrali.
C'era, tuttavia, un disaccordo sulle criptovalute. Il rappresentante della Società Segreta Asiatica ha detto che i cinesi hanno deciso nel febbraio 2017 di non voler supportare più le criptovalute perché temono che una "IA criminale" sarebbe in grado di "prenderne il controllo e assumere così il controllo della società umana".Tuttavia, il rappresentante della società segreta asiatica ha dichiarato di essere disposto a sostenere l'idea della WDS per una criptovaluta sostenuta con oro, ma solo se gli fosse stata fornita la prova dell'esistenza reale dell'oro. Il WDS ha promesso di fornire prove dettagliate agli asiatici sotto forma di una quantità statisticamente valida di campioni di base. I giacimenti d'oro si trovano a Bougainville, in Indonesia e altrove, e non sono collegati alle leggendarie caverne piene di oro dei "conti di garanzia globale" già estratti. Saranno estratti usando una tecnologia ecologica.
Questo potrebbe essere il motivo per cui Agustin Carstens, General Manager della Bank for International Settlements (BIS Banca dei Regolamenti Internazionali) , la banca centrale delle banche centrali, ha dichiarato nel suo primo discorso pubblico del 6 febbraio che "Se le autorità non agiscono preventivamente, le criptovalute potrebbe diventare più interconnesse con il principale sistema finanziario e diventare una minaccia. Soprattutto, l'ascesa di criptovalute non dovrebbe farci dimenticare l'importante ruolo svolto dalle banche centrali come amministratori della cosa pubblica. I token digitali privati ​​che si mascherano come valute non devono sovvertire questa fiducia. " 
La BIS, a proposito, è dove la teoria della cospirazione incontra le cosiddette notizie mainstream. Pubblicazioni come The Wall Street Journal e The Financial Times sono pieni di articoli sulle dichiarazioni arcane della BIS che riguardano l'intero pianeta, eppure la BIS non è responsabile nei confronti di nessun governo sulla terra e nessuno li ha eletti (puoi avere conferma chiamando la BIS al +41 61 280 8080).
L'altro punto è che con i mercati azionari truccati, lo scandalo Libor, lo shock Lehman, ecc., Hanno già sovvertito la fiducia che qualcuno abbia mai potuto avere in loro.In ogni caso, fonti del Pentagono dicono: "Il nuovo sistema finanziario globale sta arrivando, poiché la cabala DUMB (Deep Underground Military Bases), i laboratori, i satelliti, le basi sottomarine e altri beni militari sono stati distrutti".
Inoltre, i preparativi per una nuova moneta panafricana vanno avanti ora che "lo Zimbabwe è politicamente stabile e il suo dollaro diventa la valuta di riserva per l'Africa, dal momento che il leader in opposizione Morgan Tsvangirai è morto", dicono le fonti.Sviluppi come quelli menzionati sopra, in particolare l'inizio del commercio del petrolio con Yuan sostenuto dall'oro, sono il motivo per cui la Loggia P2, i governanti del vecchio sistema del petrodollaro, stanno negoziando la pace con la White Dragon Society. Si consiglia alla P2 di annunciare un giubileo, o una cancellazione una tantum di tutto il debito mondiale, nonché una ridistribuzione di attività ora fraudolente, come punto di partenza per un nuovo paradigma finanziario.
Inoltre è stato chiesto loro di istruire le Nazioni Unite, il G7, la Banca Mondiale e altre sussidiarie e annunciare una campagna multimiliardaria per salvare il pianeta. Come parte di questo, sarebbe stata creata un'agenzia di pianificazione futura di nuova creazione, meritocratica e trasparente, per realizzare questi piani in consultazione con tutte le genti del pianeta terra.Al momento della stesura di questo documento, nessuna risposta positiva è stata ricevuta dalla P2, quindi il processo di rimozione definitiva da tutte le posizioni di potere continuerà fino al completamento.
La rimozione dal potere dell'arconte-satanista e assassino di massa Benyamin Netanyahu, ora che è stato incriminato dalla polizia israeliana, sarà il prossimo passo in questo processo. Netanyahu sta cercando di tenere in ostaggio i cittadini ebrei in Israele minacciando una guerra suicida con l'Iran. Tuttavia, fonti ebraiche della CIA stanno dicendo che è inevitabile che Netanyahu andrà in prigione e, "Se il mafioso khazariano Netanyahu andrà in prigione, non ne uscirà vivo". Sembra che gli ebrei si stanno finalmente rendendo conto che sono ancora dentro la loro prigionia babilonese dopo migliaia di anni e stanno, finalmente, per liberarsi.
In questo contesto, l'ultima "sparatoria" in Florida sembra essere stato un tentativo di spaventare gli ebrei in continua sottomissione. Ecco cosa hanno detto le fonti del Pentagono: "Non si trattava di una sparatoria ordinaria, ma di un messaggio alla mafia ebraica, dato che la scuola superioreParkland, in Florida, è al 40% ebrea e 5 dei 17 uccisi sono ebrei".
Sparatoria in Florida. Aanirfan.
Dice molto sullo stato degli Stati Uniti l'esistenza di una "sparatoria nella scuola ordinaria". In ogni caso, questa fonte dice: "Parkland è anche l'ospedale del Texas che ha gestito John F. Kennedy quando è stato colpito, quindi questo era anche un messaggio per Bush e Israele ".Questa fonte ci informa anche che "l'attore anti-Trump Robert De Niro potrebbe essere esposto in quanto cliente di un giro internazionale di prostituzione minorile".Inoltre, la fonte del Pentagono dice che l'NSA ha ora confermato che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha vinto il voto popolare con 70 milioni di voti, contro i 57 milioni di Hillary Clinton.
Auguriamo a Trump il meglio, ma è difficile capire come possa fare Washington DC a evitare la dichiarazione formale di bancarotta. 
 Preso da: http://albainternazionale.blogspot.it/2018/02/la-mega-battaglia-finanziaria-si.html
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forextutor-blog · 8 years ago
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Giappone - Tassi e situazione macro
Questa notte la Bank of Japan (BoJ) ha deciso di non intervenire sui tassi di interesse, lasciando così la propria politica monetaria ultra- espansiva invariata.
Ad accompagnare la comunicazione uno statement contenente indicazioni contrastanti: da una parte infatti la banca centrale prevede per il medio periodo una crescita stabile (anche grazie alla preparazione delle olimpiadi di Tokyo 2020 ), dall’altra individua una serie di incognite (come le nuove politiche protezioniste americane, la Brexit ed altre situazioni geopolitiche considerate sensibili) che rappresentano un elemento fortemente destabilizzante.
Tassi di interesse – Giappone
La BoJ sta continuando ad iniettare nel mercato enormi quantità di denaro attraverso il Quantitative Easing con l’obiettivo di riportare l’inflazione al target del 2%. I risultati però faticano a concretizzarsi dal momento che le ultime rilevazioni hanno mostrato una crescita dei prezzi ferma allo 0,3%.
Inflazione – Giappone
Vero è che da settembre la BoJ ha modificato la propria direzione adottando una “yield targeting strategy” di cui ancora però non si sono visti i risultati. Quello che invece appare chiaro, e preoccupante, sono gli effetti di tali politiche sul debito pubblico, al cui confronto quello dei paesi europei appare qualcosa di insignificante: l’indebitamento giapponese infatti si attesta al 250% con conseguenti ed ovvi dubbi sulla effettiva capacità di poterlo sostenere.
Debito – Giappone
Con riferimento al calendario di oggi ricordiamo che alle 13:45 avrà luogo la comunicazione sui tassi di interesse da parte della BCE, seguita dalla conferenza di Mario Draghi alle 14:30.
Alessandro Bonetti (Bonetti Financial)
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scienza-magia · 2 years ago
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Banche centrali da quantitative easing a qualitative easing
Il futuro delle grandi banche centrali? L’esperimento giapponese. Le banche centrali più importanti al mondo, superata la battaglia contro l'inflazione, probabilmente imiteranno la politica del Giappone. In settimana, è accaduto qualcosa di clamoroso sui mercati finanziari: l’annuncio della Banca del Giappone circa il raddoppio della banda di oscillazione per il rendimento del bond sovrano a 10 anni. Potrà muoversi tra -0,50% e +0,50%. Fino a pochi giorni fa e sin dal settembre del 2016, il movimento era tollerato nel range -0,25/+0,25%. Di fatto, Tokyo consente ai rendimenti decennali di arrivare allo 0,50%. Un rialzo dei tassi mascherato, stando alle analisi dei più. L’annuncio ha permesso allo yen di rafforzarsi ai massimi da luglio, recuperando così più del 13% dai minimi toccati in ottobre. L’eventuale successo di questa policy costringerà dai prossimi mesi tutte le grandi banche centrali a fare i conti con un cambio di passo della politica monetaria.
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Oltre sei anni fa, il governatore Haruhiko Kuroda annunciava il passaggio dal “quantitative easing” al “qualitative easing”. L’ammontare degli acquisti di bond non era più prefissata, mentre la Banca del Giappone si poneva l’obiettivo esplicito di controllare la curva dei rendimenti. In teoria, ciò comporta il rischio di dover acquistare quantità illimitate di titoli di stato per centrare gli obiettivi. Nella pratica, è accaduto il contrario. Poiché il mercato ha sin da subito reputato credibili le mosse dell’istituto, non ne ha testato le capacità. Ed ecco che la crescita della base monetaria è crollata da un ritmo annuo del 20% al 3%. Il controllo della curva dei rendimenti, in buona sostanza, ha consentito alla Banca del Giappone di proseguire l’allentamento monetario per centrare il target d’inflazione al 2% senza creare le condizioni per un’impennata di quest’ultima per via dell’altissima crescita della liquidità in circolazione. Le banche centrali valuteranno nei prossimi mesi i risultati di questa policy, quando la battaglia contro l’inflazione auspicabilmente sarà vinta. A quel punto, tornare al “quantitative easing” risulterà impopolare e imbarazzante. Viceversa, in Giappone l’inflazione ad oggi rimane contenuta al 3,7%. Banche centrali in cerca di nuova policy E ciò vale particolarmente per la Banca Centrale Europea (BCE), costretta a fare i conti anche con il rischio di frammentazione monetaria dell’Eurozona. Il rialzo dei tassi rende più vulnerabili i bond di stati molto indebitati come l’Italia, i cui spread sono fortemente risaliti quest’anno. Il controllo della curva dei rendimenti in stile giapponese consentirebbe a Christine Lagarde di varare un vero scudo anti-spread senza dichiararlo mai ufficialmente. Tecnicamente, sarebbe un po’ complicato, a causa della presenza di ben 19 curve nazionali (20 dal 2023 con l’ingresso della Croazia nell’euro). Chiaramente, il riferimento principale sarebbe alla curva dei rendimenti tedeschi, un “benchmark” per l’intero mercato sovrano dell’area. Dopodiché si fisserebbero i limiti stato per stato. L’esperimento di Tokyo sarebbe preso a pretesto per risolvere l’annoso problema della divergenza tra i tassi interni. Anche la Federal Reserve lo vedrebbe di buon occhio per tenere sotto controllo l’intera struttura dei tassi senza al contempo iniettare eccessiva liquidità sui mercati. Attenzione, il Giappone sarebbe tutt’altro che un modello di politica monetaria e fiscale sano. Debito pubblico fino al 260% del PIL e per circa la metà in mano alla banca centrale. Ma, come detto, il ritorno al vecchio QE sarà impossibile dopo che le banche centrali avranno mandato in recessione le rispettive economie per contenere un’inflazione alimentata proprio dalle loro precedenti politiche monetarie lassiste. Serve un lassismo sotto nuove vesti. E guarderanno ad est quando sembrava che Tokyo fosse passato totalmente di moda, tra un ex premier Shinzo Abe brutalmente assassinato durante un comizio e un Kuroda a fine mandato. Eppure vedrete che l’Occidente adatterà l’Abenomics alle proprie necessità. Read the full article
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scienza-magia · 5 years ago
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Crisi economica e pandemia, vortice economico per il capitalismo
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Perché il sistema capitalistico è praticamente morto. Gli Stati Uniti, dal 2001 in poi, hanno messo l’economia reale a sostegno della finanza. E ora i mercati stanno entrando silenziosamente nella fase preliminare della nazionalizzazione, dove l’intervento pubblico e il sostegno della Fed sosterranno un modello di capitalismo che è praticamente finito. Le borse festeggiano la fine imminente del lockdown globale ma, a questi livelli, non stanno certamente prezzando il danno che rimarrà sull’economia, sui profitti attesi, sull’occupazione e, soprattutto, sulle insolvenze che arriveranno. Credo che il reale impatto che la pandemia avrà sull’economia globale si capirà solo nei prossimi tre mesi, quando si avrà una evidenza di come effettivamente si delinea il ritorno alla normalità tanto attesa.
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I profitti operativi della Corporate America sono praticamente fermi da 5 anni Se guardiamo a quello che accade in Cina non ci sono motivi per essere particolarmente ottimisti. Sebbene il governo Cinese abbia imposto la ripresa dell’attività industriale, quello che accade fuori dal settore produttivo, in gran parte gestito con politiche centralizzate, non lascia spazio a facili entusiasmi. Il settore dei servizi e dei consumi interni, che non è gestito da politiche centralizzazte e dipende dalla reale domanda privata, è pesantemente penalizzato dal fatto che i cittadini Cinesi non hanno ancora superato lo shock e la paura del contagio rimane latente. Le vendite al dettaglio sono ancora sotto del 16% rispetto a fine 2019 e gli unici settori che vedono un incremento dell’attività sono il settore pharma (+8%) e quello alimentare (+18%). I consumi di carburante e i ristoranti, che sono settori indicativi di un ritorno alla mobilità della popolazione e quindi dei consumi, sono -20% il primo e -57% il secondo. In generale la Cina evidenzia una economia ancora in difficoltà e con una attività stimata (ottimisticamente) al 70% rispetto ai livelli di fine 2019. E’ lecito attendersi la stessa dinamica per Europa e Stati Uniti, dato che la popolazione sa benissimo che il virus è ancora in circolazione e tale condizione psicologica rischia di compromettere la mobilità e i consumi e dunque le attese di un veloce recupero dell’economia. Nel frattempo i mercati finanziari stanno entrando silenziosamente nella fase preliminare della nazionalizzazione, dove l’intervento pubblico e il sostegno della FED saranno elementi portanti di un capitalismo che è praticamente finito. Il sistema ha bisogno di grandi capitali per essere sostenuto ma non puo’ remunerare questi capitali perché altrimenti fallirebbe. I Governi hanno bisogno di fare piu’ debito per sostenere l’economia ma il capitale richiesto per finanziare il debito non puo’ essere remunerato poiché renderebbe il debito non sostenibile. Le aziende hanno bisogno di emettere debito per finanziarsi ma non possono permettersi di pagare tassi tanto diversi rispetto a quelli dei governi perché anche per loro il debito sarebbe non sostenibile. L’equity, il capitale per eccellenza, è in crisi già da tempo. La redditività degli investimenti azionari sui mercati internazionali, escludendo gli Stati Uniti, negli ultimi sette anni è stata deludente. L’indice MSCI World ex US è praticamente in un side market dal 2013 e i mercati USA sono riusciti a fare meglio solo grazie ai buy back, che hanno fatto salire il mercato ma che ora ha il risultato di aver bruciato 5 trilioni di Dollari di cash flow e ora tantissime società si ritrovano piene di debiti e tutte in coda a chiedere l’intervento statale per non fallire. Il fenomeno dei buy back è stato l’ultimo estremo tentativo di sostenere una redditività che non poteva essere raggiunta con i normali profitti operativi, quelli che non puoi manipolare con i buy back e con gli adjusted earnings. Infatti, proprio i profitti operativi di tutta la Corporate America, sono praticamente fermi da 5 anni Per cercare di evidenziare utili in costante crescita gli analisti si sono dunque da tempo adoperati per introdurre un doppio sistema contabile, da una parte il sistema GAAP (i cosidetti principi contabili ufficiali che servono a redigere i bilanci civilistici e fiscali) e dall’altra il sistema “adjusted” (già il nome indica la finalità), dove si possono omettere tutta una serie di passività e costi (ammortamenti, interessi passivi, costi ritenuti transitori, ecc). Ovviamente gli utili ottenuti con il sistema “adjusted” sono molto seguiti a Wall Street e servono sovente a far apparire utili dove in realtà non ci sono, facendo emergere profitti dove invece ci sono delle perdite operative. E’ certamente vero che molte società americane sono solide e profittevoli ma se l’industria della finanza spinge, o ha spinto, in modo insistente per le strategie d’investimento passive, è ovvio che molti soldi finiscono anche per sostenere i prezzi di società che non valgono quello che capitalizzano e non fanno utili. Per fare un esempio, già prima della crisi il 30% delle società quotate sull’indice Russell 2000 erano in perdita ma l’indice saliva comunque. Accade dunque che in ogni singola crisi dal 2001 a oggi il sistema non regge e collassa a causa degli eccessi speculativi, obbligando le Banche Centrali ad intervenire per salvare un sistema che, appena si riprende, è pronto per progettare un'altra crisi devastante di proporzioni sempre piu’ ampie delle precedenti. In realtà, è giunto il momento di dirlo con chiarezza, i Policy Makers non controllano nulla e non vigilano sui rischi finanziari di sistema, anzi, li incentivano sempre di piu’. La commistione che si è creata tra Banche Centrali, Asset Managers, Banche e grandi gruppi di Private Equity ha portato alla costruzione di un sistema che crede che il rischio non esista piu’ per chiunque. A questo punto credo che sia dunque corretto che, proprio perché si deve far credere che il rischio non esiste, il capitale di rischio non venga piu’ remunerato. Se tutti coloro che partecipano a questo meccanismo devono essere sempre salvati, indipendentemente dai rischi che decidono di prendere, è normale che poi il capitale di rischio non puo’ pretendere una remunerazione. Il sistema capitalistico, degenerato a causa di questo modo di operare, è praticamente morto e la finanza, cosi’ come funziona oggi, lo ha ucciso. Gli Stati Uniti, dal 2001 in poi, hanno messo l’economia reale a sostegno della finanza, ribaltando la funzione che la finanza era a sostegno dell’economia reale. Oggi il settore finanziario “fa leva” 4/5 volte sull’economia reale per ottenere rendimenti che l’economia reale non riesce piu’ a produrre, cosi’ come le banche nel 2008 facevano leva 40 volte sul capitale per ottenere rendimenti che l’attività caratteristica non poteva dare. Nell’ultimo ciclo espansivo il debito nel sistema internazionale è cresciuto del 110% ma il PIL mondiale è cresciuto solo del 46%. Per ottenere un Dollaro di PIL abbiamo fatto 2,4 Dollari di nuovo debito. La domanda è: perché il moltiplicatore del debito peggiora sistematicamente in ogni ciclo espansivo ? Se uso questo debito per fare investimenti reali dovrei assistere ad un incremento del PIL decisamente piu’ alto. Il motivo per cui il PIL cresce sempre meno a fronte di sempre piu’ debito è perché una parte rilevante di questo nuovo debito serve per fare finanza (leverage) e non per fare investimenti nell’economia reale. A questo punto della storia è giusto che il sistema venga nazionalizzato e che la redditività del capitale di rischio faccia la fine che ha fatto in Giappone, dove la Banca Centrale sostiene il sistema ma il capitale non viene remunerato. I capitali Giapponesi infatti vengono investiti prevalentemente sui mercati esteri e il QE Giapponese non è utile all’economia interna. Tanto per essere chiari fino in fondo, vorrei anche smitizzare gli effetti del QE che vengono esaltati da analisti ed economisti della consensus view. E’ ormai dimostrato che il QE non funziona nelle economie che hanno le banche come principale canale di finanziamento del sistema e dispongono di un eccesso di risparmio interno (vedi il caso del Giappone e dell’Europa). In questo caso i tassi a zero (o peggio negativi) scoraggiano le banche dall’attività di lending perché la remunerazione del credito erogato è troppo bassa in relazione ai rischi che si prendono, mentre l’eccesso di risparmio nel sistema, non trovando una adeguata remunerazione in loco, tende ad emigrare verso sistemi in cui i rendimenti sono superiori. Per evitare questa migrazione bisognerebbe impedire la libera circolazione dei capitali, piccolo dettaglio che le Teorie Monetariste hanno dimenticato. Il risultato di queste “sciagurate” operazioni fatte applicando in modo becero le Teorie Monetariste sono davanti a tutti. Infatti Europa e Giappone erano già in recessione a fine 2019 con le Banche Centrali impegnate a stampare moneta e con i tassi negativi (!). Per quanto invece riguarda le politiche di QE fatte in paesi dove è il mercato finanziario che finanzia il sistema e il risparmio interno non c’è (vedi gli Stati Uniti), le politiche di QE sono comunque sempre esposte alla propensione al rischio di chi finanzia il sistema. Quando c’è una crisi i sottoscrittori di Corporate Bonds e Loans (IG, HY, Cartolarizzazioni di ogni tipo e Leverage Loans, che in America fanno il 60% del credito all’economia) cercano di liquidare le posizioni (riduzione della propensione al rischio) e la Banca Centrale diventa il compratore di ultima istanza di quasi tutto quello che deve essere venduto. Questo intervento, come oggi avviene, è finalizzato a frenare il deleverage e fornire liquidità ad intermediari del credito che cercano di vendere per fare liquidità ma non trovano compratori. E’ abbastanza ovvio che, in questa fase, il QE è puramente finalizzato a consentire la liquidazione di asset ed impedire il default degli operatori che detengono tali asset. Solo quando tali operatori avranno ristabilito un certo livello di rischio di portafoglio che considerano adeguato al nuovo contesto dell’economia torneranno a finanziare il sistema acquistando bonds e loans cartolarizzati. In questa fase della crisi quindi il QE non aumenta il credito all’economia (come quasi tutti sostengono) ma sostituisce solo in parte quello che viene tolto dai precedenti finanziatori. Il risultato è che l’economia si contrae comunque fino a quando non ritorna la propensione al rischio di chi finanziava a leva l’economia. In conclusione, sia nel caso in cui abbiamo un sistema del credito all’economia basato sul canale bancario, sia nel caso in cui il credito è basato sul mercato finanziario, tutto dipende solo dalla propensione al rischio di chi ti finanzia. A questo punto è chiaro che, se andiamo verso un sistema che non puo’ piu’ permettersi di remunerare il capitale di debito perché non ne regge il costo, chi finanzierà un sistema cosi’ ? Se la mia propensione al rischio non viene piu’ remunerata perché dovrei finanziarti ? La propensione al rischio di chi deve finanziare un economia a tassi zero o negativi è pari al livello dei tassi: cioè zero. Quindi la FED da questo pantano non ci esce piu’ tanto quanto la BOJ e la BCE. Anche per l’equity, come ho avuto modo di evidenziare, la redditività era già compromessa da tempo (vedi sempre MSCI World ex US) e solo i buy back e gli artifici contabili di Wall Street avevano dato l’illusione di una redditività superiore per il mercato Americano. Esistono società e settori redditizi ma non si possono certamente cogliere attraverso gli investimenti sull’indice e credo nel ritorno della gestione attiva. Occorre inoltre sottolineare che comunque, alla faccia del sistema capitalistico, le aziende Usa che vantano alta redditività e prospettive di crescita godono di una posizione quasi monopolistica o oligopolistica: Amazon ha il monopolio del commercio on line, Apple è in un oligopolio con Samsung e Huawei, Google ha una posizione dominante, Facebook è un monopolista nei social, Microsoft è un monopolista dei sistemi operativi per PC, Booking è un oligopolista e altri ancora. Inoltre tali operatori economici godono di una sorta di “protezione fiscale” perché non pagano tasse proporzionate ai loro profitti. Altro elemento che conferma che questo sistema capitalistico non ha quasi piu’ nulla di capitalismo e la redditività è riservata solo a poche società mentre tutto il resto annaspa. Tutto questo non regge. Non reggeva prima e ora regge sempre meno. Anche la recente crisi del settore petrolifero evidenzia e conferma una degenerazione di fondo. Gli Stati Uniti, dopo gli attentati alle Torri Gemelle hanno deciso di perseguire l’indipendenza energetica dall’area mediorientale, per fare questo hanno investito centinaia di miliardi nel settore shale oil che pero’ ha bisogno di un prezzo del petrolio ad almeno 50 USD solo per non perdere. Per sostenere prezzi cosi’ alti è stato necessario mettere fuori mercato importanti paesi produttori come Iran, Libia e Iraq, chiedere all’Arabia Saudita di tagliare la produzione in cambio di un appoggio militare nello scontro con l’Iran e mantenere il Venezuela in una sorta di agonia politica e tecnologica che incide notevolmente sulle potenzialità produttive del paese. Molte scelte geopolitiche hanno queste motivazioni e la destabilizzazione di alcune aree del mondo, con effetti anche sui flussi migratori in corso, sono la conseguenza di questa strategia. Ora il collasso dei prezzi ha messo in crisi un settore che pesa circa il 10% del PIL USA e anche in questo caso si rendono necessari interventi governativi per sostenere un settore che stava in piedi solo grazie a prezzi tenuti alti in modo “artificiale”. Una ulteriore evidenza di un’altra parte del sistema che regge solo grazie a meccanismi di prezzo che non hanno nulla a che vedere con il mercato e con la domanda e l’offerta. I rialzi dei listini di questi giorni confermano che il consenso crede ancora che tutto possa tornare come prima ma già serpeggia il sospetto che forse siamo davanti a un evento che imporrà un cambiamento strutturale. La presenza dello stato nell’economia è destinata a crescere, la redditività del capitale è destinata a scendere e l’impatto sugli equilibri sociali e politici attuali potrebbero essere l’ultimo tassello che manca per completare uno scenario di cambiamento dai contorni decisamente incerti. Anche se nei prossimi mesi si troveranno delle cure per contrastare il Coronavirus, tali cure non guariranno un sistema capitalistico e un sistema finanziario malato. Se non ci sarà la lungimiranza di modificare le regole del gioco con un cambiamento guidato dall’alto, c’è il rischio evidente che il cambiamento venga imposto dal basso, con evidenti conseguenze poco piacevoli per tutti. Purtroppo la storia insegna che chi detiene la posizione dominante è sempre restio a rinunciare a qualcosa e cerca di mantenere tale posizione fino alla fine. Se anche questa volta si cercherà di proseguire con queste regole del gioco ci dobbiamo attendere elevata instabilità economica e sociale per il decennio che si apre con questa crisi. La redditività del capitale in occidente è destinata a rimanere zero come in Giappone. Se la Cina e il mondo emerging market offriranno una redditività maggiore, i capitali andranno là e produrranno un ulteriore spostamento del baricentro della crescita mondiale verso l’Asia. In questo scenario la Cina deve solo stare ferma e aspettare che gli Stati Uniti proseguano su questa strada, consegnando definitivamente la leadership dell’economia globale al paese antagonista. I tentativi di Trump di contrastare l’ascesa cinese con una guerra commerciale e tecnologica stavano già producendo danni all’economia mondiale. In questa crisi c’è ora il rischio che l’America si chiuda ulteriormente per sostenere un sistema malato, difendere il proprio modello e distruggendo del tutto le regole che dal dopoguerra hanno creato il benessere per l’Occidente. Negli scenari che si prospettano le strategie attive sembrano piu’ adatte a navigare in un contesto complicato e sono destinate a trovare uno spazio maggiore e forse dominante nell’asset allocation degli investitori. In conclusione si conferma lo scenario a suo tempo già illustrato: l’Oro ha aperto una fase di bull market, il Dollaro è in area toppish, i bonds rimarranno incollati su questi livelli e i mercati azionari hanno davanti un netto calo della redditività aziendale che puo’ andare oltre le aspettative. Read the full article
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