#danni alla società
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Un'Italia senza religione cattolica: un'Italia Civile.
Cosa sarebbe, oggi, la chiesa cattolica in Italia se migliaia di famiglie non avessero commesso l'abuso di iscrivere (battezzare) un neonato incosciente in quella setta di sciamani? Sarebbe estinta: essa e i suoi principi misogini, xenofobi, omofobi, che danneggiano la società.
E' la chiesa cattolica a fare apologia del maschilismo, della misoginia: 'battersi per le donne' vuol dire, in primo luogo, eliminare il problema educativo alla radice e poi PUNIRE SEVERAMENTE ogni setta di sciamani, come la chiesa, poiché causa primaria dei femminicidi.
La religione, la religiosità sono fra le cause primarie di odio sociale: sono deleterie, in campo di Diritti Umani sia il cristianesimo quanto l'islam; per arginarli serve vietare l'indottrinamento religioso imposto fin da bambini. La 'spiritualità' deve essere una Scelta.
Non importa 'chi'; importa che ci si esponga con Forza, con Coraggio contro chi è, di fatto, in Italia, la fonte d'ogni tipo d'intolleranza verso i 'diversi', cioè la chiesa; è quella setta di sciamani o fomentare odio sociale: deve finire questa brutalità fatta passare per 'educazione'
#Paese Civile#Italia#misoginia#maschilismo#chiesa cattolica#battesimo#abuso#neonato incosciente#setta#setta di sciamani#estinzione#neonato#principi misogini#principi maschilisti#xenofobia#omofobia#società#apologia della misoginia e del maschilismo#danni alla società#donne#battersi per le donne#radice#educazione#severa punizione#punizione#causa primaria#femminicidi
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Cosa si può imparare dalla cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Parigi del 26 luglio 2024?
Sono sempre stato riluttante a criticare l'Occidente "da fuori".
Credevo, e lo credo, che la maggioranza delle critiche all'Occidente, o all'Europa, provengano da criteri o valori di natura occidentale.
L'Occidente è cioè per sua natura autocritica, e messa in discussione.
Tuttavia, credo che negli ultimi dieci anni qualcosa in più sia accaduto.
Vedo la dissoluzione di una intera civiltà come neve al sole.
Vedo il dominio del brutto, dell'osceno, del cattivo gusto.
Vedo la tracotanza estetica del male.
E la vedo esprimersi senza pudore, senza vergogna, a cielo aperto, dinanzi a capi di stato - che non dicono nulla - a vescovi - che in pochi dicono qualcosa - a giornalisti - che dicono tutto per il potere.
In confronto alla presentazione di ieri, Hunger games sembra un'esibizione di misura e di umanità.
Una società che profana il bello, che educa all'osceno, non può che essere una civiltà di guerra, di nichilismo, di ingiustizia.
Una civiltà di odio.
Quanto odio c'era ieri sera?
Quanto odio si voleva diffondere ai miliardi di persone che guardavano quella "cerimonia".
Ci sarebbero molte domande da fare.
Se una civiltà crolla in così poco tempo, significa che aveva dei problemi strutturali.
E poi ci sarebbe da interrogare la storia e il destino della Francia.
Sul piano culturale, il loro continuo voler scandalizzare, essere originali, spararla grossa, decostruire e poi post-decostruire, ha fatto danni immensi, non tanto alla cultura tradizionalista ma al filone critico.
Lo ha sottratto dalla realtà.
Un continuo "Épater la bourgeoisie", che oramai non scandalizza se non gli ultimi, i poveri, i bambini.
Cosa è che oggi realmente scandalizza? Lucio Dalla scriveva che oggi è difficile essere normali.
A me non piace il termine normale. Diciamo che oggi scandalizza la potente realtà dell'umano, il suo mistero abissale e semplice, l'umiltà di un fiore, l'esistenza di una donna e di un uomo, la verità ferita della nostra anima.
Insomma, scandalizza la bellezza, che non è che lo sprigionarsi della verità. Ecco, questo realmente scandalizza il potere, non quella buffonata oscena.
Quella di ieri è una cerimonia reazionaria, un rito di difesa dello status quo.
L'anticonformismo delle oligarchie, questo è stato. Il vero anticonformismo siamo noi.
Ecco, verrà un tempo, in cui si stabiliranno nuovi criteri di giudizio, severissimi, in cui ci sarà un esercito della bellezza, totalmente non violento, ma che manifesterà civilmente contro episodi del genere.
Perché non c'è nulla di più antidemocratico che la bruttezza diffusa come strumento pedagogico. Non c'è niente di più antisociale, e antirepubblicano di quella "cosa" che abbiamo visto ieri.
Non è una questione di estetismo ma di difesa dei diritti dell'uomo e del cittadino.
Ma in quella patria se ne sono dimenticati, sommersi da un cumulo di pseudoprogressismo e laicismo instupidito.
Gabriele Guzzi
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Un vero disastro
La rivoluzione industriale e le sue conseguenze sono state disastrose per la razza umana. Per quelli tra noi che vivono nei paesi “avanzati”, la speranza di vita è aumentata, ma la società è stata destabilizzata, la vita è stata privata di ogni senso, gli esseri umani sono stati sottoposti all’umiliazione, la sofferenza psichica si è generalizzata – sofferenza che è anche fisica nel terzo mondo – e infine il mondo naturale è stato gravemente deteriorato. Lo sviluppo accelerato della tecnologia peggiorerà la situazione e senza dubbio infliggerà agli esseri umani umiliazioni ancora più gravi e maggiori danni alla natura; probabilmente accrescerà la disgregazione sociale e la sofferenza psichica, e forse aumenterà anche quella fisica, persino nei paesi più “avanzati”.
T. J. Kaczynski (aka Unabomber), [Industrial society and its future, 1995], La società industriale e il suo futuro, Roma, D Editore, 2024 [Trad. Emmanuele J. Pilia, Matteo Pinna]
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Un anno dopo la falsa libertà dell’indifferenza | il manifesto
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Pubblicato circa 12 ore fa
Edizione del 6 ottobre 2024
# Mario Ricciardi
«La storia conosce molti periodi di tempi bui in cui lo spazio pubblico è stato oscurato e il mondo è diventato così esposto al dubbio che le persone hanno cessato di chiedere alla politica niente altro se non che presti la dovuta attenzione ai loro interessi vitali e alla loro libertà personale. "
Sono parole di Hannah Arendt, scritte nel settembre del 1959, in occasione del conferimento del premio Lessing, ma rimangono attuali ancora oggi.
Le riflessioni di Arendt erano in parte ispirate dalla sua esperienza di ebrea apolide, sfuggita alla persecuzione nazista e alla Shoah, ma non avevano un carattere esclusivamente retrospettivo, e neppure riferito soltanto allo sterminio degli ebrei. L’oscuramento dello spazio pubblico cui allude Arendt è una condizione che deriva dall’impoverimento del tessuto connettivo da cui dipende la politica nel suo senso più nobile, che non la riduce al nudo uso della forza, ma si alimenta invece nel dialogo e nel confronto tra i cittadini di una repubblica.
Nei tempi bui il conflitto sociale, che è un fattore essenziale di una democrazia sana, perde il proprio carattere positivo, di espressione della pluralità delle opinioni e della parzialità delle verità che esse esprimono, e lascia il posto a contrapposizioni identitarie, e alla fuga dalla politica di ampi settori della popolazione, che si rifugiano nel culto esclusivo dei propri interessi e della propria libertà personale, priva di alcun collegamento con l’azione collettiva.
Chi si sente minacciato – i perseguitati, gli oppressi – cerca soltanto la compagnia di chi condivide lo stesso destino, e chi si trova invece in una condizione di relativa sicurezza vive sovente come un esiliato in patria, coltivando una visione individualista della vita e degli scopi che essa si prefigge. In una situazione del genere è inevitabile che si perda la sensibilità nei confronti delle ingiustizie che colpiscono gli altri, quelli che non appartengono alla nostra cerchia, e che si finisca per accettare come un fatto la prevalenza del forte sul debole.
In gioventù Arendt aveva conosciuto questo atteggiamento di acquiescenza nel modo in cui tanti tedeschi, persone in molti casi colte e ben educate, scelsero semplicemente di ignorare «la chiacchiera intollerabilmente stupida dei nazisti». Noi lo vediamo oggi nel modo in cui molti voltano lo sguardo dall’altra parte mentre c’è chi ripropone una visione suprematista e violenta dei “valori” della società occidentale, negando l’umanità delle vittime innocenti dei bombardamenti a Gaza e in Libano.
Un anno di guerra
A un anno dal 7 ottobre questa forma di cecità morale si manifesta nel ricordare la vittime dell’attacco di Hamas solo per tentare di giustificare la reazione, sproporzionata e illegale, del governo Netanyahu, e nel disinteresse nella sorte degli ostaggi israeliani, molti dei quali sono morti o rischiano di morire come “danni collaterali” di una guerra che potrebbe estendersi a tutto il Medio Oriente a servizio di un disegno politico di pura potenza.
Chi potrebbe permettersi di coltivare l’altruismo e l’apertura verso il prossimo rinuncia a farlo, lasciando il campo aperto a una guerra in cui tutti si considerano aggrediti, nessuno è in grado di riconoscere le ragioni altrui, ma una parte può mettere in campo una forza militare di gran lunga superiore, e non si fa alcuno scrupolo di usarla in modo indiscriminato, non per colpire il nemico, ma per punire un intero popolo. All’orizzonte c’è la concreta possibilità che si compia un genocidio, perpetrato dalle vittime di ieri che hanno scelto di farsi carnefici.
Dopo un anno persino chi ha criticato in modo più convinto le scelte del governo Netanyahu corre il rischio di soccombere al senso di impotenza, alla difficoltà che si incontra nel far sentire la propria voce di dissenso superando gli ostacoli e le intimidazioni provenienti da chi è convinto che lasciare mano libera all’uso indiscriminato della forza da parte di Israele soddisfi un “superiore” interesse strategico, e sia utile per puntellare una sempre più fragile egemonia.
Lasciare sole le vittime – i palestinesi, i libanesi, gli israeliani che hanno ancora il coraggio di opporsi alle scelte del proprio governo – è una tentazione ricorrente, per rifugiarsi nello spazio ristretto, ma per alcuni soddisfacente, del proprio interesse e della propria libertà. La lezione che ci trasmette Hannah Arendt e che, così facendo, ci stiamo incamminando sulla stessa strada percorsa nel secolo scorso dai tedeschi che scelsero di ignorare la «volgarità» nazista.
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Storia Di Musica #336 - Neil Young, On the Beach, 1974
I dischi di Agosto avranno come caratteristica che li accumuna la presenza di una spiaggia. Un po' perché è argomento decisivo del periodo agostano, e un po' per l'autoironia che io la spiaggia ad Agosto la vedrò solo di passaggio perché, fortunatamente, è un periodo di grande impegno professionale. La piccola antologia inizia con un disco capolavoro, che è perfetto anche per il titolo ad entrare a far parte di questo piccolo gruppo. Neil Young nel 1974 è ormai un artista pienamente affermato: arrivato dal Canada in California quasi dieci anni prima, nel 1966, attraversa da protagonista la grande stagione del rock californiano, quello legato alla tradizione del folk, che si riafferma dopo la spettacolare, e breve, stagione psichedelica a cavallo tra i due decenni,'60 e '70. Young è protagonista con i Buffalo Springfield, con il più famoso supergruppo degli anni '70, Crosby, Stills, Nash & Young e con la sua parallela attività da solista, che ha inizio nel 1969 quando pubblica il suo prima album a suo nome, Neil Young. È stato anche il fondatore di due gruppi, i Crazy Horse, dall'animo più rock ed elettrico, e gli Stray Gators, più country folk. alternando i due gruppi. Dopo l'uscita dal quartello con David Crosby, Stephen Stills e Graham Nash, con cui rimane in bellissimi rapporti, nel 1972 pubblica il disco più famoso della stagione folk rock: Harvest (1972) che con le sue canzoni famose ancora oggi ( tra le altre, perle come Heart Of Gold, Old Man, Alabama) diviene un successo mondiale che gli apre definitivamente le porte della fama. Che tra l'altro è un concetto abbastanza distante dallo "Young-pensiero", che ha sempre ritagliato per sé la massima libertà espressiva e creativa. A questo fastidio, si aggiunte un periodo di grandi dolori: le morti per droga di Danny Whitten, il chitarrista dei Crazy Horse, quella del suo roadie più fidato, Bruce Berry, per lo stesso motivo, è un dramma più privato. La sua relazione privata con l'attrice Carrie Snodgress sta giungendo al termine, al figlioletto della coppia, Zeke, viene diagnosticata una forma di paralisi cerebrale. È con questo animo tormento e addolorato che Young scrive in due anni tre dischi che formano la non ufficiale "ditch trilogy", la trilogia del dolore: Time Fades Away (1973), che è il primo allontanamento dalle gioiose armonie folk per un rock più duro, sfilacciato, nervoso e impregnato di cupezza. Il successo �� decisamente minore dei precedenti, ma Young non cambia linea e sforna un album ancora più cupo, Tonight's The Night, che in un primo momento la sua casa discografica gli rifiuta: registrato in presa diretta, senza post produzione, è il suono grezzo e cupo di un uomo che sta cercando di trasformare il suo dolore in musica. Verrà pubblicato nel 1975, in mezzo Young registra il disco di oggi, che esce il 16 luglio 1974.
Registrato in moltissimi studi di registrazione, con una caterva di musicisti ad aiutarlo (e ne parleremo tra poco), On The Beach insiste sul dolore e la disperazione ma lascia trasparire una tregua, una speranza. È un disco blues, il canto della tristezza e del dolore per eccellenza, ma che Young puntella di sprazzi di luce, rendendo più distesa e godibile la musica. Eppure è un disco potentissimo, soprattutto per i temi delle canzoni. Walk On ritrova spirito e brio, e See The Sky About To Rain, che risale addirittura come embrione ai tempi di Harvest, solo voce e pionoforte Wurlitzer, quasi sembrano una riappacificazione, ma il resto è ancora rabbioso e dolente. Revolution Blues è la prova: un atto esplicito di accusa contro la società del tempo, con Young che sembra volersi identificare nello psicopatico Charles Manson, con versi rabbiosi quali: «ho sentito che Laurel Canyon è piena di famose star / Ma io le odio peggio dei lebbrosi / e le ucciderò nelle loro auto». I due si conobbero quando Young viveva in una piccola villetta a Topanga Canyon, il Laurel canyon, che una volta era il territorio delle tribù native americane, negli anni '60 era uno dei luoghi della Controcultura losangelina, dove vivevano moltissimi musicsti. Eppure, pur se controversa, la metafora non vuole celebrare la figura di Manson, ma, esorcizzarla attraverso un'identificazione nel senso di colpa collettivo di una società malata. Young diventa nostalgico dell'America rurale in For The Turnstiles, dove compaiono il banjo e il dobro, Vampire Blues è un blues ecologista, tema che sarà sempre al centro delle tematiche di Young, e che ha una curiosità niente male: Tim Drummond "suona" la carta di credito sfregandosela sulla barba di una settimana creando un curioso effetto fruscio. On The Beach, la meravigliosa e dolente ballata da 7 minuti, è una dichiarazione di difficoltà nell'essere una rockstar, esplicitata nel famoso verso «I need a crowd of people, but I can't face them day to day». Motion Pictures (For Carrie) è probabilmente un'amara riflessione sulla sua storia d'amore che sta andando a rotoli e il disco si conclude con i 9, angoscianti e febbrili, minuti di Ambulance Blues, che è una summa del pensiero di Young sulla politica (con i riferimenti alle bugie del presidente Nixon), sulla musica e il suo mondo, persino sui suoi amici Crosby, Stills e Nash, in un periodo dove c'erano insistenti voci di un ritorno a 4. Suonano con lui David Crosby (che suona in Revolution Blues, e si dice impallidì letteralmente nell'ascoltare la famosa e incendiaria strofa, tanto che cercò di persuadere Young a cambiare testo ed iniziò a girare armato per paura che qualche squilibrato facesse come cantato da Young), Graham Nash, e due grandi musicsti della The Band, Rick Danko e Levon Helm, più i Crazy Horse.
Young prese il titolo dell'album da un film, On The Beach di Stanley Kramer del 1959, basato sull'omonimo romanzo di Nevil Shute. Sia il romanzo che il film erano di tipo apocalittico. E in questo senso è da intendere la copertina, leggendaria, che vede Young vestito di giallo di spalle, un ombrellone, le sdraio, la coda di una Cadillac insabbiata e sotto l'ombrellone una copia di un giornale che si riferisce allo scandalo Watergate di Nixon. La scritta del titolo, in pieno eco psichedelico, è di Rick Griffin, il disegnatore ufficiale dei Grateful Dead.
Il disco, pur vendendo meglio del precedente, non ebbe un grande successo, anche perchè la critica lo definì subito un disco "depresso", a cui si aggiungeva la natura quasi anti-commerciale di musica e testi. Tra l'altro, per decenni, il disco fu messo fuori catalogo, e per certi versi fu introvabile, tanto che i vinili degli anni '70 originali valgono oggi una settantina di euro. Questo fece salire l'interesse per il disco fino alle ristampe degli anni '90, ampiamente rivalutato con gli altri due lavori della trilogia del dolore come uno dei momenti più interessanti della ultra decennale carriera di Young. Un disco dolente ma potentissimo. Che non penso sia il migliore da ascoltare in spiaggia.
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LA GIORDANIA DIVENTA IL PRIMO PAESE AL MONDO A ERADICARE LA LEBBRA
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La Giordania è diventata il primo Paese al mondo ad avere ufficialmente eliminato la lebbra.
La certificazione è stata decretata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità: “L’eliminazione di questa malattia secolare da parte della Giordania è una pietra miliare storica nella sanità pubblica e un enorme successo per gli sforzi per eliminare la lebbra a livello globale “, ha affermato Saima Wazed, capo del Programma globale per la lebbra dell’OMS. Da oltre due decenni la Giordania non segnala casi autoctoni di lebbra, risultato ottenuto grazie all’impegno e alla collaborazione tra società civile, politica e organizzazioni territoriali e a efficaci strategie di sanità pubblica volte a debellare la malattia. “L’eliminazione della lebbra da parte della Giordania è un risultato che trasformerà il discorso su questa malattia antica e stigmatizzante”, ha affermato il Direttore regionale dell’OMS per il Mediterraneo orientale, Hanan Balkhy. “Come primo Paese a raggiungere questo obiettivo a livello mondiale, la Giordania rappresenta un’ispirazione per gli altre nazioni, incoraggiandole a intensificare i propri sforzi e a superare le barriere per raggiungere questa straordinaria impresa”.
La lebbra, nota anche come malattia di Hansen, è una malattia infettiva cronica causata dal Mycobacterium leprae che colpisce la pelle, i nervi periferici, le superfici mucose delle vie respiratorie superiori e gli occhi. Se non curata può causare danni permanenti e infezioni gravi che possono portare alla morte. La lebbra esiste ancora in più di 120 Paesi e colpisce ogni anno più di 200.000 nuovi casi.
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Fonte: Organizzazione Mondiale della Sanità; immagine di Tima Miroshnichenko
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Se non sai parlare bene, resta in silenzio. Questa saggia frase ha un immenso potere nel mondo di oggi, dove le parole possono essere sia edificanti che distruttive. In una società dove tutti hanno voce, è fondamentale ricordare che non tutte le voci devono essere ascoltate.
Parlare senza pensare, parlare per ferire, o parlare senza gentilezza può portare a danni irreparabili. Le parole possono tagliare più in profondità della spada, lasciando cicatrici che potrebbero non guarire mai completamente. Ecco perché è fondamentale pesare attentamente le nostre parole, considerando l'impatto che possono avere sugli altri.
Se non sai parlare bene, resta in silenzio.
Non contribuire al rumore, alla negatività o al dolore. Scegli invece di essere un faro di speranza, una fonte di conforto o un simbolo di gentilezza.
Il silenzio può essere uno strumento potente, che ci permette di riflettere, ascoltare e imparare. Può essere un segno di rispetto, di empatia e di comprensione. In un mondo dove tutti urlano per farsi sentire, a volte l'affermazione più profonda è quella che rimane taciuta.
Quindi, sforziamoci di parlare con intenzione, compassione e amore. Usiamo le parole per sollevare, ispirare e guarire. E quando non riusciamo a parlare bene, restiamo in silenzio, creando spazio affinché la bellezza della quiete si manifesti.
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cit.
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Presidente di molti, ma non di tutti. (...) L’interventismo del capo dello Stato su alcune questioni sensibili della politica è sospetto. (...) è nostra opinione che il capo dello Stato sia andato un’ottava di troppo sopra le righe dello spartito istituzionale nel rendere pubbliche le sue iniziative sugli scontri della Polizia con gli studenti a Pisa e sulla telefonata (...) con il padre di Ilaria Salis, l’estremista di sinistra detenuta in Ungheria.
Per la cronaca, riguardo alla Salis, (...) la donna è accusata di lesioni aggravate ai danni di due militanti dell’estrema destra causate nel corso di un’aggressione compiuta a Budapest l’11 febbraio 2023 e organizzata nell’ambito di un’associazione a delinquere tedesca denominata Hammerband (la banda del martello).
Ciò fa di Mattarella l’uomo di parte che non abbiamo mai dubitato fosse. (...) In una società libera il pensiero critico gode di piena cittadinanza: come si può tollerare la presenza di dogmi laici che sanciscono l’infallibilità del capo dello Stato? Il suo interventismo suona come un annuncio di costituzione del Quirinale ad alter ego – per i compagni si tratta di alterità culturale assoluta – rispetto all’operato del Governo e dei suoi componenti. (...)
Non importa ciò che pensiamo noi, vale che lo pensi un’entusiasta sinistra. Ieri su l’Unità è comparso un articolo (...) dal titolo emblematico che spiega bene l’euforia dei progressisti: “Mattarella c’è: difende il Paese dall’estrema destra”. E quale sarebbe l’estrema destra? Quella democraticamente votata da una parte cospicua di italiani? Quindi, non ci siamo sbagliati, questo presidente sarà pure per molti, ma non è per tutti. Eppure, non abbiamo contezza di un articolo o di un comma della Costituzione che assegni al capo dello Stato la difesa del Paese da quelli che votano a destra.
via https://opinione.it/editoriali/2024/04/04/cristofaro-sola-sergio-mattarella-salis-forti-governo-meloni-orban/
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L’inchiesta sul crac di Italiacom | Le intercettazioni di Castagna
Il telefono dell'imprenditore era controllato. Le telefonate, secondo i pm, ��convergono nell'intenzione di Castagna di occultare dall'attivo fallimentare i macchinari e la merce ancora di proprietà di Italiacom”.
PALERMO – Il 6 giugno scorso il Tribunale di Palermo dichiara il fallimento di Italiacom. L’avventura della compagnia telefonica Made in Sicily giunge al capolinea. Una ventina di giorni prima il suo fondatore, Salvo Castagna, aveva ceduto le quote. “Solo sulla carta”, però, dicono gli investigatori.
Agli atti dell’inchiesta ci sono anche delle recentissime intercettazioni. Il telefono dell’imprenditore, infatti, era controllato. Le conversazioni, scrivono i pm, “convergono nell’intenzione di Castagna di occultare dall’attivo fallimentare i macchinari e la merce ancora di proprietà di Italiacom”. Castagna è indagato per bancarotta fraudolenta, truffa ed evasione fiscale. Accuse alle quali finora ha scelto di non replicare.
La sua voce, il 16 giugno scorso, è rimasta impressa nei nastri magnetici, mentre chiedeva al suo interlocutore “una cosa, il magazzino per quanto riguarda le cose?”. Le cose sarebbero “le attrezzature, computer, server, macchine”. Tre giorni dopo Castagna dava indicazioni ad un altro uomo: “Comu ti l’ha diri che dda banna s’hanna a pigghiari i cuosi…. si devono mettere in un posto… perché mi ha detto l’avvocato dice il curatore giorno 2 non so quando si va a pigghia tutti i cuosi, se c’è un posto semplice, un magazzino che lo prestano per 15 giorni un mese vanno la e lui si prende tutte cose… vediamo se c’è qualcuno che ci può prestare un magazzino, una stanza, un appartamento, un pirtusu”.
Castagna, dunque, avrebbe voluto portare via i server che, secondo l’accusa, potrebbero custodire la prova della truffa ai danni dei clienti Italiacom. Un capitolo delle indagini riguarda, infatti, i prelievi effettuati dalle carte di credito di diversi cittadini. Quanti? Finora sul tavolo del procuratore aggiunto Dino Petralia e del sostituto Claudia Ferrari, ne sono arrivate una manciata. L’ipotesi, però, è che i truffati potrebbero essere centinaia per complessivi di 491 euro giustificati con le voci “adeguamento contrattuale” e “mancata restituzione del modem/router”.
Le indagini proseguono. Tra i punti sotto esame c’è certamente il passaggio delle quote di Italiacom, intestate a Castagna e alla ex compagna, Alba Cinà, pure lei indagata. Ad acquistarle, il 20 maggio scorso, è stata la titolare di un negozio di abbigliamento e biancheria di Palermo. I pm ritengono che potrebbe trattarsi di una sorta di prestanome. Il passaggio di quote sarebbe stata l’ultima tappa del percorso imprenditoriale che i magistrati descrivono “alimentato da una incontenibile smania di ricchezza e notorietà, presentandosi come imprenditore di successo, falsificando documenti contabili e bilanci per creare un’apparente situazione di solidità e floridezza economica”. Alla fine Castagna sarebbe riuscito ad ampliare “l’ambito di operatività delle sue società senza preoccuparsi di acquisire le autorizzazioni necessarie”. A cominciare da quella per piazzare i ripetitori telefonici a Monte Pellegrino.
Non è tutto perché i pm ritengono che Castagna negli ultimi mesi “abbia incrementato l’attività delinquenziale da un lato nel tentativo di reperire con facilità liquidità economiche, forse da reinvestire in nuovi fantasiosi progetti imprenditoriali o più semplicemente per mantenere un elevato tenore di vita”. Ci sono tanti passaggi economici che non convincono. Tra tutti, due bonifici eseguiti nel settembre 2012 per l’importo rispettivamente di 55 e 100 mila euro. Erano stati registrati come pagamenti di forniture. Ed invece risulterebbe il passaggio del denaro dal conto di Italiacom su quello personale di Castagna alla voce “Acconto soci/utili”. Una parte dei soldi sarebbe stata utilizzata “per l’acquisto presso una nota gioielleria palermitana di tre orologi di lusso (Rolex) e un prezioso”. Castagna e la Cinà sono andati nel negozio. Hanno scelto la merce e chiesto di metterla da parte. Fu poi una terza persona a saldare il conto con un assegno circolare.
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RAI: SERVIZIO PUBBLICO?
M'è capitato per sbaglio di vedere l'altro pomeriggio, "La Vita in Diretta" condotta da un certo Alberto Matano su RAIUNO.
Un programma che ho scoperto va in onda tutti i santi giorni feriali.
Ho messo in moto il cervello.
A chi giova imbastire un programma del genere? Un programma che si onora di sfruculiare in mille modi diversi, la curiosità macabra del pubblico.
Di sollecitare una sorta di perversione sadica nell'apprendere i dettagli feroci e disumani degli assassini che abbelliscono il nostro bel paese. E intendo il numero delle coltellate, il topicida fatto ingerire alla ragazza incinta, la trappola mortale architettata e spacciata per "incontro chiarificatore".
Eccolo allora il festival della pugnalata, del sangue schizzato sul pavimento, androne, scalinata. Un fiorire delle peggiori atrocità sbandierate a destra e manca con l'ausilio del commento della criminologa di turno.
A chi serve un orrore del genere travestito da cronaca del Presente.
Certo, serve a certo Pseudo-giornalismo per fare ascolti. Per scandalizzare, per scioccare, per catturare attenzioni raschiando il fondo del barile della peggiore "cronaca nera" del nostro paese.
Ma questo rimestare, questo intingere continuamente le mani nei delitti della peggiore criminalità e della miseria di certi individui perversi e malati, a chi giova?
È EDUCATIVO ?
È MORALE ?
È QUESTO CHE DEVE ESSERE IL "SERVIZIO PUBBLICO" FINANZIATO COL CANONE DA TUTTI QUANTI?
È SOCIALMENTE ACCETTABILE PRESTARSI A FARSI MEGAFONO E CASSA DI RISONANZA DEL PEGGIO CHE ACCADE NELLA NOSTRA ATTUALE SOCIETÀ?
La cosa che mi lascia di sasso è la SERIALITÀ delle puntate.
Mi spiego: un singolo crimine, delitto, omicidio, viene ripreso quotidianamente.
A volte anche per decine di puntate.
Quasi che un telespettatore dovesse mandare a memoria l'intera sequenza di un assassinio. E questi allora che fanno?
Ti aiutano a memorizzare. Spacchettando l'intero accadimento in tante sequenze da imparare un poco ogni giorno.
Come se fosse una POESIA da imparare a memoria!
...ogni giorno ti offriremo 4 versi dell'intero componimento!
Ci pensavo ieri sera.
Perchè allora, invece di presentarci una serie infinita di femminicidi ormai già avvenuti, non si cambia punto di vista e di osservazione?
Perchè, se ci sta davvero a cuore il problema di questa piaga sociale che è la violenza alle donne, il giornalista, invece che intervistare a bocce ferme, i parenti e le amiche della malcapitata di turno, non va ad intervistare...
una donna ANCORA VIVA, ANCORA RESPIRANTE, ANCORA PENSANTE
che abbia presentato una denuncia per maltrattamenti, violenza, percossse ?
Perchè se si è davvero " servizio pubblico" invece che speculare sul dolore e sulla carneficina in corso ai danni del genere femminile, non si decide di documentare il problema vero, di entrare nella carne viva di questi inferni umani che sono certe relazioni.
Perchè non si decide, invece, quando ancora "si è in tempo" di prendere le parti delle vittime di maltrattamenti, di documentarne le difficoltà, di arrivare a chiedere immediati interventi di ordine pubblico (braccialetto elettronico o carcere) contro gli aggressori, prima ancora che l'irreparabile sia accaduto?
Non sarebbe forse quello il migliore SERVIZIO PUBBLICO che si potrebbe svolgere a difesa delle donne che rischiano ogni giorno di essere le prossime vittime di femminicidio?
Io me lo chiedo.
Meno tv del dolore, e più trasmissioni educative sul tipo di relazioni che vale la pena vivere.
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CRONACHE RIBELLI
Le minacce del ministro Valditara alla preside che ha scritto una circolare sull’aggressione fascista a Firenze non dovrebbero stupire nessuno. Sono l’ultimo atto di una lunga serie di tentativi di piegare il mondo della cultura e dell’istruzione a una precisa visione ideologica.
Che - attenzione - non è quella “nera” ma piuttosto quella qualunquista. Ciò che si chiede oggi ai docenti, al personale scolastico e agli accademici è non prendere posizione. Stare zitti, farsi gli affari propri, essere insomma indifferenti a quello che avviene nella società.
La nostra solidarietà alla preside Savino va di pari passo alla convinzione che le persone che si occupano di cultura debbano SEMPRE esporsi. E non solo sul tema del neofascismo, bensì su tutte le storture, le diseguaglianze, le privazioni di diritti, i disastri sociali e ambientali che affliggono la nostra società. Il dovere di chi vive di cultura è proprio questo: creare dibattito portando contenuti critici, alimentando forme di confronto che possano aprire spiragli e aiutare a guardare con altre lenti il mondo che ci circonda.
Altrimenti quale sarebbe il ruolo dei docenti e degli accademici? Ripetere come automi anno dopo anno i programmi ministeriali e pretendere che i ragazzi facciano lo stesso?
Magari per insegnare, come è stato fatto per decenni nelle nostre scuole, il mito “del buon italiano e del cattivo tedesco”, quello “del Piave mormorava non passa lo straniero” o del Risorgimento stile libro “Cuore”? Ovvero un'impostazione della quale vediamo ancora oggi i danni.
Per questo bisogna “essere partigiani”, ovvero avere il coraggio di farsi avanti, dire la propria e assumere posizioni scomode, che nel caso specifico a nostro avviso non coincidono tanto col parlare di “regime” quanto nell'individuare il percorso storico che ci ha portato a questo punto. Cosa che tante volte abbiamo fatto.
Non allontaneremo le persone - oppresse, stanche e deluse da questo sistema politico, economico e sociale - da certe ideologie urlando banalmente al fascismo, ma mostrando come i soggetti politici reazionari nella storia non siano mai stati alternativi al sistema dominante, ma espressione della sua parte più retriva.
Basta vedere i primi mesi di questo governo. Abbiamo avuto esattamente le stesse politiche classiste e discriminatorie degli ultimi trent’anni condite da un revisionismo sciatto e da una becero autoritarismo.
La cultura dovrebbe alzare la voce non solo contro questo governo, ma soprattutto contro quelle politiche e a favore di chi ne paga il prezzo.
Perché, come ci hanno insegnato i nostri nonni, ha senso studiare e formarsi solo se quello che si impara lo si mette a disposizione e nell’interesse di tutti e tutte.
Cronache Ribelli
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All'attenzione del sig. Santa Claus.
Con la presente Le comunichiamo i reati di cui dovrà rispondere in tribunale.
1) Lei si è dichiarato "Babbo", contribuendo al diffondersi del patriarcato e offendendo chi non si riconosce nella famiglia tradizionale come specificato dalla legge Papà Castoro del 1995.
2) Lei ha più volte utilizzato il suffisso "Natale" in spregio alla società multiculturale odierna. È inoltre al vaglio degli inquirenti la sua appartenenza al gruppo suprematista "Bianco Natale".
3) Lei non possiede una slitta elettrica di ultima generazione ed è entrato in ZTL chiuse al traffico inquinante, accorciando la vita del pianeta a tre anni, nove mesi, quattro giorni, dodici ore e ventisette secondi. Ora ventisei.
4) Lei applica costantemente il Body Shaming ai danni degli elfi. Quest'ultimi risultano essere stati da Lei assunti con regolare contratto a tempo indeterminato, in spregio alla flessibilità del mondo del lavoro.
5) Lei ha più case di proprietà (di classe G) site in Lapponia e al Polo Nord su cui non sta pagando alcuna Imu. Inoltre Lei non è ancora passato al mercato libero delle luminarie.
Le verranno comunque riconosciute le attenuanti date dalla sua Body Positivity, in quanto Lei non si è mai vergognato del suo normalissimo peso, e dalla sua collaborazione con la multinazionale Coca Cola.
Cordiali saluti,
Ministero della Verità e della Bontà.
(Matteo Brandi)
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Credo che sia impossibile avere uno scambio normale di idee in questa società in cui la divisione è più facile della condivisione.
Siamo perennemente in guerra, per i motivi più futili, quando potremmo farci forza a vicenda e trovare un modo per risolvere le problematiche invece di continuare a stare dietro le barricate. Non importa l'argomento. Qualsiasi sia, saremmo sempre lì pronti a scannarci perché evidentemente tutto questo ci piace, non ho altre risposte.
Guardiamo alla discussione intorno al femminismo.
È accertato che esista una sovrastruttura chiamata patriarcato che ha fatto danni a destra e a manca? Sì.
È sicuro che manchino educazione, rispetto del prossimo, e una giusta cura delle relazioni che non sfoci in violenza (basta vedere come sia facile accettare la gelosia, la tossicità e tutto il resto)? Mi sembra ovvio.
Discutiamo amorevolmente per risolvere la situazione e chiudere il discorso una volta per tutte? Manco per il cazzo.
Perché? Boh. Ci piace stare dentro quelle barricate. E questo è per tutti gli argomenti, eh! Ucraina, Palestina, politica, persino tifo sportivo. Ci piace farci la guerra perché siamo un organismo basato su questo, culturalmente, ormonalmente, evoluzionisticamente. Non c'è alcun senso, ci frega solo discutere tra noi.
A questo punto, al diavolo tutto, meglio isolarsi. Litigo abbastanza con i "vicini" rincoglioniti che mi ritrovo, che palle questa vita di discussioni. La odio profondamente.
Firmato: un vecchio conte che scrive ormai troppo poco.
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Sviluppo nell'uso dell'AI in ambito medico per diagnosi e cura
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Intelligenza artificiale applicata alla nostra salute, dallo screening alla pillola: una nuova sanità. Giorgio Sesti, presidente Simi: prematuro pensare che possa sostituire un internista in una diagnosi, ma può accelerare la scoperta di molecole farmacologiche. Il tempo, breve, di mettere insieme le ricerche sparse nel mondo, verificare le prime sperimentazioni, analizzare i benefici accanto ai possibili danni e l’intelligenza artificiale in medicina è già realtà. Quello che ci circonda è molto più concreto e fattivo di quanto si potesse immaginare solo poco più di un anno fa. La disponibilità di dati in ambito medico è cresciuta enormemente così come le fonti da cui essi provengono. Accanto ai dati tradizionali, dalle cartelle cliniche ai database genetici, sono sempre più disponibili quelli che arrivano da testi, immagini, suoni, sensori. «Gli algoritmi in ambito medico – spiegano gli esperti dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano – sono usati per interpretare questa enorme mole di dati e per identificare possibili relazioni di causa-effetto tra i dati e le patologie di cui un paziente soffre. Il campo nel quale si sono fatti più progressi in termini di utilizzo dell’intelligenza artificiale come supporto per i medici è quello diagnostico. Un’altra area sulla quale si sta lavorando molto è quella legata ai sistemi di predizione, in grado di identificare possibili patologie ancora prima che queste si manifestino». La codificazione dell’uso della AI nel campo della salute, dunque, ha subito una brusca accelerazione. Dai laboratori, dagli spazi della sperimentazione è praticamente arrivata al letto del paziente. Tanto che l’Oms, in pochi mesi, da gennaio a ottobre, si è espressa oltre tre volte sulla materia. L’ultima, un paio di settimane fa: una nuova pubblicazione elenca le principali considerazioni normative sull’intelligenza artificiale per la salute. La pubblicazione mira a delineare i principi chiave che i governi possono seguire per sviluppare nuove linee guida o adattare quelle esistenti. Viene sottolineato che con la crescente disponibilità di dati sanitari e il rapido progresso delle tecniche analitiche gli strumenti di intelligenza artificiale potrebbero trasformare il settore sanitario. L'evoluzione
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Nuovi percorsi diagnostici, terapie e ricadute economiche vanno, ovviamente, di pari passo. La ricerca tenta di “armonizzarle” e noi speriamo lo faccia tenendo presente la tutela del paziente. Certo è che volano sia le sperimentazioni che il giro d’affari. In campo sanitario si stima che il settore dell’AI passerà dai 15 miliardi di dollari del 2023 a 103 miliardi di dollari entro il 2028. All’attivo, tra i successi, abbiamo, per esempio, progressi nella diagnostica predittiva, compresa quella precoce di un tumore come quello del pancreas. Ma anche la creazione di un antibiotico (la molecola è stata battezzata Halicin) efficace contro l’antibiotico-resistenza. Nonostante i risultati positivi tra i camici bianchi non si nasconde il timore che questa rivoluzione possa essere mal interpretata. Imboccata come scorciatoia sia diagnostica che terapeutica. Da qui la profonda discussione che ha voluto affrontare la Società italiana di Medicina interna (Simi), circa 5 mila iscritti, durante il recente congresso a Rimini. «L’AI – spiega il professor Giorgio Sesti, presidente della Simi – sta entrando prepotentemente nel campo della medicina. Ritengo però prematuro pensare che possa sostituire il medico internista nel porre diagnosi e consigliare la terapia più appropriata, ma potrà contribuire a perfezionare gli strumenti a disposizione per l’apprendimento, l’aggiornamento, la formazione sul campo tramite le simulazioni, la diagnostica avanzata. Le sue applicazioni possono accelerare la scoperta di nuove molecole farmacologiche e lo sviluppo di indagini per la diagnosi precoce di patologie croniche». La maggior parte di queste applicazioni sperimentali riguarda la radiologia (avanzate sono le applicazioni dell’AI alla mammografia, per lo screening oncologico), ma anche in medicina interna, oftalmologia e in ambito gastro-enterologico. «È necessario – aggiunge Sesti – formare una generazione di “medici cyborg”, cioè medici con competenze informatiche avanzate, per facilitare e avvicinare le nuove generazioni all’uso di certi strumenti. Negli Usa li chiamano “information specialist”. Sono questi i colleghi del futuro specialisti in AI in grado di dialogare con gli sviluppatori, di guidarli dando loro delle specifiche». L’intelligenza artificiale potrebbe, in tempi brevi, entrare in uso anche per prevedere chi è a rischio di arresto cardiaco improvviso: è stato sviluppato un prototipo da ricercatori francesi usando le cartelle cliniche elettroniche di 25.000 persone morte improvvisamente e di 70.000 persone ricoverate per arresto cardiaco che non sono morte a Parigi, in Francia, e a Seattle, a Washington. «La morte cardiaca improvvisa rappresenta dal 10% al 20% delle morti complessive. Prevederla è difficile e gli approcci usuali non riescono a identificare le persone ad alto rischio» spiega Xavier Jouven del Centro di Ricerca Cardiovascolare di Parigi. L’AI sta, inoltre, rivoluzionando molti campi dell’odontoiatria. «Si aprono nuovi scenari – fa sapere il professor Stefano Scavia, docente all’Università Bicocca di Milano – Arriveremo al punto in cui sarà possibile far leggere e interpretare a un algoritmo delicati esami diagnostici con una visione multi-disciplinare. Una diagnosi che non analizzerà più solamente il cavo orale ma lo stato di salute fisico complessivo del paziente». Attraverso complessi software, è possibile valutare con modelli virtuali e scansioni. «Vi saranno – aggiunge Scavia – prevedibili evoluzioni dalla diagnostica per immagini alla progettazione di ponti e corone o ancora ai trattamenti rigenerativi e alla cura della parodontite». Read the full article
#antibiotico#diagnosimalattie#GiorgioSesti#intelligenzaartificiale#MarioNegridiMilano#nuovasanità#nuovifarmaci#parodontite#radiologia
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Storia Di Musica #358 - Killing Joke, Night Time, 1985
Se c'è un luogo che esprime il rapporto tra la musica rock e Berlino è un edificio di Köthener Straße, la Meistersaal, eretto nel 1913 come sede della Società Edilizia della città, ristrutturato dopo gli ingenti danni subiti durante la Seconda guerra mondiale. Nel 1964 due fratelli, Peter e Thomas Meisel, in alcune stanze di questo edificio costruiscono uno studio di registrazione musicale, gli Hans Ton Studios, conosciuti nel mondo della musica come Hansa By The Wall Studios perchè fisicamente erano situati al confine con il muro divisorio della città, vicino a Potsdamer Platz. Li Bowie con Eno, e poi decine di artisti, tra cui Cave (come visto la settimana scorsa), i Depeche Mode (che registrano missano qui Construction Time Again del 1983 e registreranno poi Some Great Reward, 1984, e Black Celebration del 1986), tanti gruppi new wave, post punk, i R.E.M. nel 2011 con Collapse Into Now registrano il loro ultimo disco in studio. C'è a tal proposito uno stupendo documentario, Hansa Studios: By The Wall 1976-90 diretto da Mike Christie che racconta un po' di storia di questo luogo leggendario.
Che fu il teatro delle registrazioni del disco di oggi, di una delle più innovative e all'epoca dirompenti formazioni della prima metà degli anni '80. Questa band emerge con forza dall'ondata new wave innescando la musica con cose molto particolari: i Killing Joke. Jaz Coleman, voce e tastiere, la fonda con Kevin "Geordie" Walker alla chitarra, Martin "Youth" Glover al basso e Paul Ferguson alla batteria. Sono sin dalle prime registrazioni indicati come rock d'avanguardia. Prendono il loro nome, Killing Joke, da una scenetta di uno spettacolo dei Monthy Python, e lo "scherzo che uccide" stupirà gli appassionati con un suono che mischia punk, dark, hard rock, dub creando in Gran Bretagna il seme della musica "industrial" e, per molti, persino della musica Techno. Cantano di depressione, di sensazioni apocalittiche, quasi con idee divinatorie (ne parleremo tra poco) e brani come Requiem e Wardance, dal loro omonimo esordio Killing Joke del 1980, e come Follow The Leaders dal successivo What's This For! (dell'anno successivo, 1981) divengono dei piccoli culti musicali di una band che ha ancora poco successo ma è adorata dai fan. Nel 1982 succede qualcosa: Youth si chiama fuori, e fonderà di lì a breve un nuovo gruppo, i Brilliant, ma soprattutto Coleman, immedesimandosi in un novello Nostradamus, preannuncia la fine dei tempi e se ne va in Islanda. Non si è mai capito quanto fosse una stramba copertura per un ritiro creativo, dove Coleman incontra e frequenta numerosi artisti locali di musica elettronica, ma ha una certa eco all'epoca. A questo punto, rimpiazza Youth con Paul "Raven" Vincent al basso e scrive un disco dove, a detta dei musicisti, usano delle droghe per trovare il giusto editing: Fire Dances (1983) ha la prima canzone "normale" in Let's All Go (To The Fire Dances) ed è ben accolto da critica e pubblico.
Tutto cambia l'anno successivo: Coleman va a "respirare decadenza" a Berlino e decide lì di scrivere il prossimo disco. In risposta alle prime critiche sul fatto che la furia iconoclasta degli esordi si fosse trasformata in qualcosa di noioso (che è la critica di ogni band che ha successo, più o meno relativo) esce fuori un disco che riprende soprattutto la ritmica iconica del suono Killing Joke, le tematiche scure e dolorose, ma le riveste in un'atmosfera nuova, vista la storia musicale della città berlinese (questo aspetto, anticipo, sarà la chiusura del viaggio di queste settimane), che vira verso suoni dance. Night Time esce nel Febbraio 1985, ridando nuovo lustro al gruppo che riesce a mettere insieme il suono esplosivo e trascinante che lo ha reso famoso con canzoni più mirate, alcune delle quali diventeranno degli inni generazionali. Geordie Walker, che fino ad allora ne era sempre stato avarissimo, tira fuori alcuni assoli sbalorditivi tra i suoi riff feroci (vedasi Night Time), mentre Paul Ferguson mescola e abbina molto bene i ritmi elettronici con i suoi naturali della batteria. Jaz Coleman è un personaggio strano, ma è anche un cantante formidabile, capace di fare di tutto, dal growl degli esordi ai toni taglienti e acuti come in questo disco, dove non forza mai la mano. Le canzone del disco sono due: Love Like Blood, dal testo gotico, che ebbe un certo successo anche per via del videoclip all'epoca definito dark, ma che oggi fa tutt'altro effetto, ma soprattutto Eighties: i Nirvana, tra tutti i gruppi, hanno clonato completamente la linea di chitarra acquosa al centro del brano per Come As You Are. Il disco vende moltissimo, ed è bellissimo, a mio parere, il commento che il New Musical Express fece del disco all'uscita: "suonano così diversi che fanno sembrano gli Smiths come Simon & Garfunkel".
Eppure all'apice, come spesso succede, arriva la crisi creativa: dissidi artistici e di linea musicale (con la decisione di rifare in pratica all'infinito il mood di Love Like Blood) portano a cali drastici di qualità e ad una sorta di isolamento di Coleman, che in pratica scriverà dischi solisti a nome Killing Joke, ed esempio massimo in questo sono il parlato sermonico suo su esoterismo, magia e occulto in The Courtard Talks del 1989 (addirittura doppio lp).
Rimangono un esempio seminale di contaminazione di generi, e i primi 4 dischi sono meravigliosi: dalle loro note nascerà tantissimo in tutta Europa, e ancora una volta è stata l'aria berlinese che ha dato la quadra.
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LA PSICOLOGIA DEL NARCISISTA PATOLOGICO: ESPLORANDO IL PROFILO DEL MANIPOLATORE PERVERSO
Riconoscere e Affrontare il Narcisismo Patologico nelle Relazioni:
Consigli Pratici
Negli ultimi tempi, il Narcisismo Patologico è diventato un argomento di ampia discussione, grazie all'accesso facilitato alle informazioni tramite internet e ai social media. Questo disturbo, caratteristico della società contemporanea individualista, è oggetto di interesse per psicologi, psichiatri, coach, counsellor e persone comuni che condividono le proprie esperienze.
Tuttavia, è importante notare che il Narcisismo non è necessariamente patologico. Esiste un livello sano di Narcisismo che contribuisce alla crescita individuale, promuovendo autostima, autoefficacia e empatia. Questo articolo si concentra su aspetti pratici legati al Narcisismo Patologico, tralasciando l'approfondimento teorico, facilmente reperibile in letteratura.
In questo articolo, esploreremo:
Chi è il Narcisista Patologico (rispetto a un Narcisista sano).
Come identificarlo.
Come gestire una relazione con un Narcisista Patologico.
Il Narcisismo Patologico vs. il Narcisismo Sano
Il Narcisismo diventa patologico quando comporta danni all'altro e si manifesta attraverso:
Bassa autostima: Il narcisista patologico dipende dall'approvazione esterna per mantenere l'ego, senza di essa sperimenterebbe un grave crollo psicologico.
Megalomania: Questo individuo esagera non solo la propria persona ma anche i propri successi, cercando di apparire superiore agli altri.
Mancanza di empatia: Questa è la caratteristica distintiva rispetto al narcisismo sano. Il narcisista patologico non riconosce o considera le emozioni altrui, causando sofferenza senza rendersene conto.
Incapacità di amare: Questo individuo non sa amare autenticamente; i suoi gesti d'affetto hanno scopi manipolatori e di controllo.
Comportamenti Tipici del Narcisista Patologico
I comportamenti del Narcisista Patologico possono variare ma includono:
Love bombing: Durante la fase iniziale, il narcisista patologico cerca di attrarre la vittima con attenzioni e gesti affettuosi.
Cambiamento di comportamento: Dopo aver conquistato la vittima, il narcisista diventa freddo e distante.
Critiche e manipolazione: Il narcisista utilizza critiche sottili, giudizi e silenzi punitivi per manipolare l'altro.
Tradimenti e bugie: Spesso ricorre alla triangolazione, paragonando l'attuale partner con ex per seminare insicurezze.
Riconquista: Se la vittima cerca di terminare la relazione, il narcisista può cercare di riconquistarla, almeno finché non trova una nuova vittima.
Come Gestire una Relazione con un Narcisista Patologico
Terminare una relazione con un Narcisista Patologico è complesso, poiché spesso sussiste una dipendenza affettiva. È fondamentale mantenere un senso di realtà e cercare il supporto di un professionista per affrontare la situazione.
Altri passi includono:
No contact: Smettere ogni tipo di contatto con il narcisista, inclusi messaggi e social media. Questa scelta deve essere supportata da una terapia.
Lavoro psicologico: Rivolgersi a uno psicoterapeuta per affrontare i disturbi derivanti dalla relazione con il narcisista, come depressione, ansia o somatizzazioni.
In sintesi, gestire una relazione con un Narcisista Patologico richiede consapevolezza, supporto professionale e il coraggio di intraprendere un percorso di guarigione personale.
Scopri ora la complessa psicologia del narcisista patologico e impara a riconoscere il manipolatore perverso nelle tue relazioni. Contattami acquisire consapevolezza e proteggerti da comportamenti dannosi.
Tito Bisson
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