#cultura tedesca
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Backnang: una città ricca di storia e tradizioni nel cuore del Baden-Württemberg (Germania)
Alla scoperta di una gemma nascosta in Germania, tra cultura, natura e modernità.
Alla scoperta di una gemma nascosta in Germania, tra cultura, natura e modernità. Backnang, situata nella regione del Baden-Württemberg in Germania, è una città che sorprende per la sua combinazione di storia, cultura e innovazione. Conosciuta come la “Città delle torri” per i suoi pittoreschi edifici storici, Backnang rappresenta una destinazione affascinante per chi desidera scoprire il lato…
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Sulle Tracce del Romanticismo: Viaggio lungo la Romantische Straße in Baviera
La Romantic Strasse, o strada romantica, è una delle rotte più affascinanti e suggestive della Germania. Si tratta di un itinerario di circa 400 km che unisce Würzburg e Füssen, passando per borghi medievali, chiese gotiche, rocche imponenti e paesaggi incantevoli. Lungo la strada si possono ammirare le testimonianze della cultura e della storia tedesca, dal Rinascimento al Romanticismo, fino al…
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20 apr, "mapping the macro", with okkyung lee, thomas lehn, marcus schmickler
MAPPING THE MACROMicro/Macro-Sound Shift, flip, flop & floppy/flipWith Okkyung Lee, Thomas Lehn, Marcus SchmicklerIn collaboration with Accademia Tedesca Roma Villa Massimo, Forum Austriaco di Cultura Roma, Istituto Culturale Coreano 20 April 2023, from 7.00 pmMacro MuseumVia Reggio Emilia, 54 Marcus Schmickler, contemporary and electronic music composer and winner of Rome Prize Villa Massimo…
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Posso chiederti in cosa ti sei laureata e su cosa hai scritto la tesi? Complimenti a te 🤍
a fronte di questi modi gentili e garbati sarebbe un peccato eludere la domanda.
mi sono laureata in lingue, linguistica e letterature inglese e tedesca. La tesi però ha riguardato l’ambito svedese, dato che ho seguito dei corsi altamente specialistici su questa lingua (anche in ottica diacronica) e sulla cultura svedese, sempre all’università.
Nella tesi ho trattato il delicato rapporto che esiste tra la realtà ad oggi provinciale dell’isola svedese di Gotland e la Svezia continentale. Per focalizzare meglio la questione ho analizzato la cosiddetta Saga dei Gotlandesi (in lingua originale “Guta Saga”) sia dal punto di vista dei contenuti che da quello della lingua. Contrariamente a quanto si penserebbe, infatti, la madrelingua primigenia di quest’opera letteraria e di quest’isola pur svedese è il gutnico, che è oggi relegata allo stato di dialetto (per il suo basso prestigio e basso numero di parlanti madrelingua, per l’appunto). Lo svedese si è infatti imposto sull’isola come lingua nazionale soltanto a partire dalla fine del 1600, quando Gotland è stata conquistata dalla Svezia. Mi fermo qui, perché la questione è molto più intricata e inadatta a questi lidi. Questo potrebbe bastare come spunto per iniziare ad approfondire nel caso in cui l’argomento ti interessasse, ma proprio perché molto settoriale è raro che avvinca se non si ha un buon retroterra di scandinavistica. Agli inizi è stata dura perfino per me che lo avevo, pensa. La scintilla dell’interesse è scattata con un po’ di ritardo.
Ti ringrazio per la curiosità e per la discrezione che hai dimostrato, oltre che per i graditissimi complimenti.
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" In fondo, il nostro problema intellettuale è che noi amiamo l’America. Gli Stati Uniti sono stati uno di quei paesi che hanno sconfitto il nazismo, ci hanno mostrato la strada da seguire per la prosperità e la distensione. Se vogliamo accettare pienamente l’idea che oggi stiano tracciando la strada che porta alla povertà e all’atomizzazione sociale, è indispensabile ricorrere al concetto di nichilismo. Quanto alle ragioni tecniche, un’altra cosa che mi spinge a utilizzare questo concetto è la constatazione che i valori e il comportamento della società americana sono oggi profondamente negativi. Come per il nichilismo tedesco […], questa negatività è il prodotto di una decomposizione del protestantesimo, solo che non si verifica allo stesso stadio.
Il nazismo apparve nella sua prima fase dopo che, tra il 1880 e il 1930, il protestantesimo ebbe cessato di essere una religione attiva. Il nazismo corrisponde a un’esplosione di disperazione durante la sua fase zombi, a un’epoca in cui i valori protestanti, positivi e negativi, continuavano a persistere nonostante il venir meno della pratica religiosa. La fase zombi del protestantesimo americano è stata complessivamente positiva. In linea di massima va dalla presidenza di Roosevelt a quella di Eisenhower, e ha visto la nascita dello Stato sociale, delle università che assicurano un insegnamento esteso a tutti e di qualità e il diffondersi di una cultura ottimistica che ha conquistato il mondo. Questa America aveva recuperato i valori positivi del protestantesimo (alto livello di istruzione, egalitarismo tra i bianchi) e stava cercando di liberarsi dei suoi valori negativi (razzismo, puritanesimo). La crisi attuale corrisponde, viceversa, all’approdo allo stadio zero del protestantesimo. Ciò ci consente di comprendere al contempo sia il fenomeno Trump che la politica estera di Biden, tanto il deterioramento interno quanto la megalomania esterna, come pure le violenze che il sistema americano esercita sui propri cittadini e su quelli degli altri paesi. La dinamica tedesca degli anni Trenta e la dinamica americana attuale hanno in comune il fatto di essere animate dal vuoto. In entrambi i casi, la vita politica funziona senza valori, non essendo che un movimento tendente alla violenza. Rauschning definiva il nazismo non diversamente da ciò. Prima di abbandonarlo, fu membro del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori (NSDAP): questo conservatore, per così dire “normale”, non poteva tollerare la violenza gratuita. Nell’America di oggi vedo un pericoloso vuoto di pensiero e di idee, condito dall’ossessione per il denaro e il potere, i quali non possono essere in sé dei fini, dei valori. Questo vuoto conduce all’autodistruzione, al militarismo, a una negatività endemica: in sostanza, al nichilismo. "
Emmanuel Todd, La sconfitta dell'Occidente, traduzione di Alessandro Ciappa e Michele Zurlo, Fazi Editore, 2024.
[Edizione originale: La Défaite de l'Occident, Paris, Gallimard, janvier 2024]
#Emmanuel Todd#La sconfitta dell'Occidente#Alessandro Ciappa#Michele Zurlo#Storia contemporanea#Stati Uniti d'America#Donald Trump#Joe Biden#politica americana#geopolitica#relazioni internazionali#letture#leggere#libri#nichilismo#progresso#sviluppo#democrazia#libertà#civiltà occidentale#Hermann Rauschning#protestantesimo#intellettuali europei#Franklin Delano Roosevelt#Stato sociale#welfare state#warfare#razzismo#puritanesimo#saggi
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Per capire questo post devo parlare prima di due punti totalmente scorrelati.
La Germania ha approvato la riforma della cittadinanza, ci vogliono 5 anni adesso (3 in casi speciali che non ho ben capito), io vivo qui da 6 anni, quindi ci rientro.
Non so se vi è mai capitato all'Uni, o anche alle superiori, che un esame o una materia non vi andasse proprio giù, ma proprio niente, e dicevate "io questo esame lo voglio rubare, 18, 16, il cazzo che è, mi rifiuto di studiarlo!, lo voglio regalato!".
Ecco, per ottenere la cittadinanza tedesca bisogna superare un test di cultura generale tedesca, che tocca vari argomenti, dalla struttura sociale, a quella politica, alla storia, e sicuramente qualche altra stronzata inutile che questo popolo ritiene fondamentale.
Dati i due punti di sopra, quello che intendo dire è che mi rifiuto di studiare seriamente per questa cosa, la voglio rubare, altrimenti non se ne fa niente. Sto già cercando per vie piratesche il materiale dal quale leggiucchiare, non voglio cacciare un euro, voglio rubarla, è l'unico modo che io considero "accettabile" per diventare cittadino tedesco.
Cosa poi ci farò con il mio passaporto rubato lo lascio alla vostra fantasia, ma non vi serve viaggiare troppo lontano.
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“Cerco di vedere la luce accanto all’ombra. Ogni luce proietta la propria.
Lo dico e lo scrivo con una sorta di fervida vergogna. Il vecchio amore si rifiuta ancora di morire: l’amore per il paesaggio e la lingua tedesca.
A una cultura del passato che è rimasta il mio presente.
A una vita che mi ha fatto sentire legato ad amici che ammiravo e che amavo.
A volte vado in uno dei ristoranti tedeschi di New York.
Rido della borghesia, del rumore, della birra e dei deliziosi bratwurst.
E rido di me stesso.
Di una ridicola malinconia e di una piccola tristezza sentimentale.
Poi torno a camminare per queste strade notturne e con questo rumore pieno di meraviglia, e do la buonanotte a ogni stella.
Andiamo a casa!
Ma dov’è?
Non si può tornare a casa"
(Peter Flamm - Paul Gauguin)
...a casa si può tornare, se quella è casa mia...casa nostra.
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Gli esecratori del brutto pestaggio del Quarticciolo, ai danni di uno scippatore straniero, non si credano poi tanto cristiani. Bernardo di Chiaravalle scrisse: “Chi uccide un malfattore, non deve essere reputato un omicida ma un malicida”. E Bernardo di Chiaravalle era un Santo. Leone XIII scrisse: “L’arrendevolezza dei buoni aumenta l’audacia dei malvagi”. E Leone XIII era un Papa. Vittorio Mathieu scrisse: “Attribuire la giustizia sommaria solo a ignoranza, e la vendetta solo a un meschino desiderio di rivalsa, significa non vedere in essi tentativi che, per quanto difettosi, mirano già alla giustizia”. E Mathieu era un filosofo cattolico. Gli esecratori del brutto, evidentemente brutto, pestaggio del Quarticciolo, sappiano di essere soprattutto hegeliani. Anni fa Carlo Nordio ricordò che i fortissimi limiti all’autodifesa contenuti nel nostro codice penale sono stati inseriti nel 1930 per assicurare allo Stato (lo Stato etico di Hegel) il monopolio della violenza. Da Vincenzo Manzini e Alfredo Rocco: giuristi fascisti e dunque hegeliani, o forse hegeliani e dunque fascisti.
Assolutamente senza forse (retorico): idealisti, provincia della provincia tedesca che assieme al liberalismo traviato di Croce, han mandato completamente fuori strada il "moderatismo laico" in Italì, tenendolo cinquant'anni indietro; via https://www.ilfoglio.it/preghiera/2023/09/09/news/non-si-creda-tanto-santo-chi-esecra-il-brutto-pestaggio-del-quarticciolo-5659578/
Chissà perché rilancio sempre più frequentemente e sempre più volentieri gli articoli di CAMILLO LANGONE: ma perché il suo è normale buon senso, spiegato con quel garbo ed eleganza che la cultura vera non i salotti ti dà; elegante ma diretto dirompente spiazzante senza sconti; nel panorama di penoso pensiero debole diffuso oggi, diviene manifesto di autentica ANTROPOLOGICA SUPERIORITA'.
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LINA ALLEMANO: FLIP SIDE
È uscito lo scorso 4 ottobre il nuovo disco di Lina Allemano, trombettista, compositrice, improvvisatrice canadese-berlinese che vede nel CD, oltre che la sua adamantina tromba, Dan Peter Sundland al basso elettrico, Michael Griener, alla batteria e, talvolta ospite in alcuni brani, Andrea Parkins alla fisarmonica, oggetti ed elettronica. Lina e la sua tromba, pur avendo salde basi nel jazz, spaziano in territori liminari alla musica colta o cosiddetta tale. Ad aprire il magnifico lavoro del trio-quartetto “Lina Allemano’s Ohrenschmaus” (che significa smorfia), è il brano dal titolo “Sidetrack” che, in riferimento all’originalissimo nome della formazione, la prima smorfia la offre in apertura con una accattivante “intro” tutta rumorista, con qualche insufflazione di tromba, quasi a voler ingolosire l’ascoltatore su quanto successivamente lo aspetta. E in effetti il brano prosegue, dopo le fascinose titubanze iniziali, con la tromba della Allemano sempre più presente, anche se mai dominante, mentre le atmosfere restano inquiete; anche “Signal” si apre con rumori e percussioni, ma più decisi, come appare più certo e definito il ruolo della tromba. I toni sono rilassati e le parti sembrano più dialogiche, così come il “clima sonoro” in “Heartstrings” è pieno e ben definito, con la tromba che sembra aver preso decisamente il sopravvento o quantomeno, sembra tenere decisamente in pugno la situazione con un rumorismo delizioso, sia all’inizio che al termine del brano. Con “Sideswipe” (primo brano con l’intervento dell’elettronica di Andrea Parkins), il dialogo con la tromba diventa quasi un’invettiva dissacrante per un formidabile calando nelle parte finale dove spatole, carillon e ticchettii introducono l’ultimo lamento della tromba di Lina. Malinconico e lunare “Stricken” serba nel suo ventre un magnifico assolo al basso di Dan Peter Sundland che rende il brano quasi espressionista. “Flip Side”, che dà il titolo all’intero lavoro, è un pezzo sublime, di grandissimo spessore, notturno e solenne, dove le percussioni gravi e profonde sembrano dettare il tempo, un tempo di cupa sontuosità, con l’archetto del contrabbasso che diffonde rasoiate di vibrazioni rendendo ancora più drammatica l’atmosfera, ma sulla quale la tromba di Lina Allemano, ricama un disegno sonoro fatto di pacata leggerezza. È proprio in questo contrasto che vive “Flip Side”, ultimo brano dell’album edito dalla LUMO Records, etichetta della stessa compositrice, registrato dal vivo sul pavimento di una vecchia aula scolastica nel quartiere Schöneweide di Berlino, e non poteva essere altrimenti, poiché oltre ad essersi parzialmente stabilita a Berlino, Lina Allemano, pregna della cultura musicale della vecchia Europa, ha certamente assimilato la lezione della musica colta contemporanea della capitale tedesca, facendola rinascere a nuova vita, grazie allo straordinario sound della sua tromba, le cui radici sono saldamente piantate nella improvvisazione, nella ricerca e anche nel free jazz. Dopo una produzione discografica qualitativamente e quantitativamente notevolissima alla quale si aggiunge questa preziosa perla.
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allora ho offerto a tizia tedesca di utilizzare il mio chilo di sale grosso per salare la dubitabile pasta che si sta preparando ma ha rifiutato la gentile offerta, optando per il sale fino. oh io ho provato a portare un po’ di cultura ma niente
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Colonia: Un Ponte tra Storia, Cultura e Modernità. Ringraziamo i nostri 217 lettori di Colonia che seguono Alessandria Today e scopriamo insieme la bellezza della città tedesca
Colonia, città iconica sulle rive del Reno, è un luogo dove storia e modernità convivono armoniosamente, offrendo una ricchezza culturale senza pari.
Un caloroso ringraziamento ai 217 lettori di Colonia, Germania, che seguono con passione Alessandria Today. La vostra attenzione ci riempie di orgoglio e ci motiva a continuare a raccontare storie che uniscono culture e territori. Colonia, città iconica sulle rive del Reno, è un luogo dove storia e modernità convivono armoniosamente, offrendo una ricchezza culturale senza pari. La storia di…
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C'è un concetto bellissimo nella cultura tedesca che è "sehnsucht", una parola con cui si indica ciò che noi tutti custodiamo dentro di noi: "l'arte di desiderare un desiderio", quella lotta struggente che ci porta a ricercare e a seguire i nostri ideali, i nostri sogni. Sehnsucht è ciò di cui sono composti gli eroi romantici, quegli eroi che come dipingeva Caspar David Friedrich si soffermano sul punto più alto di una montagna e osservano i loro sogni avvolti in un mare di nebbia... perché si sa solo i viandanti osano sognare.
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𝙲𝚘𝚖𝚎 𝚍𝚒𝚌𝚎𝚟𝚘, 𝚕'𝚊𝚝𝚝𝚞𝚊𝚕𝚎 𝚙𝚘𝚙𝚘𝚕𝚘 𝚒𝚜𝚛𝚊𝚎𝚕𝚒𝚊𝚗𝚘, 𝚗𝚘𝚗 𝚎̀ 𝚕𝚘 𝚜𝚝𝚎𝚜𝚜𝚘 𝚌𝚑𝚎 𝙼𝚘𝚜𝚎́ 𝚙𝚘𝚛𝚝𝚘̀ 𝚟𝚒𝚊 𝚍𝚊𝚕𝚕'𝙴𝚐𝚒𝚝𝚝𝚘. 𝙰𝚗𝚍𝚒𝚊𝚖𝚘 𝚊 𝚟𝚎𝚍𝚎𝚛𝚎 𝚌𝚑𝚒 𝚜𝚘𝚗𝚘...
💎I SIONISTI NON SONO EBREI (1a parte)
I Kazhari Aschenaziti sono i creatori del Sionisto anti-ebraico. Dicono di essere ebrei ma non lo sono (Apocalisse 2:9; 3:9). Il loro credo religioso si basa sul Talmud infarcito di orrori e non sulla Bibbia. Aschenaz o Ashkanaz identificava la Germania, mentre nella "tavola dei popoli" (Genesi 10:3) e in un passo di Geremia (51:27) è il nome della popolazione discendente da Iafet, stanziata a N della Siria in un territorio che coincide pressapoco con l'attuale UCRAINA.
I banchieri che controllano la finanza e le banche (Rothschild, Rockefeller, Warburg, Morgan, Dupont, Goldman, Sachs, Lehman, Sassoon, Kuhn, Loeb, Shiff, ecc.) sono aschenaziti; così come sono aschenaziti i loro burattini (Mark Zuckerberg, Bill Gates, Jeff Bezos, Elkann, Soros, ecc.). Gli aschenaziti sono discendenti di Iafet e non di Sem come i veri Ebrei (Genesi 10:3) - erano adoratori di Moloc e si infiltrarono all'interno dell'ebraismo modificandolo e creando il sionismo.
I SIONISTI NON SONO EBREI (2a parte)
I Cazari (ebraico sing. Kuzar כוזרי) sono una confederazione di popolazioni turche seminomadi originarie delle steppe dell'Asia Centrale in cui confluirono elementi slavi, iranici e i resti dei Goti di Crimea. Nel VII secolo fondano il Khanato di Khazaria nelle regioni più sud-orientali dell'Europa, vicino al Mar Caspio ed al Caucaso. Oltre alla regione oggi chiamata Kazakistan il khanato comprende anche parti dell'Ucraina, l'Azerbaigian, il sud della Russia e la penisola di Crimea. Intorno al periodo di fondazione del khanato molti Cazari si convertirono al giudaismo. Il nome 'Cazari' che essi stessi si sono dati proviene da un verbo in lingua turca che significa "vagabondare". L'ipotesi che il giudaismo fosse la religione prevalente dei Cazari è dovuta allo studioso Arthur Koestler, il quale propose che i cosiddetti Ashkenaziti fossero in realtà i discendenti dei Cazari che abbandonarono le loro terre a causa delle devastazioni Mongole, rifugiandosi nell'Europa orientale, per lo più nei territori dell'attuale Polonia, Ungheria e Ucraina; cioè i territori più toccati dallo sterminio nazista. Questi, non appartenendo ad alcuna delle 12 tribù di Israele, sono definiti nel libro di Koestler La tredicesima tribù.
Gli ebrei aschenaziti (o ashkenaziti), detti anche ashkenazim, sono i discendenti, di lingua e cultura Yiddish, delle comunità ebraiche stanziatesi nel medioevo nella valle del Reno. Ashkenaz era infatti il nome, in ebraico medievale, della regione franco-tedesca del Reno; e aschenazita significa appunto "germanico". Nel IX secolo l'immigrazione in Germania di numerosi ebrei ashkenaziti dall'Italia Meridionale, dà origine a una parte consistente delle numerosissime comunità ashkenazite renane.
Da sempre sono dediti al culto luciferino sotto varie forme (Bafometto, Moloch, Baal, ecc.) che richiede sacrifici di bambini.
Essi sono i primi antisemiti.
Sono i primi antisemiti. I primi anti.Ebrei, infiltratisi nell'ebraismo.
A. Hitler era per metà aschenazita essendo un figlio illegittimo di un Rothschild, così come erano aschenaziti Lenin, Stalin, Marx.
Sembra paradossale, ma il popolo ebraico sono le prime vere vittime del sionismo che viene spacciato per ebraico ma non lo è. La stessa bandiera con la così detta "Stella di Davide", la stella a 6 punte, è un simbolo nazista ed esoterico (2 triangoli sovrapposti e 1 rovesciato) e legata ai culti luciferini degli aschenaziti. Non ha nulla a che vedere né con il re Davide, né con la Bibbia, né con la storia del vero popolo ebraico.
I SIONISTI NON SONO EBREI (3a parte)
Molti conosceranno la storia del transatlantico St. Louis che il 13 maggio del 1939 salpò da Amburgo, in Germania, con a bordo 937 passeggeri, quasi tutti ebrei tedeschi in fuga dalle persecuzioni naziste, a cui Stati Uniti, Canada e Cuba rifiutarono l'attracco costringendo la nave a fare ritorno in Germania dove quegli ebrei trovarono la morte. Come mai questi Stati rifiutarono l'asilo? Perché chi muoveva le fila erano i finti ebrei aschenaziti che vogliono distruggere completamente i veri ebrei e appropriarsi dell'ebraismo.
𝙶𝚎𝚜𝚞̀ 𝚎𝚛𝚊 𝚎𝚋𝚛𝚎𝚘 𝚎 𝚗𝚘𝚗 𝚜𝚒𝚘𝚗𝚒𝚜𝚝𝚊 𝚘 𝚊𝚜𝚌𝚑𝚎𝚗𝚊𝚣𝚒𝚝𝚊; 𝙸 𝚙𝚛𝚒𝚖𝚒 𝚊𝚙𝚘𝚜𝚝𝚘𝚕𝚒 𝚎𝚛𝚊𝚗𝚘 𝚎𝚋𝚛𝚎𝚒 𝚎 𝚗𝚘𝚗 𝚜𝚒𝚘𝚗𝚒𝚜𝚝𝚒 𝚘 𝚊𝚜𝚌𝚑𝚎𝚗𝚊𝚣𝚒𝚝𝚒.
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Il nostro Paese visto da lontano e con gli occhi della cultura e dell'arte ormai fa impressione. Come diceva Schopenhauer: la nostra massima aspirazione è avere «un’Italia modernamente confusa e livellata»
Ercole custodiva un gregge. Un vitello disubbidiente e riottoso fuggì. Il mitico eroe lo dovette inseguire. Nella sua fuga, la bestia attraversò al galoppo una penisola che, come una gamba, si stendeva nel mare. Arrivato al piede, si gettò nelle acque in tempesta, attraversò uno stretto e raggiunse un’isola a tre punte. Di quest’isola Goethe dirà: «Senza vedere la Sicilia non ci si può fare un’idea dell’Italia. È lì che si trova la chiave di tutto».
Ercole diede un nome alla terra che aveva attraversato, la chiamò Vitalia da Vitulo, vitello (in greco italós).Nei secoli, i luoghi meravigliosi percorsi dal galoppo tuonante dell’animale e del mitico eroe inseguitore si popolarono di Vitaliani (bovini indisciplinati). Questi Vitaliani costruirono, subirono e fusero diverse civiltà prima di arrivare ai tempi moderni e perdere l’identità.
L’identità si perde nella scuola, per la strada, nelle stanze di casa…
… Nella scuola. Quando non si insegna la necessità vitale di cercare il tempo, lo spirito, il significato delle esistenze dei genitori e dei genitori dei genitori. Perché un essere umano che non sa rivivere il lungo e sofferto percorso che lo ha portato a nascere in un dato luogo e in un dato tempo, vivrà procedendo alla cieca e girando intorno a se stesso. Nessuno scappa dalle proprie radici. E, se non le vede e non se le racconta, vive con addosso una specie di maledizione, come gli orfani.
… Per la strada. Quando si cammina pensando soltanto ai propri passi e non si è capaci di armonizzarli ai passi che ci hanno preceduto. Non si riconoscono allora le eredità di armonia e di violenza che ci circondano. E si smarriscono la capacità e il piacere di rifletterci sopra.
… Nelle stanze di casa. Quando il pensiero e l’azione sono governati dall’angoscia di non essere capaci di afferrare il futuro. Allora il presente è insicuro come un pavimento nel terremoto e il passato è perduto.
Leopardi lamentava che gli stranieri «… considerano l’Italia presente, cioè noi italiani moderni e viventi come tanti custodi di un museo, di un gabinetto e simili…». Qual è l’animo di questi custodi? C’è orgoglio per i musei? C’è vergogna per l’odore dei gabinetti? O la vista e l’olfatto dei custodi sono stanchi, pigri e annoiati e non percepiscono più né il museo né il gabinetto? O, peggio ancora, i custodi ignorano quello che contengono i musei e invidiano i soldi e la furbizia ignorante di chi ha costruito e possiede i gabinetti?
Leggendo uno dei miei autori preferiti, mi sono imbattuto in una pagina in cui si parla di noi italiani: «… Sono di nuovo fra questa gente malfamata, che ha volti così belli e animi così cattivi… essi sono fini e astuti e, quando vogliono, sanno perfino sembrare onesti e leali; e nondimeno sono così perfidi, disonesti e impudenti, che la meraviglia ci fa dimenticare lo sdegno. Le loro voci sono orribili: se a Berlino uno solo urlasse per la strada in maniera così rimbombante come fanno qui a migliaia, accorrerebbe tutta la città. Ma a teatro trillano a meraviglia… Il tratto principale, nel carattere nazionale degli italiani, è un’impudenza assoluta. Questa dipende dal fatto che essi da un lato non si sentono inferiori a nulla, sono quindi presuntuosi e sfacciati, dall’altro non si ritengono buoni a nulla e sono quindi vili. Chi ha pudore, invece, è per certe cose troppo timido, per altre troppo fiero. L’italiano non è né l’una cosa né l’altra, ma, a seconda delle circostanze, è tutt’al più pusillanime o borioso».
Non prendiamocela con Arthur Schopenhauer che ha scritto di noi queste parole. I suoi compatrioti li liquidava più frettolosamente: «Disprezzo la nazione tedesca per la sua infinita stupidità e mi vergogno di appartenervi».
Siamo ancora così assolutamente impudenti? Insieme presuntuosi e vili? È ancora questa l’immagine che trasmettiamo? Incapaci di uscire dalla confusione inconcludente e rumorosa in cui boria e vigliaccheria ci trascinano. Siamo cambiati? In meglio? In peggio? Dobbiamo smentire o confermare le parole di Schopenhauer? Guardiamo allora la vita pubblica, i comportamenti delle persone che decidono e che influiscono nella nostra storia presente. Guardiamo la vita di tutti i giorni, interroghiamo la nostra esperienza nei luoghi di lavoro e di svago. Ciascuno troverà la sua risposta.
Torno a Schopenhauer. È in punto di morte: «Che i vermi avrebbero presto roso il suo corpo non costituiva, per lui, un pensiero triste. Pensava con orrore, invece, a come il suo spirito sarebbe stato ridotto tra le mani dei professori di filosofia. Chiese le ultime novità in politica e in letteratura, e espresse la speranza che l’Italia potesse avere l’unità. Aggiunse, però, che in tal caso avremmo dovuto scambiare la vecchia Italia riccamente individualizzata, alle cui molteplici divisioni in fatto di carattere, di spirito e di costumi era legata, forse inconsapevolmente, gran parte dell’Europa colta, con un’Italia modernamente confusa e livellata».
Dunque, prima di morire aveva pensato all’Italia. Un breve, folgorante pensiero che, come sempre, vedeva lontano. Il giorno dopo, il medico lo trovò morto, seduto nell’angolo del sofà e riverso sulla schiena. «Aveva sempre sperato di morire dolcemente, perché chi è stato solo tutta la vita capisce meglio degli altri questa faccenda solitaria».
Il momento in cui è stato pronunciato dà una particolare forza simbolica a questo richiamo, per noi che viviamo in «un’Italia modernamente confusa e livellata», a non perdere quella identità fatta di ricchezza individuale che nasceva proprio da antiche, radicate differenze di carattere, spirito e costumi.
Se è grande il debito dell’Europa colta verso quell’Italia, non possiamo noi italiani farla dimenticare ai nostri figli. Non possiamo perdere la coscienza e la memoria dei sogni e degli incubi vissuti nel nostro lungo percorso, unico nella storia. Diventeremmo altrimenti nient’altro che degli zotici, forse benestanti, provinciali d’America. Noi eravamo, secondo Milton, «il centro della civiltà e il domicilio ospitale di ogni specie di erudizione».
-Giacomo Battiato
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“ Insieme col comunicato dell'armistizio, il ministero della C. P. [Cultura popolare] ci fa sapere che è desiderio personale di Badoglio che tale comunicato sia pubblicato fra due striscie nere a lutto. Formalismo nella tragedia. Il Primo ministro si raccomanda poi, e ne fa obbligo, che nel commento si elevi un pensiero grato al Re. Corre voce che Re e Badoglio siano scappati. Nessuno si è sentito di «elevare il pensiero ». Un tale, cui non avevo mai sentito dire nulla di impressionante, mi dice semplicemente: « Comincia una tragedia the costerà la vita a centinaia di migliaia d'italiani ».
A un angolo di strada, mentre lascio casa mia chissà per quanto tempo, vedo due soldati fermi, col fucile a tracolla, mentre la città convulsa ribollisce. Chiedo se sono là per l'ordine pubblico. No, sono stati mandati via dalle caserme e non sanno dove andare. Hanno la famiglia nell' Italia meridionale. Mi dicono che i soldati sono stati tutti cacciati dalle caserme, dai loro superiori.
All'Ambasciata di Germania si sono presentati tutti i grandi e piccoli fascisti della Capitale. Era affollato fino il giardino, e Dollman passava da un gruppo all'altro. Molti di quelli che reputavo innocui vi hanno fatto la loro comparsa, accanto alle loro amanti e confidenti. La radio trasmette notizie e appelli con una spiccata pronunzia tedesca. « Sarete nutriti, vestiti, pagati ». Che non abbiano trovato nessuno che volesse parlare in buon italiano?
Un bersagliere, presso la stazione, un povero bersagliere, si è messo a sparare come un pazzo da un carro armato italiano rovesciato, solo, in piedi, ed è stato ucciso facilmente dai tedeschi. “
Corrado Alvaro, Quasi una vita: giornale di uno scrittore, Bompiani, prefazione di Geno Pampaloni, Bompiani, 1951; pp. 367-368.
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Uno dei titoli di cui Edizioni Medusa va fiera: Gli anni di viaggio di Wilhelm Meister, o i Rinuncianti di Johann Wolfgang Goethe. Finalmente ristampato. La prima edizione, del 2005, a cura di Rosita Copioli, è la prima integrale in lingua italiana.
Se il contesto storico è quello che vede l’esercito napoleonico scorrazzare per l’Europa e oltre, con i risultati che ben sappiamo, ancora maggiori sono gli sconvolgimenti “morali” e materiali della “forma di vita” che anche con Goethe, indubbiamente, la cultura europea comincerà a chiamare occidentale. Agli Entsagenden si susseguiranno, nella letteratura tedesca, salendo su fino a Broch a Mann a Musil uomini e personaggi che dei Rinuncianti se non i cantori saranno gli eredi incerti e claudicanti. Un romanzo, come scrisse Kierkegaard, di una totalità perfetta, un mondo contenuto in uno specchio, il vero e proprio microcosmo.
Se volete leggere non qualcosa, piuttosto volete avere a che fare con qualcuno… ebbene quel qualcuno si chiama, in questo caso Goethe, e la vita del nostro continente vi apparirà più chiara nella sua storia, nella sua decadenza e, anche, nella sua promessa mai mantenuta… Affrettatevi… non ne abbiamo stampate molte…
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P.S. La copertina è un particolare del Sogno di san Giuseppe di Georges de la Tour.
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