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Backnang: una città ricca di storia e tradizioni nel cuore del Baden-Württemberg (Germania)
Alla scoperta di una gemma nascosta in Germania, tra cultura, natura e modernità.
Alla scoperta di una gemma nascosta in Germania, tra cultura, natura e modernità. Backnang, situata nella regione del Baden-Württemberg in Germania, è una città che sorprende per la sua combinazione di storia, cultura e innovazione. Conosciuta come la “Città delle torri” per i suoi pittoreschi edifici storici, Backnang rappresenta una destinazione affascinante per chi desidera scoprire il lato…
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Vertenza sindacale. Un apologo
Alti, prolungati miagolii provenivano ormai insistenti da troppe aule. Un vero strazio per le orecchie. Un tempo un po’ di baccano era quasi fisiologico in una scuola come la Gatto Silvestro, scuola di eccellenza, dove, grazie a memorabili open days for young little cats, le famiglie feline della zona nord di Roma iscrivevano con fiducia i loro irrequieti quattrozampe. Una scuola che aveva una solida tradizione di buoni studi e dove la severità dei vecchi gatti spelacchiati dietro le cattedre, unita alla costante disciplina, portava a risultati invidiabili, a cui persino i giornali nazionali facevano cenno nelle periodiche inchieste sul mondo della scuola. Certo lo studio era duro e a volte davvero incomprensibile per i giovani gattini: non capivano se non con il tempo che lo studio di una funzione tendente al limite di un baffo di topo eguale a X, è risolvibile ed ha più soluzioni ≠ 0; così come era dura far capire a quelle classi che per cacciar topi al giorno d’oggi bisogna pur sapere qualcosa, se non altro per questioni di strategia, delle guerre puniche, quella pagina importante negli annali, in cui gatti romani e fieri, ostinati gatti cartaginesi se l’erano date di santa ragione. Le fiabe di Esopo e Fedro da tradurre poi erano una vera, autentica lagna. Prima di trovare il verbo della principale i giovani gatti erano capaci di addormentarsi, spesso di colpo. Quanto alla filosofia, il cui studio era riservato ai più grandi, come miagolio che cerca sé stesso, nel duro cammino del concetto, e che si trova e si perde, tra l’Io puro del gatto che si pone (A=A) e il non-io del topo che resiste (il celebre Streben che tanto aveva infiammato gli animi romantici dei gatti di Jena alle lezioni di Johann Gatto Fichte), era per quei giovani gatti d’oggi come andar di notte ubriachi.
Sempre con le cuffie nelle orecchie appuntite e l’aria distratta e addormentata, sebbene a scuola non vi fossero né morbide poltrone né comodi divani ma soltanto freddi banchi e ruvide sedie, non vedevano l’ora che le lezioni stancamente finissero per tornare a casa sulle loro topoline fiammanti di zecca (le famiglie danarose preferivano quei modelli micro a quattro ruote, per via della sicurezza), non prima di essersi azzuffati a lungo nei giardini e nelle piazze vicino la Gatto Silvestro. Per questo il team delle Gatte spelacchiate che dirigeva faticosamente la scuola, sapeva bene che, come ogni anno, i giovani gattini avrebbero finito per occupare l’istituto. E nei mesi delle preiscrizioni questo avrebbe nuociuto senz’altro alla buona immagine della scuola. E se poi si fosse sparsa la voce? E se quelle famiglie gattesche tanto esigenti fossero corsi a iscrivere i pargoli alla Gatto Murr? Con certi gatti avvocati, gatti magistrati, gatti medici e notai, c’era poco da scherzare. Certo erano a ben vedere famiglie di molti denari e poca sostanza: magari erano capaci di aprire i cordoni della borsa per festeggiare i due anni e sei mesi del gattino e della gattina viziatelli (due anni e sei mesi corrispondono, come è noto, a quello che tra gli uomini è il 18° anno di età) per un bel viaggio finto esotico alle Maldive (cosa davvero potesse combinare un gatto maggiorenne su uno dei tredici atolli a largo di Ceylon, era un mistero per gli etologi), ma di spedirli in un severo ed esclusivo collegio svizzero neanche a parlarne. Invano, dopo il sit-in che si era svolto il giorno seguente la festa dell’Ascensione della Mamma Gatta in cielo, che cadeva come ogni anno l’otto dicembre, la dirigente della scuola, una elegante gatta persiana, avvolta in un cappottino rosso di buona lana topesca, scendendo nel freddo cortile, nei pochi minuiti dell’intervallo, attorniata da almeno duecento fans miagolanti del “Comitato dei giovani gatti dalle unghie lunghe”, aveva creduto di aver messo a tacere la protesta. Più di tutto aveva profondamento irritato il movimento dei giovani gatti che all’assemblea prevista per novembre, con una mossa a sorpresa, e seguendo una petizione del comitato dei gatti genitori benpensanti, fosse stato impedito l’invito a un truce giovane felino senza cultura, che aveva guadagnato una gloria effimera tramite video osceni, dimenandosi e parlando in un linguaggio di assoluta volgarità. Lui stesso si faceva chiamare er cojote, perché si cibava di cadaveri di topiragni e di altri piccoli mammiferi dal muso aguzzo e dalla coda pelosa, cantando poi delle proprie gesta volgari in un’epica così poco varia, basata com’era su ritmi sincopati, insistentemente postata nei social. Per nulla intimorito dalle decisioni del team delle magnifiche tre Gatte (la gatta soriana era infatti assistita giorno e notte da due gatte dal pelo fulvo e dal carattere scontroso), il Comitato dei giovani gatti aveva ripreso la protesta il giorno dopo, e così fino alla vigilia del Natale non passava ora che non si sentissero lunghi concertini che finivano per interrompere le lezioni. L’occupazione sembrava imminente e taluni spaventati, altri indifferenti, e comunque non pochi tra i docenti gatti spelacchiati, restavano nella biblioteca a cacciar topi. Quasi, dimenticando la loro natura, fossero diventati topi di biblioteca. Con un po’ di buon senso si sarebbe potuto comprendere che la maggior parte dei giovani gatti, non più gattini ma non ancora adulti, non avrebbero fatto paura alle terrificanti pantegane, che spadroneggiavano sugli argini del fiume, quel fiume che da migliaia di anni scorreva poco lontano dalla Gatto Silvestro. A quell’età, infatti, i gatti non sono se non una via di mezzo tra i gattini attaccati al seno delle pazienti mamme gatte e i gatti adulti, pronti a gettarsi fieri in una vera vita autonoma. Macché! La Gatta Persiana non lo capiva, e li accarezzava contropelo, si impegnava a fargli dei grattini sul capo, fingeva di ascoltarli e,soprattutto, li trattava come fossero ancora dei gattini da latte. Chiunque sa che a quell’età i giovani gatti non amano smancerie, né tantomeno di esser presi per quello che non sono. Non è certo a chi li tratta così, che riconoscenti ronfano. Loro stessi infatti non sanno bene se sono davvero gatti o leoni. E si fingono felini di taglia grande per prepararsi alle prove della vita che ancora non conoscono. Si era arrivati così ai ferri corti, quando accadde, in modo del tutto inaspettato, che una gatta di sette anni che abitava nel quartiere della Gatto Silvestro, divenne involontariamente leader di quel movimento di mici, non più gattini ma nemmeno adulti, e soltanto un po’, ma davvero poco, forastici. Il suo nome era Claretta e uno dei vecchi gatti spelacchiati, che sedeva dietro una delle cattedre della scuola, poiché si sentiva solo, molti anni prima l’aveva presa che era poco più grande di un gomitolo di lana. Vivevano dunque assieme il vecchio gatto e la gatta Claretta d’amore e d’accordo. Proveniente da una illustre e nobile famiglia di gatti europei, Claretta era cresciuta tra libri e i dizionari nel piccolo appartamento di quel gatto che nessuno a scuola temeva, sebbene un tempo avesse tenuto tra le sue zampe un registro di carta dove segnava assenti, voti, argomenti di lezioni e, raramente, si costringeva ad annotare qualche nota disciplinare. Senza alcuno sforzo, dormendo saporitamente sulla scrivania del suo ospite, piena sempre di carte e di libri, aveva assorbito una considerevole cultura. D’altra parte, anche se non avesse avuto alcuna opportunità e si fosse trovata a dover mettere assieme il pranzo con la cena (come erano costretti a fare gatti meno fortunati di lei), godeva della saggezza propria della sua specie. Nulla la turbava. Quando quello che lui chiamava Grande Pa’, tornava dalla sue lezioni ai giovani gattini, del quale ogni giorno non si capacitava di quanto fossero sempre più sciocchi e immaturi, lo ascoltava i lamenti senza fare una piega. Non è chiaro come precisamente la gatta Claretta finisse per avere un ruolo nella vicenda della occupazione alla Gatto Silvestro. Si sa soltanto che nel giro di poche ore divenne la legale rappresentante del “Comitato dei giovani gatti dalle unghie lunghe”. A quei gatti irrequieti, che non sapevano nemmeno loro quello che volevano, prestò voce, idee, sapienza. Le lunghe trattative nell’aula della presidenza la videro come una leader sindacale indiscussa. Il suo prestigio e il suo carisma crebbero di ora in ora. Un’intera notte era proseguita la dura ed estenuante trattativa con la Gatta Persiana, e le vicegatte che ne assistevano l’operato, tra miagolii a destra e a manca. All’alba, la gatta Claretta e i giovani gatti uscirono dall’ingresso principale con l’aria trionfante, concedendosi alle domande della stampa accorsa sul luogo, mentre la dirigente e le vice-gatte, esauste, uscivano da una via laterale per concedersi qualche ora di sonno, senza rilasciare dichiarazioni. Avevano trionfato su tutta la linea. Il movimento dei giovani gatti aveva vinto. Non avrebbero occupato la Gatto Silvestro, ma in compenso avevano ottenuto risultati che i cronisti non ebbero timore, esagerando, a definire storici. Sembra che la vecchia Gatta Persiana firmasse l’armistizio quasi piangendo. Le clausole del definitivo trattato di pace non lasciavano adito ad equivoci di sorta. Per quell’anno nessuno gattino sarebbe stato respinto. Questo a dire il vero non aveva contrariato affatto la Gatta Persiana che già da tempo, soffiando paurosamente durante gli scrutini contro i docenti gatti spelacchiati, impediva regolarmente non soltanto che qualcosa del genere potesse davvero avvenire, ma persino che si osasse pensarlo. Tutti i giovani gatti avrebbero goduto del riconoscimento dei bisogni educativi speciali (Bes). Secondo il giusto principio che “tutti noi gatti” come avevano a lungo sostenuto, durante le loro giornate di mobilitazione, “siamo speciali”. Poiché le vice-gatte non godevano di grande popolarità, il contratto obbligava la vecchia Gatta Persiana ad inviarle per un anno sabbatico in Siberia, a studiare il sistema scolastico dei gatti ciuvasci. Chissà che non ne avrebbero ricavato qualche utile elemento per la programmazione (Ptof) su cui si stava già alacremente lavorando per il prossimo piano quinquennale. Alcuni gatti spelacchiati, vuoi per raggiunti limiti di età, vuoi per crescente decrepitezza, sarebbero stati, obtorto collo, al più presto collocati a riposo. Tra questi, motivo di grande orgoglio per il movimento dei giovani gatti che tanto su questo punto aveva insistito, figurava anche un vecchio gatto dal pelo tutto bianco, che a scuola veniva chiamato, ma per sfotterlo, il Cavaliere e che si vantava di non aver soccorso nella celebre battaglia a largo delle Arginuse, dei poveri gatti combattenti che erano caduti in mare, restandone impunito. E infine il risultato che soltanto a dirlo faceva venire l’acquolina in bocca a quei giovani gatti sempre affamati, perché l’età dello sviluppo li costringeva a mangiare a quattro palmenti. I prezzi del bar della Gatto Silvestro sarebbero diminuiti e il menù sostanziosamente arricchito. In particolare Claretta, che nel corso della dura lotta si era guadagnata il nomignolo di Lady Vibrisse, era soddisfatta, e altrettanto i suoi sodali, che sarebbe stato preparato un nuovo piatto di trippa alla romana e che nel reparto di gastronomia d’ora in poi i giovani gatti avrebbero potuto nutrirsi a volontà di tramezzini di carne di topolino, brasato al barolo. Cos’altro volere di più? Tutti tra quanti avevano partecipato a quella faticosa vertenza sindacale, sia chi aveva perduto, sia chi avevano vinto, sapevano di aver scritto il proprio nome negli annali della storia.
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